Estratto - Morgan Miller Edizioni

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Estratto - Morgan Miller Edizioni
Note dell’Editore
I fatti narrati in questo libro sono di pura fantasia, frutto
dell’immaginazione e della libera espressione artistica dell’autore.
Nomi, persone, società, organizzazioni, fatti, luoghi e avvenimenti
citati sono invenzioni dell’Autore, usati in maniera fittizia per la
lettura.
Qualsiasi analogia o somiglianza con fatti o avvenimenti reali o
con persone, associazioni, organizzazioni, movimenti o partiti
realmente esistenti sono puramente casuali e non intenzionali.
Tutti i diritti riservati.
Copyright @ 2014 – Morgan Miller Edizioni
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Illustrazione di copertina: Veronica Landoni
ISBN 9788897659792
È vietata ogni riproduzione, anche parziale. Le richieste per
l’utilizzo della presente opera o di parte di essa in un contesto che
non sia la lettura privata devono essere autorizzate per iscritto
dall’Editore.
Chiara Gheza
Game set & love
"Ai miei veri amici che quando serve arrivano con caffè,
cioccolato, divise ninja e, soprattutto, un piano."
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Miami bruciava in un bollente venerdì di primavera, senza
che nemmeno un alito di vento si insinuasse tra le centinaia di palme
che costellavano i suoi tetti. Un bus colmo di turisti si faceva largo
nel traffico lungo il ponte che univa la spiaggia alla città. Tre ragazze
in canotta e pantaloncini, guardando la splendida villa candida che si
stagliava sull’isola alla loro destra, sospirarono e la più giovane delle
tre trasformò in parole il pensiero di tutte. “Chi vive in una casa così
non può che essere felice, chissà che vita da sogno!”
Amanda, seduta in terrazza, si strinse nella vestaglia cremisi, se
avesse potuto udire quelle parole avrebbe sicuramente sorriso
amaramente. Rabbrividì nonostante il caldo sole, e fissando con i
grandi occhi verdi il parco che si stendeva ai suoi piedi corse con il
pensiero a una sera di tanti anni prima quando il suo cuore era andato
in frantumi. Guardava la distesa di alberi e fiori variopinti che
andavano a gettarsi nel blu dell’oceano senza però vedere nulla di
quella meraviglia. Ogni qual volta si trovava sola la sua mente non
faceva che tornare ai giorni terribili che avevano stravolto per sempre
la sua vita, mentre un dolore sordo, divenuto ormai familiare, le
invadeva anima. La voce imperiosa del marito la strappò a quei tristi
ricordi.
“Per le sei ti voglio splendida e sorridente al mio fianco. Non mi
interessa che tu abbia voglia o meno di accompagnarmi, cara. Io ho
bisogno della tua presenza a un importante ricevimento: questo è
tutto”
Amanda si era ormai abituata a essere trattata da Ted alla stregua dei
suoi tanti dipendenti e collaboratori, quindi scrollando le spalle si
alzò dalla poltrona di vimini e dirigendosi verso l’ingresso del salone
rispose ironicamente: “Ai suoi ordini, il capo è lei!”
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Dopo un paio d’ore Amanda, avvolta in uno stretto abito rosso fuoco,
i capelli biondi raccolti in modo da lasciar scoperto il collo sinuoso,
salì a bordo della limousine e si preparò a sfoggiare il suo miglior
sorriso per il resto della serata. Il marito non fece nemmeno caso alla
scollatura mozzafiato e all’accurato trucco che mascherava
sapientemente i quarantacinque anni compiuti la settimana
precedente, era troppo impegnato a digitare sul Blackberry ordini e a
imprecare se questi non venivano eseguiti in tempo reale. Ted, come
sua abitudine, non indossava la cravatta ma solamente una camicia
chiara dal colletto slacciato e una giacca leggera color cioccolato.
“Posso almeno sapere in onore di chi è questo imperdibile galà?”
chiese Amanda con aria seccata.
“E’ stato organizzato esclusivamente per Julian Wise, il tennista. E’
diventato da poche settimane il numero uno nella classifica mondiale
ed è doveroso per noi che siamo il suo sponsor principale
festeggiarlo in occasione del torneo di Miami” rispose lui scandendo
ogni parola come se parlasse con una bambina a cui si rivela
necessario spiegare ogni banalità.
Amanda sbuffò annoiata, non avendo la minima idea della ragione
per cui questo, per lei sconosciuto Wise, potesse essere così
importante, e si concentrò sui variopinti personaggi che affollavano
le strade di South Beach. Invidiò con tutta sé stessa le giovani in
bikini e roller che sfrecciavano senza pensieri lungo Ocean Drive,
invidiò ancora di più un gruppo di amiche sedute ai tavoli di un
locale a sorseggiare Margarita giganti, le invidiò perché ridevano
fino alle lacrime, le invidiò perché non riusciva a ricordarsi quando
aveva riso così l’ultima volta.
L’autista frenando la scosse dalle sue riflessioni. Ella assunse
un’espressione sfavillante ed appoggiandosi, delicatamente, al
braccio del marito attraversò il turbinio di tende color crema che
decoravano l’ingresso del lussuoso hotel. Si ritrovarono in un enorme
salone sul cui pavimento era stato steso un finto manto erboso con
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reti da tennis montate in modo geometrico fino a formare il disegno
di una racchetta. Amanda fu costretta ad ammettere tra sé e sé che il
colpo d’occhio era senza dubbio originale. Si dovette poi concentrare
per riuscire a ricordare i nomi delle persone che la salutavano con
falso calore, ma dopo qualche minuto la sensazione di una presenza
alle spalle che la fissava senza sosta la costrinse a voltarsi di scatto e
incrociò i suoi occhi.
Julian era atterrato a Miami il giorno precedente, direttamente dalla
sua casa di Cape Town, in forma smagliante e deciso a difendere il
titolo conquistato l’anno precedente sui campi della Florida. L’invito
a un cocktail in onore dei sorprendenti risultati sportivi da lui ottenuti
era stato accolto come un dovere al quale non avrebbe potuto
sottrarsi. In realtà negli anni aveva studiato con Jack Lindemberg, il
suo allenatore e Sarah Mitchell, la sua fidanzata, una tattica vincente
per affrontare le tanto odiate feste e i numerosi eventi ufficiali:
arrivavano puntuali ed elegantissimi, Julian stringeva mani e
ammiccava ai fotografi per circa un’ora poi il coach, con la scusa
dell’irrinunciabile riposo in vista dell’allenamento della mattina
successiva, lo trascinava via, mentre Julian metteva in scena
l’abituale performance di ragazzo dispiaciuto ma consapevole dei
propri doveri di professionista.
Quando da bambino Jack, il suo primo e unico maestro di tennis,
aveva visto in lui delle grandi potenzialità e gli aveva chiesto se fosse
disposto a sacrificare divertimenti e amici per arrivare al vertice del
tennis mondiale Julian aveva detto sì, senza nemmeno pensarci, e
mai in quegli anni se ne era pentito. Appoggiato da una solida
famiglia e dall’amore di Sarah, conosciuta da giovanissimo sui
banchi di scuola, girava ogni anno l’intero globo giocando
interminabili partite davanti a un pubblico che, giorno dopo giorno,
si era sempre più innamorato non solo della sua potenza e della sua
classe, ma anche del suo atteggiamento sempre educato, sportivo,
quasi timido, sia in campo che nella vita privata.
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Quella sera, come consuetudine, era giunto in perfetto orario alla
serata organizzata in suo onore dal migliore sponsor, così puntuale
da arrivare prima dello stesso magnate che su di lui aveva investito
tanto negli ultimi mesi. Tenendo per mano la sua compagna,
semplice ed elegante in un tubino nero che le fasciava il corpo sottile,
quasi da ragazzina, aveva superato indenne le schiere di fotografi e si
era trovato imbrigliato in una conversazione sui vantaggi del
rovescio bimane con una famosa rock star americana. E proprio
mentre cercava di dare consigli utili e attendibili la vide entrare e il
fiato gli mancò.
Amanda sentiva il cuore batterle così forte da temere che le persone
intorno a lei potessero sentirne il rumore. Quegli occhi nocciola
intensi, ma quasi spaventati dalla loro stessa intensità, sembravano
guardare non solo sotto il suo abito di chiffon ma fino in fondo alla
sua anima, oltre la maschera che portava come una seconda pelle,
oltre il trucco perfetto e i gioielli luccicanti. Con uno sforzo staccò lo
sguardo dal viso del ragazzo e scese lungo la figura alta, esplosiva.
Rimase rapita dalle mani che stringevano in modo dolcemente goffo
un calice di champagne. Come se non fosse più in grado di
controllare i suoi pensieri si ritrovò a immaginare quelle mani sul suo
collo, sul suo corpo, le sentì bruciare sulla pelle del ventre, le
desiderò così tanto da dover reprimere un gemito.
“Va tutto bene cara? - la voce di Ted sembrava giungere da lontano –
sei pallida! Vuoi che ti prenda qualcosa da bere?”.
Recuperando quello che restava del suo autocontrollo ma senza
volgere lo sguardo su di lui rispose con un filo di voce: “Sì, ti prego
Ted”
Julian sapeva esattamente quale fosse il comportamento giusto da
tenere in ogni occasione e sempre si sforzava di essere impeccabile,
ma in quel momento la sua razionalità era completamente offuscata
dal desiderio di baciare quelle labbra increspate da un sorriso forzato,
di sfiorare le palpebre di quegli occhi malinconici.
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Incrociando finalmente lo sguardo della donna in rosso le indicò, con
un pressoché impercettibile cenno del capo, la direzione del
guardaroba e, balbettando una scusa al suo interlocutore, si diresse
verso il luogo indicato. Amanda, camminando come in un sogno, lo
seguì e sgattaiolò dietro di lui nella saletta in penombra. Non appena
chiuse la pesante porta alla sue spalle e se lo ritrovò di fronte lo colpì
violentemente con uno schiaffo in pieno volto, mentre con voce
disperata gli sussurrò: “Come ti permetti di guardarmi in quel modo?
Chi sei per decidere con uno sguardo di scavarmi nell’anima? Come
osi ordinarmi di seguirti mentre sono a un cocktail in compagnia di
mio marito?”
Julian non rispose ma le afferrò la mano con cui l’aveva
schiaffeggiato e la baciò teneramente, poi proseguì esplorando
centimetro dopo centimetro il braccio abbronzato di Amanda fino
alla fragile spalla, mentre lei con voce flebile gli chiedeva di fermarsi,
ma senza scostarsi e socchiudendo sensualmente gli occhi. Arrivato
all’orlo del collo, inebriato dal profumo che emanava quella pelle
luminosa, Julian si fermò e guardandola spaventato mormorò: “Ti
voglio! Non mi era mai capitato di desiderare così una donna, me ne
passano accanto tante e io nemmeno le vedo, poi stasera sei arrivata
tu con quello sguardo triste, così in contrasto con lo splendore dei
tuoi gioielli, del tuo vestito, che non ho desiderato altro che tenerti
tra le braccia, che poterti accarezzare i capelli dopo aver fatto
l’amore con te”
Amanda dovette aggrapparsi a Julian perché la stanza intorno a lei
sembrava girare e non poté far altro che rispondergli: “Ti prego
baciami”
Ed egli la baciò.
La baciò lentamente come se avesse a disposizione tutta la sera,
come se fosse tutta la vita che aspettava di darle quel bacio, come se
fuori non ci fossero centinaia di persone che mai e poi mai avrebbero
dovuto sapere cosa accadeva nel piccolo guardaroba. La baciò come
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se le loro labbra fossero state create per incontrarsi. Amanda poteva
sentire, sotto la stoffa dell’elegante completo scuro di Julian, i
muscoli tesi dell’uomo, che la stringeva così forte a sé da farla
sentire al sicuro come mai si era sentita prima. Il desiderio di
accarezzare quel corpo perfetto la pervase, ma in quell’esatto
momento il rumore di alcuni bicchieri, che si schiantavano a terra nel
salone principale, la riportò alla realtà. Si divincolò con uno sforzo
dalle braccia del giovane e con voce tremante disse: “Non possiamo!
Non so nemmeno il suo nome. Al di là di quella porta c’è mio marito,
ci sono tutti i miei amici. Andiamocene e fingiamo di non esserci
mai incontrati – e lottando contro il suo cuore aggiunse – io sono una
donna rispettabile, seria e tale voglio rimanere”
“Mi chiamo Julian Wise ed è un piacere per me conoscerla,
Signora?”
Nel sentire quel nome Amanda pensò a un crudele scherzo e quasi
scoppiò in una risata isterica mentre con inaspettata ironia rispose:
“Era meglio non sapere il suo nome, Signor Wise. Io sono Amanda
Lee Bryan, moglie di Ted Bryan che lei dovrebbe conoscere molto
bene”
Julian impallidì ma i suoi occhi rimasero fermi, immobili negli occhi
della donna.
”So che non è giusto, non ripetermelo, dimmi solo che mi vuoi”
Dopo alcuni attimi di silenzio, che ai due sembrarono un’eternità,
Amanda si mosse per andarsene senza però riuscire a staccare lo
sguardo da Julian e, proprio mentre tentava di voltarsi, l’istinto ebbe
il sopravvento. Tornò a pochi centimetri da lui e lo baciò con la
disperazione di una persona condannata a morte che non potendo
cambiare il proprio destino si abbandona senza combattere al
carnefice.
“Domani a che ora riesci a liberarti da tutti?” gli chiese febbrilmente.
“Dopo l’allenamento posso farcela, dimmi dove e alle 5 sarò da te”
“Fuori dallo stadio del football a quell’ora – gli rispose decisa – ora
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io rientrerò in sala, tra qualche minuto riappari anche tu fingendo di
essere al telefono”.
Poi, regalandogli un ultimo radioso sorriso, Amanda indossò la solita
maschera e tornò sul palcoscenico della sua vita.
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