Amanda Knox – Murder on Trial in Italy

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Amanda Knox – Murder on Trial in Italy
Amanda Knox – Murder on Trial in Italy - Dimensione Cultura
Scritto da Sara Eudizi
“American college student Amanda Knox stands accused of killing her roommate in a bizarre
sex game gone wrong". Una serie di frammenti giornalistici ci buttano nella “storia”, mentre
Lifetime presenta, “based on a true story” e con il sottofondo di una musica pseudo africana, la
vicenda più che mai controversa del delitto di Meredith Kercher. Poi una città da cartolina; una
Perugia (che Perugia non è) statica al limite del panico; una Punto della postale che viaggia con
la calma di un pullman in gita scolastica; il luogo del delitto. È così che si apre la prima
trasposizione televisiva (andata in onda lo scorso 21 febbraio in America) di una vicenda non
ancora conclusa, che procede ripercorrendo i passi di Amanda Knox e Raffaele Sollecito, senza
disturbare Meredith Kercher, più di quanto non sia necessario. Principali interpreti, dunque,
Hayden Panettiere (Amanda) e Paolo Romio (Raffaele Sollecito) immersi in una fotografia che
nella foga di mostrarci “l’angolo di mondo perfetto, appena sconvolto da un orribile delitto”,
finisce col somigliare troppo ad un poster sbiadito, di quelli lasciati al sole nei negozi del centro
in cui nessuno entra più da anni. Nonostante le numerose critiche, ricevute per ovvie ragioni di
legalità e rispetto di un processo non ancora concluso, Hayden Panettiere ha dichiarato di non
essersi pentita affatto di avere interpretato questo “film girato in modo elegante”, ma piuttosto di
essersi sentita proprio come Amanda, quando, fotografata a fare shopping durante le riprese, è
stata accusata di essere poco sensibile. Ora, da un eccesso all’altro, l’accusa di poca sensibilità
è ridicola tanto quanto la sua dichiarazione, ma definire questo film “elegante”, lo è ancora di
più. Interessante, sicuramente, come è interessante poter giudicare un prodotto dopo averlo
metabolizzato; invadente come la curiosità morbosa che (quasi) tutti hanno di sapere cosa è
successo; spaventoso come il ruolo dei media, e terrificante come le persone; limitato
nell’arbitraria e maldestra mescolanza delle due lingue (italiano- inglese), ma imparziale nel suo
non cercare mai di dirci a cosa credere.
Tolta persino la ricostruzione ipotetica del delitto, girata al solo scopo di rappresentare la tesi
dell’accusa, regista (Robert Dornhelm) e sceneggiatrice (Wendy Battles) non puntano il dito, ma
presentano l’assurdità e la normalità di tutti i protagonisti, la “personalità complessa” (quando
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non “multipla”) di Amanda Knox, il suo esibizionismo anche di fronte alle telecamere che la
seguono nella “passerella verso il tribunale”, la debole spavalderia di Raffaele Sollecito e la loro
lucida follia. Lo mostrano in un procedere stabilmente cerchiobbotista: che non ci si innamori
della vittima, né del presunto carnefice, che non ci si innamori “dei buoni”, ma nemmeno “dei
cattivi”. Colpevoli o no, a tratti, è la giustizia a disgustare. Disgusta soprattutto il medico del
carcere che comunica la sieropositività ad Amanda, salvo poi ritrattare, al fine di farle stilare una
lista (in seguito resa pubblica) degli uomini frequentati o forse al fine di screditarne l’immagine.
Non lo sapremo mai. Certo è che le proteste dei legali Bongiorno e Maori, più che danneggiare
il prodotto, lo hanno involontariamente pubblicizzato, procurando un danno ancora maggiore
alla famiglia Kercher, che non ai loro assistiti. Perché se è vero che “Amanda Knox - Murder on
Trial in Italy” probabilmente non andava girato, non c’è niente in questa pellicola, per quanta
poca mancanza di tatto dimostri il solo averla pensata, che sia anche solo vagamente
paragonabile all’impatto delle espressioni di Amanda Knox in una qualsiasi foto scattata prima,
durante o dopo il processo o ad una qualunque immagine di Raffaele Sollecito reperibile online. Per quanta poca delicatezza si sia dimostrata, non c’è paragone con la violenza delle cose
già lette, né con le accuse già fatte in un qualsiasi “portaaporta” nostrano.
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