Atac, Ama e Acea - Castelvecchi Editore

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Atac, Ama e Acea - Castelvecchi Editore
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I edizione: marzo 2012
© 2012 Lit Edizioni Srl
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Ella Baffoni
IL LIBRO NERO DI ALEMANNO
DALLA A ALLA Z
TUTTI I DISASTRI DEL SINDACO DI ROMA
«E – vi preghiamo – quello che succede ogni giorno
non trovatelo naturale. Di nulla sia detto: «è naturale»
in questi tempi di sanguinoso smarrimento, ordinato
disordine, pianificato arbitrio, disumana umanità,
così che nulla valga come cosa immutabile».
B. BRECHT
Premessa
Gli ultimi due sono stati colpi fatali. La mal gestita emergenza neve
con la sottovalutazione prima, che ha portato alla paralisi improvvisa
di Roma, quasi un ictus, e la sopravvalutazione poi, scuole chiuse e trasporti con il contagocce a neve ormai sciolta, parchi e ville chiusi o
parzialmente chiusi a dieci giorni dall’evento. E la cancellazione della
candidatura olimpica di Roma 2020. Due colpi che hanno dato l’ultimo affondo alla credibilità del Centrodestra che governa Roma.
Già traballante, però. E non solo per lo shock della vittoria elettorale,
forse prevedibile per i molti difetti delle amministrazioni precedenti ma
imprevista da molti, anche a Destra. Ma anche perché ad aprire il credito al neo sindaco Alemanno furono in molti, da Italia Nostra ai commercianti, dai tassisti ai costruttori fino alla Chiesa. Alternativo al Centrosinistra, ma non dominato dai democristiani di sbardelliana memoria, molti hanno pensato: vediamo come se la cava Alemanno. Lui male, noi peggio. Quel che è più difficile perdonare al sindaco e ai suoi è quel misto di
arroganza e incompetenza che ha dissipato la sorpresa iniziale. Persino
l’ex camerata Giorgia Meloni, ex missina come lui, ora dice che il Pdl a
Roma non vincerebbe nemmeno se candidasse Gesù Cristo.
Il Vaticano è insoddisfatto, «Famiglia cristiana» enumera le pecche
di un primo cittadino «rivelatosi non all’altezza di Roma», nell’emergenza neve e non solo: anche negli sgomberi dei nomadi e nella mancata assistenza ai migranti. Nonostante l’attenzione a volte spasmodica
che il sindaco ha dedicato allo Stato Oltretevere, nonostante uno dei
suoi assessori sia Gianluigi De Palo, ex presidente delle Acli romane.
I tassisti si sa, sono da sempre pronti a esaltare o a mandare al diavolo un sindaco, a seconda della compiacenza ai loro interessi: in cam-
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pagna elettorale lo avevano sponsorizzato a tappeto: un’alleanza che
non ha portato bene né a lui, né a loro. Anche Caltagirone, che molti
considerano uno dei grandi elettori di Alemanno perché, prendendogli le misure, sperava fosse un tram utile e facile da pilotare, si deve essere seccato per la bocciatura olimpica, che trascina nel limbo la metro C e il completamento della Città dello Sport di Calatrava a Tor Vergata. Non è l’unico deluso. Che il gradimento sia in calo, nonostante i
dinieghi di Alemanno, lo dice anche il tentativo, quasi una fuga, di entrare all’Acea del suo capo ufficio stampa, Simone Turbolente, e magari con un contratto a tempo indeterminato.
La macchina capitolina è gigantesca e delicata. Difficile ma vitale
farla funzionare, mettere in comunicazione gli uffici, oliarne i meccanismi, condividere le informazioni e non accentrare le decisioni. Anche se non perfettamente, le consiliature precedenti avevano fatto proprio questo, cercando di ampliarne l’efficienza. Gli assessori delle diverse giunte di Centrodestra che si sono susseguite – tre volte azzerate, in attesa di un ennesimo rimpasto – non sono riusciti nell’impresa.
Forse perché quasi tutti personaggi incolori, più interessati ai loro interessi personali che a quelli collettivi.
Alemanno aveva promesso una città senza stupri e criminalità… si è
visto. L’ossessione della sicurezza ha impaurito Roma, l’ha resa chiusa e
gretta. Il sindaco aveva promesso di espellere ventimila nomadi, ma ne
ha trovati solo seimila: italiani, apolidi, profughi. Comunque li ha sgomberati, vessati, perseguitati. Come ha fatto con gli stranieri o i richiedenti
asilo a cui ha detto burocraticamente: per voi non c’è posto. Invece ha
invitato i maggiorenti della Lega a mangiare in piazza polenta e pajata,
spettacolarizzazione sguaiata di una pace di plastica tra potenti.
Aveva promesso case popolari, ne ha distribuito qualche decina. Ma
ai costruttori ha concesso di costruire, costruire costruire senza freni.
Aveva promesso un traffico più regolato, i romani lo misurano tutti i
giorni. Aveva promesso sviluppo e modernità, si è trovato (e forse è
una fortuna, visti i progetti) con un pugno di mosche in mano. In compenso gli assunti di Parentopoli – in larga parte ex camerati – resteranno nelle aziende municipali e nella macchina capitolina a gravare
per sempre sui conti della città. Non effimero monumento a una mal
intesa discrezionalità.
Roma è una città antica e solida, resisterà anche ad Alemanno e ai
suoi. Ma certo ha bisogno di cura e di un forte investimento culturale,
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più che di grandi opere. Restauri e valorizzazione, conoscenza e socialità. Occasioni di crescita e di relazioni tra i cittadini, ricerca di qualità.
È un desiderio che viene dal basso, dalle associazioni e dalle persone
che si muovono – comunque – sul territorio. Che hanno continuato in
questi anni a costruire socialità, solidarietà, azioni collettive. A concepire la vita politica come un bene comune, non la sopraffazione del
forte sul debole, abbiamo vinto e comandiamo noi. Che hanno continuato a organizzare orti urbani, corsi di italiano per stranieri, corsi popolari di informatica. Ad animare l’estate e l’inverno con cineforum e
feste, nel deserto delle offerte comunali. A difendere gli spazi verdi, a
opporsi alla cementificazione continua, alle case da costruire perché rimangano invendute.
Roma ha bisogno di guardare avanti, verso un futuro diverso. Non
di essere trascinata indietro, all’epoca del Governatorato, come avrebbe voluto fare Alemanno. E neanche a quella democristiana dei Cioccetti e dei Darida, dei Carraro e degli Sbardella. Le stagioni politiche
non sono ripetibili, è ovvio. Potrebbero tornare, invece, la passione e
il rigore che portò alla vittoria delle giunte rosse, e le ragioni che ne decretarono il successo: una politica diffusa, non intesa come trampolino personale, ma occasione di partecipazione e di speranza per tutti.
La voglia di cambiare le cose, insieme, perché è bello vivere in una Roma città aperta, e più giusta. Oggi non è così, molto c’è da fare.
C’è un intero vocabolario da reinventare, ci sono nuove parole, nuovi valori, da far diventare pratica civica. A far da bussola a questo libro
c’è un arbitrario e certo non esaustivo alfabeto di questi tre anni di disgoverno della città. Perché anche partendo da qui, dagli errori e dai
fallimenti, si possa cambiare direzione, si trovi una strada nuova.
A
tac, Ama e Acea:
dentro parenti e amici
«Questa è la pioggia che è venuta a bagnare Roma, per lavare la capitale dall’affarismo e dai gruppi di potere». Così il futuro sindaco di
Roma Gianni Alemanno, il 24 aprile 2008, chiudeva la campagna elettorale per la poltrona di primo cittadino. Vanno ricordate queste parole. Perché con il suo trionfale ingresso in Campidoglio – avvenuto
tra champagne e saluti romani – è iniziato un arrembaggio al Comune
e alle municipalizzate mai visto prima.
Già candidato, Alemanno aprì la polemica con il sindaco dimissionario Veltroni e la sua amministrazione. Era il 6 maggio 2006 e Alemanno tuonava: «Tagliando le consulenze d’oro del Campidoglio si
può abolire il 30 per cento dell’Ici sulla prima casa». Il Campidoglio,
denunciò il candidato del Centrodestra, avrebbe sborsato 39 milioni
per contratti a termine, 2 milioni e rotti per incarichi professionali, 7
milioni e 200mila per i comandi e oltre 16 milioni per contratti collettivi a scadenza. «Vogliamo dire ai cittadini romani che c’è grasso da levare. Certo, se sarò eletto, avrò dei consulenti: qualcuno è concepibile, ma questo è troppo». Troppo? Vediamo.
L’amministrazione comunale è un piccolo impero di 25.141 persone, a cui si possono aggiungere le 37mila circa che lavorano nelle partecipate, in tutto 60mila assunti, quanti sono gli abitanti di una città
come Viterbo. La contabilità precisa l’ha fatta Sergio Rizzo sul «Corriere della sera» il 28 dicembre 2011, cioè più di tre anni dopo «la
pioggia», anzi la grandine della Destra affamata di potere:
Secondo l’Ifel, il centro studi dell’Associazione dei Comuni, in tutta
Italia i dipendenti comunali sono 459.591, con una proporzione di
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7,59 per ogni mille abitanti. A Roma ce ne sono invece 9,10. Si potrà
ribattere che stiamo parlando della capitale del Paese, con esigenze
certamente non paragonabili a quelle dei piccoli centri. E che, per fare il caso di un’altra grande città, i dipendenti del Comune di Milano non sono meno dei romani, in proporzione agli abitanti. Al 30 settembre del 2010 erano 16.097, cioè 12,15 per ogni mille abitanti. Ma
con una differenza, in confronto al Campidoglio. Perché in quattro
anni i dipendenti comunali di Milano sono diminuiti di quasi 1.500
unità. Mentre a Roma, al contrario, gli organici hanno continuato a
gonfiarsi. Soprattutto nelle municipalizzate. Il Comune di Roma ha
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Adir, Assicurazioni di Roma. Caso unico in tutta Italia, dove anche
lo Stato ha abbandonato questo settore da un bel pezzo. E poteva allora mancare una società costituita appositamente per capire quello
che succede nelle municipalizzate? È stata creata nel 2005 (sindaco
Walter Veltroni) con il compito di analizzare i documenti e i programmi aziendali. Ragion per cui al suo amministratore Pasquale
Formica, già capo dello staff dell’ex assessore al Bilancio Maurizio
Leo, difficilmente può essere sfuggito quanto accaduto in questi ultimi anni.
Le consulenze si moltiplicano
Nessun blocco del turnover, altro che pioggia purificatrice. E se
quelle di Veltroni erano consulenze d’oro, quelle di Alemanno sono di
platino. Dal 2008 al 2010 i dipendenti di questa grande macchina amministrativa sono 3.500 di più. I dirigenti esterni chiamati nel 2010 sono almeno cinquanta (nella tanto vituperata era di Walter Veltroni erano una trentina), con contratti a tempo determinato che costeranno in
bilancio almeno 5 milioni di euro. Particolarmente ricchi gli emolumenti del capo di gabinetto, quasi 300mila euro lordi, del direttore
esecutivo, del sovrintendente comunale, del capo ufficio stampa, del
direttore sviluppo e promozione dello sport. Solo 27 dei nuovi dirigenti sono remunerati con meno di 100mila euro. Tra loro Antonio
Lucarelli: il braccio destro del sindaco non ha un contratto ma una indennità ad personam, 76mila euro.
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Così descrive la grande abbuffata Filippo Ceccarelli su «la Repubblica» del 16 dicembre 2010, ricordando la cena del Mille, organizzata un anno prima dagli uomini di Alemanno al Palazzo dei Congressi
dell’Eur per la Fondazione Nuova Italia:
E dunque, davanti al guanciale e a tutto il resto c’erano i figli dei reazionari papalini, i fratelli dei maghetti pagani, le segretarie degli affaristi e le amichette dei palazzinari con il busto del duce sulla scrivania; c’era qualche nipote di aristocratici in disuso e qualcun altro
giunto invece dalla periferia pasoliniana, ma in entrambi i casi grati
al nuovo comando perché debitamente «imboccati» in Ama, Atac,
Acea o Trambus. E ancora, sotto le volte addobbate del Palacongressi, con qualche cognizione di causa si sarebbero potute riconoscere le mogli degli estremisti della galassia nera divenuti più o meno pacifici, le sorelle degli ultrà delle curve con l’aquila littoria tatuata sull’avambraccio, i generi e i nipotini degli ex attivisti dei Volontari Nazionali, dei paracadutisti ardimentosi e attempati, dei golpisti da operetta, dei proprietari di palestre e accademie pugilistiche.
Ma tutti, e ben al di là delle reciproche differenze, e abissali, chiamati
all’immensa e ghiotta tavola di Alemanno secondo quell’estensivo e
insieme inclusivo criterio che già ai tempi della Roma del Belli presentava ospiti e convitati come: «Parenti, e parenti de parenti».
Tutti gli uomini di Alemanno
L’ufficio stampa si avvale di venticinque addetti. In più, nel 2012,
c’erano alcuni spin doctor di pregio: Luigi Crespi, sondaggista caro al
cuore di Berlusconi prima di finire in bancarotta. E Iole Cisnetto, la
metà di CortinaInConTra, l’iniziativa molto finanziata da Luigi Bisignani (coinvolto nell’inchiesta P4) e passerella molto gradita dai politici di tutti i colori.
Tra gli uomini che contano attorno ad Alemanno c’è anche Francesco Maria Orsi. Pidiellino doc, è l’unico che ha esibito in campagna
elettorale uno spot radiofonico con la voce di Berlusconi, grazie a cui
ha preso meno di 1.400 voti. Delega speciale al Decoro e all’Expo di
Shanghai, viene ricordato con qualche risolino per le sue proposte immaginifiche: portare la Bocca della Verità a Shanghai, per esempio, o
fare la corsa delle bighe nel Circo Massimo. Ex carabiniere, nel gennaio 2011 è stato indagato per riciclaggio, reimpiego di capitali illeciti
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e corruzione. Conosce benissimo – ma nega di essere stato lui a presentarla al premier – la «dama Bianca» che accompagnò Berlusconi in
una missione ufficiale in Canada. Un’occasione professionale la definì
lei, e con ragione. Nel mondo di Berlusconia Federica Gagliardi è stata assunta alla Regione Lazio dalla presidente Polverini. Per Orsi – che
dichiarava «Io sogno la cultura del voglio, del posso, del tutto si può
fare» – c’è una sordida storia, archiviata, di una mansarda e due escort
russe e la richiesta di rinvio a giudizio per una truffa un milione di euro per la vendita di immobili mai costruiti.
Nell’ottobre 2011 l’ex assessore alla Cultura Umberto Croppi, ormai esponente di Fli, propone di azzerare tutti i consigli di amministrazione delle società municipalizzate. Basta un amministratore unico
nelle dodici società in house – dice – per risparmiare 4 milioni di euro. Per un sindaco che protesta contro i tagli del governo, risparmiare
è un dovere, provoca Croppi. Sa benissimo che, se i romani avranno i
biglietti dell’autobus aumentati del 50 per cento, gli amici di partito e
di gioventù non si possono toccare. Due assessori al Bilancio ci hanno
provato – denuncia Croppi – ma sia Ezio Castiglione sia Maurizio Leo
hanno dovuto lasciare proprio prima dei piani di riassetto della Holding Campidoglio. Puntualizza Rizzo:
Alla fine dello scorso anno l’Atac aveva 12.817 dipendenti: numero paragonabile a quello dell’Alitalia. Rispetto a due anni prima ce n’erano
684 in più, e a dispetto di una situazione economica da far accapponare la pelle. Dal bilancio consolidato 2010 emergeva chiaramente un buco dell’ordine di grandezza di un miliardo di euro. A 701 milioni di perdite «portate a nuovo», cioè accumulate negli anni precedenti e mai ripianate, si sommava una perdita d’esercizio di 319 milioni. E questo a
fronte di un capitale sociale di 300 milioni. I dipendenti dell’Ama, l’azienda che si occupa della raccolta dei rifiuti, erano invece 7.840. In due
anni l’incremento è stato del 24 per cento: fra il 2008 e il 2010 gli organici sono aumentati di 1.518 unità. Nel bilancio dello scorso anno figuravano crediti verso utenti e aziende per la tassa sui rifiuti non pagata
per la bellezza di 743 milioni di euro: poi svalutati a «soli» 436 milioni.
I debiti con le banche toccavano 620 milioni, che per un’azienda che
non si occupa dello smaltimento finale e non ha quindi il problema degli investimenti relativi non è certamente uno scherzo.
Aumentano i dipendenti della Multiservizi, partecipata di Comune e
Ama sotto la dizione di «stabilizzazione dei precari». Quanto all’Acea,
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da sempre cassaforte del Comune perché in attivo, il numero dei dipendenti è salito di 435 rispetto al 2008, nulla a che vedere con il record di Ama.
Atac, Ama e Acea, insieme, nel 2010 contavano 27.479 dipendenti,
2.637 in più rispetto al 2008. Conclude Rizzo:
Nessuna società, però, ha battuto il record inarrivabile di Risorse per
Roma. È l’«advisor», testuale dal sito internet aziendale, «dell’amministrazione capitolina nelle attività di supporto per la realizzazione
dei progetti di pianificazione territoriale urbanistica, rigenerazione
urbana e valorizzazione immobiliare, promozione dello sviluppo locale e marketing territoriale...». Ebbene, per svolgere questa missione cruciale ha a libro paga 565 persone. Ben 338 (il 148,9 per cento)
più di quante ne avesse nel 2008, quando i dipendenti erano 227.
Attaccati al tram
Come si è arrivati a questo punto? Sono bastati due anni, e l’escalation si è fermata, apparentemente, solo per l’esplodere di Parentopoli.
Procura della Repubblica e Corte dei conti hanno aperto le indagini a
fine 2010 su 854 assunzioni a chiamata diretta – cioè senza concorso –
avvenute negli ultimi due anni. Proprio mentre i conti delle due aziende facevano acqua da tutte le parti e il sindaco lanciava invettive all’amministrazione precedente per il buco di bilancio. Particolare scalpore suscita il caso della «cubista», Giulia Pellegrino, che lavora nella
segreteria del direttore industriale Atac Marco Coletti di giorno, e di
notte fa la hostess in discoteca. Si dice sia la fidanzata del deputato Pdl
Gianni Sammarco, coordinatore romano del partito. Lui nega: è solo
una delle tante persone che conosco.
La Parentopoli romana nasce così, da uno scoop de «la Repubblica» il 27 novembre 2010 sulla cubista-segretaria. Ma insieme a lei in
Atac c’è una ridda di altre signore: Claudia Cavazzuti, moglie del senatore Pdl Stefano De Lillo; Stefania Fois, compagna del deputato
Marco Marsilio; Barbara Pesimena, moglie di Marco Visconti, consigliere Pdl. La responsabile risorse umane delle Officine grandi revisioni, Federica Boccini, è la moglie del capo del personale Riccardo Di
Luzio. Fa scandalo la vicenda della compagna dell’assessore alla Mobilità Sergio Marchi, Flavia Marino. Lavorava a Cotral, dopo l’inse-
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diamento di Alemanno è passata a Met.Ro e poi la fusione l’ha portata in Atac. Ogni «salto» uno scatto di carriera e di stipendio. In Atac
lavorano anche il fratello di Flavia, la moglie del capo staff dell’assessore, il figlio e il nipote di un collaboratore, l’ex fidanzata di un altro
collaboratore, la segretaria e sua figlia.
Poi c’è l’ex assistente parlamentare di Antonio Tajani, Emanuela
Gentili. C’è Michela Martucci, l’ex assistente del parlamentare Pdl
Giorgio Simeoni, ma candidata trombata al V municipio nel 2008. C’è
Gabriele Del Paolis, ex collaboratore del deputato del Pdl Vincenzo
Piso, Catia Acquesta, sua addetta stampa, e il genero dell’onorevole
Pdl Francesco Aracri. Tutti con qualche santo in paradiso, una lista
che non finisce più.
Il caposcorta di Alemanno, Giancarlo Marinelli, ha fatto l’en plein: il
figlio pugile in Atac, la figlia, Ilaria, in Ama. Al matrimonio di quest’ultima ha presenziato Alemanno, fotografato con la sposa nonostante i suoi «non la conosco». Il caposcorta si è dimesso, il sindaco no.
Potevano mancare? No, e infatti ci sono anche gli estremisti neri
Francesco Bianco ex Nar, Gianluca Ponzio ex Terza posizione. Ci sono gli uomini della Faisa-Cisal, Fabio Moro sua sorella e la fidanzata,
la moglie e la figlia dell’attuale segretario Gioacchino Camponeschi.
Nel primo semestre del 2010 il costo del personale cresce di 50 milioni, i 576 del 2009 sono ormai diventati 625. Alemanno all’inizio nega tutto: solo gossip. Poi si difende: «C’è una montatura eccessiva, un
vero attacco politico. Non abbiamo nulla da nascondere. Faremo indagini anche sulle altre municipalizzate, ben vengano tutte le inchieste
della magistratura. Dal prossimo anno, nelle aziende, si entrerà solo
per concorso». I suoi tentano il dossieraggio contro Veltroni e Rutelli,
poi abbandonano, non c’è storia.
Come è stato possibile tutto questo? L’operazione è nata a fine 2009,
con la fusione tra Atac, Trambus e Met.Ro. Amministratore delegato è
Adalberto Bertucci. Ragioniere commercialista, ben conosciuto nella
«sua» Guidonia, Bertucci, consigliere di An, è scelto da Alemanno come ad di Trambus il 15 giugno 2009. Poi, al momento della fusione,
viene indicato alla guida dell’azienda rinnovata. Gli basta una manciata di giorni per stilare il nuovo organigramma dell’azienda.
Capo della Direzione acquisti e contratti è Angelo Emidio Cursi, nipote di Cesare Cursi (ex Dc, sottosegretario alla Salute con Storace,
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che in Atac ha piazzato anche il marito della sorella, Ugo De Angelis).
Sotto la sua direzione l’Atac ha comprato 400 milioni di euro per pezzi di ricambio pagati quattro volte il valore di mercato.
Stefania Fois, compagna del deputato Marco Marsilio, avrebbe voluto fare la capo ufficio stampa, una vocazione. E l’avrebbe fatto, se almeno avesse avuto la qualifica di giornalista. Intanto è assunta in quell’ufficio.
Uomo di Vincenzo Piso, Riccardo Di Luzio è il capo del personale.
C’è la sua firma sulle assunzioni «facili» di Parentopoli.
Gianluca Ponzio è responsabile del servizio relazioni industriali di
Atac. Viene da Terza posizione, era tra i fedeli di Peppe Dimitri, leader storico della Destra estrema. Da giovane era turbolento: risse, fermi, denunce. Nel 1980 stato arrestato per rapina, dopo uno scontro a
fuoco con un carabiniere. All’Atac arriva da Alitalia, dove si occupava
di gestione del personale.
Degli affari legali di Atac si occupa Gianfrancesco Regard. Grazie a
lui i dodici avvocati dell’ufficio legale si girano i pollici mentre il grosso dei contenziosi viene affidato all’esterno, facendo lievitare i costi
ben oltre i 2,5 milioni di euro l’anno. A fine 2010 i casi che riguardano il lavoro vengono assegnati alla Direzione normativa e disciplina,
guidata dalla moglie del senatore Stefano De Lillo (Forza Italia e Pdl),
Claudia Cavazzuti.
Dopo la fusione il regolamento Atac vieterebbe di assegnare ai vecchi membri dei cda cariche direttive. La regola non vale per Roberto
Grappelli e Antonio Marzia, entrambi ex Met.Ro. Il primo è molto
amico di Francesco Gaetano Caltagirone; ex presidente di Met.Ro diventa amministratore unico di Officine grandi revisioni. Il secondo è
l’ex ad di Met.Ro, e guiderà la Direzione progetti europei.
Questi sono i dirigenti. Ma, sistemato l’organigramma, l’ad Bertucci ha ancora bisogno di uomini fidati. Li va a cercare a Guidonia, dove ha fatto il consigliere comunale per An e dove il figlio è consigliere
provinciale del Pdl dal 2008. Assume suo genero, Patrizio Cristofari,
come capo del Mantenimento opere civili e impianti. La sua ex segretaria, Francesca Zadotti, è nominata capo Conformità rischi e certificazioni di Atac prima, poi consigliere delegato Trambus Open. Sua
nuora viene assunta dell’ufficio marketing. Dirigente del servizio acquisti è il vicesindaco di Guidonia Mauro Lombardi, ma tra i fedelis-
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simi c’è anche il vicesindaco di Montelibretti Marco Bernardini, la figlia dell’assessore ai Servizi sociali di Montecelio, l’assessore ai Servizi
sociali di Sant’Angelo Romano, il delegato al personale della giunta comunale di Fonte Nuova. Tutti targati politicamente e territorialmente.
L’hanno ridotta così, l’Atac. Dovrebbe essere l’azienda di punta della mobilità romana, è diventata feudo, preda di guerra da dividersi con
gli amici. Altro che lotta all’«affarismo e ai gruppi di potere». Affaristi
e gruppi di potere hanno trovato porte aperte e un’opacità in grado di
garantire un dirigismo estremo.
Particolarmente opaco il settore degli appalti, 360 milioni assegnati
per lo più con il sistema delle proroghe. Con la scusa che si tratta di
servizi in esclusiva, la proroga consente di evitare le gare di assegnazione ritoccando solo i prezzi. Il famoso appalto dei freni costa, nel dicembre 2009, 3.370.000 euro per 500 pezzi, pari a 6.750 euro a pezzo.
Poi l’appetito cresce e nel settembre 2010 i pezzi di ricambio diventano 900. Una banale ricerca di mercato, e si scopre che l’esclusiva non
c’è, che un’altra ditta fornisce lo stesso pezzo per 1.700 euro.
Basterebbe questo, basterebbe il buco nel bilancio dell’azienda (255
milioni tra 2010 e 1011) a mostrare il «buon governo» portato dal vento di Destra nelle amministrazioni. Quel che diventa insopportabilmente imbarazzante è però la vicenda di Parentopoli. È allora, il 10 ottobre 2010, che Alemanno defenestra Bertucci – che si agita, protesta,
minaccia: vuol mantenere la consulenza con l’Atac di 219mila euro – e
installa alla guida dell’Atac il suo capo di gabinetto, Maurizio Basile.
Nominato amministratore delegato con anche il contratto da dirigente. L’opposizione fa notare che, così, Basile assommerebbe diverse cariche e diversi emolumenti, ma cosa conta l’opposizione? Il neo amministratore delegato intanto puntualizza: in questi anni i nuovi contratti sono stati 854, la metà riguardano autisti, macchinisti, operai. Ma
gli altri sono a chiamata diretta, è qui la Parentopoli su cui indagare.
Basile lavora, cerca di consolidare il debito, taglia gli assegni ad personam e gli orari fiduciari (ad alcuni bastava timbrare il cartellino la
mattina senza altri controlli) ma poi, dopo appena sei mesi, dà le dimissioni. Che sia perché il sindaco ha chiesto alla Corte dei conti ragguagli sul suo emolumento, che sia perché il Campidoglio ha firmato
accordi sindacali senza concordarli? Lo segue anche il presidente del
IL LIBRO NERO DI ALEMANNO 17
consiglio di amministrazione, il rampelliano Luigi Legnani. Tra le ragioni dell’addio, probabilmente, anche la richiesta del vertice Atac di
aumentare il biglietto: il no del Campidoglio era prevedibile, a ridosso
di Parentopoli non è mossa politicamente avveduta alzare il prezzo del
biglietto del 50 per cento.
Ma forse sotto quell’addio c’è anche la scoperta di sette lettere firmate dall’ex ad Bertucci, che riconoscono a sette manager l’estensione
dell’indennizzo di liquidazione – non più due anni ma cinque – e non
solo per il licenziamento ma anche per il cambiamento delle mansioni.
Tra i beneficiari alcuni nomi clou della Parentopoli Atac: Cursi, Di Luzio, Zadotti, Ponzio, Cipolla, De Cristofaro, Lombardo. Un’operazione «privatistica» e mai passata all’approvazione del cda che all’Atac sarebbe potuta costare quattro milioni.
Nuovo cambio al vertice: il presidente è Luigi Carbonetti (avvocato,
ex Consob), amministratore delegato Carlo Tosti, entrano nel cda anche Antonio Cassano e Franco Cioffarelli (Udc). Manager proveniente dalla francese Bombardier, Tosti ha il compito di garantire i fornitori (alle banche ci penserà Carbonetti) e di prender tempo. L’annuncio dell’aumento del biglietto, infatti, arriverà il 2 dicembre 2011. Insieme con l’incubo esuberi per i dipendenti Atac, quelli normali. Quelli che pagheranno, insieme agli utenti del servizio pubblico, il disastro
dell’azienda.
Ama tu che amo anch’io
Due selezioni all’Ama. La prima gestita dal Centro Elis, legato all’Opus Dei, nell’estate 2009 – 544 posti, cioè 324 operatori ecologici,
20 seppellitori e 200 autisti – che verrà pagata per il servizio 392mila
euro. La seconda nell’autunno 2010, gestita da Obiettivo lavoro, altri
766 dipendenti. Assunzioni senza concorso ma con una selezione discrezionale. In più, il lavoro interinale di un centinaio di persone gestito dalla Quanta, società guidata da un ex sindacalista Ugl, fino al
2009. Poi subentra Obiettivo lavoro. Che avrebbe vinto un appalto
per 350mila euro lordi al mese.
Il gran capo dell’Ama è Franco Panzironi, democristiano di lungo
corso ma anche molto amico di Alemanno, visto che è segretario generale della fondazione Nuova Italia. Chiamato dal ministro alle Poli-
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tiche agricole Alemanno alla guida dell’Unire (Unione nazionale incremento razze equine, ente pubblico «vigilato» dal ministero dell’Agricoltura che si occupa delle corse e delle scommesse) è stato designato dal sindaco Alemanno alla guida dell’azienda dei rifiuti: 7.500
dipendenti addetti alla pulizia delle strade, alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti. Il suo lavoro all’Unire, quindi, l’avrà fatto bene…
Vediamo: ha lasciato un bilancio in rosso e una raffica di inchieste sulla sua gestione, oltre a due condanne della Corte dei conti. Ma anche
una ridda di assunzioni eccellenti. Per farle si serve di Obiettivo lavoro, che ha inglobato nel 2002 l’agenzia interinale Lavoro temporaneo.
E di chi era Lavoro temporaneo, se non di Panzironi stesso?
In Ama sono più di quaranta le assunzioni eccellenti. C’è quella di
Armando Appetito, il genero di Panzironi. Quando lo scandalo esplode lui si difende: quando è stato assunto neanche conosceva mia figlia,
il 2 febbraio 2009 l’assunzione, il 4 luglio il matrimonio. Un colpo di
fulmine. Ma intanto Panzironi diversifica, e piazza il figlio Dario nella
segreteria del sindaco e poi all’Eur Spa.
Entra in Ama la figlia del caposcorta di Alemanno, Ilaria Marinelli.
Entra anche Francesca Fratazzi, compagna del consigliere comunale
Dario Rossin (La Destra). Entra Fabio Magrone, segretario dell’eurodeputata Roberta Angelilli, il figlio di Ranieri Mamalchi (dirigente
Acea), Irene Lo Prete, candidata trombata del Pdl nel XV municipio.
Dall’Unire arrivano anche Santinelli e Laura Rebiscini, ex collaboratori di Panzironi.
Particolare la posizione di Stefano Andrini, ex estremista nero condannato per i fatti del cinema Capranica. Chiamato in Ama da Panzironi il 31 agosto 2009, sarà l’amministratore delegato di Ama-servizi
ambientali, che raccoglie i rifiuti di quaranta comuni laziali. Ex collaboratore di Mirko Tremaglia, si è dovuto dimettere nel febbraio del
2010, ma non per Parentopoli o per Fascistopoli. Perché coinvolto, invece, nell’inchiesta Mokbel che ha portato alle dimissioni del senatore
Di Girolamo, accusato di aver comprato voti dalla ’ndrangheta in Germania. Secondo l’accusa sarebbe stato Andrini ad aiutare Mokbel a
falsificare la residenza all’estero del senatore. Andrini si dimette, pur
sottolineando di non essere indagato, e Alemanno – che lo aveva già
difeso dalle polemiche «discriminatorie» all’epoca della sua nomina –
lo ringrazia «per la sensibilità istituzionale dimostrata con le dimissioni e per l’ottimo lavoro svolto fin qui. Mi auguro che la magistratura
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faccia rapidamente chiarezza su questa vicenda attestando la sua estraneità ai fatti in cui si è trovato coinvolto». L’indagine va avanti. Quanto a Mokbel, l’imprenditore romano è sotto processo, accusato di riciclaggio e di essere il collegamento tra ’ndrangheta e società di telecomunicazioni, grazie anche ai suoi stretti rapporti con Antonio D’Inzillo, coinvolto nell’uccisione del boss della Banda della Magliana Enrico De Pedis.
Singolare anche il caso di Paolo Serapiglia, assunto nella segreteria
del sindaco appena dopo la vittoria elettorale, nell’aprile 2008, con un
contratto a termine. Nel novembre 2009 viene assunto dall’Ama con
un contratto a tempo indeterminato. Tempo qualche mese, e all’inizio
del 2010 Serapiglia è di nuovo nel gabinetto del sindaco, questa volta
«distaccato». E assunto per sempre. Un meccanismo che verrà ripetuto più volte.
Parte l’inchiesta giudiziaria, vengono ascoltati i responsabili di Ama.
Luciano Cedrone, capo del personale è anche collaboratore di Elis. È
collaboratore di Elis anche Giovanni Fiscon, direttore d’esercizio di
Ama Spa. Sua nipote Susanna Maria Massalini, è assunta in Multiservizi Spa – fino a poco tempo fa partecipata dal Comune, e diretta da
Panzironi – la moglie, Gabriella Massalini, lavora in Ama da anni. Elis,
il centro di formazione dell’Opus Dei, negli ultimi anni ha fatto corsi
di formazione per 1.088 candidati a operatore ecologico. Tra loro sono stati scelti i 544 assunti in Ama. Intanto il costo di lavoro interinale e selezioni tocca, in due anni, quasi 10 milioni di euro.
A fine febbraio sono cinque gli indagati nell’inchiesta giudiziaria su
Ama: l’ad dell’azienda Franco Panzironi, al quale viene contestata anche la violazione della legge Biagi, il capo del personale Luciano Cedrone, l’ex dirigente amministrativo Ivano Spadoni, l’ex responsabile
dell’ufficio legale Gianfrancesco Regard. E Sergio Bruno, legale rappresentante della Elis, che non sarebbe «abilitata per selezionare il
personale».
Interrogato, inquisito, Panzironi resiste. Accusa i romani di sporcare troppo, difende la scelta di premiare discrezionalmente e segretamente i manager. Roma è sporca? Sono i romani a sporcarla. Vanta di
aver riportato in ordine i conti della società, ma ha solo consolidato il
debito. Dei 608 milioni di rosso, 432 hanno una scadenza a lungo termine, 176 sono a breve termine; è stato venduto il Centro Carni di via
Palmiro Togliatti, sono state incorporate tutte le aziende Ama (Ctr,
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Amagest, Ama Fm). Però la tassa dei rifiuti è aumentata del 20 per
cento. In maggio, alla vigilia della scadenza del contratto di Panzironi,
un’altra bufera. Altri cinque indagati – i dirigenti Lorenzo Allegrucci,
Giovanni D’ Onofrio, Alessandra De Luca, Davide Ambrogi e il consulente Bruno Frigerio – e la ricerca di mail con la prova delle raccomandazioni. Da agosto 2011 senza clamori, sulla poltrona di Panzironi siede Salvatore Cappello, ex direttore generale dell’Amsa di Milano.
Per contrastare la marea di polemiche che infanga il Campidoglio, a
fine 2010 Alemanno azzera la giunta, elimina gli assessori più macchiati. Ma, conclude Rizzo sul «Corriere della Sera» l’11 gennaio 2011:
La storia delle assunzioni di favore all’Atac, all’Ama e chissà in quali altre aziende del Comune di Roma è squallida per almeno due motivi. Il primo è l’occupazione scientifica, manu militari, di posti pubblici: come se le aziende di tutti non fossero altro che oggetti privati, di cui disporre a piacimento. Come se assumere il potere con elezioni democratiche conferisse per via automatica anche il diritto di
sistemare tutti gli amici, i militanti, i familiari e i famigli. Il secondo
è l’assoluto disinteresse per la cosa pubblica, la categorica mancanza
di senso dello Stato che questa occupazione lascia intravedere. Nessun rispetto delle regole, anche quando queste regole ci sono, e disprezzo assoluto per il criterio del merito. Come se il denaro «di tutti» fosse il denaro «di nessuno» e se ne potesse quindi fare anche l’uso più sconsiderato. Basterebbe ricordare la disastrosa situazione finanziaria in cui versano Atac e Ama.
In ottobre il nubifragio colpisce il Lazio, muore un uomo, si allagano
le strade e le stazioni della metropolitana. Si calcola che i danni ammontino a 10 milioni. È solo ora che il Campidoglio stanzia due milioni di euro per la manutenzione di caditoie e fogne. Colpa degli allagamenti «l’emergenza foglie»: gli accumuli di foglie secche nelle caditoie e sui tombini che fanno tappo e che nessuno ha spazzato via o
aspirato. In autunno cadono le foglie, è normale. Capiterà anche il
prossimo anno, non serve la palla di vetro per saperlo.
Luce sull’Acea
È considerata da sempre la cassaforte del Campidoglio. L’Acea è
un’azienda in attivo, spesso usata per finanziare l’Estate romana o gli
IL LIBRO NERO DI ALEMANNO 21
eventi speciali. Anche qui la Destra di governo piazza i suoi uomini.
Presidente di Acea è Giancarlo Cremonesi, storaciano di lungo corso,
già presidente di Acer, l’associazione dei costruttori romani. Avvocato,
dopo l’Acea sommerà una raffica di altre cariche: presidente della Camera di commercio, dell’Unioncamere, vicepresidente di Sviluppo Italia (la finanziaria della Regione e della Camera di commercio), presidente di Confservizi. Entra anche, nel direttivo di Assonime, nel Cnel,
in Civita, nel consiglio di amministrazione di Assobanca, nello Iefe, l’istituto di economia e politica dell’energia e dell’ambiente della Bocconi... un elenco troppo lungo per riportarlo tutto. Un uomo potente.
Con lui l’Acea finanzia il concerto di Baglioni a Capodanno 2011, in
via dei Fori imperiali. Finanzia gli incontri a Cortina dei coniugi Cisnetto, i festeggiamenti dell’ottantesimo anniversario dei Patti Lateranensi a cui tiene tanto Alemanno (sì, quelli li firmò Mussolini), sogna
di contribuire alle Olimpiadi del 2020...
Alla sua corte entra una raffica di luogotenenti di fiducia. Ecco Pierguido Cavallina, alle relazioni esterne (capostruttura di Rai Due, è stato capo ufficio stampa di Storace al ministero della Salute). Ecco Salvo Buzzanca che lascia l’Acer per l’ufficio stampa Acea, dove guida
una piccola truppa di 26 addetti. Ecco Ranieri Mamalchi, che guiderà
l’ufficio affari internazionali e poi Acea Ato 5, la controllata del frusinate. Mamalchi è nel cerchio magico di Alemanno, è stato direttore di
gabinetto al ministero dell’Agricoltura, cura il consiglio di amministrazione della Fondazione Nuova Italia.
C’è una Parentopoli anche all’Acea. La racconta Daniele Autieri in
Alemagno imperatore di Roma, Aliberti editore. Dal ministero guidato
da Maurizio Gasparri, quello delle Comunicazioni, viene Giuseppe
Del Villano. In Acea sarà responsabile dell’Audit, l’ufficio che verifica
la conformità alla legge delle decisioni del gruppo. Dalle Comunicazioni viene del resto anche Marco Staderini, amministratore delegato
di Acea.
A metà 2010 viene assunta Claudia Iacobelli: fa parte della commissione agricoltura della Fondazione Nuova Italia, è membro di Fare
Verde onlus, l’associazione fondata da Fabio Rampelli. Agli Affari sociali c’è Camillo Toro, inquisito come il padre magistrato nell’inchiesta fiorentina sui Grandi eventi: avrebbero informato gli uomini della
«cricca» sulle inchieste della magistratura. Dall’Acer viene David Ottaviano, in Ato 2 entra il marito della segretaria del presidente Sandro
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Cecili, il marito della segretaria del direttore dell’area idrica Andrea
Bossola, il nipote del responsabile Progetti speciali Biagio Eramo, i figli di vari sindacalisti. E mentre l’azionista più importante di Acea,
Caltagirone, si scaglia contro le ingerenze politiche nell’azienda – che
nel 2009 assomma 52 milioni di deficit, l’anno prima c’era un attivo di
167 milioni – l’infornata continua. Intanto l’Ordine degli avvocati scopre che l’ufficio legale dell’azienda – 25 addetti ma solo 9 avvocati – è
diretto da un funzionario che avvocato non è. È Renato Conti, che
però ha altre qualifiche importanti, politiche.
Conclude Filippo Ceccarelli («la Repubblica», 16 dicembre 2010):
Ora, fatta salva la storica circostanza che la parola «nepotismo» è fiorita proprio da queste parti, e che perciò Alemanno non sarà né il
primo né l’ultimo, è ovvio che governare Roma è tutt’altra questione. E tanto più lo è in quanto «a sto paese, già tutto er busilli – cioè
il punto delicato, è sempre il Belli a spiegarlo – sta in ner vive a lo
scrocco e fa’ orazzione». E così, sia pure per la via indiretta delle orazioni, delle abbondanti processioni, delle cerimonie religiose, e chiudendo un occhio sugli impieghi generosamente assegnati alle cubiste
scroccone, converrà concludere ipotizzando il nesso che esiste tra la
logica «sangue e suolo» e quella, assai più declamata che praticata in
Campidoglio, dei «Valori». Fra i quali, appunto, risalta la famiglia. A
Natale del 2008 il sindaco ritenne di fare gli auguri su YouTube:
«Buon riposo – disse – tra i Sacri Valori della Famiglia». Che si stava appunto per catapultare su Ama, Atac, Acea e Trambus.
Caltagirone, intanto, entra sempre più dentro Acea. Nel novembre 2010
ha ormai il 14,67 per cento. Aspetta con ansia il decreto Ronchi sulla privatizzazione degli enti comunali, piazza come controllore il figlio Francesco prima, Paolo Gallo poi. A cadere per prima sarà la bizzarra e ricca sponsorizzazione di CortinaInConTra dei coniugi Cisnetto. Lei, Iole,
in contraccambio verrà assunta all’ufficio stampa di Alemanno.
Nell’aprile 2011 si cerca di rimescolare le carte. La proposta è: tutte le aziende municipali in un’unica società, la Holding Roma Capitale. La presenta l’assessore Lamanda con numeri da capogiro: 28mila
addetti, 5 miliardi di giro d’affari. Ne faranno parte Acea (51%), Acea
Ato 2 (3,5%), Atac (100%), Ama (100%), Centro agroalimentare
(31%), Realizzazione Centro Ingrosso Fiori (20%), Investimenti-Fiera (22,565%), Eur (10%), Roma servizi per la mobilità (100%), Roma
metropolitane (100%), Risorse per Roma (100%), Aequa Roma
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(100%), Zetema (100%), Servizi azionista Roma (100%). Saranno invece vendute le partecipazioni in Aeroporti di Roma (1,33%) e Centrale del Latte (6,72%), anche se c’è un contenzioso legale in corso dopo che il Tar ha annullato la vendita da parte del Comune nel 1997 del
75% passato da Cragnotti alla Parmalat. Meno certezze ci sono invece per Farmacap (le farmacie comunali) e Assicurazioni di Roma.
Quel che né Alemanno né Caltagirone avevano previsto è stato il referendum sull’acqua, che blocca la privatizzazione dell’ente pubblico.
Così Cremonesi in giugno avvisa: «Se la tariffa non remunera gli investimenti, dovrà farlo lo Stato e gli enti locali con la fiscalità generale.
Nel settore bisogna investire 60 miliardi in 20 anni perché da 30 anni
l’Italia investe nei servizi idrici la metà degli altri Paesi europei». E
dunque ora si aspetta di sapere «come la decisione si rifletterà sulle
concessioni in essere; come e quando l’Agenzia o l’Autorità cominceranno a stabilire lo schema tariffario. Il cda di Acea comincerà ad approfondire i temi dello sviluppo del gruppo e come riposizionarsi sugli altri business: produzione e vendita di elettricità, rinnovabili, ciclo
dei rifiuti, che sono l’altro 55% delle nostre attività».
Nel febbraio 2011, a scandalo già bollente, Alemanno corre ai ripari, annuncia che nessuno più sarà assunto senza concorso pubblico,
annuncia un regolamento per il Comune ma anche per le partecipate
che esclude i parenti di assessori e consiglieri, presidenti e amministratori delle aziende. Conviventi more uxorio compresi, singolare e
implicito riconoscimento delle coppie di fatto.