LONDON BOULEVARD di William Monahan INTERPRETI: Colin
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LONDON BOULEVARD di William Monahan INTERPRETI: Colin
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Dopo aver resistito alle proposte illecite dell'amico Billy e al caloroso bentornato di un ambiente gangsteristico di terza classe, Mitchell si aggira frastornato all'interno di un microcosmo sotterraneo di cui conosce perfettamente i contorni senza più condividerne linguaggio e abitudini. Certo una sorella dedita all'alcol ed uno strozzino come socio non sono gli alleati migliori per il raggiungimento di nuovi e più alti scopi, ma l'arrivo dell'eterea e impaurita Charlotte sembra offrire finalmente una nuova direzione. Attrice di successo messa sotto assedio dall'attenzione della stampa ed in perenne fuga da una vita in prima pagina, la complicata ragazza dei quartieri alti apre le porte della sua lussuosa fortezza di Holland Park al ragazzo di strada pronto ad assisterla e difenderla prima per soldi e poi per amore. Tra i due nasce una passione intensa quanto inevitabile che fa sperare in un lieto fine, ma oltre i confini di un'innaturale tranquillità domestica nel cuore della West End l'altra faccia della città, quella più chiaramente violenta e minacciosa, sta costruendo intorno a Mitchell una rete di obblighi e tacite alleanze da onorare o distruggere a prezzo di una perdizione senza possibilità di ritorno. (Tiziana Morganti in www.movieplayer.it) Raccolte referenze di tutto rispetto come sceneggiatore (Le crociate, The departed), William Monahan esordisce dietro la macchina da presa con LONDON BOULEVARD, atipico gangster movie che merita una seria analisi critica. Da più parti se n’è rilevata la farraginosità narrativa, la faticosa omogeneità del racconto, come se nel cinema esistessero magiche ricette applicabili su ogni idea e/o progetto. Per LONDON BOULEVARD Monahan trae spunto dal libro omonimo di Ken Bruen e ne rielabora una versione divisa in due tracce di scrittura che scorrono parallele e lentamente si sfiorano fino a compenetrarsi. In una Londra architettonicamente contemporanea – i ristoranti di lusso, garage e cunicoli metropolitani al neon – con un ventre molle di criminalità comune, usura e spietati killer che uccidono perfino a martellate, Mitchell esce di prigione e tenta di cambiare vita. La casuale possibilità di incutere timore ai paparazzi che imperversano oltre il cancello dell’introversa giovane star Charlotte permette all’uomo di diventare una sorta di factotum, maggiordomo e bodyguard a difesa del villino, ma l’elegante e luciferino boss della gang di cui faceva parte non sembra essere d’accordo. Il passato di Mitchell riemerge in tutto il suo sovrabbondante istinto di uccidere e la resa dei conti porterà al conteggio di parecchie vittime. Lo spunto di scrittura, oltreché di regia (entrambe a firma di Monahan) sembra prediligere l’entrata in sordina del protagonista, figura apparentemente redenta, già predisposta al cambiamento professionale. Così l’elemento criminale (Mitchell continua comunque a fare qualche lavoretto per il boss) e la trovata più melodrammatica della vita silenziosa e reclusa di Charlotte si ripetono con ciclico ritmo binario. L’obiettivo evidente è quello della deflagrazione finale, ma Monahan già in sede di scrittura per altri autori ha dato prova di una strana, molto personale impossibilità all’esplosione dei caratteri e delle psicologie, piuttosto che del pathos. (Davide Turrini in Vivilcinema 3/2011) William Monahan, vincitore di un Oscar per la sceneggiatura di The Departed scrive e dirige un film che riassume i pregi e i difetti dell’opera prima di uno sceneggiatore di qualità. Si sente cioè nella sua scrittura il bisogno (quasi l’impellente necessità) di riferimenti ‘alti’. A partire dal titolo che esplicitamente ci rimanda a quel Sunset Boulevard (per noi italiani Viale del tramonto) di cui ricalca in parte il plot di base e proseguendo con una citazione da Rilke dal sapore quasi godardiano. Monahan però non vuole girare un film d’essai anche se ha la consapevolezza di avere a disposizione un attore come Colin Farrell capace quando vuole (e ce lo ha dimostrato ad esempio in In Bruges) di trasformare con uno sguardo in tralice un crime movie in un percorso esistenziale più complesso di quanto la stessa sceneggiatura non preveda. Perché lo script di Monahan ripropone tipologie narrative già viste ma lo fa immergendole in un clima di ineluttabilità dettata da un fato che ne trasforma il segno sullo sfondo di una Londra fotografata in modo originale. Nel boss abusato e spietato sottolineato dall’invadente fisicità di Ray Winstone o nell’ex attore che ritrova un proprio ruolo nel momento in cui impugna una pistola, affidato alla rabbia implosa di David Thewlis, sa di trovare i propri punti di forza. Così come è consapevole (e lo è anche l’attrice) del ruolo affidato a Keira Knightley. Su questa sorta di vampira nevrotica che si rinchiude nella penombra di una casa per sfuggire alla luce dei flash dei fotografi il film sembra inizialmente voler costruire buona parte delle proprie chance. Progressivamente invece il personaggio si riduce a quello che la stessa Charlotte affermerà in relazione alla presenza delle attrici in un film: far risaltare le doti del protagonista maschile. Sarà Farrell a dominare la scena in un ruolo distante anni luce dall’Alexander di stoniana memoria e forse proprio per questo tra i più riusciti. (www.mymovies.it)