Freud - Oltre il Piacere

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Freud - Oltre il Piacere
Freud: oltre il Piacere
Le espressioni “Thanatos” e “Destrudo” non sono state introdotte né utilizzate da Freud. Nel
secondo caso, il primo ad usare il termine è stato lo psicoanalista italiano Edoardo Weiss,
nel 1935 (cioè quando il padre della psicoanalisi aveva già da tempo formulato le sue tesi
sulla pulsione di morte). Freud adotta invece, negli scritti successivi al 1920, l’espressione
“principio del nirvana”, suggerita dalla sua collega inglese Barbara Low.
È questo, in qualche modo, un riconoscimento della vicinanza di certe tesi psicoanalitiche
alla filosofia di Schopenhauer; tuttavia, lo stesso Freud appare in difficoltà nel districarsi
dall’ambiguità del termine “nirvana”. Già nell’Interpretazione dei Sogni (1900) compariva
la teoria secondo cui l’apparato psico-fisiologico tenderebbe all’equilibrio, cioè troverebbe
“piacere” nel rilassamento degli stati di tensione (che l’autore propende a identificare col
“dolore”). Si tratta di una tesi abbastanza schopenhaueriana – la quale ricorda anche la
concezione leopardiana del piacere come cessazione del dolore 1.
Il massimo grado di rilassamento sembra consistere né più né meno che nell’estinzione del
vivente nella materia inorganica, e questa è, in Al di là del Principio del Piacere, proprio la
funzione attribuita alla pulsione di morte; il che prospetterebbe una – secondo Freud
inaccettabile – identificazione tra quest’ultima pulsione e lo stesso piacere (= Eros).
Freud prende in considerazione la possibilità che il “principio del nirvana” (che corrisponde,
nel mondo inorganico, all’entropia, cioè alla tendenza della materia e dell’energia alla
distribuzione omogenea e indifferenziata) abbia subito una modifica negli organismi viventi
(sistemi anti-entropici), evolvendosi appunto nel “principio del piacere”.
Quest’ultimo, d’altra parte, sembra implicare la presenza di almeno un moderato livello di
tensione: esistono situazioni (p. es. gli atti sessuali) in cui un certo aumento di tensione
sembra produrre piacere, così come una sua diminuzione può risultare spiacevole. Freud
conclude quindi che piacere e dolore non si possono distinguere solo in base ad elementi
quantitativi, ma occorre individuare anche dei tratti qualitativi.
La questione, tuttavia, sembra restare ben lontana da una sistemazione definitiva:
“Noi non affermiamo – scrive Freud nelle sue Neue Vorlesungen del 1932 – che la morte sia
l’unico obiettivo della vita; non trascuriamo la vita, accanto alla morte. Riconosciamo due
pulsioni fondamentali e lasciamo ad ognuna la propria meta. Come entrambe si intreccino
nel processo vitale, come la pulsione di morte serva agli interessi dell’Eros, specialmente
nel suo volgersi all’esterno in forma di aggressività, sono compiti che restano affidati
all’indagine futura.”
1
Vedi p. es. La quiete dopo la tempesta – di cui è opportuno (perché decisamente in tema)
ricordare la conclusione: “Umana / Prole cara agli eterni! assai felice / Se respirar ti lice / D’alcun
dolor: beata / Se te d’ogni dolor morte risana”.