II bambino che morde il seno. Appunti su
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II bambino che morde il seno. Appunti su: aggressione, morte, male Clementina Pavoni, Milano Queste note rappresentano il tentativo di fare ordine intorno a considerazioni sorte in modo frammentario e spontaneo nel corso del training di baby-observation. Durante quella esperienza mi sono trovata spesso di fronte a due tipi di problemi: ad un livello emotivo la comprensione di quanto preferisco esprimere con un'immagine: «il dramma del bambino che morde il seno che lo allatta», in altre parole il peso della distruttività; e a un livello razionale le difficolta poste dalla teoria della pulsione di morte nei modelli interpretativi freudiani, kleiniano e il confronto con il pensiero di Jung. Solo al termine dell'esperienza mi sono resa conto che le problematiche sollevate dalla baby-observation sono precisamente quegli aspetti poco chiari, e io credo tuttora aperti, indagati da Freud con la messa a punto della metapsicologia. Ciò che costituisce, in gran parte, la materia di analisi di Freud, cioè le vicissitudini delle pulsioni in una psiche al suo formarsi, è precisamente I'oggetto di studio, colto nel suo divenire, della baby-observation. Questo è il terreno da cui partono le riflessioni della Klein e intorno a questi temi il pensiero di Jung raggiunge un livello di grande astrazione e complessità attraverso I'elaborazione di suggestivi modelli di interpretazione. L'attenzione verra incentrata sulle connessioni che intercorrono tra aggressività e pulsione di morte, problematiche che si sono poste nel lavoro interpretativo sui protocolli 117 dell'osservazione diretta del bambino nei suoi primi contatti con le difficolta della vita. Si fara riferimento dapprima alla lettura kleiniano, così come si è sviluppata negli incontri con la dott.ssa Magagna. In seguito si cercherà di sviluppare il tema nei termini metapsicologici di Freud, per arrivare a proporre il discorso in campo junghiano. 1. // punto di vista kleiniano Durante I'analisi dei protocolli è stato costante il riferimento a coppie antinomiche (per esempio: buono-cattivo) che costituiscono la struttura portante dell'impianto kleiniano. I gesti, gli sguardi, le posture, gli atteggiamenti del neonato, e poi del bambino nella relazione con la mamma e con I'adulto che si prende cura di lui, sono letti e interpretati come segni in grado di aprire un varco nella comprensione della sua vita fantasmatica e nella strutturazione in fieri della sua psiche. Ogni elemento preso in considerazione viene calato in una griglia i cui principali elementi sono: buono/cattivo, integrazione/disintegrazione. I quattro poli assumono una dimensione spaziale dove il meccanismo della scissione regola i territori «interno»/ «esterno». Si tratta di uno spazio metaforico, privo di significato geometrico: «esterno» non implica alcuna distanza reale, tutto si svolge all'interno della vita fantasmatica e i contenuti allontanati permangono operanti nei soggetto grazie al processo della identificazione. E’ possibile segmentare la griglia interpretativa in due territori: un territorio «buono» retto dal principio dell'integrazione, «interno» al soggetto, e un territorio «cattivo», retto dal principio della disintegrazione e della scissione, «esterno» al soggetto. II primo regolato dal processo della identificazione introiettiva, ha come meta la costituzione dell'oggetto interno buono, in quanto catalizzatore e serbatoio della libido, il secondo territorio è presieduto dal meccanismo della identificazione proiettiva che impedisce I'integrazione del senso di ansia e distruzione interna e sospinge verso il caos. 118 Nei termini della metapsicologia di Freud si tratta di impasto e disimpasto di libido e pulsione di morte: viene introiettato I'eros e scissa ed espulsa all'esterno la pulsione di morte che, non riconosciuta, continua ad agire all'interno, per esempio nel meccanismo della azione a ripetere. II legame che Freud postula, ma tratteggia come debole, tra pulsione di morte e aggressività, assume funzione strutturante nella griglia interpretativa della Klein che ipotizza il seguente percorso: ansia autodistruttiva - scissione come difesa - proiezione sul seno e sua aggressione - ritorno del seno danneggiato - caos e disgregazione interna come precursori dell'oggetto cattivo interno quale rappresentante della pulsione di morte. L'esperienza della baby-observation permette di constatare come, in gran parte, il valore del ruolo materno consiste nel saper contenere I'ansia di disgregazione e nella capacità di restituire il significato di un seno, cioè di un nutrimento in senso lato, integro e vivo. II bambino gioca «alla morte», cioè all'aggressione, perchè ciò costituisce una valvola di sfogo dell'ansia interna, ma il ritorno al calore dell'abbracciò protettivo deve poter sempre avvenire per vanificare le fantasie di distruzione. In altre parole, per usare la metafora iniziale, il seno deve poter tornare al piccolo senza i segni dei morsi che la sua fantasia gli ha inferto. Vorrei proporre dai protocolli della osservazione diretta due sequenze che si riferiscono ai tentativi di controllo dell'ansia per il momentaneo distacco dalla madre: II bambino ha due mesi e lo osservo durante una poppata, la mamma tlene il piccolo tra le braccia, e seduta sul divano, io le sono accanto, il bambino ritmicamente dondola la testa avanti e indietro, ogni tanto fa qualche versetto, diventa leggermente rosso, si allontana per qualche istante dal capezzolo, dopo un piccolo strillo, con un'espressione corrucciata, ricerca il capezzolo...la mamma gli porge il seno, ma il piccolo non stringe subito la bocca, si allontana un po', poi riprende il capezzolo con le labbra spalancate, senza serrarle, si avvicina, si allontana dal seno, poi da due o tre poppate forti ed energiche, ma ritorna subito ai suoi movimenti di presa di distanza e avvicinamento al seno...suona il telefono, la mamma risponde, I'apparecchio e sul divano, il piccolo perde il capezzolo e strilla violentemente. Si può arguire che il bambino è alle prese con I'ansia di perdere il nutrimento vitale del latte, cerca quindi di esse- 119 re lui a controllare la distanza dal seno, come se dicesse: «sono io che lasciò il capezzolo». Questo gli è utile per controllare I'ansia dell'abbandono, difesa che crolla al momento della telefonata. II piccolo si permette solo due o tre energiche poppate, teme di poter danneggiare il seno con la propria voracita e la sua ingordigia dura poco. II bambino ha un anno e quattro mesi, ha schizzato la pappa dappertutto, la nonna e il papa sono occupati a pulire la cucina, la mamma e fuori. Si è fatto dare il guinzaglio del cane, accovacciato cerca di agganciare il guinzaglio al collare, non ci riesce, si alza come se niente fosse, anche il cane Io segue come se I'operazione fosse riuscita. insieme si avvicinano alla porta. II bimbo saluta tutti con la mano e il cane scodinzola felice.. .il papà passa davanti al gruppo per andare in bagno, il piccolo non appena capisce che il padre e chiuso in bagno si appoggia con le manine alla porta e si mette a strillare disperatamente. Vediamo che il bambino è rimasto un po' solo: la mamma è al lavoro, gli adulti si occupano dei suoi disastri, recita la parte del bambino che abbandona tutti e se ne va con il cane. Attraverso il meccanismo della identificazione proiettiva rifiuta il sentimento sgradevole di essere il bambino abbandonato e rigetta sugli altri i suoi contenuti dolorosi. Ma I'assenza del padre rompe le sue difese e il bambino non riesce più a portare avanti le sue proiezioni e si attacca alla figura del papa. II piccolo gioca al suo interno di volta in volta più parti per tenere a bada il groviglio dei suoi sentimenti contrastanti: desidera disperatamente il buon latte materno, ma teme la distruttivita della sua ingordigia. L'abbandono dei capezzolo Io fa sentire totalmente perso nel mondo. Recita la parte dell'adulto che se ne va di casa con il cane e saluta tutti, perchè non riesce a contenere dentro di se il dolore dell'essere abbandonato e Io «introduce» negli altri, ma è costretto a sussumere tutta la sua disperazione quando il carico dei suoi sentimenti è troppo gravoso. Nei due episodi il momento del massimo dolore coincide con la presa di contatto con la verità, da qui la funzione di integrazione della depressione. Williams (1), riprendendo il pensiero della Klein e di Bion, opera un'interessante distinzione tra ansia depressiva che 120 A.H.Williams,Nevrosi e delinquenza.Roma, Borla, 1983 consente la preoccupazione per la sofferenza dell'altro e ansia persecutoria, più arcaica, tipica del mondo animale, che tende esclusivamente al danneggiamento dell'altro. 2. // nipotino di Freud (2) Freud, «AI di la del prin cipio di piacere», Opere, vo'. 9, Torino, Boringhieri, 1977. Osservando il nipotino che con il gioco del rocchetto evoca I'esperienza dolorosa dell'abbandono della madre, Freud postula (2) I'esistenza di pulsioni di altra natura accanto alla libido, e precisamente: «una coazione a ripetere la quale afferma anche a prescindere dal principio di piacere» e che appare: «più originale, più elementare, più pulsionale di quel principio di piacere di cui non tiene alcun conto» (pag. 209). II piccolo sembra manifestare un attaccamento al dolore che contraddice vistosamente il principio di piacere: ogni trauma lascia dietro di se un seme di morte che chiede di proliferare nel tempo. La storia della composizione di «AI di la del principio di piacere», le vicende personali che vi sono intrecciate, la complessità della scrittura, danno la misura della fatica incontrata da Freud di fronte alla necessita di rivedere la teoria delle pulsioni e il primato del principio stesso. Un occhio kleiniano che avesse osservato il medesimo gioco, avrebbe intravisto la proiezione da parte del bambino sulla mamma della sua distruttivita e conseguente identificazione. Freud nota che il gesto del bambino: «costituisce il soddisfacimento di un impulso che ha represso nella vita reale, I'impulso di vendicarsi della madre che se ne e andata». Ma da questo punto lo schema di interpretazione kleiniano offre gli strumenti per indagare i desideri fantasmatici del bambino di aggressione alla madre che potrebbero seguire il percorso: - la mamma abbandona il bambino -- il bambino odia e vuole distruggere la mamma - il bambino/mamma caccia lontano (fa morire) con soddisfazione il rocchetto/mamma. II rocchetto rappresenta la mamma su cui vendicarsi facendone il contenitore dei sentimenti di abbandono che fanno sentire il bambino distrutto, perso. E’ contemporaneamente mamma e bambino. E il bambino è insieme bambino/ rocchetto/mamma. 121 Ogni tanto appare la seconda parte del gioco con la felicità del ritrovato incontro di rocchetto - bambino - mamma e conseguente dissolvimento dei fantasmi di aggressione. Freud ha sempre parlato di ambivalenza, ma qui si tratta di un odio che si declina sul versante di pulsioni del tutto estranee alle pulsioni sessuali, precisamente di «campo avverso». II tema della distruttività dell'odio e qualcosa che ha sempre costituito problema per Freud, perchè in netta contrapposizione con la concezione di un'unica libido sessuale. A partire dal 1914, dagli studi sul narcisismo (3) la teoria della unicità della libido, su cui si era giocato lo scontro e la rottura con Jung, subisce attacchi sempre più serrati. Nel testo citato Freud (1914) postula la possibilità della libido di ritirarsi dagli oggetti per rivolgersi all'lo, ripercorrendo i modi dell'interesse primario per se. Accanto, o all'interno delle pulsioni erotiche, della capacita cioè delI'individuo di entrare in relazione con I'oggetto, Freud scorge sempre qualcosa di diverso: «tutto ciò che ci veniva fatto di notare erano le emanazioni di questa libido, gli investimenti oggettuali suscettibili di essere esternati e poi di nuovo tirati indietro. Grosso modo osserviamo anche una contrapposizione tra libido dell'lo e libido oggettuale» (pag. 446). In questo ambito il narcisismo rappresenta la difficoltà contro cui si scontrano le pulsioni erotiche, un rifiuto del mondo che può essere derealizzante. Con il ricorso al narcisismo si fa riferimento ad uno sdoppiamento della libido (sessuale e non) che rende meno differenziata la teoria della libido di Freud e Jung, elemento su cui porta I'attenzione A. Green: «come è noto, fra le ragioni che spinsero Freud ad abbandonare le sue vedute sulia ripartizione delle pulsioni in libido dell'lo e libido oggettuale, una, e non la meno importante, riguarda il fatto che egli giudico questa concezione - elaborata dopo la rottura con Jung - troppo vicina alle idee di chi, per conquistarsi la sua immortalita, aveva preferito la dissidenza» (4). In «Pulsioni e loro destini» (1915) Freud ipotizza una derivazione delle pulsioni sessuali dalle pulsioni di autoconservazione dell'lo. Per ora non viene ancora espli122 (3) Freud, «lntroduzione a! narcisismo, Opere, vol. 7, Torino, Boringhieri, 1975. (4) Andre Green, Narcisismo di vita e narcisismo di morte. Roma, Borla, 1985. (5) Freud, «Pulsioni e loro destini», Opere, vol. 8, Torino, Boringhieri, 1976, p. 16. (6) Freud, «AI di la del principio di piacere», op, cit. citato il nesso tra le pulsioni di autoconservazione e il principio di costanza, su cui però, viene detto, è regolato il funzionamento dell'apparato del sistema nervoso: «che vorrebbe, sol che ciò fosse possibile, serbare uno stato del tutto esente da stimoli» (5). Intorno alle pulsioni dell'lo si profila un nodo intricato che ostacola la realizzazione di felici relazioni d'oggetto. Se, come per altro risulta evidente nella osservazione diretta, nel narcisismo primario I'interno è I'oggetto d'amore, mentre I'esterno instaura I'odio: «con la comparsa delI'oggetto nello stadio del narcisismo primario si sviluppa anche (...) il significato opposto all'amore, ossia I'odiare (...) I'esterno, I'oggetto, I'odiato sarebbero a tutta prima identici» (pag. 31). Questo odio «può quindi accentuarsi fino a diventare inclinazione aggressiva verso I'oggetto, proposito di annientarlo» (pag. 32); nel narcisismo è forte I'ambivalenza verso I'oggetto, scandita sul principio del piacere/dispiacere, perchè I'amore narcisistico non può scorgere che le proprie esigenze sulle quali in seguito si innestano, quasi in un intrecciò, le esigenze della sessualita. Per cui, a seconda della fase dello sviluppo sessuale, I'oggetto diventa qualcosa da «incorporare in se o divorare, una specie di amore compatibile con I'abolizione dell'esistenza separata del!'oggetto», «nella fase dell'organizzazione pregenitale sadico-anale, I'impulso verso I'oggetto si presenta come spinta ad appropriarsene e non importa se I'oggetto viene danneggiato o annientato» (pag. 34). Ne consegue che I'amore ha origine da un viluppo tra pulsioni di autoconservazione, odio e aggressivita: «l'odio come relazione nei confronti dell'oggetto e più antico dell'amore; esso scaturisce dal ripudio primordiale che I'lo narcisistico oppone al mondo esterno come sorgente di stimoli (...) I'odio si mantiene sempre in intimo rapporto con le pulsioni di conservazione dell'lo e le pulsioni sessuali pervengono facilmente a un'antitesi che riproduce I'antitesi odio-amore» (pag. 34). Ma è con «AI di la del principio di piacere» (6) che Freud esplicita, nell'ipotesi della presenza della pulsione di morte, il lato oscuro del rifiuto del mondo operato da una parte delle pulsioni dell'io. 123 I! concetto viene introdotto con cauteia, la pulsione di morte viene definita come quella forza che si oppone ad ogni felice relazione con I'esterno per risospingere il soggetto allo zero assoluto della quiete totale, interrotta dal «rumore della vita». Le analisi, in seguito abbandonate, sul narcisismo ne ponevano necessariamente I'esistenza. La vita, in quanto antitesi di morte, e caotico intrecciarsi di contatti, un lavorio confuso di cellule tese alla propria perpetuazione. II ritiro dal mondo del narcisista, con il fare di se I'oggetto privilegiato di interesse libidico, seppure a differenti livelli di intensita, rappresenta una rinuncia al mondo che sospinge verso la morte. Freud non solleva il problema dei legami aggressivita e perversione dalla aggressivita (sadismo e masochismo), che alla luce della teoria della pulsione di morte acquisterebbero grande chiarezza. In questo ambito si situano le indagini della Klein, che prendono origine dal suo lavoro con i bambini, in cui più forti e attive sono le componenti distruttive, prima del raggiungimento del primato della genitalita. Freud parla di impasto e disimpasto per fare riferimento alla capacita delle pulsioni (dell'lo e sessuali) di integrare al loro interno la pulsione di morte e ridurre al silenzio i'aspirazione alla quiete mortale o alla distruttivita cieca. Ma nella sistematizzazione della teoria delle pulsioni svolta in «L'lo e l'Es» (7), Freud attenua la contrapposizione tra le pulsioni dell'lo e pulsioni sessuali. Ipotizza I'esistenza di una libido come «energia spostabile» e nello stesso tempo prende le distanze dalla teoria della enantiodromia di Jung rifiutando la possibilità della trasformazione nel proprio opposto di uno stesso investimento libidico. 3. Pulsione di morte e male I termini che si riferiscono direttamente all'esperienza dell'aggressività: sadismo, masochismo, pulsioni di morte, sono rari negli scritti di Jung. Ma I'interesse portato allo studio della mitologia e delle religioni, ricco serbatoio di aggressioni e crudeltà, per rinvenirne le forme dell'organizzazione psichica è prova della centralità del tema anche in Jung. 124 (7) Freud, “L’Io e l’Es”, Opere, vol.9, Torino, Boringhieri, 1977 (8) C.G. Jung, «Aion», Opere, vol. 9, tomo 2, Torino, Boringhieri, 1982. (9) Ibidem, p. 40. La lettura negli scritti di Jung dei contenuti che in altri vengono descritti abitualmente come pulsione di morte, distruttivita, disgregazione, comporta un doppio lavoro di traduzione: di rappresentazioni in termini morali e in seguito in contenuti psichici. Questa lettura permette di seguire a ritroso la modalità di sviluppo del suo pensiero: «...consapevolmente e intenzionalmente io preferisco il modo di vedere e di esprimersi mitologico e drammatizzante, poichè esso, in considerazione del suo oggetto, costituito dai viventi processi della psiche, e non soltanto molto più espressivo, ma anche più preciso di una astratta terminologia scientifica, solita baloccarsi con I'idea che i suoi concetti potrebbero essere sostituiti un bel giorno da equazioni algebriche» (Pag. 13) (8). In altre parole ciò che sembra che Jung allontani dalla dimensione umana, per proiettarlo nella dimensione Iontana del mito o della religione, e invece tutto immanente nella psiche. II mito, la religione, I'alchimia offrono semplicemente le forme di spiegazione e i modelli dei processi psichici. Questo per dire che se Jung sceglie di parlare di Dio e di Satana per trattare del Bene e del Male (primo livello di traduzione), e per significare il conflitto tra libido e distruttività (pulsione di morte) o in altri termini tra coesione e disintegrazione (secondo livello di traduzione). Quindi «il dramma del bambino che morde il seno che Io allatta» non è qualcosa di estraneo o taciuto negli scritti di Jung. Per non perdermi nella complessità del tema, sapendo di ridurre inesorabilmente la profondita e ricchezza che questi aspetti assumono nelle opere di Jung, mi limito alle considerazioni suggeritemi dalla lettura di «Risposta a Giobbe» e «Aion», fissando I'attenzione sull'immagine delle figure di Dio e di Cristo. In queste opere Jung critica alla radice la teoria cristiana della privatio boni, in favore di una presenza massiccia e sostanziale del Male presente nella persona stessa di Dio. «Ma il male dev'essere concepito in maniera un po' più sostanziale quando Io si incontra al livello della psicologia empirica: qui esso è decisamente I'opposto del bene» (9). Si tratta di un forte dualismo i cui poli Bene e Male (in 125 altre parole Eros e Morte) strutturano I'impianto teorico di Jung. In «Aion» a Cristo, quale «ombra recisa» viene contrapposto I'Anticristo, all'Agnello I'Ariete dell'Apocalisse: «ciò dimostra chiaramente come ranima cristiana non solo sia consapevole dell'esistenza di un avversario, ma abbia altresi la certezza del suo futuro sopravvento» (Aion pag. 36). Da qui I'interesse per la gnosi, perchè: «...vede il bene e il male come la mano destra e la sinistra di Dio, e concepisce la creazione in generate in termini di sigizie o coppie di opposti» (Aion pag. 52). II discorso diventa ancora più radicale in «Risposta a Giobbe»: Dio, secondo la lettura di Jung, non esita ad affiancarsi a Satana nel perseguitare il giusto. Qui la coscienza morale dell'uomo Giobbe pone Dio di fronte al problema del male e fa compiere a Dio quel processo di riflessione sul proprio operato che lo motivera a sacrificare il Figlio per redimere I'uomo. Ma la spietatezza e crudelta di Yahweh non fanno che ripetersi nella accettazione del sacrificio della croce: le sofferenze del Figlio per la remissione delle colpe del Padre: «Che genere di padre è questo che preferisce massacrare il figlio piuttosto che perdonare magnanimamente alle sue creature mal consigliate e pervertite dal suo Satana» (Risposta a Giobbe pag. 96). Yahweh appare dominato dall'ambivalenza è attratto dalI'odio: «...quel particolare rapporto che potrebbe essere indicato con il nome di Eros rimane escluso. L'assenza di Eros, vale a dire di un rapporto basato su di un sentimento di valori, appare in Giobbe del tutto chiaramente: va notato pero che è I'ammirabile paradigma della creazione che è un mostro, e non I'Uomo! Yahweh non prova alcun Eros, non ha alcuna relazione con I'uomo, ma mira soltanto ad un fine, al raggiungimento del quale I'uomo deve aiutarlo» (Risposta a Giobbe pag. 56). La colpa del peccato originale è fatta risalire al carattere contradittorio di Yahweh: elemento che differenzia radicalmente I'impostazione di Freud, che intravvede nel peccato originale le tracce del parricidio: «Se il Figlio di Dio ha dovuto offrire in sacrificio la propria vita per libe- 126 rare I'umanità dal peccato originale, questo peccato, secondo la legge del taglione, e cioè dell'espiazione mediante una pena uguale alla colpa, deve essere stato un'uccisione, un crimine di morte. E se il peccato originale fu una colpa contro Dio padre, il più antico delitto dell’umanità deve essere stato un parricidio, I'uccisione di quel padre primordiale della primitiva orda umana la cui immagine mnestica è stata successivamente trasfigurata in Divinità» (Freud «Considerazioni attuali sulla guerra e la morte pag. 140). Non potrebbero apparire più diverse le posizioni di Jung e Freud rispetto alla Legge e alla colpa. Ecco, questo per dire che se I'idea stessa di Bene Dio è attraversata dal male, a maggior ragione il male cioè I'aggressione, la crudeltà, il sadismo, il masochismo ed altro, sono presenze tangibili in noi, anche se spesso rifiutate e rigettate nell'Ombra. Ne consegue che I'Ombra, come serbatoio di contenuti minacciòsi pone all'individuo il problema morale dell'integrazione degli aspetti oscuri: «l'Ombra è un problema morale che mette alla prova I'intera personalità dell'lo» (Aion pag. 8). E dove questo non e possibile subentra il meccanismo della proiezione: «le proiezioni prestano al mondo esterno il proprio volto, che pero è sconosciuto» (Aion pag. 10). Ad un livello più profondo Animus e Anima accolgono gli aspetti più lontani dalla coscienza per cui: «rlentra nell'ambito delle possibilità di un uomo riconoscere il male relativo della propria natura, e invece un'esperienza rara quanto conturbante guardare in faccia il male assoluto» (Aion pag. 10). In altri termini esistono proiezioni a capo delle quali è possibile pervenire e altre, cosi profondamente radicate in noi, che e arduo risolvere. Cioè esistono aspetti del male che è possibile integrare e risolvere in una prospettiva morale, nel linguaggio freudiano: elementi della pulsione di morte che possono «impastarsi» con le pulsioni libidiche, e nuclei di «male assoluto» quasi irrisolvibili. Ne emerge una visione molto pessimistica che pone in crisi i fondamenti della teoria cristiana del bene basati su un Dio essenzialmente d'amore, precisamente I'assenza di Eros nel Padre, una caren127 za nei suoi compiti genitoriali, sono le cause delle sofferenze delle sue creature. La funzione dell'ordine è riposta in mani incapaci di accogliere e contenere. Jung postula il male la dove c'era solo il bene. Ma tutto questo è dentro la psiche dell'individuo: accanto ad un primo livello di ambivalenza si scopre un nucleo di distruttività cieca, il «male assoluto» che, proiettato o negato intralcia le relazioni oggettuali. II mistero inquietante della distruttività del neonato ritorna in un linguaggio che ne ingigantisce i contorni. 128