Persepolis

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Persepolis
Persepolis
di Vincent Paronnaud,
Marjane Satrapi
Sinossi lunga
Nel film Persepolis ad essere raccontata è la storia di formazione dell’autrice Marjane Satrapi,
appartenente ad una famiglia iraniana di nobili origini, colta e progressista. L’infanzia agiata e serena è
sconvolta dagli eventi legati alla rivoluzione komeinista e alla guerra tra l’Iran e l’Iraq. Marjane è una
ragazza vivace, abituata alla sincerità e i genitori, preoccupati per gli esiti disastrosi della guerra e per
l’aggravarsi delle norme liberticide dettate dal regime teocratico, prendono la dolorosa decisione di
mandare la figlia a Vienna. La ragazza viene affidata ad un’amica di famiglia, che poco dopo la iscrive in
una scuola all’interno di un collegio gestito da suore. Adolescente ribelle e sognatrice, in Europa Marjane
conosce l’amore, l’amicizia, le ultime tendenze musicali e artistiche, ma anche l’amarezza della
discriminazione e del razzismo. Avendo vissuto tra alti e bassi, Marjane, ormai diciottenne e adulta,
decide di tornare in patria: grande è il desiderio di rivedere la sua famiglia e il suo Paese. Dopo un breve,
frettoloso matrimonio, e dopo aver compreso di essere diventata, in Europa, una persona diversa, si rende
conto che l’amore per la libertà è troppo forte e, anche se straziata all’idea di separarsi nuovamente dai
suoi cari, decide di trasferirsi definitivamente in Francia dove, anche grazie alle sue doti artistiche, si
costruisce una nuova esistenza, felice ma non esente dalla nostalgia per la sua terra.
Presentazione critica
Introduzione al film
Una storia complessa
Originariamente Persepolis nasce come una graphic novel disegnata e scritta in Francia e pubblicata in
quattro puntate a partire dal 2000 e solo successivamente trasposta in un film d’animazione diretto nel
2007 dalla stessa autrice Marjane Satrapi con la collaborazione di Vincent Paronnaud, apprezzato
disegnatore di fumetti e autore di cortometraggi d’animazione. La giovane Marjane, nata in Iran, ma
naturalizzata francese, ha sentito il bisogno di condividere con i lettori e gli spettatori il carico di
emozioni accumulato nel corso degli anni. La capacità di Marjane è stata quella di non farsi travolgere
dall’oggettiva drammaticità delle situazioni vissute, ma, cercando di conservare la capacità di sorridere
degli aspetti più grotteschi delle vicende che l’hanno vista protagonista, ha narrato sapendo dosare con
maestria commozione e sense of humour.
“Qualunque cosa accada resta integra” le suggeriva la nonna, un personaggio che tanta positiva
influenza ha avuto nella formazione del suo carattere: la ricerca di coerenza nel suo agire, la lotta per
preservare la sua dignità, in un Occidente che fatica ad accettare e rispettare l’altro, e nel suo Paese
dominato da una dittatura teocratica, sono stati obiettivi forti per trovare il coraggio necessario per
proseguire nel suo cammino. La storia temporale del film è divisa in capitoli scanditi dalle date: 1978,
1982, 1986, 1989, 1992, anni densi di avvenimenti per lei, la sua famiglia e la sua nazione, a partire dalla
caduta dello Scià Reza Pahlevi fino ai primi anni '90, quando decide di abbandonare per sempre la sua
terra e sceglie come patria la Francia. La storia raccontata dalla Satrapi collide quindi inevitabilmente con
quella del suo Paese, una microstoria nella macrostoria: la caduta della dinastia Palhavi, l’avvento della
repubblica islamica, la sanguinaria guerra Iran - Irak. È una testimonianza diretta, seppure filtrata da uno
sguardo poetico, quella della Satrapi; una chiamata in causa per cittadini distratti che spesso orecchiano
con superficialità notizie-lampo divulgate dalla televisione o dai quotidiani, pigramente adagiati su una
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Persepolis – scheda critica
coltre di luoghi comuni o pregiudizi. Lo sguardo di Marjane si posa implacabile sui suoi connazionali, ma
con la stessa intensità e lucidità non risparmia osservazioni sugli europei con cui ha imparato a convivere:
“la libertà, si sa, ha un costo alto” dice la protagonista del film accomiatandosi dai suoi spettatori.
Volendo narrare per immagini in movimento una storia dall’afflato universale l’autrice ha scelto la
tecnica dell’animazione tradizionale, quella del disegno su carta, convinta che, se avesse optato per attori
in carne e ossa, inevitabilmente il film avrebbe assunto una connotazione etnica, relegando l’aspetto
onirico a puro ornamento. Marjane voleva che la sua denuncia avesse una valenza universale, essendo la
negazione della libertà il peggiore dei mali a qualunque latitudine. Scritta a quattro mani la
sceneggiatura, predisposto lo story board, insieme a Vincent Paronnaud, ha selezionato con rigore gli
attori, procedendo alla registrazione del loro recitato: Chiara Mastroianni ha interpretato Marjane, la
grande attrice Danielle Derrieux l’adorata nonna, Catherine Deneuve la mamma. Un lavoro faticoso per gli
interpreti, in assenza di immagini filmate e con la necessità di interagire intimamente con Marjane.
L’attività degli animatori ha avuto inizio solo dopo aver avuto a disposizione “il parlato”: una squadra di
venti disegnatori appassionati si è impegnata per dar vita a innumerevoli disegni, ritratti, sfondi, dettagli
e scene d’insieme, con carta, matite, inchiostro, pennarelli e carboncino per ricreare il mondo racchiuso
nella mente e nel cuore di Marjane. La scelta coraggiosa di conservare il bianco e nero per tutto il
racconto, un lungo e articolato flash back, e di inserire brevi interstizi di raccordo al presente con
immagini a colori che riprendono Marjane adulta, in fila nella sala d’attesa dell’aeroporto di Orly, mentre,
quasi immersa in uno stato di trance, aspetta inutilmente di imbarcarsi per l’Iran, pur sapendo di non
poter partire, insieme all’ottima qualità grafica, assicura al film uno stile personalissimo e originale,
aderente al contenuto che vuole comunicare. La stilizzazione del segno, con il ruolo fondante che le
immagini, le miniature e la calligrafia assumono nella produzione letteraria e cinematografica della
tradizione persiana, rivela la complessità della cultura di Satrapi, che assorbe anche l’insegnamento
dell’espressionismo tedesco e delle avanguardie artistiche europee del ‘900. Un percorso artistico di tutto
rispetto che l’ha aiutata a trovare un suo stile, un suo linguaggio e una strada per l’integrazione nella
società occidentale.
Il ruolo del minore e la sua rappresentazione
Infanzia, adolescenza e prima giovinezza di Marjane Satrapi
Marjane è al centro della scena dalla prima all’ultima inquadratura: una bambina volitiva e propositiva,
una vera “rompiscatole”, con i suoi mille perché e la sua sete di conoscenza, nata in una famiglia colta,
socievole, allergica all’ipocrisia. Un seme accolto in un terreno fertile, la piccola Marjane, che vorrebbe
diventare un profeta, per diffondere sulla terra la giustizia e bandire la sofferenza, ma anche
ingenuamente innamorata del “comunismo”, un termine ascoltato tante volte nelle conversazioni familiari
ma di cui non conosce il reale significato, i cui principi erano stati difesi, a costo della privazione della
libertà, dal nonno e dallo zio. Ad uno ad uno, nel film, ci vengono presentati i suoi cari, così come lei li
osserva nella vita di ogni giorno: il padre gentile e pacato, che non rinuncia alla tenerezza dell’abbraccio,
la madre moderna, attenta a educare la figlia all’autorealizzazione e all’indipendenza, la nonna,
anticonformista e altruista, elegante e sempre curata, tanto da svelare, solo dopo anni, il segreto del suo
profumo: i fiori, appena colti, di gelsomino nascosti, ogni mattina, nel reggiseno (sono questi fiori a
volteggiare leggeri sullo schermo ad accompagnare i titoli di testa e di coda del film), infine l’affascinante
zio Anouche, incontrato quando Marjane aveva già dieci anni. L’uomo riempie lo schermo con la sua
presenza magnetica: i capelli e i baffi screziati di bianco, il portamento dignitoso che emana serenità e
saggezza. La forza degli ideali e la signorilità innata ne fanno un personaggio memorabile e
irraggiungibile, un punto fermo nella vita di Marjane che gli promette di non dimenticare mai i suoi
racconti. Vittima di provvedimenti liberticidi, prima del regime dello scià e poi di quello komeinista, non
avendo potuto formarsi una famiglia, dedica alla piccola nipote gli ultimi momenti di tenerezza e lei lo
ricambia scrivendo e girando memorabili scene d’affetto parentale. Gli occhi di Marjane brillano di gioia
quando l’uomo narra le sue avventure, come fossero magnifiche storie della buona notte. E l’addio in
carcere, nella cella angusta, con un giro di ballo e il dono di un cigno scolpito con la mollica di pane, vede
per l’ultima volta insieme la ragazzina e lo zio: la consapevolezza dell’ingiustizia terrena e divina portano
Marjane ad allontanarsi dalla fede e ad abbandonare le illusioni dell’infanzia.
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L’aggravarsi della situazione in Iran, tra leggi liberticide e mortificanti, soprattutto per l’universo
femminile, lo scoppio della guerra Iran-Iraq e le sue intemperanze di ragazzina che ama la musica punk e
compra i dischi degli Iron Maiden al mercato nero, spingono la famiglia a lasciarla partire per l’Europa.
Dall’’82 all’89 Marjane vivrà in Austria, frequentando un liceo francese. Il punto di vista nel film cambia di
pari passo con la crescita di Marjane. È l’adolescente ribelle e confusa ad osservare la propria figura che si
trasforma, e il disegno sembra seguire l’andamento fuori controllo delle varie parti del suo corpo, come
prendendo a prestito le deformazioni dei ritratti di Picasso. Sola in un Paese straniero, senza affetti e
appoggi, immersa in una mentalità e in una cultura distanti anni luce dalla sua, alle prese con i problemi
dell’adolescenza, Marjane deve attingere a tutte le sue riserve di energia e a tutto il coraggio di cui è
capace. La crudeltà dei coetanei, il razzismo involontario, i momenti felici legati alla scoperta dell’amore,
con la visione del biondo Marcus quasi santificato da un’aureola di luce e la cocente disillusione che porta
lo stesso ragazzo ad essere disegnato come il più sgradevole dei mostri, le mode culturali e musicali: una
girandola vorticosa di sentimenti e situazioni raccontata con soluzioni visive originali, attraverso
un’animazione che tiene conto, nel progredire del disegno, dei movimenti di macchina più coinvolgenti.
Una forte crisi porta Marjane a tornare in Iran: lei è cambiata, così come è cambiata la sua patria. La
depressione sembra travolgerla. L’intensità della sua disperazione la porta a tentare il suicidio:
sopravvissuta, ritrova la forza di reagire e la voglia di lottare. Iscritta all’Accademia delle Belle Arti
verifica di persona gli aspetti grotteschi di un puritanesimo portato alle estreme conseguenze. Per essere
più libera si sposa, una scelta che si rivelerà inevitabilmente fallimentare. Marjane, malgrado tutto,
documenta la voglia della popolazione di gioire della vita, di organizzare feste in gran segreto, cercando
di sfuggire al rigido e capillare controllo dei pasdaran del regime teocratico, anticipando in una sequenza
il disperante finale del film iraniano I gatti persiani di Bahman Ghobadi. Ritrovato il suo coraggio,
riagguantata la sua fierezza, con la benedizione della nonna (che non rivedrà più) e della sua famiglia,
decide di lasciare nuovamente l’Iran e di trasferirsi in Francia, non potendo rinunciare a vivere in libertà.
Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici
La visione di Persepolis può suscitare la curiosità di scoprire altri film diretti da registi iraniani che
abbiano trattato tematiche affini all’opera della Satrapi. Da non perdere il recente e commovente I gatti
persiani, regia di Bahman Ghobadi (Iran, 2009, 106’) girato a Teheran in gran segreto con una piccola
videocamera: ad essere documentata è la vita delle ragazze e dei ragazzi appassionati di musica rock che
escogitano ingegnosi e pericolosi stratagemmi per poter suonare e stare in gruppo. Quanto sia difficile
l’esistenza in Iran delle ragazze amanti del calcio e dello sport lo dimostra il film Offside di Jafar Panahi
(Iran, 2006, 88’) ricco di humour nonostante la storia narrata contenga una forte denuncia degli eccessi
della discriminazione di genere. Anche il film About Elly con la regia di Asghar Farhadi è una
testimonianza del clima di continua tensione che avvolge e condiziona le vite dei giovani protagonisti.
Ricca è l’offerta letteraria per trovare analogie con i racconti di Marjane Satrapi. Nel libro Leggere Lolita
a Teheran (Adelphi) Azar Nafisi, che da anni lavora a Washington presso la Johns Hopkins University, ha
raccontato la condizione delle donne sotto il regime khomeinista. L’Iran ha una straordinaria tradizione
letteraria, un eccellente livello di scolarizzazione e una ricchissima produzione artistica e cinematografica
contemporanea (molti dei film recenti sono selezionati da importanti festival internazionali e vincitori di
numerosi e prestigiosi riconoscimenti), nonostante gli effetti nefasti della censura colpiscano gli artisti più
coraggiosi.
Angela Mastrolonardo
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