fiaba e favola

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fiaba e favola
I generi della narrativa
MODULO 4
FIABA E FAVOLA
PREREQUISITI
1. Conoscenza degli elementi costitutivi del
testo narrativo
2. Conoscenza dei generi letterari della
narrativa
3. Conoscenza dei principali strumenti di
analisi narratologica
4. Capacità di applicazione degli strumenti
di analisi narratologica a semplici testi
narrativi
OBIETTIVI
1. Conoscenza delle caratteristiche della
fiaba e della favola e delle loro componenti strutturali ricorrenti
2. Conoscenza dell’evoluzione storica del
genere
3. Conoscenza della teoria delle funzioni di
Propp
4. Capacità di attribuire le caratteristiche
di genere a una fiaba e ad una favola
5. Capacità di applicare alle fiabe e alle favole le categorie di analisi narratologica
6. Capacità di applicare alle fiabe e alle favole le funzioni di Propp
7. Capacità di riscrivere una fiaba o una favola secondo la struttura narrativa ricorrente
8. Capacità di riscrivere una fiaba o una favola variando alcune caratteristiche di
struttura
Narrativa
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I generi
Fiaba
FIABA
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Storia di Khalid ibn
Abdallàh al-Qasri e del giovane ladro
La fiaba nasce prima di tutto come racconto
popolare. Il repertorio di storie e personaggi
che caratterizza la narrazione fiabesca attinge
alla tradizione orale tipica di tutte le comunità
umane. Generalmente si tratta di “storielle” che
venivano raccontate per addormentare i bambini o per intrattenersi durante le serate invernali,
narrazioni fantastiche che davano voce alle credenze e alle superstizioni popolari più diffuse.
Il termine “fiaba”, infatti, deriva dal latino fabula,
ed è interessante ricordarlo, perché la traduzione
più generica di fabula è “discorso della gente, diceria”. L’etimologia della parola dimostra quindi il
peso della trasmissione orale nella trasformazione e nell’arricchimento del repertorio tematico
della narrazione fiabesca e spiega anche le contaminazioni tra universi culturali diversi.
A
nche se la fiaba popolare appartiene alla nostra cultura delle origini, in realtà è soltanto tra
il XVI e il XVII secolo che l’Occidente comincia a
dimostrare un qualche interesse per questo genere letterario. Appartengono a questo periodo
le prime raccolte di fiabe che hanno contribuito
a fissare le caratteristiche di genere della fiaba
popolare, da Le piacevoli notti di Giovan Francesco Straparola, al Cunto de li cunti di Gianbattista Basile, ai più famosi Racconti di mia madre
Oca di Charles Perrault.
Sono essenzialmente due le caratteristiche
distintive del genere fiabesco: la prima è da riscontrarsi sul piano dei temi e dei luoghi narrativi, la seconda a livello di struttura narrativa.
Per quanto riguarda i temi e i luoghi narrativi,
occorre osservare che la fiaba è prima di tutto un
racconto fantastico. I diversi protagonisti delle
storie delle prime raccolte, esseri umani oppure
animali parlanti, compiono generalmente imprese
straordinarie e, nella maggior parte dei casi, inaccessibili a un comune mortale. I luoghi che fanno
da cornice agli eventi, anche se presentano un richiamo ad ambientazioni realistiche, sono in realtà
estranei alle normali coordinate spazio-temporali:
le fiabe vengono collocate in “non-luoghi” dove i
personaggi sono chiamati a rispondere soltanto
alle regole delle loro terre fantastiche.
Inoltre, le fiabe presentano una struttura nar-
rativa che tende a ripetersi, anche se vengono
modificati i personaggi principali e i luoghi, realistici o fantastici, che costituiscono l’ambientazione della vicenda.
AUTORE: anonimo
OPERA: la fiaba fa parte della celebre raccolta Le
mille e una notte, il prodotto finale di una lunga tradizione orale che prende la sua definitiva forma
scritta nel XIV secolo
❍ STRUMENTI DI ANALISI: i personaggi nell’intreccio narrativo S9; la presentazione dei personaggi
S10; la morfologia della fiaba S14
❍
Un giovane ladro, una ragazza innamorata e una pubblica punizione.
In un tempo sospeso, all’ombra di alti minareti, si
muove il personaggio dell’emiro di Bàssora, che offre
un affascinante affresco del mondo arabo, attraverso
un’arguta lezione sull’esercizio del potere.
❍
I n particolare l’intreccio che caratterizza la
maggior parte delle fiabe di magia prevede:
– una fase iniziale, preparatoria alla fiaba: vengono presentati i diversi protagonisti e compare
l'antagonista mentre prepara un inganno per impossessarsi della vittima o dei suoi averi;
– l'esordio e la fase ascendente della narrazione: corrisponde al danneggiamento: l'antagonista riesce a mettere a segno le sue trame
e l'eroe comincia la sua ricerca;
– il momento culminante: l'eroe riesce a trovare l'oggetto della sua ricerca;
– la fase discendente della narrazione: coincide con il ritorno a casa dell'eroe e con le
prove successive che questi deve ancora affrontare, prima che il suo valore e le sue imprese vengano riconosciute;
– la conclusione: l'eroe e la principessa si sposano.
Anche se la struttura narrativa delle fiabe può
sembrare semplice, in realtà ogni elemento che
compare all'interno della narrazione ha un ruolo
estremamente complesso. Prima di tutto si devono sempre fare i conti con la tradizione che ha
prodotto quella fiaba, che ha creato quei personaggi e che ha ritenuto importante riportare
proprio quella vicenda e non un'altra, per trasmettere un preciso messaggio.
Inoltre non dobbiamo dimenticare che un'altra
possibile traduzione del termine latino fabula è
anche “mito” o “leggenda”. In questo caso, il
racconto fantastico si trasforma nel racconto
delle origini di un popolo, nella storia leggendaria degli avi che hanno fondato villaggi, città, imperi. È questo il caso, per esempio, delle fiabe
africane o delle storie dei nativi d’America.
DAL TESTO ALLE REGOLE
Tempi passati dell’indicativo, p. 000
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Si racconta che Khalid ibn Abdallàh al-Qasri era emiro di Bàssora, quando gli si
presentò una comitiva tenendo stretto un giovane di mirabile bellezza, dall’apparenza raffinata, di aspetto intelligentissimo e portamento elegante, tutto profumato, perfettamente calmo e dignitoso. Lo presentarono a Khalid, che domandò la sua storia,
e risposero: – Costui è un ladro; l’abbiamo catturato iersera in casa nostra –. Khalid
lo guardò, ammirò il suo bell’aspetto e la sua eleganza, ordinò a quelli di lasciarlo, gli
si avvicinò e lo interrogò sul suo caso. Rispose il giovane: – Costoro dicono la verità,
le cose stanno come hanno detto! – E che cosa ti ha indotto a rubare, essendo un così bel giovane, di aspetto signorile? – Rispose: – Mi ha portato al furto la cupidigia
dei beni di questo mondo e il volere di Dio, sia esaltato e glorificato! – Ti pigli un accidente! – esclamò Khalid, – la bellezza del tuo viso, la tua intelligenza, la buona
educazione che hai ricevuto, non bastavano a distoglierti dal furto? – O emiro, – rispose, – lascia stare queste cose, e fa’ quel che l’Altissimo ti ha ordinato. Il guaio me
lo sono procurato con le mie mani, e dice il Corano: “Iddio non è ingiusto verso i
suoi servi”.
Khalid se ne stette un poco taciturno, meditando sul caso del giovane, poi gli si accostò e gli disse: – La tua confessione in presenza di testimoni mi turba; io non ti credo un ladro. Può darsi che tu abbia un’altra storia, non di furto: raccontamela! – O
emiro, – rispose, – non ti mettere in testa cosa diversa da quel che ti ho confessato;
altra storia non ho da dirti che questa: sono entrato in casa di queste persone ed ho
rubato quel che ho potuto. Mi hanno preso, me l’hanno tolto e mi hanno condotto
da te.
Ordinò allora Khalid che fosse messo in prigione e che un banditore proclamasse per la
città di Bàssora: – Chi vuol vedere il castigo del ladro tale, e il taglio della sua mano, si
presenti domattina nel tal luogo.
Quando il giovane si trovò in prigione e gli posero i ferri alle gambe, sospirò profondamente, sparse lacrime e recitò questi versi:
Khalid mi ha minacciato del taglio della mano se non gli rivelavo la storia di lei;
Risposi: – Non sia mai che io racconti l’amore per lei che il mio cuore contiene!
L’aver tagliata la mano per la colpa che ho confessato, pesa meno al mio cuore che non il disonorarla.
I carcerieri udirono questi versi e li riferirono a Khalid che, venuta la notte, ordinò di
condurgli il detenuto. Lo interrogò e lo trovò intelligente, istruito, acuto, spiritoso e vi-
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Narrativa
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I generi
Fiaba
vace. Fece portare la cena, mangiò, conversò un certo tempo con lui, poi gli disse: – Ho
saputo che hai una storia diversa da quella del furto; domani, alla presenza del cadi1 e
della gente, sarai interrogato sul furto: negalo e confessa quel che può evitarti il taglio
della mano, perché l’Inviato di Dio2 (Dio lo benedica e lo salvi!) ha detto: “Evitate le pene stabilite, nei casi dubbi” –. Quindi ordinò di ricondurlo in prigione.
Il giovane passò la notte in prigione, e venuto il mattino affluiva la gente per vedergli
tagliare la mano, e non c’era a Bàssora nessuno, uomo o donna, che non fosse accorso a
vedere il castigo di quel giovane. Venne Khalid a cavallo, in compagnia dei notabili3 di
Bàssora e di altra gente, furono poi convocati i giudici e dato ordine che si conducesse il
giovane al loro cospetto. Arrivò, incespicando nelle catene, e nessuno poté vederlo senza piangere su di lui, e le donne a gran voce intonavano per lui le lamentazioni funebri.
Il cadi ordinò di far tacere le donne, poi disse all’accusato: – Queste persone affermano
che tu sei entrato in casa loro ed hai rubato la loro roba. Forse hai rubato per un valore
minimo, che esclude il taglio della mano? – No, – rispose, – ho rubato di più. – Ma forse,
– disse il giudice, – eri comproprietario con loro per qualcuno degli oggetti rubati? – No,
tutta la roba apparteneva a loro. Io non vi avevo sopra nessun diritto – Khalid allora andò
in collera, saltò su e gli assestò una frustata in faccia, citando a proposito del suo caso
questo distico4.
giovane, lo baciò in mezzo agli occhi, fece venire il padre della ragazza e gli disse: – O
sceicco, avevamo deciso di applicare a questo giovane la sentenza di mutilazione, ma
Iddio, sia esaltato e glorificato! lo ha preservato da questa pena, ed io ho ordinato di
dargli diecimila dinàr5 perché sacrificava la sua mano per salvare l’onore tuo e di tua
figlia e risparmiar la vergogna ad ambedue. Ho poi ordinato di dare a tua figlia altri
diecimila dinàr per avermi svelato la verità ed ora ti domando il permesso di dargliela
in moglie. – O emiro, – esclamò il vecchio, – acconsento! – Khalid lodò Iddio e lo
ringraziò, quindi predicò un bel sermone, poi disse al giovane: – Ti do per moglie la
fanciulla tale, qui presente, col suo consenso, il suo gradimento e il consenso del padre, assegnandole in dote questa somma di diecimila dinàr. – Accetto da te questo matrimonio, – rispose il giovane. Allora Khalid ordinò che il danaro fosse portato in casa del giovane, nel corteo nuziale, su vassoi, e la gente se ne andò allegra e contenta,
né ho mai veduto una giornata più sorprendente di quella: cominciò con lacrime e
guai e finì con gioia e felicità.
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(Le Mille e una notte, trad. it. di F. Gabrieli, Einaudi, Torino 1969)
5. dinàr: moneta d’oro in uso nel mondo arabo durante il Medioevo.
L’uomo vuole ottenere quel che desidera, ma Dio dà soltanto quel che vuole Lui.
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Quindi chiamò il carnefice perché tagliasse la mano; quello tirò fuori il coltello e l’altro
allungò la mano. Già vi aveva applicato il coltello, quand’ecco spuntare di fra le donne
una fanciulla, vestita di luridi stracci, che gridando si gettò sul giovane. Scoprì quindi il
viso, che somigliava alla luna piena, e allora la gente prese a rumoreggiare: poco mancava che non scoppiasse un tumulto e non succedessero guai. Intanto la fanciulla gridava a
gran voce: – Ti supplico in nome di Dio, o emiro, non affrettare il supplizio se prima non
hai letto questo foglio! – e porgeva uno scritto. Khalid lo aprì e lo lesse; conteneva questi versi:
O Khalid! Costui è pazzo e schiavo d’amore, gli occhi miei l’hanno trafitto con l’arco delle sopracciglia;
Lo trafisse una freccia dei miei sguardi, perché egli è alleato della passione, incapace a rimettersi dal suo
male.
Ha confessato quel che non aveva commesso, quasi ritenendo ciò preferibile al disonore dell’amata.
Non infierire dunque contro l’afflitto amante, che non è un ladro, ma un generoso carattere fra gli uomini.
Letti questi versi, Khalid si trasse in disparte, fece venire la donna e la interrogò sul
caso. Gli disse che quel giovane era innamorato di lei ed essa di lui; per visitarla veniva alla casa dei suoi e gettava un sasso contro la facciata per avvertirla del suo arrivo.
Il padre e i fratelli avevano sentito il rumore del sasso ed erano accorsi, ma egli, sentendoli venire, aveva raccolto tutta la roba di casa per comparire ladro davanti a loro
e salvare l’onore dell’amante. Trovandolo con le mani nel sacco, lo avevano preso dicendo: – Ecco il ladro; – l’avevano portato: – davanti a te, ed egli ha confessato il furto, e ha persistito nella confessione, per non disonorarmi. Tale è stata la sua condotta,
esponendosi alle conseguenze del furto, per l’estrema nobiltà e generosità dell’animo
suo! – Disse Khalid: – Certo egli è degno di ottenere quel che desidera –. Chiamò il
DAL TESTO
ALLE REGOLE
Tempi passati dell’indicativo
✑ Il passato remoto è un tempo del modo indicativo; esprime un’azione passata momentanea e perfettiva, cioè un’azione avvenuta in un momento ben preciso e del tutto conclusa (momentanea), senza più legami con il presente (perfettiva).
Una sera lo vidi impallidire leggermente; rimase un momento senza parlare, da allora mi è sembrato più vulnerabile e anche più simpatico.
Il suo uso nel parlato è comune nell’Italia centrale e meridionale, mentre nelle altre regioni tende sempre più a essere sostituito dal passato prossimo, anche a livello di lingua medio-alta; talora anche nello scritto il passato remoto è
sostituito dal passato prossimo.
✑ L’imperfetto esprime un’azione del passato colta nel suo svolgimento di essa si vuole
evidenziare l’aspetto durativo.
Intanto la fanciulla gridava a gran voce o ripetitivo (iterativo).
Ogni mattina Khalid sedeva in tribunale per amministrare la giustizia.
Viene anche usato al posto del condizionale presente, come tempo di cortesia (Volevo un paio di jeans).
✑ Il passato prossimo indica un fatto accaduto in un passato recente oppure un evento i
cui effetti continuano nel presente.
Costui è un ladro; l’abbiamo catturato ieri sera in casa nostra (ed è ancora prigioniero).
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1. cadi: magistrato musulmano
che amministra la giustizia.
2. Inviato di Dio: si tratta di
Maometto, il profeta dell’Islam
al quale fu dettato il Corano,
che viene citato subito dopo.
3. i notabili: gli uomini più importanti della città.
4. distico: una strofa composta di due versi.
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Il passato remoto è il tempo caratteristico dei testi narrativi: viene usato per esprimere le azioni principali, quelle che si collocano in primo piano (Quindi chiamò il carnefice perché tagliasse la mano; quello tirò fuori il coltello e l’altro allungò la mano).
L’imperfetto è usato nelle descrizioni (La principessa era la più bella fanciulla del mondo); per indicare azioni che si
ripetono (tutte le sere uno di noi raccontava una storia agli altri) o azioni di sfondo (C’era una volta una vecchia regina, che era una maga e sconfiggeva con i suoi sortilegi i nemici del regno).
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Narrativa
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I generi
Fiaba
Il passato prossimo si trova soprattutto nel discorso diretto (– E che cosa ti ha indotto a rubare? – Rispose: – Mi ha portato al furto la cupidigia dei beni di questo mondo).
1. Sottolinea sul testo a p. 000 tutti i tempi passati ed evidenzia quale rapporto temporale si stabilisce tra le varie
frasi (anteriorità, posteriorità, contemporaneità).
2. Nella fiaba di p. 000 sostituisce con il presente i diversi tempi del passato ogni volta che è possibile: che cosa
cambia nel racconto?
3. Scrivi la prima persona singolare dell’imperfetto, del passato remoto e del passato prossimo dei seguenti verbi:
dire, mangiare, vedere, scrivere, pensare, leggere, apparire, udire, venire, spingere, togliere, valere, vivere, volere,
ridere, perdere, piangere, invadere.
Incontro tra Khalid e la fanciulla: la fanciulla,
camuffata da mendicante, porge a Khalid un foglio dove si cerca di dimostrare l’innocenza del
giovane. L’emiro avrebbe potuto ignorare il fatto
e procedere all’esecuzione del taglio della mano,
invece decide di ascoltare la donna, concedendo
una seconda opportunità al giovane, e considera
degno di fiducia il discorso della ragazza.
Il ritratto che ne deriva è evidentemente quello
di un uomo che, pur nell’esercizio del potere,
conserva una profonda sensibilità per le vicende
umane.
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Incontro tra Khalid e il padre della ragazza:
l’emiro avrebbe potuto decidere sulla sorte dei
giovani senza chiedere il consenso al padre della
fanciulla, invece gli chiede il permesso, evitando
così di umiliarlo in pubblico; gli dimostra anzi
stima perché ha rispettato la legge, consegnando
il presunto ladro alle autorità.
L’immediato consenso del padre alla decisione
dell’emiro non fa che dimostrare che Khalid si è
comportato in modo saggio e giusto.
LABORATORIO
ANALISI DEL TESTO
La costruzione
di un personaggio
La costruzione dei diversi personaggi che si
muovono all’interno di una vicenda è un momento estremamente delicato dell’invenzione
narrativa. È proprio a questo livello, infatti,
che vengono anticipate tutte le informazioni
necessarie per prevedere quale sarà il ruolo di
ogni singolo personaggio all’interno della vicenda.
Da questo punto di vista il personaggio dell’emiro Khalid rappresenta un ottimo esempio.
L’emiro è il primo personaggio che compare
sulla scena e uno degli indiscussi protagonisti
della vicenda. Nel testo, tuttavia, non troveremo
alcun riferimento preciso al suo aspetto fisico o
alla sua personalità. L’osservazione è interessante perché, in realtà, dopo aver letto con attenzione la fiaba, possediamo tutta una serie di
informazioni che ci permettono di descrivere
l’emiro come un uomo giusto, corretto e saggio,
amato dai suoi sudditi, sensibile alla bellezza,
abituato a vivere in un modo raffinato, elegante
e sapiente.
Evidentemente la costruzione di questo personaggio non procede attraverso una successione
di indizi diretti (caratteristiche fisiche e psicologiche esplicitate direttamente all’interno del testo), ma grazie a indizi indiretti.
Il gioco degli indizi
e delle combinazioni
Esistono molti modi di usare sul piano narrativo
gli indizi indiretti per costruire un personaggio.
In questo caso, il ritratto dell’emiro di Bàssora
prende forma attraverso l’incontro con gli altri
personaggi della vicenda, tanto che possiamo definire delle vere e proprie “sfere d’incontro”.
Incontro tra Khalid e il giovane ladro: nella
descrizione del giovane ladro si insiste molto sul
suo aspetto fisico, affermando che si tratta di un
giovane di mirabile bellezza, dall’apparenza raffinata, di aspetto intelligentissimo e portamento
elegante, tutto profumato, perfettamente calmo
e dignitoso. Questo particolare ci porta a pensare
che simili caratteristiche siano tenute in grande
considerazione dall’emiro, visto che è proprio in
virtù di queste ultime che egli mette in dubbio la
confessione del giovane ladro.
Incontro tra Khalid e i carcerieri: i carcerieri, dopo aver ascoltato i lamenti del giovane, non
hanno un attimo di esitazione e riferiscono immediatamente all’emiro il contenuto di quanto
hanno ascoltato. Questo ci porta a pensare che
Khalid sia riuscito a stabilire con i suoi sottoposti un rapporto di reciproco rispetto e fiducia e
che i carcerieri siano convinti della grande capacità dell’emiro di prendere la decisione più
saggia.
Comprendere
1. Dopo aver letto o ascoltato con attenzione la fiaba, rispondi alle domande scegliendo il completamento corretto:
A. Il giovane è
a un ladro.
b una conoscenza del sultano.
c un appassionato innamorato.
d un bugiardo.
B. La fanciulla è
a una delatrice.
b la fidanzata del giovane innamorato.
c una povera ragazza.
d una povera ragazza abbandonata.
C. L’emiro Khalid avrebbe dovuto punire immediatamente il giovane ma
a decide di credere alle informazioni raccolte
c non crede al racconto del giovane.
d preferisce pensare con più calma alla giusta punizione
dai carcerieri.
b viene interrotto dall’intervento della fanciulla.
che gli spetta.
D. Dopo aver scoperto la verità, l’emiro Khalid
a punisce il giovane perché non ha raccontato la verità.
b punisce la famiglia della fanciulla per aver costretto
il giovane a fingersi ladro.
c ordina il matrimonio immediato dei due giovani.
d decide il matrimonio dei due giovani e consegna loro
20 000 dinàr.
❉ 2. Perché l’emiro di Bàssora non crede alla storia del giovane?
Conoscere la lingua
3. Tutta la fiaba viene raccontata usando il passato remoto come tempo principale della narrazione. Perché? Quale
aspetto dell’azione viene espresso dal passato remoto? Quale altro tempo passato viene utilizzato? Qual è la sua funzione?
4. I due giovani, in due momenti particolarmente significativi della narrazione, usano alcuni versi poetici per esprimere il loro stato d’animo. In entrambi i casi la poesia si dimostra più adatta della prosa a esprimere i sentimenti d’amore che provano l’uno nei confronti dell’altro. Individua nel testo le due parti in versi e per ciascuna di esse sottolinea tutte le espressioni che appartengono al campo semantico dell’amore. Successivamente trascrivi le stesse espressioni
usando la prosa e utilizzando un linguaggio vicino all’italiano parlato.
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Narrativa
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I generi
Fiaba
LABORATORIO
Jacob e Wilhelm Grimm
Analizzare
L’acqua della vita
5. Chi è il vero narratore della vicenda? Quali altre voci narranti puoi riconoscere nello svolgersi del racconto?
6. L’intreccio della vicenda è estremamente interessante. Ricostruisci la fabula, segnalando le macrosequenze narrative.
7. Di quale tipo di focalizzazione possiamo parlare? Considera i vantaggi (in termini di coinvolgimento del lettore) che
una simile scelta narrativa comporta.
8. Aiutandoti con la teoria della funzioni di Propp (S14), individua il ruolo narrativo di ogni personaggio e definisci le sfere d’azione dei protagonisti.
Un re malato e un’acqua magica che può restituire la
vita. Intorno, una fitta rete di intrighi e prove da superare con tanto di bella principessa da salvare.
Il mondo che prende forma nella fiaba diventa uno
specchio fedele dell’universo popolare germanico,
con i suoi riti di iniziazione, le leggende intorno a
creature incredibili e castelli incantati, il magico sottobosco di nani e folletti, l’orgoglioso codice cavalleresco.
❉ 9. La descrizione del giovane e della fanciulla gioca un ruolo molto importante nella comprensione della vicenda. A
partire dalla tabella, ricostruisci il ritratto dei due giovani.
Personaggi
Tratti fisici
Carattere
Tratti che caratterizzano il loro ruolo
all’interno della vicenda
5
Giovane
10
Fanciulla
❉ 10. La selezione delle parole e il tono che viene usato per pronunciarle sono due elementi che possono contribuire a
caratterizzare un determinato personaggio. Trascrivi tutte le espressioni usate dall’emiro Khalid quando si rivolge al giovane, alla fanciulla, alla famiglia della fanciulla.
In che modo tali espressioni ti possono aiutare a definire meglio la personalità dell’emiro? Perché?
11. La figura dei carcerieri, anche se la loro è soltanto una breve apparizione all’interno della fiaba, è molto importante per l’evolversi della narrazione. Qual è il loro ruolo? Perché possiamo affermare che contribuiscono a creare un ritratto positivo dell’emiro di Bàssora? Motiva le tue risposte a partire dal testo.
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Scrivere
12. Se i carcerieri non avessero riportato all’emiro i versi del giovane ladro, la storia si sarebbe conclusa in modo diverso? Riscrivi la vicenda, eliminando il personaggio del carceriere.
Discutere in classe
Il modo in cui l’emiro di Bàssora affronta il caso del giovane ladro è un interessante esempio di gestione e applicazione del potere.
Dopo esservi suddivisi in gruppi, provate a discutere sull’atteggiamento dell’emiro. In particolare, ciascun gruppo cerchi di argomentare sui seguenti punti:
– quale sistema politico sembra emergere dalla fiaba (democrazia, dittatura ecc.);
– in che modo i personaggi della fiaba (giovane, fanciulla, carcerieri, padre della fanciulla) accolgono le decisioni dell’emiro: con sottomissione, paura, rispetto, fiducia incondizionata ecc.;
– quale peso ha esercitato la religione nelle decisioni dell’emiro.
In un secondo momento potete approfondire il dibattito provando a definire le caratteristiche della società di cui
l’emiro è espressione, a partire dalle vostre conoscenze personali o da letture che avete fatto.
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AUTORI: Jacob Grimm (1785-1863) e Wilhelm
Grimm (1786-1859)
❍ OPERA: Fiabe per bambini e famiglie (1812-1815)
❍ STRUMENTI D’ANALISI: fabula e intreccio S3; la
struttura-tipo S4; la morfologia della fiaba S14
❍
C’era una volta un re, che era malato, e nessuno credeva che la scampasse1. Ma egli
aveva tre figli, che n’erano molto accorati2; scesero nel giardino del castello e piansero.
Là incontrarono un vecchio, che domandò loro perché fossero tanto afflitti. Gli dissero
che il padre era così malato che certo morirebbe, perché nulla poteva giovargli. Disse il
vecchio: – Ma io conosco un rimedio, che è l’acqua della vita; se la beve, guarirà. Ma è
difficile trovarla –. Il maggiore disse: – La troverò ben io –. Andò dall’infermo e gli domandò il permesso di andare a cercar l’acqua della vita, perché quella soltanto poteva
guarirlo. – No, – disse il re, – è troppo pericoloso; preferisco morire –. Ma il giovane lo
supplicò tanto, che egli infine accondiscese. In cuor suo, il principe pensava: «Se porto
l’acqua, divento il suo prediletto ed eredito il regno».
Si mise in via, e dopo aver cavalcato per un po’, vide sulla strada un nano, che lo
chiamò e disse: – Dove vai così in fretta? – Stupido nanerottolo, – disse il principe altezzosamente3, – non hai bisogno di saperlo –. E proseguì. Ma l’omino era andato in collera
e gli aveva scagliato una maledizione. Poco dopo il principe capitò in un burrone, e più
andava avanti più si accostavano i monti, e alla fine il sentiero diventò così stretto ch’egli non poté più avanzare di un passo; non era possibile voltare il cavallo o scender di sella, ed egli restò là imprigionato.
Il re infermo l’aspettò a lungo, ma egli non tornò. Allora disse il secondo figlio: – Babbo, lasciatemi andare a cercar l’acqua –. E pensava: «Se mio fratello è morto, il regno
tocca a me». In principio il re non voleva lasciar partire neanche lui, ma finì col cedere.
Il principe se ne andò per la stessa strada che aveva preso il fratello e incontrò anch’egli
il nano, che lo fermò e gli chiese dove andasse così in fretta. – Nanerottolo, – disse il
principe, – non hai bisogno di saperlo –. E tirò diritto, senza voltarsi indietro. Ma il nano
lo maledisse ed egli finì in un burrone come l’altro fratello e non poté andare né avanti
né indietro. Così capita ai superbi.
Perché non tornava neanche il secondo figlio, il più giovane si offrì per andare a prender
l’acqua; e finalmente4 il re dovette lasciarlo partire. Quando incontrò il nano, e questi gli
domandò dove andasse così in fretta, il giovane si fermò a rispondergli e disse: – Cerco
l’acqua della vita, perché mio padre è malato e vicino a morire. – E sai dove trovarla? –
No, – disse il principe. – Perché ti sei comportato come si conviene e non con la superbia
dei tuoi perfidi fratelli, ti spiegherò come puoi arrivare all’acqua della vita. Zampilla da
una fonte nel cortile di un castello incantato; ma tu non puoi entrarvi, se non ti do una
verga5 di ferro e due pagnottine. Con la verga, batti tre volte al portone di ferro del ca-
1. la scampasse: si salvasse.
2. accorati: preoccupati.
3. altezzosamente: con superbia, in modo sprezzante e
orgoglioso.
4. finalmente: alla fine, dopo
lunga incertezza.
5. verga: bacchetta.
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stello, e si spalancherà. Nell’interno ci son due leoni con le gole aperte, ma se tu getti un
pane a ciascuno, si rabboniranno6. Allora corri a prender l’acqua della vita prima che scocchino le dodici, se no il portone si richiude e tu sei prigioniero –. Il principe lo ringraziò,
prese la verga e il pane e si mise in cammino. E quando arrivò, tutto era proprio come aveva detto il nano. Il portone si spalancò al terzo colpo di verga; ammansiti i leoni col pane,
egli entrò nel castello e giunse in una bella sala: là c’eran dei principi stregati ed egli tolse
loro gli anelli dal dito: c’erano anche una spada e un pane, ed egli li portò via. Più avanti,
giunse in una stanza, dov’era una bella fanciulla, che si rallegrò al vederlo, lo baciò e disse
ch’egli l’aveva liberata e doveva aver tutto il suo regno; e se fosse tornato entro un anno,
avrebbero celebrato le nozze. E gli disse dov’era la fonte con l’acqua della vita; ma doveva
affrettarsi ad attingerla prima che scoccassero le dodici. Egli proseguì finché giunse in una
stanza, dov’era un bel letto con le lenzuola di bucato7; e, siccome era stanco, volle prima riposarsi un poco. Si stese e s’addormentò; e quando si svegliò, battevan le undici e tre quarti. Allora saltò in piedi spaventato, corse alla fonte, attinse l’acqua con un bicchiere che
era lì vicino e s’affrettò ad andarsene. Stava uscendo dal portone di ferro, che scoccarono
le dodici; e il portone si chiuse con tal violenza, che gli portò via un pezzo di calcagno.
Ma egli era contento d’esser riuscito a prender l’acqua della vita; s’avviò verso casa e
passò di nuovo accanto al nano; e questi disse, scorgendo la spada e il pane: – Ti sei guadagnato un gran tesoro! con la spada puoi sconfiggere interi eserciti, e il pane non finisce
mai –. Il principe non voleva tornare dal padre senza i fratelli, e domandò: – Caro nano,
puoi dirmi dove sono i miei due fratelli? Sono andati a cercar l’acqua della vita prima di
me e non sono più tornati. – Sono rinchiusi fra due monti, – disse il nano: – così li ho
stregati per la loro superbia –. Allora il principe supplicò tanto, che il nano finì col liberarli, ma l’ammonì, dicendo: – Guàrdatene! hanno il cuore malvagio.
Quando giunsero i fratelli, egli si rallegrò e raccontò loro quel che gli era accaduto: aveva trovato l’acqua della vita e ne aveva riempito un bicchiere; e aveva liberato una bella
principessa, che l’avrebbe aspettato per un anno, e poi si sarebbero sposati, e gli sarebbe
toccato un grande regno. Poi se ne andarono insieme a cavallo e capitarono in un paese
dove c’era guerra e carestia; e il re credeva già di esser perduto, in così grande angustia8.
Allora il principe andò e gli diede il pane, che nutrì e saziò tutto il suo regno; e gli diede
anche la spada; e così egli sconfisse gli eserciti dei suoi nemici e poté vivere in pace. Il
principe riprese il suo pane e la sua spada, e i tre fratelli proseguirono il viaggio. Ma arrivarono in altri due paesi, dove regnavano guerra e carestia; e ogni volta il principe diede
al re il suo pane e la sua spada, e così aveva ormai salvato tre regni. Poi s’imbarcarono e
passarono il mare. Durante il viaggio, i due maggiori confabularono insieme: – Il più giovane ha trovato l’acqua della vita, e noi no; così nostro padre gli darà il regno, che pur
tocca a noi, ed egli rapirà la nostra fortuna –. Allora pensarono di vendicarsi e concertarono9 la sua rovina. Aspettarono che dormisse profondamente, gli vuotarono il bicchiere
e si presero l’acqua della vita, e poi lo riempirono con l’amara acqua salsa.
Quando arrivarono a casa, il fratello minore portò il bicchiere al re ammalato, perché
bevesse e guarisse. Ma il re aveva appena bevuto un po’ di quell’acqua amara, che il male si aggravò. E mentre se ne lagnava, arrivarono i due figli maggiori e accusarono il minore di averlo voluto avvelenare; ma essi gli portavano la vera acqua della vita: e gliela
porsero. L’aveva appena assaggiata, che sentì svanire il suo male e tornò forte e sano come in gioventù. E i due fratelli andarono dal minore, lo schernirono e dissero: – Tu l’hai
6. si rabboniranno: si calmeranno, si placheranno.
7. di bucato: pulite e profumate come appena lavate.
8. angustia: difficoltà.
9. concertarono: progettarono, decisero.
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trovata l’acqua della vita, ma la fatica è
Jacob e Wilhelm Grimm
tua e il premio è nostro; avresti dovuto Jacob (1785-1863) e Wilhelm (1786-1859) Grimm: due fraesser più furbo e tener gli occhi aperti: telli inseparabili, una vita intera fatta di libri, biblioteche e mete l’abbiamo presa sul mare, mentre ticolosi lavori di ricerca.
dormivi; e fra un anno uno di noi an- Nascono entrambi a Hanau in Germania; Jacob, noto filologo,
drà a prendersi la bella principessa. Ma presenta un temperamento più severo e ostinato del fratello
minore e, per quanto riguarda la celebre raccolta di fiabe, è il
guardati dal parlare: tanto il babbo non responsabile dei criteri con cui l’incredibile mole di materiale
ti crede e se dici una sola parola, perdi orale viene ordinata. Wilhelm, invece, più poeta rispetto al fraanche la vita; se taci, ti faremo grazia. tello maggiore, ha conosciuto una vita pubblica meno esposta;
Il vecchio re era in collera col figlio come coautore della raccolta ha dato alla scrittura quella legminore, e credeva che avesse cercato di gerezza e quella spontaneità che hanno restituito alle fiabe la
forza originaria.
farlo morire. Fece quindi convocare la loro
I due fratelli hanno intrecciato le loro vite fino alla morte di
corte e sentenziare che fosse ucciso se- Wilhelm: prima come bibliotecari a Kassel, poi eletti insieme
gretamente con un colpo di fucile. E all’Accademia delle Scienze di Berlino. Jacob sarà inoltre nouna volta che il principe partì per la minato professore all’Università di Gottinga e, nel 1848, verrà
caccia, senza alcun sospetto, il caccia- eletto membro del Parlamento di Francoforte.
tore del re dovette accompagnarlo.
Quando furon soli nel bosco, il cacciatore aveva un’aria così triste che il principe gli disse: – Che hai, mio caro? –. Il cacciatore rispose: – Non posso dirvelo, eppure mi tocca farlo –. Disse il principe: – Dimmelo dunque, ti perdonerò. – Ah, – disse il cacciatore. – devo uccidervi: me l’ha ordinato il re –. Allora il principe si spaventò e disse: – Caro cacciatore, lasciami vivere, io ti do le mie vesti regali, tu dammi in cambio il tuo brutto vestito –. Il cacciatore disse: – Lo farò volentieri, non avrei certo potuto sparar contro di voi
–. Si scambiarono i vestiti, il cacciatore andò a casa e il principe s’inoltrò nel bosco.
Dopo qualche tempo, giunsero al vecchio re tre carri, carichi d’oro e di pietre preziose, per
il figlio minore: li mandavano i tre re che avevan sconfitto i nemici con la spada del principe
e nutrito il popolo col suo pane, e volevano dimostrare la loro riconoscenza. Allora il vecchio
re pensò: «Che mio figlio fosse innocente?» e disse ai suoi: – Se fosse ancora vivo! come mi
rincresce d’averlo fatto uccidere! – È ancora vivo, – disse il cacciatore, – non m’è bastato l’animo di eseguire il vostro ordine –. E disse al re com’era andata. Il re si sentì allargare il cuore,
e fece bandire10 in tutti i regni che suo figlio poteva tornare e che sarebbe stato il benvenuto.
Intanto la principessa fece costruire davanti al suo castello una strada, tutta rilucente
d’oro, e disse ai suoi domestici: il cavaliere che l’avesse percorsa e venisse dritto verso di
lei, era il vero sposo, e dovevano lasciarlo entrare; ma chi cavalcasse a lato della strada,
non era quello vero, e non dovevano lasciarlo entrare. Quando l’anno fu quasi trascorso, il
maggiore pensò di affrettarsi e di andare dalla principessa, spacciandosi per il suo liberatore; così l’avrebbe avuta in moglie, col regno per giunta. Si mise in via, e quando arrivò davanti al castello e vide la bella strada d’oro pensò: «Sarebbe un peccato passarci a cavallo!». Deviò verso destra e cavalcò a lato della strada. Ma quando arrivò davanti al portone, gli dissero che non era il vero sposo e di tornarsene via. Poco dopo, si mise in viaggio
il secondo principe, e quando arrivò alla strada d’oro, e il cavallo ci aveva già messo il piede, pensò: «Sarebbe un peccato, potrebbe sciuparsi un po’!». Deviò a sinistra e cavalcò a
lato della strada. Ma come arrivò davanti al portone, gli dissero che non era il vero sposo
e di tornarsene via. Quando l’anno fu trascorso, il terzo principe pensò di lasciare il bosco,
per andare dalla sua diletta e accanto a lei dimenticar il suo dolore. Si mise in cammino, e
pensava sempre alla sposa, e avrebbe già voluto esserle vicino; e la strada d’oro non la vi-
10. bandire: annunciare pubblicamente.
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Narrativa
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●
I generi
Fiaba
de neppure. Il suo cavallo ci passò proprio in mezzo; e quando egli arrivò davanti al portone gli aprirono, e la principessa l’accolse con gioia e lo chiamò suo liberatore e signore del
regno; e si sposarono con grande allegrezza. Dopo le nozze, ella gli raccontò che suo padre
l’aveva invitato a tornare e gli aveva perdonato. Allora egli andò e gli disse tutto: che era
stato ingannato dai fratelli, e per giunta aveva anche taciuto. Il vecchio re voleva punirli,
ma essi si erano messi in mare e avevan preso il largo; e non tornarono più.
(J. e W. Grimm, Fiabe, trad. it. di C. Bovero, Einaudi, Torino 1970)
ANALISI DEL TESTO
La fiaba presenta una delle strutture
narrative che ricorrono con maggiore frequenza
nel panorama della scrittura favolistica. Isoliamo
i personaggi principali:
– un re malato che ha bisogno di una pozione
magica per guarire;
– i due figli malvagi che sperano di trarre vantaggio da questa situazione;
– il fratello minore, coraggioso e onesto, che viene ingannato dai suoi fratelli, ma che risulterà
vincitore alla fine della storia;
– una bella principessa addormentata che aspetta di essere liberata;
– un nano e un cacciatore che aiuteranno il principe buono.
In particolare, nell’intreccio della fiaba possiamo riconoscere tutti gli elementi narrativi più caratteristici della sfera d’azione dell’eroe.
Le prove dell’eroe
Missione. Il re malato affida indirettamente la
missione all’eroe. La sua malattia, infatti, spinge
l’eroe (in questo caso il figlio minore) a partire alla ricerca dell’acqua della vita dopo il fallimento
dei suoi antagonisti (i due fratelli maggiori).
Prima prova. Durante il suo viaggio l’eroe fa il
suo primo incontro importante: il nano. Questo
personaggio gli svela come entrare in possesso
dell’acqua della vita, avvertendolo che dovrà affrontare con successo la prova del castello incantato. In un certo senso questa non è la prima prova dell’eroe: quando si rivolge per la prima volta
al nano viene già sottoposto a una prova; sappiamo infatti che soltanto trattando con rispetto il
suo interlocutore il principe più giovane potrà ricevere dal nano la preziosa informazione.
Superamento della prova e ritorno. L’eroe supera con successo la prova del castello ed è pronto a tornare vincitore con l’acqua della vita. Durante il viaggio di ritorno fa il suo secondo incontro importante: tre paesi in guerra, afflitti dalla
carestia, ai quali l’eroe dona il pane e la spada
magica che aveva guadagnato nel castello.
Seconda prova. La storia potrebbe finire con
il ritorno a casa del principe, invece il nuovo intervento degli antagonisti fa sì che l’eroe sia costretto ad affrontare una nuova prova. Il re malato, infatti, cade nell’inganno dei fratelli maggiori e decide di far uccidere segretamente il
principe più giovane. In questo caso non si tratta di una vera e propria prova, quanto di una
situazione di pericolo, che l’eroe, grazie al suo
temperamento e alla sua iniziativa, riesce a evitare. Il cacciatore che avrebbe dovuto uccidere
il principe, infatti, accetta di risparmiarlo e di
non rivelare a nessuno che l’eroe è ancora in vita.
Terza prova e ritorno, con lieto fine. Nel castello incantato l’eroe aveva salvato una bella
principessa. I due si erano giurati amore e il
principe le aveva promesso di sposarla non appena avesse portato al padre l’acqua della vita.
Prima di sposare la sua bella principessa, l’eroe
dovrà però superare la prova della strada d’oro,
nella quale si sono già cimentati senza successo i
due fratelli maggiori. È l’ultima prova dell’eroe
che, vincitore, sposa la principessa e viene invitato a tornare a casa dal padre che, nel frattempo, si è reso conto della sua innocenza.
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LABORATORIO
Comprendere
1. Dopo aver letto o ascoltato con attenzione la fiaba, rispondi alle domande scegliendo il completamento corretto.
A. Il nano punisce i fratelli perché
a è vendicativo.
b è dispettoso.
c non sopporta i superbi.
d non sopporta i principi.
B. Il fratello minore viene aiutato dal nano perché
a è furbo.
b lo ha lusingato.
c lo ha trattato con educazione e rispetto.
d gli ha promesso del denaro.
C. La bella principessa respinge i due fratelli che hanno percorso di lato la strada perché
a in questo modo hanno dimostrato la loro avidità.
c in questo modo hanno dimostrato di essere più interessati
b è capricciosa.
alle ricchezze che all’amore per lei.
d non erano abbastanza eleganti.
D. Il re punisce il figlio minore perché
a è ingiusto.
b crede all’inganno progettato dai due fratelli
maggiori.
c in fondo ha sempre preferito i due fratelli maggiori al figlio
più piccolo.
d sta seguendo le indicazioni del nano.
❉ 2. Quali tratti della personalità del nano emergono dal suo comportamento nei confronti dei tre fratelli?
❉ 3. In che modo il re si accorge dell’innocenza del figlio minore? Come reagisce?
Conoscere la lingua
4. Le parti dialogate non occupano uno spazio molto rilevante all’interno della fiaba. In particolare, nelle sequenze narrative in cui vengono raccontate le vicissitudini del protagonista, la struttura del racconto procede attraverso una successione di frasi brevi a struttura per lo più paratattica. Perché secondo te? Riscrivi queste sequenze utilizzando il discorso diretto e verifica quale cambiamento si registra a livello di ritmo narrativo.
Analizzare
5. Fabula e intreccio coincidono? Motiva la tua risposta.
6. Dividi il testo in macrosequenze, individuando all’interno di ognuna di esse le sequenze narrative, dialogiche, descrittive e riflessive.
7. Il tempo della storia e il tempo del racconto coincidono? Motiva la tua risposta a partire dal testo.
8. I due fratelli maggiori presentano tutte le caratteristiche del “cattivo” che ricorrono in quasi tutte le fiabe di magia.
Rintraccia le espressioni che vengono usate per caratterizzare i due fratelli.
❉ 9. Da quale punto di vista viene raccontata la fiaba? Di quale tipo di focalizzazione possiamo parlare?
❉ 10. tilizzando le funzioni di Propp, descrivi le sfere d’azione e le caratteristiche di ruolo dei seguenti personaggi: il nano, il giovane principe, i due fratelli maggiori, il cacciatore.
❉ 11. Quale ruolo assumono, all’interno della narrazione, gli incontri del fratello più piccolo con i tre paesi in guerra?
Quali informazioni aggiungono al ritratto del giovane principe? Quali conseguenze importanti comportano tali incontri
nell’evolversi della vicenda?
❉ 12. Quale significato simbolico assume l’acqua della vita all’interno della fiaba?
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Narrativa
●
I generi
Fiaba
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Italo Calvino
LABORATORIO
I tredici briganti
Scrivere
13. Riscrivi la fiaba utilizzando un punto di vista interno. Scegli tu la voce narrante tra i diversi personaggi della fiaba.
14. Immagina di ambientare la vicenda della fiaba in un luogo realistico. Scegli tu il luogo e modifica i personaggi principali, mantenendo però invariate le loro funzioni all’interno della vicenda (eroe, antagonista, aiutante ecc.).
15. L’episodio del bosco e del cacciatore ci riporta immediatamente a una celebre fiaba: quella di Biancaneve e i sette
nani. Prova a intrecciare le due fiabe e a costruire un finale a sorpresa.
AUTORE: Italo Calvino (1923-1985); vedi p. 000
OPERA: La fiaba fa parte della raccolta di Fiabe italiane (1956) curata da Italo Calvino. Si tratta di un lavoro durato due anni, frutto di una paziente selezione
di tutto il materiale ordinato nell’arco di un secolo
❍ STRUMENTI DI ANALISI: fabula e intreccio S3;
sequenze e macrosequenze S5; i personaggi nell’intreccio narrativo S9; la presentazione dei personaggi
S10; la morfologia della fiaba S14
❍
Un coraggioso contadino, l’avido fratello ciabattino e
una scaltra taverniera. Un mondo semplice, legato alle tradizioni e alle credenze popolari, dove c’è spazio
anche per briganti ricchissimi che terrorizzano interi
paesi e per alberi che si aprono e si chiudono come la
grotta di Alì Babà.
❍
Confrontare i testi
Il brano si presta a un confronto con il seguente testo:
◆ I. Calvino, I tredici briganti, p. 00
Leggi con attenzione i brani, quindi svolgi l’esercizio a p. 00.
5
occupiamoci di narrativa
produciamo una fiaba
NUOVI ITINERARI
Giochiamo con la struttura narrativa delle fiabe
10
Gli studi di Propp (S14), hanno messo in evidenza come le fiabe presentino una struttura narrativa che
tende a ripetersi, al di là dei singoli intrecci che possono strutturarsi in un numero infinito di combinazioni.
All’interno di questa struttura, i ruoli giocati dai personaggi diventano il vero motore della narrazione, indipendentemente dalla loro identità di re, drago, principessa, folletto o cavaliere. Propp ha individuato
sette sfere d’azione ricorrenti nelle cosiddette “fiabe di magia”: antagonista, donatore, aiutante, eroe, principessa e re, antagonista, falso eroe.
15
P
rovate a inventare una fiaba originale a partire dalla struttura narrativa della fiaba L’acqua della vita.
Inventate voi i personaggi, modificando la corrispondenza abituale personaggio-funzione, ma mantenendo inalterati i ruoli narrativi. Per esempio,
utilizzando la fiaba Biancaneve e i sette nani: Biancaneve diventa cattiva; la sua sfera
d’azione diventa quella dell’antagonista,
mentre la regina cattiva diventa buona e la
sua sfera d’azione diventa quella dell’aiutante del principe, e così via. In questo modo
non viene eliminata nessuna delle sfere d’azione presenti nella fiaba originale, ma si
scardina la corrispondenza acquisita personaggio-funzione.
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Dice che una volta c’erano due fratelli. Uno faceva il ciabattino ed era ricco, l’altro il
contadino ed era senza nulla. Un giorno il contadino era in campagna, e vide tredici uomini sotto un albero di quercia, con certi coltellacci da far tremar la terra. «I briganti!»,
pensò il contadino, e si nascose; li vide avvicinarsi alla quercia e il capo dire: – Apritiquercia! –. Il tronco s’aperse e a uno a uno i tredici briganti ci entrarono. Il contadino restò nascosto ad aspettare. Dopo un po’ i briganti uscirono, uno a uno, e l’ultimo fu il capo. – Chiuditiquercia! – disse, e la quercia si richiuse.
Quando i briganti se ne furono andati, il contadino volle provare anche lui. S’avvicinò
all’albero e disse: – Apritiquercia! –. L’albero s’aperse e lui passò. C’era una scala che andava sottoterra; scese e si trovò in una caverna. Una caverna, dalla terra al soffitto, piena di roba ammonticchiata: un monte d’oro, uno di brillanti, uno di marenghi1, un altro
d’oro, un altro di brillanti, un altro di marenghi, ancora uno d’oro, uno di brillanti, uno
di marenghi; e così via, fino a tredici. Il contadino cominciò a guardare, a empirsi2 gli occhi di quel luccichìo: empiti gli occhi cominciò a empirsene le tasche della giacca, poi le
tasche dei calzoni, poi si strinse bene in fondo i calzoni, e se li imbottì tutti di monete d’oro e di tornesi3, e a lenti passi tintinnanti tornò a casa.
– Che t’è successo? – gli disse la moglie vedendolo arrivare a quel modo. Lui cominciò
a rovesciare le tasche e i pantaloni, e le raccontò tutto. Per misurare i soldi, gli serviva
uno stoppello4; ma lui non l’aveva; così mandò a chiederlo in prestito al fratello. Il ciabattino pensò: «Cosa mai avrà da misurare mio fratello che non ha mai avuto nulla al
mondo? Voglio vedere un po’», e impastò una lisca di pesce sul fondo dello stoppello.
Quando gli restituirono lo stoppello andò subito a vedere cos’era rimasto attaccato alla
lisca di pesce: e figuratevi come rimase quando vide un marengo!
Andò subito a trovare il fratello. – Dimmi chi t’ha dato questi soldi! –. E il contadino
gli raccontò. Il ciabattino allora gli disse: – Be’, fratello, mi ci devi portare anche a me! Io
ho figli, e ho più bisogno di soldi di te!
Allora i due fratelli presero due somari e quattro sacchi, andarono all’albero, dissero: –
Apritiquercia! – riempirono i sacchi e via. A casa, si divisero l’oro, i brillanti e i marenghi e ormai ne avevano da campare di rendita. Perciò si dissero: – Ora ci siamo messi a
posto; non facciamoci più vedere laggiù, se no ci lasciamo la pelle!
Il ciabattino aveva detto: – Intesi, – ma solo per ingannare suo fratello e andare una volta da solo a far man bassa, perché era uno che non ne aveva mai abbastanza. Andò, aspettò
che i briganti uscissero dalla quercia, ma non li contò mentre se ne andavano. Mal gliene
1. marenghi: monete d’oro in
uso nel XIX secolo.
2. empirsi: riempirsi.
3. tornesi: monete d’argento o di
rame, quest’ultime in uso nel Regno di Napoli fino al XIX secolo.
4. stoppello : recipiente per
misurare il vino.
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Narrativa
●
I generi
venne: invece di tredici, erano dodici, perché uno era rimasto a far la guardia, dato che s’erano accorti che qualcuno veniva nella caverna a derubarli. Il brigante saltò fuori, sorprese il ciabattino, lo squartò come un maiale e così squartato l’appese a due rami.
La moglie, non vedendolo più tornare, andò dal contadino. – Cognato mio, disgrazia!
Fratello tuo è andato alla quercia un’altra volta e non è più tornato!
Il contadino aspettò la notte e andò alla quercia. Appeso ai rami, vide il corpo squartato del
fratello, lo slegò, lo caricò sull’asino, e lo portò a casa, tra gran pianti della moglie e dei figli.
Per non seppellirlo squartato chiamarono un altro ciabattino suo collega, e lo fecero cucire.
La vedova del ciabattino, con tutti i soldi che le erano rimasti, comprò una taverna e si
mise a far la taverniera.
Intanto i briganti s’erano messi a girare il paese, per vedere a chi erano rimasti i soldi.
Uno andò dal ciabattino che aveva cucito il morto e gli disse: – Compare, sei capace di
dar due punti a questa scarpa?
– Eh! – fece lui, – ho cucito un ciabattino, volete che non cucia una ciabatta?
– E chi era questo ciabattino?
– Un mio collega che hanno squartato. Il marito della taverniera.
Così i banditi seppero che era la taverniera a profittare delle ricchezze rubate. Presero
una botte grande e ci si nascosero dentro in undici; la botte la misero su un carro e gli altri due si misero a tirare il carro. Scesero alla taverna e dissero: – Buona donna, ce la fate
posare qui questa botte? E ce lo fate da mangiare?
– Accomodatevi, – disse la taverniera, e si mise a cucinare i maccheroni per i due carrettieri. Intanto la figlia, giocando lì vicino, sentì rumore nella botte. Si mise ad ascoltare e sentì dire: – Ora gliela diamo la buona notte a questa qui! –. Saltò su e corse a dirlo
a sua madre. Sua madre non stette lì a sprecare sale e olio: prese una caldaia d’acqua bollente e la rovesciò nella botte. I briganti morirono spellati. Poi andò a servire i maccheroni agli altri due. Gli mescé vino oppiato e quando s’addormentarono gli tagliò le teste.
– Adesso va’ a chiamare il giudice, – disse a sua figlia.
Arrivò il giudice, capì che erano tredici briganti e diede un premio alla taverniera, perché aveva schiantato quella malerba5.
(I. Calvino, Fiabe italiane, Einaudi, Torino 1977)
5. perché ... malerba: perché aveva estirpato quell’erba infestante; il termine malerba si riferisce metaforicamente ai briganti.
GU IDA ALL’ANALISI
Contadini, briganti e taverniera: il complesso sistema dei personaggi
Nelle prime righe della fiaba ci vengono presentati quasi tutti i protagonisti della vicenda: due fratelli, uno ricco e uno povero, e i briganti.
Cerca nel testo tutte le informazioni che vengono fornite e ricostruisci un ritratto significativo dei diversi
personaggi. Come viene presentato il fratello povero? E quello ricco?
Fiaba
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Leggendo tra le righe, riusciamo a intuire che il fratello povero è anche onesto e buono, mentre il
fratello ricco è avido e infido. La costruzione dei due diversi personaggi, però, non procede attraverso una successione di indizi diretti (caratteristiche fisiche e psicologiche esplicitate direttamente all’interno del testo), ma grazie a indizi indiretti.
Cerca gli indizi disseminati nel testo. Quando scopriamo la vera natura del fratello povero? E quella del
fratello ricco? Come si comporta il fratello povero con quello ricco? E viceversa?
Quando i briganti vengono introdotti sulla scena entriamo nel cuore della fiaba: da questo momento in poi si definiscono le sfere d’azione dei personaggi, il loro ruolo all’interno della vicenda. È interessante notare che in questo caso si tratta di sfere d’azione complesse, che derivano dall’incontroscontro non solo tra i briganti da una parte e il contadino povero dall’altra, ma anche tra il contadino
povero e il ciabattino ricco.
Definisci le sfere d’azione dei primi tre personaggi della nostra fiaba. Qual è il ruolo del contadino povero? E quello del ciabattino? Chi è il vero antagonista del contadino?
L’uccisione del ciabattino e la sua uscita di scena introducono nell’intreccio della fiaba un nuovo e
importante personaggio: si tratta della vedova del ciabattino che, grazie ai soldi rubati dal marito ai
tredici briganti, compra una taverna e diventa taverniera.
Se la taverniera è destinata a giocare un ruolo decisivo per l’evolversi della narrazione, non è però
l’unico personaggio a essere introdotto sulla scena dopo la morte del ciabattino. Accanto alla donna,
infatti, incontriamo sua figlia, il ciabattino che si era incaricato di cucire il defunto marito e il giudice.
La presenza di questi nuovi personaggi ha evidentemente delle conseguenze all’interno del sistema
dei personaggi che aveva caratterizzato la prima parte della narrazione, ma soprattutto impone una
ridefinizione di tutti i ruoli giocati dai personaggi della fiaba.
Cerca di definire le nuove sfere d’azione. Chi è l’eroe? Qual è il ruolo della taverniera? Qual è il ruolo del ciabattino? Qual è il ruolo della figlia? Il ruolo dei briganti si modifica? Perché? Il ruolo del contadino si modifica? Perché? Come giustifichi la sua uscita di scena? Qual è il ruolo del giudice? Perché in un certo senso possiamo dire che la sua sfera d’azione coincide con quella del re nelle fiabe
di magia?
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Narrativa
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I generi
Fiaba
Rimane da spiegare perché la figura della donna sembri alla fine prevalere su quella del contadino,
che non solo aveva per primo e con coraggio affrontato i briganti, ma aveva permesso alla moglie di
suo fratello di comprare la taverna.
163
Confrontare i testi
Il brano si presta a un confronto con il seguente testo:
◆ J. e W. Grimm, L'acqua della vita, p. 000
Rileggi con attenzione le due fiabe quindi rispondi alle seguenti domande.
– Quali elementi tipici della narrazione fiabesca hanno in comune le due vicende?
– A partire dalle funzioni descritte da Propp (S14) individua quali sono i ruoli (antagonista, eroe, donatore, aiutante, ecc.) che ricorrono in entrambe le fiabe e quali invece sono presenti solo nella prima fiaba.
– Confronta le due figure dell’eroe: che cosa hanno in comune? In che cosa differiscono?
– Confronta i diversi antagonisti: come si muovono all’interno delle due fiabe? Che cosa hanno in comune?
– Confronta le missioni dell’eroe nelle due fiabe: in che cosa differiscono?
– Tratteggia le immagini di eroi che emergono dalla due fiabe e indica quali delle caratteristiche tipiche dell’eroe tratteggiate da Propp non sono state rispettate.
Perché fin dall’entrata sulla scena della donna sappiamo già che è destinata a giocare un ruolo da protagonista all’interno della fiaba? Come viene introdotto il suo personaggio? Quali sono i tratti distintivi del
suo carattere? Quali indizi ci vengono offerti dal testo per ricostruire il suo personaggio? Quali aspetti del
suo carattere emergono dal modo in cui affronta i briganti?
Due storie in una
Cercando di precisare il sistema dei personaggi, ci è spesso successo di parlare di “prima parte” e
di “seconda parte” della fiaba. In effetti, sul piano dell’intreccio narrativo, la morte del ciabattino segna un vero e proprio punto a capo della prima parte della fiaba. Se infatti attribuiamo al contadino
il ruolo dell’eroe e al ciabattino quello dell’antagonista, possiamo facilmente concludere che la morte
del fratello ricco è il primo lieto fine della fiaba, in quanto vendica la fiducia che il povero aveva concesso al ricco, con un senso di giustizia tipico del mondo delle fiabe.
Per quanto riguarda la seconda parte della fiaba, da un punto di vista narrativo è molto interessante analizzare in che modo si passi dalla prima alla seconda parte della fiaba o, meglio, dalla prima
macrosequenza alla seconda.
Cerca di definire con precisione la fine della prima macrosequenza e l’inizio della seconda. Quali connettivi legano le due macrosequenze? Individua le sequenze delle due macrosequenze attribuendo a
ciascuna di esse un titolo significativo. In un secondo tempo, indica per ognuna di esse a quale tipologia appartenga (narrativa, descrittiva, dialogica ecc.), i personaggi principali e che cosa accade di importante ai fini dell’evolversi della vicenda.
Hans Christian Andersen
L’ago da rammendo
La forza dell’immaginazione riesce a raccontare l’affascinante mondo delle piccole cose, anche dal punto
di vista di un piccolo ago da rammendo. Una fiaba
straordinaria che celebra il trionfo della fantasia e
dell’invenzione creativa.
❍
DAL TESTO ALLE REGOLE
Punteggiatura, p. 000
5
La conclusione della seconda macrosequenza contiene il vero lieto fine della vicenda: il bene ha
trionfato sul male e la taverniera viene premiata dal giudice perché ha liberato il paese dal terrore.
Anche se l’intreccio sembra complesso, possiamo comunque concludere che la storia presenta la struttura tipica della narrazione fiabesca? Motiva la tua risposta. Ricostruisci l’intreccio della fiaba, precisando: la fase
preparatoria, l’esordio, la fase ascendente, il momento culminante, la fase discendente e la conclusione.
AUTORE: Hans Christian Andersen (1805-1875)
OPERA: L’ago da rammendo fa parte di una raccolta
delle più belle fiabe di Andersen scelte e presentate
da Gianni Rodari (1920-1980)
❍ STRUMENTI D’ANALISI: la struttura-tipo S4 ;
punto di vista S8; luoghi e ambienti della narrazione
S12; i personaggi nell’intreccio narrativo S9
❍
10
C’era una volta un ago da rammendo, di sentimenti così delicati che credeva d’essere
un ago da ricamo1.
– Fate attenzione a quel che portate! – disse l’ago da rammendo alle dita, che lo avevano preso dalla scatola, – non mi perdete! se cado sul pavimento non sarete più capaci di
ritrovarmi, son così sottile!
– Mica tanto! – dissero le dita, e l’afferrarono ai fianchi.
– Guardatemi, io vengo col seguito! – disse l’ago da rammendo, e si tirò dietro un filo
lungo, che però non aveva nodo.
Le dita conficcarono l’ago proprio nella pantofola della cuoca, dove la tomaia era scoppiata e bisognava ricucirla.
– Che lavoro volgare! – esclamò l’ago da rammendo, – non riuscirò mai a passare, mi
spezzo! mi spezzo! – e si spezzò: – Ve lo avevo detto io! – disse l’ago da rammendo, – son
troppo sottile!
1. un ago da rammendo ...
un ago da ricamo: l’ago da
ricamo è più sottile di quello da
rammendo, in quanto l’opera-
zione del ricamo richiede maggiore precisione.
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Narrativa
●
I generi
«Ormai non è più buono a niente»,
Hans Christian Andersen
pensarono le dita, ma lo tennero stretto Hans Christian Andersen nasce nel 1805 a Fionia, una delle
perché la cuoca ci fece sgocciolare so- tante isole della Danimarca, nel villaggio di Odense, dove suo
pra della ceralacca, poi l’infilò nella padre era un ciabattino e sua madre una lavandaia, il piccolo
Hans vive un’infanzia povera, popolata di fantasticherie e di
sciarpa che aveva intorno al collo.
– Guardatemi, adesso sono una spilla marionette che si costruiva da solo per raccontarsi storie di re,
principi e castelli incantati.
da cravatta! – disse l’ago da rammendo; A quattordici anni, sognando di fare strada nel teatro, si tra– lo sapevo che sarei arrivato al posto sferisce a Copenaghen: sono anni duri, in cui si trova a fare
d’onore; quando si è qualcuno, si di- l’apprendista falegname, il ballerino, il cantore, fino a quando
venta per forza qualcosa! – e rise dentro incontra il consigliere Collin, del Teatro reale, che nel 1822
di sé, ma da fuori non si può vedere se ottiene per lui una borsa di studio per il ginnasio.
così la sua formazione letteraria: la laurea in filologia, la
un ago da rammendo ride; e se ne stava Inizia
frequentazione di molti intellettuali legati al Romanticismo, i
tutto fiero, come se viaggiasse in car- viaggi in Italia, Germania, Francia e Svizzera.
rozza e salutasse a destra e a sinistra.
Nel 1835, proprio nel periodo natalizio, vengono pubblicate le
– Posso aver l’onore di domandare se sue prime fiabe: sono quelle che Andersen ha ascoltato da
lei è d’oro? – domandò allo spillo, suo bambino. L’anno successivo uscirà un nuovo volumetto di fiavicino. – Lei è bello d’aspetto, e possie- be, e così per molti anni a venire: scriverà 156 fiabe, che metteranno in ombra il resto della sua produzione letteraria.
de una testa tutta sua, ma piccolina! Muore nel 1875, nella sua dimora di Rolighed presso Copefaccia in modo che le si sviluppi, poi- naghen, giusto in tempo per vedere la prima edizione italiana
ché non a tutti è dato aver della cera- delle sue fiabe, stampata nel 1867 dall’editore Gnocchi.
lacca sull’estremità! –. Così dicendo
l’ago da rammendo si drizzò con tanta fierezza che cadde dalla sciarpa e finì nell’acquaio2,
proprio nel momento in cui la cuoca faceva scorrere l’acqua.
– Eccomi in viaggio! – disse l’ago da rammendo, – purché non mi perda! –. Ma si perse.
– Son troppo sottile per questo mondo! – disse, mentre stava nel rigagnolo. – Per fortuna so quel che valgo, questa è sempre una piccola soddisfazione! – e l’ago da rammendo si tenne dritto e non perse il suo buon umore.
Passavano sopra di lui cose di ogni genere, pagliuzze, fuscelli, pezzi di giornali vecchi. –
Guarda come navigano! – disse l’ago da rammendo, – non sanno cosa c’è sotto, c’è la sorpresa delle mie punzecchiature! io pungo! e resto qui!, guarda ora passa un fuscello, per
quello non c’è altra cosa al mondo che «fuscello» e cioè lui stesso, ed ecco una pagliuzza,
guarda come si gira e rigira! Non pensare tanto a te stessa, potresti andare a sbattere contro il selciato! là galleggia un giornale! dimenticato è, ormai, quanto sta scritto in esso, e
pur si gonfia! Io invece, sto tranquillo ad aspettare! So chi sono, e tale resterò!
Un giorno gli capitò vicino qualcosa che luccicava meravigliosamente, e l’ago da rammendo credette che fosse un diamante; era invece un coccio di bottiglia, ma siccome luccicava, l’ago da rammendo gli rivolse la parola e si presentò come spilla da cravatta.
– Vedo che lei è un diamante!
– Sì, press’a poco! – Così ciascuno di loro pensò che l’altro fosse oggetto di gran valore,
e cominciarono a discorrere della tracotanza del mondo.
– Capirà, io abitavo nella scatola di una fanciulla, – dice l’ago da rammendo, – la fanciulla era una cuoca; aveva cinque dita per ogni mano, ma non ho conosciuto mai gente
così presuntuosa come quelle cinque dita, e dire che l’unico scopo della loro vita era quello di tenermi, tirarmi fuori dalla scatola e ripormi dentro!
– Erano molto rilucenti? – chiese il pezzo di vetro. – Rilucenti? – fece l’ago da rammendo,
– macché, era solo superbia! Erano cinque fratelli, tutti «dita» per nascita, si tenevano drit-
2. acquaio: lavandino della cucina.
Fiaba
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ti e uniti fra loro, sebben fossero di statura diversa; il più distaccato, Pollice, era corto e grasso, era uscito dalla fila e aveva un’unica frattura sul dorso, quindi poteva inchinarsi una volta soltanto, eppure sosteneva che se a un uomo capitava di perderlo, quest’uomo non era
più idoneo al servizio militare. L’Indice si ficcava dappertutto, nel dolce e nell’amaro, indicava il sole e la luna, ed era lui che premeva sulla penna quando scrivevano; il Medio guardava gli altri dall’alto in basso; l’Anulare portava un anello d’oro intorno alla pancia; il Mignolo non faceva nulla e se ne vantava. Vanagloria e nient’altro; così io sparii nell’acquaio!
– E ora stiamo qui a luccicare! – disse il pezzo di vetro. In quell’istante arrivò nel rigagnolo molta più acqua del solito, che straripò dai due lati e trascinò con sé il pezzo di vetro.
– Guarda, è stato promosso! – disse l’ago da rammendo, – ma io non mi muovo, son
troppo sottile e di questo sono fiero, e la fierezza è una cosa rispettabile! – e si tenne dritto, assorto in mille pensieri.
– Quasi quasi penso di essere nato da un raggio di sole, tanto son sottile! mi pare, anche, che il sole mi cerchi sempre, sott’acqua! Disgraziatamente sono così sottile che mia
madre non può ritrovarmi, e se ora avessi l’occhio che mi si spezzò, credo che mi metterei a piangere! eppure no, non piangerei, piangere non è fine!
Un giorno vennero dei monelli che si misero a frugare nel rigagnolo, e vi trovarono chiodi
vecchi, monetine e altre cose del genere. Tutte porcherie, ma per loro era un divertimento.
– Ahi! – fece uno: si era punto con l’ago da rammendo. – Hai visto che tipo!
– Io non sono un tipo, sono una signorina! – disse l’ago da rammendo, ma nessuno l’intese; la ceralacca si era staccata e lui era diventato nero, ma il nero assottiglia e quello
credette di essere ancora più sottile di prima.
– Ecco un guscio d’uovo! – gridarono i ragazzi e conficcarono l’ago da rammendo nel guscio.
– Pareti bianche e io in mezzo nero! – disse l’ago da rammendo, – mi si addice! così almeno mi noteranno! Purché non mi venga il mal di mare, altrimenti mi spezzo in due! –
ma il mal di mare non gli venne e non si spezzò.
– Contro il mal di mare è bene avere lo stomaco di acciaio, e tener sempre presente di valere più d’un uomo! Ora il mio male è passato! Quanto più uno è sottile, tanto meglio resiste!
– Crac! – fece il guscio d’uovo: un carro pesante gli passava sopra. – Ah! che oppressione! – disse l’ago da rammendo, – questa è la volta che mi viene il mal di mare! mi
spezzo! mi spezzo! – ma non si spezzò, sebbene un carro pesante gli fosse passato sopra; eccolo ora lungo disteso, resti pure così!
(H. Ch. Andersen, Fiabe, trad. it. di M. Rinaldi, Einaudi, Torino 1970)
DAL TESTO
ALLE REGOLE
Punteggiatura
La punteggiatura è un insieme di segni convenzionali, detti segni di interpunzione, che
permettono di leggere e capire un testo scritto.
I segni di interpunzione consentono di dare al testo le intonazioni caratteristiche del parlato e, in alcuni casi, avvicinano le due forme di comunicazione.
Vediamo alcune funzioni della punteggiatura:
● dare ordine al discorso, separandone le parti (il Medio guardava gli altri dall’alto in basso; l’Anulare portava un anello d’oro intorno alla pancia; il Mignolo non faceva nulla e se ne vantava);
● indicare il ritmo e l’intonazione del testo ( – Erano molto rilucenti? – chiese il pezzo di vetro. – Rilucenti? – fece l’ago da rammendo, – macché, era solo superbia!);
166
Narrativa
●
●
●
●
I generi
Fiaba
permettere di capire il senso del testo (si osservi la differenza di significato tra queste due frasi: I briganti corsero fuori dalla caverna urlando; il vento entrò nella spelonca e I briganti corsero fuori dalla caverna; urlando il vento entrò nella spelonca);
suggerire lo stato d’animo di chi scrive o, in un testo narrativo, di un personaggio; per esempio, l’uso frequente
del punto esclamativo suggerisce un’idea di decisione e di aggressività (Io invece, sto tranquillo ad aspettare! So chi
sono, e tale resterò!);
introdurre il discorso diretto distinguendo l’intervento dei diversi personaggi nelle sequenze di dialogo (– Crac! –
fece il guscio d’uovo: un carro pesante gli passava sopra. – Ah! che oppressione! – disse l’ago da rammento, – questa è
la volta che mi viene il mal di mare! mi spezzo! mi spezzo!).
✑ Il punto fermo (.) segnala una pausa forte alla fine di una frase o di un periodo e richiede dopo di sé la lettera maiuscola. Si usa anche nelle abbreviazioni e in molte sigle (sig. = signore; p. = pagina; D.L. = Decreto Legge; G.U. = Gazzetta Ufficiale); non è invece utilizzato in quelle sigle che sono percepite come parole vere e proprie o delle quali si
è persa la conoscenza dell’origine (RAI = Radio Televisione Italiana; CONI = Comitato Olimpico Nazionale Italiano).
✑ La virgola (,) indica una pausa breve e si usa nelle enumerazioni, nelle descrizioni, per delimitare gli incisi, prima
di una proposizione coordinata introdotta da congiunzioni avversative (ma, però, tuttavia ecc.), per isolare un
complemento di vocazione. Non si deve usare, invece, per separare elementi logicamente uniti (soggetto e verbo, verbo e complemento oggetto ecc.) o per separare la reggente dalla proposizione oggettiva o soggettiva.
✑ Il punto e virgola (;) indica una pausa più forte della virgola e più debole del punto fermo. Lo si usa: quando si
vogliono separare due o più frasi, ma non in modo netto e forte (per cui sarebbe necessario il punto); per separare gli elementi di un’enumerazione se sono accompagnati da apposizioni o aggettivi.
✑ I due punti (:) precedono un chiarimento, una precisazione, un elenco. Vengono anche utilizzati per introdurre
il discorso diretto.
✑ Il punto interrogativo (?) indica che la frase che lo precede è una domanda diretta.
✑ Il punto esclamativo (!) indica che la frase che lo precede è un’esclamazione, un ordine o un’esortazione. Il
punto esclamativo e il punto interrogativo sono usati insieme per indicare lo stupore (Proprio tu?!).
✑ I puntini di sospensione (…), convenzionalmente tre, sono usati per indicare che il discorso è stato interrotto per
convenienza, per imbarazzo, perché chi legge può concludere da solo la frase; sono utilizzati anche per interrompere un’enumerazione che non si ritiene necessario completare. Nelle citazioni, quando si omette una porzione più
o meno ampia di testo, si mettono i puntini di sospensione chiusi tra parentesi tonde (…) o quadre […].
✑ Le virgolette (“...”; «...») delimitano un discorso diretto, una citazione testuale, i nomi di riviste e giornali; mettono in evidenza un termine usato in modo ironico, allusivo, metaforico; evidenziano l’uso di parole straniere.
✑ Il trattino (–) viene usato: per collegare due parole che formano un composto o due numeri che indicano una cifra approssimata; per introdurre e chiudere il discorso diretto (al posto delle virgolette); per introdurre e chiudere
un inciso (al posto delle parentesi o delle virgole).
1. Prendendo in considerazione la fiaba L’ago da rammendo (p. 000) analizzane la punteggiatura: quale o quali segni di interpunzione prevalgono? Vi sono dei casi in cui l’uso della punteggiatura si allontana dalle indicazioni contenute in questa scheda?
che affidano missioni impossibili, diavoli che si
divertono a mettere alla prova coraggiosi cavalieri e ingenue fanciulle; si tratta di un tempo in cui
vive un popolo spesso credulone e a caccia delle
streghe o furbi giovanotti in cerca di fortuna.
Eppure non è certamente all’interno di questa
cornice che si esaurisce la straordinaria forza
dell’immaginazione, vero motore dell’invenzione
fiabesca. E Andersen lo sapeva molto bene.
Giocare con la meraviglia
Nella storia dell’ago da rammendo non incontriamo nessuno degli elementi ricorrenti della
fiaba tradizionale, né da un punto di vista strettamente narrativo, né sul piano del sistema dei
personaggi.
Tuttavia possiamo riconoscere una componente che è comune a tutte le fiabe: il meraviglioso.
In un certo senso, le fiabe si presentano come un
167
vero e proprio repertorio di meraviglie, come il
luogo di tutti i possibili, dove l’unica legge che
muove i sottili fili della narrazione è quella della
fantasia. Così è possibile che anche un ago da rammendo possa raccontare il suo punto di vista,
nello stesso modo in cui i bambini, quando giocano, fanno parlare le pietre, i rami degli alberi,
la sedia a dondolo del nonno.
Andersen si muove appunto in questa direzione, provando a giocare ad armi pari con i bambini, facendosi insegnare proprio dai più piccoli
come guardare con stupore e curiosità quel mondo di piccole cose che ogni giorno abbiamo accanto.
In questo modo le fiabe diventano uno straordinario laboratorio dove l’immaginazione può
provare a inventare nuovi territori da esplorare,
nuovi punti di vista dai quali guardare il mondo
e, forse, provare a renderlo migliore.
LABORATORIO
Comprendere
1. Dopo aver letto o ascoltato con attenzione la fiaba, rispondi alle domande scegliendo il completamento corretto.
A. L’ago da rammendo si spezza perché
a le dita lo usano in modo maldestro.
c è troppo sottile.
b non è abituato a fare lavori volgari.
d la cuoca non sa cucire.
B. L’ago da rammendo è contento di essere stato trasformato in spilla da cravatta perché
a ha raggiunto un posto d’onore.
c le mani non gli daranno più fastidio.
b le spille valgono di più di un ago da rammendo.
d la cuoca non lo userà più per rammendare vecchie scarpe.
C. L’ago da rammendo è
a superbo.
c orgoglioso della sua natura.
b molto sensibile.
d sottile.
D. L’ago da rammendo rivolge la parola al coccio di bottiglia perché
a gli è simpatico.
c lo ritiene una persona nobile, al suo pari.
b si sente solo.
d è un oggetto che luccica.
❉ 2. Cosa intende dire l’ago da rammendo quando afferma: quando si è qualcuno si diventa per forza qualcosa?
ANALISI DEL TESTO
❉ 3. Perché, secondo te, per l’ago da rammendo la fierezza è una cosa rispettabile? Motiva la tua risposta.
❉ 4. Qual è, a tuo parere, il giudizio di Andersen sull’ago da rammendo?
Qual è il vero mondo delle fiabe? Il
nostro immaginario è popolato di foreste e palazzi incantati, belle principesse salvate da principi, animali magici che fanno incantesimi e si
trasformano in cacciatori o cavalieri.
Difficile parlare di “fiaba” senza immaginare il
Medioevo fantastico delle storie che ricordiamo
con maggior facilità. La tradizione fiabesca si intreccia con l’epica cavalleresca e ci riporta a un
tempo in cui trionfano sfarzosi tornei, re potenti
Conoscere la lingua
5. Andersen usa nelle sue fiabe un linguaggio che attinge direttamente dalla lingua popolare parlata. La traduzione ha
cercato di restituire anche ai lettori italiani questa caratteristica. Sottolinea e trascrivi tutti i vocaboli e le espressioni
che, a tuo parere, sono presi a prestito dal linguaggio parlato.
168
Narrativa
●
I generi
FAVOLA
LABORATORIO
6. L’uso della punteggiatura è estremamente importante per avvicinare la lingua scritta ai toni del parlato. Rileggi con
attenzione la fiaba e fermati ad analizzare l’uso della punteggiatura: quali sono i tratti più caratteristici? Quale effetto
hanno questi accorgimenti stilistici all’interno della narrazione?
Analizzare
7. Nella fiaba, fabula e intreccio coincidono?
8. Quali strumenti narrativi ha utilizzato Andersen per costruire la struttura narrativa della fiaba (ellissi, dialoghi, descrizioni ecc.)?
❉ 9. Dividi la fiaba in macrosequenze e attribuisci a ognuna di esse un titolo significativo. Indica per ciascuna macrosequenza: che cosa accade, quali sono i personaggi principali, di che tipo è l’ambientazione. Prevalgono le sequenze statiche o quelle dinamiche?
❉ 10. L’ago da rammendo è un personaggio statico o dinamico? Perché?
❉ 11. Parlando con il coccio di bottiglia, l’ago da rammendo descrive con estrema accuratezza ciascuna delle cinque dita. La modalità descrittiva che viene usata è interessante perché, attraverso l’elenco delle caratteristiche fisiche di ciascun dito, l’ago da rammendo, in realtà, ci fornisce un ritratto significativo della personalità delle dita della mano. Individua e annota le caratteristiche fisiche e la personalità delle dita della mano, servendoti di una tabella.
12. L’ambiente che fa da sfondo alle fiabe spesso appartiene alla pura immaginazione e non è facile da definire. Che
cosa possiamo dire, a questo proposito, circa la fiaba di Andersen?
Scrivere
13. Riscrivi la fiaba utilizzando un punto di vista interno: usa come narratore prima le dita della mano e poi la cuoca.
14. Immagina un finale diverso per la storia, modificando il ruolo narrativo dei monelli.
15. Inventa una fiaba che abbia come protagonista un oggetto apparentemente anonimo come l’ago da rammendo.
La tradizione vuole che sia Esopo “l’invento- Quanto alle finalità, elemento costante di tutre” delle favole. In realtà, abbiamo poche notizie
certe su questo misterioso personaggio nato in
Frigia (oggi Turchia), probabilmente nel VI secolo a.C., che molto viaggiò in Oriente e in Egitto e
che già nella Grecia ellenistica veniva considerato una figura semileggendaria.
È verso la fine del V secolo a.C. che comincia a
diffondersi in Atene una prima raccolta di Favole esopiche. Si tratta di brevi racconti dalla trama molto semplice, dove i protagonisti sono
per lo più animali parlanti che agiscono imitando
i comportamenti e i sentimenti più comuni degli
uomini, mettendone in risalto vizi e virtù.
U
na delle caratteristiche tipiche di questo modello narrativo è da rintracciarsi nella sua parte
finale: il significato della favola, spesso allegorico e moraleggiante, veniva sempre chiarito in
una breve spiegazione conclusiva (l’epimitio),
che con il tempo prenderà la forma di una vera
e propria morale.
La particolare struttura delle favole di Esopo
sta alla base della sua fortuna come genere narrativo, destinato a essere imitato con successo
fino all’età contemporanea.
C
ome la fiaba, anche la favola presenta dei
tratti distintivi che la caratterizzano come genere letterario. Sono essenzialmente due gli aspetti da considerare: il primo a livello di struttura
narrativa e il secondo in termini di contenuto e
finalità.
Da un punto di vista strutturale, nelle favole
manca una vera e propria trama, così come
manca il paesaggio, che rimane sospeso, quasi
nascosto tra le righe. In realtà il vero motore
narrativo è costituito dai personaggi che, recitando semplicemente il loro ruolo, danno vita all’azione. Inoltre le favole possono essere caratterizzate da un diverso rapporto racconto-dialogo: in alcune narrazioni può prevalere il racconto, togliendo spazio al dialogo; in altre può
prevalere il dialogo, dando alla favola un ritmo
più veloce e teatrale.
te le favole, come abbiamo già sottolineato, è la
morale: sempre sistemata in posizione conclusiva, può anche essere diversificata graficamente
dal resto della narrazione: in questi casi assume
un particolare rilievo.
Il mondo delle favole è un mondo ordinato che
non riserva colpi di scena, è sempre molto chiaro
dove si trovi il bene e dove il male. Ed è proprio
per questo motivo che la narrazione favolistica si
è rivelata uno straordinario strumento educativo, un modo divertente per insegnare ai bambini
(e non solo a loro) le piccole verità della vita.
I
personaggi che popolano le favole sono di solito animali che simboleggiano virtù e vizi degli
uomini, imitandone i comportamenti: non si tratta quasi mai di individui con una propria definita
personalità, ma di tipi. Così il Lupo è sempre
cattivo, ingordo e testardo; la Volpe sempre
astuta, ladra e traditrice; l’Agnello sempre ingenuo e vittima designata.
Le favole che fanno parte del cosiddetto “ciclo
esopiano” sono circa cinquecento, ma molte di
esse furono scritte in una lingua che non è quella del VI secolo a.C., opera di autori che hanno
evidentemente voluto imitare il maestro.
Fedro (15 a.C.-50 ca d.C.) per primo sperimentò la lezione esopiana in lingua latina, scrivendo quasi cento favole in versi, divise in cinque libri.
Durante il Medioevo e il Rinascimento, la favola
continuò a essere usata come efficace strumento
didattico nell’educazione dei bambini, fino a conoscere in Francia una nuova stagione di grande produzione creativa, grazie all’opera di La Fontaine
(1621-1695) durante il regno di Luigi XIV.
In Italia, durante il ventennio fascista, Trilussa
(1871-1950) si servì non a caso della favola per
raccontare la “nuova società italiana”. Le sue
Storie sono scritte in versi, con la vivacità e la
forza espressiva del dialetto romanesco, e offrono uno straordinario affresco delle contraddizioni politiche di quegli anni.
170
Narrativa
●
I generi
Favola
Esopo
La gatta e Afrodite
Una gatta innamorata viene trasformata in una bellissima fanciulla che riesce alla fine a realizzare il
suo sogno di vivere con l’uomo che ama. Una favola a lieto fine se non fosse per un piccolo topo che
rovina tutto: e davvero non c’è niente da fare quando l’istinto chiama! Un tipico esempio dell’arte di
Esopo, di quella sua ironia sottile che educa divertendo.
5
10
15
AUTORE: Esopo (VII o VI sec. a.C.)
OPERA: la favola fa parte della raccolta di cinquecento favole attribuite a Esopo
❍ STRUMENTI D’ANALISI: i personaggi nell’intreccio narrativo S9; la presentazione dei personaggi
S10; la morfologia della fiaba S14
❍
❍
Una gatta che s’era innamorata d’un
Esopo
bel giovane, pregò Afrodite1 di trasfor- La tradizione vuole che Esopo sia vissuto nel VII o VI secolo
marla in donna, e la dea, mossa a com- a.C., ma della sua vita si conosce, in realtà, molto poco. Sepassione dal suo amore, la cambiò in condo l’ipotesi più accertata, Esopo proviene dall’Asia Minore.
una bella ragazza. Così il giovane, ve- Nato in Frigia (una regione che oggi fa parte della Turchia),
dendola, se ne invaghì2 e se la portò a avrebbe viaggiato molto in Oriente e in Egitto. Si dice che,
giunto nella città greca di Delfi e accusato di furto, sarebbe
casa. Ma mentre essi se ne stavano stato gettato da una rupe per punizione, anche se è più prosdraiati nella loro camera nuziale, ad babile che la vera causa della sua morte sia stata l’odio dei
Afrodite venne voglia di provare se, cittadini di Delfi, che Esopo aveva offeso nelle sue favole.
cambiando corpo, la gatta aveva anche
cambiato le sue abitudini, e lasciò cadere là nel bel mezzo un topo. Quella, dimentica
delle attuali circostanze, balzò su dal letto e si mise ad inseguirlo per divorarselo. Allora
la dea, indignata, la restituì alla sua forma primitiva3.
Così avviene anche tra gli uomini: chi è per natura malvagio potrà cambiare condizioni, ma non cambierà mai le sue abitudini.
(Esopo, Favole, trad. it. di E. Ceva Valla, Rizzoli, Milano 1990)
1. Afrodite : dea greca della
bellezza e dell’amore.
2. se ne invaghì: se ne innamorò.
3. forma primitiva: l’aspetto
di gatto.
giudizio di Esopo sull’animale, tuttavia, non sembra essere così negativo. La gatta della favola
non diventa tanto il simbolo della persona malvagia che non riuscirà mai a modificare la sua
natura, piuttosto assume i contorni della vittima
inconsapevole: prima dell’amore, che la spinge
a cambiare la sua natura, e poi di Afrodite, che la
usa per un esperimento crudele.
Tuttavia per definire con precisione la sfera
d’azione della gatta all’interno della favola, dobbiamo approfondire il ruolo narrativo di Afrodite.
Dei, uomini e... gatti
Per chiarire il ruolo narrativo dei personaggi,
è necessario precisare il contesto in cui è nata
la favola. Esopo scrive in una società, quella
greca classica, dove gli dei dell’Olimpo intervengono pesantemente nella vita dei personaggi della letteratura. L’Olimpo è lo specchio cele-
La gatta: malvagia o vittima?
Se è vero che nelle favole sono i personaggi i
veri motori della vicenda, a scapito della trama e
dell’ambientazione, La gatta e Afrodite di Esopo
sembra costituire un’eccezione.
In effetti non solo la trama ha qui un peso rilevante, ma anche l’ambientazione riveste un ruolo importante per comprendere a fondo il senso
della favola.
Non è un caso, infatti, che la gatta innamorata
si rivolga proprio ad Afrodite, la dea dell’amore
dell’Olimpo greco, né è un caso che sia proprio
Afrodite a introdurre il piccolo topo nel letto dei
due innamorati, mettendo alla prova la povera
donna-gatto.
L’infelice storia della gatta ha come sua conclusione naturale la morale: chi è per natura malvagio non potrà mai cambiare la sua indole; il
ste della società umana e le divinità stesse hanno vizi e virtù tutte umane: possono decidere di
assecondare i desideri degli uomini, oppure punirli capricciosamente, possono schierarsi al loro fianco, oppure scatenare furiose battaglie
contro di loro.
In questo senso Afrodite si attiene a una normale consuetudine e si comporta con la gatta
nello stesso modo in cui si sarebbe comportata
con una fanciulla innamorata. La gatta diventa
vittima, come sono vittime degli umori degli dei
gli uomini e le donne della Grecia di Esopo.
Nella favola, quindi, diventa importante considerare anche quel mondo greco classico che
riconosciamo sullo sfondo: non solo arricchisce
il significato della vicenda, ma offre anche un
nuovo punto di vista per interpretare la morale.
LABORATORIO
Comprendere
1. Dopo aver letto o ascoltato con attenzione la favola, rispondi alle domande scegliendo il completamento corretto.
A. La dea Afrodite trasforma la gatta in una donna perché
a vuole tendere un inganno al bel giovane.
c la gatta le è in fondo simpatica.
b è mossa a compassione dall’amore della gatta per
d è curiosa di vedere cosa succederà.
il bel giovane.
B. Il giovane non appena vede la donna-gatto
a scappa impaurito.
b non crede ai suoi occhi.
ANALISI DEL TESTO
171
c se ne innamora.
d la chiede in moglie.
C. Afrodite fa cadere un topo nel letto dei due giovani sposi perché
a è dispettosa.
c vuole mettere alla prova la gatta.
b è crudele.
d vuole scoprire se la gatta, cambiando il suo corpo, ha anche
cambiato le sue abitudini.
D. La dea trasforma nuovamente la donna in gatto perché
a si infuria per la reazione della donna davanti al topo.
c è indignata a causa del comportamento della donna davanti
b è gelosa dell’amore tra i due giovani.
al topo.
d la donna non ha rispettato i patti convenuti.
❉ 2. La morale della favola insegna che chi è malvagio non potrà mai cambiare la sua vera natura. Sei d’accordo con
questa affermazione? Motiva la tua risposta.
❉ 3. Perché, secondo te, è stato scelto il gatto come protagonista di questa favola?
172
Narrativa
●
AL CINEMA
I generi
LABORATORIO
Conoscere la lingua
4. La favola di Esopo ti è stata proposta nella traduzione di E. Ceva Valla. Evidentemente il traduttore ha fatto una selezione dei termini che, a suo parere, potevano restituire anche al lettore contemporaneo la stessa incisività di Esopo.
Rileggi la favola e individua altri termini che il traduttore avrebbe potuto usare nei seguenti casi:
mossa a compassione; la cambiò in una bella ragazza; se ne invaghì; camera nuziale; dimentica della attuali circostanze;
balzò; indignata.
Sostituisci, in un secondo tempo, la tua selezione ai termini scelti dal traduttore: quali cambiamenti avvengono sul piano dello stile e del contenuto?
Il favoloso
mondo
di Amélie
● REGIA:
Jean-Pierre Jeunet
Audrey Tautou (Amélie), Mathieu Kassovitz (Nino), Rufus (padre di Amélie)
● GENERE: commedia
● PRODUZIONE: Francia, 2001, colore
● DURATA: 120 minuti
● INTERPRETI:
5. Nella favola non si fa mai uso del discorso diretto: perché secondo te? Introduci il discorso diretto dove ti sembra
più opportuno: quale effetto ottieni sul piano della struttura narrativa?
Analizzare
6. Il tempo della storia e il tempo del racconto coincidono? Definisci la struttura narrativa della favola dal punto di vista della durata della narrazione.
7. La gatta è un personaggio statico o dinamico? Motiva la tua risposta.
❉ 8. Da quale punto di vista viene raccontata la favola? Perché l’autore ha scelto questo tipo di focalizzazione?
❉ 9. Dividi il testo in sequenze e dai un titolo significativo a ognuna di esse. In un secondo tempo cerca di individuare
gli elementi tipici della struttura narrativa della favola: ci sono tutti? Quali non compaiono? Perché, secondo te?
❉ 10. Usando le categorie di Propp, definisci il ruolo dei tre personaggi della favola: Afrodite, la gatta e il bel giovane.
Scrivere
11. Riscrivi la favola usando un punto di vista interno: scegli tu il personaggio che fungerà da narratore.
12. Immagina per la favola un finale diverso che non modifichi, però, la morale.
13. Riscrivi una nuova versione della favola, immaginando di doverla proporre a un pubblico contemporaneo. Introduci tutti gli elementi che ritieni necessari senza tradire, però, il senso della morale.
Il regista
Jean-Pierre Jeunet nasce a Roanne, in
Francia, nel 1953. Appassionato di fumetti e cartoon,
esordisce negli anni Settanta realizzando cortometraggi
d’animazione, spot pubblicitari e video musicali. Il punto di svolta della sua carriera è rappresentato dall’incontro con Marc Caro; uno dei migliori frutti di questa
collaborazione, durata 15 anni, è il lungometraggio comico-grottesco Delikatessen (1991). Dopo Alien 4 – La
clonazione (1997), Jeunet realizza Il favoloso mondo di
Amélie, film-rivelazione del 2001, che ha riscosso un
successo internazionale tra i più eclatanti nella storia
del cinema francese.
La trama La giovane Amélie, ragazza timida e
gentile che lavora a Montmartre come cameriera di
caffè, conduce una vita solitaria e appartata. Un caso fortuito le fa scoprire di possedere uno straordinario talento nell’aiutare il suo prossimo. Decide
quindi di dedicarsi alla felicità altrui, dispensando
quiete e serenità a tutti quelli che conosce. Un giorno incontra Nino, un curioso collezionista di fototessere strappate, che ricompone e inserisce in un album, e se ne innamora.
Spunti per l’interpretazione Il film ha
la cadenza di una favola – surreale e visionaria – e
questa dimensione è sottolineata dalla voce narrante,
che introduce i personaggi e commenta alcuni passaggi del film.
Strana l’infanzia di Amélie, cresciuta senza incontrare
nessuno, eccetto i suoi genitori, con i quali ha stretto
rapporti piuttosto freddi. Strana anche perché segnata
da una serie di eventi “incredibili”: Amélie vede sua madre morire uscendo da Notre Dame, “colpita” da una
donna che decisa al suicidio, si getta dalla cima della cat-
174
Narrativa
●
I generi
tedrale,; vede il suo pesce rosso scomparire nella fontana comunale e suo padre dedicarsi totalmente a un “nano da giardino”. Una sera pensa di avere trovato finalmente il suo destino: entrare nella vita delle persone che
incontra per aiutarle a trovare un po’ di felicità. Da questo momento Amélie diventerà una sorta di paladina
di tutti i deboli, sconfitti e depressi che popolano il suo mondo, portando nelle loro vite un po’ di luce e punendo chi, in malafede, approfitta delle disgrazie altrui.
In questo “gioco”, che vede Amélie impegnata a fare del bene al prossimo (bellissima la scena in cui
“presta” i suoi occhi a un cieco), la nostra eroina riuscirà a risolvere anche quelli che sono i suoi
personali problemi, in primo luogo la sua inguaribile timidezza.
Personaggio-chiave del film, responsabile della svolta nella vita di Amélie, è “l’uomo di vetro”. Sarà
proprio questo strambo pittore a esortare Amélie a uscire dal suo guscio: “Quando arriva il momento
bisogna saltare la barriera, senza esitare… Vivi i tuoi sogni, prima che sia troppo tardi, prima che il
tuo cuore diventi secco e fragile come il mio scheletro…”. È proprio questa sfida che Amélie raccoglierà: saltare la barriera, lanciarsi nella realtà portandosi dietro i propri sogni.
Tracce per l’analisi Il favoloso mondo di Amélie offre una vasta gamma di scelte stilistiche, invenzioni visive, soluzioni formali assolutamente originali e azzeccate. Consideriamo alcuni elementi essenziali: i movimenti di macchina, il montaggio, gli effetti speciali.
La macchina da presa, in molte scene, si muove sospesa in tutte le direzioni, spesso accelera all’improvviso, zoomando su oggetti e personaggi, come in un cartone animato. Nella sequenza iniziale,
per esempio, la presentazione dei personaggi è affidata a veloci movimenti di macchina in profondità, che spiazzano lo spettatore e conferiscono alla narrazione un ritmo incalzante. Oltre a questi eccentrici movimenti di macchina, possiamo notare un’altra scelta registica particolarmente originale:
l’utilizzo dello “sguardo in macchina”. In più di una scena, infatti, lo sguardo ammiccante di Amélie
si rivolge allo spettatore, interpellandolo direttamente.
Anche il montaggio riserva delle sorprese. La scena in cui Amélie prepara la “finta” lettera per la portiera è realizzata all’acceleratore, dando luogo a un esilarante “effetto-cartoon”.
Favola
Jean de La Fontaine
Il Pipistrello e le due Donnole
Due animali molto diversi, un incontro casuale, che
potrebbe rivelarsi fatale per uno dei due, se non intervenisse l’arte della persuasione. Con tutta l’ironia
che caratterizza le sue Favole, La Fontaine ci regala
una pungente lezione sull’arte del trasformismo e
della dissimulazione.
5
10
LABORATORIO
Comprendere
20
2. Per quale motivo l’anziano pittore è soprannominato “l’uomo di vetro”?
3. La “missione” di Amélie in alcuni casi è quasi crudele; nei confronti di certi personaggi, infatti, la protagonista riserva piccole vendette. Di chi si tratta? Perché Amélie si comporta in questo modo?
4. Chi è il misterioso uomo della fototessera?
Analizzare e riflettere
5. Rifletti sul carattere di Amélie: quali eventi della sua infanzia, secondo te, possono avere influito sulla sua profonda timidezza?
AUTORE: Jean de La Fontaine (1621-1695)
OPERA: Fables choisies mises en vers (1668)
❍ STRUMENTI D’ANALISI: i personaggi nell’intreccio narrativo S9; le funzioni del testo S1
❍
❍
Un giorno un Pipistrel dié nella tana1
d’una feroce Donnola,
che aveva antica ruggine2
coi topi, e che a momenti me lo sbrana.
15
1. Per ognuno dei seguenti personaggi individua in che modo Amélie riesce a portare una ventata di ottimismo nella
loro vita: la cassiera ipocondriaca; la portiera alcolista; il precedente inquilino dell’appartamento; lo scrittore fallito.
175
25
Jean de La Fontaine
– Eccome! – dice, – ed osa dopo tanti
misfatti uno di voi venirmi avanti?
Se tu sei topo, guarda, io son faina.
– Dimando grazia a Vostra Signoria, –
rispose a lei quell’anima tapina3, –
ma un topo io non so manco cosa sia.
Io sono Uccello e, grazie a Dio che fece
il mondo tutto colla sua parola,
volo coll’ali mie. Viva chi vola! –.
E tante cose aggiunse e tanto belle,
ch’ebbe la grazia di salvar la pelle.
Tre giorni dopo cade il martorello4,
per suo destin fatale,
nell’ugne5 d’una Donnola, terribile
nemica degli uccelli in generale,
che col suo muso lungo in un momento,
pigliandolo, s’intende, per uccello,
l’avria mangiato senza complimento.
– T’inganni grosso, – a lei grida il cattivo6, –
e dove son le penne
che forman degli uccelli il distintivo7?
Son Topo, evviva i topi,
e morte al gatto, io grido, e a chi l’ha fatto –.
E la sua parte tanto ben sostenne8,
che un’altra volta la scampò a buon patto.
Poeta e favolista francese, Jean de La Fontaine nasce nella regione dello Champagne, a
Château-Thierry, nel 1621. Appartiene a una
famiglia di ricchi borghesi che, dopo averlo indirizzato per un breve periodo alla carriera ecclesiastica, gli lascia poi intraprendere gli studi in
legge; Jean diviene avvocato anche se non
eserciterà mai la professione.
Grande frequentatore della corte di Luigi XIV,
diventa stretto collaboratore del ministro delle
finanze; l’arresto del funzionario sembra interrompere questa vita spensierata: La Fontaine
viene infatti condannato all’esilio e, soltanto
grazie ad amicizie influenti, riesce a superare un
periodo di forti difficoltà economiche. Sono
questi gli anni in cui conosce la sua fortuna letteraria, anche attraverso le relazioni con altri
scrittori del tempo: vedono infatti la pubblicazione la sua prima raccolta Contes e nouvelles in vers
(Racconti e novelle in versi) e i primi sei libri delle
Fables choisies mises en vers (Favole scelte in versi)
in cui ritroviamo la rielaborazione di autori importanti come Esopo e Fedro, ma anche di raccolte medioevali e rinascimentali, nonché del
celebre Libro dei lumi indiano.
Nella sua vasta produzione trovano posto un
po’ tutti i generi letterari, anche se è soprattutto la produzione poetica a ricoprire lo spazio
maggiore. Le Fables rimangono l’opera a cui è
maggiormente legato il nome di La Fontaine e
la sua vita stessa, se consideriamo che sono
state composte in un periodo che si estende su
un arco di trent’anni: la loro pubblicazione inizia
nel 1668 e termina nel 1694.
Muore a Parigi nel 1695.
6. Pensi che il fatto che Amélie scelga di consacrarsi alla felicità degli altri sia dettato soltanto da una “vocazione” altruistica? Motiva la tua risposta.
7. In che senso il film può essere considerato una favola al di fuori del tempo?
8. Quali sentimenti ha suscitato in te la visione del film? Quali passaggi ti hanno colpito di più? E quali ti hanno maggiormente divertito?
1. dié nella tana: finì nella tana.
2. ruggine: rancore.
3. tapina: infelice.
4. il martorello: lo sfortunato.
5. ugne: unghie.
6. il cattivo: il prigioniero.
7. il distintivo: l’elemento qualificante che li distingue da tutti
gli altri animali.
8. E la sua ... sostenne: “E
difese così bene le sue idee”.
176
Narrativa
30
35
●
I generi
Favola
177
LABORATORIO
Molti son che con quest’arte
han trovata la maniera
di tirar la sorte a sé9.
A seconda della parte
hanno pronta una bandiera.
Oggi: Viva la Repubblica!
E dimani: Viva il Re.
Comprendere
1. Dopo aver letto o ascoltato con attenzione la favola, rispondi alle domande scegliendo il completamento corretto.
A. Il pipistrello viene risparmiato dalla prima donnola perché
a la convince di essere un uccello.
c le fa un regalo.
b le fa pena.
d la convince di essere un topo.
(J. de La Fontaine, Favole, trad. it. di E. De Marchi, Rizzoli, Milano 1980)
9. tirar la sorte a sé: “volgere la sorte a proprio vantaggio”.
B. Il pipistrello convince la seconda donnola di essere un topo mostrandole
a di non avere le penne.
c di non avere le penne e di odiare i gatti.
b di non avere il becco.
d di non avere il becco e di odiare i gatti.
❉ 2. Se tu sei topo [...] io son faina: che cosa intende dire la prima donnola?
❉ 3. A chi si riferisce La Fontaine quando scrive: Molti son che con quest’arte / han trovata la maniera / di tirar la sorte
a sé?
ANALISI DEL TESTO
❉ 4. Che cosa vuole insegnarci la favola? Qual è il significato degli ultimi quattro versi: A seconda della parte / hanno
pronta una bandiera. / Oggi: Viva la Repubblica!/ E dimani: Viva il Re?
Conoscere la lingua
Un pipistrello finisce per caso nella
tana di una donnola. La sua situazione è davvero molto critica: la donnola, infatti, lo crede un
topo, animale che detesta con tutta se stessa e
che non avrebbe alcuna esitazione a divorare.
Eppure il pipistrello si salva.
Tre giorni dopo, per una strana ironia della
sorte, lo stesso pipistrello cade nella tana di
un’altra donnola. Anche in questo caso rischia di
finire divorato: la donnola lo crede infatti un uccello, animale a cui ha da sempre dichiarato
guerra. Eppure il pipistrello esce indenne anche
da questo pericoloso incontro.
La domanda è: coma ha fatto il pipistrello a
salvarsi la pelle in entrambe le situazioni?
Il potere della parola
Il confronto tra i due animali è in realtà un
confronto a parole: il pipistrello vince perché conosce l’arte della persuasione e sa sostenere in
modo efficace gli argomenti in sua difesa.
Vediamo da vicino le tecniche argomentative
usate dal pipistrello.
Primo caso: la donnola lo crede un topo. In
modo molto astuto, il pipistrello imposta la sua
strategia difensiva presentando prima di tutto
una prova concreta: non può essere un topo,
semplicemente perché ha le ali e tutti sanno che
in natura i topi non hanno le ali.
Per rafforzare questo argomento di evidenza, il pipistrello introduce la dimensione del
pathos, ossia cerca di persuadere il suo interlocutore (la donnola), facendo leva sulla sfera delle emozioni e dei sentimenti. Ecco perché esclama grazie a Dio e Viva chi vola!, sicuro che la
donnola, sentendolo pronunciare queste esclamazioni, sarà portata a pensare in cuor suo che
soltanto un uccello potrebbe pronunciare simili
affermazioni.
Secondo caso: la donnola lo crede un uccello. Anche nel secondo incontro, il pipistrello si
difende sostenendo prima di tutto un argomento di evidenza: non può essere un uccello perché non ha le penne e tutti sanno che in natura
gli uccelli hanno le penne.
Come nel primo caso, dopo aver dimostrato di
non essere un uccello perché non possiede una
delle peculiarità che distinguono gli uccelli dagli
altri animali, il pipistrello torna a usare il
pathos: fa suo il punto di vista di un topo e grida
evviva i topi e morte al gatto.
Anche in questo caso il pipistrello è sicuro che
la donnola, dopo averlo ascoltato, si persuaderà
una volta in più che la sua preda è davvero un
topo e finirà con il lasciarlo libero.
5. La traduzione cerca di rispettare il registro poetico usato da La Fontaine. Quali sono le caratteristiche di questo registro?
6. Spesso usa dei termini il traduttore ricercati e decisamente letterari. Questo si giustifica se consideriamo che si tratta
di uno scrittore dell’Ottocento e che in un certo senso sta cercando di riprodurre il linguaggio colto ma scanzonato usato
alla corte di Luigi XIV. Individua nel testo alcuni di questi termini, cercane il significato e un possibile sinonimo.
Analizzare
7. A partire dalle funzioni di Propp, indica quale rapporto lega il personaggio del pipistrello a quelli delle due donnole. Perché possiamo affermare che è proprio il rapporto tra i due personaggi a caratterizzare la struttura narrativa della favola?
8. Nel testo è disseminata una serie di indizi significativi che ci permettono di ricostruire un ritratto abbastanza preciso, sia dal punto di vista fisico sia psicologico, dei protagonisti della favola: riordinali e descrivi, in un breve testo scritto, il carattere del pipistrello e quello delle due donnole.
9. Anche se la favola è costruita in strofe, possiamo comunque riconoscere delle vere e proprie sequenze narrative.
Individuale nel testo e assegna a ognuna un titolo significativo.
❉ 10. La Fontaine fa uso di alcune efficaci figure retoriche. Precisa il significato delle seguenti espressioni e indica di
quale figura retorica si tratta.
Espressione
aveva antica ruggine
anima tapina
salvar la pelle
forman degli uccelli il distintivo
hanno pronta una bandiera
Significato
Figura retorica corrispondente
178
Narrativa
●
I generi
Favola
179
Muju
LABORATORIO
❉ 11. Nella favola possiamo riconoscere due macrosequenze che presentano una struttura narrativa parallela: quali sono? Che cosa accade all’interno di queste macrosequenze? Perché possiamo dire che sia dal punto di vista del contenuto sia dal punto di vista strutturale le due macrosequenze sono parallele?
Non si può
rubare la luna
Scrivere
12. Riscrivi la favola in prosa utilizzando un punto di vista esterno ed eliminando il discorso diretto.
13. Immagina un finale differente e, di conseguenza, una diversa morale per la favola di La Fontaine. Nella tua favola, la seconda donnola non crede al pipistrello e lo mangia...
Discutere in classe
AUTORE: Muju, maestro giapponese di Zen (XIII
secolo)
❍ OPERA: Shaseki-shu (Raccolta di Pietra e di Sabbia) e
altre raccolte di aneddoti di monaci Zen pubblicate
in Giappone tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo
❍ STRUMENTI PER L’ANALISI: S9 i personaggi nell’intreccio narrativo; S10 la presentazione dei personaggi; S14 la morfologia della fiaba
❍
Il misterioso Oriente e il fascino di una cultura che insegna a ritrovare il gusto delle piccole cose, del vivere in armonia e in pace con se stessi. L’incontro casuale di un maestro Zen e di un ladro diventa l’occasione per una straordinaria lezione di vita.
Nella favola leggiamo un giudizio negativo nei confronti di coloro che A seconda della parte / hanno pronta una bandiera.
DAL TESTO ALLE REGOLE
Dopo una breve discussione, suddividetevi in gruppi omogenei a seconda della valutazione (positiva o negativa) che avete dato su persone di questo tipo.
Ciascun gruppo argomenti le proprie opinioni, prendendo spunto da questi suggerimenti:
– le motivazioni per cui una persona tende a “cambiare bandiera” a seconda delle situazioni sono sempre
dettate da interessi personali?
– in quale ambiente questo comportamento è più ricorrente: a scuola, in politica, in famiglia, in un gruppo
di amici ecc.? Perché, secondo voi?
– vi siete mai trovati nella situazione di cambiare improvvisamente bandiera? Quando? Perché? Come vi
siete sentiti? Come è stato percepito il vostro comportamento dalle persone che avevate intorno?
Paratassi e ipotassi, p. 000
Ryokan, un maestro di Zen, viveva nella più assoluta semplicità in una piccola capanna ai piedi di una montagna. Una sera un ladro entrò nella capanna e fece la scoperta che
non c’era proprio niente da rubare.
Ryokan tornò e lo sorprese. – Forse hai fatto un bel pezzo di strada per venirmi a trovare – disse al ladro – e non devi andartene a mani vuote. Fammi la cortesia, accetta i miei
vestiti in regalo.
Il ladro rimase sbalordito. Prese i vestiti e se la svignò.
Ryokan si sedette, nudo, a contemplare la luna. – Pover’uomo, – pensò – avrei voluto
potergli dare questa bella luna.
5
(101 Storie Zen, trad. it. di A. Motti, Adelphi, Milano 1988)
occupiamoci di narrativa
produciamo una favola
NUOVI ITINERARI
Uomini e animali: riscrivere le favole
Riscrivete la favola di La Fontaine Il Pipistrello e le due Donnole, provando a sostituire due esseri umani agli animali protagonisti della vicenda. Evidentemente dovrete introdurre all’interno della narrazione
alcune sequenze descrittive per precisare le caratteristiche psicologiche dei due nuovi protagonisti.
Ricordate che nelle favole vengono rappresentati dei tipi stilizzati e non dei personaggi veri e propri a tutto tondo: tenetene conto nel momento in cui costruirete il ritratto dei due nuovi protagonisti.
Cercate, per quanto è possibile, di rispettare la fabula della versione originale e di attenervi alla morale finale.
DAL TESTO
ALLE REGOLE
Paratassi e ipotassi
In una frase complessa le proposizioni si possono collegare tra loro attraverso legami paratattici o ipotattici.
✑ Si parla di paratassi (o struttura paratattica) quando le proposizioni sono autonome,
indipendenti e si collocano tutte sullo stesso piano.
Ryokan viveva nella più assoluta semplicità; una sera un ladro entrò nella sua capanna e fece una scoperta.
✑ Si parla di ipotassi (o struttura ipotattica), quando esiste un rapporto di dipendenza
e di subordinazione tra una frase reggente e le altre proposizioni che sono strettamente
legate a essa.
Una sera un ladro entrò nella capanna e fece la scoperta che non c’era proprio niente da rubare.
In caso di struttura paratattica il legame tra più frasi può stabilirsi:
per asindeto nel caso in cui le frasi vengano collegate da segni di punteggiatura senza congiunzioni (Il ladro rimase sbalordito. Prese i vestiti);
● per polisindeto nel caso in cui si faccia uso di più congiunzioni coordinanti: copulative (e, anche ecc.), disgiuntive (o, oppure ecc.), avversative (ma, però ecc.), conclusive (quindi, pertanto ecc.), dichiarative (infatti,
cioè,ecc.) o correlative (sia … sia ecc.) Il maestro si arrabbiò, quindi si alzò e andò.
●
180
Narrativa
●
I generi
Favola
181
LABORATORIO
Nell’ipotassi il legame può avvenire:
● in forma esplicita attraverso l’uso di:
– congiunzioni subordinanti: affinché, quando, mentre, perché, se ecc.;
– pronomi relativi o misti: che, cui, chi, chiunque ecc.;
– aggettivi, pronomi, avverbi interrogativi: quale, chi, quanto ecc.;
● in forma implicita, utilizzando il gerundio o il participio, senza congiunzioni o preposizioni, oppure l’infinito, preceduto da preposizioni o da congiunzioni (Dando libero sfogo alla loro emozione, si rimproverarono l’un l’altra –
Messosi in viaggio nel pomeriggio, raggiunse la costa al tramonto – Dopo averlo incontrato lungo la strada, decisero di tornare indietro per accompagnarlo).
L’ipotassi è caratteristica della comunicazione scritta, trattandosi di una struttura che mette in evidenza i legami
logici che uniscono le frasi; la paratassi invece è la struttura tipica del discorso orale, dove si tende a non utilizzare
periodi complessi.
In un testo narrativo la costruzione paratattica rende più concitato il ritmo della narrazione; può essere utile per riprodurre il discorso orale o per dare al testo un carattere di improvvisazione e di immediatezza.
1. Inserisci dei connettivi tra alcune delle frasi seguenti per stabilire tra di esse un rapporto di subordinazione; il risultato dovrà essere un testo dotato di coesione.
Sulla nave facevamo un gioco – il gioco era un buon passatempo – uno raccontava una storia – non raccontava il finale –
gli altri tentavano di completare la storia – tutti avevano provato – veniva rivelato il finale – i nuovi finali risultavano più avvincenti di quello originale – una storia appassionò tutti – la storia trattava di due ragazzi – i ragazzi abitavano in un villaggio –
un uomo raccontava la storia – l’uomo non ne conosceva il finale – nessuno avrebbe vinto la gara – era una storia davvero
singolare – nessuno riuscì a trovare un finale accettabile.
Comprendere
1. Dopo aver letto o ascoltato con attenzione la favola, rispondi alle domande scegliendo il completamento corretto.
A. Quando Ryokan torna a casa e sorprende il ladro
a chiede subito aiuto.
c gli fa dono dei suoi abiti perché sotto minaccia.
b si spaventa e scappa.
d gli fa dono dei suoi abiti.
B. Il ladro, di fronte all’offerta di Ryokan
a si arrabbia.
d si mette a ridere.
c scappa.
b si stupisce.
C. Ryokan, a proposito del ladro, pensa
a che è veramente una persona da evitare.
b che bisognerebbe metterlo in prigione.
c che in fondo è un pover’uomo.
d che non si può che avere compassione di lui.
❉ 2. Perché il maestro Zen fa dono dei suoi abiti al ladro?
❉ 3. Qual è il valore simbolico della luna all’interno della favola?
❉ 4. Perché il maestro Zen, secondo te, fa proprio riferimento alla luna nella fase conclusiva della favola (in quella sezione generalmente occupata dalla morale)?
❉ 5. Quale insegnamento vuole trasmettere il maestro Zen?
❉ 6. Possiamo leggere nel testo più di una morale? Motiva la tua risposta.
Conoscere la lingua
ANALISI DEL TESTO
Anche se all’interno della vicenda non
compare nessuno dei personaggi più ricorrenti
nel mondo delle favole, possiamo tuttavia riconoscere una struttura narrativa che si avvicina alla
tradizione fiabesca che conosciamo.
In particolare, anche in questo caso possiamo
riconoscere nei due personaggi principali due
ruoli fissi, al di là della loro identità. Poco importa, infatti, che il maestro Zen si chiami Ryokan,
quanto piuttosto che venga definito maestro Zen;
la stessa considerazione vale anche per il ladro,
su cui non ci viene data altra informazione al di
fuori di questa qualifica.
Il maestro e l’uomo comune
Nel momento in cui leggiamo la parola Zen, immediatamente siamo trasportati nel lontano Oriente, nella Cina del VI secolo e poi in Giappone: qui i
maestri Zen si dedicavano all’arte della meditazio-
ne per raggiungere una piena conoscenza del proprio io attraverso una grande autodisciplina e una
vita semplice, distante dai rumori delle città. L’idea
centrale della filosofia Zen è che soltanto la serenità
interiore permette all’uomo di vivere felicemente.
Nelle storie Zen si incontrano sempre due protagonisti: il maestro e l’uomo che non conosce
ancora lo Zen.
Il numero dei personaggi può essere variabile,
ma la struttura narrativa si costruisce sempre sul
rapporto tra due atteggiamenti diversi nei confronti della vita. Il ruolo giocato dal maestro all’interno della vicenda è di rappresentare come
l’arte dello Zen aiuti a vivere meglio e in pace
con se stessi. Al contrario, l’uomo gioca il ruolo
di chi non ha ancora avuto modo di avvicinarsi a
quest’arte e non ha ancora trovato la propria
strada per essere felice, come il ladro della nostra storia che si accontenta di pochi abiti e non
si accorge della bellezza della luna.
7. La struttura narrativa della favola è molto semplice. In particolare, possiamo parlare di una struttura essenzialmente paratattica, dove la coordinazione tra le diverse proposizioni procede per asindeti: perché? Inserisci, dove è possibile, dei connettivi temporali o causali in modo da introdurre anche delle proposizioni subordinate.
Analizzare
8. Fabula e intreccio coincidono? Motiva la tua risposta.
9. Il tempo della storia e il tempo del racconto coincidono? Motiva la tua risposta.
❉ 10. Da quale punto di vista viene raccontata l’avventura del ladro e del maestro Zen?
❉ 11. Quali caratteristiche possiamo ricavare dal testo per ricostruire un ritratto del maestro Zen?
❉ 12. Qual è la funzione narrativa del ladro all’interno della storia?
Scrivere
13. Usa il punto di vista del ladro per raccontare la stessa vicenda. Costruisci due morali diverse a seconda che il ladro voglia dimostrare:
– che il maestro Zen ha davvero ragione;
– che il maestro Zen è un povero sognatore.
182
Narrativa
●
I generi
Verifica di modulo
2 ore
VERIFICA di MODULO
3. Le fiabe presentano una struttura narrativa che
tende a ripetersi. In particolare l’intreccio che
caratterizza la maggior parte delle fiabe di magia
prevede: (scrivi di seguito le diverse fasi narrative):
Per il controllo degli obiettivi
1
2
3
4
5
6
7
8
Conoscenza delle caratteristiche della fiaba e della favola e delle loro componenti strutturali ricorrenti
Conoscenza dell’evoluzione storica del genere
Conoscenza della teoria delle funzioni di Propp
Capacità di attribuire le caratteristiche di genere a una fiaba e ad una favola
Capacità di applicare alle fiabe e alle favole le categorie di analisi narratologica
Capacità di applicare alle fiabe e alle favole le funzioni di Propp
Capacità di riscrivere una fiaba o una favola secondo la struttura narrativa ricorrente
Capacità di riscrivere una fiaba o una favola variando alcune caratteristiche di struttura
1. Segna con una crocetta la risposta esatta alle
A)
a
b
c
d
seguenti domande.
La fiaba nasce come
racconto popolare.
leggenda.
mito delle origini.
diceria della gente.
Obiettivo 2
Punti......./1
B) La prima raccolta di favole comincia a circolare
a a Roma verso la fine del V secolo a.C.
b ad Atene verso la fine del V secolo a.C.
c in Frigia verso la fine del VI secolo a.C.
d in Francia alla corte di Luigi XIV.
Obiettivo 2
Punti......./1
C) Qual è il destino della composizione favolistica
dopo la fortuna di Esopo?
a Risentirà dei profondi cambiamenti culturali e,
già nell’antica Roma, non conoscerà il successo
della tradizione esopica. È destinata a scomparire durante il Medioevo, considerata un genere
letterario secondario.
b Fedro porterà con fortuna a Roma la lezione di
Esopo, fortuna che durerà per tutto il Medioevo
e il Rinascimento. La favola verrà poi bandita coCaratteristica
me genere letterario, perché giudicata pericolosa sotto Luigi XIV.
c A Roma, Fedro seguirà con successo la lezione
esopica; durante il Medioevo e il Rinascimento, la
favola continua a essere usata come efficace strumento didattico e conosce in Francia una nuova
fortuna durante il regno di Luigi XIV. Ancora durante gli anni del Fascismo italiano la favola è un genere letterario vivo e frequentato dagli scrittori.
d Esopo fu il primo e anche l’ultimo vero autore di
favole.
Obiettivo 2
Punti......./3
D) Quale differenza esiste tra fiaba e favola?
a Non esiste una vera e propria differenza.
b Le fiabe divertono, mentre le favole hanno una
funzione pedagogica.
c Nelle fiabe la trama ha un’importanza fondamentale, mentre nelle favole sono i personaggi
che, semplicemente recitando il loro ruolo, danno vita all’azione.
d Le fiabe non hanno la morale.
Obiettivo 1
Punti......./1
2. Per ognuna delle caratteristiche elencate nella
tabella indica con una crocetta se essa appartiene alla fiaba o alla favola o a entrambe.
Fiaba
Favola
1. I personaggi compiono imprese straordinarie,
inaccessibili ai comuni mortali
1.
……………………………………………………………………………………………………………
2.
……………………………………………………………………………………………………………
3.
……………………………………………………………………………………………………………
4.
……………………………………………………………………………………………………………
5.
……………………………………………………………………………………………………………
Obiettivo 1
4. Leggi con attenzione il brano seguente.
C’era una volta una vecchia regina, che era una maga; e
sua figlia era la più bella fanciulla del mondo. Ma la vecchia ad altro non pensava che ad attirare gli uomini per
rovinarli; e se arrivava un pretendente, diceva che chi
voleva sua figlia doveva prima eseguire un compito o
morire. Molti rischiavano, abbagliati dalla bellezza della
fanciulla, ma non potevano compiere quel che la vecchia imponeva; e allora non c’era remissione: dovevano
inginocchiarsi, e gli mozzava la testa. Un principe, che
aveva anche lui sentito parlare della gran bellezza della
fanciulla, disse a suo padre: – Lasciatemi andare, voglio
chiedere la sua mano. – Mai e poi mai! – rispose il re: –
se parti, vai incontro alla morte –. Allora il principe si
mise a letto, s’ammalò mortalmente e così stette per sette anni, e nessun medico poteva giovargli. Quando il padre vide che non c’era più speranza, gli disse tristemente:
– Va’ e tenta la sorte: non so come aiutarti in altro modo –. A queste parole, il figlio si levò, sano come un pesce, e si mise allegramente in via.
(J. e W. Grimm, Fiabe, cit.)
A) A quale fase della struttura-tipo della fiaba di
magia corrisponde il brano che hai appena letto? Quali sono le caratteristiche di questa fase?
Obiettivi 1, 5
Punti......./2
B) Facendo riferimento alla teoria delle funzioni di
Propp definisci:
quale
ruolo narrativo ricopre il principe.
–
– quale ruolo narrativo ricopre la vecchia regina.
Obiettivo 6
2. I personaggi sono dei tipi
Punti......./5
Punti......./2
C) Quali sono le funzioni che caratterizzano la sfera
d’azione del re?
3. Può trasformarsi in un racconto delle origini
Obiettivo 3
4. Si conclude con l’epimitio finale
Punti......./3
D) Scrivi il seguito della fiaba (10-15 righe) immaginando che sia la vecchia regina a raccontare i
fatti.
5. Ha una trama molto semplice
6. I personaggi hanno una precisa funzione narrativa
Obiettivo 4
Punti......./6
Obiettivi 7, 8
Punti......./7
183
5. Leggi con attenzione il brano seguente:
La Cicala che imprudente
tutto estate al sol cantò,
provveduta di niente
nell’inverno si trovò,
senza più un granello e senza
una mosca in la credenza.
Affamata e piagnolosa
va a cercar della Formica
e le chiede qualche cosa,
qualche cosa in cortesia,
per poter fino alla prossima
primavera tirar via:
promettendo per l’agosto,
in coscienza d’animale,
interessi e capitale.
La Formica che ha il difetto
di prestar malvolentieri,
le dimanda chiaro e netto:
– Che hai tu fatto fino a ieri?
– Cara amica, a dire il giusto
non ho fatto che cantare
tutto il tempo. – Brava ho gusto;
balla adesso, se ti pare.
(J. de La Fontaine, cit.)
A) Due personaggi si confrontano: una formica e
una cicala. Come in tutte le favole, i personaggi
sono dei tipi, che simboleggiano i vizi e le virtù
degli uomini. Definisci vizi e virtù delle cicala e
della formica.
Obiettivi 1, 5
Punti......./5
B) Quale tipo di rapporto racconto-dialogo caratterizza la favola?
Obiettivi 1, 5
Punti......./2
C) Qual è la morale che è contenuta nella favola?
Obiettivo 1
Punti......./2
6. Leggi con attenzione il brano seguente.
Ecco che il ragazzo giunse a una larga strada, e piangendo amaramente diceva tra sé e sé, mentre camminava:
“Son forse nato più brutto degli altri, che nessuna ragazza vuole sposarmi? mi pare che foss’anche il diavolo a
darmi una fidanzata, la prenderei lo stesso!”. D’improvviso, come fosse spuntato dalla terra, ecco venirgli incontro un vecchio vecchino: – Salute, bravo giovane! –
Salute, vecchino! – Di che parlavi or ora? –. Il ragazzo si
spaventò, non sapeva cosa rispondere. – Non avere paura di me! Non ti farò nulla di male, e magari, chissà, allevierò il tuo dolore. Parla arditamente! –. Il ragazzo gli
raccontò tutto secondo verità: – Povero me! Nessuna ragazza vuole sposarmi. Così, camminando, mi crucciavo,
184
Narrativa
●
I generi
e nel cruccio ho detto: foss’anche il diavolo a darmi una
fidanzata, la prenderei! – .Il vecchio rise e disse: – Vieni
con me, potrai scegliere la fidanzata che preferisci.
Arrivano ad un lago. – Volta la schiena al lago, e cammina all’indietro! – ordina il vecchio al ragazzo. Riuscì
appena a voltarsi e a muovere un passo o due, che si ritrovò in un palazzo marmoreo; tutte le stanze erano meravigliosamente adorne, decorate con strane pitture. Il
vecchio lo fece mangiare e bere; poi fa uscire dodici ragazze, una più bella dell’altra: – Scegli quella che ti piace! quella che sceglierai ti darò in moglie. – Che cosa
strana! Nonno, permettimi di pensarci sino a domattina.
– Be’ pensaci! – disse il vecchio, e l’accompagnò nella
sua camera.
Il ragazzo si mise a dormire, e pensa: “Quale prendere?”.
D’un tratto la porta si apre, entra da lui una bella fanciulla: – Dormi, bravo giovane, oppure no? – No, bella
fanciulla! Il sonno non mi viene, non faccio che pensare quale fidanzata scegliere. – Son venuta apposta a darti un consiglio; vedi, bravo giovane, sei capitato ospite
del diavolo! Ascolta dunque: se tu vuoi tornare a vivere
ancora nel mondo, fa’ come ti dico; ma se non farai come ti consiglio non uscirai vivo di qui! – Insegnami, bella fanciulla! Non lo dimenticherò mai. – Domani il maligno tirerà fuori dodici ragazze, tutte identiche; ma tu
guarda bene e scegli me: sul mio occhio destro si poserà
un moscerino, quello sarà il segno per te! –. E qui la bella ragazza gli raccontò di sé, chi era. – Conosci il prete
d’un certo paese? – dice. – Io sono sua figlia, quella stessa che è scomparsa di casa nove anni fa. Una volta che
mio padre s’era arrabbiato con me, disse in cuor suo una
frase: “Che il diavolo ti pigli!”. Io uscii sul ballatoio
piangendo, d’improvviso la forza impura mi prese e mi
portò qui; e ancora adesso vivo con loro.
Al mattino il vecchio gli presentò dodici ragazze, una
identica all’altra, e dice al bravo giovane di scegliersi la
fidanzata. Lui scrutò quale avesse un moscerino posato
sull’occhio destro, e scelse quella. Al vecchio dispiaceva
dargliela, mischiò insieme le belle fanciulle e di nuovo
ordina di scegliere; il buon giovane indicò di nuovo la
stessa. Il maligno lo costrinse a scegliere per la terza volta, egli di nuovo indovinò la sua promessa. – Be’, hai fortuna! Portatela a casa –. Subito il ragazzo si ritrovò in riva al lago con la bella fanciulla, e finché non riuscirono
sulla grande strada camminarono all’indietro. Più tardi i
diavoli si gettarono all’inseguimento: – Te la leveremo,
la nostra ragazza! – gridano. Guardano, nessuna impronta partiva dal lago, tutte portavano verso l’acqua! Corsero, cercarono, ma tornarono a mani vuote.
(A. N. Afasnasjev, Antiche fiabe russe,
trad. it. di G. Venturi, Einaudi, Torino 1974)
A) A quali fasi della struttura narrativa tipo della
fiaba corrisponde il brano riportato?
Obiettivi 1, 4
Punti......./2
B) Facendo riferimento alla teoria delle funzioni di
Propp, definisci:
– il ruolo della bella fanciulla.
– le caratteristiche della sua sfera d’azione.
Obiettivi 3, 6
Punti......./3
C) Da quale punto di vista viene raccontata la fiaba?
Obiettivo 5
Punti......./2
D) Quali sequenze ricorrono con maggiore frequenza nel testo?
Obiettivo 5
Punti......./3
E) Dopo aver letto il brano della fiaba riportata
qui sopra riscrivi la fiaba immaginando che la
fanciulla sia in realtà stata invitata dal diavolo
per ingannare il giovane. Inventa un finale a
sorpresa.
Obiettivo 7, 8
Punti......./20
TOTALE PUNTI......./70