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UTOPIA WEEKLY REPORT
12 febbraio 2016
L’Italia fra crollo delle Borse, frenata del Pil e rilancio del progetto europeo
Nella settimana segnata dal tracollo degli indici borsistici, la querelle Roma-Bruxelles sui conti
e le regole di bilancio rischia di conoscere un nuovo inasprimento. Il crollo dei prezzi del petrolio e lo spettro di una nuova recessione globale stanno infatti convincendo più di un operatore di mercato circa l’impossibilità di governare con successo un’economia mondiale che sembrava essersi appena ripresa dalla grande crisi post-2008.
Con la volatilità che domina i listini, il differenziale fra titoli italiani e Bund tedeschi è balzato
di nuovo oltre quota 150 punti base, trascinando verso l’alto gli interessi sul debito e la loro
incidenza sulle casse dello Stato. La conseguenza è che in una fase in cui il Governo Renzi sta
cercando in ogni modo di ottenere nuovi margini di manovra in fatto di spesa pubblica, le
autorità europee saranno ancora meno propense ad avallare le richieste di Roma, soprattutto
per l’entità del suo debito pubblico che è tale da sconsigliare qualsiasi allentamento sui conti.
A ciò si aggiunge l’ultima previsione Istat sul Pil nel 2015, atteso al +0,7% contro il +0,9%
inserito dal Governo nel Def. Il rallentamento economico a livello italiano ed europeo e lo
spettro della recessione globale consiglierebbero di abbracciare quanto prima una politica macroeconomica espansiva, sulla falsariga di quanto fatto negli Stati Uniti dall’Amministrazione
Obama.
In questo contesto si inserisce la proposta franco-tedesca per la creazione di un ministro delle
Finanze dell’Eurozona che è stata subito sposata anche dal ministro Padoan. Mai come in questa fase, infatti, l’Eurozona necessita di una figura istituzionale sovranazionale incaricata di
gestire risorse comuni per far fronte alle crisi o ad altri shock asimmetrici, assicurando il coordinamento delle politiche di bilancio dei diversi Paesi membri così da garantire la stabilità
finanziaria della zona euro. Ciò implica un passo deciso sulla strada dell’integrazione europea
e una dolorosa cessione di sovranità da parte dei singoli Stati, che vedrebbero ulteriormente
ridotta la propria autonomia sul fronte della politica fiscale.
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La proposta franco-tedesca, in realtà, prevede un semplice inasprimento del controllo di Bruxelles sui conti pubblici. Al contrario, il ministro europeo dovrebbe avere l’autorità e la discrezionalità per operare in modo più ampio ed efficiente: allocando risorse, redistribuendole fra i
Paesi, lavorando alla stabilizzazione del ciclo economico.
Tutto ciò non potrebbe muovere che da due precondizioni: un forte aumento del bilancio europeo (oggi al 2,2% della somma dei bilanci di tutti i paesi europei mentre negli Stati Uniti il
bilancio federale rappresenta il 60% della spesa pubblica) e soprattutto la volontà politica degli
Stati membri di rilanciare in maniera convinta l’idea di un’Europa unita.
Unioni civili – Ddl Cirinnà
Seppure a fatica, prosegue al Senato l’iter della legge sulle unioni civili, con le opposizioni ad
attaccare il Partito Democratico convinte che il rallentamento dei lavori in Aula sia necessario
alla maggioranza per cercare di risolvere i propri problemi interni, ossia la divisione tra i laici
e i cattolici.
Il Premier Renzi ha intanto risposto al presidente della Cei, cardinale Bagnasco, che in settimana si era augurato uno scrutinio segreto sul ddl Cirinnà. «Decide il Parlamento e non la Cei»,
è stata la risposta del Premier.
In Senato, il Governo punta a compensare i no dei cattodem e dei centristi di Alfano grazie ai
sì di Verdini, forse di pezzi di Forza Italia e di altri senatori grillini. Dopo un iniziale dietrofront
che ha scatenato la protesta della propria base, il M5S ha fatto sapere di essere pronto a votare
il ddl Cirinnà anche senza le stepchild adoption.
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