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LA TRADIZIONE La tradizione, elemento caratterizzante di ciascun Corpo, ha sempre avuto un valore predominante in quello dei Bersaglieri. Da ciò DISCENDE lo SPIRITO di CORPO, stimolo principale per un operare in entusiasmo, passione e dedizione. STORIA E' da questa storia che si traggono le basi della tradizione: - la vita di LA MARMORA e la genesi della sua creatura ( ideale di costituzione di una compagnia di Bersaglieri e progettazione di un' Arma compatibile al loro modo di combattere); - i singoli episodi e le battaglie in generale che hanno influito a creare, e in seguito evidenziato, quell'alone quasi leggendario che adesso si accompagna alla narrazione delle gesta del Corpo, in maniera particolare per i fatti d'arma dei singoli Battaglioni e dei Reggimenti; - i personaggi che hanno contribuito con il loro eroico operato a caratterizzare sempre più il valore ormai epico del Corpo (da annoverare il caso di Enrico TOTI e la sua stampella). E' da esempi come questo che si comprende l'importanza del DECALOGO di La Marmora nella formazione caratteriale del Bersagliere. ELEMENTI CARATTERIZZANTI IL CORPO Presenti sin dall'origine del Corpo: - il PIUMETTO o " PENNACCHIO ": inizialmente costituito da penne di gallo cedrone per la truppa e piume di struzzo color verde per gli Ufficiali. Successivamente, questi ultimi abbandonarono il loro per adottare quello della truppa; - il CAPPELLO NERO, dalla tipica forma, veniva ed è tuttora portato inclinato sul capo verso il lato destro in maniera tale da coprire metà il sopracciglio e da appoggiarsi sul lobo dell' orecchio. Il " Cappello piumato " è ormai divenuto l'emblema per eccellenza del Corpo, simbolo di massimo esempio di una tradizione senza macchia; - il FREGIO. Forgiato in metallo color oro rappresentante ieri oggi (nella foto il Mar. Ca. Luca TARTAGLIONE) una bomba da granatiere su cui brucia la fiamma dalle sette lingue, una cornetta da cacciatore e due carabine intrecciate. Spicca subito all' attenzione che a differenza degli altri trofei, dove la fiamma sale dritta, quella del Bersagliere invece è inclinata, fuggente, che resiste al vento senza mai spegnersi, a rappresentare la velocità del soldato proteso con tutte le sue forze all'assalto; - il CORDONE VERDE. Inizialmente indossato con lo scopo di sostenere la fiaschetta della polvere da sparo (posizionata all' altezza del fianco destro), le trombette e i corni, fu poi indossato, in seguito anche all'adozione delle cartucce complete, con l'uniforme da parata. La proposta di costituzione del corpo bersaglieresco (1831) all'origine prevedeva i seguenti compiti: in sosta: rimanere nei pressi del posto principale e prima del sorgere del sole andare a rinforzare i reparti situati sui passi dove è possibile un' eventuale attacco nemico; in avanguardia: stare con il grosso e, in caso di bloccaggio da parte del nemico, portarsi a precisa portata o sui fianchi concentrando il fuoco sul nemico come una batteria di artiglieria; prima della battaglia: dare rimessa sul fronte e sui fianchi; in difesa: assicurarsi che determinanti punti sulle montagne siano ben posseduti; in battaglia: stare in riserva in seconda linea al centro; in ritirata: presediare e difendere i punti di obbligato passaggio e proteggere le ritirate sui fianchi e sul retro. Nel 1872, soltanto 36 anni dopo, furono creati grazie all'opera del Cap. PERRUCCHETTI gli Alpini, in cui i primi provenivano dai Bersaglieri. - il COLORE CREMISI.All'inizio nelle mostreggiature e filettature della prima giubba di panno azzurro-nero indossata dalla truppa, nel colletto, spalline, manopole e bande degli Ufficiali. Attualmente si conserva solo nelle fiamme; - la FANFARA.Con la genesi della prima compagnia dei Bersaglieri nacque anche la Fanfara. In inquadramento ed in battaglia avevano una posizione ed un compito ben preciso:dodici di loro con la carabina sulla spalla sinistra e corni da caccia sulla destra marciavano suonando una marcia allegra e vivace con la quale incitavano a correre sempre più veloce e a spazzare via dalla mente e dal corpo i momenti di maggiore stanchezza. E' da quando i Bersaglieri uscirono per la prima volta dalla Caserma " CEPPI " di Torino (1° luglio 1836), luogo che vide la loro nascita, che si ebbe coscienza di quanto fosse inconcepibile l'idea di una sfilata dei Bersaglieri senza la fanfara in testa. L'atto costitutivo del 18 giugno 1836 sanciva infatti la presenza di 13 trombette e un caporale trombettiere per ogni compagnia. Dopo le prime riunioni dei trombettieri per l' addestramento musicale si sentì l' esigenza di costituire una fanfara di battaglione che poi rappresentò un reparto a sè. Le compagnie intanto continuarono a disporre di propri trombettieri. Adottati in tempi successivi: - i GUANTI NERI. All'epoca segno di destinazione e signorilità, vennero adottati tre anni dopo la fondazione del Corpo (1839). La Marmora li volle di colore nero dopo averli sperimentati, in quello stesso anno, blu scuro come la divisa, purtroppo però questi ultimi perdevano il colore. Dai guant neri naque un' infondata fantasia secondo cui questi sarebbero stati adottati in segno di lutto per la morte di La Marmora o di Cavour o, addirittura, per una Bandiera perduta in un combattimento del 1849. - il FEZ. In origine i Bersaglieri indossavano come copricapo un berrettino di maglia di cotone color turchino con un fiocco rosso, (Schakos) che proteggeva dal freddo le orecchie e poteva essere portato sotto il cappello. Poi in CRIMEA (1855), entusiasmati dal valore dei " Fanti Piumati", gli Zuavi, reparti speciali del Corpo di spedizione francese, offrirono in segno di ammirazione il loro copricapo. Dopo il cappello piumato il fez è divenuto, un' altro emblema di orgoglio e distinzione del Bersagliere. Il cordoncino che collega il Fez al fiocco azzurro deve essere di lunghezza ridotta (max. 30 cm.) tale permette a quest'ultimo di dondolare rapido da una spalla all'altra. - la BANDIERA. Fu adottata sott'ordine di Carlo Alberto (11 aprile 1848). Affidato soltanto ai Reggimenti, i Bersaglieri non poterono averla in quanto ordinati al massimo come Battaglione. Neanche in seguito,alla fine del 1870, quando furono ordinati in Reggimenti, la ebbero; forse perchè, per le sue dimensioni notevoli, impedisse all' alfiere di sfilare di corsa alla testa del Reggimento. Infatti anche quando, il 19 ottobre 1920, fu consegnata anche ad essi il drappo tricolore, si ripiegò al LABARO, più comodo da portare in corsa. Infine, il 7 giugno 1938, il Labaro fu sostituito dalla BANDIERA nazionale, in"formato ridotto", lasciò il posto al " tipo unico ". L' ALFIERE dei Bersaglieri comunque, ha continuato a sventolarla in alto, tale da permetterne la vista fino alle ultime file del reparto. - la BICICLETTA DA BERSAGLIERE. E' un emblema che rimarrà inscindibilmente legato alla STORIA ed alla TRADIZIONE CREMISI (Enrico Toti). Un ricordo che rimarrà impresso nella memoria con caratteri di fuoco e sangue, sublimato dal sacrificio nella 1° Guerra Mondiale (1915-18) dei battaglioni Bersaglieri ciclisti. Scomparve nella 2° Guerra Mondiale dopo 45 anni di vita. - il NUMERO SUL CAPPELLO PIUMATO. Gli Ufficiali e Sottufficiali portano per sempre il numero del primo reggimento di assegnazione. Ad eccezione dei Comandanti di reggimento che assumano e conservano quello del reggimento comandato. - il CANTO. Nel pensiero originale di LA MARMORA, il Bersagliere per poter bene lavorare deve vivere in serenità e allegria. E' anche per questo motivo che i " Fanti Piumati " hanno un repertorio vastissimo di canti. - FIAMME CREMISI E STELLETTE BIANCHE. Costituiscono uno dei simboli di maggior vanto dei Bersaglieri. Oggi le fiamme sono molto più piccole di quelle che si applicavano sulla giubba a collo rovesciato (1871). Infatti prima le fiamme erano rappresentate da due lingue molto sottili e allungate, da congiungersi quasi dietro il colletto. - la SCIABOLA. La sciabola con l' elsa d' orata e testa di leone del 1850 sostituì quella con elsa a pomo del 1836. Poi nel 1856, memori della campagna in CRIMEA, anche la lama fu modificata a guisa di quella turca, cioè con la lama ricurva. Alessandro Ferrero della MARMORA URNA IN BRONZO CHE TRASPORTO' IN ITALIA LE CENERI DI ALESSANDRO LA MARMORA Il 27 marzo 1799, durante il periodo di occupazione napoleonica, nasce a Torino Alessandro Ferrero della MARMORA. All'età di quindici anni (1814), La Marmora viene nominato Sottotenente nel Corpo dei "Granatieri Guardie" del ricostituito Esercito Sardo-Piemontese. Il 1815 vide il giovane Alessandro con il suo nuovo grado, partecipare alla campagna contro Napoleone, appena rientrato in Francia dopo la sua permanenza forzata all' isola d'Elba. Gli studi che affrontò negli anni successivi per approfondire la sua preparazione militare negli aspetti ordinativi, tecnico-tattici e nella sperimentazione e sviluppo di nuove armi da fuoco, lo convinsero sempre più della necessità di formare un corpo di soldati diverso per scopi e prestazioni da quelli all'epoca presenti. Un gruppo di uomini addestrato per operare con estrema celerità, iniziativa e spirito offensivo. Così, nonostante l'avversione dei settori più conservatori dell' Esercito Piemontese, con la firma di Re Carlo Alberto sul Regio Decreto del 1836, La Marmora riuscì nel suo intento costituendo le prime due compagnie dei suoi "Bersaglieri". Ma per il battesimo del fuoco La Marmora e i suoi Fanti Piumati dovettero attendere ben dodici anni (8 aprile 1848), quando sul ponte di Goito dovettero affrontare le forze austriache. Fu proprio in quell'occasione che La Marmora fu ferito alla mascella da una pallottola nemica, ma, sebbene non guarito completamente, tre mesi dopo, i Bersaglieri videro nuovamente il loro fondatore alla propria testa per tutta la durata della campagna. Successivamente, nel 1855, con il grado di Tenente Generale, ottiene il comando del Corpo di Spedizione in Crimea, del quale fecero parte cinque battaglioni Bersaglieri di formazione. Ma qui il colera miete molte vittime fra i soldati, per cui La Marmora si sente in dovere di assisterli in qualche maniera nel dolore. Così, incurante del contagio, incominciò a recarsi presso le infermerie per accertarsi dello stato di salute dei ricoverati. Ma la malattia non risparmiò neanche lui, così,dopo alcuni giorni di sofferenza, il 7 giugno 1855 alle 01.30, Alessandro Ferrero della Marmora spirò. DECALOGO di LA MARMORA - OBBEDIENZA - RISPETTO - CONOSCENZA ASSOLUTA DELLA PROPRIA ARMA - MOLTO ADDESTRAMENTO - GINNASTICA DI OGNI GENERE SINO ALLA FRENESIA - CAMERATISMO - SENTIMENTO DELLA FAMIGLIA - RISPETTO DELLE LEGGI ED ONORE AL CAPO DELLO STATO - ONORE ALLA PATRIA - FIDUCIA IN SE STESSI SINO ALLA PRESUNZIONE