FRUTTI DI BOSCO Arrivasse almeno un`idea a tenermi compagnia
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FRUTTI DI BOSCO Arrivasse almeno un`idea a tenermi compagnia
FRUTTI DI BOSCO Arrivasse almeno un’idea a tenermi compagnia, stasera che è ferragosto, e il condominio è silenzioso come un’arnia abbandonata, e il diluvio sbatte contro i vetri – lasciami entrare lasciami entrare . Avevo organizzato una cena. Pochi amici, niente di speciale. All’ultimo momento, hanno telefonato per disdire : Enrico sta male, ha preso il raffreddore . E poi hai visto?, le strade sono allagate. Ti dispiace se rimandiamo ? Come no, certo, non importa. Anche se ho già cucinato e preparato la tavola e riordinato casa e perlustrato l’armadio alla ricerca di quel particolare vestito. Anche se - truccata e pettinata e senza più niente da aspettare - qui, sul mio bel divano bianco, sto morendo di solitudine. Incalzato dal vento, il temporale finalmente si allontana. Nella calma improvvisa di un mondo svuotato di senso, la distesa di tegole , giù in basso, sembra un plumbeo mare autunnale. Pensieri opachi mi svolazzano intorno: a cosa serve lottare. Sono una zattera in balìa dei flutti. Basterebbe chiudere gli occhi, e affonderei. Inattesa, una sciabolata di luce taglia in due la stanza . E una scarica di vita mi sveglia dal letargo, mi scuote, mi fa dire ad alta voce, No, stavolta non rimango ad aspettare. Stavolta l’idea , se non si fa viva da sola, me l’invento. Mi alzo di scatto, vado in cucina. Il pavimento è fresco sotto i piedi nudi. I miei occhi - lo so, lo sento - sono cambiati, brillano. Mi guardo intorno. Da dove comincio, da dove. L’energia che adesso mi vibra dentro scuoterebbe un dinosauro. Apro il frigo, con ampio gesto deciso. Da qui, comincio . Il pesce cucinato per la cena di stasera mi aspetta sul primo ripiano, disteso su un letto d’insalata. L’avevo preparato pensando al famoso Enrico, quello del raffreddore, quello di cui parlano sempre in ufficio: Enrico qui. Enrico là. Enrico sì, che andrebbe bene per te. Se ci inviti a cena, te lo presentiamo. Quanto ci ho fantasticato, spolverizzando il sugo di erbe aromatiche, tanto che quasi me ne stavo innamorando senza averlo mai visto. Sono proprio una scema. Ma mentre sto per ricominciare a piangermi addosso, l’idea mi torna incontro, giovane forte luminosa, mi fa sentire diversa, speciale. Regina di questo palazzo deserto e della mia vita. Basta che io lo voglia. Canticchiando a mezza voce, porto in tavola il pesce alla provenzale, la coppa di more e lamponi , e la bottiglia di bianco d’annata. Enrico? E chi è, Enrico? Sto per sedermi , ma di nuovo, mi sento ridicola: cosa sto facendo? Tutta questa roba solo per me? Con quello che costa? Ma la bottiglia di bianco mi guarda invitante . Il tappo vien via facilmente , e il profumo dei frutti di bosco risveglia un ricordo di tanti anni fa : l’esaltazione di una vetta che avevo duramente conquistato , e lo stormire della foresta ai piedi del precipizio , e un vento che odorava di paradiso. L’idea si mette a lampeggiare, impossibile ignorarla di nuovo. Paura del futuro? Della solitudine, dell’età che avanza, di non innamorarmi più? Sì, paura. Ma da domani. Una mano misteriosa mi porta dolcemente in salvo, e il divano diventa un’arca che galleggia sicura sui flutti. Dentro, rimpianti e desideri inappagati, ma anche la gratitudine per questa idea perfetta. Ascolto il mio respiro. Che pace. Adesso. Qui. Che bello vivere, e anche soffrire, se poi arriva l’idea giusta,il ricordo giusto,la percezione di ciò che importa davvero. Il mondo, fuori, sembra appena nato. Un fiotto di sole inonda la stanza. Mi siedo a tavola. Sorseggio il mio vino, lentamente.