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•• 26 CAMPIONATO GIORNALISMO GIOVEDÌ 21 APRILE 2016 SAN GIOVANNI IN MARIGNANO SCUOLA MEDIA ‘SANTA FILOMENA’ L’azdora Caterina e i segreti tra i fornelli Cibi, ricette e tradizioni svelati da una romagnola ‘doc’ INFORMATICA Il computer e il suo uso intelligente SAPETE che cosa sa fare un computer? Solo riconoscere on/off. Proprio così. Off o 0=mancanza di tensione e on o 1=presenza di tensione. Già si convertono in 0/1 parole e testi, foto o video e suoni, ma gli ultimi studi nella misurazione dell’olfatto hanno portato ad un naso elettronico che digitalizza perfino gli odori. Un computer esegue innumerevoli conversioni in un secondo rendendo possibili operazioni complesse. Lo stato on/off si chiama bit e rappresenta l’informazione base. Per una più complessa si ricorre al byte, costituito da 8, 16, 32 bit. L’utilizzo di questa unità di misura identifica la capacità della memoria, del disco fisso e dei supporti di massa come i dvd e le chiavette usb. Il computer ci aiuta a interagire con il mondo che ci circonda e i sistemi di archiviazione ci aiutano a memorizzare, utilizzare e elaborare le informazioni in formato digitale. Tutto ciò che il pc fa è determinato esclusivamente da istruzioni semplici che riceve a ‘piccole dosi’ sennò non verrebbero capite, eseguite una dopo l’altra in modo velocissimo. Ma ricordate, come dice Umberto Eco: «Il computer non è una macchina intelligente che aiuta persone stupide, ma una macchina stupida che funziona solo nelle mani di persone intelligenti». Nicola Gabellini, Martina Vico, Elena Gasperoni, Eleonora Di Buò CHI ERA la regina della vera cucina romagnola, che tutti i giorni faceva il sugo - cottura tre ore e guai se si attaccava - o la sfoglia fresca lavorata sul tagliere? Che fosse una contadina, un’operaia o una signora di città non aveva importanza: suo era il merito e il vanto della cucina quotidiana e sua la responsabilità delle faccende domestiche. Attraverso i secoli la donna romagnola ha saputo creare una cucina saporita e sana. Noi abbiamo conosciuto una vera azdora: la signora Caterina, mamma della nostra prof. E’ lei che ci racconta che la tradizionale cucina di Romagna ha origini campagnole e ha conservato nel tempo profumi, sapori, ingredienti e metodi di cottura. In cucina sono sempre presenti ‘gli odori’, che una volta, almeno, il fruttivendolo dava in omaggio: sedano, carota, cipolla, aglio, rosmarino, salvia e alloro. A questi si aggiungono «le spezie» d’importazione, un tempo conservate in scatole di metallo: noce moscata, cannella, chiodi di garofano e pepe nero o bianco. Non mancano L’incontro con la signora Caterina in classe anice e bacche di ginepro. Sapori robusti, quindi, per una cucina che vedeva nelle minestre la sua maggiore espressione. La signora Caterina ci spiega che col termine minestra, in Romagna, ci si riferisce sia alle paste brodose che a quelle asciutte che, secondo la tradizione, erano importanti ma più rare: caplètt, pasa- dèn, strozaprèt, gnoc, ris sla sipa, quadrèt si fasòl o si bsel, patacòc. Per quanto riguarda i secondi, gli animali da cortile insieme al maiale erano certamente consumati più frequentemente rispetto alla carne di manzo (ottima, comunque, la qualità della nostra razza tipica, la romagnola) e a quella di cavallo, accanto a pecore e caccia- gione, quando ce n’era. Non troppo pesce, purtroppo, se non lungo la costa, ma un pesce semplice per piatti non importanti. Le verdure tutte quelle dell’orto, ma anche tante erbe selvatiche da raccogliere nei campi e lungo i fossi per intingoli ormai solo nei ricordi dei nostri vecchi. Dolci pochi, semplici, dove ‘fiore’ (la farina), latte, uova e zucchero si mescolano in un modo o nell’altro per facili ricette con cui chiudere i pasti delle feste. La signora Caterina ci ricorda che la ciambella romagnola, a differenza di tutte le altre conosciute, contiene un particolare ingrediente per un sapore ed un profumo inimitabili: lo strutto, condimento indispensabile per quasi tutte le preparazioni romagnole. Infine la nostra azdora ci svela un segreto sulla cottura: deve essere a fuoco lento per rendere tutto più digeribile e saporito, sulla brace o sulla stufa o in tegami di terracotta. Non vi viene l’acquolina in bocca? Mattia Baldassari, Allegra Francesconi, Gabriele Bersani IL CONFRONTO TRA LE ATTIVITA’ LUDICHE DEI NONNI E QUELLE DEI BAMBINI DI ADESSO I giochi di gruppo di ieri e di oggi, nascondino batte tutti Un esempio di giochi in strada fatto dagli alunni SE SI CONFRONTANO i giochi di ieri con quelli d’oggi, si nota che ci sono quelli che sono cambiati nel tempo, altri che sono ancora gli stessi ed altri ancora che non si giocano più. Prendiamo ad esempio il gioco delle statuine: si costruivano due buoi o due pecore con la terra, si lasciavano seccare, poi si dipingevano immergendole nell’acqua colorata, si legavano ad un filo e il divertimento stava nel trascinarle per tutta la casa. Oggi tutto è cambiato: oggi le statuine rappresentano il diverso stato d’animo deciso dall’organizzatore del gioco e si rimane immobili. Altro esempio sono i trampoli. Al tempo dei nostri nonni, venivano costruiti con due aste di legno per andare a prendere sale o petrolio dall’altra parte dei torrenti spesso pieni d’acqua. Al giorno d’oggi sono utilizzati solo nell’ambiente circense o dagli artisti di strada. Ancora si vedono bambini nei cortili delle scuole o delle case popolari giocare a Settimana e al Gioco dell’Elastico che non sono mutati nel tempo come 4 Cantoni, Strega Impalata, Nascondino e Un due tre stella. Non tutti i giochi però si ricordano. Ad esempio il Gioco dei Papaveri in cui ci si affidava alla fortuna per indovinare il periodo di fioritura di un bocciolo di papavero, rispondendo alla domanda «Acqua, aceto o vino?» o Mosca-cieca nel quale si tracciava per terra con la punta del bastone un cerchio da cui non si poteva uscire e si bendava un giocatore che doveva riuscire a toccare e riconoscere almeno uno dei partecipanti? In passato c’erano poi i giochi per non sudare: la Sartina di Milano, Assassino, Telefono senza fili, Povero micino e altri che…purtroppo si sono dimenticati! Zelda Paolucci, Martina Mancini, Camilla Signorini GRAZIE AL RESTO DEL CARLINO IN QUESTE poche righe vogliamo ringraziare il Resto del Carlino per la magnifica esperienza vissuta. Abbiamo provato l’ebbrezza di essere giornalisti. Ci ha permesso di met- terci alla prova, conoscere come è fatto un giornale, ci ha sollecitati a incontrarci per programmare e produrre articoli. Ciò ha rafforzato le nostre amicizie, ci ha insegna- to a collaborare e ci ha fatto scoprire nuove persone. Ci ha fatto guardare da vicino al mondo dei grandi. Una bella avventura. Alessandro Brandi, Federica Rosa