Professare la propria fede nel rispetto per gli altri
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Professare la propria fede nel rispetto per gli altri
Professare la propria fede nel rispetto per gli altri Successe tutto in modo inatteso, ma con una deflagrazione di distruzione e di morte che lascia ancora echi drammatici e strascichi polemici. Erano le 8.46 dell'11 settembre di nove anni fa quando un aereo delle linee americane andò a schiantarsi, per mano di terroristi appartenenti ad Al Qaeda, contro la prima torre del World Trade Center di New York. Dopo tre ore veniva colpita da un altro aereo la seconda torre. La città era letteralmente in preda alla paura, al panico, al catastrofismo: una situazione drammatica. Le torri crollarono qualche ora dopo provocando 2752 vittime. Nel nono anniversario di questa tragedia si è celebrata una commemorazione tra il ricordo e la polemica. Infatti, negli stessi attimi in cui si leggevano i nomi delle vittime, aleggiava lo scontro mediatico sul progetto di costruire una moschea all'interno del palazzo che sorgerà a Ground Zero, ovvero l'area delle ormai inesistenti Torri gemelle. Il confronto sull'argomento ha scosso negativamente gli animi di moltissimi americani, ma si è fatto anche sentire in tutto il resto del mondo occidentale, tra il dialogo pacato e la bufera accesa. Il progetto ha invece suscitato approvazione tra le file della comunità islamica che rivendica il diritto di professare la propria fede. Ritengo che questo diritto, sancito nella “Dichiarazione universale dei diritti umani”, sia inalienabile. Allo stesso tempo, però, mi schiero dalla parte di coloro che sono contrari al progetto di costruzione della moschea a Ground Zero. Sulla questione sono arrivate le parole del presidente Obama, il quale non ha giudicato sulla saggezza della decisione di costruire la moschea, ma ha dato un'interpretazione culturale del problema. In particolare, ha sottolineato l'importanza della lotta al terrorismo, ma anche la necessità di non esacerbare i contrasti; il ché può avvenire solamente rispettando le differenze tra persone di religione e cultura diverse, e anche rafforzando i rapporti interculturali basandosi sui punti di comunanza esistenti. Inoltre, plaudendo a questa posizione, il quotidiano panarabo, Al Hayat, ha tenuto a precisare che l'Islam non coincide con Al Qaeda, sebbene sia noto che i membri dell'organizzazione terroristica rappresentino una frangia estremista dell'ambiente islamico. Gli americani devono credere in questi valori, ma i musulmani, proprio in virtù del rispetto culturale, non avrebbero dovuto neanche minimamente accennare al progetto di Ground Zero. Se ritengono, com'è giusto, di meritare rispetto devono anche mostrarlo effettivamente nella memoria dei caduti dell'11 settembre, lasciando Ground Zero come inviolato simbolo dell'accaduto. Dal canto loro – c’è da chiedersi - i musulmani sarebbero stati tolleranti nella decisione di costruire un luogo di culto di un'altra religione nella città simbolo dell'Islam, La Mecca, o in qualunque altra città musulmana importante, qualora qualche frangia estremista di un'altra fede avesse compiuto nei loro confronti uno scempio come quello di nove anni fa a New York? Vedendo la questione da un punto di vista più pratico, la moschea, a garanzia del diritto di culto islamico, potrebbe essere costruita in un'altra parte della città senza creare alcun problema, se non addirittura un vantaggio. Infatti, Donald Trump, il magnate delle costruzioni, ha dichiarato di essere disponibile ad acquistare il palazzo di Ground Zero dove dovrebbe collocarsi anche la moschea, pure ad un prezzo non congruo al valore di mercato, per permettere all'imam di New York, Raouf, di costruirla altrove e chiudere quindi la questione in modo bilateralmente pacifico. Ma la buona intenzione di Trump non sembra trovare approvazione da parte dell'imam, il quale prevede violente reazioni nel mondo musulmano per questo cambio di programma. La prima risposta pensabile ad una posizione di questo tipo sta nel fatto che sono sicuramente prevedibili anche reazioni da parte degli americani più oltranzisti che si considerano “violati” dalla presenza di una moschea in quel luogo . Questo trova conferma sia nelle reazioni di una parte dell'opinione pubblica che nella protesta del reverendo della Florida, Terry Jones, che ha proposto di bruciare numerose copie del Corano in una sorta di falò. I moderati americani non hanno approvato, così come i musulmani che sono arrivati, per reazione, a manifestazioni in cui veniva bruciata la bandiera americana. Per fortuna, il reverendo è tornato sui suoi passi, annullando l'evento. Considerata, quindi, lecita anzi auspicabile la repulsione verso l'estremismo, la via per la soluzione della questione deve essere cercata nel riconoscimento della libertà di culto di un popolo, che non è assoluta nel momento in cui può offendere la memoria storica nazionale di un altro. Antonio Timpano