Impara ad amare, non morire lentamente dentro il cuore

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Impara ad amare, non morire lentamente dentro il cuore
Lettere da Laodicea
Dipingi la pace 15 . 12 . 05
Impara ad amare, non morire lentamente dentro il cuore.
Natale, vivi l’amore della solidarietà
La solidarietà sfida le istituzioni. Le quote della solidarietà.
Buon Natale a tutti i benefattori e sostenitori di Dipingi la pace.
Canuti Elisa di Quistello (MN), Mimmo Verduci di Palermo, Giacobbe
Antonino di Messina, Cassisi Rosalba di Messina, Marino Concetta di
Messina, Pensini Eugenio di Trento, Sainaghi Luigia di Cornaredo (MI),
Raffaella Melai di Padova, Basile Angela di Palermo, Coop. Chianoc di
Savigliano (CN), Enzo Allora di San Mauro Torinese, Sergio Bovi e
Debora di Mantova, Orlando e Simona di Porto Mantovano, Don Bruno
Ghiroldi di Ostiglia (MN), Istituto Comprensivo di Asola, (BS), Famiglie
“Dipingi la pace “ di Castegnato (BS), Namaste di Ostiglia (MN),
Comunità di S. Lucia di Giampilieri (ME), Comunità monastica di
Altolia, Eremo delle suore cappuccine del S. Cuore, comunità di Zaffaria
di Messina, la coop. Chianoc di Savigliano, la comunità di Giacomo 5, don
Lorenzo di san Mauro Torinese.
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Non solo a Natale le stelle segnano la solidarietà.
La solidarietà si popola presto di amici, di persone. La solidarietà medita i
popoli della terra, i poveri, gli ultimi capaci di vivere il divino, il natale. La
solitudine dialoga con artisti, Gauguin, Renoir, Michelangelo, Leopardo da
Vinci, Quasimodo, Antonin Artaud. Medita i santi. La solitudine dialoga
con Gesù Cristo che è nato e che viene nella sua gloria di perfezione, nella
sua parusia. Dialoga con la sua parola, con la sua passione, con le sue
beatitudini. La solitudine non è mai sola. Nessuno è solo nel cuore.
Nessuno è fuori nel di dentro. Nessuno sa dove sono. Nessuno sa dove sei,
nemmeno te stesso. La solitudine abita la follia di Dio. Ci sono due
solitudini. C’è una solitudine subita, che ti uccide, che ti rende folle di
nervi, che ti rende marcio di rabbia; questa ti manda in putridume. L’altra
è accettata, amata, voluta, anche se data da altri. L’altra è qui. Nessuno in
essa è nemico. Vive il silenzio dialogato. Vive la grazia non vista da
nessuno. Vive il dialogo con l’universo. Vive il dialogo passato, ora
presente, ora che procede orante. Questa è invisibile, ma si tocca con le
mani e con il cuore. Quella è nera, è pesante. In questa, nessuno è
abbandonato. Dentro non mi sento emarginato. Mi scopro in solitudine da
sempre. Da sempre abito il silenzio. Da sempre mi piace entrarvi dentro.
Sento le armonie che altri non odono. Ascolto voci di tante persone che
hanno segnato la storia, le stelle delle rivoluzioni. Frequento la solitudine
che vivo. Ho nostalgia del silenzio del Natale. Sono innamorato del
silenzio, d'ogni silenzio, del silenzio che parla, del silenzio che dialoga, del
silenzio che canta, del silenzio che soffre. Parlo con il patire. Parlo con il
sospiro. Sto imparando il silenzio dalle cose che patisco. La terra del
silenzio è arcana di popolazioni. Il silenzio mi fa vivere. Il silenzio mi
guarda dentro e mi riconosce perfettamente. Dentro sono guarito dalla
solitudine. Non puoi procedere da solo nella solitudine, sei guidato almeno
una volta. Almeno una volta dall’amore, almeno una volta dall’altro che è
dentro te. Dentro, ci sono le persone care, le persone della Comunità di S.
Lucia, le mamme di Dipingi la pace. Dentro mi è Rosi, Aurelio, Angela,
Agata, Accursio, Marco, Elia, Giusto, Maria Grazia di Torino e di
Messina, Sergio, Debora, don Bruno, Antonio Manzella, Enzo Meola,
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Enzo Allora con Silvana e la loro comunità, Antonio e Salvatore con la
coop. Chianoc, le suore della Sacra Famiglia di Savigliano, le suore
dell’Eremo di Altolia, le suore di Ostiglia, le suore Francescane del
Vangelo, la comunità di Bose, le comunità di tutta Italia. Tante persone,
tante, tante…nessuna è dimenticata. E’ un Natale ricco di persone che
amiamo. E’ il Natale della solidarietà. Mi sono spogliato di tutto per
vestirmi di tutti voi. Solo dopo che hai ricevuto questo dono, non rimani
mai solo. Dopo questo dono, puoi salire in alto, puoi salire dove vuoi
portando con te tutti quelli che vuoi e il cielo non ti basta per popolare
tutti. La solitudine ti porta a spogliarti di tutto. Cominci così a conoscere
un tesoro che altrove, pesante di cose, non puoi trovare. La solitudine non
è isolamento, anche se molti t'isolano per metterti a tacere. Niente è più
grave, niente è più errato. Non ti possono isolare, staccandoti dalla tua
coscienza che è un popolo, non solo d'idee, ma di amici e di persone.
L’isolamento è appena la porta per spalancarti nella ricchezza della
solitudine. Mi hanno isolato a Taormina. Mi hanno isolato nel tesoro della
coscienza. Non ho scelto la solitudine, mi è stata donata. Non scelgo
d'essere scrittore, ( ammesso che lo sia davvero) il silenzio mi ha insegnato
le pagine che parlano di più. Il silenzio è la pagina più ardita, la pagina più
incisiva, la pagina più convinta. La solitudine ti piomba dai rifiuti. Rifiuta
ciò che passa. Rifiuta ciò che è fragile. Rifiuta ciò che è caduco. Rifiuta
ciò che temporale. Il rifiuto non è una rinuncia, è scegliere il meglio. E’
selezionare la qualità. E’ mettere a fuoco l’obiettivo della tua vita. Si sta
meglio con se stessi, quando immediatamente ti doni agli altri. Stare con se
stessi, non si è orsi. Non sono un orso. E’ solo un’apparenza. Ho bisogno
di ore e ore, di giorni e giorni, di mesi e mesi senza vedere altri. Mi piace
pensare che amare è soffrire per l’altro, è una vera com-passione d’amore
per l’altro. Il silenzio è la comunione più amabile che ci possa presentare
agli altri. Qui sono fecondo, no, non sono sterile di fermo, di clausura. Qui
mi conosco e conosco finalmente gli altri come una vera fonte d'amore e di
ricchezza per me. Il silenzio della clausura non è un perdita di tempo. Il
silenzio della mente ti ossigena di vita. Qui ascolto tutti. Qui comprendo
tutti. Qui sono felice. E mi strofino le mani dello spirito, così quando mi
strofinavo le mani per la gioia di stare al Borgo della Pace. Non sono un
recluso, né un escluso. Qui all’improvviso scopri le grazie che Dio ti dona.
Qui avverti, quando gli atomi delle intuizioni si offrono per amare.
Tuttavia non ho la tendenza di andare troppo in fretta, come una volta.
Non ho la tendenza di andare in fretta verso il sublime, verso il celeste.
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Non precipito nelle delusioni. La solitudine non m'insegna le illusioni. La
solitudine non fantastica, concretizza ciò che intuisce. Qui non mi ritiro
mai nella sconfitta. Sono strano ora al chiasso. Mi turba il chiasso dei
sassi. Ho imparato il silenzio dalle cose che ho patito. Benedico il mio
handicap. Forse per amare patirò di più. Ho conosciuto appena niente.
Molte cose non mi sono state dette ancora dal dolore che deve ancora
avvenire. Ho solo due occhi per vedere l’amore. Ho solo due orecchie per
sentire la solitudine. L’amore, amici, mi ha chiamato “Solitudine”. Come
gli occhi sono inseparabili dal volto, così voi, amici, siete inseparabili dal
volto del mio spirito. Non se ne vada il silenzio. Ci sarà un groviglio di
chiasso. Non scendo dalla solitudine. Ho ricevuto appena un frammento di
silenzio. Posso restare ancora nel dolore. Il grado della resistenza ora non è
più mio. Sono appena insensato, appena fidanzato, il suo letto d’amore è
ancora troppo lontano da me. Scompare nella nostra vita solo ciò che non é
mai stato donato. A Natale il cielo ti dona una stella. Per me la stella del
Silenzio! Non rifiuto la mente del silenzio. Dio è silenzio e si adora solo
nel silenzio. Questa è la notte del Silenzio da cui nasce Gesù Cristo, il
Silenzio dell’amore, il Figlio del Silenzio che incarna per sempre dentro di
noi il Verbo, la Parola che ci ama sempre.
P. Paolo Turturro
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Ho paura che mi succeda.
Stamani ho una gran voglia di vederti, o Signore. Attendo la tua venuta il
più lontano possibile dalla fretta. Attendo la tua venuta il più lontano
possibile dalla crisi, dal pianto, dalla mia volontà, affinché ti senta a casa
mia e soprattutto ti senti a casa tua. E’ essenziale che vieni, che succeda
qualcosa, che t'incontri non di passaggio, che viva per sempre con te, che
sia una vicenda seria e stabile, per sempre. Non voglio incontrarti in preda
ad una crisi. Sto imparando a vederti nelle cose che patisco. Sto imparando
a sentirti nella voce che tu doni agli altri. Mi sembra che i giorni del
peccato siano giorni mai nati, in cui non sono mai nato. Ti medito nel
calice della consacrazione e mi sembri uno svenato, un dissanguato.
Quanto sangue hai donato! Ce ne ancora per me? Ventisette anni di calice
santo e non mi ha fatto niente. Venti sette anni di pane eucaristico e non mi
ha fatto niente. Proprio niente. Quanti sassi ho ricevuto in faccia e non mi
sono accorto. Solo ora sento scorrere il sangue. Prima o dopo mi succederà
qualcosa, ciò che da sempre ho sognato. E’ nell’ordine della grazia. E’
nell’ordine del tuo amore. E’ nell’ordine dei miracoli. Basta aspettarlo.
Basta lasciare passare la pesantezza del tempo, di se stessi nell'esistenza
che fugge. Basta aspettarlo. Aspetto. E’ necessario svestirmi del tempo, di
tutto ciò che pesa e non mi fa volare lo spirito. Attendere non è fuggire,
anche se è necessario che dentro ti scorra tutto, che dentro niente è più
importante di ciò che deve accadere. In fondo in fondo il dolore che cos’è?
Non è altro che il tempo che ti scorre e ti avverti solo. Dio è geloso,
almeno una volta ti vuole incontrare, tutto solo. Noi cerchiamo negli
svaghi del rumore del tempo, nel chiasso delle feste ciò che non passa. Le
cose più tristi sono le feste senz’anima. Tutto è triste finché non raggiungo
qualcosa che finisce per illuminarmi per sempre. La maggior parte della
gente vive giorni morti. Devo attraversare la tristezza del tempo per poterti
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incontrare. Devo attraversare le mie cose per poterti vedere. Queste miei
cose sono fitte di cattiverie che gli altri mi addossano e mi impediscono di
vederti. Tutto ciò, agli occhi del mondo, sembra rudezza, brutalità da
abbandonare, da schivare. E’ uno stato primitivo da rigettare. Le cose sono
comodità e civiltà. Le cose sono benessere che ti civilizzano. Non mi
hanno mai civilizzato la tv o i giornali. Ogni volta che li apro, provo una
profonda tristezza, un disagio ostile di sopravvivenza. Signore, affermano
che la verità fa soffrire, a me dona beatitudine. Amen, vi dico. Vi ho detto
tutto. Ora vibro tutto. Non solo il corpo s’infiamma. Ho paura adesso che
mi succeda davvero di innamorarmi di te. L’amore è invisibile, come te.
Assurdo, come te. Inaspettato, come te. Attendo questo natale. Non
preparo la via, tu sei la mia via. Non raddrizzo i sentieri, mi spiani tu la
mia esistenza. Non colmo le valli, tu mi guidi nella mia valle oscura con
pascoli abbondanti di grazie. Attendo e ho paura di buttare all’aria tutto,
non solo i vestiti. Ho paura di essere un pazzo da manicomio. E’ difficile
fidarsi di te. E’ più difficile ancora tirarsi fuori da questa vicenda. E’
difficile tirarsi fuori da questa fuga d’amore. E’ la tua venuta nella gloria.
Mi sta bene. Del resto ho tutto da guadagnare. Del resto chi può
raggiungere tanta gloria, tanta grazia, nelle notti oscure della nostra
esistenza? Vieni, Signore Gesù!
Paolo Turturro
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7Sono pronto all’amore,
anche se sono
un manto nero
di pianto.
Non incipit lamentatio.
Sono finito
in alto,
sulla croce.
E’ il mio letto
coniugale,
dove l’amore
diviene giorno
e nasce spirito
e carne nuova.
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8Lasciatemi
in questa notte perduta.
Lasciatemi
nel tabernacolo
della cella di Dio.
Sono un pane caldo.
Fermento
per altro pane,
per più alta quiete.
Lasciatemi
nel ciborio,
ardo di vene
di cenacolo.
Lasciatemi…
Qui non sono un passato.
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Appuntamento sotto la croce n. 9
“ L’uomo dei dolori davanti a cui ci si copre la faccia” (is. 53,3). Ora è il
mio volto. Sono nel pieno del mistero. Sono nel pieno della conoscenza
della mia morte. E’ così chiaro il momento! E’ così subito! Non posso,
come ogni povero, eluderlo, rifiutarlo. E’ incarnato nelle mie ossa, nel mio
costato. Sento vibrare la sua presenza. Non ho paura. Sento il Signore
accanto, che mi viene a liberare. Non sono degno di questo momento. Non
riesco a comprendere tutta la potenza. Voglio solo accettarlo in pieno. Mi
dà tanta serenità il pensare che quest’esilio mi ha dato l'inaspettata
possibilità d’incontrarlo, di sentirlo presente, di avvertire il suo grande
spassionato amore per me. Ora questo cuore è la culla dell’incarnazione,
dove il silenzio è nostalgia di adorazione. Ora questo cuore è il pane, dove
Cristo si consacra. Questo cuore è il calice, dove scorre la redenzione e la
remissione dei peccati. Ho il corpo sano e lo spirito piagato. Vieni,
Signore! Il mio corpo è una croce, dove ora tanti vuoi redimere. Ho visto
anch’io l’angelo versare sulla terra il fuoco dell’incenso. Un turibolo pieno
sul creato di Dio. Brucia tutto intorno e in noi esala profumo di preci e
redenzione di perdono. E’ il nuovo culto in spirito e verità. E’ il nuovo
culto della centralità della redenzione. Cristo è il centro che s’identifica
con l’ultimo, che diviene, grazie al Signore, il centro, il fuoco orante che
profuma ogni ultimo, ogni peccatore, ogni debole che si lascia bruciare dal
pentimento. Le trombe degli angeli non bruciano più il mondo. Il primo
angelo brucia solo l’erba secca delle droghe. Il secondo angelo suona e le
montagne versano fuoco nel cuore delle cattiverie. Il terzo angelo suona e
cade il cielo sulla terra delle guerre per sanare le acque amare dei cuori. Il
quarto angelo suona e squarcia il sole, oscura la luce per uccidere le
tenebre. Il quinto angelo suona e le stelle cadute hanno le chiavi
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dell’abisso. Aprono gli abissi del male. Escono serafini, dragoni a divorare
gli uomini senza sigillo. Medito in questa valle, dove il silenzio mi
schiaffeggia un vento di pioggia. Il canto dei monti mi eleva alto, oltre le
tempeste del tempo, oltre il respiro della croce. Non scendo dalla croce,
finché non ha bruciato nelle vene della terra ogni peccato. Non scendo
dalla croce, finché un uomo è schiacciato dalle ingiustizie. Non scendo
dalla croce, finché il povero non è sfamato. Non scendo dalla croce, finché
l’assetato non è dissetato dal battesimo dello Spirito. Non scendo dalla
croce, finché sulla terra vaga uno straniero. Non scendo dalla croce, finché
un bambino muore nudo e affamato nel deserto delle cattiverie degli
uomini. Non scendo dalla croce, finché c’è un malato da curare e guarire.
Non scendo dalla croce, finché un cuore d’uomo è ancora carcerato. “ Che
posso fare, Signore? Sotto la tua croce? “ “ Corri ad annunciare per le
strade dell’umanità che sono qui, sulla croce, finché un uomo continuerà a
soffrire. Grida: Un uomo aspetta inchiodato sulla croce”.
Dipax
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Carissima Loretta,
ricevo con attesa spirituale la tua lettera. Nessuno cade nel pozzo della morte. Cristo Gesù ha vinto
la morte. La sofferenza e la rinascita della tua vita è un dono prezioso di tutti noi. Sarebbe bene
scrivere alcuni momenti della tua vita, come racconti per chi soffre ancora senza speranza. Attendo.
Nessun momento della nostra vita è vano, anche nei momenti più tristi e più bui. La nascita di Gesù
Cristo ci dona continuamene, ogni giorno, la nascita nello spirito del coraggio di affrontare la vita e
i nostri giorni con fede.
Sei una torce vivente di coraggio. Sei una delle vergini sagge che il vangelo trova sempre pronte
all’accoglienza del vero sposo.
Accendi dentro di te la stella della pazienza, prima o dopo ti illuminerà e conforterà di luce chi
aspetta con ansia nelle tenebre dei propri giorni.
Cristo Gesù ti ha scelta, perché nella sofferenza tu possa imparare dalle cose che patisci.
Buon Natale! E’ dentro di te il natale. Splendilo per gli altri. Le feste della società sono tristi e buie.
• Molti attendono da noi la stella del conforto e dell’aiuto spirituale. Coraggio! Splendiamo di
pazienza e di umiltà nell’accettare la nostra vita così come è, un dono prezioso di Dio. Dio ci
ama, così come siamo e per Lui siamo un dono del Padre che ci ha pensati, ci ha amati e ci ha
regalati al suo Figlio.
Buon Natale!
P. Paolo Turturro
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Cari amici e care amiche,
il tempo liturgico dell’Avvento conosce - accanto alla figura di Giovanni Battista, che
abbiamo sentito descrivere nelle ultime due domeniche – anche quella dolcissima di
Maria, intesa oggi, in modo particolare, come la Madre di Dio. Per questo domenica
prossima, 18 divcembre 2005 – VI domenica dell’Avvento ambrosiano (IV
dell’Avvento romano) – celebriamo la Divina Maternità della Vergine Maria.
Maria, nella dottrina della fede e nella nostra esperienza cristiana, non è certo una
figura marginale: non si può infatti essere veramente cristiani, senza essere anche
mariani. All’origine di questa nostra convinzione sta l’imperscrutabile decisione del
Padre di comunicare la sua vita divina all’uomo, nel Figlio suo mediante il dono dello
Spirito Santo. E questa è la cosiddetta “predestinazione in Cristo” che si realizza
propriamente con l’incarnazione del Verbo, nel quale ogni cosa sussiste e,
all’immagine del Quale, ciascuno di noi è stato pensato, desiderato e creato.
E’ in questo senso dunque che, nella stessa decisione da parte del Padre di inviare il
suo Figlio, è inclusa anche la persona stessa di Maria, come pre-destinata
specificamente a generare nella natura umana il Verbo - Unigenito Dio.
L’esperienza di fede della Chiesa ha poi progressivamente approfondito questo
grande mistero divino, questo grande mistero della nostra salvezza attuato in Gesù,
vero Dio e vero uomo, giungendo alla progressiva scoperta del mistero di Maria
dentro al Mistero del Verbo incarnato, sino alla affermazione di quella sua "pietra
miliare" che fu propriamente la definizione dogmatica della divina e verginale
maternità di Maria con il Concilio di Efeso nel 431.
A Maria, dunque, affidiamo tutte le aspirazioni di verità e di giustizia, di solidarietà e
di pace che abitano il cuore d’ogni credente, invocandola come madre di Dio e madre
nostra. Affidando a lei anche il grande bisogno di pace che attraversa questi nostri
anni.
Sia questo l’augurio e il dono che accompagna i nostri giorni, nell’attesa gioiosa,
della memoria della nascita al mondo di Gesù, nostro Signore. Buona domenica a
tutti.
don Walter Magni
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