newsletter 28-2013

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NOTIZIE DALL’EUROPA E DAL MONDO
L’EUROPA DICE NO ALLA PRIVATIZZAZIONE
DELL’ACQUA
Il Commissario Europeo Michel Barnier in un comunicato
stampa dichiara: ''L’Unione Europa è contraria alla privatizzazione dell'acqua'',
trovando così un punto d’incontro con l'Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE)
“Right2Water” (Diritto all’acqua).
Il commissario europeo per il mercato interno, con un comunicato
stampa ufficiale diffuso il 21 giugno scorso, esclude l'acqua dalla
direttiva sulle concessioni e rassicura i cittadini dell'Unione Europea:
"Capisco bene la preoccupazione che deriva da una privatizzazione
dell'acqua contro la vostra volontà, anche io reagirei allo stesso
modo".
L’iniziativa dei cittadini europei, che dal 2011 ha dato origine, alla
mozione dell'ICE per cambiare la direttiva europea, ha già raggiunto il
traguardo del milione di firme e mira a triplicare l'obiettivo con tre
milioni di firme.
La campagna Right2Water, vuole garantire il diritto di usufruire
dell'acqua. Un diritto negato nei fatti in molti paesi europei, nonostante sia stato riconosciuto
come universale dalle Nazioni Unite, e in Italia, nonostante i 27 milioni di no alla
privatizzazione espressi dai cittadini con il referendum del giugno 2011.
Molti Stati in Europa, tra cui Spagna, Olanda, Belgio, Danimarca, Grecia, Svizzera, Svezia, e
altri ancora, non hanno mai privatizzato la distribuzione d'acqua, mentre in Gran Bretagna la
privatizzazione ha creato problemi e grande insoddisfazione a causa della cattiva
manutenzione della Thames Water, la società a cui è stata affidata la gestione. Si ritorna alla
municipalizzazione anche in molti paesi extraeuropei, dagli Stati Uniti all'Argentina, dal Messico
al Mali, dove la ripubblicizzazione dell'acqua ha mostrato un generale miglioramento della
qualità del servizio, costi più contenuti e una maggiore efficienza nella distribuzione.
L’ICE per l’acqua pubblica è stata sottoscritta da un milione e mezzo di cittadini in tutta
Europa, anche in Italia grazie al lavoro del Forum italiano dei movimenti per l’acqua e della
FPCGIL. “Per l'ennesima volta - fanno sapere del Forum - viene smentita l’invocazione dei
sostenitori delle privatizzazioni, quel "ce lo chiede l'Europa" continuamente ripetuto per
giustificare la cessione ai privati del servizio idrico, e già sconfitto dal voto popolare nel
referendum del 2011. In Italia è intanto iniziato lo sprint finale per raggiungere l'obiettivo di
firme per l'Iniziativa dei Cittadini Europei citata da Barnier, affiancando così anche il nostro
paese agli undici che l'hanno già fatto, per raggiungere un risultato storico”.
ITALIA. L’ORO BLU È IN DEFICIT DI 40 LITRI A PERSONA
I nuovi dati pubblicati da ANBI (Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni)
confermano le preoccupazioni riguardo al consumo di acqua in Italia. Nel Paese si
consumano circa 180 litri di acqua al giorno a persona, ma in riserva si dispone solo di
140 litri.
Sul fronte delle risorse idriche è stato lanciato dall'ANBI, l’allarme rischio di deficit idrico per
l’Italia. Ogni italiano consuma circa 180 litri di acqua al giorno ma ha una riserva idrica di 140
litri, quindi ha un deficit di 40 litri. Riserve davvero piccole, meno del 10%, rispetto a quella di
2.200 litri di uno statunitense, 3.300 litri di un australiano e 1.100 litri di uno spagnolo.
I dati provengono da una ricerca condotta da Kinsey & Company e diffusi dall’ANBI secondo cui
i numeri confermano non solo il deficit idrico, ma anche il pericolo dell’alterazione
dell’ecosistema fluviale.
La disponibilità d'acqua diminuisce ogni anno, le località in
emergenza idrica crescono di numero, i costi ed i prezzi
dell'acqua sono in rapido aumento. Il 15% della
popolazione italiana, ossia circa otto milioni di persone per
quattro mesi l'anno (giugno settembre) è sotto la soglia del
fabbisogno idrico minimo di 50 litri di acqua al giorno a
persona. Il 30% dell'acqua che entra nelle condotte idriche
si perde per strada e non arriva nelle case.
La cattiva gestione delle acque di scarto, d'altro verso,
contaminate con sostanze chimiche e da altre scorie, sta inquinando le riserve idriche che pur
essendo rinnovabili rimangono sempre costanti. Il 40% dell'acqua per irrigazione (pari al 70%
medio dei consumi totali) si perde lungo le tubazioni dalle sorgenti, dagli invasi alle prese e agli
idranti. In tutto il Bacino del Mediterraneo, Italia compresa, nell'ultimo secolo si è verificata
una diminuzione delle precipitazioni estive pari a circa il 20%, accompagnata da un aumento
delle temperature di 1,5 gradi C.
Gli scienziati ci dicono che il clima è di per sé una variabile in continua evoluzione e che
l'anomalia climatica che stiamo vivendo consiste nel fatto che, diversamente dal passato,
all'aumento della temperatura non corrisponde un incremento delle precipitazioni. E queste si
concentrano in periodi di pioggia brevi ed intensi, provocando piene fluviali e inondazioni
eccezionali. Penuria e improvvise e torrenziali abbondanze costituiscono una seria minaccia da
fronteggiare per uomini e cose, per l'ambiente e la natura, per l'economia e le produzioni
agricole.
La riserva idrica, secondo ANBI, è impoverita dallo sfruttamento delle falde acquifere e dalla
incapacità delle stesse di rigenerarsi. "I volumi d’acqua presenti nei maggiori invasi italiani spiega Massimo Gargano, presidente dell’ANBI - sono ben al di sotto delle capacità. Il serbatoio
di Occhito, in Puglia, ha 145,8 milioni di mc contro una capacità di 247,5, quello di Sinni in
Basilicata 360 contro 530, mentre quello di Ingagna in Piemonte 6,5 contro 8. Milioni e milioni
di metri cubi di piogge che tra l’altro vanno a creare danni e spesso inondazioni.
Nonostante le nostre ripetute e preoccupate richieste, la dotazione infrastrutturale di invasi in
Italia non è sostanzialmente cambiata, e così si riesce ad utilizzare solo il 15% delle acque
piovane, che bagnano il nostro territorio». Gargano continua: “solo la realizzazione di un Piano
Nazionale degli Invasi può evitare il ripetersi di crisi idriche con gravi ripercussioni
sull’economia agricola e sull’ambiente. Gli invasi collinari e di pianura - sottolinea l’esperto possono immagazzinare le acque piovane per utilizzarle nei momenti di necessità, riducendo al
contempo il rischio di alluvioni». «Per questo - conclude - oltre a diffondere l’uso del sistema
innovativo “Irriframe” per l’ottimizzazione dell’irrigazione solo un Piano Nazionale degli Invasi
può dare risposte concrete per l’accumulo di riserve idriche".
(da Effetto Terra - giugno 2013)
POVERI AGRICOLTORI
Siamo uniti nella diversità o diversi nell’unità? La recente conclusione a
Bruxelles dei negoziati sulla nuova Politica Agricola Comune, la PAC,
pur con qualche interessante novità delude chi ha a cuore l’ambiente e
l’agricoltura sostenibile di piccola scala, ma più di tutto ci pone
domande sull’Europa. Ci interroga sulle prospettive future, su che cosa
è comune e su che cosa non lo è.
La riforma che dovrebbe orientare la qualità del nostro cibo, un possibile e auspicabile ritorno
alla terra delle nuove generazioni, la cura dell’ambiente e dei territori, ha perso un’occasione
storica. È stata dibattuta come non mai, partecipata dalla società civile e dalle associazioni che
hanno fatto sentire forti e chiare le loro istanze, ha coinvolto per la prima volta il Parlamento
europeo per dar voce ai cittadini. Ma gli obiettivi di una politica agricola più verde, equa e in
grado di destinare fondi pubblici (il 40% del budget europeo) in favore di beni pubblici come il
paesaggio, la qualità dei suoli e la salute, sono stati in gran parte non raggiunti oppure
demandati a decisioni degli Stati membri.
Ecco, al di là delle considerazioni su che cosa è stato deciso, è importante vedere che cosa
invece non è stato deciso, lasciando libertà di scelta ai singoli Stati: la questione sul supporto
ai piccoli agricoltori; la riduzione dei pagamenti più corposi (il 20% delle aziende prendeva
l’80% dei sussidi) o del tetto massimo percepibile in un anno; la facoltà di dedicare buona
parte delle risorse destinate allo sviluppo rurale – cioè a pratiche ecologiche, sociali e
produttive all’avanguardia – in favore delle rendite fondiarie (i pagamenti diretti in funzione di
quanta terra si possiede) o per forme assicurative private che possono diventare deleterie.
Ora ai cittadini toccherà fare pressione sui loro Governi, il lavoro non è finito. Ma a cosa serve
un Politica Agricola così importante in termini di budget e di argomenti, che dovrebbe sin dal
nome essere Comune, se comune non lo è? Se non è in grado di proporre idee forti, che
paghino con i nostri soldi qualcosa per cui tutti potremo avvantaggiarci? Qualcosa che ha a che
fare con i beni comuni? C’è chi ha fatto notare che s’intravede nella mancanza di certe
decisioni una sorta di “de-europeizzazione”.
È questione non da poco, perché ci sono diversi “fronti” che la PAC dovrebbe avvicinare, su cui
dovrebbe mediare o essere dirimente in favore dei cittadini. Il primo lo potremmo chiamare
“agroindustria contro piccola agricoltura”. Ci si può accapigliare all’infinito se era meglio o no
obbligare tutte le aziende a destinare una piccola percentuale dei loro terreni al mantenimento
di aree con funzione ecologica (3, 5 o 7%? Per la cronaca ha “vinto” il 5), ma di cosa stiamo
parlando di fronte al fatto che da un lato abbiamo aziende che percepiscono 300.000 euro
all’anno di sussidi mentre per i piccoli agricoltori gli Stati possono scegliere di dare un
contributo annuo fino a 1.250 euro? Cosa cambiano queste cifre nell’economia di un’azienda?
Le centinaia di migliaia di euro mantengono in piedi un sistema monoculturale e non
sostenibile; il migliaio sembra invece un “regalino” che certo non cambia il lavoro e la vita di
una piccola azienda. È vero, ai piccoli agricoltori sono stati tolti molti obblighi burocratici, ma
un aiuto concreto è un’altra cosa. In proporzione il contributo che loro restituiscono in cibo
sano e buono, in cura del territorio e in beni di tutti è infinitamente più prezioso di mille euro
all’anno. Da questo punto di vista la riforma PAC sembra abbia “cambiato affinché nulla
cambiasse”: il grosso della torta continua ad andare ai grossi.
Un altro fronte sono le agricolture degli Stati membri di lungo corso contro quelle degli ultimi
arrivati, i Paesi dell’Est. Queste ultime sono agricolture fragili, meno moderne e per questo
ancora ricche di diversità naturale e produttiva: hanno diritto di crescere, ma anche di essere
in qualche modo tutelate. Si parlava di “convergenza interna” per equiparare i sussidi, ma
anche in questo caso alla fine decideranno i singoli Stati.
Poi c’è la questione “Europa contro Paesi in via di sviluppo”. In questo caso, se si guarda fuori
dai confini continentali, ecco che magicamente torna l’unione: non è stato previsto nessun
meccanismo di monitoraggio sugli effetti delle politiche commerciali della PAC – come i sussidi
alle esportazioni o prezzi artificiosamente bassi – nei confronti dei piccoli agricoltori in Asia e in
Africa. Sono rimasti tutti uniti anche per annacquare le misure di “inverdimento” o “greening”
delle pratiche agricole. È importante che il concetto sia stato introdotto, ma sono state anche
previste così tante eccezioni nei regolamenti attuativi che il 60% delle terre coltivate europee
alla fine potrebbe esserne esentato. Un buon indirizzo, ma un obbligo soltanto sulla carta.
Anche se si registrano alcuni aspetti positivi, come il già citato snellimento burocratico o
l’aumento di risorse per i giovani agricoltori, questa è una PAC che lascia l’amaro in bocca.
L’Europa sembra rimanere ancorata ai vecchi schemi del liberismo e delle lobbies
multinazionali, senza il coraggio di proporre veri cambiamenti legati a prospettive nuove,
mondiali, moderne.
Quest’Europa ha generato una Politica Agricola Comune che ha poco di comune, che sembra
nascondersi dietro le frammentazioni invece di imporre a tutti un indirizzo alto e nobile, severo
e nell’interesse pubblico.
In tema di cibo e agricoltura, questa stessa Europa ci spinge a ripartire dalle nostre diversità
per raggiungere un’unità che evidentemente è ancora tutta da definire. Mentre i piccoli
agricoltori lottano da soli, i giovani hanno difficoltà a tornare alla terra, l’agroindustria continua
a dominare e lo sviluppo di nuovi paradigmi sociali, economici, culturali, agricoli e alimentari, è
lasciato tutto in mano a quei cittadini e contadini europei (loro sì!) dotati di tanta buona
volontà e di copiose fresche idee.
A ben pensarci, forse, sono proprio loro gli unici che ci fanno intravvedere come sarà la vera
”Unione Europea" del futuro.
(scritto da Carlo Petrini su Slow Food - giugno 2013)
Difendi l'Artico
Ciao Amici,
una giovane mamma di orso polare, che solo pochi mesi
fa ha dato alla luce i suoi primi cuccioli, ora deve
affrontare una realtà straziante: a causa dello
scioglimento dei ghiacci, potrebbe vedere i suoi piccoli
morire di fame o di stanchezza prima che riescano a
diventare grandi.
È una tragedia, ma per multinazionali come SHELL è
Aiutaci a denunciare il
un'opportunità perché significa poter perforare sempre
più a Nord alla ricerca di petrolio, in profondità, in un
pericoloso accordo tra
ambiente incontaminato e fragile, dove le conseguenze
SHELL e Gazprom
di
un
incidente
sarebbero
devastanti.
DIFFONDI IL VIDEO!!
Tu, insieme a tre milioni di persone in tutto il mondo, fai
già parte del nostro movimento per salvare l'artico.
All'inizio di quest'anno, SHELL è stata costretta ad
allontanarsi dalla regione artica degli USA, dopo una serie di pericolosi e umilianti fallimenti.
Ora SHELL ha un piano B: raggiungere l'Artico dalla Russia. Prima che le
perforazioni abbiano inizio, è urgente che tutti lo sappiano!
Condividi questo video per denunciare il nuovo diabolico piano di SHELL e chiedi ai
tuoi amici di firmare la petizione per salvare il Polo Nord dalla distruzione del
petrolio.
Per avere l'Artico a ogni costo, SHELL ha stretto un patto pericoloso con
Gazprom, il mostruoso gigante del petrolio russo, per accedere alla regione artica dalla
Russia, dove le leggi sono permissive e la corruzione è diffusa. Il nuovo socio di SHELL
Gazprom, che ha alle spalle una lunga storia di imprese rischiose, è tristemente famoso per un
incidente gravissimo accaduto nel 2011 quando una sua piattaforma petrolifera è affondata in
una tempesta, causando la morte di 53 persone. Questa nuova partnership è la garanzia di
un'imminente fuoriuscita di petrolio e di una catastrofe ambientale nel Nord della Russia.
Se vogliamo un futuro diverso per l'Artico dobbiamo agire ora.
Sappiamo bene quanto SHELL ci tenga a difendere la propria reputazione. L'azienda è pronta a
nascondere i suoi rischiosi investimenti ai propri azionisti e partner ed è per questo motivo che
solo se diffondiamo al mondo intero la notizia di questo nuovo infido accordo
possiamo contribuire a tenere SHELL fuori dalla Russia artica.
Aiutaci a sporcare il marchio SHELL, prima che SHELL sporchi l'Artico.
CLICCA QUI per guardare il video, condividilo con i tuoi amici e invitali a prendere parte al
nostro movimento. Grazie.
(da Greenpeace - giugno 2013)
A 16 ANNI INVENTA LA BIOPLASTICA
FATTA CON LE BUCCE DI BANANA
Dalle bucce di banana si può produrre la plastica.
Ancora una volta le idee per migliorare il pianeta
rivolgendo lo sguardo a soluzioni sostenibili vengono
proposte dai più piccoli.
Elif Belgin, 16enne di Istanbul, un bel giorno ha
pensato che le bucce di questo gustoso frutto, invece
di finire nella spazzatura, sarebbero state utili creando qualcosa di riutilizzabile.
Con la sua idea, la giovane ha vinto il “2013 Science in Action Award” (Premio 2013
“Scienza in Azione”), 50.000 dollari offerti dalla Scientific American, come parte del
concorco Google Science Fair. Quest'ultimo, organizzato annualmente da Google, si propone di
premiare le idee migliori dei ragazzi di varie fasce d'età, dai 13 ai 18 anni. Così è stato per Elif,
che un bel giorno si è soffermata a riflettere sul fatto che la frutta è naturalmente avvolta in un
involucro, che le fornisce tutta la protezione di cui ha bisogno, caratterizzato da flessibilità e
resilienza. Elif Bilgin ha approfondito la questione e ha scoperto che gli amidi e la cellulosa
contenuta nello strato esterno delle bucce di banana potevano essere utilizzati anche per
creare materiali in grado di isolare i fili o per protesi mediche.
Mettendo a frutto quanto imparato, Bilgin ha poi sviluppato un processo chimico per
trasformare le bucce in una bioplastica resistente, sperando di poter contribuire a ridurre la
dipendenza dal petrolio. I suoi sforzi sono stati ampiamente ricompensati dal primo premio
conquistato, diventando una delle finaliste del Google Science Fair.
Secondo la giovane, il problema da risolvere riguardava il fatto che la plastica che usiamo
contiene derivati dal petrolio e questi stanno causando l'inquinamento ambientale. Se la
plastica (un materiale con una tale vasta gamma di utilizzi nella vita quotidiana) potrà essere
prodotta con l'uso di bucce di banana (un materiale che viene gettato via ogni giorno), allora
diventerà una valida rivale per la plastica a base di petrolio.
“Il mio progetto è sull'utilizzo di bucce di banana per la produzione di bioplastica in sostituzione
della tradizionale plastica a base di petrolio” ha spiegato Elif Bilgin sul sito ufficiale del
concorso. “In questo progetto, ho sviluppato un metodo per fare la plastica utilizzando le bucce
di banana e ho trovato nuove aree per l'uso della plastica che ho fabbricato, utilizzando la
bioplastica per la realizzazione di protesi estetiche e per l'isolamento dei cavi”.
La sedicenne turca ha mostrato il suo progetto, tanto semplice quanto significativo, anche con
un disegno, illustrato in questo video. Per dare vita al suo progetto, Elif ha impiegato 2
anni. Durante questo periodo di tempo, è riuscita davvero a produrre bioplastica,
effettivamente utilizzata nella vita quotidiana. Dopo l'orto dai rifiuti realizzato per salvare la
barriera corallina indonesiana, un'altra 'giovane' idea potrebbe contribuire a salvare il pianeta.
(da Greenme.it - luglio 2013)
SORSI D'AUTORE 2013
Serena Dandini a Mira "Sorsi d'Autore" 2013
Vino e cultura si incontrano anche quest'anno in
occasione di Sorsi d'Autore, manifestazione che
propone - dal 27 giugno al 20 luglio - una serie di
incontri con grandi nomi dello spettacolo che
degusteranno assieme al pubblico le eccellenze
eno-gastronomiche del territorio in alcune delle più
suggestive Ville del Veneto.
Sarà Serena Dandini l'ospite del terzo appuntamento della kermesse: la nota conduttrice,
autrice televisiva e scrittrice lavora per svariati programmi soprattutto comici e di satira da
prima in radio e poi in televisione, pubblicando anche numerosi libri per la casa editrice Rizzoli.
Durante la serata, Serena Dandini presenterà il suo ultimo lavoro editoriale contro il
femminicidio. L'evento, moderato dal giornalista Massimiliano Cortivo, avrà luogo
lunedì 8 luglio alle 21 a Villa Venier Contarini di Mira (Venezia)
L'incontro, inoltre, è realizzato con il Patrocinio dell'Assessorato alla Cultura della
Provincia di Venezia, il Comune di Mira e la collaborazione di Bisol, di cui si
degusteranno il Salis Valdobbiadene Prosecco Superiore d.o.c.g. Spumante Dry e il
Cuvée Brut Spumante Brut.
La manifestazione culturale giunge nel 2013 alla sua 14esima edizione, rinnovando l’intento di
promuovere l’eccellenza vitivinicola e agroalimentare oltre che quella turistica, storica e
paesaggistica del territorio veneto. Per raggiungere tale obiettivo verranno ospitati personaggi
della cultura nazionale all’interno di alcune prestigiose ville della Regione del Veneto.
Info & prenotazioni: tel. 045.8001471/045.595284 - [email protected]
Sugli OGM: CONTRO…(prima)
LA MONSANTO E’ VERAMENTE SCONFITTA?
(tutto da vedere!)
Il Comitato Scientifico EQUIVITA, che da 30 anni segue la
storia degli OGM e dei brevetti sul vivente in Europa, ritiene
necessario prendere le distanze dalla cronaca di oggi e fare
una valutazione più approfondita della notizia uscita di
recente: “La Monsanto rinuncia agli OGM in Europa”
1) Tre sole sono attualmente le varietà di OGM autorizzate alla coltivazione in Europa (assai
poco diffuse: due varietà di mais per animali e una di tabacco), ma la Commissione europea,
terminata pochi anni fa la lunga moratoria impostale dai cittadini europei, ha optato
nuovamente per una politica di apertura agli OGM, concedendo in cambio agli Stati membri la
facoltà di opporvisi singolarmente…
2) Dopo un periodo travagliato durato fino ad oggi, in cui l’Italia (come vari altri Stati membri)
aveva delegato la decisione sulle autorizzazioni alle singole regioni, l’Italia ha di recente
stabilito (con mozione votata all’unanimità in Senato) per la richiesta della clausola di
Salvaguardia, sancita dalla direttiva del 2001/18 (art.26 bis), che vieta la coltivazione di OGM
su tutto il territorio nazionale, sulla base di rischi documentati per la salute e l’ambiente.
Se l’Italia, che in tal modo si allinea con un numero importante di altri Stati membri, saprà
portare a termine questo impegno, la nostra produzione alimentare, tanto apprezzata in ogni
parte del mondo, sarà stata salvata e le colture transgeniche non vedranno la luce e avremo
conservato la nostra sovranità alimentare.
3) L’attuale decisione della Monsanto, che dichiara di non voler “espandere” le sue colture
geneticamente modificate in gran parte dell’Europa è dunque un semplice prendere atto di una
situazione di fatto: i suoi progetti sono falliti, le colossali cifre investite non solo nei brevetti,
ma anche nell’incessante lavoro di lobby svolto fino ad ora (di cui l’azienda stessa nel suo
comunicato fornisce testimonianza) non sono state un investimento di successo.
4) La Monsanto tuttavia non fa cenno alle 65 varietà di OGM di cui è consentita in Europa
l’importazione (di queste ben 30 resistenti al glufosinate, erbicida che la Commissione
europea ha messo nella Lista rossa,tra i pesticidi più pericolosi e 23 resistenti al glifosate,
erbicida che anch’esso è tossico per l’uomo, come ha dimostrato Seralini con i suoi studi sulle
cellule umane). Questi prodotti creeranno sempre, pur se coltivati in altri continenti, gravi
danni alla biodiversità, all’ambiente, alle economie locali, alla sovranità alimentare, e alla
salute umana, soprattutto con la diffusione dell’inquinamento chimico (ricordiamo che le
coltivazioni OGM aumentano di 4 volte il consumo dei pesticidi, anche secondo lo studio
IAASTD, commissionato dall’ONU a 400 scienziati indipendenti).
5) Ma la cosa più grave (e sempre taciuta) è quanto avviene oggi all’Ufficio Europeo dei
Brevetti di Monaco di Baviera. Se prima rifiutavamo di accettare i brevetti sugli OGM, in
quanto, con il pretesto di una modifica genetica introdotta, privatizzano la materia vivente,
oggi restiamo sbigottiti davanti ad un’azione di gran lunga più illegale.
Oggi i brevetti rilasciati dall’EPO alla Monsanto non sono
più, in grande parte, su organismi geneticamente modificati
(come previsto dalla direttiva 98/44), ma su piante o
animali riprodotti con metodi convenzionali (senza modifica
genetica). Oggi la sfida della Monsanto va ben oltre.
Ne deduciamo che se essa ci assicura di voler rinunciare a
qualche OGM, vuol dire che entro poco sostituirà il mercato
degli OGM con quello dei prodotti convenzionali … coperti
da nuovissimi brevetti. Se noi non ci affrettiamo a fermarli con nuove e più assennate leggi, i
nuovi “padroni del mondo” privatizzeranno e controlleranno ogni nostra fonte di vita.
(dalla Newsletter de La Terra e Il Cielo - giugno 2013)
Sugli OGM: e PRO…(dopo)
NOTIZIE POCO RASSICURANTI DALLA GRAN
BRETAGNA:
IL GOVERNO SI PRONUNCIA A FAVORE DEGLI
ALIMENTI GENETICAMENTE MODIFICATI
“La Gran Bretagna dovrebbe sfruttare i benefici offerti dalle
colture geneticamente modificate e spingere altri paesi
dell'Unione Europea ad abbandonare il loro atteggiamento critico nei confronti degli OGM”, si
legge in un discorso che il segretario all'Ambiente ha pronunciato giovedì scorso. Nella
dichiarazione governativa a favore degli alimenti geneticamente modificati, Owen Paterson ha
incrementato gli sforzi inglesi tesi a convertire il resto dell'Europa ai meriti della controversa
tecnologia, scandendo quelli che sono i suoi effetti benefici per i produttori agricoli, i
consumatori e l'ambiente.
Paterson ha ribattuto che le modificazioni genetiche possono proteggere o aumentare il
rendimento dei raccolti, ridurre l'impatto di malattie e di condizioni meteorologiche
imprevedibili e consentire ai produttori agricoli di utilizzare minori quantità di fertilizzanti e di
altri composti chimici. Secondo il segretario all'Ambiente, il governo non dovrebbe aver paura
di sostenere davanti all'opinione pubblica quelli che sono i benefici degli OGM per la catena
alimentare. Paterson ha criticato, inoltre, la "burocrazia" dell'Unione Europea, per aver
bloccato, in modo persistente, lo sviluppo delle colture geneticamente modificate.
Le modificazioni genetiche sono viste da alcuni come fondamentali per far fronte alla rapida
crescita della popolazione mondiale, che dovrebbe raggiungere quota nove miliardi di abitanti
entro il 2050. Ma vi è ancora una diffusa ostilità da parte di alcuni ambientalisti verso i
cosiddetti "alimenti di Frankenstein". Paterson ha detto di essere consapevole delle opinioni dei
critici che necessitano di "rassicurazioni" sulla questione.
"Riconosco che tutti noi – governo, industria, comunità scientifica e altri – abbiamo il dovere di
rassicurare l'opinione pubblica inglese che gli OGM rappresentino un'innovazione sicura,
comprovata ed estremamente vantaggiosa". Ma, sostiene, gli alimenti geneticamente
modificati potrebbero far sì' che la terra sia coltivata in modo più efficiente.
Le sue affermazioni fanno eco a un recente intervento di David Willetts, ministro della Scienza,
che ha dichiarato che l'Unione Europea dovrebbe allentare le restrizioni sugli alimenti
geneticamente modificati, per evitare di "diventare un museo del XX secolo"
(MEGLIO UN MUSEO CHE UN CIMITERO!!!!! – dice El Tamiso…..)
La Gran Bretagna si trova a dover affrontare una dura resistenza da parte di alcuni Paesi
europei, come Francia e Austria. Bruxelles ha finora approvato solo due prodotti
geneticamente modificati, coltivati all'interno dell'Unione Europea e destinati al consumo
umano, contrariamente agli Stati Uniti e a molte altri parti del mondo.
Il ministro Tory gode del sostegno dei partner della coalizione liberaldemocratica per il suo
spostamento verso una posizione ancora più favorevole agli OGM – soggetta ad alcune
preoccupazioni circa l'etichettatura e la possibilità di una contaminazione incrociata. Famosi
scienziati
hanno
accolto
con
estremo
entusiasmo
le
sue
dichiarazioni.
Maurice Moloney, amministratore delegato della Rothamsted Research – che, di recente,
si è vista approvare dal Governo la sperimentazione sul campo del frumento geneticamente
modificato – ha affermato: "Siamo molto felici di vedere una leadership chiara su questa
questione, da parte di Paterson".
"L'iniziativa del Governo riporta la Gran Bretagna in una
posizione leader in Europa ed è destinata a promuovere un
approccio razionale verso l'adozione di tecnologie che i
nostri produttori agricoli vogliono e di cui hanno bisogno per
mantenere la loro competitività all'interno del settore
agricolo mondiale", ha detto Moloney.
A contrastare le assurde dichiarazioni inglesi, il gruppo
ambientalista Friends of the Earth che ha dichiarato: "I
ministri devono sostenere, quanto prima, un approccio
diverso verso l'alimentazione e l'agricoltura, in grado di offrire soluzioni realmente sostenibili,
piuttosto che vendere la pozione miracolosa rappresentata dagli OGM".
Gli organismi geneticamente modificati rappresentano un tema chiave degli attuali colloqui su
un accordo di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti, con i politici statunitensi che
chiedono la liberalizzazione come parte dell'accordo – nonostante l'ostilità della Commissione
Europea. Nel 2010, la commissione ha proposto di ridare agli Stati membri la competenza
sull'approvazione delle colture geneticamente modificate.
Questa proposta è stata abbandonata lo scorso anno, in conseguenza della ferma opposizione
di alcuni Paesi, come la Germania e la Francia, ma i sostenitori degli OGM sperano che la
Germania possa cambiare la sua posizione, qualora Angela Merkel dovesse vincere le elezioni
federali, in programma a settembre.
(da Bio@gricoltura Notizie di AIAB - giugno 2013)
ARRIVEDERCI, PROFESSORESSA HACK!
Margherita Hack non si è mai preoccupata troppo
della morte.
“La materia servirà a qualcos’altro – diceva a
ridosso dei novant’anni – posso diventare un
cane, un gatto, un sasso!
Margherita Hack aveva deciso di non farsi operare al
cuore nonostante un riacutizzarsi di alcuni problemi
cardiaci. “Preferisco così, volevo stare in pace, inutile
campare cinque anni di più male, meglio stare a casa
con il mio lavoro e i miei animali”, aveva spiegato nella sua ultima intervista. Aveva compiuto
91 anni il 12 giugno.
Noi tutti vogliamo ricordarla con questa sua bella intervista: “Margherita Hack sul
Vegetarianesimo” in cui emerge tutta la sua consapevolezza per il rispetto della vita, per la
sua compassione e amore per il mondo animale, per la sua vita da vegetariana per le sue lotte
per il diritto di scegliere se vivere o morire.
Vogliamo ricordarla come una grande insegnante del rispetto dei valori fondamentali e della
semplicità della vita.
Addio amica delle stelle!
(da VeganOK Network News di Promiseland - giugno 2013)
MOBILITÀ VENETA: MANCANZA DI FONDI E DI SISTEMI INTEGRATI
Al Convegno “Infrastrutture e trasporti al
servizio del turismo: proposte per il Veneto”
che si è tenuto a Mestre il 22 maggio 2013 dalle
organizzazioni
sindacali
dei
lavoratori
dei
trasporti e del turismo, sono emerse proposte
specifiche e attuabili per ogni comparto del
trasporto turistico e per ogni area del Veneto,
tenendo conto sia della specificità di ogni settore
sia della necessità di creare un sistema integrato,
per dare impulso e modernità a un settore
economico strategico e virtuoso, quello turistico,
in quanto capace di coniugare sviluppo e benessere sociale ed economico con la tutela del
territorio e del paesaggio.
I tre aeroporti (Verona, Venezia, Treviso) sono ben collocati e sufficientemente attrezzati, ma
mancano collegamenti con le città di riferimento e la presenza prevalente di compagnie low
cost a traffico europeo rischia di tagliare fuori il Veneto da rotte di medio e lungo raggio. La
valorizzazione del porto turistico di Venezia passa attraverso una attenta gestione delle rotte
crocieristiche, la valorizzazione della città a vantaggio anche dei residenti e lo sviluppo di
collegamenti nell’Adriatico.
Il sistema autostradale veneto è stato curato con molto interesse dai decisori politici regionali
in questi anni, tanto da essere ben oltre le attuali necessità e le realistiche previsioni di
traffico. Non a caso questo è uno dei temi del groviglio oscuro della politica/affari di questa
Regione, che le più recenti inchieste della Magistratura hanno messo in luce. Nonostante gli alti
pedaggi, tuttavia abbiamo una bassa qualità del manto stradale, poche e malridotte aree di
sosta, aree di servizio solo a pagamento, segnaletica confusa.
La condizione delle strade, la percorribilità, l’accessibilità, sono tutti elementi che possono
favorire l’offerta turistica. Per questo è auspicabile un cambio delle priorità regionali: si
persevera ancora nella logica di nuove strade e nuovi capannoni, mentre l’esistente non viene
curato. Per altro molte tangenziali stanno diventando a pagamento, rendendo poco ospitale è
poco attraente anche per il forestiero il nostro territorio. Il turismo fluviale in Italia è sempre
stato poco sviluppato e curato lasciando ampie aree di degrado ambientale e paesaggistico.
Siamo convinti invece che dare stabilità alla navigazione dei fiumi veneti e del Garda sia una
valida condizione di sviluppo.
Il Veneto è la regione con il maggior numero di impianti a fune, al servizio del turismo.
Purtroppo molti sono dismessi e da rimuovere, e pressoché nessuno di quelli funzionanti ha un
bilancio attivo senza contributi pubblici. Chiediamo che prima di assecondare nuove richieste di
enti pubblici ci sia un’attenta analisi costi/benefici, compresi quelli ambientali. È inutile e
dannoso costruire impianti dove l’innevamento naturale è scarso, su versanti fragili (vedi
Rocca di Monselice) o in luoghi dalla particolare bellezza ambientale e paesaggistica, convinti
che alcune cime siano da raggiungere solo con le proprie forze.
Ferrovia e trasporto pubblico locale sono fattori decisivi per la ricchezza regionale ma soffrono
di risorse insufficienti, con gravi responsabilità della Regione per l’anno in corso. Manca anche
una politica su integrazione, riordino, aggregazione delle aziende. Per il turista poi si
aggiungono altri limiti, come la mancanza di un biglietto unico.
Padova in particolare con la sua posizione strategica e le sue numerose attrattive, è una
provincia privilegiata. È necessario promuovere la politica del biglietto unico per il turista e
maggiori collegamenti con gli aeroporti e con le altre città, mentre a livello locale andrebbe
pensato un sistema integrato per la fruizione di piste ciclabili che interessi la città e la sua
provincia, altrettanto ricca di bellezze naturalistiche e storiche.
(da Ecopolis Newsletter - luglio 2013)
EUROPA: LA CORTE DEI CONTI FRANCESE PROPONE DI RINUNZIARE
ALLA NUOVA LINEA FERROVIARIA TORINO-LIONE
Oggi, 27 giugno 2013, abbiamo la prova scientifica della mancanza di qualsivoglia
coordinamento tra Italia e partners europei, della dannosa inutilità del governo Monti e del suo
atteggiamento repressivo verso chi in val di Susa non voleva la ferrovia, nonché della funzione
semi decorativa della Corte dei Conti italiana.
La Corte dei conti francese ha proposto al governo nove
forme di risparmio – pubblicate dall’odierna edizione del
quotidiano Le Figaro – per ridurre le spese del nuovo
bilancio francese di almeno otto miliardi di euro. Al punto
cinque, c’è la sostituzione di alcuni servizi ferroviari con
autobus, e la rinunzia alla nuova ferrovia Lione-Torino.
Il Commissario europeo ai trasporti ( e Vicepresidente della
UE) che avrebbe dovuto saperlo è Antonio Tajani, da
Velletri:
a) non ho notizia di proposte di risparmio fatte dalla corte dei conti italiana a nessun governo.
I nostri magistrati contabili, ricordano le suocere settimana enigmistica : si lamentano degli
sprechi, ma non fanno nulla per proporre risparmi ( vogliono il diritto di veto preventivo: ci si
arricchisce più rapidamente che con gli arbitrati).
b) se l’ambasciata italiana in Francia volesse informarsi, comunichiamo che la Corte dei
Conti francese si trova in rue Cambon.
c) se qualcuno avesse voluto almeno ipotizzare un risparmio, magari si sarebbe accorto che i
nostri cugini transalpini stavano ipotizzando economie di nostro interesse. I nostri burocrati
non sono ormai più nemmeno in grado di “succhiare la ruota” come fanno i gregari al “Tour de
France”. Anche qui troppo doping.
d) a Bruxelles, sempre prodighi di consigli su come ridurre gli stipendi dei lavoratori,
evidentemente nessuno si occupa di tenere i contatti con- e tra – le corti dei conti dei
vari paesi o coordinare la parte dei progetti transfrontalieri.
e) ogni giorno che passa cresce la convinzione che nella stanza dei bottoni non ci sia nessuno,
che il denaro pubblico viene speso senza controlli e che siamo agli ultimi giorni non solo del
regime italiano, ma anche del sistema europeo in cui vige il motto “arraffi chi può”.
Avete visto il video del parlamentare europeo che timbra il cartellino alle 18,30 per incassare i
300 euro di diaria senza disturbarsi a fare capolino in aula? Avete visto come reagisce alla
domanda del giornalista? Indovinate un po’ di quale nazionalità sia e se abbia fatto parte di
qualche governo.
f) ne escono male anche gli ecologisti della Val di Susa evidentemente anch’essi più
propensi alle passeggiate di protesta che a documentarsi sul problema.
Quando è che sentiremo gridare “Signori in carrozza: Bruxelles-Roma, si cambia!”
(da Il Corriere della Collera - luglio 2013)
Abbiamo ancora cinque minutini??...leggiamo:
Rivelazione: siamo come la Grecia
da Rischio calcolato – giugno 2013
L'oracolo della Consulta e le province eterne
dal Blog di Beppe Grillo – luglio 2013
Questione di fiducia
da Il Journal – luglio 2013
…….Buone vacanze a chi è al mare….
a chi è in montagna….
e a chi sta a casa in città….