E a pagina 107 abbiamo iniziato a piangere
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E a pagina 107 abbiamo iniziato a piangere
DOMENICA 2 DICEMBRE 2012 CORRIERE DELLA SERA LA LETTURA 15 Sapere di Dio Caratteri Narrativa italiana Il trio comico meno uno di Marco Ventura { La forza della fede (nei petrodollari) Si è finalmente inaugurato a Vienna il centro per il dialogo tra fedi «King Abdullah bin Abdulaziz». Il centro è fondato da Spagna e Austria, col sostegno della Santa Sede, ma soprattutto dall’Arabia Saudita che finanzierà i primi tre anni di attività. «È immensa l’influenza dei leader religiosi», ha dichiarato nell’occasione il segretario Onu Ban Ki-moon. Quasi pari a quella dei petrodollari. Aldo (Baglio) e Giovanni (Storti) recensiscono per «la Lettura» l’autobiografia di Giacomo (Poretti), «Alto come un vaso di gerani». «Bravo, ma appoggia la penna e torna in scena» E a pagina 107 abbiamo iniziato a piangere di ALDO e GIOVANNI (senza GIACOMO) Lo show Tre uomini (e una donna) «Ammutta muddica» è il nuovo spettacolo dal vivo di Aldo, Giovanni e Giacomo, il trio comico che ha appena debuttato e che fino ad aprile girerà l’Italia. Tra le tappe della tournée: Savona, Reggio Emilia, Trieste, Firenze, Genova, Torino, Milano e Catania. Il titolo in dialetto siciliano significa «Datti da fare». Lo show, a sette anni dal precedente «Anplagghed», è scritto dal trio con Valerio Bariletti e Walter Fontanaregia; la regia è di Arturo Brachetti. In scena con Aldo, Giovanni e Giacomo l’attrice (e moglie di Aldo) Silvana Fallisi. Il trio si è formato nel 1991; ha firmato anche spettacoli televisivi e cinematografici di successo. Il primo film, «Tre uomini e una gamba» (1997) è stato premiato con il David di Donatello; «Così è la vita» (1998) e «Chiedimi se sono felice» (2000) hanno incassato rispettivamente 50 e 70 miliardi di lire. Q uello che ci è piaciuto di più del libro del nostro amico Giacomino Poretti, Alto come un vaso di gerani, è che per 106 pagine ci siamo detti: «Il racconto della sua infanzia va bene, della famiglia di origine va bene, le prime esperienze di lavoro e di formazione, ok va tutto bene. Ma noi? Noi non ci siamo?». Poi è arrivata pagina 107, capoverso 8, riga 21, e Giacomo racconta: «Una sera sono finito in un locale dove la birra costava poco e nel prezzo era compreso uno spettacolo di cabaret (Aldo e Giovanni: diciamolo pure: fior fior di cabaret!). Si è presentato un tipo che, in un bolognese/emiliano molto improbabile (Aldo: era più un siculo-emiliano), diceva cose non memorabili. Si intuiva che se aveva un qualche talento comico, non sarebbe certo uscito dalla bocca (Aldo: si vede che allora era solo uno che mi somigliava). Dopo un po’ entra in scena un altro tipo, più basso (Giovanni: ha parlato il brevilineo...). Lui stava zitto. Sembrava un intruso, uno capitato sul palcoscenico per errore (Giovanni: la ci- fra del grande attore); si guardava attorno imbarazzato e confuso, mentre quello che parlava in simil bolognese cercava di proseguire il suo miserevole spettacolo e, insieme, di gestire quella fastidiosa e imprevista intromissione. «Improvvisamente, quello che non parlava, come se avesse visto la strega di Biancaneve o il demonio in persona, saltò in braccio a quello che parlava. Per i primi cinque minuti, quest’ultimo tentò di cacciarlo come si fa con il proprio gatto, senza riuscirci (Giovanni: ma me lo ricordo benissimo! m’hai fatto un male pazzesco! Aldo: miii ma cosa stai dicendo? Mi sei saltato con tutto il peso sullo sterno, lo sai che se c’è una cosa che proprio non sopporto... Giovanni: allora??? continuiamo a leggere o no?); poi, rassegnato, proseguì il suo monologo, mentre l’altro gli si arrampicava sulle spalle, scivolava da sotto le gambe (Giovanni: guizzante come un felino nella savana!), si aggrovigliava come un boa constrictor, per sommo divertimento del pubblico in sala (Aldo: veramente non me lo ricordavo così divertente, eri peggio di un gatto aggrappato alle... Giovan- 52012 B I M E S T R A L E D I C U LT U R A E D I B A T T I T O D E L L’ U N I V E R S I T À C A T T O L I C A ni: allora?!). Dopo venti minuti di queste esilaranti contorsioni e acrobazie, il piccolo, issandosi sulle spalle del monologhista, guardò prima la sua testa calva, poi guardò il pubblico, prese una bandierina da sandwich e la depositò proprio in mezzo alla pelata. Aprì bocca e disse: "Ho scalato il Màciu Pìciu!". In quel momento ho desiderato lavorare con loro: avevo trovato la prima parte del tesoro di Milano». E così ci ha fregato! La prima volta che abbiamo letto il libro abbiamo iniziato a piangere come due bambini, pagina 107 è finita allagata. Aldo: Il racconto mi ha fatto ripensare a questo incontro, un momento della vita che mi ricordo bene anche perché parlavo davvero con uno strano accento bolognese. Sono contento che abbia pensato «con questi ci lavoro», avrebbe anche potuto pensare «ma chi sono questi due sfigati?». Giovanni: Io ho seguito la storia di Giacomo scrittore fin dall’inizio, con i primi articoli per «La Stampa»; me li mandava per avere un parere, per condividere questa nuova esperienza. i GIACOMO PORETTI Alto come un vaso di gerani MONDADORI Pagine 135, e 16 Aldo: A me invece Giacomo ha raccontato un sacco di storie che poi ho ritrovato nel libro (e tante altre che pubblicherò in forma anonima nel mio romanzo d’appendice). Giovanni: Ci sono delle pagine, oltre alla 107, che mi hanno commosso. Le storie degli anni 60, quando eravamo bambini e ragazzini, un bel salto nel tempo. Io sono nato a Milano, non in un paese piccolo come Villa Cortese, ma l’atmosfera era simile: le case con il bagno in cortile, gli amici con cui giocare per strada, il bagno nel mastello erano gli stessi. Aldo: A me ha fatto piangere la colonia. Non tanto il capitolo, la colonia proprio: un mese che per i genitori era vacanza assicurata dai figli, ma che per noi era come la galera. Anche io devo essere stato linfatico, perché i miei genitori mi ci mandavano sempre. Cantavamo la stessa canzone di Giacomo: «Milano, Milano, Milano arriveremo, la mamma, la mamma, la mamma abbracceremo, e poi, e poi, e poi anche il papà! Abbasso la colonia, viva la libertà!». Giovanni: A me è piaciuta la storia di Goran, l’adolescente che parte con gli amici alla ricerca della sua vera famiglia. Aldo: A me quella di Bordiga Giorgio. Il confronto con il primo della classe (anche se veramente io facevo a gara per essere almeno il penultimo), l’invidia per i primi, quelli coccolati dai professori, quelli sempre bravi e belli. Quanto ho goduto quando Bordiga Giorgio, il primo dei primi, che aveva stupito tutti con un plastico che neanche Piero Angela... 30 anni dopo incontra Giacomo e gli svela che è stato tutto un inganno (che cioè il plastico l’aveva fatto suo padre). La vita non premia sempre e solo i primi della classe, per fortuna. Giovanni: Devo dire che la cosa che più ci ha sconvolto è stato leggere dei suoi inizi all’ospedale: noi l’abbiamo sempre immaginato come un dottorino in camice, tra volumi di anatomia e file di boccette dai nomi incomprensibili e impronunciabili e poi scopriamo che ha iniziato pulendo i pavimenti?? Scherzi a parte, gli fa molto onore avere iniziato con queste mansioni più umili, fino a diventare caporeparto. Dirò di più, all’occorrenza è capitato non solo che ci facesse delle iniezioni, ma ha addirittura tolto dei punti di sutura! Giacomino, noi ti facciamo il più grande in bocca al lupo per questa nuova e bella avventura... adesso però appoggia la penna, ci aspettano in scena! © RIPRODUZIONE RISERVATA In questo numero: Georges Prévélakis Julia Kristeva Björn Larsson La no man’s land Il tragico In cerca della cultura greca e la possibilità: dell’orizzonte a proposito al di là dell’handicap della scrittura In vendita nelle principali librerie | http://rivista.vitaepensiero.it/ | abbonamenti 02 72342310