Preghiera del 2 marzo 2012 - Piccole Suore della Sacra Famiglia
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Preghiera del 2 marzo 2012 - Piccole Suore della Sacra Famiglia
ASSOCIAZIONE FAMIGLIA DI NAZARETH Incontri di testimonianza in attesa della Pasqua di Resurrezione “...FRA VOI NON SIA COSI'...” SCUSA SIGNORE Scusa Signore, se bussiamo alla porta del Tuo Cuore siamo noi. Scusa Signore,se chiediamo mendicanti dell'amore un ristoro da Te. Così la foglia,quando é stanca cade giù ma poi la terra ha una vita sempre in più così la gente, quando é stanca vuole Te e Tu Signore, hai una vita sempre in più sempre in più. Scusa Signore se entriamo nella reggia della luce siamo noi. Scusa Signore se sediamo alla Mensa del Tuo Corpo per saziarci di Te. RIT. Così la foglia... Scusa Signore quando usciamo dalla strada del Tuo amore siamo noi. Scusa Signore se ci vedi solo all'ora del perdono ritornare a Te. RIT. Così la foglia... Marco 10, 28-45 Pietro allora gli disse: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva gia al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna. E molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi». Mentre erano in viaggio per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano stupiti; coloro che venivano dietro erano pieni di timore. Prendendo di nuovo in disparte i Dodici, cominciò a dir loro quello che gli sarebbe accaduto: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi: lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani, lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risusciterà». E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: [«Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». All'udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Paolo Triggiano è uno splendido diciottenne di Arezzo. Non solo per l’opinione, certamente di parte, della sua carissima ragazza Federica. Dall’età di sei anni ha giocato a calcio nella società del Santa Firmina. Si può dire che tutta la vita l’abbia impiegata a parare, in tutti i sensi. A luglio del 2011 si ammala di leucemia acuta, e da allora è cominciata un’altra partita, ben più impegnativa. Si gioca a tutto campo tra ospedale, scuola, famiglia, comunità di amici vicini e lontani, e persino nella società civile. Il fischio d’inizio è il 14 agosto. Non è una partita estiva di precampionato, ma la data del primo ricovero in ospedale. A cui ne seguono molti altri, con cure continue ed effetti collaterali. La gara, però, procede bene. Dopo un mese la malattia è già in remissione. Speriamo sia presto in retrocessione in serie Z e che scompaia del tutto. Nel frattempo il gioco si fa duro. Il primo settembre scende in campo il preside Anselmo Grotti con i professori, appena rientrati dalle ferie. In ospedale il preside incontra Paolo e gli promette «che faranno di tutto per farlo continuare a studiare perché possa superare l’esame di maturità». La sua non è solo la rassicurazione di un dirigente scolastico illuminato. Per una malattia simile lui c’è passato. Sa esattamente di cosa si tratta, sa valutare l’impatto psicologico e il rischio di isolamento relazionale che prospetta. Lui stesso ha preparato il concorso per diventare preside, poi superato, da un letto d’ospedale. «In ospedale a Paolo – dice Anselmo Grotti – ho raccontato la mia storia per incoraggiarlo. Si possono affrontare nella vita tante situazioni difficili, ma non da soli. C’è una forza che viene dal supporto delle persone vicine. Non solo la famiglia, ma anche la scuola». In più il preside di Paolo è un comunicatore, esperto di Internet e di Rete; sa che i mezzi di comunicazione possono unire: «Durante la mia malattia il contatto via Internet è stato di grande aiuto – racconta –, mi ha permesso di restare in contatto con i miei amici che mi hanno sostenuto». Tre anni fa, quando era preside di un istituto tecnico commerciale, per uno studente che aveva sviluppato una grave allergia che gli impediva i contatti con l’esterno, si è adoperato per mettere in moto un servizio di teledidattica, ma l’esperimento non ha funzionato tanto bene. Ora, però, nel liceo di Paolo c’è una lim, una lavagna interattiva multimediale, con tanto di telecamera e microfoni. ....Tutte le parabole sono ora in comunicazione e si possono avviare le trasmissioni, cioè le lezioni via Skype. Paolo non perde una sola ora di scuola. Suona la campanella e Paolo è presente, ma da casa sua. Da lì interagisce con i compagni, scherza, viene interrogato, fa i compiti in classe senza copiare, segue le spiegazioni. Ogni giorno, da mattina a pranzo. «La tecnologia – dice Maddalena, mamma di Paolo – diventa il collante della comunità. Il vero senso dei media è aumentare la comunione». Finito il primo ciclo di cure, il 14 novembre Paolo torna a scuola. «Vi sono tornato , pensa che paradosso – racconta Paolo –, come se fosse stato il “primo giorno”, ed ero l’uomo più felice del mondo. Ora apprezzo tante piccole cose quotidiane che davo per scontate: la classe, una passeggiata in motorino. Soprattutto vedo quante persone mi amano e quanto amore c’è attorno a me». ...La sua classe, la 5a R, gli fa un grande regalo, simile alla parata strepitosa di un calcio di rigore. La gita dell’ultimo anno di liceo ha un codice ferreo, anche se non scritto. Si fa all’estero e con la bella stagione. Per permettere a Paolo di partecipare prima di iniziare il secondo ciclo di chemioterapia, che gli impedisce di nuovo di frequentare la scuola e di uscire, la gita si fa, ma a Pisa e a gennaio: tutto calcolato con precisione matematica da professori e compagni! In fondo, ai tempi dei Comuni, Pisa era all’estero! «I ragazzi – commenta il preside – hanno tante potenzialità, anche se con i loro difetti, perché sanno fare cose belle». «In fondo – concludono Maddalena e Luigi Triggiano – Paolo è malato nel fisico, ma sul piano relazionale resta sano. La malattia c’è e non c’è allo stesso tempo, perché non ha il potere di impedire a Paolo di amare e di essere amato, non porta i danni dell’introversione, della solitudine, della depressione. La malattia è, pur nelle difficoltà, una scuola di reciprocità in cui tutte le risorse, Paolo, la scuola, la famiglia, la comunità, si sono rinforzate a vicenda, allontanando, comunque sia, la paura». E ora la vera finale di campionato: la maturità. Forza Paolo! Hai molti tifosi attorno, molti di più di quando giocavi in porta. La sfida della vita, stai certo, l’hai già vinta. (tratto da Cittanuova – 25 febbraio 2012) In questo inizio del cammino quaresimale cerchiamo di riscoprire sentieri di condivisione e di amore testimoniato, specialmente quando questa scelta porta a rinunciare a qualcosa di noi stessi per essere al fianco dei fratelli. Impariamo e facciamo radicare in noi questa metodologia di fraternità , che sia regola non solo di preparazione alla Pasqua, ma ferma convinzione ogni giorno della nostra vita, per questo preghiamo......PADRE NOSTRO VIENI E SEGUIMI Lascia che il mondo vada per la sua strada,/ lascia che l’uomo ritorni alla sua casa Lascia che la gente accumuli la sua fortuna, ma tu tu vieni e seguimi tu vieni e seguimi Lascia che la barca in mare spieghi la vela, lascia che trovi l’affetto chi segue il cuore Lascia che dall’albero cadano i frutti maturi, ma tu tu vieni e seguimi tu vieni e seguimi E sarai luce per gli uomini e sarai sale della terra—a E nel mondo deserto aprirai una strada nuova (2volte) E per questa strada va / va e non voltarti indietro va / E non voltarti indietro “Quando ho cominciato ad insegnare, un conoscente mi disse: - Per sapere qualcosa di una professione ci vogliono almeno dieci anni – aveva proprio ragione! Dopo dieci anni, dopo il suono di tante campanelle e dopo tanti errori, una cosa vedo molto chiara: inventiamo mille educazioni teoriche, ma magari tra colleghi dello stesso consiglio di classe neppure ci parliamo, anzi è più facile che si sparli gli uni degli altri. Ho deciso di superare i normali muri presenti in ogni luogo di lavoro, cercando di distruggere l'incapacità di collaborare con gli altri, per la pretesa di essere meglio di loro o per la paura di essere giudicato. Così ho deciso di pranzare ogni settimana con un collega diverso e alla fine dell'orario scolastico ci troviamo nel piccolo bar della scuola e ci raccontiamo dei ragazzi, delle materie, dei nostri piccoli interessi. ..Ho scoperto le battaglie personali e familiari, ho imparato in un solo pranzo cose che due ore di preparazione personale non mi avrebbero consentito di raggiungere, perché quel mio collega magari ha già approfondito quel tema in passato, ha già preparato una verifica su quell'autore. Un collega aveva un dolore da condividere, un'altra una gioia, uno ordina il panino vegetariano, un'altra si sente inadeguata come madre. Ogni tanto ci scappa un sorriso, una risata aperta, o magari gli occhi si inumidiscono e questa umanità trabocca. E i ragazzi al bar ti guardano stupiti e scoprono quanto abbiamo bisogno anche noi di amici cui confidarci, collaborare, lottare insieme. Il pranzo di ieri l'abbiamo cominciato in due. Alla fine eravamo in sei. (di Alessandro D'Avenia - tratto liberamente da “Noi genitori & figli” suppl.Avvenire 26.02.2012) In questo inizio del cammino quaresimale accorgiamoci di tutte le persone che camminano al nostro fianco e facciamo diventare regola di vita l'ascoltare, il condividere, l'abbattere i muri, il saper asciugare le lacrime, l'associarsi ad una risata, l'avere il tempo per raccontare ai nostri bambini il dolce ritmo delle favole, il stringere forte la mano di un figlio, di un genitore, e dirgli “io ci sono, non temere”....facciamo che diventi regola e per questo ti preghiamo....PADRE NOSTRO Sono le 11.40 di una normale domenica mattina in parrocchia. Davanti alla porta d'ingresso saluto due ragazzi, del gruppo degli adolescenti, 15 anni uno, 17 l'altro, due ragazzi abituati a fare sport, ad uscire con gli amici, perfettamente inseriti a scuola, insomma non due marziani; sono reduci da una festa per il diciottesimo di un'amica che si era svolta la sera prima in un locale “tranquillo”. Chiedo dell'alcol, dello stile, del “clima”...a quel punto il quindicenne con un viso tra lo stupito e lo schifato attacca a parlare di qualcosa che lo aveva così colpito da volerlo assolutamente raccontare. Mi dice che al piano superiore del locale c'era una comitiva di adulti, 30-40 anni età media, riuniti per trascorrere insieme il sabato sera...”vedessi che tristezza questa gente; c'era una che avrà avuto l'età di mia mamma che ballava con gli occhiali a specchio, minigonna, tutta tirata..e gli uomini? Si atteggiavano a ragazzini con la sigaretta spenta in bocca che ballavano per acchiappare...ma stai a casa! Poi ho pensato ai miei genitori e ho ringraziato Dio che non fossero in quella maniera, ma sapessi quanti ne vediamo così...col cavolo che voglio diventare così, e poi dicono a noi che siamo immaturi!”...io ho 47 anni e appartengo alla categoria degli adulti e sono di quelli che dovrebbero aiutare i ragazzi a diventare grandi, ma quella mattina ero a disagio sapendo di far parte di un mondo adulto messo impietosamente a nudo. Ovviamente e per fortuna stiamo parlando di un certo tipo di adulti e non di tutta la “categoria”, ma spesso i figli vedono genitori incapaci di crescere e di prendere le distanze dal mondo emotivo adolescenziale. Ne scrivo non per giudicare o per accusare con il dito puntato, ma solo per la tristezza di tutte le occasioni mancate verso i nostri figli... (di Roberta Vinerba - tratto liberamente da “Noi genitori & figli” suppl.Avvenire 26.02.2012) In questo inizio del cammino quaresimale proviamo a fare ancora di più famiglia, a saper dare risposte vere ai nostri ragazzi, a testimoniare la passione per la vita non con atteggiamenti finti e superficiali, ma con veri momenti di ascolto, di confronto, di condivisione di esperienze, di silenzi costruttivi per riuscire finalmente ad ascoltare anche la voce del cuore, attimi di soste salutari in questo correre frenetico, attimi per guardarsi negli occhi e dirci dove e come siamo, attimi anche per raccontarsi quanto è difficile essere veri compagni di cammino, attimi per capire definitivamente che facciamo tutto per LUI e non per il nostro egoismo....per questi attimi ti preghiamo.....PADRE NOSTRO Ci scandalizziamo molto per l'incoerenza della Chiesa e dei cristiani, giustamente. Tutti noi, abbiamo purtroppo fatto esperienze brutte riguardo a qualche prete o a qualche suora con atteggiamenti non proprio evangelici. E' normale che , da chi abbraccia il Vangelo totalmente ci si aspetti un comportamento coerente con i valori che ne derivano. Le ragioni di queste incoerenze possono essere molte: la povertà umana, anzitutto, la caducità del nostro spirito. Ma anche una formazione che nel passato ha privilegiato la crescita teologica e spirituale, a scapito di quella umana. Mai però ci scandalizziamo per la NOSTRA incoerenza, trovando sempre validissime ragioni per giustificarla. Forse dovremmo partire dal presupposto che la nostra vita è un percorso di liberazione e che la Chiesa non è il popolo dei giusti , ma dei perdonati. Forse dovremmo cominciare a capire che i santi non sono i perfetti, ma i peccatori che non si arrendono di fronte al peccato. Forse dovremmo cominciare a guardare la luce che ci abita e che disegna le ombre, da riconoscere e accogliere, piuttosto che restare nel grigiore di una vita giudicante... invece anche gli apostoli litigano su chi sarà il più grande, litigano...Gesù è solo davanti alla più tragica delle scelte, mentre loro litigano...se così reagiscono i migliori, cosa ne sarà dei più deboli? E Gesù dice loro: “Fra voi non sia così”...perché nella Chiesa non ci dev'essere gara perché ognuno è un pezzo unico, capolavoro di Dio ; “Fra voi non sia così”...perché il Maestro si è fatto servo e quale servo potrà fare diversamente dal Maestro? “Fra voi non sia così”...In politica, nel lavoro, nel quotidiano tutti cercano di primeggiare, ma nella Chiesa ognuno deve mettere i suoi talenti al servizio degli altri...“Fra voi non sia così”...ricordiamolo quando pensiamo di essere migliori e nei movimenti ecclesiali giochiamo a rubarci i discepoli gli uni con gli altri...“Fra voi non sia così”... ricordiamolo quando pronunciamo giudizi taglienti, rabbiosi, impietosi, nascondendosi dietro il dovere di proclamare la verità e scordandosi la Verità....AMARE IN CERTI MOMENTI SIGNIFICA ANCHE FARSI DA PARTE. PASSARSI SOPRA. (liberamente tratto da P.Curtaz – L'ultimo sì) SERVO PER AMORE Una notte di sudore sulla barca in mezzo al mare e mentre il cielo s'imbianca già tu guardi le tue reti vuote. Ma la voce che ti chiama un altro mare ti mostrerà e sulle rive di ogni cuore le tue reti getterai... Offri la vita tua come Maria ai piedi della croce e sarai servo di ogni uomo servo per amore sacerdote dell'umanità. Avanzavi nel silenzio tra le lacrime speravi che il seme sparso davanti a te cadesse sulla buona terra. Ora il cuore tuo é in festa perché il grano biondeggia ormai, é maturato sotto il sole puoi riporlo nei granai. RIT. Offri la vita tua...