Trasformare l`impossibile in possibile

Transcript

Trasformare l`impossibile in possibile
Trasformare l’impossibile in
possibile
Serena B.
Livorno
Mi chiamo Serena, ho 33 anni e pratico questo buddismo dal 16 Febbraio 2001.
Prima di iniziare a praticare non sognavo, non ero felice, e la mia vita non
sembrava avere un senso. Non mi sentivo mai all’altezza di fare niente e ogni
cosa mi sembrava davvero impossibile da realizzare. La precoce perdita di mio
padre, quando avevo 13 anni, aveva accentuato questa insicurezza e sfiducia
totale nella mia vita.
Da quando ho cominciato a praticare tutto ha iniziato a cambiare piano piano,
specialmente la mia condizione vitale, che si era tradotta in una grande
amore per la mia vita e in una grande voglia di realizzarla, come ci
incoraggia a fare il presidente Ikeda: «Se non vi sforzate, i vostri sogni
resteranno soltanto pura fantasia. Lo sforzo e il duro lavoro costruiscono un
ponte tra i sogni e la realtà. Coloro che fanno sforzi continui sono sempre
pieni di speranza: quella speranza che nasce proprio dagli sforzi continui.
Abbracciate i vostri sogni e seguiteli» (D. Ikeda, I protagonisti del XXI
secolo, vol. 1, pag. 20).
Negli anni ho acquisito fiducia, gioia, forza e soprattutto determinazione,
con il Daimoku, il costante sostegno del presidente Ikeda e delle giovani
donne della mia zona, prima a Livorno, poi a Firenze. Ho iniziato a chiarire
e a disegnare prima nel mio cuore, poi nella realtà, il dipinto della mia
vita. Per realizzarlo in questi 12 anni di pratica non ho mai risparmiato i
miei sforzi, sia nella vita personale che nell’attività buddista. Da subito
ho desiderato condividere questa grande gioia con le persone a me care e con
tanti amici, 6 dei quali hanno ricevuto il Gohonzon.
Quando ho iniziato a praticare stavo frequentando il corso di laurea in
Fisioterapia, che ho scelto per il desiderio di aiutare gli altri e per la
passione scoperta per l’ambito della medicina. In particolare, praticando e
recitando molto Daimoku per riuscire ad ascoltare sinceramente il mio cuore,
ho focalizzato quello che era il mio sogno: lavorare in ambito pediatrico e
fare delle esperienze lavorative all’estero. Ovviamente riuscirci non sarebbe
stato semplice, considerato soprattutto il forte attaccamento per la famiglia
che avevo sviluppato dopo la morte di mio padre. Però la cosa che sentivo più
forte nel mio cuore era l’importanza di vivere la mia vita senza rimpianti,
se non avessi seguito i miei sogni sicuramente non sarei stata sincera e
corretta con me stessa. Quindi l’unica soluzione era affrontare col Daimoku e
con le parole del presidente Ikeda tutte le paure e gli attaccamenti, per
correre libera verso i miei sogni. E così ho fatto.
La tantissima attività che ho fatto prima nel gruppo Leonardo e poi nella
divisione Giovani ha accelerato la realizzazione della mia vita. Ho
conseguito la Laurea di I livello in fisioterapia nel Novembre 2001 e un
Master di specializzazione in Fisioterapia Pediatrica nel 2009, con il
massimo dei voti. Questo mi ha permesso di recarmi all’estero per
specializzarmi ulteriormente, a Londra e a Montreal, e successivamente di
vincere un concorso a Firenze e finalmente iniziare a lavorare con i bambini,
proprio come desideravo di più. Inoltre lo scorso anno mi sono iscritta alla
Laurea Magistrale in Scienze riabilitative delle professioni sanitarie,
frequento adesso il secondo e ultimo anno e mi preparerò a discutere, nel
2013, la terza tesi di laurea. Desideravo continuare a viaggiare, nonostante
il lavoro a tempo indeterminato a Firenze, anche se la cosa mi sembrava
impossibile… ma, se c’è una cosa che ho imparato in questi anni di pratica, è
che il potere di Nam-myoho-renge-kyo è davvero illimitato. Quindi ogni volta
che pensavo che qualcosa fosse impossibile da realizzare, mi sedevo davanti
al Gohonzon e recitavo, e facevo attività finché non trasformavo il mio punto
di vista. Ed infatti subito mi è stata affidata la referenza per le relazioni
internazionali da parte della Società Italiana di Fisioterapia Pediatrica,
grazie alle precedenti esperienze all’estero; questa referenza mi ha
permesso, con il sostegno del posto in cui lavoro, di partecipare al
congresso mondiale di fisioterapia ad Amsterdam nell’estate 2011 e di essere
invitata al congresso mondiale di fisioterapia pediatrica quest’anno a Los
Angeles.
Inoltre, dopo aver recitato e lottato duramente e a lungo per trovare la
persona speciale che stesse al mio fianco, ad Ottobre 2008 ho incontrato il
mio attuale fidanzato.
Lui ad Agosto 2010 avrebbe finito i suoi studi, post dottorato di ricerca, a
Montreal (dove eravamo andati insieme) per tornare in Italia, ma
inaspettatamente a Maggio mi ha telefonato per dirmi che in seguito a vari
sintomi aveva effettuato un controllo e il referto era un probabile linfoma
in atto. Aveva già prenotato l’aereo e sarebbe tornato a Roma dopo qualche
giorno per fare accertamenti. Io piango, mi arrabbio, comincio a tremare e
vado in confusione, ma dopo pochi minuti di totale panico mi sono messa
davanti al Gohonzon, esattamente così com’ero. Ho cominciato a recitare,
mille pensieri mi attraversavano la mente: perché proprio a me? Perché di
nuovo io? Non bastava aver affrontato la morte già di mio padre a 13 anni,
che già dovevo prepararmi a perdere l’altro uomo della mia vita all’età di
30? Avevo tanto lottato per accettare l’importanza e la bellezza di avere un
uomo accanto, cosa che per tanto avevo rifiutato per paura di perderlo, come
avevo già visto succedere nella mia famiglia. Sentivo che non c’era niente di
giusto in quello che mi stava accadendo.
Quindi per le prime settimane ho recitato molto Daimoku, cercando una
spiegazione a quello che stava accadendo nelle parole di Sensei, che ci
incoraggia sempre a non mollare qualsiasi cosa accada e a decidere minuto
dopo minuto come vogliamo vivere il momento presente. Il punto era proprio
questo. Volevo vivere questo periodo con angoscia e ansia, come sarebbe
“legittimo” per un “comune mortale”, oppure cercando di godere di ogni
attimo, coltivando nel mio cuore la speranza di una risoluzione positiva?
Nel frattempo arrivò la diagnosi: tumore maligno. Iniziarono così dei mesi
interminabili in cui, dato che la prima terapia sembrava non funzionare, il
mio fidanzato si trasferì a Roma per ricevere una terapia molto più forte e
debilitante. Io andavo a Roma tutti i fine settimana per stare vicino a lui e
alla sua famiglia, che nel frattempo mi si era molto avvicinata, vedendo con
quale tenacia e sforzo stessi al fianco del mio compagno.
Ho versato tantissime lacrime in quei viaggi di ritorno da Roma, pensando
che, forse, davvero il mio desiderio era impossibile da realizzare. Ma
recitando Nam-myoho-renge-kyo davanti al Gohonzon ogni giorno andavo a minare
quel minimo dubbio, quella piccola, ma presente paura, che questa volta la
pratica non avrebbe funzionato, che potevo vincere di fronte a tutto ma che
non potevo fare niente di fronte a sfide così grandi come la malattia e la
morte. Fisicamente ero stremata, il lunedì mattina al lavoro cercavo di dare
il massimo ai miei piccoli pazienti che, anche loro, stavano avendo a che
fare con la malattia. Comprendendo la loro sofferenza riuscivo a svolgere il
mio ruolo di professionista con sensibilità notevolmente maggiore.
Nonostante tutti i miei sforzi, però, il mio stato vitale rimaneva
altalenante, anche se non ho mai smesso di recitare. Ogni giorno cercavo
quello che mi avrebbe detto il presidente Ikeda per incoraggiarmi: nei suoi
scritti, nelle sue guide, nei suoi video. Cercavo di manifestare il suo
stesso atteggiamento con le giovani donne che incontravo e sostenevo. Gli ho
scritto una lettera, per condividere direttamente con lui la mia lotta. La
sua risposta non ha tardato ad arrivare: “grazie per avermi inviato la sua
lettera, le porgo i miei più affettuosi saluti”. Dopo aver sentito il cuore
del mio maestro che era lì a lottare accanto a me, ho iniziato a sentire
profondamente questa sfida come la mia personale missione, che solo io potevo
portare avanti, per trasformare definitivamente il mio karma e per dare la
prova concreta del potere del Gohonzon.
Così continuavo a viaggiare ogni week end, ma con una carica nuova. Volevo
che tutti coltivassero la speranza nel loro cuore, come stavo facendo io: il
mio fidanzato, la sua famiglia, le persone che come lui stavano lottando
contro la malattia e i suoi amici. Passò così il periodo peggiore della
terapia.
Con una velocità di recupero incredibile, sia a livello dei valori del sangue
che di forza e resistenza fisica, dopo soli 2 mesi rientrò a maggio 2011 a
Firenze e riprese a lavorare. Il 5 Agosto avrebbe avuto di nuovo gli esami
per vedere lo stato del tumore. Passammo, nel frattempo, un’estate
incredibilmente felice, lavorando e riprendendo la nostra vita a Firenze,
cercando di goderci al massimo ogni giorno, senza farci influenzare da quella
data fatidica. Quando poi arrivarono i risultati dell’esame i medici non
ebbero dubbi: il suo caso era quello che si chiama un falso positivo e
l’ancora apparente attivazione del tumore era solo la radioattività delle
numerose terapie che aveva fatto. Che incredibile vittoria!
Ogni 4 mesi in questi due anni è stato sottoposto a controlli e sono
risultati tutti negativi! Il mio fidanzato ed io abbiamo ripreso a seguire i
nostri progetti insieme, tra cui formare la nostra famiglia sana e felice,
progetti che io non avevo mai abbandonato, ma nutrito e riempito di dettagli
davanti al Gohonzon. E così stiamo felicemente aspettando la nostra prima
figlia. Il mio desiderio più grande, per il futuro, è di poter continuare a
condividere la gioia della pratica con più persone possibile, continuare a
vivere senza rimpianti, lottando e recitando Daimoku fino in fondo, fino a
che non ottengo una risposta precisa alla mia preghiera sincera, vincendo
ogni minimo dubbio presente nel mio cuore e aiutando gli altri a fare lo
stesso. Grazie.