la finanza islamica 1 - camera di commercio italiana negli emirati

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la finanza islamica 1 - camera di commercio italiana negli emirati
 La f LA FINANZA ISLAMICA
1
-
Introduzione
Storia e sviluppo
Le date della finanza
islamica
Finanza Islamica - 1
Introduzione
Gli intensi flussi migratori, nonché i rapporti commerciali che soprattutto nell’ultimo
ventennio si sono sviluppati tra il mondo occidentale, il medio oriente ed al sud est
asiatico hanno prodotto l’intensificarsi di scambi culturali ed il confronto tra due modelli di
impresa e di finanza. Più in particolare, per quanto ci occupa in questa sede, i sistemi
economici occidentali e quelli dei paesi a religione islamica sono basati su modelli
sostanzialmente diversi fra loro.
La finanza islamica si basa su principi etico-religiosi mentre la finanza occidentale è
sostanzialmente laica ed affidata al libero mercato.
Giova osservare a tal riguardo che tra le tre religioni monoteiste, l’Islam si caratterizza per
una stretta relazione tra la dimensione teologica-morale e quella normativa sia essa
sociale, politica o economica. I precetti della Shariah, “via maestra per giungere alla
salvezza”, non hanno una valenza limitata alla sola sfera intima del rapporto uomo-Dio,
ma costituiscono anche i principi di condotta validi in ogni settore della vita pubblica
della comunità dei credenti, l’umma. Pertanto, l’analisi dell’economia e della finanza
islamica non può prescindere dalla conoscenza dei contenuti religiosi dell’Islam che la
influenzano.
Si evidenzia che, nello stesso momento in cui l’economia occidentale affronta una delle
crisi più devastanti della storia recente, nata come crisi dei “subprimes”, il sistema
finanziario detto “sistema islamico” continua a realizzare un tasso di crescita molto
importante e sembra essere immunizzato contro questo virus di “crisi generale” che si sta
diffondendo in tutto il mondo.
In effetti, dalla caduta del muro di Berlino fino ai giorni d’oggi, “il capitalismo occidentale”
sembrava un mito indistruttibile: il trionfo incontestabile di un sistema economico perfetto
presentato al mondo come invincibile.
La crisi del 2008 ha dimostrato che la stessa “mano invisibile” di Adam Smith e i diversi
meccanismi del sistema finanziario attuale, hanno contribuito a causare il fallimento di un
intero stato come la Grecia.
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Dopo il fallimento di alcuni fondi di investimento, poi successivamente quello delle
banche internazionali e infine il fallimento di alcuni Stati, oggi è il turno dell’economia
reale che subisce le conseguenze di un sistema finanziario che sembra aver perso la
ragione. La crisi dei subprimes ha messo in evidenza un’assenza di moralità e la finanza
islamica potrebbe avere un opportunità di sviluppo in questo ambiente, mettendo
appunto l’accento sugli aspetti religiosi morali ed etici.
La finanza islamica sembra essere, in effetti, un modello finanziario alternativo che esiste e
che potrebbe affiancarsi al sistema capitalista. Il sistema islamico presenta elementi
innovativi e una certa flessibilità che purtroppo il sistema occidentale sembrerebbe aver
perso.
Tuttavia, malgrado l’interesse crescente dedicato al sistema finanziario islamico,
quest’ultimo rimane in buona parte sconosciuto agli individui comuni, ma anche ai
professionisti della finanza, soprattutto italiani.
La finanza islamica è considerata un’industria relativamente giovane, con elevato tasso di
crescita, condizione che ha permesso di attirare l’attenzione di molti e di farne un
soggetto comunemente discusso. Le sfide e le opportunità che presenta un tale sistema
finanziario, ha fatto sì che, negli ultimi anni, la presenza delle banche islamiche sui mercati
europei sia diventato un fenomeno molto diffuso.
Malgrado il fatto che in tutta l’Europa l’adozione di questo sistema si sta ampiamente
confermando, in Italia si sta ancora discutendo sulla possibilità di stabilire sul territorio, una
prima banca islamica, malgrado le molte dichiarazioni degli investitori favorevoli a una
finanza etica e religiosa.
Dell’altro canto, quello che impedisce l’entrata della finanza islamica nel sistema
finanziario italiano, è la forte e ristretta lobby bancaria italiana con una forte posizione di
monopolio delle banche convenzionali e l’assenza di un intervento legislativo che
servirebbe a introdurre sul mercato gli strumenti fondamentali del sistema finanziario
islamico, come è successo nel passato in UK.
L’Italia, caratterizzata anche da una piccola rete di istituzioni finanziarie a vocazione etica
su tutto il territorio. Quest’ultime sembrano essere un candidato naturale per lo sviluppo
del settore islamico.
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La sua posizione geografica, tra l’altro, le potrebbe permettere di giocare un ruolo
importante che consiste in una finestra di apertura dell' Occidente, sul Nord Africa e il
Medio Oriente e instaurare in questo modo una nuova era economico-finanziaria.
La finanza islamica è in continua e rapida crescita: in particolare si registra un tasso di
crescita annuo per gli attivi bancari islamici del 24% rispetto ad un 15% di crescita totale.
La ricchezza di questo sistema è stimata in 1.7 miliardi di dollari e conta circa 400 istituti e
uffici che ne costituiscono il tessuto economico.
In 70 paesi in tutto il mondo il sistema islamico è già operativo. Il Pil musulmano è pari a
circa il 7,4%, mentre l’attività bancaria rappresenta l' 1% degli attivi bancari globali. Per
questi dati molto significativi e altri (settore in rapida espansione con recenti tassi di
crescita tra il 10% e il 15% annuo), la finanza islamica attira l’intenzione di tanti economisti.
Nel 2008, all’inizio della crisi economica, si è parlato spesso della “mancanza di adeguate
regole” come una delle cause che hanno contribuito a scatenare la crisi. La finanza
islamica invece sembra averle trovate e le sue istituzioni sono riuscite a stare in piedi
mentre l’uragano della crisi ha colpito pienamente l’intera economia mondiale.
Alcuni economisti musulmani, si dimostrano ottimisti e pensano che in un futuro recente
quasi la metà del pianeta sarà sotto la direzione della finanza islamica. Un progetto molto
ambizioso ma non impossibile, se studiamo da vicino i passi da gigante che ha realizzato
fino ad oggi il sistema islamico. Infatti, dai primi anni ‘70, quando fu creata la prima
banca islamica, la finanza islamica è stata in perpetua trasformazione: da semplici
banche commerciali, prive di interesse, a una nuova generazione di istituti finanziari
islamici, più innovativi, che rispondono in modo più efficace alle sfide economiche e
sociali dell’attualità. La BID (Islamic Development Bank) creata nel 1975, rappresenta la
prima istituzione internazionale, che ha l’obiettivo di controllare e aiutare i paesi membri a
sviluppare la loro economia.
L’istituzione conta oggi 56 paesi membri. La finanza islamica sembra poter contenere tutti,
poveri e ricchi deboli e forti, e operare per il bene globale dell’economia.
Questa affermazione sembra essere paradossale, soprattutto quando si sentono le
dichiarazioni dei politici che affermano che l’Islam è incompatibile con il nuovo ordine
mondiale emerso dopo la guerra fredda.
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Poiché la domanda principale è: come un sistema medievale potrà essere decisivo in un
epoca rivoluzionaria e di high-tech?
Come un sistema basato sulla proibizione degli interesse sarà in grado di competere con
un altro che si basa sugli interesse?
A questo punto prima di passare all’analisi dei principi etico-religiosi-normativi che
governano la finanza islamica, pare opportuno soffermarsi brevemente sul quadro storico
che ha portato allo sviluppo della stessa.
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Storia e sviluppo della finanza islamica
Contrariamente a quello che si immagina, le prime basi della finanza islamica risalgono al
tempo del profeta Muhammad. Infatti sin da subito, dopo essere immigrati dalla Mecca
alla Medina , i musulmani hanno creato il loro proprio mercato in modo tale da poter
dare un’autonomia economica alla loro società. La legislazione “sacra” contribuì a
rafforzare questa autonomia, dettando alcune pratiche come Al Azzakat (l’elemosina o
tassa islamica) che svolse un ruolo importante nella circolazione della moneta e nella
diffusione di principi di giustizia sociale e di cooperazione comunitaria. La proibizione del
prestito a interesse impedì l’accumulo di capitali nelle mani di una minoranza di individui,
uno degli obiettivi della legislazione musulmana. In seguito, nei quattro secoli che
separano la morte di Maometto (632 d.C), la prima generazione dei seguaci del profeta
(chiamati Al Sahaba cioè i compagni del profeta) continuò ad applicare queste regole
nei loro rapporti commerciali.
Le generazioni successive, in risposta alla complessità dei rapporti commerciali sempre in
estensione, svilupparono le loro attività in conformità con la Sharia (legislazione
musulmana). In questo modo furono definiti i primi principi delle operazioni finanziarie che
sarebbero poi diventate la spina dorsale del concetto di economia Islamica
contemporanea.
Nel corso dei secoli, diversi studiosi affrontarono le difficoltà che si erano manifestate nello
svolgimento delle attività economiche, cercando sempre di proporre
soluzioni in
conformità con la legge islamica. I loro lavori di ricerca furono per la prima volta
pubblicati, alla fine del X secolo, e costituirono le primi fonti di riferimento per la finanza
islamica; tali libri trattavano l’economia di Stato, il modo di ottenere e spendere il denaro.
Inoltre, gli studiosi hanno cercato di definire ciò di cui le persone avevano bisogno nei loro
rapporti economici, stabilendo quelle che poteva essere considerato lecito e illecito.
Lo studio delle transizioni finanziarie nello Stato islamico, permette di constatare un grande
sviluppo e una grande varietà di operazioni che lo caratterizzano, sin dall’inizio
dell’espansione della società araba, come la vendita, i contratti, il trasferimento di
depositi, le fonti della tesoreria statale , etc.
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La proibizione dell’usura resta una delle caratteristiche rilevanti dei commercianti
musulmani che ha permesso loro di interagire, con popolazioni locali di un impero esteso
dalla Spagna all’India. A partire dal ‘700, il declino dell’influenza politica del mondo
musulmano e la debolezza dell’impatto economico dei musulmani hanno prodotto
cambiamenti strutturali; i paesi colonizzati furono indotti ad adottare il modello
economico occidentale.
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Le date della finanza islamica
La finanza islamica come è conosciuta oggi giorno ha visto la luce nel 1970.
Infatti, nel 1963 nacque la prima cassa di risparmio islamica. Questo avvenne nella città
egiziana di Mit Ghamr, grazie all’opera dell’economista egiziano Ahmad El Naggar. La
popolazione locale, molto religiosa, aveva espresso sfiducia nei confronti delle banche
convenzionali. Per questo si decise di formare un sistema di supporto creditizio musulmano
per soddisfare le loro esigenze. Inizialmente, non era considerato come un sistema
islamico nel senso proprio della parola, ma solo un gruppo di agricoltori che intendevano
unire le loro risorse finanziarie.
La cassa di risparmio, che era la prima del suo genere nel mondo musulmano, beneficiò
di una grande parte del reddito degli abitanti del villaggio. Fedeli ai loro principi, non
praticavano tasse di usura su nessuna pratica di prestito o di deposito effettuata,
favorendo invece gli investimenti di capitale e i finanziamenti diretti. In questo senso
possiamo dire che sono stati definiti i primi pilastri della finanza islamica moderna.
Malgrado il successo di questa esperienza, essa fu fermata per motivi politici dopo solo
quattro anni di vita.
Questa iniziativa ha ispirato la creazione dei primi veri modelli di finanza islamica. Nel 1969,
La Malaysia creò un fondo di supporto islamico chiamato Tabung Haji. Questo fondo è
ancora attivo e gioca un ruolo importante nel finanziamento dei pellegrini in Malaysia.
Nello stesso 1969, fu creato il Dallah Albaraka Group. Un assieme di aziende potente di cui
fa parte Albaraka Banking Group specializzato nel retail banking e nell’investment
banking. Nel 1970, data ritenuta molto significativa, l’Egitto partecipò alla conferenza dei
ministeri degli affari esteri arabi, tenuta nel marzo dello stesso anno a Djedda, città
dell’Arabia Saudita; in questa circostanza si propose la creazione del Segretariato
Generale dell’Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI).
Durante un secondo incontro tenutosi a Karatchi nel Pakistan nel dicembre 1970, l’Egitto
propose per la prima volta la creazione di una banca islamica o una federazione di
banche islamiche. Nel 1972, assistiamo alla creazione della Nacer Social Bank, si tratta
della prima banca destinata alla classe povera in Egitto.
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L’idea era di proporre dei servizi bancari diversi: servizi relativi alla classica banca
convenzionale insieme a uno sportello per servizi riguardanti operazioni relativi alla finanza
islamica. I primi servizi islamici offerti erano la distribuzione della Zakat (tassa islamica) e il
finanziamento dei pellegrini. In sintesi si può dire che le prime pratiche finanziarie conformi
alla giurisprudenza islamica, sono state avviate nei primi anni ‘70.
Questa iniziativa dell’OCI ha stimolato nel 1973 la fondazione della Islamic Development
Bank che iniziò la sua attività durante l’anno successivo. Nel 1975 seguirono nascite di
altre banche islamiche come la Kuwait Finance House , la Dubai Islamic Bank e la Bharein
Islamic Bank. Negli anni Ottanta e dopo il crollo delle borse asiatiche del 1997,
continuarono a fiorire numerose iniziative che hanno portato fino all’islamizzazione totale
dei sistemi finanziari di alcuni paesi.
Il primo ministro della Malesia Mohamad Mahathir rifiutò l’intervento del Fondo Monetario
Internazionale e si impegnò a costruire un sistema finanziario alternativo ispirato alla
Sharia. Il Pakistan nel 1979 decise di assoggettare il suo sistema bancario alle regole della
finanza islamica. Nel 1983, i poteri pubblici del’IRAN in concordanza con gli obiettivi della
rivoluzione del 1979, annunciarono l’adozione del modello Islamico in tutti i settori anche
nell’ambito finanziario e bancario. Numerosi sono stati i paesi che hanno successivamente
seguito queste iniziative (Arabia Saudita, Indonesia, Malaysia).
Negli anni novanta l’interesse per la finanza islamica coinvolse anche le istituzioni e i
mercati dei paesi occidentali: alcune banche convenzionali inaugurarono sportelli
islamici all’interno dei proprie sussidiarie operanti nell’area o costituirono delle filiali
interamente sharī‘ah-compliant. Le autorità monetarie delle due principali piazze
finanziarie mondiali (Federal Reserve e Bank of England) iniziarono ad occuparsi del
fenomeno, così come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale.
Nel 1995 vennero lanciati i primi due indici di borsa relativi a strumenti finanziari sharī‘ahcompliant (il Dow Jones Islamic Index e il Financial Times Islamic Index). Il dibattito si estese
anche al mondo accademico occidentale: nei primi anni ’90 l’università di Harvard (USA)
costituì l’Islamic Finance Forum dedicato allo studio e alla riflessione sulla finanza islamica,
seguita in Europa da un’iniziativa simile della London School of Economics. In quegli anni il
mercato iniziò ad avvertire l’esigenza di una maggiore regolamentazione delle istituzioni
finanziarie islamiche, soprattutto in materia contabile.
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Come prima risposta a questa esigenza nel 1991 venne creato in Bahrein l’Accounting
and Auditing Organization for Islamic Institutions (AAOIFI), con l’obiettivo di sviluppare
regole contabili e di governance compatibili con la finanza islamica. Nell’ultimo
decennio, in corrispondenza con l’accelerazione della crescita del settore, sono state
costituite numerose istituzioni sovranazionali. Un ruolo di primo piano tra queste è svolto
dall’Islamic Financial Services Board (IFSB), istituito nel 2002 in Malaysia: esso rappresenta il
principale organismo di coordinamento, regolamentazione e definizione di standard, con
funzioni analoghe a quelle del Comitato di Basilea per il sistema bancario convenzionale.
La prima banca islamica in Europa è nata in Inghilterra nel 2004 ed è stata chiamata
l’Islamic Bank of Britain.
L’attentato dell’11 settembre ha giocato un ruolo cruciale nel favorire lo sviluppo della
finanza islamica: le restrizioni sui visti, la congelazione dei beni per misure antiterroristiche e
il rimpatrio di tante famiglie e persone hanno spinto gli investitori musulmani ha cominciare
a rivolgersi ai paesi che offrivano i prodotti della finanza islamica.
La Malesia, disponendo di una grande gamma di servizi bancari islamici, ha vissuto da
allora un vero e proprio boom. Oggi il settore della finanza islamica manifesta un
dinamismo davvero notevole. La finanza islamica è molto innovativa e potenzialmente
molto redditizia.
“I sostenitori dello scontro di civiltà forse non sanno che le loro banche si stanno
riorganizzando in base alla legge islamica. Dovrebbero riflettere sulla lezione che ci viene
dalla finanza internazionale: di fronte al denaro siamo tutti uguali”. ( Loretta Napoleone,
2006 ).
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