ANNO 2017 Notizie dal 16 gennaio al 23 gennaio
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ANNO 2017 Notizie dal 16 gennaio al 23 gennaio
HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 ANNO 2017 Notizie dal 16 gennaio al 23 gennaio notizie e informazioni SULL’africa e, in particoLare, SULLa SomaLia e paeSi deL corno d’africa, raccolte da agenzie, gruppi, istituzioni, comMENTATE CON considerazioni ed osservazioni SOMMARIO Pag. 02 - 16 gen. Somalia: basta matrimoni sfarzosi. Imposto limite di spesa a Beled Hawo Pag. 02 - 16 gen. Somalia, la fragile “stabilità” minacciata da Al-Shabaab e dalle lotte intestine Pag. 03 - 17 gen. Eritrea: in migliaia in fuga da crisi alimentare e persecuzioni Pag. 04 - 17 gen. Eutm Somalia, prontezza operativa per la prima Light Infantry Coy Pag. 05 - 17 gen. Stipendi non pagati, Burundi avvia ritiro militari da missione Amisom Pag. 05 - 18 gen. Somalia, proseguono i self-defence strike Usa contro al-Shabaab Pag. 06 - 18 gen. Etiopia e Kenya i mercati più interessanti per l’export Pag. 07 - 18 gen. Etiopia: petrolio, nuove licenze esplorative nell’Ogaden Pag. 07 - 19 gen. Cooperazione: Somalia, Aics pubblica avviso selezione collaboratore per monitoraggio e valutazione dei progetti Pag. 07 - 19 gen. Angola, dagli Usa 4 milioni di dollari per operazioni di sminamento Pag. 07 - 20 gen. Le conseguenze locali e internazionali nella disputa elettorale in Somalia Pag. 09 - 21 gen. Somalia: segretario generale Onu Guterres “allarmato” per utilizzo bambini soldato da parte di al Shabaab Pag. 09 - 22 gen. Open Doors: in aumento la persecuzione anticristiana Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 1 HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 16 gen. Somalia: basta matrimoni sfarzosi. Imposto limite di spesa a Beled Hawo Beled Havo, una grande città nella provincia di Gedo, nel sud-ovest della Somalia, ha messo il veto a matrimoni troppo sfarzosi. Da oggi non sono più permessi ricevimenti in alberghi, agli invitati può essere servito solamente carne di capra. Cancellati dal menu manicaretti prelibati e costosi. Anche per regali è stato messo un limite: per l’arredamento della casa dei novelli sposi non si possono spendere più di seicento dollari, mentre il prezzo massimo per la sposa è stato fissato a centocinquanta dollari. Generalmente la famiglia dello sposo è disposta (quando è ricca) a sborsare cinquemila dollari e più. Una cifra esagerata, anche se nel prezzo è compreso il ricevimento, il costo della sposa, l’abbigliamento, gioielli e l’arredamento. Le autorità della città somala hanno deciso di imporre un limite di spesa per una festa nuziale, perchè recentemente alcuni impiegati comunali hanno scoperto che oltre centocinquanta bambini erano nati al di fuori dal vincolo matrimoniale, perché le famiglie non disponevano dei fondi necessari per celebrarlo. Molti giovani hanno lasciato la provincia, che confina con il Kenya, per cercare lavoro altrove, per poter sostenere i costi delle nozze. Spesso le giovani donne si rifiutano di sposarsi, se non viene spesa una fortuna per il ricevimento e la futura casa. “Ma ora i tempi sono difficili a causa della siccità e della disoccupazione”, ha fatto sapere il commissario della città, Mohamud Hayd Osman, ai reporter della BBC. Infine Osman ha aggiunto: “E’ giusto aiutare la giovane sposa, ma la cifra che abbiamo stabilito dovrebbe essere più che sufficiente per acquistare un letto matrimoniale, un tavolo, sedie e gli utensili da cucina. Inoltre la dottrina islamica ci insegna che per sposarsi si dovrebbe spendere poco”. Non bisogna comunque dimenticare che i festeggiamenti di un matrimonio tradizionale somalo durano ben sette giorni. 16 gen. Somalia, la fragile “stabilità” minacciata da Al-Shabaab e dalle lotte intestine Parlando di Somalia, è difficile che vengano alla mente bei ricordi: legata storicamente all’Italia in quanto sua ex colonia nella minuscola storia del nostrano “Impero”, tormentata dalla dittatura militare di Siad Barre dal 1969 al 1991 e successivamente da una guerra civile che ha messo in fuga perfino gli Stati Uniti. Insomma, l’epiteto di “Stato fallito” che qualcuno gli ha attribuito non è così distante dalla realtà. Negli ultimi anni, però, si è assistito a un lieve miglioramento della situazione nell’estremo lembo del Corno d’Africa, merito soprattutto dell’intervento militare dell’Unione Africana denominato AMISOM (African Mission to Somalia), partito nel 2007 per contrastare l’avanzata dei fondamentalisti islamici raggruppati nell’Unione delle Corti Islamiche (UCI), a sua volta facente capo ad Al-Qaeda. Obiettivo su cui conversero i diversi Signori della guerra che fino ad allora si erano combattuti per il controllo del Paese, tanto da mettere in crisi l’ONU che, nel 1994, decise di ritirarsi. Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 2 HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 Era la celebre missione Restore Hope, in cui gli americani persero due aerei Sikorsky UH-60 Black Hawk (da cui il celebre libro e poi film Black Hawk Down) e che noi italiani ricordiamo per la “battaglia del pastificio” del luglio ‘93: a Mogadiscio, durante un’operazione per il disarmo delle fazioni in lotta, alcuni miliziani tesero un’imboscata ai militari, sparandogli contro dall’alto e usando i civili come scudi umani. Quel giorno morirono in tre e altri venti rimasero feriti, contribuendo ad alimentare un clima di pessimismo verso quella missione che non stava portando da nessuna parte. Oggi la situazione è diversa, dicevamo: nel 2012 è nata l’ennesima realtà statuale ufficialmente riconosciuta a livello internazionale, dopo la lunga e agognata esistenza del Governo Federale di Transizione (GFT), sorto nel 2004 e composto dagli stessi Signori della Guerra contro cui l’Occidente aveva combattuto fino a poco tempo prima. La presenza militare straniera è però sempre presente, perché adesso il nemico si chiama Al-Shabaab, è nato dalle ceneri dell’UCI e dal 2015 è entrato nel “franchising” dell’ISIS, rinunciando all’alleanza con Al-Qaeda – comunque una delle forze terroristiche più presenti nel Continente Nero. Alla guida del Paese oggi sono il Primo Ministro Omar Abdirashid Ali Sharmarke e il Presidente della Repubblica Hassan Sheikh Mohamud, figure con profondi legami con la comunità internazionale, avendo entrambi lavorato per le Nazioni Unite. Inoltre, il primo è figlio dell’ex Presidente somalo Ali Scarmarke Abdirashid, assassinato nel ‘69 alla vigilia del colpo di Stato contro Barre; il secondo è stato inserito dal TIME tra le 100 persone più influenti al mondo nel 2013 ed è membro del clan Hauia, uno dei più potenti della Somalia, oltre ad essere molto vicino ai Fratelli Musulmani. Guardare però l’identikit dei vertici politici non aiuta appieno a capire lo stato reale della situazione: a controllare il Parlamento sono i clan, che gestiscono tra di loro anche le elezioni, come dimostra il complesso e arzigogolato sistema con cui a fine 2016 appena lo 0,2% della popolazione è stato chiamato alle urne. A decidere chi potrà votare sono infatti 135 anziani dei clan tradizionali, che hanno dato a 14.025 persone il vero e proprio privilegio di esprimere la propria preferenza. Ma le cose non devono essere andate come sperato: dopo numerosi rinvii, infatti, le elezioni attese dal 2012 sono iniziate il 23 ottobre e non sono ancora concluse, nonostante 283 parlamentari, 41 senatori e 242 deputati, abbiano già ufficialmente giurato a fine dicembre (AfricaNews). Sarebbero stati aggiunti, infatti, altri 18 seggi alla Camera – il Parlamento somalo è bicamerale – portando così a 72 il numero di deputati. Una mossa che ha messo in allarme la comunità internazionale, ma che molto probabilmente è stata dettata dalle esigenze di qualcuno di trovare una solida maggioranza, dato che poi i parlamentari eleggeranno il Presidente: in lizza ci sono l’attuale capo dello Stato Hassan, il Primo Ministro Abdirashid, l’ex ambasciatore in Kenya Mohamed Ali Nur e l’ex primo ministro Abdullahi Farmajo. Alla vigilia di quest’ennesima crisi politica esplosa nell’ex colonia italiana, le truppe etiopi presenti dal 2006 nel Paese si sono ritirate nel giro di 24 ore, dando così modo ai terroristi di Al-Shabaab di avanzare poiché né Mogadiscio né l’AMISOM erano state avvisate (L’Indro). Ufficialmente, Addis Abeba ha spiegato la decisione accusando problemi finanziari, ma il motivo reale sarebbe fronteggiare una crisi interna; non è da escludere che tutto ciò sia solo una prova di forza contro il governo somalo ma, nell’attesa di capire le mosse future, gli altri attori della regione (in primis Kenya e Uganda) non staranno certo ad aspettare. 17 gen. Eritrea: in migliaia in fuga da crisi alimentare e persecuzioni In Eritrea quasi due milioni di persone vivono nell’insicurezza alimentare: oltre la metà sono bambini. L’allarme è lanciato dall’Unicef che riferisce di scarsi raccolti e avverse condizioni meteo dovute al El Nino. Una crisi umanitaria e sociale acuita dalla chiusura del regime eritreo e dalla fuga di migliaia di giovani che cercano di raggiungere l’Europa. La siccità e i conseguenti scarsi raccolti hanno portato due milioni di eritrei all’insicurezza alimentare. Di questi, il 60% sono minori. In pratica, nel Paese del Corno d’Africa su una popolazione di sei milioni e Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 3 HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 mezzo di persone quasi un cittadino su tre ha difficoltà di accesso a una nutrizione adeguata. Non è facile tuttavia avere contezza di questo dramma poiché Asmara nega qualsiasi problema, limitando il movimento delle associazioni umanitarie. La situazione veramente disastrosa! Una nostra collaboratrice sul posto ci dice: “Qui manca tutto! C’è fame, c’è miseria, c’è mancanza degli alimenti necessari. Mancano la luce, il petrolio, il carbone. Il costo della vita galoppa in modo impressionante ed inaccettabile! Quello che trovi, è a un prezzo molto alto e molte persone non hanno la possibilità di comprarlo”. I problemi più impellenti sono soprattutto di carattere alimentare e sono proprio quotidiani. Ecco qualche esempio: un tempo i pomodori costavano 10-15 nacfa (la moneta locale), invece ora costano 80 nacfa al kg; e così anche le patate… Per lunghi periodi manca del tutto l’energia elettrica. La situazione economica e sociale è molto critica. E' indescrivibile. La situazione è aggravata da una crisi migratoria senza precedenti che solo negli ultimi due anni ha visto 60 mila giovani lasciare il Paese alla volta dell’Europa. Si tratta di uno dei più ingenti gruppi di profughi dopo i siriani. Una fuga da fame e miseria ma anche dal regime di Isaias Afewerki. Certamente occorre da tenere presente che ci sono delle carestie climatiche cicliche. E poi al momento l’Eritrea è purtroppo una nazione chiusa: non ha rapporti con le altre nazioni. Come si può pensare ad uno sviluppo economico in un Paese dove scappano i giovani, dove le forze lavoro non ci sono più? Non c’è possibilità di sviluppo. Non possono parlare, non possono studiare liberalmente. E’ una prigione a cielo aperto"! E in Eritrea preoccupa anche la recrudescenza della persecuzione anti-cristiana. Secondo il Rapporto 2017 dell'organizzazione internazionale "Porte Aperte", fondata nel 1955 dal missionario olandese "fratello Andrea", l’Eritrea è tra i 10 Paesi dove i cristiani sono maggiormente oppressi: "Fino agli anni Settanta-Ottanta non c’era differenza tra cristiani e islamici: era un Paese veramente libero dal punto di vista religioso. Ora, invece, il regime eritreo è sostenuto dagli arabi. Dopo l’indipendenza, l’Eritrea si è trovata per forza a fare una scelta, perché è stata abbandonata. E quelli che l'hanno maggiormente sostenuta e la sostengono sono i Paesi arabi. Questo pericolo di una arabizzazione dell’Eritrea è anche un tentativo da parte degli islamici di penetrare in Etiopia, che rimane ancora spiritualmente cristiana". 17 gen. Eutm Somalia, prontezza operativa per la prima Light Infantry Coy Presso il General Dhagabadan Training Camp (Gdtc) si è svolta la cerimonia di chiusura dei corsi Combat Engineers, Administration e Pilot Light Infantry Coy (Plic) condotti dall’European Union Training Mission – Somalia (Eutm-S) a favore del Somali National Army (Sna). Dopo quattro mesi di addestramento (nove mesi per i frequentatori dell’Administration Course), 172 militari dell’Esercito Somalo si apprestano a mettere in pratica le capacità acquisite, proiettati verso nuove responsabilità e sfide. Gli uomini della prima Compagnia integrata di fanteria leggera (Plic) del Sna, infatti, assimilati gli insegnamenti dei trainer europei di Eutm-S, saranno sin da subito dispiegati per combattere l’insorgenza e l’instabilità nel Paese. Nel corso della cerimonia, il generale di brigata Maurizio Morena – comandante della missione Eutm-S, insieme al comandante della missione dell’Unione africana in Somalia (Amisom) il generale di corpo d'armata Osman Noor Soubagleh e al vicecomandante delle Forze di Difesa del Sna, il generale di divisione Mohamed Ali Bashe, hanno assistito ad una esercitazione tattica della compagnia di fanteria e consegnato gli attestati ai frequentatori dei corsi. Il progetto della Plic, definito modello da seguire nello sviluppo dell’Esercito somalo, va avanti con successo e vedrà da subito una nuova sinergia tra Eutm-Somalia e Amisom – come confermato dal Generale Morena e dal Generale Soubagleh – che permetterà di addestrare contemporaneamente circa 300 uomini suddivisi in 2 Compagnie. A tal proposito, il generale Ali Bashe ha ringraziato Eutm-Somalia per il supporto che dal 2010 fornisce al Sna e, rivolgendosi agli uomini della Plic, li ha esortati a sentirsi fieri di appartenere alla migliore Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 4 HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 unità dell’Esercito somalo e a concentrarsi con spirito unitario sulle grandi sfide che dovranno affrontare per il bene della comunità. 17 gen. Stipendi non pagati, Burundi avvia ritiro militari da missione Amisom La presidenza del Burundi ha chiesto ufficialmente ai ministeri della Difesa e degli Esteri di avviare il processo di ritiro delle truppe del paese dalla Missione di pace dell’Unione africana in Somalia (Amisom). “Abbiamo deciso di avviare la procedura di ritiro, come annunciato tempo fa, perché i nostri militari impegnati non possono continuare ad operare senza essere pagati", ha dichiarato Gaston Sindimwo, alto funzionario del governo di Bujumbura, citato dall’emittente britannica “Bbc”. Nel marzo 2016 l’Unione europea ha fatto sapere al governo del Burundi di voler garantire soltanto il finanziamento diretto ai soldati e di interrompere invece la quota di cui beneficiava lo stato, per colpa delle gravi violazioni dei diritti umani da parte del governo. La risposta del paese africano è arrivata con l’annuncio del suo ritiro dalla Somalia. “Abbiamo deciso di richiamare in patria le nostre truppe, come avevamo promesso, perché i nostri soldati non possono continuare a combattere senza essere pagati”, ha detto ieri il vicepresidente del Burundi, Gaston Sindimwo, che ha accusato l’Ue di non pagare i militari da un anno. Molti osservatori hanno notato come l’unico interesse da parte del Burundi nel prendere parte alla guerra in Somalia, che è un paese piuttosto distante dai suoi confini, è quello economico. Una volta sparita la fetta di aiuti finanziari promessa da Bruxelles, per Nkurunziza è venuto meno anche l’interesse a combattere contro gli estremisti islamici. La decisione è stata assai criticata dall'Unione africana, che ha avvertito Bruxelles del suo possibile impatto negativo sulla missione. Con 5.400 militari impegnati, il Burundi è il secondo contributore della missione Amisom, istituita nel 2007 per contrastare il gruppo jihadista al Shabaab. A fine gennaio ad Addis Abeba si terrà un vertice dei paesi dell’Unione africana ed è probabile che in quella occasione il governo del Burundi tenterà di ottenere da loro i soldi che Bruxelles non intende più concedere. 18 gen. Somalia, proseguono i self-defence strike Usa contro al-Shabaab Continuano gli attacchi Usa in Somalia per “autodifesa”. Nei giorni scorsi, è stato lanciato un altro raid aereo contro al-Shabaab, branca locale di al Qaeda. AFRICOM, il comando militare americano per l’Africa, ha ribadito che si è trattato di un attacco per “autodifesa”, come ha già fatto in altre 9 occasioni nel 2016. Consiglieri statunitensi, infatti, il 7 gennaio accompagnavano truppe dell’Unione Africana e locali in un’operazione anti-terrorismo. In particolare, durante un raid a Gaduud, una città a nord di Kismayo (sud). L’area è considerata ad elevata presenza di jihadisti. “Durante un’operazione anti-terrorismo per neutralizzare al-Shabaab – si legge nel testo di AFRICOM – i partner hanno rilevato che alcuni miliziani minacciavano la loro sicurezza. Di conseguenza, è partito un attacco di auto-difesa per bloccare la minaccia”. Come ricorda il Long War Journal, in Somalia sono stati diversi gli episodi di questo genere. Le missioni essenzialmente sono di 3 tipi: distruzioni di istallazioni, raid preventivi e “fuoco difensivo”. Nel 2016, tra i 9 attacchi ad al-Shabaab ci sono stati quello a Raso il 5 marzo, per distruggere campi di addestramento. Oppure l’ultimo ufficiale, il 28 settembre, per smantellare una fabbrica di ordigni improvvisati (IED) vicino a Galcayo. Non volano solo gli aerei. Anche le navi lanciano missili. Dal 2006, quando è cominciata la guerra contro il terrorismo. Prima contro l’Unione delle Coorti Islamiche, con il supporto all’operazione militare dell’Etiopia che pose fine al gruppo jihadista. Poi, contro al-Shabaab. In tutto ci sono state 30 operazioni Usa ufficiali in Somalia, ricorda il Long War Journal. Queste, però, potrebbero essere state di più. È difficile, infatti, capire chi sia l’attaccante, in quanto nella campagna vi sono numerosi attori coinvolti. Dalle forze kenyote a quelle etiopi, passando per le somale. La fu a gennaio del 2007 in cui i bersagli erano Abu Taha al-Sudani (alias Tariq Abdullah), il leader di al Qaeda e Africa Orientale, Fazul Abdullah Mohammed e Saleh Ali Saleh Nabhan: i capi delle operazioni della formazione Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 5 HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 nella regione. Sembra che nell’attacco fu ucciso Sudani. Sempre lo stesso anno, a giugno, fu colpito Saleh ali Nabhan, leader di al Qaeda e di al-Shabaab, coinvolto negli attentati in Kenya e Tanzania. Altre 3 operazioni avvennero nel 2008, una nel 2009 e un’altra nel 2012. Nel 2013 ci furono 2 azioni Usa e l’anno successivo 3. Negli ultimi anni, inoltre, le operazioni militari Usa in Somalia hanno visto un’accelerazione. Nel 2015, infatti, sono state 3 e l’anno scorso 13, di cui 9 ufficiali. La maggior parte, peraltro, è avvenuta a maggio (6 raid, di cui 4 per auto-difesa). Successivamente, c’è stato un impiego intenso delle forze speciali americane, che hanno ucciso diversi jihadisti di al-Shabaab, durante raid in fabbriche di IED e campi di addestramento della formazione. In un caso, il 21 giugno 2016, è stato lanciato un’offensiva preventiva per neutralizzare un gruppo di jihadisti che pianificava un imminente attacco terroristico contro le forze Usa. In altri casi, con buona probabilità, i militari americani hanno fornito Close Air Support (CAS) alle truppe miste in difficoltà o sotto attacco dai miliziani. 18 gen. Etiopia e Kenya i mercati più interessanti per l’export I mercati più interessanti e in rapida crescita per le esportazioni dai Paesi cosiddetti occidentali nei prossimi cinque anni saranno Etiopia e Kenya. A sostenerlo è un’analisi realizzata dall’istituto bancario italiano Unicredit e riportato dall’autorevole quotidiano economico ‘Financial Times’. “Etiopia e Kenya stanno registrando una crescita economica molto rapida e sostenuta – ha detto al quotidiano londinese Fadi Hassan, professore di economia al Trinity College di Dublino e consulente di Unicredit – sono Paesi che non dipendono dal petrolio o da altre materie prime e stanno attraversando un periodo di industrializzazione e imprenditorialità che è piuttosto notevole”. L’analisi ha studiato il potenziale di crescita delle importazioni in 12 Paesi considerati tra le principali economie emergenti al mondo: oltre a Etiopia e Kenya, anche Brasile, Cina, Filippine, India, Indonesia, Messico, Russia, Sudafrica, Thailandia e Vietnam. In base ai risultati della ricerca, entro il 2021, in Sudafrica le previsioni vedono una crescita delle importazioni compresa tra il 20 e il 70 per cento, con l’unica eccezione del settore dell’abbigliamento che è previsto possa registrare un incremento del 130% nei prossimi cinque anni. Il mercato delle importazioni in Etiopia, seppur molto inferiore in termini assoluti rispetto a quello sudafricano, è previsto registrerà una crescita compresa tra il 40 e il 90% in tutti e sei i settori produttivi presi in considerazione: automobili, macchinari, cibo, abbigliamento, mobili e servizi. Leggermente inferiore, invece, il potenziale di crescita in Kenya, che secondo quel che viene riportato potrebbe registrare entro il 2021 un incremento compreso tra il 20 e il 50%. Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 6 HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 18 gen. Etiopia: petrolio, nuove licenze esplorative nell’Ogaden Una compagnia petrolifera britannica, la Delonex Energy Limited, ha acquisito dal governo di Addis Abeba la licenza per attività esplorative in tre blocchi nel bacino dell’Ogaden, situato nella regione sud-orientale del paese. Ne danno notizia i media etiopi, specificando che i tre blocchi sono il 18, il 19 e il 21, situati nell’area di Abred-Ferfer che si estende complessivamente per 29.865 chilometri quadrati. Le licenze consentono un periodo esplorativo iniziale di tre anni, con la possibilità di richiedere per due volte un’estensione di due anni per volta. I tre blocchi erano già stati assegnati in precedenza alla malese Pexco Explorations (East Africa), le cui licenze erano però scadute a luglio dello scorso anno. Pur se la Pexco aveva presentato richiesta a ottobre per un rinnovo delle proprie licenze, il ministero delle risorse minerarie etiope ha preferito riassegnare i tre blocchi alla britannica Delonex. La Delonex è una compagnia fondata nel 2013 e ha proprie filiali, oltre che a Londra, anche in India e in Kenya: al momento partecipa ad attività esplorative in Asia (Indonesia, Thailandia, Sri Lanka Malesia, India), in Gabon e in Canada. 19 gen. Cooperazione: Somalia, Aics pubblica avviso selezione collaboratore per monitoraggio e valutazione dei progetti La sede dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) di Mogadiscio, in Somalia, ha pubblicato un avviso di selezione per l’assunzione di un collaboratore per il monitoraggio e la valutazione dei Programmi nell’ambito del progetto “Coordinamento, assistenza tecnica e monitoraggio delle iniziative di cooperazione con la Somalia – Fase II”. Il collaboratore – si legge sul sito web del’Aics – dovrà assistere il titolare di sede nel coordinamento delle attività in Somalia, nelle mansioni di supporto tecnicoprogrammatico. La scadenza dell’avviso è fissata al prossimo 24 febbraio 19 gen. Angola, dagli Usa 4 milioni di dollari per operazioni di sminamento L'ambasciata degli Stati Uniti a Luanda ha effettuato una donazione di 4 milioni di dollari all'Angola per contribuire al progetto di liberare il paese dalle mine terrestri entro il 2025. Lo riferisce la testata "Rede Angola" ricordando che secondo recenti statistiche, i contributi internazionali per le operazioni sul terreno sono calati dell'89 per cento dal 2008 al 2015. Due dei quattro milioni stanziati da Washington sono stati donati all'organizzazione non governativa (ong) Halo Trust, dal 1994 impegnata in operazioni di sminamento del terreno in Angola. Gli altri fondi verranno utilizzati dalle ong Mines Advisory Group e Norwegian People’s Aid, impegnate rispettivamente nelle province di Moxico e Malanje. Secondo la nota dell'ambasciata, dal 1995 gli Usa hanno investito oltre 125 milioni di dollari per operazioni di sminamento in Angola. 20 gen. Le conseguenze locali e internazionali nella disputa elettorale in Somalia Il 22 gennaio il parlamento somalo dovrebbe riunirsi per eleggere il prossimo presidente della Repubblica federale di Somalia. Al netto dei dubbi sulla possibilità che questa scadenza possa essere rispettata, le vicende delle ultime settimane mostrano chiaramente i limiti di un impianto istituzionale che avrebbe dovuto garantire il maggior consenso possibile al futuro governo della Somalia, ma che appare già pericolosamente delegittimato. L'insediamento di uno dei due rami del Parlamento e la riconferma di Mohamed Osman Jawari nel ruolo chiave di speaker hanno segnato il raggiungimento di due traguardi importanti, ma hanno al contempo riacceso lo scontro politico tra l'entourage del presidente federale uscente Sheikh Mohamud e gli altri candidati alla presidenza. Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 7 HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 Mohamed Osman Jawari si è infatti fatto portavoce del malcontento di questi ultimi, denunciando l'incostituzionalità del comitato di coordinamento diretto da Sheikh Mohamud - il National Leadership Forum (Nlf) - e, conseguentemente, la legittimità dei provvedimenti adottati nelle ultime settimane, alcuni dei quali modificano in corsa le regole per l'elezione alla presidenza federale. Mentre a Mogadiscio viene messo in discussione l'impianto giuridico della road map elettorale, nella Somalia centrale le tensioni tra circolo presidenziale e opposizioni sono tracimate in un aperto conflitto che rischia di travolgere il neo-nato stato regionale del Galmudug. Il presidente del Galmudug, Husain Guled stretto alleato del presidente federale Mohamud, è stato infatti rimosso dalla carica il 10 gennaio con un blitz dell'assemblea regionale che, approfittando della sua assenza dal capoluogo, ha approvato a grande maggioranza una mozione di sfiducia. Guled non si è fatto da parte, ma ha controbattuto rigettando la delibera come illegale e sostituendo il ministro degli interni regionale. Dalle schermaglie verbali alle armi il passo è stato breve: il parlamento del Galmudug è in queste ore circondato dalle forze di polizia agli ordini del ministro regionale licenziato e dagli uomini della National Intelligence Agency, fedeli al presidente federale in pectore, coi primi che tentano di impedire ai secondi di prendere possesso dell'edificio dove sono in corso le votazioni per eleggere un nuovo presidente al posto di Guled. Se la dimensione locale del conflitto per il controllo del prossimo governo federale è manifesta, non meno importante è la seppur silenziosa competizione tra le potenze regionali che in questi anni hanno investito, economicamente e politicamente, nel processo di pace in Somalia. La Turchia ha presumibilmente molto da perdere da un'eventuale sconfitta del presidente in carica: i capitali turchi già gestiscono in regime di monopolio il porto e l'aeroporto di Mogadiscio, ma la riconferma di Sheikh Mohamud consentirebbe loro di giocare un ruolo ancor più incisivo nella futura ricostruzione della capitale. L'alter ego della Turchia sono gli Emirati Arabi Uniti, entrati a gamba tesa nell'arena politica somala alcuni mesi or sono quando la compagnia di bandiera Dp World - colosso della logistica marittima – ha stipulato un accordo trentennale per la costruzione e gestione dello scalo portuale di Berbera con il governo del Somaliland, ignorando le vibranti proteste della presidenza federale. Dubai non ha intrapreso un investimento di tale rischio e proporzioni, in un Paese privo di riconoscimento internazionale e reclamato da Mogadiscio come parte integrante del proprio territorio, senza prendere le dovute contromisure. Ai primi di novembre l'emirato ha ospitato un incontro con i capi delle cinque amministrazioni regionali somale, dimenticando però di estendere l'invito al presidente federale in pectore: da quel momento, l'ambasciatore degli emirati a Mogadiscio ha abbandonato la propria residenza per trasferirsi a Nairobi, da dove ha continuato a intessere relazioni con altri candidati come l'ex presidente Sheikh Sharif Ahmed. Il Paese che più ha investito in Somalia in termini diplomatici e militari negli ultimi anni è stato però il Kenya, protagonista della campagna che ha portato alla formazione dell'amministrazione regionale del Jubbaland. Nairobi ha intrattenuto un rapporto piuttosto ostile con il presidente federale uscente: Sheikh Mohamud ha inizialmente sostenuto un signore della guerra alternativo al candidato del Kenya per la presidenza del Jubbaland, accusando a più riprese il vicino di violare la sovranità territoriale della Somalia. Soprattutto, il governo somalo ha sfidato Nairobi dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia sulla delimitazione delle rispettive acque territoriali: un tema caldo, poiché il Kenya ha già assegnato concessioni d'esplorazione petrolifera sulle acque contese, a investitori nazionali e esteri, forte del Memorandum of Understanding siglato nel 2009 con l'allora presidente federale somalo Sheikh Sharif Ahmed, il Primo Ministro Abdirashid Sharmake e il ministro per la pianificazione e cooperazione internazionale Abdirahman Abdishakur. Questi tre pesi massimi della politica somala, oggi tutti in corsa per la presidenza, sono ospiti frequenti dei centri congressi nella capitale keniota, da dove hanno ripetutamente denunciato le manovre evasive del presidente federale uscente. Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 8 HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 21 gen. Somalia: segretario generale Onu Guterres “allarmato” per utilizzo bambini soldato da parte di al Shabaab Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, si è detto “allarmato” dalle notizie circa il crescente utilizzo di bambini soldato da parte del gruppo jihadista al Shabaab. In un rapporto indirizzato al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e diffuso oggi Guterres ha fatto sapere che i minori costituiscono circa il 60 per cento dei militanti di al Shabaab catturati nella regione semi-autonoma del Puntland dal marzo 2016. I bambini, ha aggiunto Guterres, sono stati utilizzati anche in operazioni con ordigni esplosivi, come spie, per il trasporto di munizioni e per l'esecuzione di lavori domestici. Il rapporto mette in luce anche casi di reclutamento di bambini soldato da parte dell’esercito somalo. 22 gen. Open Doors: in aumento la persecuzione anticristiana Martedì 11 gennaio l’ong ‘Open Doors’ ha pubblicato la ‘World Watch List 2017’, la nuova lista dei primi 50 paesi dove più si perseguitano i cristiani al mondo. Dal rapporto è emerso che nello scorso anno è cresciuta ancora la persecuzione anticristiana nel mondo: sono oltre 215.000.000 i cristiani perseguitati e l’oppressione islamica costituisce ancora la fonte principale di persecuzione anticristiana, non solo per i fenomeni radicali di gruppi estremisti come Boko Haram (Nigeria, Niger, Chad, Camerun), Al Shabaab (Somalia, Kenya, Uganda) o lo stesso ISIS, ma per il fatto che in ben 35 dei 50 paesi della lista la generale oppressione esercitata dall’islam sulle minoranze fa crescere esponenzialmente l’intolleranza anticristiana a tutti i livelli. Particolarmente in ascesa in termini di fonte di persecuzione è il nazionalismo religioso, che di fatto infiamma alcune nazioni dell’Asia (India in testa, salita addirittura al 15° posto a causa dell’influenza del nazionalismo induista). A tal proposito Laos, Bangladesh, Vietnam e Bhutan hanno visto un deterioramento della situazione dei cristiani, e il nazionalismo buddista ha riportato lo Sri Lanka fra i 50 paesi della WWList. Per il quindicesimo anno consecutivo la Corea del Nord del dittatore Kim Jong-un è il peggior paese al mondo dove può vivere un cristiano (anche il solo possedere una Bibbia può portare al carcere, alla tortura o alla pena di morte), tantoché il rapporto ha definito il regime una ‘paranoia dittatoriale’ e la Chiesa è interamente clandestina. . I cittadini sono tenuti a essere devoti alla famiglia leader Kim, e a nessun altro, non lasciando spazio per eventuali deviazioni. Tutte le sfere della vita mostrano livelli di pressione estrema, con punteggi massimi nel privato, nella chiesa e nella sfera pubblica. Mentre la pressione sulle sfere della chiesa e pubblica è tipica nei paesi comunisti (che, in teoria, vale anche per la Corea del Nord), la pressione sulle restanti sfere dimostra che nessun tipo di religione è tollerato in questo sistema di paranoia dittatoriale totalitaria. Intanto nella ‘top ten’ della classifica al secondo posto si è posizionata la Somalia a causa del carattere intrinsecamente tribale della società: ogni convertito dall’islam al cristianesimo, quando scoperto, affronta la morte. La Chiesa è pressoché totalmente clandestina: “La pressione generale sui cristiani rimane praticamente allo stesso livello estremo indicato nella WWL 2016 9 su 10 nazioni erano già presenti nella WWL dell’anno scorso: oltre alla Corea del Nord e Somalia, ci sono Afghanistan, Pakistan, Sudan, Siria, Iraq, Iran ed Eritrea. Inoltre si sono registrati molti meno casi di incidenti contro cristiani in Siria e Iraq, poiché la gran parte di essi è fuggita dall’ISIS. Per chi è rimasto (anche sfollato in altre aree), la pressione è ancora molto alta. Lo Yemen sale al 9° posto, scalzando la Libia (11°): i cristiani yemeniti sono presi nel mezzo della guerra civile tra fazioni sunnite leali alla corona saudita e ribelli Huthi supportati dall’Iran (sciiti). Inoltre la pressione anticristiana cresce rapidamente nelle regioni del Sud-Est Asiatico e dell’Asia Meridionale. La forte influenza del partito Bharatiya Janata in India ha scatenato un pericoloso fervore nazionalista-religioso (la religione maggioritaria come elemento Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 9 HDIG ONLUS HUMANITARIAN DEMINING ITALIAN GROUP Gruppo Italiano di Sminamento Umanitario C.F.97191910583 fondamentale di appartenenza al paese). 5 delle 6 nazioni che hanno visto un peggioramento notevole della condizione dei cristiani provengono da queste regioni: India, Bangladesh, Laos, Bhutan e Vietnam. Lo Sri Lanka, poi, rientra nella WWL a causa del nazionalismo buddista. Quello del nazionalismo religioso è un fenomeno in ascesa sin dagli anni ’90, tuttavia nell’anno appena trascorso l’ascesa è stata allarmante. Preoccupa il processo di induizzazione latente (‘L’India agli indù’) acceleratosi da quando Modi è primo Ministro in India (ogni settimana circa 15 cristiani vengono attaccati in questo paese). Le nazioni vicine (a maggioranza induista o buddista) usano il nazionalismo religioso come formula per rafforzare le posizioni di potere nelle zone rurali. Anche l’oppressione islamica, con la violenta sfaccettatura dell’estremismo, rimane la fonte di persecuzione anticristiana dominante. Medio Oriente, Nord Africa e Africa Sub-Sahariana sono le regioni dove si registra maggiore persecuzione di matrice islamica. L’instabilità politica e la violenza causata da movimenti estremisti come Al-Shabaab e Boko Haram sono ormai sulle prime pagine di tutti i giornali. Una delle più gravi emergenze umanitarie, ha denunciato l’ONU, è causata dai Boko Haram in Nigeria, con 8.000.000 di persone in pericolo di fame. Tuttavia anche nazioni esterne a queste aree geografiche mostrano lo stesso fenomeno. Il Pakistan, per esempio, sale al 4° posto, con una crescita della violenza e della pressione sociale anticristiana impressionanti: in ben 14 dei primi 20 paesi della lista, così come in 35 tra i primi 50, l’oppressione islamica deforma e devasta la vita quotidiana dei cristiani. La tendenza a focalizzarsi sul numero di morti distoglie l’attenzione sull’aggravamento di tutte le aree delle libertà individuali dei cristiani in questi paesi. Anche in Africa i Paesi continuano ad essere scenario di odio anticristiano: ben 16 paesi della WWL sono africani. Tra i trend che influenzano la persecuzione dei cristiani l’ong segnale la radicalizzazione islamica dell’Africa Sub-Sahariana come tendenza dominante; la polarizzazione tra regimi radicali e autocratici del Medio Oriente. Generalmente i trend possono essere internazionali, nazionali o locali, e sebbene la sfera locale sia spesso sottovalutata, è proprio nell’ambito locale che si innestano le principali dinamiche di persecuzione. Le new entry della WWList di quest’anno sono Sri Lanka e Mauritania. Infine nello scorso anno sono stati registrati 1.207 cristiani uccisi per motivi legati alla fede, e 1.329 chiese attaccate. Tali dati sono in diminuzione rispetto al 2015 per alcune ragioni specifiche: - “Primo, è sempre più difficile ottenere dati completi in situazioni di conflitto civile. Ne sono un esempio le zone di guerra civile in Myanmar, Iraq e Siria; ma anche i monti Nuba in Sudan e gli stati nella Middle Belt e nord della Nigeria (Ciad e Camerun compresi). - Secondo, la reazione militare del governo nigeriano (e degli alleati) contro i Boko Haram in Nigeria ha limitato le devastanti azioni di sterminio contro villaggi cristiani avvenute con più frequenza nel 2015. - Terzo, l’avanzata dell’ISIS è stata fermata, anzi ampie aree sono state liberate dal suo dominio; si aggiunga a ciò che la gran parte dei cristiani minacciati era fuggita nel corso del 2015 quando il Califfato si espandeva, e si comprende come si sia ridotto anche in quest’area il numero di cristiani uccisi. Concludendo la presentazione del rapporto il direttore di ‘Porte Aperte’, Cristian Nani, ha affermato: “Nell’epoca delle immagini fa più eco un assassinio ripreso con un cellulare che un milione di persone trattate come animali. 1 cristiano ogni 3 subisce una grave forma di persecuzione nei 50 stati della nostra ricerca. C’è molto di più delle morti e degli attentati alle chiese: in fondo stiamo parlando di milioni di vite vessate e oppresse a causa di una scelta di fede”. Humanitarian Demining Italian Group - HDIG Sede centrale, Largo della Cecchignola 4, 00143 RM; Sede operat., Via degli Avieri, 00143 RM Per segnalazioni ed informazioni: tel.+39.348.6924401; tel.+39.339.2940560, fax 178.2708503, website: www.hdig.org ; e-mail: [email protected], [email protected] ; facebook: hdig.ong IBAN Poste Italiane:IT83 S 076 0103 2000 00038797494 SWIFT: BPPITRR IBAN Banca Nazionale Lavoro: IT34 N010 0503 2290 0000 0000737 SWIFT: BNLIITRR 10