Non chiudete la casa-museo di Alda Merini! Intervista alla figlia
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Non chiudete la casa-museo di Alda Merini! Intervista alla figlia
Non chiudete la casa-museo di Alda Merini! Intervista alla figlia Barbara Carniti Alda Merini. I suoi versi, capaci di scendere fino alle profondità, a toccare corde nascoste dell’animo umano per riempirlo dello stupore della vita. Le sue parole, lavate di pianti, coraggio e passione, talvolta selvaggia, attraversano tante vite e tante ancora ne attraverseranno lasciando sulle labbra il sapore di una lirica prorompente e geniale. Tutto questo e molto di più è Alda Merini, degna di menzione tra le figure più rappresentative della cultura del Novecento. Purtroppo però l’Italia, presa dai suoi guai finanziari, troppo spesso dimentica che, una via d’uscita alla crisi permanente, potrebbe essere quella di investire sull’educazione e la formazione, sui grandi beni artistici ed architettonici che hanno lasciato i nostri Padri e sui grandi intellettuali che possono divenire il fermento di nuovo vigore e nuova rinascita. Potenziando la vera vocazione del paese che è di sicuro il turismo, anche di tipo culturale. Purtroppo l’Italia sembra essersi dimenticata anche di Alda Merini. È infatti recente la notizia che la Casa Museo a Milano, in Via Magolfa, dedicata alla poetessa, potrebbe essere chiusa per mancanza di fondi adeguati. La città di Milano, a cui la Merini ha dedicato molti dei suoi versi, uno dei poli più rappresentativi della circolazione di cultura, economia ed idee, pare non in grado di risolvere in maniera positiva la questione. In un periodo in cui chiudono in ogni dove le librerie, anche quelle storiche, ecco farvi seguito i musei. E quello dedicato ad Alda Merini, che poteva essere un circolo intellettuale in grado di far respirare la poesia ai tanti ammiratori e ai tanti giovani che desideravano frequentarlo, sembra seguire la stessa sorte. Incontriamo dunque, Emanuela e Barbara Carniti, la primogenita e la secondogenita delle quattro figlie di Alda Merini, per verificare la situazione. I volti delicati delle due donne, portano impressi la madre. certi tratti che ricordano molto da vicino È Barbara a parlare per entrambe. Barbara, è vera la notizia della chiusura della casa Museo dedicata a sua madre per mancanza dei fondi necessari? Purtroppo è vero. Io e le mie tre sorelle abbiamo appreso la notizia da poco e siamo molto rattristate. Vorremmo poter scongiurare questo pericolo, perché sappiamo in quanti amano ed ammirano la grande poetessa. Ma non disponiamo di fondi personali da investire. È stata un’idea di voi figlie quella di dedicare una casa museo ad Alda Merini? Sinceramente no. Tutto è nato quando, subito dopo la morte di mia madre, nel 2009, nel mese di Novembre, l’amministratrice dello stabile in cui era vissuta mia madre, in affitto, mi avvisò che i proprietari dell’appartamento avrebbero presto iniziato una ristrutturazione. Bisognava perciò liberare la casa da tutti i mobili e gli oggetti appartenuti a mia madre, nonché tutti i suoi manoscritti. Io e le mie sorelle, che vivono in altre città, abbiamo immediatamente chiesto aiuto all’amministrazione del Comune di Milano, che ha ventilato l’ipotesi di aprire una casa Museo. Mia sorella Emanuela si è occupata di tutte le fasi del trasloco e non le dico quanto sia stato doloroso per lei. Ad aiutarla sono intervenuti il Maestro Giovanni Nuti e il suo amico Paolo Recalcati, che hanno riempito assieme a lei, scatoloni e scatoloni di collane, manoscritti, soprammobili assieme a una vita intera. Ma il problema più grande era quello di salvare una parete, su cui mia madre scriveva versi nati all’improvviso, appunti, pensieri, numeri di telefono con il rossetto, su cui il figlio di Mondadori faceva i suoi disegni. Una parete di grande valore, un bene da salvare. Parla della parete che fu poi trasportata nella casa Museo? Infatti. L’amministratrice dello stabile ci avvisò che con la ristrutturazione dell’appartamento di mia madre sarebbe stato coperto il muro che testimoniava l’estro di una grande poetessa. Il Comune, interpellato al riguardo, si dichiarò disposto ad aiutarci e a trovare un luogo idoneo, ma bisognava cercare i fondi necessari per poter trasportare con una tecnica particolare, la famosa parete, una delle cose più suggestive del Museo. A questo punto io e le mie sorelle non ci siamo trovate sole perché i tanti ammiratori di Alda Merini come intellettuale e poetessa, hanno deciso di formare un gruppo che ha avuto tanto risalto su facebook e che si è adoperato per trovare i soldi necessari a salvare il famoso muro, chiamato “muro degli angeli”. Dove è situata attualmente la Casa Museo? Sul Naviglio Grande, a Milano, nell’ex tabacchiera comunale in Via Magolfa 32, non molto lontano dalla casa in cui era sempre vissuta. Sulla facciata è stata affissa una sua foto. Il Museo e stato chiamato “Atelier della parola” e l’idea è sempre stata quella di organizzare al suo interno corsi e laboratori di scrittura. Non può immaginare quante persone intraprendano un viaggio, anche lungo, spostandosi lungo lo stivale, per visitare questa Casa Museo. Cosa accadrà, dunque, ora? L’attuale amministrazione comunale, per problemi di bilancio, non può proseguire nel mantenimento del Museo, non può occuparsi neanche di tutte le fasi che ancora occorrono per allestire in maniera adeguata tutto il materiale e soprattutto il famoso muro. Ci ha chiesto dunque, di allertare il gruppo che in precedenza aveva dato grande aiuto per cercare i fondi per il recupero e il trasporto del muro. Dunque, la questione è che siamo senza soldi e l’unica possibilità è trovare uno sponsor. Il vostro magazine, quindi, può aiutarci a sensibilizzare l’opinione pubblica. Vi serve uno sponsor, dunque. Ci serve uno sponsor. Solo così potremo salvare la Casa Museo dedicata a mia madre. Che poi lì ci sono tutti i suoi beni personali, la scrivania, il pianoforte, la macchina da scrivere, dati in comodato d’uso. Inoltre io e le mie sorelle abbiamo donato i suoi manoscritti perché ci siamo rese conto che non potevamo tenere per noi, come in fondo desideravamo egoisticamente, le sue cose. Infatti il ricordo di nostra madre non appartiene solo a noi, ma a tutto il paese, perché è stata prima di tutto grande intellettuale e poetessa. Mia madre appartiene a tutti. I suoi versi, così profondi e geniali. Aveva la poesia nel sangue. Alda Merini iniziò precocemente a scrivere e fu subito notata dagli intellettuali dell’epoca. Questo è verissimo. Di mia madre tutti ricordano solamente il suo vissuto in manicomio e legano la sua poesia a quegli eventi tristissimi della sua esistenza e della nostra stessa famiglia. Mia madre era sì una donna fragile a livello psicologico, ma aveva anche una impressionante forza reattiva che l’ha aiutata ad uscire da certe situazioni disperate. E la sua vocazione poetica nacque prestissimo. A soli sedici anni iniziò a frequentare la prima società poetica, che si riuniva nella casa di Giacinto Spagnoletti in Via del Torchio e che era frequentata da intellettuali del calibro di Luciano Erba, Giorgio Manganelli, Davide Turoldo, Maria Corti. Lei era molto apprezzata da questo gruppo e veniva spinta a scrivere. Quando furono pubblicate le sue prime poesie? A soli sedici anni. Nel 1950 fu proprio Spagnoletti a pubblicare i suoi versi nell’ Antologia della poesia italiana 1909-1949. La vocazione poetica di mia madre fu precoce. Poi iniziarono purtroppo i primi turbamenti della mente che non la abbandonarono mai, turbamenti che dovette accettare e con i quali dovette imparare a convivere. Troppi si fermano a ricordare solo il periodo del manicomio. Alda Merini invece non solo fu poetessa da sempre, ma i suoi versi toccavano tante tematiche, quelle dell’amore, della sensibilità religiosa, del dolore, della passione. Alda Merini scriveva su tutto, a tutte le ore, in ogni dove, e regalava i suoi versi a chiunque glieli chiedesse. Sarei contenta se lei scrivesse queste cose che le ho raccontato, soprattutto che si capisse che mia madre era una intellettuale vera, cresciuta respirando cultura e che il suo genio ha trovato in quell’ambiente un magma adatto a farlo crescere.” E fu soprattutto il mezzo televisivo a farla conoscere a livello mediatico al grande pubblico, grazie a Maurizio Costanzo che comprese che aveva di fronte a sé una straordinaria poetessa, non omologata né ordinaria e le diede molto spazio. Le cose così stanno. Se non si trova uno sponsor o un gruppo di sostenitori o se non interviene qualche rappresentanza del governo, potrebbe perdersi uno dei luoghi di incanto poetico più importanti del Novecento italiano. La speranza di trovare una adeguata soluzione da parte di Emanuela e Barbara Carniti e delle loro sorelle, diviene dunque, con questa intervista, la nostra speranza e quella,crediamo, di tutti coloro che amano la cultura e che pensano che proprio da essa si riparta per un futuro migliore per le nuove generazioni. Speriamo infine di non rimanere soltanto un paese di santi e navigatori, eliminando il ricordo dei nostri poeti.