contratto collettivo regionale di lavoro del comparto

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contratto collettivo regionale di lavoro del comparto
Pareri resi sul
CONTRATTO COLLETTIVO REGIONALE DI LAVORO DEL
COMPARTO NON DIRIGENZIALE DELLA REGIONE SICILIANA
E DEGLI ENTI DI CUI ALL'ART. 1 DELLA LEGGE REGIONALE
15 MAGGIO 2000, N. 10
TITOLO II - Il sistema delle relazioni sindacali
QUESITI:
art. 4 - Contrattazione collettiva decentrata integrativa
Come si determina la rappresentatività sindacale in contrattazione decentrata?
Secondo quanto previsto dall’art. 15 comma 14 dell’Accordo Regionale Quadro sulle
modalità di utilizzo delle aspettative e dei permessi nonchè delle altre aspettative
sindacali del 29.09.2011, anche in sede di contrattazione decentrata, occorre che le
“OO.SS. che aderiscono all’ipotesi d’accordo rappresentino nel loro complesso
almeno il 51% del comparto” sulla base della rappresentatività accertata in sede
regionale.
Il contratto collettivo decentrato integrativo stipulato in sede periferica può definire i
criteri generali delle metodologie di valutazione basate su indici e
standard di
valutazione?
La competenza alla definizione dei criteri generali delle metodologie di valutazione
basate su precisi indici e standard si attesta, secondo quanto stabilito dal comma 3
dell’art. 4 del vigente CCRL del personale non dirigenziale, al contratto collettivo
decentrato integrativo e cioè, per quanto riguarda l’Amministrazione regionale, a
quello stipulato in sede dipartimentale.
Pertanto secondo quanto stabilito al comma 4 lett. b) dello stesso art. 4, in relazione
alla materia di che trattasi l’ufficio periferico deve curare l’applicazione e la gestione
della disciplina definita dal comma 3.
TITOLO IV - Rapporto di lavoro
QUESITI:
art. 37 – Turnazioni
I dipendenti che non sono esonerati dalla turnazione possono fruire dei permessi
retribuiti ai sensi della L.104/92?
Il C.C.R.L. vigente regolamenta l’esonero dalla turnazione per il personale che gode
dei permessi retribuiti ai sensi della L.104/92 in modo diverso rispetto al precedente
contratto, la cui disciplina, pertanto, seppure non espressamente abrogata, deve
ritenersi superata.
In particolare, l’art.37 del nuovo contratto contempla, analogamente a numerosi
altri contratti collettivi, la possibilità che il personale di che trattasi sia esonerato, su
richiesta, dai turni notturni, consentendo dunque il suo inserimento in altri turni.
Ciò non comporta l’impossibilità di fruire dei permessi retribuiti ai sensi della
L.104/92, trattandosi di benefici di legge il cui godimento non può essere precluso.
QUESITI:
art. 42 – Recupero e riposi compensativi
Le festività non godute per esigenze di servizio dai dipendenti turnisti possono
essere recuperate con riposo compensativo?
E’ da escludere che il personale impegnato in turni in giorni festivi infrasettimanali
possa recuperare la festività non goduta, in quanto al dipendente turnista, il cui turno
coincida con un giorno festivo infrasettimanale, ivi compresa la festività del santo
patrono, spetta l’indennità per turno festivo prevista dal comma 3 dell’art. 37, che ha
per l’appunto la finalità di compensare la gravosità dell’articolazione del lavoro in
turni.
Il dipendente non turnista che ha svolto una prestazione lavorativa nella giornata
di domenica, può chiedere alternativamente o il pagamento dello straordinario,
oppure la fruizione del solo riposo compensativo con conseguente riduzione
dell’orario settimanale di lavoro in misura corrispondente alle ore effettivamente
lavorate?
Tenuto conto dell’irrinunciabilità del diritto al riposo settimanale, che va comunque
garantito, per le ore di lavoro svolte nella giornata di domenica i lavoratori non
turnisti possono chiedere alternativamente o il pagamento dello straordinario, senza
riduzione del debito orario settimanale (36 ore), oppure la fruizione del solo riposo
compensativo con conseguente riduzione dell’orario settimanale di lavoro in misura
corrispondente alle ore effettivamente lavorate.
Al fine di una maggiore chiarezza espositiva si riportano i seguenti esempi pratici
(nota Ministero della Giustizia prot. n. 103/689/CD del 15/3/2008):
• se un dipendente lavora tre ore la domenica e non chiede il pagamento dello
straordinario, nella settimana successiva ha diritto ad un giorno di riposo sostitutivo
della domenica e dovrà effettuare altre trentatre ore di lavoro;
• se un dipendente lavora tre ore la domenica e ne chiede il pagamento come
straordinario, nella settimana successiva ha diritto ad un giorno di riposo sostitutivo
della domenica e dovrà effettuare trentasei ore di lavoro.
QUESITI:
art. 45 – Ferie
E’ possibile monetizzare le ferie non godute da parte di un dipendente perché
collocato in malattia fino alla data del pensionamento?
Con la sentenza del 20 gennaio 2009 la Corte di Giustizia delle Comunità europee
ha stabilito che: “qualora un lavoratore per ragioni indipendenti dalla sua volontà non
sia stato in condizione di esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite prima
della cessazione del rapporto di lavoro, ha diritto ad aver corrisposta un’indennità
finanziaria sostitutiva delle ferie non godute”.
La suddetta pronuncia, intervenuta su domande vertenti sull’interpretazione dell’art.7
della direttiva n.2003/88/Ce, concernente taluni aspetti dell’organizzazione
dell’orario di lavoro, ha chiarito che “il diritto alle ferie annuali retribuite non si
estingue allo scadere del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto fissato dal
diritto nazionale quando il lavoratore è stato in congedo per malattia per l’intera
durata o per una parte del periodo di riferimento e non ha potuto esercitare in
concreto questo diritto”.
QUESITI:
art. 47 – Permessi retribuiti
In quali circostanze possono essere concessi i permessi previsti dall’art. 47 comma
2 del CCRL? E cosa si intende per motivi familiari?
Il comma 2 dell’art. 47 del CCRL del comparto non dirigenziale prescrive che al
dipendente che ne faccia richiesta possono essere concessi, per “particolari motivi
familiari o personali debitamente documentati”, tre giorni di permesso retribuito per
evento o n. 18 ore complessive di permesso utilizzabili in modo frazionato.
L’articolo in questione non reca un’elencazione esaustiva dei motivi per i quali il
dipendente può richiedere i giorni di permesso retribuito, e in particolare non specifica
cosa debba intendersi per motivi familiari. Su quest’ultimo argomento, poiché il
contratto collettivo non ha apportato modifiche rispetto alla precedente disciplina, si
ritiene costituisca un utile punto di riferimento l’art. 44 della l.r. n. 41/1985, come
modificato dall’art. 38, comma 3, lettera c) della legge regionale 7 marzo 1997, n. 6,
che prevedeva il congedo straordinario per “documentate gravi esigenze familiari”. La
stessa norma faceva espresso riferimento a “coniuge, parenti entro il secondo grado
od affini di primo grado” sebbene limitatamente al caso del congedo straordinario per
decesso.
In assenza di una disciplina contrattuale più dettagliata, compete comunque
all’Amministrazione, cui si attesta la discrezionalità nella concessione dei permessi,
valutare la particolarità dei motivi sui quali si basa l’istanza del dipendente ed adottare
le conseguenti determinazioni.
Tra le motivazioni dei permessi di cui all’art.47 del CCRL vigente può rientrare
quella relativa alla malattia dei figli?
Secondo quanto disposto al comma 2 dell’art.47 del CCRL vigente, a domanda del
dipendente, nel rispetto dei limiti di cui al comma precedente e cioè nel rispetto del
limite di 45 giorni di cui all’art.44 della l.r. n.41/85, come modificato dall’art.38 della l.r.
n.6/97, possono essere concessi “per particolari motivi familiari o personali
debitamente documentati” tre giorni di permesso retribuito per evento. La norma
contrattuale non reca un’elencazione esaustiva dei casi ammessi, limitandosi a
prevedere espressamente soltanto alcuni motivi di assenza, affidando pertanto agli
uffici il compito di valutare caso per caso e di adottare le conseguenti determinazioni.
In assenza di una più puntuale specificazione o di criteri limitativi della portata della
norma di che trattasi, non si evince un generico impedimento a far rientrare tra le
motivazioni dei permessi di cui all’art.47 del CCRL la malattia dei figli. La particolarità
dell’evento
rappresentato
dal
dipendente
sarà
comunque
valutata
dall’Amministrazione interessata cui si attesta la discrezionalità nella concessione dei
permessi, anche alla luce di un equo contemperamento tra le esigenze di servizio e di
quelle del lavoratore.
Tra le motivazioni dei permessi retribuiti previsti dall’art. 47 del vigente C.C.R.L. può
rientrare la partecipazione dei figli a manifestazioni sportive?
La motivazione indicata non può giustificare la concessione del permesso in questione,
anche se il citato art. 47 fa riferimento a “particolari motivi familiari o personali”
documentati, a differenza del contratto precedente che al fine della fruizione di tali
permessi richiedeva “gravi motivi personali o familiari debitamente documentati”.
Si ritiene infatti che la particolarità della motivazione debba essere valutata prendendo
comunque a riferimento la natura dei casi specificati, sia pure solo a titolo
esemplificativo, dal comma 2 dell’art. 47 del C.C.R.L.; tali fattispecie, sebbene non tutte
connesse a situazioni patologiche, sono però caratterizzate da un serio impedimento
allo svolgimento dell’attività lavorativa, come peraltro si rileva dal tenore dell’intero art.
47.
Ad un dipendente che ha già fruito di tre giorni di permesso retribuito per assistere
un familiare ricoverato in ospedale possono essere concessi ulteriori tre giorni di
permesso in relazione alla circostanza che il medesimo familiare successivamente
subisce un’operazione? Questo nuovo fatto può essere considerato come un altro
evento?
L’art.47 del CCRL prevede che “possono essere concessi a domanda - per particolari
motivi familiari o personali debitamente documentati - tre giorni di permesso retribuito
per evento” senza precisare cosa debba intendersi per evento. In assenza di una
diversa specificazione, è da considerare evento ogni fatto, la cui particolarità sarà
valutata dall’Amministrazione interessata cui si attesta la discrezionalità nella
concessione dei permessi, ritenendosi comunque che occorra almeno la soluzione di
continuità tra due fatti per poter essere in presenza di due diversi eventi, circostanza
che non sembra sussistere nel caso specifico.
Qual è la decorrenza dei giorni di permesso per lutto?
L’art.47 del CCRL prevede, al comma 1, che il dipendente, in caso di “lutti per coniuge
o convivente stabile, parenti entro il secondo grado ed affini di primo grado”, ha diritto
di assentarsi nell’anno solare per tre giorni per evento, senza precisarne la decorrenza.
In assenza di una specifica previsione contrattuale, si ritiene che per le modalità di
fruizione di tali permessi possa correttamente farsi riferimento alla disciplina contenuta
nel “Regolamento recante disposizioni di attuazione dell’articolo 4 della legge 8 marzo
2000, n.53, concernente congedi per eventi e cause particolari” adottato dal Ministro
per la Solidarietà Sociale di concerto con i Ministri della Sanità, del Lavoro e della
previdenza sociale e per le Pari Opportunità con il Decreto n.278 del 21 luglio 2000.
I permessi retribuiti per eventi particolari quali il decesso del coniuge, di parenti o affini
sono disciplinati dai commi 2 e 3 dell’art.1 del suddetto Regolamento ove è stabilito, in
particolare, che il dipendente deve previamente comunicare al datore di lavoro
“l’evento che dà titolo al permesso” - da documentare comunque con la relativa
certificazione - e “i giorni nei quali esso sarà utilizzato”, che “i giorni di permesso
devono essere utilizzati entro sette giorni dal decesso” ed infine che “nei giorni di
permesso non sono considerati i giorni festivi e quelli non lavorativi”.
E’ possibile applicare l’istituto dei permessi retribuiti, disciplinato dall’art. 47 del
CCRL del comparto non dirigenziale, all’assenza dal servizio di un dipendente
nominato componente del consiglio di amministrazione di un consorzio
interregionale per partecipare alle riunioni dello stesso?
La fattispecie rappresentata non è compresa tra le motivazioni per le quali possono
essere concessi i permessi retribuiti di cui all’art. 47 del CCRL.
L’incarico in questione appare configurarsi come incarico aggiuntivo soggetto ad
autorizzazione ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 e da svolgersi fuori dall’orario
di lavoro o ricorrendo all’istituto delle ferie.
QUESITI:
art. 49 - Diritto allo studio
A quale Amministrazione si attesta la contrattazione collettiva integrativa con la
quale, ai sensi del comma 2 dell’art.49 del C.C.R.L., potranno essere previste
“ulteriori tipologie di corsi…”?
Il riferimento, di cui all’art.49 comma 2 del C.C.R.L., alla possibilità che con la
contrattazione integrativa siano previste “ulteriori tipologie di corsi”, è, ad avviso di
questa Agenzia, da intendersi alla contrattazione integrativa decentrata presso i singoli
Dipartimenti che, ferma restando la competenza del Dipartimento regionale del
personale sul controllo del limite del 3% del personale beneficiario dei permessi studio,
costituiscono la sede ove può essere correttamente valutata la rispondenza della
particolare attività formativa alla specificità dei compiti istituzionali della struttura, sulla
base dei criteri generali dettati dalla stessa norma contrattuale che ha definito la durata
(almeno annuale) e le finalità (conseguimento di particolari attestati, perfezionamento,
acquisizione di specifiche professionalità, formazione in materia di integrazione dei
soggetti svantaggiati sul piano lavorativo) degli ulteriori corsi.
I permessi retribuiti di cui al comma 1 dell’art.49 del CCRL devono essere concessi
secondo quanto disposto dal comma 2 dello stesso articolo esclusivamente “per la
partecipazione a corsi destinati al conseguimento di titoli di studio universitari,
postuniversitari, di scuola di istruzione primaria (….) e per sostenere i relativi
esami” o possono essere concessi anche per la mera preparazione degli esami da
sostenere?
Il testo della norma esclude la possibilità di fruire di tali speciali permessi per la mera
preparazione degli esami da sostenere. Il comma 8 dello stesso art.49 specifica che
per la concessione dei permessi, i dipendenti devono presentare, prima dell’inizio dei
corsi, il certificato di iscrizione e, al termine degli stessi, l’attestato di partecipazione
nonché, riguardo agli esami, l’attestato di quelli sostenuti anche se con esito negativo.
QUESITI:
art. 50 – Assenze per malattia
Le assenze per malattia disciplinate dal comma 8 dell’art. 50 del C.C.R.L. possono
essere fruite dal dipendente anche ad ore, oltre che a giorni?
Ad avviso di questa Agenzia la formulazione della norma in questione non impedisce,
astrattamente, la fruizione della relativa disciplina anche ad ore; tuttavia, si ritiene che
ciò debba avvenire previa intesa con l’amministrazione e soprattutto ove nulla osti da
parte della struttura sanitaria alla ripresa dell’attività lavorativa nella medesima
giornata, in relazione alla specifica terapia.
Per casi differenti da quelli previsti al comma 8 dell’art.50 del C.C.R.L., come deve
essere considerato il dipendente che usufruisce di permessi orari per terapie che
abbia già esaurito i periodi previsti dal comma 2 dell’art.47 del C.C.R.L.?
Le assenze dal servizio per terapie per i casi differenti da quelli previsti dall’art. 50,
comma 8, una volta superati i limiti di cui all’art.47, comma 2 devono necessariamente
rientrare in altre tipologie di assenza disciplinate dal C.C.R.L., quali ad esempio i
permessi brevi (art.48) e le assenze per malattia (art.50), sempre che le terapie non
possano essere effettuate in orari diversi da quelli d’ufficio.
In caso di malattia insorta nell’arco della giornata lavorativa, durante l’orario di
servizio, l’eventuale parziale prestazione lavorativa effettuata dal dipendente che è
stato costretto ad allontanarsi dalla sede di lavoro può essere considerata
eccedenza e quindi fruita a titolo di riposo compensativo? E le ore della parziale
prestazione lavorativa possono superare la metà del normale orario di servizio
giornaliero? Con quali modalità l’eventuale riposo compensativo deve essere
fruito?
Il comma 11 dell’art.50 del CCRL, che disciplina il caso della malattia insorta nell’arco
della giornata lavorativa durante l’orario di servizio e per la quale il dipendente ha
lasciato la sede di lavoro, non stabilisce dei limiti al numero delle ore lavorate nella
giornata della parziale prestazione lavorativa.
Pertanto, laddove il certificato medico decorra da quella giornata e la stessa sia quindi
considerata assenza per malattia, tutte le ore lavorate devono essere considerate
eccedenza della prestazione di lavoro ordinario e di conseguenza possono essere
fruite a titolo di riposo compensativo di pari entità, anche ove, eventualmente,
l’ammontare di tali ore corrisponda all’intera giornata lavorativa.
Il riposo compensativo deve essere concesso previa relativa istanza del dipendente e
le modalità di fruizione, in assenza di una specifica previsione contrattuale, attengono
all’organizzazione interna dell’ufficio.
La normativa sulle aspettative per infermità prevista dal precedente contratto,
seppure non espressamente abrogata dall’attuale contratto collettivo è da
considerare ancora vigente?
La precedente normativa sulle aspettative per infermità, seppure non espressamente
abrogata dal contratto collettivo, è da considerare superata dalla disciplina delle
assenze per malattia introdotta dal vigente CCRL, basata sul principio della
conservazione del posto per il periodo di tempo stabilito dal citato art.50. A questo
riguardo si precisa che, proprio in relazione al carattere innovativo della normativa
contrattuale, nel computo dei diciotto mesi non vanno compresi i periodi di assenza per
motivi di salute e di aspettativa per infermità fruiti dal dipendente prima dell’entrata in
vigore del CCRL.
Si precisa, ulteriormente, che le assenze per malattia devono essere riferite tutte
all’art.50 del contratto collettivo, poiché i permessi retribuiti di cui all’art.47 riguardano
altre assenze, tra le quali quelle per visite mediche specialistiche o esami clinici.
Nei casi di terapie ordinarie non rientranti nei casi previsti dall’art. 50, comma 8
(terapie salvavita) a quale istituto contrattuale si può fare riferimento?
Possono rientrare nei permessi retribuiti di cui all’art. 47 fino alla concorrenza del limite
di cui al comma 2 dello stesso articolo; superato detto limite, le assenze per terapie
non rientranti nei casi previsti dall’art.50, comma 8 dovranno essere giustificate
facendo ricorso a permessi brevi (art. 48) o a ferie.
I periodi nei quali i dipendenti sono dichiarati temporaneamente non idonei a
qualsiasi proficuo lavoro vanno inclusi nel computo del periodo di conservazione
del posto?
Il comma 8 dell’art. 50 del CCRL stabilisce quali sono le assenze per malattia che
devono essere escluse dal computo del periodo di comporto. Nulla è previsto riguardo
ai periodi nei quali i dipendenti sono dichiarati temporaneamente non idonei a qualsiasi
proficuo lavoro. In assenza di una espressa previsione contrattuale, si ritiene che i
suddetti periodi non possano essere esclusi dal computo del periodo di conservazione
del posto.
Spetta l’indennità sostitutiva del preavviso quando è il dipendente stesso a chiedere
l’accertamento delle proprie condizioni di salute ai sensi del comma 3 dell’art. 50?
Il comma 4 dell’art. 50 del C.C.R.L. 2002-2005 prevede che l’Amministrazione può
procedere a risolvere il rapporto di lavoro “corrispondendo al dipendente l’indennità
sostitutiva del preavviso” in due casi: il primo ricorre quando sono stati “superati i
periodi di conservazione del posto previsti dai commi 1 e 2” del medesimo articolo, il
secondo quando “a seguito dell’accertamento disposto ai sensi del comma 3, il
dipendente sia dichiarato permanentemente inidoneo a svolgere qualsiasi proficuo
lavoro”. Il secondo caso indicato dalla citata norma contrattuale ricollega pertanto la
corresponsione dell’indennità in questione all’accertamento delle condizioni di salute
disposto ai sensi del comma 3 che può avvenire, secondo quanto previsto dal CCRL,
anche su richiesta del dipendente; il ricorrere di tale circostanza non può costituire di
per sé un motivo per escludere il riconoscimento del diritto all’indennità di che trattasi.
Inoltre l’indennità sostitutiva del preavviso spetta anche a coloro i quali è stata
riconosciuta la pensione di inabilità di cui all’art. 2, comma 12 della l. n. 335/1995,
come è stato chiarito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze - Dipartimento della
Ragioneria Generale dello Stato - Ispettorato generale per gli ordinamenti del
personale e l’analisi dei costi del lavoro pubblico con la nota n. 130869 del 21.11.2002
in cui è riportato anche l’indirizzo manifestato dal Consiglio di Stato circa la diversa
finalità dell’indennità di preavviso e del trattamento pensionistico, destinati,
rispettivamente, l’una a compensare l’interruzione traumatica del rapporto di lavoro,
l’altro a consentire al lavoratore inabile di provvedere nel tempo al sostentamento
proprio e della famiglia.
QUESITI:
art. 52 – Aspettative
Al dipendente che non abbia esaurito i periodi di congedo straordinario di cui al
comma 1 dell’art.52 del C.C.R.L. possono essere concessi periodi di aspettativa per
esigenze personali o di famiglia senza retribuzione?
L’istituto dell’aspettativa senza assegni è applicabile anche al dipendente che non
abbia esaurito i periodi richiamati al comma 1 dell’art.52 del C.C.R.L., come ad
esempio nei seguenti casi:
• qualora il dipendente abbia già usufruito del numero massimo di giornate di
assenze previste per particolari motivi familiari;
• qualora l’istanza del dipendente sia riferita ad un periodo di tempo eccedente i limiti
previsti dall’art.47 del C.C.R.L..
QUESITI:
art. 53 – Altre aspettative
Il dipendente contrattualizzato a tempo determinato in applicazione dell’art.15
comma 2 della legge regionale n.3/2005 può beneficiare dell’istituto
dell’aspettativa per corsi di dottorato di ricerca di cui al comma 2 dell’art.53 del
C.C.R.L.?
Poiché il comma 2 dell’art. 53 del C.C.R.L. disciplina l’aspettativa per motivi di studio
senza assegni riferendola ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, in ragione della natura dell’assenza che presuppone un certo periodo
di tempo per la sua fruizione che mal si concilia con rapporti di lavoro a termine, si
ritiene che l’istituto di cui sopra non possa applicarsi al dipendente a tempo
determinato.
art. 56 – Congedi dei genitori
Il diritto a percepire l’intera retribuzione nel limite di trenta giorni previsti dal
comma 2 lettera c) dell’art.56 del C.C.R.L. va riconosciuto per anno solare per
ciascun figlio di età compresa tra 0 ed 8 anni?
Il diritto a percepire l’intera retribuzione spetta soltanto per i primi trenta giorni di
assenza, anche in presenza di più figli di età inferiore ad otto anni “nel rispetto dei
limiti temporali previsti dal d.lgs. n.151/2001”.
Quanti giorni di astensione dal lavoro spettano al genitore per la malattia del
figlio di età non superiore a 3 anni e qual è il trattamento economico previsto per
tali giorni di assenza?
Come stabilito dal comma 1 dell’art. 47 del d.lgs. n.151/2001 “Entrambi i genitori,
alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro per periodi corrispondenti alle
malattie di ciascun figlio di età non superiore a tre anni”. L’art. 56 comma 2 lett. d)
del C.C.R.L. riconosce alle lavoratrici madri ed, in alternativa, ai lavoratori padri per
ciascun anno di età del bambino, cinque giorni di assenza retribuita secondo le
modalità indicate nella stessa lettera c) dello stesso comma 2.
Quanti giorni di astensione dal lavoro spettano al genitore per la malattia del
figlio di età compresa tra i 3 e gli 8 anni e qual è il trattamento economico
previsto per tali giorni di assenza?
Secondo quanto disposto dall’art.47 del decreto legislativo n.151/2001 e successive
modifiche ed integrazioni, richiamato dall’art.56 del vigente CCRL per quanto non
espressamente previsto dallo stesso in materia di tutela della maternità, a ciascun
genitore, alternativamente, è garantito il diritto di astenersi dal lavoro nel limite di 5
giorni lavorativi all’anno per la malattia di ogni figlio di età compresa tra i 3 e gli 8
anni. Tali giorni non sono retribuiti ma sono computati nell'anzianità di servizio e
sono coperti da contribuzione figurativa ai fini del trattamento di quiescenza.
Qualora nel corso di un anno il genitore non usufruisca, per la malattia del figlio
di età inferiore a tre anni, dei giorni di assenza retribuita previsti dalla lettera d)
dell’art.56, i giorni non utilizzati possono essere cumulati?
I giorni di assenza retribuita per malattia del figlio di età inferiore a tre anni non fruiti
nel corso dell’anno solare non sono cumulabili.
In quali casi il dipendente può avvalersi dell’autocertificazione prevista dalla
lettera g) dell’art.56 del C.C.R.L.?
L’autocertificazione prevista da tale norma è da intendersi come dichiarazione del
dipendente, resa sotto la propria personale responsabilità, del caso eccezionale,
imprevisto ed imprevedibile che abbia reso impossibile la presentazione dell’istanza
di fruizione del congedo parentale entro il ridotto termine di quarantotto ore indicato
dal primo periodo della stessa lettera g).
Come devono essere computati il sabato e la domenica nel caso di fruizione
frazionata del congedo parentale?
1. Nell’ipotesi in cui il dipendente, dopo avere usufruito di giorni di congedo
parentale fino al venerdi torni al lavoro il lunedi successivo, non vanno conteggiati
come congedo parentale il sabato e la domenica.
2. Nell’ipotesi in cui il dipendente, dopo aver fruito di congedo parentale dal lunedi al
venerdi, fruisca immediatamente dopo di ferie (o altri congedi o permessi) alle quali
segua l’effettiva ripresa dell’attività lavorativa, le giornate festive e i sabati ricadenti
tra il suindicato periodo di congedo parentale e le ferie (o altro congedo o permesso)
non vanno computati come congedo parentale.
3. Viceversa, quando si susseguono, senza effettiva ripresa dell’attività lavorativa,
un primo periodo di congedo parentale, un periodo di ferie (o altro congedo o
permesso) e un ulteriore periodo di congedo parentale, i giorni festivi e i sabati che
si collocano immediatamente dopo il primo periodo di congedo e immediatamente
prima del successivo vanno conteggiati come giorni di congedo parentale.
Si fa presente che tale orientamento tiene conto di quanto precisato dall’I.N.P.S. nel
messaggio n. 283790 del 25.10.2006.
L’astensione facoltativa dal lavoro disciplinata alla lettera c) del 2° comma
dell’art.56 del C.C.R.L. deve intendersi fruibile dai genitori solo
alternativamente?
Secondo quanto espressamente previsto dal comma 1 dell’art.56 del C.C.R.L.
2002/2005 del comparto non dirigenziale, al personale dipendente si applicano le
vigenti disposizioni in materia di tutela della maternità contenute nel D.Lgs.
n.151/2001 e successive modifiche ed integrazioni, oltre alle disposizioni di cui al
comma 2 dello stesso art.56 ai fini del trattamento economico.
Il D.Lgs. n.151/2001 disciplina i congedi connessi alla maternità e paternità
disponendo, al comma 2 dell’art.1, che “sono fatte salve le condizioni di maggior
favore stabilite da leggi, regolamenti, contratti collettivi (…)”. In particolare, il comma
1 dell’art.32 prevede che “Per ogni bambino, nei primi suoi otto anni
di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro” secondo le modalità
previste dallo stesso articolo; tale norma sancisce il diritto per i genitori di fruire del
congedo parentale anche contemporaneamente, così come chiarito pure dalla
circolare dell’INPS n.109 del 6 giugno 2000.
Pertanto, l’astensione facoltativa dal lavoro disciplinata alla lettera c) dell’art.56 del
C.C.R.L. deve intendersi fruibile dai genitori anche contemporaneamente, in
armonia con la richiamata normativa statale.
Si specifica, ulteriormente, che ai fini del trattamento economico del periodo di
astensione facoltativa il comma 2 lett.c) dell’art.56 del C.C.R.L. prevede che “per le
lavoratrici madri o, in alternativa, per i lavoratori padri i primi trenta giorni di assenza
per anno solare (…) non riducono le ferie, sono valutati ai fini dell’anzianità di
servizio. Per tale assenza spetta l’intera retribuzione fissa mensile, comprese le
quote di salario fisse e ricorrenti”.
Il contratto collettivo, dunque, limita il beneficio dell’intera retribuzione ai primi trenta
giorni di assenza complessivamente, anche se utilizzati da entrambi i genitori
alternativamente o contemporaneamente.
Il riconoscimento del beneficio dell’astensione facoltativa prevista dalla lettera c)
dell’art. 56 è estensibile al genitore adottivo?
Nulla osta all’applicazione della citata norma contrattuale in quanto, benché la
richiamata lettera c) citi soltanto l’art. 32 del d.lgs. n. 151 del 2001, recante la
disciplina del congedo parentale, e non anche l’art. 36 che estende il congedo
parentale ai casi di adozione (nazionale e internazionale) e di affidamento, non pare
immaginabile che il contratto collettivo abbia inteso escludere dal beneficio
economico il genitore adottivo, anche considerando che il citato art. 36 del d.lgs. n.
151/2001 riconosce pure al genitore adottivo il diritto all’indennità di cui all’art. 34,
comma 1, modificando soltanto i margini temporali di riferimento.
E’ riconoscibile il congedo parentale ad un dipendente a cui è stato
temporaneamente affidato un minore? In che misura può beneficiare del
congedo?
Nulla osta a che il dipendente temporaneamente affidatario di un minore possa
usufruire del congedo parentale, peraltro previsto dal d.lgs. 151/2001, ai sensi
dell’art. 56 del CCRL.
Relativamente al numero dei giorni di permesso spettanti a titolo di congedo
parentale, si ritiene che lo stesso debba essere rapportato alla durata
dell’affidamento.
TITOLO V - Trattamento economico
QUESITI:
art. 91 – Il piano di lavoro
Si deve procedere alla remunerazione della partecipazione al piano di lavoro in ogni
caso, a prescindere dall’esito della valutazione individuale, ed erogare l’intero
compenso previsto per la partecipazione al piano di lavoro?
Per poter apprezzare correttamente il ruolo della valutazione del personale e la sua
incidenza sugli istituti di incentivazione economica, sembra utile richiamare in modo
organico l’insieme delle disposizioni del CCRL del comparto non dirigenziale che
assumono un rilievo determinante nella specifica materia.
A tal fine possiamo citare:
a) l’art. 4, comma 1, secondo il quale la sottoscrizione dei contratti decentrati è rivolta
ad “incrementare la produttività e la qualità del servizio e … sostenere i processi di
riorganizzazione e di innovazione tecnologica e organizzativa”;
b) l’art. 4, comma 3, che affida al contratto decentrato il compito di regolare “i sistemi
di incentivazione del personale in servizio…….sulla base di obiettivi e programmi di
incremento della produttività e di miglioramento della qualità del servizio” nonché “i
criteri generali delle metodologie di valutazione basate su indici e standard di
valutazione”;
c) l’art. 91, comma 2, che individua gli obiettivi qualitativi del piano di lavoro, rivolti al
miglioramento dei servizi;
d) l’art. 91, comma 3, secondo il quale per valorizzare la qualità e le professionalità del
personale partecipante al piano, “le valutazioni finali per ciascun dipendente devono
tener conto …” di una serie di indicatori molto significativi sul piano meritocratico
(competenze specialistiche, capacità gestionali, grado di influenza sui risultati
aziendali, capacità di promuovere innovazioni, rapporto tra obiettivi e risultati conseguiti
ecc.);
e) l’art. 92, che prevede la individuazione di parametri per la determinazione del
compenso individuale ai singoli lavoratori; detti parametri, secondo l’allegato “L” sono
previsti nella loro entità massima, affidando alla valutazione del dirigente la concreta
attribuzione ai singoli (“saranno attribuiti a seguito della valutazione del responsabile
del piano”).
Sulla base delle clausole contrattuali sopra citate, appare evidente la coerente finalità
delle medesime clausole rivolte a sollecitare l’interesse dei datori di lavoro per la
individuazione di modelli di incentivazione fondati sui risultati di gestione e sulla
partecipazione qualitativa e quantitativa dei singoli lavoratori.
Questo modello è, peraltro, comune a tutte le discipline contrattuali dei lavoratori dei
comparti pubblici nazionali in quanto rispettoso anche delle specifiche prescrizioni
contenute nel D.Lgs. n.165 del 2001 e nella L.R. n.10/2000.
In pratica questo modello richiede, oltre ad una seria programmazione delle attività e
ad una incisiva organizzazione dei servizi, anche un modello di valutazione credibile,
condiviso ed efficace.
Il CCRL, in perfetta coerenza con le analoghe discipline del contratti collettivi
nazionali, ha ritenuto di affidare la concreta definizione dei modelli di valutazione alla
sede della contrattazione decentrata in quanto i criteri e il relativo procedimento sono
strettamente collegati alle seguenti situazioni:
le effettive condizioni organizzative delle strutture in cui deve essere applicato;
la consistenza qualitativa e quantitativa del personale in servizio;
la complessità dei processi decisionali;
il grado di conflittualità interna;
la natura dei rapporti con la utenza interna ed esterna.
E’ evidente che tutte queste particolarità “ambientali” possono essere meglio
apprezzate se le scelte e le regole vengono definite in una sede più prossima ai luoghi
di lavoro e alle persone che sono chiamate ad operarvi, sia pure con distinti ruoli
(intendiamo riferirci ai dirigenti e ai dipendenti).
Questo decentramento del livello regolativo può, indubbiamente, comportare che nelle
diverse sedi possano essere adottate soluzioni diversificate; ciò non significa,
comunque, che la diversità implichi necessariamente una disparità di trattamento tra
lavoratori.
Infatti i modelli di valutazione, secondo la diffusa esperienza sia nel privato che nel
pubblico, possono essere utili ed efficaci anche se fondati su criteri e comportamenti
diversificati; l’importante è che siano ritenuti utili per il conseguimento della comune
finalità che riguarda la valutazione dell’apporto partecipativo dei lavoratori ai risultati
preventivamente fissati dalla dirigenza.
In ogni caso una certa omogeneità delle soluzioni decentrate può essere assicurata,
ove le parti negoziali (e in modo particolare, la parte datoriale) sappiano dare coerente
attuazione alla disciplina del comma 3 dell’art. 91, che individua ben nove indicatori
che dovrebbero essere presi in considerazione ai fini delle “valutazioni finali di ogni
dipendente” tra cui fondamentale appare il “rapporto tra obiettivi e risultati conseguiti”.
QUESITI:
art. 92 – Parametri remunerativi per la partecipazione al piano di lavoro e indennità
Il trattamento accessorio del personale del comparto in servizio presso gli Uffici di
diretta collaborazione deve essere decurtato in relazione alle assenze?
A seguito dell’Accordo del 25.05.2007 anche agli uffici di diretta collaborazione si
applica la disposizione di cui al comma 3 dell’art. 92 del CCRL 2002-2005.
Nei casi di infortunio sul lavoro o malattia riconosciuta dipendente da causa di
servizio è escluso il compenso per la partecipazione al piano di lavoro?
Come stabilito ai commi 1 e 2 dell’art. 51 del vigente CCRL, in caso di assenza dovuta
ad infortunio sul lavoro o a malattia riconosciuta dipendente da causa di servizio, il
lavoratore ha diritto, per il relativo periodo di conservazione del posto, all’intera
retribuzione di cui all’art. 50 comma 7, lettera a), cioè al trattamento economico relativo
ai primi 9 mesi di assenza per malattia. Tale trattamento consiste nella “intera
retribuzione fissa mensile, con esclusione del compenso per la prestazione
professionale individuale di cui al successivo art. 94 (…)”. Non è prevista invece
l’esclusione del compenso per la partecipazione al piano di lavoro, da corrispondere
pertanto senza operare alcuna decurtazione.
Le assenze fruite ai sensi della legge n. 104/92 sono incluse tra quelle che l’art. 92
comma 3 prevede non comportano la decurtazione del compenso per la
partecipazione al piano di lavoro?
Le assenze fruite ai sensi della legge n. 104/92 non sono comprese tra quelle elencate
nell’art. 92, comma 3 e pertanto comportano la decurtazione del compenso per la
partecipazione al piano di lavoro.
Tali assenze peraltro godono di particolari prerogative proprio in virtù della specialità
della normativa di che trattasi e della rilevanza degli interessi da essa tutelati. Esse,
infatti, per espressa previsione dell’art. 47, comma 6 , non sono computate ai fini del
raggiungimento dei limiti temporali di cui ai precedenti commi dello stesso art. 47 e non
riducono le ferie.
L’assenza dal servizio per testimonianza in giudizio può rientrare tra le assenze dal
servizio elencate al 3° comma dell’art. 92 del CCRL del comparto non dirigenziale
che non comportano decurtazione del compenso per la partecipazione al piano di
lavoro?
L’assenza dal servizio per testimonianza in giudizio per fatti non di ufficio è
espressamente indicata tra le motivazioni per le quali è possibile usufruire dei permessi
retribuiti previsti dall’art. 47 del CCRL e soggiace pertanto alla disciplina prevista per
tali permessi, con conseguente decurtazione del compenso di che trattasi.
All’assenza del dipendente per donazione di sangue si applica la decurtazione del
compenso per la partecipazione al piano di lavoro prevista dal comma 3 dell’art. 92
del C.C.R.L.?
L’assenza connessa alla donazione di sangue, in quanto equiparabile secondo la
giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza 18/02/1992 n. 52) all’assenza per
malattia, non rientra tra le assenze che comportano la decurtazione del compenso per
la partecipazione al piano di lavoro, ai sensi dell’art. 92 del CCRL.
E’ possibile erogare il compenso per la partecipazione al piano di lavoro a dirigenti
sindacali che hanno usufruito di permesso sindacale per l’intero anno lavorativo?
Il comma 3 dell’articolo 92 del CCRL dispone che il compenso per la partecipazione al
piano di lavoro deve essere decurtato in relazione alle assenze dal servizio effettuate
dal dipendente tranne che per alcune tipologie di assenze espressamente individuate
dalla stessa norma, tra le quali quelle per permessi sindacali senza specificare, al
riguardo, limiti temporali.
Pertanto la disciplina contrattuale consente l’erogazione del compenso anche in caso
di assenza protrattasi per l’intero anno.
L’assenza per interdizione per gravidanza a rischio comporta la decurtazione del
compenso relativo alla partecipazione al piano di lavoro di cui al comma 3 dell’art.
92 del vigente CCRL?
L’interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza disposta, per gravi
complicanze, dal servizio Ispettivo del Lavoro ai sensi dell’art. 17 comma 2 lettera a)
del d.lgs. n. 151/2001, determina di fatto il prolungamento del periodo di astensione
obbligatoria di cui all’art. 16. dello stesso Decreto legislativo.
Pertanto, poiché l’assenza per interdizione nel caso di gravidanza a rischio è
equiparabile al periodo di astensione obbligatoria per maternità, la stessa non
comporta decurtazione del compenso relativo alla partecipazione al piano di
lavoro.all’istituto delle ferie.
QUESITI:
artt. 102 - 105 - Indennità di mensa
L’indennità di mensa prevista dall’art. 105 del CCRL del comparto non dirigenziale
spetta anche al personale che effettua il rientro pomeridiano per recuperare il debito
orario?
Le condizioni di attribuzione dei buoni pasto sono quelle previste dall’art. 104 ai commi
2 e 3 che non contemplano il caso del rientro per recupero orario. Una diversa
interpretazione, che estendesse tale attribuzione a casi non previsti dai suddetti
commi, non sarebbe possibile, in quanto comporterebbe un costo contrattuale non
evidenziato in sede di giudizio di certificazione del C.C.R.L..
I dipendenti che effettuano una prestazione di lavoro dopo l’orario ordinario per
partecipare ad un progetto obiettivo acquisiscono il diritto all’indennità di mensa?
Il comma 3 dell’art. 104 del C.C.R.L. 2002/2005 del comparto non dirigenziale, che
indica le modalità per l’erogazione dell’indennità di mensa, prevede l’attribuzione del
buono pasto anche per la giornata lavorativa nella quale il dipendente effettua, nelle
modalità in esso indicate, “una prestazione di lavoro straordinario”.
Tenuto conto che il progetto obiettivo è uno strumento gestionale che si realizza “al di
fuori dell’orario ordinario di lavoro”, come specificato dal comma 1 dell’art. 93 del
C.C.R.L., la sopra richiamata disposizione di cui all’art. 104 comprende, ad avviso di
questa Agenzia, anche la prestazione di lavoro per progetto obiettivo al fine della
corresponsione dell’indennità in questione.all’istituto delle ferie.
Titolo VI
QUESITI:
art. 107 – Commissioni paritetiche per le controversie inerenti il FAMP
La Commissione Paritetica prevista dall’art. 107 del CCRL può riesaminare e
apportare variazioni ai punteggi assegnati dai dirigenti in sede di valutazione del
personale?
Il riesame dei punteggi assegnati non è un compito di pertinenza della Commissione
paritetica prevista dall’art.107 del C.C.R.L., alla quale possono invece essere rimesse,
conformemente a quanto previsto dal comma 2 dello stesso articolo, le questioni
concernenti i criteri generali relativi alla valutazione del personale.
ALLEGATO “A” – Criteri per l’individuazione dei profili professionali a regime
QUESITI:
Ai funzionari direttivi laureati in ingegneria o in architettura che hanno avuto
accesso alla categoria D dall’interno, possono essere attribuiti incarichi di tipo
professionale propri dell’attività dell’ingegnere o dell’architetto, secondo quanto
contemplato dai rispettivi ordinamenti professionali?
L’Allegato “A” al CCRL 2002/2005 del personale del comparto non dirigenziale,
recante i criteri per l’individuazione dei profili professionali a regime, relativamente
alla categoria D indica, a titolo esemplificativo, come appartenenti alla suddetta
categoria, “i profili identificabili nelle figure professionali di agronomo, psicologo,
ingegnere, architetto, geologo, avvocato (…). Lo stesso allegato prevede altresì,
quale titolo di studio per l’accesso alla categoria D il diploma di laurea o il diploma di
laurea specialistica secondo le caratteristiche del profilo “ed eventuali titoli
professionali o abilitazioni previsti dalla legge per lo svolgimento dei compiti
assegnati”.
In relazione a quanto previsto dal contratto collettivo si ritiene che i funzionari
direttivi laureati in ingegneria o in architettura possono svolgere attività per le quali
non sia espressamente richiesta dalla legge un’abilitazione professionale, che
rappresenta il requisito necessario per lo svolgimento delle attività professionali
riservate ad ingegneri o architetti appartenenti ai relativi ordinamenti professionali.
ALLEGATO “M” – Elenco delle indennità erogabili
QUESITI:
Le indennità di cui all’Allegato M devono essere erogate in rapporto alla presenza
effettiva in servizio?
Tutte le indennità di cui all’allegato M vanno corrisposte senza decurtazione per le
assenze effettuate, fatta eccezione per le indennità espressamente previste come
giornaliere.
L’indennità di tutela e vigilanza può essere attribuita ad un dipendente che non è in
condizione di assicurare lo svolgimento delle funzioni di ufficiale di polizia
giudiziaria in modo continuativo?
Si ritiene che se il dipendente non è in condizione di assicurare lo svolgimento delle
funzioni di U.P.G. in modo continuativo, l’indennità di tutela e vigilanza possa essere
corrisposta solo rapportandola al periodo di effettivo svolgimento delle funzioni di
polizia giudiziaria.
Il contratto collettivo vigente riconosce l’indennità di ufficiale rogante?
Tenuto conto che il contratto collettivo non richiama, sulla materia di che trattasi,
alcun’altra normativa, si ritiene che l’elencazione di cui all’allegato M debba
considerarsi esaustiva delle indennità erogabili al personale del comparto non
dirigenziale. Non ricorrono pertanto i presupposti per potere considerare vigente
l’indennità legale prevista dal D.P.Reg. n. 26/99.
L’indennità di disagio prevista dall’allegato M del CCRL può essere riconosciuta ai
dipendenti che risiedono in Comuni diversi dalla sede di lavoro ad essi assegnata,
quando il Comune di residenza non è collegato con la sede di lavoro con mezzi
pubblici in orari utili all’espletamento del servizio ?
La fattispecie descritta non sembra integrare quella prevista dall’allegato “M” del
CCRL, in quanto l’indennità in questione deve intendersi erogabile nei casi in cui il
personale viene dislocato temporaneamente in sedi diverse da quella di servizio e “per
il periodo di non residenza”, come ad esempio nel caso di assegnazione alle isole
minori o ad altre sedi ugualmente disagiate in quanto distanti dal luogo ove si presta
abitualmente servizio, permanendo per il dipendente, al fine di assolvere al dovere di
garantire l’effettiva e soddisfacente prestazione lavorativa, il dovere di stabilire quale
sua dimora il luogo in cui si trova l’ufficio, che può essere diversa dalla residenza
anagrafica.
Quali sono i criteri per la corresponsione dell’indennità informatica?
L’attribuzione dell’indennità informatica spetta, secondo quanto previsto dalla disciplina
contrattuale contenuta al punto 7) dell’Allegato M al vigente CCRL, ai soggetti
assegnati ad un centro formalmente costituito o ad un sistema informativo elettronico,
“cioè ad insieme di servizi comprendenti la fase di programmazione - acquisizione ed
elaborazione di dati -, e quella relativa alla realizzazione registrazione o controllo di
sistemi informativi”.
Oltre alla formale assegnazione ad una struttura che presenti le suddette
caratteristiche, occorre che il dipendente svolga compiti informatici che possano essere
individuati nell’ambito delle attività previste dal contratto.
La valutazione circa la sussistenza dei presupposti per l’erogazione dell’indennità in
discorso e in merito alla graduazione della stessa in relazione alle mansioni svolte
nell’ambito di un sistema informativo elettronico che abbia le caratteristiche definite dal
CCRL si attestano alla competenza del datore di lavoro e della contrattazione
aziendale. A questo riguardo, comunque, si ritiene che non possano essere
considerate le mere attività di acquisizione, elaborazione o registrazione di dati in
quanto, diversamente operando, ad avviso di questa Agenzia si ripristinerebbe di fatto
la soppressa indennità video, per la quale era sufficiente l’utilizzo del computer, oggi
divenuto diffuso, per elaborazioni di supporto alla propria attività lavorativa.