Il ritorno del lupo e del cervo

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Il ritorno del lupo e del cervo
Il ritorno del lupo e del cervo
Scritto da Il Secolo XIX
Mercoledì 06 Gennaio 2010 00:00 - Ultimo aggiornamento Giovedì 07 Gennaio 2010 06:59
Genova. Sono ritornati il lupo e il cervo, sono scomparsi la lepre e la pernice rossa. Stabile la
volpe. Troppi i cinghiali e i daini, così come le gazze, stanno raggiungendo livelli eccezionali le
concentrazioni di gabbiani. E i cormorani? Infestano le sponde dei torrenti e distruggono la
fauna ittica.
Meglio degli indicatori sociali, gli animali stanno ridisegnando l'anima della Liguria che non è più
terra di orti e di cortili, ma neppure di industrie o povertà. La lepre e la pernice rossa c'erano
quando i campi venivano coltivati, e le granaglie erano abbondanti attorno alle cascine. I lupi e i
cervi, scacciati dall'inquinamento e dal bracconaggio, ritrovano la foresta. I gabbiani
abbandonano la pesca in mare attratti dalle più redditizie discariche e così i cormorani, istigati
dai ripopolamenti dei corsi d'acqua.
Andrea Marsan, zoologo genovese che ha appena pubblicato Gli ungulati selvatici in Liguria,
Piene edizioni, studia da anni gli attentati alla biodiversità: «Bisognerà trovare il coraggio di
affrontare situazioni che ci sono sfuggite di mano. Gli scoiattoli grigi stanno sterminando quelli
autoctoni. I parrocchetti e le gazze sfrattano le cince e i pettirossi, i passeri, i fringuelli. Non
sono cose marginali. Pensate alle conseguenze se importassimo in Liguria una colonia di
canguri...».
La Regione Liguria ha stanziato 240 mila euro per contrastare lo strapotere dello scoiattolo
grigio. L'assessore all'agricoltura Giancarlo Cassini, che è uomo di campagna, ha più volte
sottolineato come sia fondamentale raggiungere un equilibrio tra agricoltura («i danni dei
cinghiali ammontano a centinaia di migliaia di euro l'anno»), caccia, turismo ambientale. Più
facile a dirsi che a farsi, però, perché la na­tura non segue gli schemi della Walt Disney e come
spiega Silvano Toso, dirigente dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale,
«per certi versi l'evoluzione della natura è stata più rapida dell'evoluzione culturale e l'approccio
delle persone a questa nuova realtà, come spesso avviene in presenza di cambiamenti molto
rapidi, si basa maggiormente sulla cosiddetta realtà percepita che su un'analisi obiettiva della
situazione».
I daini, che brucano i germogli, hanno distrutto i boschi del Savonese. I cinghiali i muretti a
secco delle riviere. I lupi sono tornati a essere il grande nemico dei pastori. In Spagna hanno
pensato di farne un'attrazione turistica, per la precisione nella Sierra Culebra, regione
castigliana, investendo tre milioni e mezzo di euro in un Osservatorio specializzato. Considerata
l'importanza che riveste l'economia della montagna ai confini tra Liguria e Francia, e soprattutto
lungo le Alpi piemontesi, ben difficilmente potremo importare l'esperimento.
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Anche perché l'Italia (e neanche la sorella transalpina) non è la Svezia, dove sabato scorso è
stata riaperta la caccia al lupo e ne sono stati abbattuti ventitre esemplari: ne potranno essere
cacciati ancora quattro entro il 15 febbraio. Labattuta e stata autorizzata per il controllo della
popolazione, in rapida crescita, malgrado le proteste degli ambientalisti: rispettava le normative
europee, e la volontà della maggioranza degli svedesi. Da noi sarebbe tutto più complicato.
«Ma in natura niente è troppo», avverte Marsan: «Quando non è la caccia, è la malattia.
L'equilibrio sta nella natura stessa».
Paolo Crecchi ( [email protected])
(Articolo tratto da Il Secolo XIX del 06/01/2010)
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