via libera di usa e canada ai nuovi ogm della monsanto

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via libera di usa e canada ai nuovi ogm della monsanto
VIA LIBERA DI USA E CANADA AI NUOVI OGM DELLA MONSANTO
Sabato 08 Agosto 2009 01:05
di Michele Paris
Qualche giorno fa i giganti delle biotecnologie Monsanto e Dow AgroSciences hanno
annunciato l’immissione sul mercato a partire dal 2010 di un nuovo seme di mais
geneticamente modificato. Il prodotto si chiamerà “SmartStax” e per la prima volta nella breve
storia dell’ingegneria genetica il suo DNA conterrà ben otto geni modificati, così da opporre una
maggiore resistenza a insetti e piante infestanti. L’approvazione, per così dire, del nuovo seme
è arrivata frettolosamente dagli enti preposti dei governi canadesi e americano, entrambi
sprovvisti dei mezzi necessari per valutare più a fondo i possibili rischi degli OGM per
l’ambiente e la salute umana. Il tutto a poche settimane dall’appello lanciato da un’autorevole
associazione di medici americani per una moratoria planetaria degli OGM. A denunciare i
metodi di verifica a dir poco approssimativi delle autorità sanitarie di Canada e Stati Unti è stata
in particolare l’organizzazione no-profit di Ottawa CBAN (Canadian Biotechnology Action
Network), la quale ha rivelato come non sia stato effettuato alcun controllo sugli effetti degli otto
nuovi geni combinati tra di loro nel DNA del mais. Dal momento che questi geni erano stati
approvati singolarmente dal Ministero della Salute canadese, praticamente nessuna valutazione
dei rischi è stata fatta sul prodotto nato dalla collaborazione di Monsanto e Dow. Attualmente,
sono in genere al massimo due i geni che vengono artificialmente immessi nel DNA di una
singola pianta.
Lo SmartStax unisce le caratteristiche dei geni precedentemente approvati e resistenti
all’erbicida Roundup - altro discusso prodotto di punta della Monsanto - con altri che
permetteranno al mais di resistere agli insetticidi. Secondo la multinazionale del Missouri, il
nuovo seme consentirà il raddoppiamento dei raccolti entro il 2030, dando la possibilità
all’agricoltura di “rispondere alla crescente domanda mondiale di cibo ed energia”. Sempre
secondo i dati forniti dalla corporation americana, a partire dal prossimo anno saranno 1,6 i
milioni di ettari coltivati negli Stati Uniti e in Canada con il mais SmartStax.
Proprio negli USA intanto, l’Unione dei Consumatori ha chiesto ai governi dei due paesi
nordamericani di ritirare immediatamente l’autorizzazione alla vendita del nuovo seme di mais.
Lo SmartStax, infatti, con la combinazione di un tale numero di geni, violerebbe lo stesso Codex
Alimentarius delle Nazioni Unite, producendo potenzialmente effetti indesiderati sulla salute
dell’uomo, come l’insorgere di nuove allergie e tossine. Per questo motivo, andrebbero disposti
immediatamente studi più approfonditi.
Nel 2001 una commissione indipendente di scienziati canadesi, incaricata di valutare una serie
di possibili regolamentazioni per gli OGM nel proprio paese, aveva criticato aspramente il
governo e la Canadian Food Inspection Agency (CFIA) per aver dato il via libera alle coltivazioni
con semi geneticamente modificati senza indagare a sufficienza il loro impatto sulla salute e
sull’ambiente. Da allora ben poco è cambiato in Canada, e non solo. Come se non bastasse, la
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CFIA ha anche ridotto le dimensioni dell’area cuscinetto normalmente richiesta attorno ai campi
coltivati con semi geneticamente modificati e non ha finora fornito alcuna spiegazione per la
decisione di approvare lo SmartStax senza richiedere ulteriori studi sui possibili effetti negativi.
Forse ancora più paradossale è addirittura la situazione negli Stati Uniti, dove l’intero processo
di approvazione degli OGM è fortemente condizionato dalla decisione presa nel 1992
dall’amministrazione di George H.W. Bush, su richiesta della Monsanto, di considerare i semi
modificati “sostanzialmente equivalenti” a quelli tradizionali. Una conclusione che ha
determinato la pressoché totale assenza di controlli o studi sugli OGM immessi sul mercato da
parte delle due agenzie responsabili (EPA e FDA), entrambe affollate in questi anni da ex
avvocati e dirigenti della stessa Monsanto.
D’altra parte, va sottolineata anche l’assenza di studi scientifici indipendenti sui prodotti
geneticamente modificati, dal momento che - come ha rivelato un’indagine della rivista Scientifi
c American
- aziende come Monsanto, BASF, Pioneer o Syngenta richiedono esplicitamente agli acquirenti
dei loro prodotti di firmare un accordo che vieta di cedere i semi ad organismi di ricerca
indipendenti. Di conseguenza, non è possibile verificare eventuali effetti collaterali dei semi
modificati sull’uomo, gli animali o l’ambiente, né confrontarli con quelli tradizionali. Gli unici studi
che le multinazionali delle biotecnologie consentono di essere pubblicati sono così quelli da loro
preventivamente approvati, se non addirittura da loro stesse realizzati.
Alle crescenti proteste di agricoltori e organizzazioni a difesa dell’ambiente, si è aggiunto
recentemente un appello della American Academy of Environmental Medicine (AAEM),
associazione che riunisce medici e scienziati impegnati nello studio delle interazioni tra
ambiente e salute umana. Dal proprio sito ufficiale, la AAEM ha affermato che il cibo
proveniente da OGM “pone seri rischi per la salute” e per questo ne chiede l’immediata
moratoria. Citando un numero sempre maggiore di studi condotti sugli animali, la stessa
organizzazione indipendente conclude che vi sia “più di una associazione casuale tra cibo
geneticamente modificato ed effetti dannosi sulla salute”, tra l’altro, in ambito tossicologico e
allergologico, nonché delle funzioni immunitarie, riproduttive e metaboliche.
Oltre alla moratoria sugli OGM, la AAEM chiede l’implementazione di test sulla loro sicurezza,
ai medici di educare i loro pazienti sui pericoli degli OGM per la salute, di considerare il ruolo
del cibo prodotto con organismi geneticamente modificati nelle malattie diagnosticate e studi
scientifici indipendenti sui loro effetti. Ben lontani dal rispondere in maniera sicura alla crescente
domanda di cibo del pianeta, come sostengono le multinazionali dell’agrobusiness e delle
biotecnologie, gli OGM rappresentano potenzialmente una seria minaccia per la salute umana e
per l’ambiente in cui vengono piantati.
Tanto da richiedere da più parti in questo ambito l’applicazione del “principio di precauzione”,
strumento di regolamentazione adottato dall’Unione Europea e concetto fondante di numerosi
accordi internazionali. Stabilito nel corso della Conferenza ONU su Ambiente e Sviluppo del
1992 a Rio de Janeiro, questo principio che, “per proteggere l’ambiente”, dovrebbe “essere
ampiamente applicato dagli Stati”, dispone come “qualora sussistano minacce di danni seri o
irreversibili, l’assenza di certezza scientifica” non possa “essere usata per ritardare
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l’applicazione di misure vantaggiose in termini di costo volte a prevenire il degrado ambientale”.
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