Julieta
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Julieta
Julieta un film di Pedro Almodovar con A. Ugarte, I. Cuesta, E. Suàrez, D. Grandinetti, R. De Palma, S, Sànchez, D. Grao, M. Jenner. Durata 96 minuti. Una donna la cui vita è stata segnata dal tentativo di dimenticare le tragedie familiari, è costretta a ripercorrere le fasi più dolorose della propria esistenza. Pur differenziandosi dallo stile cui Almodovar ci ha spesso abituato, fatto di barocchismi visivi e musicali, di eccessi, Julieta rimane uno di quei lavori belli agli occhi e profondamente commoventi per il quale il regista spagnolo è misteriosamente (e verrebbe da dire anche magicamente) dotato, ma nel quale sembra volutamente più riluttante del solito ad ostentare il suo virtuosismo. Ritratto di diverse donne che gravitano intorno a una madre sola e alla sua precedente storia da ragazza, il film è un dramma nel quale sentimenti e vicissitudini risuonano attraverso dolore e rimpianto, specie per l’incapacità di comunicare con le persone che più si amano. Con la forza del flashback, Almodovar descrive un passato fatto di episodi di passione leggera e romantica (un incontro sul treno, due iniziali tatuate, un quadro di Lucien Freud alle spalle), di amicizie sincere ma fuorvianti, di gelosie e segreti drammi intimi. Componendo piani di grande eleganza stilistica, dove ogni colore ha la sua importanza, l’autore torna a queste storie in cui gli slanci e la quiete trovano un grande equilibrio, specie nell’enfasi con cui descrive la frustrazione e il dolore dell’assenza. In Julieta ritroviamo spesso la vena e il tono di alcuni suoi grandi film (Parla con lei, Tutto su mia madre) con Emma Suarez in un grande ruolo (e speriamo che questa sia l’occasione per vederla in film che finora non sono mai arrivati in Italia). Una madre tormentata e tenace (che da giovane è interpretata da Adriana Ugarte), piena di dubbi e certezze che scandiscono i periodi della sua vita. Forse una svolta dettata dalla maturità nella carriera del regista? Se Julieta probabilmente non è il miglior film di Pedro Almodovar, è certamente uno dei più ricchi di talento, anche per la presenza della bella Adriana Ugarte, possibile nuova musa del regista. Ma soprattutto è un film le cui domande sulla capacità di perdonare non possono non colpire anche lo spettatore più distratto. Beppe Musicco – Sentieridelcinema.it Le donne di Pedro non hanno più crisi di nervi Se Almodovar, al suo 26° film e a 66 anni, si è lasciato sedurre dalla scrittrice canadese premio Nobel Alice Munro (a tre dei suoi racconti si è ispirato per Julieta), può anche voler dire che pure per lui non è più tempo di avventure, di leggerezza, di trasgressione. Nelle interviste rilasciate a Cannes, dove gli hanno negato un premio, ha parlato anche di morte e della volontà di proibire qualsiasi sua biografia dopo la sua morte (“perché i miei film sono già la mia storia”). (…) Un film intriso di malinconia, dunque. Dove anche la musica, i colori e l’arte hanno un loro peso. Julieta inizia con lo schermo riempito da un sipario rosso fuoco, che sembra respirare, e infatti si rivela essere l’ampio abito di Julieta cinquantenne. Mentre Julieta giovane appare per la prima volta dentro un maglione blu elettrico, e i due colori, il rosso e il blu, drammatizzano la storia nelle pareti, negli oggetti, negli abiti: persino una torta di compleanno è glassata di rosso con candeline rosse. Gli interni sono molto eleganti, le cucine di ultima generazione. Tutto il film è costellato di opere d’arte e di oggetti curiosi, si dice collezionati dallo stesso Almodovar: da un grande autoritratto di Lucian Freud, alle statuette mutilate dello scultore spagnolo Miquel Navarro, e poi vasi dipinti bianchi e blu, piastrelle in cucina bianche con conchiglie blu. Ma forse Pedro vuole dirci qualcosa: costruirsi attorno il bello non preserva dall’infelicità. Natalia Aspesi – Repubblica.it