Lavoro interinale e sicurezza. La responsabilità penale per la tutela

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Lavoro interinale e sicurezza. La responsabilità penale per la tutela
Lavoro interinale e sicurezza.
La responsabilità penale per la tutela delle condizioni
di lavoro.
Associazione Ambiente e Lavoro – Varese, 10 aprile 2002
I contratti di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo si
collocano nel contesto di quella “flessibilità del lavoro” che sempre
più frequentemente – e talvolta acriticamente – viene considerata
postulato necessario per lo sviluppo dell’occupazione: non a caso la
disciplina normativa della materia si trova in una legge (n. 196 del
24 giugno 1997) intitolata alla “promozione dell’occupazione”.
Pur senza affrontare nella sua complessità il tema della flessibilità
del lavoro1 va subito detto che non è in alcun modo pensabile che
per un’area di lavoratori e di prestazioni di lavoro venga
depotenziato il contesto dei principi e delle garanzie di fonte
costituzionale e sovranazionale che riguardano sia il lavoro in
quanto tale (come “valore” riconosciuto dall’ordinamento) che la vita,
la salute, l’integrità fisica delle persone che lavorano.
E’ dunque necessario un richiamo agli articoli 4, 32 e 35 della
Costituzione: valore del lavoro e tutela della salute convergono nella
scelta della Repubblica di tutelare “il lavoro in tutte le sue forme e
applicazioni”2.
Quanto alle norme comunitarie, analogo sintetico richiamo va fatto
alle Direttive dell’Unione Europea nn. 383/1991 e 34/2000; e
soprattutto alla scelta costituente che ha fatto sì che nel medesimo
Capo – il Quarto - della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea (di Nizza, 7 dicembre 2000) si ritrovino l’art. 31, che
1
Articolato su una pluralità di istituti e prassi, frutto di innovazioni legislative ovvero dell’uso più intenso
e diffuso di istituti giuridici preesistenti: si pensi ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa,
alle forme di privatizzaione di rapporti di impiego pubblico, ai contratti di lavoro a termine, alle
prospettive di depotenziamento della disciplina collettiva del rapporto di lavoro
2
Senza poter sviluppare compiutamente il tema, si deve altresì fare cenno alla natura di “formazione
sociale” da riconoscere all’impresa, nella sua componente umana, e dunque al diritto del lavoratore che ne
è partecipe di svolgere in essa la sua personalità, così come vuole l’art. 2 della Costituzione, senza
deliberate od occasionali marginalizzazioni
proclama il diritto di “ogni lavoratore” a “condizioni di lavoro sane,
sicure e dignitose” e l’art. 35, che impone all’Unione “nella
definizione ed attuazione di tutte le politiche ed attività” di garantire
“un livello elevato di protezione della salute umana”.
La disciplina del lavoro temporaneo nella L. 196/97 muove dal
riconoscimento della legittimità per le imprese di soddisfare
esigenze di carattere temporaneo attraverso una particolare
modalità di impiego della manodopera, fondata su un rapporto
trilaterale (tra impresa fornitrice, lavoratore temporaneo, impresa
utilizzatrice) e due distinti contratti: il contratto di fornitura di lavoro
temporaneo, stipulato tra le due imprese, fornitrice e utilizzatrice; il
contratto di lavoro per prestazione di lavoro temporaneo, stipulato
tra impresa fornitrice e lavoratore. Quest’ultimo contratto può dar
luogo ad un rapporto sia a tempo determinato che a tempo
indeterminato ed è un vero e proprio contratto di lavoro dipendente.
Tale veste del lavoratore e la sua piena partecipazione alla vita
dell’impresa utilizzatrice rendono applicabili allo stesso –
quantunque non organicamente inserito in quell’impresa – l’intero
complesso delle norme prevenzionistiche. E’ con ciò coerente la
previsione del computo del lavoratore interinale nel numero dei
dipendenti dell’impresa utilizzatrice ai fini dell’applicazione di norme
di legge o contratto collettivo in materia di igiene e sicurezza del
lavoro 3. L’uso del termine “materia” sta ad indicare la volontà del
legislatore di “riferire” al lavore interinale, di “traslare” su di esso, in
quanto partecipe dell’attività aziendale dell’impresa utilizzatrice, la
tutela prevenzionistica nella sua massima estensione; volontà
confermata dalla norma che fa gravare sull’impresa utilizzatrice gli
obblighi di “protezione” e di “sicurezza” nei confronti del lavoratore
interinale 4.
Più in generale si coglie nell’impianto normativo l’intento di evitare
che si creino aree di sottoprotezione del lavoro; e che vi possano
essere “rimbalzi” degli oneri e delle responsabilità prevenzionistiche
3
Art. 6, quinto comma, L. 196/97: “Il prestatore di lavoro temporaneo non è computato nell’organico
dell’impresa utilizzatrice ai fini dell’applicazione di normative di legge o di contratto collettivo, fatta
eccezione per quelle relative alla materia dell’igiene e della sicurezza del lavoro”
4
Art. 6, primo comma, secondo periodo, L. 196/97: “ L’impresa utilizzatrice osserva […] nei confronti
del medesimo prestatore, tutti gli obblighi di protezione previsti nei confronti dei propri dipendenti ed è
responsabile per la violazione degli obblighi di sicurezza individuati dalla legge e dai contratti collettivi”
tali da lasciare condotte in senso lato pericolose o negligenti prive di
riferibilità soggettiva in termini di responsabilità penale.
Una logica comune all’interia materia della tutela penale del lavoro
deve - in sintesi - far affermare che, in fattispecie in cui il lavoratore
entra a contatto con più potenziali portatori di oneri prevenzionistici,
le garanzie a suo favore si devono sommare e non sottrarre 5.
La prima articolazione delle tutele si basa su due divieti di fornitura
di lavoro temporaneo.
L’uno è di tipo soggettivo (riferito all’impresa utilizzatrice) previsto
dall’art. 1, quarto comma, lett. E) della L. 196/97: “E’ vietata la
fornitura di lavoro temporaneo […] a favore di imprese che non
dimostrano alla Direzione Provinciale del Lavoro di aver effettuato la
valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del Decreto Legislativo
19 settembre 1994 n. 626 e successive modificazioni e
integrazioni” 6.
L’altro è di tipo oggettivo (riferito alle mansioni da svolgere
nell’impresa utilizzatrice) previsto dall’art. 1, quarto comma, lett. F)
della L. 196/97: “E’ vietata la fornitura di lavoro temporaneo […] per
le lavorazioni che richiedono sorveglianza medica speciale e per
lavori particolarmente pericolosi individuati con decreto del Ministro
del Lavoro e della Previdenza Sociale da emanare entro sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”7.
Il concetto di “sorveglianza medica speciale” è stato mutuato dalla
Direttiva europea 383/1991 senza ulteriore specificazione che lo
rendesse coerente con un sistema normativo nazionale che ancor
5
Lo sforzo di evitare la dispersione – deliberata o non – dei soggetti su cui gravano gli oneri connessi al
rapporto di lavoro interinale si coglie nella circolare del Ministero del Lavoro n. 83 del 24.12.1999, in cui
si escludono possibilità di ulteriore frammentazione del rapporto
6
Nell’art. 7 della Direttiva comunitaria 383/1991 si prevede che l’impresa fornitrice venga portata a
conoscenza del documento; nella prassi italiana, pur non essendo previsto alcun obbligo, il documento
generalmente viene richiesto dalle imprese fornitrici di lavoro temporaneo, anche al fine di dare effettività
alla indicazione - essa invece obbligatoriamente prevista nel contratto individuale del lavoratore - delle
“misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività” ai sensi dell’art. 3, terzo comma, lett. H) L.
196/97
7
Costituisce indiretta forma di tutela rispetto ad un utilizzo improprio e tendenzialmente pericoloso delle
prestazioni del lavoratore interinale l’ulteriore divieto posto dall’art. 1, quarto comma lett. A) – come
modificato dall’art. 64 della L. 23 dicembre 1999 n. 488: " a) per le mansioni individuate dai contratti
collettivi nazionali della categoria di appartenenza dell'impresa utilizzatrice stipulati dai sindacati
comparativamente piu' rappresentativi, con particolare riguardo alle mansioni il cui svolgimento puo'
presentare maggiore pericolo per la sicurezza del prestatore di lavoro o di soggetti terzi; "
oggi ha il suo fulcro nelle “Norme generali per l’igiene del lavoro” di
cui al D.P.R. 19 marzo 1956 n. 303: d’altro canto l’adibizione del
lavoratore interinale a mansioni comportanti “sorveglianza medica
speciale” è prevista dall’art. 6, primo comma, L. 196/97 e produce
l’effetto di obbligare l’impresa utilizzatrice ad informazione ai sensi
dell’art. 21 D.L.vo 626/94: cosicchè i limiti effettivamente praticati
sono quelli desumibili dal decreto ministeriale che, pur tardivamente,
è stato emanato il 31 maggio 19998; conclusione coerente con una
lettura dell’art. 1, quarto comma, lett. F) che fa rientrare entrambe le
ipotesi (“lavorazioni che richiedono sorveglianza medica speciale” e
“lavori particolarmente pericolosi”) nella “tabellazione” ministeriale.
La sanzione per la violazione dei precetti sopra riportati (cioè per la
fornitura di lavoro temporaneo in violazione dei divieti) si rinviene
nell’art. 10, primo comma, della L. 196/97, e consiste nella
“applicazione della legge 23 ottobre 1960 n. 1369”.
In questo modo la L. 196/97 disegna un confine di liceità del lavoro
interinale, con una norma particolarmente significativa perché dà
conto della complessiva natura derogatoria della fornitura di
prestazioni di lavoro temporaneo rispetto ad un sistema nel quale
l’interposizione nelle prestazioni di lavoro (l’”appalto di
manodopera”) rimane penalmente illecita9.
8
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 161 del 12 luglio 1999
Una conferma di questa ricostruzione si desume dalla disciplina della fornitura del lavoro portuale
temporaneo, contenuta nell’art. 3 della L. 30 giugno 2000 n. 186 (che sostituisce l’art. 17 della legge 28
gennaio 1994, n. 84): "Art. 17. - (Disciplina della fornitura del lavoro portuale temporaneo). - 1. Il
presente articolo disciplina la fornitura di lavoro temporaneo, anche in deroga all'articolo 1 della legge 23
ottobre 1960, n. 1369, alle imprese di cui agli articoli 16 e 18 per l'esecuzione delle operazioni portuali e
dei servizi portuali autorizzati ai sensi dell'articolo 16, comma 3.
2. Le autorita' portuali o, laddove non istituite, le autorita' marittime, autorizzano l'erogazione delle
prestazioni di cui al comma 1 da parte di una impresa, la cui attivita' deve essere esclusivamente rivolta
alla fornitura di lavoro temporaneo per l'esecuzione delle operazioni e dei servizi portuali, da individuare
secondo una procedura accessibile ad imprese italiane e comunitarie.
Detta impresa, che deve essere dotata di adeguato personale e risorse proprie con specifica
caratterizzazione di professionalita' nell'esecuzione delle operazioni portuali, non deve esercitare
direttamente o indirettamente le attivita' di cui agli articoli 16 e 18 e le attivita' svolte dalle societa' di cui
all'articolo 21, comma 1, lettera a), ne' deve essere detenuta direttamente o indirettamente da una o piu'
imprese di cui agli articoli 16, 18 e 21, comma 1, lettera a), e neppure deve detenere partecipazioni anche
di minoranza in una o piu' imprese di cui agli articoli 16, 18 e 21, comma 1, lettera a), impegnandosi, in
caso contrario, a dismettere dette attivita' e partecipazioni prima del rilascio dell'autorizzazione.
3. L'autorizzazione di cui al comma 2 viene rilasciata dall'autorita' portuale o, laddove non istituita,
dall'autorita' marittima entro centoventi giorni dall'individuazione dell'impresa stessa e, comunque,
9
Il lavoratore temporaneo, per il periodo in cui presta la sua opera
presso l’impresa utilizzatrice, svolge la sua attività sotto la direzione
e il controllo di quest’ultima ed in base alle istruzioni da questa
impartitegli (art. 3, secondo comma; art. 4, primo comma, L.
196/97).
All’impresa fornitrice competono l’informazione e la formazione “di
base” del lavoratore interinale, nei termini previsti, quale fulcro della
prevenzione, dal D.L.vo 626/94.
Peraltro, ai sensi dell’art. 3, quinto comma, L. 196/97, l’obbligo può
essere adempiuto (facendone espressa menzione nel contratto di
fornitura – da stipulare obbligatoriamente per iscritto10) dall’impresa
utilizzatrice.
Le garanzie sul punto si completano con la previsione dell’art. 6,
primo comma, L. 196/97, che affida all’impresa utilizzatrice
l’informazione al lavoratore interinale adibito a mansioni comportanti
sorveglianza medica speciale o rischi specifici.
Così come per ogni lavoratore, informazione e formazione devono
essere effettive, e concretamente declinate con riferimento alla
prestazione lavorativa e al contesto aziendale: va sempre
contrastata la “deriva burocratica” che porta alla ritualizzazione
dell’adempimento, riducendolo alla consegna di opuscoli o a
sintetiche e generiche raccomandazioni.
Questa esigenza di effettività si lega alla sindacabilità dell’attività
informativa e formativa in sede di giudizio penale: in particolare,
l’autorità giudiziaria ha il potere e dovere di valutare l’incidenza di un
adempimento solo formale o comunque in concreto inefficace di
quegli obblighi datoriali, nel caso in cui si connetta causalmente al
verificarsi di un infortunio. Detto altrimenti, il datore di lavoro non
potrà allegare a proprio favore l’adempimento puramente formale
degli obblighi, a fronte di una informazione e formazione rivelatesi
inadeguate perché prive di effettività e specificità in relazione alle
concrete modalità di lavoro.
subordinatamente all'avvenuta dismissione di ogni eventuale attivita' e partecipazione di cui al medesimo
comma”
10
Nel contenuto necessario del contratto rientra l’indicazione delle “eventuali misure di sicurezza
necessarie in relazione al tipo di attività”; art. 3, terzo comma, lett. H), L. 196/97.
Per quanto riguarda il lavoro temporaneo, l’impresa fornitrice dovrà
a questo fine curare di avere la piena e reale conoscenza del tipo di
lavoro cui intenda avviare il lavoratore interinale; mentre le
condizioni di lavoro nell’impresa utilizzatrice determineranno il
contenuto degli obblighi informativi di quest’ultima.
Il sottosistema prevenzionistico fondato sulla formazioneinformazione-addestramento, e disegnato nei suoi fondamenti dagli
artt. 3, primo comma, lett. S) e T); 21 e 22; 37 e 38 D.L.vo 626/94,
dovrebbe risultare dunque maggiormente curato per il lavoratore
interinale, a favore del quale l’integrazione tra i due complessi
normativi fa prevedere:
-
-
formazione di cui all’art. 22 D.L.vo 626/94, da parte dell’impresa fornitrice;
informazione “sui rischi per la sicurezza e la salute connessi alle attività
produttive in generale” (art. 3, quinto comma, L. 196/97);
addestramento “all’uso delle attrezzature di lavoro necessarie allo
svolgimento dell’attività lavorativa” per la quale viene assunto dall’impresa
fornitrice (art. 3, quinto comma, L. 196/97);
informazione sui rischi specifici propri del lavoro nell’impresa utilizzatrice
(art. 6, primo comma, L. 196/97);
informazioni di cui all’art. 21 D.L.vo 626/94, da parte dell’impresa
utilizzatrice;
informazione, formazione ed addestramento per l’utilizzo di attrezzature
presenti sul posto di lavoro, di cui agli artt. 37 e 38 D.L.vo 626/94, da parte
dell’impresa utilizzatrice.
La sorveglianza sanitaria (per la quale l’art. 16 D.L.vo 626/94
richiama la “normativa vigente” e dunque in primo luogo il D.P.R. 19
marzo 1956 n. 303), grava, quanto alle visite periodiche,
sull’impresa utilizzatrice, sia in quanto strettamente correlata alla
specifiche mansioni svolte, sia in quanto rientrante negli obblighi
generali il cui adempimento è ad essa devoluto in base all’art. 6,
primo comma, secondo periodo, L. 196/97.
A questo proposito si pone il problema della periodicità delle visite di
controllo rispetto alla possibile nocività cumulata. La natura del
lavoro interinale, fatto di “missioni” anche in aziende diverse,
deliberate di volta in volta dall’impresa fornitrice, fa sì che il
lavoratore possa prestare la sua opera per un tempo inferiore alla
periodicità prevista per i controlli sanitari di cui all’art. 33, lett. B)
DPR 303/56: con la conseguenza della possibile sottrazione dello
stesso a controlli che invece sarebbero dovuti in relazione al
“cumulo” delle singole prestazioni.
Paradossalmente una incongrua moltiplicazione di controlli potrebbe
invece verificarsi per quanto riguarda le visite mediche preventive di
cui all’art. 33, lett. A) DPR 303/56: in questo caso la lettura più
rigorosa della norma fa sì che ogni “missione”, per quanto breve,
debba essere preceduta da una visita di idoneità; secondo altra
interpretazione, invece, l’obbligo di visita si collega all’assunzione
presso l’impresa fornitrice, ed è determinato nei suoi contenuti dalla
attività lavorativa per la quale il lavoratore viene assunto (concetto
ad altro titolo utilizzato dal citato art. 3, quinto comma, L. 196/97).
Non pare possibile superare queste possibili incongruenze in via di
pura interpretazione delle norme vigenti, originariamente modellate
su un lavoratore “stanziale”: certamente l’istituzione e la tenuta da
parte dell’impresa fornitrice di una cartella sanitaria del lavoratore
interinale potrebbe costituire garanzia di tutela di quest’ultimo ma
anche dell’impresa fornitrice stessa e delle imprese utilizzatrici,
rispetto alla sopravvenienza di sospette malattie professionali;
tenendo presente che gli obblighi di natura previdenziale di cui al
DPR 30 giugno 1965 n. 1124, in materia di infortuni sul lavoro e
malattie professionali, sono a carico dell’impresa fornitrice; mentre la
responsabilità penale per le lesioni colpose da malattia
professionale costituisce oggetto di accertamento in concreto, in
relazione alle condotte causalmente connesse con l’insorgenza o
l’aggravamento poste in essere da soggetti dell’impresa fornitrice o
dell’impresa utilizzatrice.
In generale si deve ritenere che l’inserimento organizzativo del
lavoratore interinale nell’impresa utilizzatrice determini il contenuto e
la riferibilità soggettiva degli obblighi di protezione, nel quadro della
già citata previsione di portata generale di cui all’art. 6, primo
comma, L. 196/97: la responsabilità per la violazione di tali obblighi
è dunque anche quella penale, per i reati di mera condotta,
generalmente omissivi, previsti dai complessi normativi
prevenzionistici.
Alla luce di quanto sin qui detto, la responsabilità per reati di evento
(morte o lesioni personali da infortunio o malattia professionale, artt.
589, 590 c.pen.) potrà invece gravare sia su soggetti operanti
nell’impresa fornitrice che su soggetti operanti nell’impresa
utilizzatrice, in ragione della attribuibilità della mancata adozione di
cautele prevenzionistiche.
Quale possibile elemento di colpa per il verificarsi di eventi lesivi
della vita, dell’integrità fisica, della salute del lavoratore interinale, va
segnalata la scelta di inserimento organizzativo. L’impresa fornitrice,
nel rispetto dell’art. 4, quinto comma, lett. C) D.L.vo 626/94, è tenuta
a verificare capacità e condizioni del lavoratore interinale in rapporto
alle necessità di tutela della sua salute e sicurezza: verifica che non
potrà non comprendere il livello di formazione di base impartito
dall’impresa fornitrice ed eventuali evidenze sanitarie ostative al suo
impiego in uno specifico “posto di lavoro”, così come lo definisce
l’art. 22, primo comma, D.L.vo 626/94.
A sua volta proprio l’inserimento in un determinato posto di lavoro,
inadatto alle minori conoscenze e capacità del lavoratore interinale,
può costituire elemento di colpa per il datore di lavoro/utilizzatore in
caso di infortunio.
Da ultimo vanno svolte brevi considerazioni su fonti peculiari di
rischio (o meglio di mancati strumenti indiretti di prevenzione) per il
lavoratore interinale, che ne deve essere tutelato anche da
un’adeguata interpretazione delle norme regolatrici della materia in
relazione al complesso normativo prevenzionistico che il citato l’art.
6, primo comma, secondo periodo, L. 196/97
richiama
integralmente.
Tali sono i ridotti tempi di apprendimento; la mancata condivisione
della cultura d’azienda; l’esclusione dalla percezione collettiva del
rischio maturata dai lavoratori stabili; mentre, da parte aziendale, la
facile sostituibilità del lavoratore interinale può indurre una non
corretta valutazione del costo degli infortuni in termini di perdita
temporanea o definitiva di risorse umane e correlativamente della
posta economica attiva costituita dalla sicurezza del lavoro.
DR. GIUSEPPE BATTARINO
SOSTITUTO PROCURATORE DELLA REPUBBLICA
C/O TRIBUNALE DI BUSTO ARSIZIO (VA)