Visita alla Moschea di Roma, scheda conoscitiva

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Visita alla Moschea di Roma, scheda conoscitiva
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La Grande Moschea di Roma
(scheda a cura di Anna Bozzo)
Inaugurata il 21 giugno 1995, la Moschea di Roma è la più grande d’Europa. Sorge
su una vasta area donata dal Comune di Roma, alle pendici del Monte Antenne.
Pur essendo all’interno di un parco, inizialmente questa grande Moschea era come
« una cattedrale nel deserto ». Poi, progressivamente, la sua forte valenza simbolica
e soprattutto un suo migliore inserimento nella rete dei trasporti urbani, l’ha resa
una meta ormai abbastanza frequentata dai musulmani che vivono nella capitale e
dintorni. Per la celebrazione solenne della Preghiera settimanale del Venerdì si
radunano centinaia di fedeli che diventano ancora più numerosi in occasione delle
grandi feste religiose islamiche. Inoltre l’autorizzazione ad ospitare nelle immediate
adiacenze un mercatino del venerdì, che offre soprattutto specialità alimentari del
Maghreb, dell’India e di tutto il mondo arabo, ha permesso di disporre di una sorta
di fast-food islamico in una zona dove diversamente il ristoro dei pellegrini, che
vengono spesso da molto lontano, sarebbe impossibile.
Che cos’è una Moschea?
Moschea è inizialmente un luogo di riunione, reso sacro dal fatto che i presenti vi si
riuniscono per pregare. In arabo masgid, « luogo nel quale ci si prostra per la
preghiera (salat)».
Le cinque preghiere quotidiane, e la partecipazione alla preghiera comune del
Venerdì sono una pratica obbligatoria per tutti i musulmani adulti. Il termine masgid
in sé non suppone nulla più di uno spazio ritualmente puro, ma col tempo è
passato ad indicare una realtà più complessa, nelle sue funzioni e nella sua
organizzazione, come pure nelle sue forme architettoniche. Ricopre quindi una
tipologia molto varia, pur con alcuni elementi irrinunciabili e caratterizzanti,
analogamente ai luoghi di culto delle altre religioni monoteistiche.
La preghiera islamica è una preghiera individuale che si svolge, almeno idealmente e
quando possibile, in forma collettiva. Così, oltre le piccole moschee, esistono
moschee più grandi dedicate alla preghiera collettiva del Venerdì (masgid giami’i),
frequentate anche individualmente per le orazioni quotidiane. Questa preghiera
settimanale, sostanzialmente non diversa da quella quotidiana se non per il fatto di
essere recitata collettivamente, comporta sincronia nei gesti e movimenti e ha
bisogno di essere guidata. L’imam nell’islam sunnita è « colui che guida la
preghiera », senza prerogative sacerdotali, e può essere anche una guida
occasionale scelta da un gruppo di credenti che si trovano a pregare insieme;
tuttavia col tempo questa funzione si è venuta associando ad una figura stabile,
scelta per le sue doti e capacità di recitare il Corano, dotata di un certo carisma e
autorità, e addetta stabilmente ad una moschea, dove l’imam è chiamato a svolgere
continuativamente la sua funzione di guida della preghiera, affiancato da tutta una
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serie di inservienti e custodi del luogo sacro. Tra questi figura il mu’azzim, che
dall’alto del minareto - che non manca quasi mai nelle Moschee del Venerdì anticamente annunciava che era giunta l’ora della preghiera e chiamava a raccolta i
fedeli, pronunciando un appello che inizia con la formula Allahu Akbar e contiene
le parole della shahada. Oggi la voce del mu’azzim è diffusa generalmente dagli
altoparlanti (questo non avviene nella Moschea di Roma, dove non ci sono
altoparlanti).
I fedeli sono invitati a pregare in direzione della Mecca . È questa la qibla,
rappresentata dal mihrab, una nicchia bene in vista, a cui tutti guardano,
considerata un elemento sacro necessario al rito.
La preghiera del Venerdì è completata dall’ascolto di un sermone (khutba),
pronunciato dall’imam a partire da un pulpito sopraelevato chiamato minbar,
spesso finemente decorato, che non puo’ mancare tra gli arredi interni di una
Moschea del Venerdì. Per le donne è previsto (ma non sempre) uno spazio
separato, una sorta di matroneo, come nelle antiche Basiliche cristiane.
Questi elementi si sono imposti con l’uso e fanno parte ormai della tradizione, ma
non hanno carattere obbligatorio.
La preghiera canonica comporta una purificazione preliminare. Per questo una
Moschea comprende sempre una zona, generalmente esterna, per le abluzioni.
La Moschea primitiva, che prende origine dalla casa del Profeta a Medina, era per
così dire multifunzionale : serviva anche come riparo notturno per i viaggiatori e gli
indigenti, oltre che, sull’esempio del Profeta, per amministrarvi la giustizia. Infine
la Moschea è anche tradizionalmente il luogo della scuola Coranica, a cui
provvede il taleb (maestro). Questa funzione culturale viene considerata
fondamentale: oggi sempre più frequentemente sono previsti per essa ambienti
diversificati e separati dal luogo di culto ma facenti parte del complesso.
La struttura e le tecniche costruttive si differenziano a seconda delle tradizioni locali
e delle materie prime disponibili.
Una Moschea a Roma: quando, come, perché.
L’idea di costruire una grande Moschea nella capitale della cristianità nacque nel
1966, quando re Faysal dell’Arabia Saudita venne in visita a Roma con una
delegazione di dignitari reali. Quando chiese di andare a pregare col suo seguito gli
fu detto che non c’era una Moschea e fu accompagnato in una casa privata allestita
a questo scopo. Fu così che per la prima volta si fece interprete del desiderio dei
musulmani in Italia di avere un luogo di culto degno di questo nome, e la proposta
fu inoltrata alle autorità italiane di erigere una moschea a Roma. All’origine del
progetto, che apparve ben presto faraonico, non furono dunque le esigenze di
culto di una comunità musulmana a quei tempi esigua, ma la volontà del Governo
italiano di allora di migliorare le relazioni diplomatiche e commerciali con i paesi
arabi, e in primo luogo con l’Arabia Saudita, che era disposta a finanziare la
costruzione.
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Nel 1969 il Governo Rumor dà il via libera al progetto. E’ questa la circostanza
favorevole per il costituirsi del Centro islamico culturale d’Italia, con la
partecipazione di varie personalità musulmane allora residenti in Italia, tra cui
principi e dignitari in esilio (di Iran, Afghanistan). Nel 1971 l’Ente morale si apre
agli Ambasciatori presso lo Stato Italiano dei Paesi arabi e/o islamici che accettano
di contribuire al finanziamento della moschea: Arabia Saudita, Bangladesh, Egitto,
Guinea, Indonesia, Malesia, Marocco, Oman, Pakistan, Senegal e Turchia. Nel
corso del 1975, il papa Paolo VI dà il consenso al progetto. Solo successivamente,
nel 1976, il Comune di Roma mette a disposizione gratuitamente, mediante
concessione, il terreno, che resta di sua proprietà.
Il bando di concorso è del 1977, con un budget iniziale di 15 miliardi di lire.
Furono selezionati due progetti: quello dell’architetto italiano Paolo Portoghesi e
quello dell’anglo-iracheno Sami Musawi, ai quali viene proposto di lavorare
insieme. I lavori di costruzione partono con queste due pre-condizioni: la cupola
sarà meno alta di quella di San Pietro e il minareto non avrà gli altoparlanti per la
preghiera. Ed è l’unica moschea al mondo a non averli ancora oggi.
I due progettisti, a cui fu richiesto di integrare i loro progetti, formavano
un’accoppiata molto insolita: Paolo Portoghesi doveva essere il garante di un
ambientamento della moschea nella cultura architettonica occidentale, che si
esprime a Roma in particolare nelle architetture rinascimentali e barocche, mentre
l’architetto di origine irachena doveva essere il portatore di istanze religiose e
culturali proprie della tradizione musulmana. Tra i due il dialogo non fu facile e la
loro impresa finì con una rottura, finché nel 1980 Musawi fu allontanato. Ciascuno
successivamente si attribuì l’ispirazione e il merito del progetto, ma di fatto il vero
artefice fu Portoghesi, che rimase solo abbastanza presto a dirigere per oltre
quindici anni la costruzione, avvalendosi della collaborazione di valenti
strutturalisti.
Nella costruzione della Moschea di Roma furono due sostanzialmente i problemi
da affrontare: il primo fu quello della localizzazione topografica.
Mentre la moschea nei paesi musulmani sorge nel cuore del centro abitato, come
d’altra parte la chiesa cristiana, (si pensi alla cattedrale gotica che sorge nel nucleo
del borgo medievale), per la localizzazione della moschea di Roma fu scelta invece
una zona verde, isolata dalla città, quasi per evitare il pericolo che interferisse con
il tessuto urbano della capitale del Cristianesimo. È stata fatta una scelta in favore
di una sua separazione dalle zone abitate, utilizzando un’area periferica ma non
urbanizzata come sarebbe stato logico aspettarsi. Si badi bene non un’area
declassata, ma una zona verde di alta valenza ambientale adibita a parco pubblico.
Così la Moschea di Roma è diventata col tempo una Moschea-Santuario, che attira
pellegrini e visitatori dall’ insieme dell’agglomerazione urbana e da fuori.
Un altro problema che si dovette affrontare fu di carattere semantico, ed è relativo
all’altezza del minareto.
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Fu progettato inizialmente un minareto che con la sua altezza avrebbe superato in
altezza, nello skyline urbano, la Cupola di San Pietro, non per le sue dimensioni in
sé, ma perché sorgeva su un terreno in quota più elevata rispetto alla Basilica.
Questo problema fu sottoposto più volte alla Commissione Edilizia del Comune di
Roma, che respinse ogni volta il progetto finché il minareto fu ridotto all’altezza
attuale, per cui risulta notevolmente sproporzionato rispetto al corpo della
costruzione, oltre che un pò inutile in relazione alla sua funzione di richiamare a
raccolta i fedeli musulmani, che per altro non stanno nei dintorni. Secondo un’altra
versione, nel determinare l’altezza del minareto ebbe voce in capitolo l’Aeroporto
dell’Urbe.
Il costo complessivo era salito nel 1991 a oltre 60 miliardi, ma i lavori erano ancora
lontani dalla fine. Dopo la guerra del Golfo, l’Arabia Saudita, che aveva finanziato
quasi tutta l’opera fino a quel momento, chiude la borsa. Interviene allora il re del
Marocco Hassan II. Metterà altri 30 miliardi circa, ma, senza fare più lavorare le
imprese italiane, porterà le sue maestranze dal Marocco, circa 300 operai. Era il
momento della decorazione degli interni, che vennero eseguiti nello stile della
moschea di Casablanca.
L’originalità dell’intervento di Portoghesi.
Il progetto è dominato da una concezione strutturalistica, di tipo medievale, per
l’affollarsi di pilastri dalla forma « a calice » analoghi a quelli presenti nella cattedrale
gotica, che svettano come fasci di nervature che si allargano alla sommità,
ricordando gli alberi nella foresta: l’impronta poetica è senz’altro quella di
Portoghesi. Tra le sue fonti di ispirazione, c’è senz’altro, come lui stesso ha
ricordato, l’architettura barocca, di Borromini e Guarino Guarini. Quest’ultimo,
che opera alla fine del 600, potrebbe lui stesso essere stato influenzato a sua volta
dalla forma di alcune cupole di moschee, per esempio quella di Tlemcen o di
Cordova (si pensi anche alle nervature che il Guarini introdusse nella Cappella
della Sacra Sindone a Torino).
Portoghesi si preoccupò dunque, anche dopo la rinuncia di Musawi, non solo di
trasferire a Roma le forme del luogo di culto musulmano, ma anche di rivisitatarlo
sulla scorta della millenaria tradizione architettonica italiana, usando materiali
tipicamente romani. Caratteristici della cultura islamica sono sia l'impianto della
sala, dove la copertura è sostenuta da pilastri, sia lo spazio riservato alla preghiera
degli uomini : un vano a forma di prisma quadrato. Italiani - e romani nello
specifico - sono i mattoni dalle tonalità di giallo paglierino delle facciate, il
travertino e il peperino che formano le cornici delle finestre, nonché il piombo che
riveste la copertura della cupola centrale.
I materiali.
La moschea è rivestita di travertino, la pietra romana per eccellenza, come vuole la
tradizione. Infatti ogni moschea veniva e viene costruita con i materiali del luogo.
Il travertino, per la sua morbidezza, ha trovato molte applicazioni, anche nei
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rivestimenti e nelle decorazioni ed è dominante. Ma viene usato anche peperino
per le cornici, mattoni in laterizio appositamente studiati, piombo per le cupole.
Solo le nervature sono in cemento armato.
Roma, 1°dicembre 2011