julieta - Cinema Primavera

Transcript

julieta - Cinema Primavera
allo stato puro. Il risultato, secondo
noi, entra nella prima fila dei ritratti
femminili del regista, in particolare
per il (sia pure non inedito)
riferimento ai rapporti madre-figlia
forieri
di
rivalità,
gelosia,
risentimenti,
desiderio
d'identificazione e gesti di brutale
emancipazione.
Un'altra
caratteristica del film che lo rende
importante,
magari
non
nell'immediato bensì a mano a
mano che si sedimenta nella
memoria, è la prestazione delle
due attrici, la Suarez e la Ugarte
(...): la seduttività, la fragilità, il
narcisismo di cui sono portatrici
non sono incrementati dal ricorso
alle scene madri proprio perché la
loro classe riesce a racchiuderle
nella preziosa misura delle
espressioni, le movenze e gli
scambi dialogici. Protagonista
importante, nello stesso senso
stilistico, è anche la fotografia di
Larrieu pronta a tradurre il sentito e
tormentoso «spaesamento» di
Almodovar nel gioco inesausto,
sottile, prezioso dei colori.
Valerio Caprara
Il Mattino
26 Maggio 2016
Spostata la cornice dal Canada alla
Spagna, fra Andalusia e Pirenei, il
regista si intona alla pagina
smorzando le tinte e virando su un
registro secco e severo, ma nel
farlo indebolisce lo spessore
drammatico del racconto - in buona
sostanza poco ti importa delle pene
della madre e ancor meno della
figlia - che in lui usa accendersi alla
miccia di più debordanti passioni. E
tuttavia Almodóvar è Almodóvar, e
del film intriga e avvince la succosa
tessitura formale, i primissimi piani
che esaltan o la valenza simbolica
degli
oggetti,
le
atmosfere
avvolgenti,
gli
accostamenti
azzardati dei colori; e una
pervasiva tensione che va a
sciogliersi in un finale, per una
volta, saggio e quasi sereno.
Alessandra Levantesi Kezich
La Stampa
26 Maggio 2016
Mercoledì 26 ottobre, ore 16.30 - 19 - 21
Giovedì 27 ottobre, ore 19.00 - 21.00
Un film di Woody Allen
con Jesse Eisenberg e Kristen Stewart
New York, anni Trenta. Bobby
Dorfman decide di tentare fortuna a
Hollywood, dove lo zio Phil, agente dei
divi, lo assume come corriere. Bobby
ben presto si innamora ma purtroppo
la bella giovane che ha conquistato il
suo cuore non è libera e deve
accontentarsi della sua amicizia.
Almeno fino al giorno in cui lei gli
comunica di aver rotto con il suo
ragazzo. Improvvisamente l'orizzonte
di Bobby diventa più chiaro e l'amore
sembra a portata di mano…
Venerdì 28 ottobre, ore 21.00
(versione originale)
MERCOLEDí 19 OTTOBRE 2016, ORE 16.30-19.00-21.00
GIOVEDí 20 OTTOBRE 2016, ORE 19.00-21.00
VENERDí 21 OTTOBRE 2016, ORE 21.00 (VERS. ORIG.)
Il cast tecnico.
Regia:
Pedro
Almodóvar.
Soggetto:
Alice
Munro.
Sceneggiatura:
Pedro
Almodóvar. Fotografia: JeanClaude Larrieu. Montaggio: José
Salcedo. Scenografia: Antxón
Gómez. Costumi: Sonia Grande.
Musica: Alberto Iglesias.
Origine: Spagna, 2016.
Durata: 1h36.
Gli interpreti.
Emma Suárez (Julieta), Adriana
Ugarte (Julieta giovane), Daniel
Grao (Xoan), Inma Cuesta (Ava),
Darío Grandinetti (Lorenzo),
Michelle Jenner (Beatriz), Rossy
de Palma (Marian).
La trama.
Julieta, una professoressa di
cinquantacinque anni, cerca di
spiegare, scrivendo, a sua figlia
Antia tutto ciò che ha messo a
tacere nel corso degli ultimi
trent'anni, dal momento cioè del
suo concepimento. Al termine
della scrittura non sa però dove
inviare la sua confessione. Sua
figlia l'ha lasciata appena
diciottenne, e negli ultimi dodici
anni Julieta non ha più avuto sue
notizie. L'ha cercata con tutti i
mezzi in suo potere, ma la ricerca
conferma che Antia è ormai una
perfetta sconosciuta.
Contropiede Almodóvar. Chi si
aspetta il «solito» film colorato e
barocco è avvertito: questa volta il
regista
spagnolo
cambia
radicalmente stile e messa in
scena. 'Julieta' (...) è sì
l'ennesimo ritratto femminile del
regista, ma questa volta più
trattenuto,
amaro,
doloroso.
Perché se c'è un tema che
emerge dal film, oltre al peso che
vi gioca il destino, è proprio il
dolore, una specie di porta stretta
e obbligata attraverso cui le
persone devono passare per
riuscire a capire il senso della
propria vita. Un dolore che a volte
è represso, sepolto, ma che poi
finisce per prendersi la sua
rivincita, obbligando le persone a
farci i conti. (...) Sembrerebbe una
materia romanzesca, e in parte lo
è, se non fosse che Almodóvar
riduce al minimo il gusto del
racconto per limitarsi a una serie
di incontri/ritratti dove mette in
evidenza soprattutto le tensioni, le
paure,
le
gelosie,
come
preoccupato di ricordare allo
spettatore
che
ogni
(momentanea) gioia nasce dal
dolore e dalla sofferenza di
qualcun altro. (...) Riducendo al
minimo la propria tradizionale
esuberanza
e
la
vitalità
contagiosa delle sue precedenti
eroine, capaci di superare ogni
ostacolo, Almodóvar racconta la
depressione e la sofferenza che
possono catturare le persone. Un
po' per «colpa» dei racconti di
Alice Munro (dalla raccolta 'In
fuga') che sono serviti da
ispirazione al film, ma molto per
un'evidente cambio di tono
registico e psicologico: finiti gli
anni dell'entusiasmo spensierato
e colorato, oggi il regista parla di
cose che in passato aveva
rimosso ma che evidentemente
non
aveva
cancellato.
A
cominciare dal senso di colpa,
che in Julieta diventa il vero
motore del dolore che divora
l'anima delle persone. Ne esce
così
un
film
volutamente
incompiuto, che lascia le soluzioni
sospese, che porta lo spettatore a
confrontarsi con il prezzo che ogni
felicità sembra avere (non c'è un
personaggio che non faccia i conti
con la morte, la malattia o
l'abbandono)
ma
che
pur
negando ogni lieto fine ci ricorda
come l'esperienza del dolore e
della sofferenza vadano guardare
in faccia, senza infingimenti e
soprattutto senza false coscienze.
E che sullo schermo prendono la
forma di uno scavo doloroso e
sottile nella vita delle persone.
Paolo Mereghetti
Il Corriere della Sera
18 Maggio 2016
Nel cinema di Pedro Almodóvar
tornano le donne, tenere e materne,
forti e determinate, sempre sull'orlo
di una crisi di nervi, ma pronte a
ricucire ferite e riallacciare abbracci
spezzati. (...) Nel film, già
ribattezzato 'Tutto su mia figlia',
tornano
tanti
elementi
almodóvariani - i colori accessi, gli
anni Ottanta, la malattia, la morte,
la figura della madre, il thriller, il
melodramma, il dolore della
perdita, il senso di colpa, i nodi del
passato che vengono al pettine ma il regista sembra orchestrarli
senza cedere ai fiammeggianti
eccessi di gioventù, con più rigore e
controllo, in accordo con l'emotività
trattenuta e le atmosfere sospese
della Munro. Ed è forse questo il
punto più debole di un film durante
il quale aspettiamo qualcosa che
non arriva mai, un segreto ancora
più inimmaginabile, un mistero più
intrigante.
Alessandra De Luca
Avvenire
18 Maggio 2016
Il nuovo attesissimo 'Julieta' (...) è
una mezza delusione. Per carità:
sola mezza! Parliamo di un film di
superba
fattura,
con
una
sceneggiatura
calibrata
e
atmosfere torbide da autentico
mélo. Però non scatta la
commozione, e manca l'ironia
che Pedro riusciva a tirar fuori
anche nelle storie più dolorose.
Inoltre la recitazione è inferiore a
molti film del passato. Almodóvar,
negli anni, ha portato a
performance superlative attrici
come Penelope Cruz, Marisa
Paredes, Carmen Maura, Cecilia
Roth e tante altre. Qui, delle sue
affezionate, c'è la strepitosa
Rossy de Palma alla quale basta
un ruolo da caratterista (...) per
mangiarsi in un boccone il resto
del cast. E pensare che 'Julieta'
avrebbe bisogno, per funzionare
al 100 per 100, di attrici super.
(...) Da giovane, Julieta è Adriana
Ugarte; da matura, è Emma
Suarez. Nessuna delle due
sembra in stato di grazia, inoltre
non si somigliano per nulla,
anche se la scena in cui si
passano il testimone è un colpo
di genio. Ma è il versante
maschile del film a essere
curiosamente scarso, con attori
che
recitano
battute
melodrammatiche con faccia da
pesce lesso. 'Juilieta' è un film sul
senso di colpa, pervaso da un
dolorosissimo senso di morte.
Secondo noi lo sceneggiatore
Almodóvar, che pure è uno dei
più bravi costruttori di trame su
piazza, esagera nell'infierire sui
personaggi, nel farli schiattare
quasi tutti fra atroci sofferenze o
inopinate disgrazie. Alla fine la
crudeltà del destino non ha più
nulla a che vedere con la verità
dell'esistenza,
diventa
un
meccanismo
narrativo,
un
congegno a orologeria che
spinge
anche
il
regista
Almodóvar a una messinscena
scarna, fredda, priva di fascino.
Mettiamola così: è un buon film,
ma Almodóvar ne ha fatti di
migliori. (...) Forse il duro lavoro
sui racconti della Munro, stipati
uno dentro l'altro, ha provocato
una sorta dl fusione a freddo che
ha congelato anche il film.
Alberto Crespi
L’Unità
18 Maggio 2016
Un film
sommesso, sobrio,
crepuscolare
(...)
del
sessantaseienne Pedro Almodóvar
intento a ripensare se stesso (...)
Temerario nel mostrarsi distaccato
dalla
vigoria
ritmica
e
la
provocazione sgargiante che hanno
a lungo arricchito la sua fama e il
suo palmarès, il regista manchego
vi ha, infatti, trasposto tre racconti di
Alice Munro distillandone un mix
che a qualche spettatore (...)
sembrerà rigido e algido, ma a noi
pare invece essenziale e classico.
A cominciare dalla stoffa rosso
fuoco che nell'incipit, in accordo con
le malinconiche musiche di Alberto
Iglesias, funziona da richiamo
iconico ai simbolismi del sesso, il
sangue e la passione da sempre
vettori del melodramma, ma subito
dopo si rivela un dettaglio di stoffa
del vestito della protagonista, la
fascinosa
ed
elegante
cinquantenne Julieta (...). Non si
può
pretendere
che
tutti
riconoscano
nel
razionale
pessimismo del regista la fedeltà
alla personale galleria cinefila in cui
spiccano «Il romanzo di Mildred»,
«Lo specchio della vita» o
«Rebecca - La prima moglie», però
è auspicabile che si colgano e
apprezzino le sfumature, i non-detti,
le folate del dolore, le maledizioni e i
complessi di colpa in grado di
trasformare gli automatismi da
feuilleton in materia cinematografica