Avvento - Suore Orsoline di Gandino
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Avvento - Suore Orsoline di Gandino
Metodo per PREGARE IL TESTO Incontro famiglie 2013-2014 Entro in preghiera Bergamo, 01 dicembre 2013 con un momento di silenzio respirando lentamente pensando che incontrerò il Signore chiedendo perdono delle offese fatte e perdonando quelle ricevute Mi raccolgo immaginando il luogo in cui si svolge la scena da considerare Chiedo al Signore ciò che voglio sarà il dono che quel brano di Vangelo mi vuole fare e che corrisponde a quanto Gesù fa o dice in quel racconto Medito e contemplo la scena leggendo il testo lentamente, punto per punto sapendo che dietro ogni parola c’è il Signore che parla a me usando la memoria per ricordare, l’intelligenza per capire e applicare alla mia vita, la volontà per desiderare, chiedere, ringraziare… Non avrò fretta, non occorre fare tutto, è importante sentire e gustare interiormente. Sosto dove e finché trovo frutto, ispirazione, pace e consolazione… Concludo con un colloquio col Signore, da amico ad amico su ciò che ho meditato finisco con un Padre nostro esco lentamente dalla preghiera Testi utili Sal 49; Ml 3,1ss, 1Ts 1,5-11; Rm 13,11-14 I di Avvento Vieni, o Spirito Santo, e da' a noi un cuore nuovo, che ravvivi in noi tutti i doni da Te ricevuti con la gioia di essere Cristiani, un cuore nuovo sempre giovane e lieto. Vieni, o Spirito Santo, e da' a noi un cuore puro, allenato ad amare Dio, un cuore puro, che non conosca il male se non per definirlo, per combatterlo e per fuggirlo; un cuore puro, come quello di un fanciullo, capace di entusiasmarsi e di trepidare. Vieni, o Spirito Santo, e da' a noi un cuore grande, aperto alla Tua silenziosa e potente parola ispiratrice, e chiuso ad ogni meschina ambizione, un cuore grande e forte ad amare tutti, a tutti servire, con tutti soffrire; un cuore grande, forte, solo beato di palpitare col cuore di Dio. Paolo VI "Donde viene questo essere che la persona sperimenta come ricevuto? ll mio essere, per quanto riguarda il modo in cui lo trovo dato e per come vi ritrovo me stesso, è un essere inconsistente. Io non sono da me! Da me sono nulla, in ogni attimo mi trovo di fronte al nulla e devo ricevere in dono, attimo per attimo, nuovamente l'essere. Eppure questo essere inconsistente è essere, e io in ogni istante sono in contatto con la pienezza dell'essere. Il divenire e il passare rivelano l'idea dell'essere vero, eternamente immutabile [...] In questo mio essere fugace colgo alcunché di duraturo. [...] E' la dolce beata sicurezza del bambino sorretto da un braccio robusto, sicurezza oggettivamente considerata, non meno ragionevole. O sarebbe ragionevole il bambino che vivesse con il timore continuo che la madre lo lasciasse cadere?... Dio, per bocca dei profeti, mi dice che mi è più fedele del padre e della madre, che egli è lo stesso amore, allora riconosco quanto sia ragionevole la mia fiducia nel braccio che mi sostiene e quanto sia stolto ogni timore di cadere nel nulla, a meno che non mi stacchi io stesso dal braccio che mi sorregge". (Edith Stein) IL NEONATO Dal Vangelo secondo Matteo (24, 3744) In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo». Georges del La Tour, “Il neonato”, 1645 Rennes, Musée des Beaux-Arts Messaggio nel CONTESTO Lettura del TESTO Capitolo 24 di Matteo, discorso escatologico (sulle realtà ultime). v.37 come infatti ai giorni di Noè … ai tempi di Noè si mangiava e si beveva, ci si sposava, come in ogni tempo. La salvezza o la perdizione dipende da “come” si vivono queste cose ogni giorno. Chi vede le vive da figlio e fratello, in rendimento di grazie; il cieco non le vive come dono, ma oggetto da possedere (cfr. 1Cor10,31) v.39 venne il diluvio … alla fine c’è sempre un diluvio: siamo mortali. Ciò che è costruito sulla Parola rimane, come l’arca; ciò che è costruito solo su di noi viene travolto. Ecco che nel capitolo 24, i discepoli, provocati da Gesù, il quale fa notare che anche il tempio passerà, è di passaggio. DOMANDANO, INTERROGANO: “Quando accadrà questo? Quali saranno i segni?”. v.40 due nel campo … l’esempio di Gesù richiama all’essenza dell’uomo che non solo mangia, beve e si sposa, ma lavora, coltiva, collabora all’opera della creazione (cfr. Gen 2,15) Gesù suscita domande e invita a ANDARE OLTRE, a non fermarsi ai segni, ma a scorgere l’Oltre, l’Altro: attendere Colui che deve venire. … uno sarà preso e l’altro lasciato è nel lavoro quotidiano che realizziamo o perdiamo la nostra identità di figli; ciò che è determinante non è il “cosa” uno fa, ma il “come”, lo stile. Ecco il significato di VEGLIATE, che non è un semplice stare svegli, magari anche perché impauriti, preoccupati, ma è soprattutto e prima di tutto: VEDERE OLTRE. v.41 due donne alla mola macinare e preparare il cibo è tipico della donna, che dà e alimenta la vita. Non in avvenimenti eclatanti, ma nelle cose di tutti i giorni costruiamo l’eternità. (cfr. Lc 16,9) v.42 vegliate dunque … tenete gli occhi aperti v.44 voi siate pronti … pronti perché si sa di non essere i padroni, ma i servi fedeli e saggi, che non sanno l’ora magari, ma conoscono bene il Signore e fanno ciò che ha detto. Siamo usciti dal capitolo 23 nel quale Gesù alza il suo lamento per gli ipocriti: ciò che è chiaro in loro è che si sentono arrivati; guardano le cose e soprattutto se stessi come PUNTI DI ARRIVO, sono appunto IPO-CRITI - carenti di capacità critica. Il Signore ci chiede di leggere la storia sempre come PUNTO DI PASSAGGIO, di essere cioè IPER-CRITI persone che non cercano subito e solo risposte, ma che si interrogano, che si fanno domande. Il Signore ci chiede di essere noi stessi “ponti”: no punti di arrivo, ma punti di passaggio. Vedere e attendere un NEONATO, una vita nuova, dentro una MORTE, un contesto di distruzione. Per questo occorre tenere viva la Luce, far sì che la candela no si spenga. È urgente divenire uomini e donne che alimentano, tengono accesa la luce della Parola. È meravigliosa quella mano che protegge la luce, che impedisce ai venti della storia, del nostro quotidiano di spegnerla; è mano delicata di donna, è mano grande e robusta; è mano che si muove in sincronia con lo sguardo. La mano protegge la Luce e dà la possibilità agli occhi di stupirsi, di non perdersi nel buio, di non smarrirsi, di trovare direzione, culla dentro cui trovare casa. Di generare, accogliere, proteggere e condividere un figlio, una nuova vita, un neo-nato. “Il discernimento e la vigilanza ci servono per vedere l’Emmanuele, che è sempre con noi. Chi lo attende e lo riconosce, coi fatti e non solo a parole, lo incontra come lo sposo che viene. Diversamente è come un ladro che scassina la casa (vv. 42 44)” (Silvano Fausti) Siate svegli e pronti, siate madri, nutrici. Di nuovo occhi e mani: che aperti non devono essere solo gli occhi, ma anche le mani, per accogliere, custodire, proteggere, consolare la vita. Gli occhi aperti non sono sbarrati dalla paura, dalla preoccupazione, sono spalancati dalla tenerezza e dallo stupore, dalla dolcezza di chi abbraccia la vita con responsabilità e senso di abbandono, con fermezza e tenerezza. Occhi che guardano con speranza e fiducia alla vita: occhi di passaggio, che non definiscono, non si fermano al neonato, ma scorgono, scrutano in quel presente il futuro che non ci appartiene … Mani che fanno da ponte, che diventano culla, che ospita, ma non imprigiona, che protegge, ma non trattiene … “L’eredità del Figlio di Dio è il suo amore da fratello, che ci dà la vita del Padre. Ognuno di noi, come Lui, ha la stessa responsabilità: servire la vita dell’altro come ha fatto Lui” (Silvano Fausti)