Islamic banking formato EU

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Islamic banking formato EU
Il Sole-24 Ore
Sabato 19 Gennaio 2008 - N. 18
Commenti e inchieste 15
Presentato a Firenze uno studio su banca e Corano in Europa
La presenza finanziaria araba è dinamica e in continua crescita
CAPITALI EMERGENTI
LA NUOVA MAPPA
Da affrontare il capitolo delle regole in Occidente - La Germania,
prima nel 2004 a lanciare un sukuk, spinge per un quadro comune
Sceicco a Wall Street,
originario delle Eolie
ma si quota a Londra
Le piazze nel Vecchio continente e il mercato a livello mondiale
di Mario Margiocco
L
Islamic banking formato Ue
City e Ginevra capofila, Parigi e Francoforte in recupero, Italia in ritardo
«F
ra cinque anni l’islamic banking
sarà regolato uniformemente in
tutta l’areaeuro, itempi sono maturi,eun nuovocanaleeuropeoverrà aperto per la finanza internazionale». A giudicare dalla corsa alla finanza islamica Hamid Yunis, pakistano, avvocato a Londra e
partner di Taylor Wessing Uk, ha ragione.
Londra ha almeno quindici anni di anticipo sulle altre piazze europee come ponte
verso quella che è una delle nuove e fortissime realtà della finanza internazionale.
Nel Golfo soprattutto grazie al petrolio,
ma in misura meno massiccia anche nel
Medioriente e nell’Estremo Oriente mu-
IL PARERE DELL’ESPERTO
Rodney Wilson: queste risorse
non vanno viste solo come
un ponte con i Paesi del Golfo
ma va considerata la popolazione
islamica del Vecchio continente
OPPORTUNITÀ E PROSPETTIVE
Brugnoni (Assaif): «Le nostre
potenzialità negli Emirati
sono enormi ma dobbiamo
accelerare i tempi: questo è
il momento per muoversi»
sulmano, Malaysia e Pakistan in particolare. Dopo Londra, c’è Ginevra che ha anche
pericapitalidi osservanza islamicaun ruolo forte nella sua specializzazione, la gestione dei patrimoni.
L’islamic banking, che segue i dettami
del Corano, è diverso dall’arab banking,
che è la normale attività bancaria fatta da
un istituto del mondo arabo, confusione
che in Italia e altrove è stata fatta qualche
volta. I musulmani e gli arabi in particolare fanno banca all’occidentale soprattutto, ma da 25 anni l’islamic banking - la gestione del capitale secondo regole coraniche - è sempre meno una nicchia e sempre
più la chiave di volta per avere accesso ed
essere bene accolti su quei mercati.
L’area euro si sta muovendo. Anche se
chi potrebbe prendere l’iniziativa per regole comuni, la Bce, non ha i poteri di sor-
veglianza bancaria, ancora nazionali, e indispensabili per adattare uniformemente
in tutta la Uem regole e garanzie alle peculiarità della finanza islamica. Cosa che la
Financial Services Authority britannica
ha fatto fin da quando è operativa, dal
1997, e continua a perfezionare.
Ieri a Firenze all’Istituto universitario
europeo, è stato presentato uno studio
dell’inglese Rodney Wilson su «Finanza
islamica in Europa», nell’ambito del programma Musmine (Muslim minorities
in Europe, iniziativa congiunta di Ieu e
Css, Consiglio italiano per le scienze sociali), presenti rappresentanti dell’Abi,
delle banche arabe in Italia e del mondo
italiano del credito. Il lavoro di Wilson
esamina quali servizi di tipo islamico offra l’Europa. Dalla prima gestione di liquidità rispettosa della shariah inaugurata a Londra nel 1980, alle emissioni e negoziazioni di sukuk, cioè prestiti obbligazionari, al retail banking islamico, anche
qui in testa la Gran Bretagna dove esistono i due soli istituti europei di questo tipo per ora; il più noto è l’Islamic Bank of
Britain, con otto sportelli e operativo dal
2004. Alla gestione patrimoniale islamica, dove spicca Ginevra, alla gestione di
Fondi, all’investment banking islamico,
che vede in Europa una sola istituzione
"autoctona", la European islamic investment bank (Eiib), di Londra.
Esistono poi, attive in Gran Bretagna e
altrove quando possono, le filiali europee
di grandi banche islamiche, o i settori specializzatidi grandi banche europeee internazionali; sono importanti su Londra
Hsbc Amanah, Loyds Tsb, Deutsche Bank
e altre, e anche su Ginevra Usb, e varie altre. Ma ovunque, fuori dal Regno Unito e
inpartedalla Svizzera,la questionenormativa per adattare le regole occidentali alle
necessità islamiche è ancora da superare.
LaGranBretagnaha ormaifattodella City londinese la capitale europea della banca islamica. A fine novembre tra l’altro
una speciale commissione ha chiarito tutti gli aspetti, fiscali soprattutto, che impedivano il varo del primo sukuk sovereign,
laprimaemissione islamica di titoli del Tesoro britannico, attesa per fine 2008.
Per il futuro, conclude Wilson, occorre non limitarsi più a vedere la finanza
islamica come un ponte con i Paesi del
FORTE INCREMENTO
Un occhio agli hedge funds
p Nell’attività bancaria le soluzioni per
rispettare il Corano possono essere tante.
Il caso più comune è quello della banca
che non concede un fido a interesse,
proibito, ma diventa partner del cliente
con partecipazione agli utili o rischio di
condivisione delle perdite, o che invece di
concedere un mutuo, in senso stretto,
acquista l’immobile che poi rivende, a
rate, al sottoscrittore dell’operazione.
Proibito investire in traffici di alcol, armi,
carni suine.
Sullabasediquestiprincipiilpakistano
RushdiSiddiqiavviavanel1999perDow
JonesilprimoIslamicIndex,unaserieche
comprendepiùdi70indiciazionari
compilatisullabasedella compatibilitàcon
lanormacoranica.
Lo sceicco De Lorenzo ha individuato il
sistema per aprire alla finanza islamica
anche il mondo degli hedge funds, di cui
si occupa Shariah Capital. La finanza
islamica ha tassi di crescita annuali però
del 15 per cento.
IL TREND
Le prospettive di crescita dell’industria
finanziaria. In miliardi di dollari
’05 ’06 ’07 ’08 ’09 ’10 ’11 ’12 ’13 ’14’15
3.000
15% Crescita
2.500
2.000
1.500
10% Crescita
1.000
500
0
Le due diverse prospettive - tra il 10 e il 15% indicano la forchetta della crescita prevista.
Si tratta di incrementi doppi rispetto a quelli
della finanza tradizionale
Golfo, soggetto alle fluttuazione delle
entrate petrolifere. Ma occorre tenere
conto anche della popolazione islamica residente in Europa.
Il Lussemburgo, dove già si quotano
sukuk per circa quattro miliardi di euro,
spera in una emissione decennale con regole islamiche da parte della Bei, la banca europea degli investimenti, che è il
più grande emittente di debito al mondo
e potrebbe fare da volano sulla piazza
del Granducato.
I francesi cercano di recuperare il ritardo su Londra, e a dicembre una delegazione della Commissione Finanze del Senato
è andata negli Emirati a spiegare che Parigi si sta mettendo rapidamente al passo.
I tedeschi hanno fatto storia il 31 luglio
del 2004 con un’obbligazione islamica o
sukuk da 100 milioni di euro del land di
Sassonia-Anhalt, e in seguito con titoli di
Commerzbank e Deutsche Bank. «Ma il
successo è stato limitato», ha detto recentemente a Francoforte Rudolf Böhmler,
del Consiglio direttivo Bundesbank, ospitando la Seconda conferenza sull’islamic
banking che si è tenuta nella città tedesca,
dedicata a "La sfida europea". Francoforte vuole avere un ruolo nello sviluppo di
un’industria finanziaria che, come quella
di osservanza coranica, oggi gestisce
complessivamente al mondo poco meno
di mille miliardi di dollari ma potrebbe
arrivare fra sette anni a una cifra quasi tripla, secondo proiezioni dell’Università
di Marburg. La Germania insiste per un
quadro europeo che regoli l’islamic
banking. A Francoforte, presenti per la
prima volta a un incontro internazionale
sull’islamic banking, c’erano anche due
economisti della Banca d’Italia.
«L’Italia ha un grande potenziale nel
Golfo,che ormaiè emersocome l’area trainante dell’islamic banking, ma anche un
notevoleritardo. Occorre non perdere più
tempo. Offrire prodotti rispettosi delle regole coraniche consente un accesso privilegiato a quei mercati – sostiene Alberto
Brugnoni,l’unico italiano presenteal meeting di Francoforte come esperto, presidente dell’Assaif, una associazione di professionisti mirata al Golfo, e profondo conoscitore degli ambienti di quella regione
–. E il momento per muoversi è ora».
M. Mar.
RE DI DENARI
Mohammed al
Maktoum
(emiro Dubai)
Lasocietàpersonaledi
investimentodell’Emirodel
Dubai,DubaiInternational
Capital(Dic)èmoltoattiva
negliUsaeinEuropa:l’ultimo
colpoèstatol’acquistodel3%
dellaSonyper1,5miliardidi
dollari
Al Thani
(emiro Abu
Dhabi)
AbuDhabiInvestment
Authorityèilfondoislamico
piùattivonellafinanza
internazionale.L’ultima
operazioneè stata
l’acquisizionedel4,9%di
azionidiCitigroupper7,5
miliardididollari
Hamad al
Khalifa (emiro
Bahrein)
L’emirocontrolla16istituzioni
finanziariedellequalidue
sonobanchecommerciali,due
sonobancheoffshoree12
sonobanchediinvestimento.
Ilpatrimoniototalediqueste
bancheraggiungelacifra
di1,6miliardididollari
Waleed al
Muhair
(Mubadala)
MubadalaDevelopmentè
moltoattivoinItalia.Hain
portafoglioil5%dellaFerrari
(dicuièsponsorinFormula1)e
il35%diPiaggioAero
Industries.Hacostituitouna
jointventureconPoltronaFrau.
Detieneanchel’8,1%diAmd
a finanza islamica ha lanciato
sukuk – emissioni obbligazionarie
coraniche – per circa 80 miliardi
di dollari negli ultimi sette anni. Fra i
protagonisti, che cercano di ampliare il
mercato, un posto preciso spetta allo
sceicco Yusuf Talal De Lorenzo, 58 anni,da20 residentea Washington.Esperto sugliaspetti legali efinanziari del Corano, ha scritto un testo fondamentale,
A compendium of legal rulings on the
operations of islamic banks; è stato fino
a unanno fa consulente di unaquarantina di banche e società finanziarie in tutto il mondo. Adesso è partner e chief
sharia officer di una piccola società di
consulenza finanziaria del Delawere,
Stati Uniti, da poco quotata alla Borsa
di Londra, e che si chiama Shariah Capital, uffici a New Caanan, Connecticut, e a Dubai. Oltre al lavoro per Shariah Capital, De Lorenzo ha mantenuto solo una consulenza, con Dow Jones, e poco altro.
Ma lo sceicco, titolo cui hanno diritto tutti i maestri del Corano e che Yusuf Talal De Lorenzo ha acquisito in
Pakistan, è un personaggio di frontiera. Americano di seconda generazione, è figlio di due immigrati partiti giovanissimi da Malfa, isola di Salina, nelle Eolie. «In casa c’erano due religioni, cattolica e metodista, e non sono
stato istruito in nessuna delle due, in
pratica. Tra superiori e università, ho
fatto otto anni di spagnolo, sono andato in Spagna: in Andalusia ho scoperto il mondo islamico, poi ho vissuto
per 20 anni quasi in Medio Oriente e
Pakistan, dove mi sono sposato, ho imparato l’arabo, studiato nelle scuole
coraniche». Negli anni 80 in Pakistan
diventò consulente delle alte sfere politiche per le questioni sociali e religiose. L’assalto alla sua abitazione, «una
storia ancora oscura», con l’uccisione
di uno dei domestici, convinse De Lorenzo a rientrare rapidamente negli
Stati Uniti, con la moglie e i tre figli.
Vive fra Corano e finanza sofisticata,
viaggiatore d’Oriente che ha portato
ai limiti del possibile il suo viaggio, come in un romanzo di Conrad con la finanza al posto di navi a mari lontani. Il
Wall Street Journal gli ha dedicato
l’estate scorsa un lungo ritratto.
Propone l’appuntamento per un caffè alle sei del mattino, «al rientro dalla
moschea». Con De Lorenzo «Il Sole 24
Ore» ha parlato di finanza e non solo.
Quale la difficoltà maggiore per la
crescita della finanza islamica?
Sta andando bene, sia a livello globale sia negli Stati Uniti. C’è il mercato,
c’è la domanda da parte di molti clienti.
Non sempre le autorità occidentali sono comprensive, ma molte volte sì. Direi che la difficoltà maggiore sta
nell’abituare il pubblico islamico a questo tipo di investimento. C’è l’idea che
sia tutto collegato alla carità, all’obolo
coranico. Ma non è così. Che differenza c’è, chiedono.
E che cosa rispondete?
Che la differenza c’è e sta a monte.
Vengono rispettati i principi del Corano. C’è sempre la conoscenza precisa
della proprietà di un titolo. Non si vende anonimato.
Quando è cominciato nel pubblico
l’interesse per la banca islamica?
Ha coinciso più o meno con gli attentati del settembre 2001, ma non come
conseguenza diretta. Per un insieme di
cause: l’accelerazione dello sviluppo
nel Golfo, la ripresa del prezzo del petrolio e quindi nuove disponibilità, la
fine della bolla speculativa informatica e quindi la necessità di nuovi canali
di investimento. Il canale finanziario è
importante per la norma islamica: costringe a modernizzarsi un mondo normativo fermo da secoli.
Lafinanzaislamicacheraccogliefon-
Maestro del Corano. Yusuf Talal De Lorenzo,
58 anni, vive a Washington
«Con la finanza è possibile
svecchiare il diritto coranico
Per l’Europa è una fortuna
la vicinanza al Golfo Persico»
dinelGolfoinvestenegliStatiUniti?
Certamente. Ad esempio sono stati
creati veicoli finanziari per l’acquisizione di grandi computer ceduti poi in
leasing a molte società americane, tra
cui Ibm. Ma i canali finanziari tra Golfo
e Stati Uniti come noto sono giganteschi al di là della finanza islamica. Pochi
sannoche il terzo proprietarioimmobiliare che cede in affitto i propri spazi al
governo federale americano, per uffici
nell’area di Washington, è dell’Arabia
Saudita. Il primo è tedesco e il secondo
giapponese.
Però i capitali mediorientali hanno
unatteggiamentoambivalente almomento verso gli Usa: i fondi sovrani
sono in cerca di buone occasioni anche in America, se non ci saranno
ostacoli politici, i privati tendono a
preferire l’Asia.
Gli Stati Uniti hanno problemi da 4 o
5 anni. Tutte le regole e i controlli successivi all’11 settembre e al caso Enron
hanno appesantito il processo. Shariah
capital si è quotata a Londra, non a
New York dove essere sul listino costerebbe non molto sotto il milione di dollaril’anno, mentrecosta meno della metà a Londra. Per il Golfo, Londra è molto più vicina e più amichevole. Gordon
Brown ha fatto di tutto per favorire la
finanza islamica. Tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo il Tesoro britannico lancerà la prima emissione
sukuk del debito pubblico. Tutte le volte che propongo al Tesoro americano
un’emissione analoga, mi dicono che
non se ne parla nemmeno.
Crede che le valute del Golfo si
sganceranno prima o poi dal dollaro?
Comunque, mai i sauditi.
Il dollaro continuerà ad avere un
ruolo fondamentale nell’area?
Direi di sì. Questa crisi sui cambi è
peggiore delle precedenti, ma l’economia americana è troppo grande e resistente. Stiamo parlando di un gigante. Il
futuro però non è tutto a suo favore.
Quest’aumento dei prezzi del petrolio
la penalizza e favorisce gli emergenti.
Però anche gli emergenti pagano
il petrolio.
Sì, ma al seguito del loro petrolio i capitali del Golfo hanno scoperto i nuovi
mercati dell’Asia. La nuova corrente
parte da qui, segue tutta la costa fino a
Shanghai e scende giù fino all’Australia. Questo è il territorio del futuro. E
questo è il motivo per cui Dubai sta fiorendo.La fortunadell’Europa èche geograficamente è molto più vicina al Golfo Persico degli Stati Uniti.
[email protected]
DALLA PRIMA
Un esempio per l’Europa
A distanza di ottant’anni qualche lezione è stata appresa, e i reggitori della
politica economica americana non hanno alcuna intenzione di seguire le sanguinolenti direttive di Andrew Mellon.
Con rara unità di intenti la Banca centrale e l’Amministrazione Bush, i democratici e i repubblicani, si apprestano a varare un "uno-due" di politica monetaria e
di bilancio per portar l’economia Usa
fuori dalle secche. A fine mese un mezzo
punto di riduzione dei tassi è praticamente certo, e un pacchetto fiscale pari
a circa l’1% del Pil verrà anch'esso ad abbeverare il cavallo dell’economia.
Ma il burbero (e non benefico) Mellon
aveva proprio torto? Non diceva un saggio
La fiducia dei consumatori Usa
Indici di fiducia “University of Michigan” 1966=100; “Conference Board” 1985=100.
Dati destagionalizzati; medie mobili di tre termini.
Michigan
Conference on Board
2004
2005
2006
2007
120
110
100
90
80
70
Fonte: Elaborazioni del Sole-24 Ore su dati Conference Board e Università del Michigan
2008
economista come Joseph Schumpeter che
le recessioni, lungi dall’essere una malattiacomelatonsillite,sonoilrespiroprofondo dell’economia, una maniera di sbarazzarla dalle tossine accumulate nel precedente disordine dell’espansione? E non vi
èunaseriedipremiNobel,daMiltonFriedmaningiù, cheaffermanocome l’interventismo in politica economica sia al meglio
futile, al peggio dannoso?
Il fatto è che raramente la teoria economica fornisce ricette valide sempre e dovunque. La realtà pone continuamente
nuove sfide, e così come i cosmologi devono inventare nuove teorie per spiegare
un nuovo tipo di stelle pulsanti, economisti e timonieri dell’economia devono inventarsi nuovi approcci al controllo di un
ciclo anomalo. Lo sconforto dell’economia americana, così come l’euforico conforto degli anni precedenti, non appartengono infatti al classico meccanismo cicli-
co. Globalizzazione e finanziarizzazione
hanno alterato, nel bene e nel male, il "modo di respirare" dell'economia. E quando
si naviga in acque inesplorate, è bene raddoppiare le precauzioni. L’"uno-due" del
supporto monetario e fiscale ha quindi il
sapore di una polizza di assicurazione, un
modo per rafforzare le paratie di una nave che si avventura in acque procellose.
Ma la lezione di Schumpeter rimane:
l’economia Usa aveva accumulato parecchie tossine, e per sbarazzarsene deve tirare il fiato; le misure di sostegno non eviteranno la pausa, ma intendono almeno
evitare che sia troppo intensa o troppo
prolungata. E, in omaggio ai nemici
dell’interventismo, queste misure intendono essere temporanee e reversibili:
rimborsi di imposte sul reddito personale, misure in favore degli investimenti e a
sostegno dei disoccupati...
Ma la lezione americana è ancora un’al-
tra. La flessibilità non è solo desiderabile
nei mercati del lavoro. È anche desiderabile nella politica economica. Forse queste misure si riveleranno sbagliate o tardive, forse qualcuno le taccerà di frenetico
attivismo. Ma esiste anche un "frenetico
dogmatismo", un rifiuto a usare gli strumenti della politica economica per fini diversi dal controllo dell’inflazione (politica monetaria) o dall’azzeramento dei deficit (politica di bilancio). Vi sono in Europa Paesi ad alto debito, come l’Italia, che
non si possono permettere di "fare
all'americana"; ma vi sono altri Paesi che
si possono permettere misure espansive,
misure che sono tuttavia negate non solo
dall’inevitabile "tasso unico" della politica monetaria ma anche da una meno difendibile "politica di bilancio unica" per
l’intera area dell'euro.
Fabrizio Galimberti
[email protected]