Una vita vittoriosa come il monte Fuji

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Una vita vittoriosa come il monte Fuji
Una vita vittoriosa come il monte
Fuji
Mi chiamo Davide e ho trent’anni. Ho conosciuto
questo Buddismo nel 2005. In quel periodo avevo
una relazione sentimentale con una ragazza da cui
dipendeva la mia felicità, sebbene non ne fossi
più di tanto innamorato: la mia vita ruotava
attorno al nostro rapporto e tutto il resto
stagnava. Quando lei mi lasciò il mondo mi cadde
addosso.
Dopo due giorni passati ad ubriacarmi in solitudine dovetti riconoscere che
il modo con cui avevo costruito la mia vita fino a quel momento era
sbagliato. Decisi, quindi, che non avrei più delegato la mia felicità ad
altre persone. Mi misi a cercare un sistema di valori che mi permettesse di
far emergere la felicità da dentro di me. Chiamai mio fisioterapista, che
tempo prima mi aveva parlato del Buddismo. Fu così che decisi di riprendere
in mano la mia vita, aprirla agli amici che non frequentavo più, ai miei
famigliari. Grazie al sostegno e all’infinita pazienza dei miei responsabili
iniziai ad approfondire la filosofia buddista e a recitare Nam-myoho-rengekyo.
Capii che la pace nel mondo nasce da un movimento di persone che si alzano da
sole e lottano fianco a fianco per diventare felici, incoraggiando gli altri
attraverso il proprio esempio. Era ciò che avevo sempre desiderato. Mi unii
alla Soka Gakkai e ricevetti il Gohonzon il 6 novembre 2006.
Il primo obiettivo nella pratica fu trovare una ragazza. Emersero senso di
inadeguatezza, paura di soffrire, di essere rifiutato, difficoltà a
relazionarmi con le altre persone, disprezzo verso me stesso, molta
sofferenza.
Un giorno lessi il saggio del presidente Ikeda sul Gosho Il conseguimento
della Buddità in questa esistenza e ne fui profondamente toccato: «Lo scopo
della fede è realizzare liberamente il proprio pieno potenziale e brillare
ciascuno nella sua propria e unica maniera. Perciò è importante continuare ad
avanzare e sfidare se stessi pensando: “Mi sforzerò nella pratica.
Approfondirò la mia fede. Farò del mio meglio come membro della Soka Gakkai”.
Questa è la via sicura verso il raggiungimento della Buddità in questa vita.
[…] Praticare il Buddismo del Daishonin significa non oscillare qua e là ma
costruire un io saldo e risoluto come l’imponente monte Fuji» (D. Ikeda, Il
raggiungimento della Buddità in questa esistenza, p. 48). Da allora in avanti
mi sono sforzato con passione nel Daimoku, nell´attività, nello studio del
buddismo, anche quando stavo male, anche quando proprio non avevo voglia,
anche quando mi mancava il tempo. Sentivo e credevo che così anch’io avrei
potuto “trasformare il veleno in medicina”.
Qualche tempo dopo partecipai alla commemorazione del 16 marzo a Milano, era
il 2008. Avrei fatto attività all’interno dello spettacolo. Fummo
incoraggiati a prepararci a quel giorno basandoci sul Daimoku, stabilendo il
maggior numero possibile di dialoghi sul Buddismo con gli amici, e
determinando di realizzare un grande obiettivo personale. Così feci. Il mio
obiettivo era ancora la relazione sentimentale. Mi innamorai d’una ragazza e
sulle prime fui ricambiato. Pochi giorni prima della riunione, però, lei mi
trattò malissimo e la relazione si chiuse malamente.
Ero offuscato dalla rabbia e dalla sofferenza, mi chiedevo a cosa servisse
praticare se quello era il risultato, ma non smisi un istante d’incoraggiare
e sostenere i membri di cui ero responsabile. Andai alla cerimonia di Milano,
sofferente ma orgoglioso di dare il mio contributo. Fui toccato dalle parole
di Roberto Baggio: “La gioia pura della Legge che ho provato facendo crescere
giovani leader supera di gran lunga tutte le mie soddisfazioni
professionali”. Capii che il presidente Ikeda si è dedicato proprio a questo
per tutta la vita, e decisi di fare anch’io lo stesso, nella realtà della mia
vita. Per la prima volta mi sentii veramente suo discepolo. Oggi posso dire
che la gioia che provo nel dar tutto per sostenere delle persone e nel
vederle crescere al di là di ogni aspettativa supera di gran lunga la gioia
di ogni mia realizzazione personale!
Nel 2010, una paio di giorni prima di partecipare a un Corso Nazionale,
ricevetti ancora una volta il rifiuto di una ragazza di cui m’ero innamorato.
Soffrii enormemente. La prima cosa che feci fu recitare Daimoku con tutte le
mie forze. Dopo tre ore stavo ancora malissimo. Lessi L’apertura degli occhi,
il mio Gosho preferito, in cui Nichiren scrive: «Questo io affermo. Che gli
dei mi abbandonino. Che tutte le persecuzioni mi assalgano. Io continuerò a
dare la mia vita per la Legge! […] qualunque difficoltà possa incontrare, a
meno che uomini sapienti non provino che i miei insegnamenti sono falsi, io
non accetterò mai! Tutti gli altri problemi per me non sono altro che polvere
al vento. Io sarò il pilastro del Giappone. Io sarò gli occhi del Giappone.
Io sarò il grande vascello del Giappone. Questo è il mio voto, e io non lo
infrangerò mai!» (RSND, 253-254).
Lessi con tutta la forza che avevo, e lacrime di commozione mi solcarono il
viso. Nonostante le difficoltà e la sofferenza, io non avevo voltato le
spalle a quello in cui credevo, e non l’avrei mai fatto qualunque cosa fosse
accaduta. Anche se soffrivo per i sentimenti quello fu uno dei momenti più
belli della mia vita.
Nello stesso periodo stavo terminando la mia tesi di laurea specialistica. Lo
studio richiedeva sforzi notevoli, dovetti dedicarci tutte le mie energie.
Tuttavia ero determinato a mantenere una “quantità base” irrinunciabile di
Daimoku, e di attività. Partecipai a tutte le riunioni di discussione e
visitai a casa molti compagni di fede la mattina presto. Quelle visite
mattutine mi davano la spinta per poter rendere al massimo tutto il giorno,
molto più che se avessi dormito otto ore! La sera ero stanchissimo, ma andavo
a dormire con la meravigliosa sensazione d’aver impiegato il mio tempo al
massimo.
Così riuscii a terminare la tesi: presentai un lavoro personale, come
desideravo, la commissione premiò il mio lavoro con il massimo del punteggio.
Era il momento della realizzazione, ma lo vissi senza una particolare
partecipazione emotiva. Viceversa, la fatica, lo sforzo nel preparare quella
tesi, e vedere che il testo prendeva forma a seguito dei miei sforzi, quello
sì che mi aveva dato una gioia immensa!
Nonostante la laurea in fisica teorica fosse stata un’esperienza ricca di
soddisfazioni, non intendevo continuare quel filone di ricerca. Non mi
piaceva occuparmi di un ambito che poteva essere compreso solo da poche
persone, e che non poteva avere riscontro nella vita quotidiana delle
persone.
Seguirono due duri anni di disoccupazione. Mi mantenevo con alcuni lavoretti
e soprattutto grazie al sostegno dei miei genitori. Recitare un Daimoku
costante, dedicarmi completamente all’attività, leggere le guide piene di
coraggio e vigore del presidente Ikeda: questo mi diede la forza e l’allegria
necessarie per andare avanti, vincere la sensazione di sconfitta e impotenza,
costruirmi una nuova professionalità.
Dopo una lunga serie di lotte, nel 2011 riuscii ad accedere a un corso sulle
energie rinnovabili finanziato dall´UE. Proprio quello che volevo!
All’interno del corso era previsto uno stage presso un’azienda. Collaborai
presso una ditta che si occupava di convertire rifiuti in energia
rinnovabile. Mi accorsi ben presto che l’azienda non era in condizione di
assumermi, e che il loro interesse verso di me andava via via scemando.
Incoraggiato dalle guide di Ikeda, però, strinsi i denti determinato a creare
comunque il massimo valore. Fu determinante per me una puntata di La Nuova
Rivoluzione Umana, vol. 24, “Il mestiere di migliorarsi”, in cui il
presidente Ikeda descrive l’atteggiamento e gli sforzi di molti giovani
discepoli che vinsero le loro difficoltà sul posto di lavoro. Fu grazie a
questo esempio che non mi persi d’animo: imparai il più possibile
dall’azienda, soprattutto compresi dove il processo industriale poteva essere
migliorato, lessi delle pubblicazioni scientifiche.
Grazie alla mia passata esperienza nell’ambito della fisica scrissi un
progetto di ricerca finalizzato a un dottorato di ricerca per ottimizzare il
processo, e lo sottoposi a varie università europee.
Dovetti studiare da solo argomenti complessi che non avevo mai affrontato,
dovetti lottare contro il senso di sfiducia che emerge quando le nostre
azioni non sono seguite da effetti immediatamente visibili. Dopo vari
tentativi la mia proposta fu valutata positivamente da un importante centro
d’eccellenza europeo del settore, e infine venne accettata nel giugno 2012.
Nel 2011 partecipai alla giornata di studio a Milano sul Gosho Il vero
aspetto di tutti i fenomeni. Per quattro ore il sig. Saito parlò
dell’infinita nobiltà della nostra vita, ma io dentro di me ero straziato.
Pensavo che forse gli altri avevano questa potenzialità, ma che per me non
era possibile. Però continuavo a prendere appunti senza perdere una parola,
con la determinazione di poter riportare il messaggio ai membri di cui ero
responsabile.
Passai l’estate ad approfondire quell’argomento. “Cosa sono io? Qual è il mio
vero aspetto?” mi chiedevo. Studiando trovai la risposta: il mio vero aspetto
è l’universo infinito! Avevo sempre sofferto per la mia condizione di single,
ritenendomi in difetto per non avere una ragazza… Però in quel momento capivo
che la ragazza, così come gli altri desideri, sono cose transitorie e che non
ci caratterizzano, come un vestito che indossiamo e poi togliamo. Il mio vero
aspetto sono io, che sto dentro il vestito: il mio vero aspetto è la vita
stessa dell’universo! Io, quindi, ho un valore infinito, un valore che niente
e nessuno potrà mai togliermi. Quando sentii questo dentro di me, recitando
Daimoku davanti al Gohonzon, provai una immensa gioia.
Due settimane dopo, un amico mi presentò una sua collega. Dopo poco lei ed io
iniziammo una relazione sentimentale. Ora stiamo insieme da un anno e mezzo.
La nostra relazione va bene, siamo piantati saldamente sui nostri piedi,
assennati quando c’è da essere assennati, pieni di passione quando c’è da
provar passione, ci sosteniamo, ci consigliamo e ci rimproveriamo pure a
vicenda. Provo grande gratitudine e grande gioia quando sto con lei. Tuttavia
la gioia che provo quando metto in moto tutta l’energia della mia vita
recitando davanti al Gohonzon e sostengo le persone attorno a me, è qualcosa
di incomparabilmente più forte.
Ora dovrò affrontare sfide ancora più grandi: l’impegno in università si
preannuncia duro, sono all´estero, lontano dalla mia famiglia e dalla mia
ragazza. Però sono assolutamente determinato a manifestare fede e impegno
nelle attività ancora maggiori, per diventare un dottorando modello e vivere
con gioia. Sento che sto costruendo, giorno dopo giorno, dei rapporti ancora
più profondi e autentici coi miei genitori e la mia ragazza, che sto creando
un grandissimo valore assieme ai miei compagni di fede qui a Birmingham.
Il presidente Ikeda ha più volte scritto che i successi del discepolo sono la
prova della bontà del maestro, e la più grande felicità del maestro stesso. È
con questo spirito che desidero ringraziare di tutto cuore il presidente
Ikeda. Grazie a lui ho potuto crescere, e da ragazzino viziato, fragile e
infelice, sono diventato un uomo, saldo sui miei piedi. Secondo il Buddismo,
maestro e discepolo condividono un legame di non dualità: prometto che
porterò avanti la sua opera per tutta la vita, al suo fianco, col suo stesso
spirito.