Il giornale dello spazio privato del SE` SOMMARIO – 1 Editoriale

Transcript

Il giornale dello spazio privato del SE` SOMMARIO – 1 Editoriale
OLTRE
Il giornale dello spazio privato del SE'
Quadrimestrale di psicologia, psicoterapia, psicoanalisi, ipnosi, sessuologia, neuropsicologia.
OLTRE 34 – Maggio Agosto 2016 - Registrazione al Tribunale Ordinario di Torino n. 5856
del 06/04/2005 – Direttore responsabile: Dott. Ugo Langella - Psicologo, Psicoterapeuta
Iscritto all'Ordine degli Psicologi ed all'Albo degli Psicoterapeuti, Posizione 01/246 al
17/07/1989 - Str. S. Maria 13 - 10098 RIVOLI (To) - Tel. 0119586167 [email protected]
http://www.oltrepsy.it/ - Esente da pubblicità - Stampa in proprio - Pubblicazione gratuita.
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------SOMMARIO – 1 Editoriale - 1 Libertà di sognare - 4 S. Freud - La femminilità 9 Il parere della psichiatria - 10 Impossibile! Assurdo! Scandaloso! - 16 Il curriculum di
Ugo Langella.
EDITORIALE
Questo numero di OLTRE contiene quattro articoli, facenti tutti parte di uno stesso discorso:
l’omosessualità. E’ dall’autunno 2015 che volevo pubblicarlo, quando la Corte di Cassazione della
Repubblica Italiana emise la storica sentenza il di cui contenuto il lettore avrà modo di leggere
nell’articolo sottostante. Poi però ne rinviai la pubblicazione poichè in quel periodo si parlava anche
troppo dell’argomento, ma più come ulteriore pretesto per una accesa contrapposizione politica che per
l’effettivo interesse della materia. Invito caldamente il lettore a leggere senza prevenzione di alcun tipo
l’articolo di S. Freud, e se del caso, di rileggerlo più volte. Sono sicuro che dopo si sentirà molto più
sereno se non addirittura alleggerito nello scoprire che in fondo in fondo quello che Freud ha scritto lo
ha sempre saputo, sia guardando dentro di sé, che osservando le persone intorno a lui.
LIBERTA’ DI SOGNARE
Come pubblicato sul quotidiano “LA STAMPA” del 21 luglio 2015 in un articolo del giornalista
Ilario Lombardo, il giorno 20 la prima sezione della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso che era
stato presentato dall’associazione di avvocati per i diritti Lgbt “Rete Lenford”, che unitamente ad altre
associazioni fra le quali Arcigay ed Equality, difende il diritto di un uomo a vedere riconosciuta quella
che lui ritiene essere la sua identità sessuale, indipendentemente dagli organi anatomici che la
caratterizzano, cioè, senza dover far ricorso ad alcun intervento chirurgico che renda il suo corpo
anatomicamente coerente con quella che dichiara essere la sua identità sessuale psicologica, come
richiesto dalla Legge vigente, la 164 del 1982. Dopo questa sentenza, adesso spetta al Parlamento
modificarla, ma cosa conta è l’affermazione di principio espressa dalla Corte di Cassazione.
Quale che sia il punto di vista del lettore, non potrà negare che tale sentenza costituisca davvero una
straordinaria e sino a poco tempo fa impensabile conquista sociale di natura psicologica, anche se
Inghilterra, Francia e Spagna l’hanno già ottenuta da tempo. Il commento dell’interessata: “Ora potrò
sentirmi donna senza dover perdere la mia integrità psicofisica” visto in generale, significa: “Ora potrò
vivere sino in fondo il mio sentirmi donna - anche se dotata di pene - senza dover subire la
castrazione” e, aggiungiamo noi se donna: “Ora potrò vivere sino in fondo il mio sentirmi uomo, senza
farmi costruire un pene con il tessuto vaginale estroflesso, sostenuto internamente da un mollone.”
1
Questa conquista in primo luogo sottolinea chiaramente la differenza fra l’identità corporea di un
individuo e la sua identità psicologica, ed in secondo, lo libera dall’ossessione di sentirsi una persona
anormale se si trova a pensare, o a sognare o a desiderare di essere e/o di comportarsi in modo diverso
da quello che sinora ci si aspettava da una persona dotata di un organo sessuale anziché di un altro. In
altre parole: se un maschio, nonostante abbia un pene si sente psicologicamente orientato a
identificarsi come una femmina, ha tutti i diritti di comportarsi in modo coerente. La stessa cosa,
ovviamente al contrario, riguarda la femmina. Anzi: è proprio grazie a questa libertà che quest’uomo o
questa donna possono arrivare serenamente a conciliare quella che ordinariamente, mettendo il soma al
primo posto, viene considerata una distorsione mentale mentre, secondo S. Freud, tale convinzione
pressoché universale, non ha senso né psicologicamente e né fisiologicamente, come più sotto
vedremo.
Se non si può negare che in tutti gli individui vi sia del maschile e del femminile, e Freud lo
chiarisce bene, non vi sono nemmeno dubbi che in alcuni soggetti ci troviamo davanti ad una
estremizzazione già di per sé causa di profondo disagio mentale per il soggetto, ma non ad una
mostruosità. Se non fosse una banalizzazione per gli interessati, potremmo dire che si tratta
semplicemente di una deviazione statistica! Il fatto è che nemmeno questa precisazione riuscirebbe ad
attenuare tale disagio in mezzo ad una società che ha delle rigide convinzioni circa le caratteristiche
psicologiche che dovrebbe avere una persona dotata di pene rispetto a quelle che dovrebbe avere una
persona dotata di vagina.
E se ci sono persone che rimangono particolarmente turbate da questi soggetti, significa che questi
smuovono in loro lo stesso disagio da sempre represso e rimosso, per cui a questo punto sarebbe
estremamente positivo per loro, se lo vogliono, rintracciarlo dentro di sé. Dopo si sentirebbero
sicuramente meglio, anche solo per averlo capito. Non solo: maschi e femmine, finalmente liberi di
essere come sentono il bisogno di essere, potranno smetterla di comportarsi forzatamente secondo
l’organo sessuale che hanno in mezzo alle gambe, pur di non essere oggetto di ironia, derisione o
compassione da parte degli altri.
Quali che siano in un individuo le cause di questa possibile difformità fra il sesso anatomico e il
sesso psicologico secondo la visuale sociale corrente, questa sentenza sancisce il diritto del soggetto a
comportarsi in modo coerente all’identità di genere - maschile o femminile - che ritiene essere in lui
dominante, riconoscendo come suo diritto il far prevalere la componente psicologica su quella
anatomica quale che essa sia, e pone le premesse per il diritto di oscillazione circa tale identità, che
assai probabilmente farà scomparire dalle carte di identità il concetto di sesso. Del resto, per l’ufficiale
dell’anagrafe esistono altri elementi che possono confermare l’identità del soggetto, ed ai fini della
burocrazia il genere che dichiarerà non sarà più determinante. Se ci guardiamo indietro nel tempo, non
è solo da oggi che l’abbigliamento o alcuni accessori di esso non garantiscono più a chi li indossa il
riconoscimento dell’appartenenza ad un genere o ad un altro. In questi giorni, poi, una casa di moda ha
lanciato sul mercato una linea di abbigliamento apertamente dichiarata unisex.
E’ “quasi” finita l’epoca in cui gli individui avevano il terrore di cosa dicevano di sé, di come lo
dicevano e che vestiti avevano addosso mentre lo dicevano, anche se Gianbattista Vico con la sua
teoria dei corsi e ricorsi della storia, ci insegna che non è affatto impossibile che fra qualche tempo
tutto ritorni come prima. Intitolando questo scritto: LIBERTA’ DI SOGNARE, avevo in mente maschi
e femmine, preadolescenti e adolescenti, ma non solo, i quali insoddisfatti della loro identità di genere
subita passivamente sino a quel momento, si sentissero finalmente liberi di presentarsi agli altri con i
segni di una diversa identità di genere a scopo di ricerca della propria, soddisfacendole ambedue sino
2
in fondo, in modo da poter decidere se riconoscersi o no in quella che dalla nascita sino a quel
momento era stata loro attribuita in virtù della natura dei loro organi sessuali, oppure di adottare
definitivamente l’identità di genere loro più adatta, come quando nel comperare un vestito si prova un
modello o un’altro, decidendo di acquistare quello che fa sentire più a proprio agio. Se così fosse, assai
sicuramente con il passar del tempo avremmo molte più persone appagate nel loro modo di vivere,
anche per il non dover essere costrette a nascondere agli altri, di più o di meno, quella che sentono
essere la loro più autentica identità di genere per paura di essere pubblicamente derisi come purtroppo
oggi ancora avviene.
Poi, a seconda della percentuale dominante di tale identità in direzione del genere maschile o
femminile, non è affatto detto che debbano effettuare cambiamenti esteriori - che del resto la moda va
sempre più unificando - quanto che raggiungano una assoluta chiarezza in tal senso. Del resto, come
scrive Freud, noi abbiamo avuto ovviamente due genitori di sesso anatomico diverso, ma non
necessariamente di diversa identità di genere, la cui sommatoria che ci hanno trasmesso, a conti fatti
può essere a prevalenza maschile, femminile o intermedia.
Quando questa Legge che la Corte di Cassazione ha invitato il Parlamento a fare al più presto, sarà
approvata, anche se si presume che si scatenerà una “bagarre” come per altre Leggi di carattere simile,
l’impatto psicologico sulle persone sarà, almeno inizialmente, simpaticamente sconvolgente, poiché
metterà bene in luce il reale orientamento di genere di molte persone, oggi in gran parte represso non
solo dai pregiudizi, ma anche dal contenuto della Legge del 1982, di cui il giornalista dice essere:
“…restrittiva.” Un impatto simpaticamente sconvolgente poiché libererà le persone dall’incubo del
dover nascondere determinati aspetti della propria personalità per non essere derise ed emarginate,
essendo la differenza fra l’identità di genere femminile e l’identità di genere maschile molto spesso
non solo impropria, come scrive Freud, ma anche instabile e spesso discutibile. E se inizialmente vi
sarà chi vorrà avere la carta di identità con il sesso coerente ai suoi modi di essere sessualmente
parlando, gradualmente le persone diverranno indifferenti a questo particolare.
Non dimentichiamo che proprio a causa di questa legge, gli interessati o le interessate dovevano
andare a farsi operare a pagamento nelle cliniche di Casablanca, o in altre città straniere, o in Italia in
cliniche private fra l’altro clandestine. Da quando poi, da pochi anni a questa parte, questi interventi
potevano essere effettuati in Italia a spese del Servizio Sanitario Nazionale, si può capire come
l’interesse dei chirurghi sia diminuito, anche perché, come descritto nella stessa pagina della Stampa
contenente l’articolo di cui sopra, si tratta di interventi di elevata specializzazione e di non sicuro
successo, spesso ripetuti ed a lungo decorso, per cui si può capire come gli stessi specialisti abbiano
accolto con sollievo la sentenza della Corte di cassazione, sentenza che molto più prosaicamente sarà
derivata anche dalla necessità di ridurre le spese del Servizio Sanitario Nazionale, visto l’aumento
delle richieste da parte di questo tipo di utenza.
Ma non ci e’ ancora permesso di sognare, e quindi siamo costretti a ritornare alla realtà. Scrive il
giornalista: “Per la rettifica anagrafica come richiesto dall’imputato sopra descritto, la Legge attuale
affida al giudice l’accertamento delle avvenute modifiche delle caratteristiche sessuali come sopra
descritto. Non dice però quali. Non parla di castrazione o di amputazione dei genitali. In 33 anni solo
pochissimi tribunali hanno ritenuto non necessario l’intervento chirurgico demolitivo [per i maschi che
vogliono cambiare sesso] e ricostruttivo [per le femmine che vogliono cambiare sesso]. E’ il solco continua il giornalista - sul quale la Corte suprema il 20 luglio 2015 ha deciso che “...Il desiderio di
realizzare la coincidenza tra soma e psiche è il risultato di una elaborazione sofferta della propria
identità di genere realizzato con il sostegno di trattamenti medici e psicologici…” Per capire: un
3
travestito senza questo percorso non potrà ottenere il cambio dei dati sulla propria carta di identità. Ma
la Legge non richiederà più a un trans “il sacrificio del diritto alla conservazione della propria integrità
psicofisica.” E noi aggiungiamo: sarà poi il tempo, gradualmente, a mettere le cose a posto come è
giusto che sia, per non produrre sconvolgimenti sociali non meno dannosi di quelli prodotti
individualmente prima della sentenza del 20 luglio 2015.
E’ opportuno però ricordare che con elevata probabilità, non tutti gli interessati siano soddisfatti di
questa sentenza della Cassazione, poiché è evidente che nonostante certe banalizzazioni, il desiderio di
un’autentica trasformazione estetica degli organi sessuali e’ presente in un numero di persone più
elevato di quanto Freud prevedesse nei suoi scritti, ed in particolare in quello che sotto presentiamo,
come dire che forse solo sembrare non basta più: si vuole essere davvero, e probabilmente ci sarà chi
continuerà a chiedere cambiamenti dei propri organi sessuali in modo coerente alla propria identità di
genere, questa volta a sue spese. Questo è affare suo. Cosa conta è che tutte le opzioni siano possibili.
“Ma siamo tutti impazziti?” Si chiederà qualcuno. “Questa è follia! Maschio o femmina? Basta
mettergli una mano sulle palle! Se non c’è niente....” “NO. Non è così semplice!”. “E chi lo dice?”
Sigmund Freud, che incominciò a parlarne nei “Tre saggi sulla teoria sessuale” del 1905, testo
arricchito in ognuna delle 3 successive revisioni, ulteriormente approfondito in: “Il disagio della
civiltà” del 1929, ed infine nel 1932 in un articolo dal titolo: “La femminilità”.
S. FREUD - LA FEMMINILITA’ - (1932)
Sigmund Freud - La femminilità - Da: Introduzione alla psicoanalisi - Nuova serie di lezioni - 1932 Lezione 33 - S. Freud - Opere - Vol. 11 - Bollati Boringhieri - Ristampa Aprile 2006 - Pag. 219 / 241.
[Le annotazioni fra parentesi quadre sono del curatore.] Le note fondamentali sono state inserite nel
testo.
Condensato di Ugo Langella – Il condensato consiste nella trascrizione di un testo dal quale, allo
scopo di alleggerirlo, sono stati eliminati i contenuti non strettamente indispensabili alla sua
comprensione del testo. Condensare le opere di S. Freud è una operazione delicata, poiché nei suoi
scritti praticamente quasi tutto è indispensabile. Circa la grafica, sono di Ugo Langella anche i rimandi
a capo, la spaziatura fra un paragrafo e l’altro, le evidenziazioni in corsivo, le sottolineature e
l’eventuale colore diverso dal nero.
INTRODUZIONE – Il titolo di questo articolo: “La femminilità”, non deve trarre in inganno. Come
spesso fa Freud quando scrive, pur avendo intitolato il lavoro in un determinato modo, tuttavia
inserisce nel suo discorso tutto ciò che a quel lavoro in qualche modo si collega, al punto, come in
questo caso, che non è poi agevole rintracciarlo successivamente... fra le migliaia di pagine dei suoi 11
volumi di scritti, nemmeno servendosi dell’indice analitico, raccolto dall’editore Boringhieri in uno
specifico volume.
Ed è questo il motivo per cui queste pagine sono meno conosciute di altre pur essendo le più
significative sull’argomento, probabilmente anche perché il lettore, visto il titolo: ”La femminilità”,
avendo già letto qua e là diverse pagine su di essa, giunto verso la fine della lettura dell’ultimo volume
delle opere freudiane si sente in diritto di trascurare il contenuto di quest’ultime, perdendo il definitivo
parere di S. Freud circa l’uso dei concetti “maschile e femminile”, così determinante nella definizione
della omosessualità di maschi e femmine. Si percepisce bene in queste pagine, come non mai, un
4
Freud robusto e definitivo, anche se forse non del tutto convinto.
Prima di proseguire si rende qui necessario fare alcune precisazioni. Il termine identità di genere
indica il genere in cui una persona si identifica (cioè se si percepisce uomo, donna, o un qualcosa
di diverso da queste due polarità) e viene utilizzato in alcune correnti della sociologia sviluppatesi
negli Stati Uniti d’America a partire dagli anni 70. Attualmente non si è giunti ad una piena
comprensione dello sviluppo dell’identità di genere. (Da Wikipedia - marzo 2016)
Scrive S. FREUD - "Maschile o femminile" è la prima distinzione che fate allorché incontrate un
altro essere umano, e siete abituati a fare questa distinzione con assoluta sicurezza. La scienza
anatomica condivide la vostra sicurezza in un punto, e non molto piú in là. Maschile è il prodotto
sessuale maschile, lo spermatozoo e il suo portatore; femminile è l'uovo e l'organismo che lo ospita. In
entrambi i sessi si sono formati organi che servono esclusivamente alle funzioni sessuali e che si
sono verosimilmente sviluppati dalla stessa disposizione, assumendo due diverse conformazioni.
In entrambi, inoltre, gli altri organi, le forme del corpo e i tessuti mostrano un influsso da parte
del sesso, ma l'influsso è incostante e la sua entità variabile: si tratta dei cosiddetti caratteri
sessuali secondari.
A questo punto la scienza vi dice alcune cose che contrastano con le vostre aspettative e che
probabilmente sono destinate a confondere i vostri sentimenti. Vi fa osservare che parti
dell'apparato sessuale maschile si riscontrano anche nel corpo della donna, benché in stato
atrofizzato, e viceversa. In questa presenza essa vede un indizio di bisessualità, [discusso da
Freud nei: “Tre saggi sulla teoria sessuale” (1905)]
come se l'individuo non fosse uomo o donna,
ma sempre l'uno e l'altra, e solo un po' piú l'uno o l'altra.
C’è qui un invito a familiarizzarvi con l'idea che: la proporzione in cui il
maschile e il femminile si intrecciano nell'individuo, è soggetta ad
oscillazioni assai rilevanti.
Tuttavia, poiché in una persona, se si escludono casi rarissimi, sono presenti prodotti sessuali di una
sola specie - uova o cellule seminali - non potrete fare a meno di mettere in dubbio il significato
fondamentale di questi elementi e trarre la conclusione che ciò che costituisce la mascolinità o la
femminilità sia un carattere sconosciuto, che l'anatomia non è in grado di cogliere.
Può forse farlo la psicologia? Siamo avvezzi a impiegare
Per star bene in due,
"maschile" e “femminile" anche come qualità psichiche, e abbiamo
parimenti trasferito nella vita psichica la nozione di bisessualità. Di occorre in primo luogo
una persona, sia essa maschio o femmina, diciamo che in una certa star bene con sé stessi.
situazione si comporta in modo maschile, in quell'altra in modo
femminile. Ma vi renderete conto ben presto che ciò significa semplicemente arrendersi all'anatomia e
alla convenzione. Non potete dare alcun nuovo contenuto ai concetti di "maschile" e
"femminile".
La distinzione non è psicologica; quando dite "maschile" di regola intendete "attivo", e quando dite
5
"femminile" intendete "passivo". Ora, è vero che una relazione di questo tipo esiste. La cellula sessuale
maschile, mobile e attiva, cerca quella femminile, e questa, l'uovo, immobile, attende passivamente.
Questo comportamento degli organismi sessuali elementari costituisce addirittura il paradigma per la
condotta degli individui nel rapporto sessuale. Il maschio insegue la femmina allo scopo dell'unione
sessuale, la assale, penetra in lei. Ma con questo avete per l'appunto ricondotto, per quanto concerne la
psicologia, il carattere della mascolinità al momento aggressivo.
Il dubbio di non aver colto in tal modo nulla di essenziale sarà inevitabile, se considererete che in
alcune categorie di animali le femmine sono piú forti e più aggressive, mentre i maschi sono attivi
unicamente nell'atto dell'unione sessuale. È il caso, per esempio, dei ragni.
Anche le funzioni di covare e di allevare, le quali ci appaiono così squisitamente femminili, non sono
negli animali regolarmente connesse col sesso femminile. In specie molto elevate, si osserva che i sessi
si dividono il compito di covare o persino che vi si dedica soltanto il maschio. Persino nel campo
della vita sessuale umana vi accorgerete ben presto quanto sia inadeguato far coincidere il
comportamento maschile con l'attività e quello femminile con la passività. La madre è attiva in
ogni senso nei riguardi del suo bambino; l'atto stesso dell'allattamento si può indifferentemente
concepire tanto in modo attivo come l’allattare quanto in modo passivo come lasciarsi succhiare il
latte.
Quanto piú vi allontanate poi dallo stretto campo sessuale, tanto piú chiaro diventa questo "errore di
sovrapposizione" [L’errore consiste nel credere che si pensa a una cosa solo quando in effetti si
percepiscono due cose che si sovrappongono.] Le donne possono esplicare una grande attività in
diverse direzioni, gli uomini non possono convivere con i loro simili se non sviluppano un alto grado
di passiva arrendevolezza.
Se adesso mi dite che questi fatti contengono precisamente la prova che tanto gli uomini quanto
le donne sono bisessuali in senso psicologico, ne deduco che dentro di voi siete decisi a far
coincidere "attivo" con "maschile" e "passivo" con "femminile". Ma ve lo sconsiglio. A mio
parere questa distinzione è inadeguata e certo non ci insegna niente di nuovo.
Si potrebbe pensare di caratterizzare psicologicamente la femminilità con la preferenza per mete
passive, il che, naturalmente, non è la stessa cosa della passività; per realizzare una meta passiva può
essere necessaria una grande dose di attività. Forse succede che nella donna una predilezione per il
comportamento passivo e per aspirazioni passive, derivante dal ruolo che le è riservato nella funzione
sessuale, si protenda nella vita più o meno ampiamente, secondo i limiti, circoscritti o estesi, in cui la
vita sessuale funge da modello.
Dobbiamo però stare attenti a non sottovalutare l'influsso degli ordinamenti sociali, che parimenti
sospingono la donna in situazioni passive. Vi è una relazione particolarmente costante, tra femminilità
e vita pulsionale, che non vogliamo trascurare. Nella donna la repressione dell'aggressività, così come
le è prescritto dalla sua costituzione e imposto dalla società, favorisce lo sviluppo di forti impulsi
masochistici, i quali, come sappiamo, riescono a legare eroticamente le tendenze distruttive rivolte
all'interno. Il masochismo è dunque, come si suol dire, schiettamente femminile. Se però, come tanto
spesso avviene, riscontrate il masochismo negli uomini, che altro vi resta da dire se non che questi
uomini mostrano tratti femminili molto evidenti? Avete ormai capito che neppure la psicologia è in
grado di sciogliere l'enigma della femminilità. La spiegazione deve venire da qualche altra parte e
non può venire se prima non abbiamo appreso come abbia avuto origine, in genere, la differenziazione
6
degli esseri viventi in due sessi. Nulla sappiamo in proposito, pur essendo l'esistenza dei due sessi un
carattere assai appariscente della vita organica, mediante il quale essa si distingue nettamente dalla
natura inanimata. Frattanto, contentiamoci di studiare quei caratteristici individui umani che, per il
fatto di possedere genitali femminili, sono manifestamente o prevalentemente femminili.
E’ conforme alla natura della psicoanalisi proporsi non già di descrivere ciò che la donna è ma
di indagare il modo in cui essa diventa tale, il modo in cui dalla bambina, che ha disposizione
bisessuale, si sviluppa la donna.
Affrontiamo l'indagine dello sviluppo sessuale della donna con una duplice attesa. La prima è che
anche qui la costituzione non si adatti alla funzione senza riluttanza. L'altra è che le svolte decisive
siano avviate o compiute già prima della pubertà. Entrambe sono presto confermate. Inoltre, il
confronto con quanto avviene nel maschietto ci dice che il passaggio dalla bambina alla donna è piú
difficile e complicato, poiché comprende due compiti in piú, per i quali lo sviluppo dell'uomo non
presenta alcun corrispettivo. Seguiamo il parallelo a partire dall'inizio. Già il materiale è senza dubbio
diverso nel maschietto e nella bambina; per stabilirlo non c'è bisogno della psicoanalisi.
La differenza nella conformazione dei genitali si accompagna ad altre diversità somatiche, che sono
troppo note perché occorra menzionarle.
Anche nella disposizione pulsionale compaiono differenze che lasciano presagire la futura indole
della donna. La bambina è di regola meno aggressiva, meno ostinata e autosufficiente, sembra avere
maggior bisogno che le si dimostri tenerezza ed essere pertanto più dipendente e docile. il fatto che si
lasci educare più facilmente e più presto al controllo delle escrezioni è molto probabilmente solo una
conseguenza di questa docilità; urina e feci sono i primi regali che il bambino fa alle persone che si
curano di lui, il loro controllo è la prima concessione che la vita pulsionale infantile si lascia strappare.
Si ha anche l'impressione che la femminuccia sia più intelligente, più vivace del maschietto suo
coetaneo; è maggiormente rivolta verso il mondo esterno, attua alla stessa epoca investimenti
oggettuali più intensi. In ogni caso è accertato che la bambina non può essere definita
intellettualmente inferiore. Queste differenze fra i sessi possono esser controbilanciate da variazioni
individuali.
Entrambi i sessi sembrano attraversare allo stesso modo le piú antiche fasi dello sviluppo
libidico. Sarebbe stato logico che nella bambina si manifestasse un rallentamento
dell'aggressività già nella fase sadico-anale, ma non è così. L'analisi del giuoco infantile ha
mostrato alle nostre analiste che gli impulsi aggressivi delle femmine non lasciano nulla a
desiderare quanto a ricchezza e violenza. Con l'ingresso nella fase fallica, le differenze fra i sessi
passano in seconda linea rispetto alle concordanze. Dobbiamo ora riconoscere che la bambina è
un ometto. Nel maschio questa fase è notoriamente caratterizzata dal fatto che egli sa procurarsi
sensazioni piacevoli col suo piccolo pene, il cui stato di eccitazione è da lui posto in relazione con
le proprie idee circa il rapporto sessuale. Lo stesso fa la bambina con la sua ancor piú piccola
clitoride. Sembra che in lei tutti gli atti masturbatori si esplichino su questo equivalente del pene
e che la vagina, che è propriamente femminile, sia ancora da scoprire per entrambi i sessi. E’
vero che voci riferiscono di precoci sensazioni vaginali, ma mi pare difficile distinguere tali
sensazioni da quelle anali o vestibolari; in ogni caso, esse non possono costituire una parte
rilevante.
Possiamo perciò tenere per certo che nella fase fallica della bambina la clitoride è la zona erogena
7
dominante. Ma questa situazione non durerà a lungo; con la svolta verso la femminilità la clitoride
deve cedere in tutto o in parte la sua sensibilità, e quindi la sua importanza, alla vagina. È questo uno
dei due compiti che devono essere risolti dallo sviluppo della donna, mentre l'uomo, all'epoca della
maturità sessuale non ha che da continuare ciò in cui si era preliminarmente esercitato nel periodo del
primo sbocciare della sessualità.
Rivolgiamoci ora al secondo compito che grava sullo sviluppo della bambina. Il primo oggetto
amoroso del maschio è la madre, che tale rimane anche nella formazione del complesso edipico e, in
definitiva, per tutta la vita. Anche per la bambina il primo oggetto deve essere la madre (e le figure
della balia e della bambinaia che con lei si confondono), poiché è ovvio che i primi investimenti
oggettuali avvengono mediante appoggio al soddisfacimento dei grandi e semplici bisogni vitali e le
modalità del governo dei bambini sono le medesime per entrambi i sessi. Nella situazione edipica,
invece, è il padre che diventa per la bambina l'oggetto amoroso, e ci aspettiamo che nel normale corso
dello sviluppo essa trovi, a partire dall'oggetto paterno, la via verso la scelta oggettuale definitiva.
Col volgere del tempo la bambina deve dunque cambiare zona erogena e oggetto. mentre il maschio
li mantiene entrambi. Sorge allora la domanda: come avviene questo? E in particolare: come passa la
bambina, dalla madre, all'attaccamento per il padre o, in altri termini, dalla sua fase maschile a quella
femminile, cui è biologicamente destinata?
Sarebbe una soluzione di una semplicità ideale se potessimo supporre che, a partire da una certa età,
si faccia sentire l'influsso elementare dell'attrazione eterosessuale, la quale spingerebbe la piccola
donna verso l'uomo, mentre la stessa legge permetterebbe al
maschio di rimanere legato alla madre. Anzi, si potrebbe
Ci sono code, graduatorie,
aggiungere che i bambini seguono in ciò l'indicazione che nelle quali vorremmo essere
proviene loro dalla predilezione sessuale dei genitori. Ma non ce primi. Ce ne sono altre,
la caveremo così facilmente: non sappiamo neppure se invece, nelle quali siamo ben
dobbiamo credere sul serio in quel potere misterioso, non contenti se ci passano tutti
ulteriormente decomponibile mediante l'analisi, del quale davanti. O...quasi tutti.
parlano i poeti con tanto fervore.
AVVERTENZA EDITORIALE – Qui S. Freud abbandona i paragoni fra l’uomo e la donna, per
dedicarsi completamente alla donna. Del resto il titolo di questo lavoro è: “La femminilità”. Quanto
segue nel testo di Freud, esclusivamente riferito alla donna che qui viene omesso, per quanto non
nuovo in Freud, è molto interessante, ma avendo noi uno scopo diverso, siamo costretti a saltare queste
pagine per andare più sotto a leggere quella nella quale Freud riprende il discorso iniziale per poche
righe. .
SCRIVE ANCORA FREUD - Vi è però un altro problema che nel corso di queste indagini sembra
esser giunto a un momento risolutivo. Noi abbiamo chiamato libido la forza motrice della vita
sessuale. La vita sessuale è dominata dalla polarità maschile-femminile; viene quindi spontaneo
esaminare il rapporto della libido con questa coppia di opposti. Non sarebbe sorprendente se risultasse
che a ciascuna sessualità è assegnata la sua particolare libido, cosi che un genere di libido
perseguirebbe le mete della vita sessuale maschile e un altro le mete di quella femminile. Ma nulla di
simile accade.
Vi è una libido sola, la quale viene messa al servizio tanto della funzione sessuale
maschile quanto di quella femminile.
8
Alla libido in sé non possiamo attribuire alcun sesso; se, seguendo la convenzionale
equiparazione fra attività e mascolinità, preferiamo chiamarla "maschile", non dobbiamo
però dimenticare che essa rappresenta anche tendenze con mete passive.
E, d'altra parte, qualificare la libido come "femminile" mancherebbe di qualsiasi giustificazione. E’
nostra impressione che alla libido sia stata fatta maggior violenza allorché la si è costretta al servizio
della funzione femminile e che - sotto il profilo teleologico [della teologia] - la natura tenga meno
conto delle esigenze di quest'ultima funzione che non di quelle della virilità. E ciò può avere il suo
motivo - sempre ragionando teleologicamente - nel fatto che la realizzazione della meta biologica è
stata affidata all'aggressività dell'uomo e resa entro certi limiti indipendente dal consenso della donna.
IL PARERE DELLA PSICHIATRIA
Eugen Bleuler (1857 - 1939) – OMOSESSUALITA’ – dal Trattato di psichiatria – Ed. La Scuola Pag. 1020 / 1023 - Eugen Bleuler cominciò a redigere questo trattato nel 1911 per pubblicarlo nel
1916. Quanto qui proposto è contenuto nella quindicesima edizione stabilita nel 1982 dal figlio
Manfred, il quale nel corso degli anni aveva provveduto ad aggiornarlo avvalendosi di un qualificato
staff di collaboratori secondo i più recenti risultati della scienza clinica e diagnostica.
(Dall’introduzione dell’editore.) Gli appunti fra parentesi quadre [---] sono miei.
NOTE - Condensato di Ugo Langella. Sono stati eliminati dal testo i riferimenti inadeguati
all’attuale modo di pensare). E’ interessante come il lavoro di Freud pubblicato 50 anni prima e
riportato nelle pagine precedenti, appaia psicologicamente più aperto di quello qui contenuto.
Tuttavia abbiamo ritenuto opportuno pubblicarlo poichè contiene le più avanzate ipotesi circa
l’effetto degli androgeni sulla vita fetale in rapporto a tema trattato.
Dal: “Trattato di psichiatria” - Capitolo quarto - Disturbi della personalità - OMOSESSUALITA’ Fin dall'antichità e in tutti gli strati sociali dei quali abbiamo notizia ci sono persone il cui bisogno di
amore sessuale è indirizzato a individui dello stesso sesso e che, nei contatti sessuali con individui
dello stesso sesso, raggiungono più facilmente l'orgasmo di quanto non avvenga nel rapporto sessuale
tra uomo e donna: sono gli omosessuali. L'omosessualità e l'eterosessualità non sono nettamente
separate l'una dall’altra: chiunque è in grado di provare tonalità sentimentali
temporaneamente omosessuali e, tra i ragazzi, è alta la percentuale di coloro che sono attratti dalla
masturbazione con individui del loro stesso sesso. Singole esperienze in tal senso non sono sintomi di
una successiva omosessualità.
In molteplici disturbi della personalità non vi è solo insicurezza circa la propria essenza, la propria
"identità", ma anche insicurezza circa le proprie pulsioni sessuali. Possono poi prendere facilmente il
sopravvento tendenze omosessuali tra esperienze di vita sfavorevoli, come, per esempio, nel caso di
maschi giovani che fin da bambini hanno subito un atteggiamento ostile o di disprezzo da parte delle
donne, mentre riuscivano a legarsi interiormente con alcuni uomini ("omosessualità da inibizione").
In altri casi, tendenze omosessuali si sviluppano come mutazione pulsionale nevrotica e possono
avere il loro inizio nella fase infantile edipica. L’omosessualità che in tal modo ne deriva non è
necessariamente perenne. Non è ancora chiara l'origine di quelle forme frequenti di omosessualità per
le quali l'espressione è stata coniata e che possono essere definite omosessualità "autentica" o
'genuina". Sono state avanzate molte ipotesi di taglio psicogenetico, ma finora nessuna di essa ha
trovato un generale consenso. Nella stragrande maggioranza degli omosessuali i genitali interni
9
ed esterni sono formati in modo normale e le loro funzioni endocrine, così come il loro sesso
cromosomico, corrispondono ai genitali.
Tra le ipotesi sulla genesi dell'omosessualità ha oggi un ruolo di primo piano quella dell'effetto di
androgeni in età fetale: secondo questa ipotesi, in un maschio si sviluppa l'omosessualità, se in una
fase critica, per esempio a metà del periodo fetale, non ci sono androgeni che agiscono sul cervello,
mentre per la donna avviene il contrario, se invece in questa fase gli androgeni sono attivi. L'ipotesi è
basata dapprima sul fatto certo che lo sviluppo dei genitali in senso maschile o femminile dipende
dalla presenza o dall'assenza degli androgeni nella fase fetale critica. Perciò, è vicina l'ipotesi che i
centri diencefalici preposti alla pulsionalità sessuale siano parimenti sotto l'influsso degli androgeni.
L'ipotesi presuppone che lo sviluppo dei genitali e dei centri sessuali diencefalici non avvenga
contemporaneamente; in caso contrario, secondo questa ipotesi, gli omosessuali non potrebbero avere
genitali normali.
Negli esperimenti sugli animali si riesce a provocare nel roditore femmina comportamenti
sessuali maschili mediante un'artificiosa introduzione di androgeni nella fase critica di
sviluppo, mentre, viceversa, nell'animale maschio si generano comportamenti sessuali
femminili tramite un'artificiosa schermatura dagli androgeni.
L'omosessualità genuina è frequente sia negli uomini che nelle donne. Si stima che compaia in più
del 3% della popolazione. I maschi omosessuali sono nella società più facilmente riconoscibili
rispetto alle donne omosessuali e più spesso subiscono anche persecuzioni. Di solito, i gemelli
monozigoti sono omosessualmente concordanti. In alcuni omosessuali - ma non in tutti - le
caratteristiche fisiche dell'altro sesso sono più evidenti di quanto non avvenga nella maggior parte
degli eterosessuali (per i maschi, scarsa peluria del volto, voce acuta, tipo femminile di disposizione
adiposa; per le femmine, irsutismo e tratti somatici atletici).
In singole diagnosi, tuttavia, la ripartizione ormonale specifica dei sessi è risultata leggermente
variata. In singoli omosessuali è stato riscontrato un accoppiamento a reazione positiva di estrogeni,
fino ad arrivare alla formazione nell'ipotalamo di quel “1uteinizing hormone releasing hormone” che,
altrimenti, è specifico solo delle donne. Sovente, l'omosessualità è già riconoscibile nella tarda età
scolare. Mentre altri tipi di omosessualità possono nel corso della vita recedere. L'omosessualità
genuina rimane costante a partire dalla pubertà. Naturalmente, esattamente come per gli eterosessuali,
la pulsione oscilla nel corso della vita.
Nei maschi omosessuali sono meno frequenti i rapporti di coppia duraturi, mentre lo sono di più tra
le donne. Con riferimento alle capacità intellettuali e artistiche e in merito alle sensibilità etiche, si
trovano negli omosessuali pressoché le stesse varianti che tra gli eterosessuali. Una parte degli
omosessuali tende ad assomigliare all'altro sesso per quanto riguarda la presenza, l'abbigliamento, la
mimica, l'andatura e il modo di parlare. Molti altri, invece, agiscono senza minimamente dare
nell'occhio. Per la maggior parte degli omosessuali l'obiettivo della "guarigione” è del tutto illusorio.
Essi accampano il diritto di vivere così come sono fatti. [Ed hanno ragione!] Il trattamento di maschi
omosessuali con androgeni e di lesbiche con estrogeni è inutile, al massimo stimola le pulsioni, ma
non ne modifica l'orientamento.
IMPOSSIBILE! ASSURDO! SCANDALOSO!
Che la sentenza della Corte di Cassazione prima, e le affermazioni di Freud (di pagina 5) dopo, a
10
qualche lettore possano apparire impossibili, assurde, scandalose, confusive ed inaccettabili per gli
scenari che aprono, è comprensibile. Per molte persone non è facile “mandare giù” frasi come:
“.,,Come se l'individuo non fosse uomo o donna,
ma sempre l'uno e l'altra, e solo un po' piú l'uno o l'altra...
C’è qui un invito a familiarizzarvi con l'idea che: la proporzione in cui il
maschile e il femminile si intrecciano nell'individuo, è soggetta ad
oscillazioni assai rilevanti...”
Ma anche se non tutti riescono ad apprezzarla, la vera e liberatoria
rivoluzione in tutto questo, consiste nell’adozione del termine: “identità di
genere”, che Freud sicuramente approverebbe pienamente, definizione che
cancella il termine “omosessuale” non solo a causa del suo significato
spregiativo, ma della realtà che rappresenta. Va infatti ribadito, come si può
leggere nel testo di Freud sopra ripetuto, che in alcuni momenti gli
eterosessuali possono sentirsi più o meno omosessuali, e gli omosessuali più o
meno eterosessuali, ma non è un insulto.
La reale differenza fra omosessuali ed eterosessuali spesso consiste
soltanto nel fatto che gli omosessuali “agiscono” le loro fantasie, mentre gli eterosessuali si
limitano ad averle ed a coltivarle solo mentalmente ed in segreto!
Circa gli individui definiti o che si definiscono omosessuali maschi e femmine, bene fanno a vivere
alla luce del sole la loro identità di genere. “Orgoglio”, però, non mi sembra una parola corretta
ancorché detta in Inglese. Io credo che non ci sia nulla di così particolare di cui inorgoglirsi, ma
nemmeno di cui vergognarsi, né da parte degli eterosessuali e né da parte degli omosessuali. Ognuno
ha il diritto di vivere la propria identità di genere come gli pare, senza sentirsi né inferiore e né
superiore agli altri, e non è una affermazione fatta tanto per farla...
MA PRIMA DI PARLARE PIÙ A FONDO DEGLI OMOSESSUALI, SE PROPRIO
VOGLIAMO CI SAREBBE ANCORA TANTO DA DIRE SUI COMPORTAMENTI SOLO
FORMALMENTE CORRETTI DEI PRESUNTI ETEROSESSUALI.
Ci sono persone per le quali l’ambivalenza verso l’altro / l’altra rende i rapporti complicati,
semplicemente perché è dovuta all’invidia per un’ideale mescolanza nell’altro o nell’altra del sesso
anatomico con l’identità di genere del sesso opposto, fra circa il 40 e il 60 %. Le donne fra di loro sono
più solidali degli uomini, talvolta sino ad essere giudicate omosessuali da quest’ultimi (per invidia),
ma nello stesso tempo possono provare un odio reciproco di un’intensità sconosciuta fra i maschi,
salvo quando come uomini si sentono minacciati nel possesso della loro donna, e a volte la donna
sembra goderne non come donna, ma come se essa stessa fosse un uomo.
Non è che in sé le donne siano fragili perché non hanno un “pisello” come pensano molti maschi, per
cui quest’ultimi offrono il loro, ma perché hanno un utero, e utero significa mestruazioni, gravidanze, e
poi accudimento di bambini per anni, cioè: rispetto al maschio, maggiore esposizione alle pulsioni di
morte, tant’é che non pochi maschi, pur invidiando le donne poichè sono penetrate dal pene, nello
11
stesso tempo sono ben contenti di “metterlo” anziché subirlo e/o subirne le conseguenze. Meglio,
allora, pensano alcune donne, essere lesbiche piuttosto che subire tutto questo,
Ci sono uomini che vanno con le donne solo perché hanno bisogno della madre da “pasticciare”, e
donne che cercano i maschi solo perché hanno bisogno di un padre che le protegga, come quando
erano bambine, e tutto questo solo perché né gli uni e né le altre sono mai cresciuti. Per il resto,
proprio poichè mai cresciuti, sono potenzialmente bisessuali, per cui mal sopportano la vita di coppia
eterosessuale e nemmeno quella omosessuale. Ciò non di meno possono diventare instabile oggetto di
interesse sia degli omosessuali maschi che delle omosessuali femmine.
Spesso gli uomini ritenuti “belli” sono più vanitosi delle donne e desiderano competere più con la
capacità di seduzione di quest’ultime che di sedurle. Ma in genere i “troppo belli e le troppo belle” si
sentono talmente superiori all’altro sesso, che ritengono di essere adeguatamente apprezzati /
apprezzate solo dagli appartenenti al loro stesso sesso. Si tratta cioè di una omosessualità strettamente
legata al narcisismo, e può durare sino a quando esso si giustifica.
Quante donne sarebbero contente di scoprire che “la loro migliore amica” ha un pene perché si è
fatta operare? E analogamente, quanti uomini sarebbero contenti di scoprire che il loro migliore amico
ha una vagina perché si è fatto operare? Fortunatamente, comunque, anche se non ce l’ha, ha un altro
organo che va quasi altrettanto bene, o forse due, ma pur desiderandolo hanno paura di chiederlo, per
timore che si sparga la voce che sono omosessuali.
Quante donne sarebbero contente di scoprire che la loro migliore amica, mentre fa loro vedere la sua
biancheria intima, vorrebbe tanto chiedere che si spogliassero non tanto per far vedere la loro, ma
soprattutto per lasciar vedere, baciare, succhiare quello che c’è sotto, ed esplorare quello che c’è in
mezzo e dentro? E analogamente, quanti uomini sarebbero contenti di scoprire che il loro migliore
amico vorrebbe avere un coito orale con loro?
Quante amicizie si rompono poiché uno dei due o delle due, si vergogna davanti a certe proposte, nel
vedere smascherati i propri segreti desideri, per cui la rottura del rapporto diventa necessaria per non
correre il rischio di tradirsi una volta o l’altra?
Sappiamo bene come negli innamoramenti maschio-femmina, molto spesso uno dei due partner è più
consapevole dell’altro che a prendere il sopravvento sul sesso anatomico è l’identità di genere. E
perché poi spesso l’innamoramento finisce o viene interrotto e/o ripreso più volte? Perché questo
stesso partner si vergogna di ammetterlo. Se invece ne avesse il coraggio, e invitasse l’altro a verificare
se anche per lui è così, cosa a quel punto molto probabile, con il passar del tempo, il loro rapporto si
consoliderebbe e vivrebbero intensamente felici ed appagati più che se non si fossero irrigiditi sul
rispettivo sesso anatomico. Ma bisogna che abbiano il coraggio della reciproca chiarezza!
(Spiegazione del paragrafo precedente). In numerosi accoppiamenti l’altro / l’altra è l’omologo di
noi stessi di sesso opposto al suo sesso anatomico: la cosiddetta anima gemella, frutto della proiezione
/ espulsione sull’altro / altra della propria identità di genere non anatomicamente manifesta. Ma spesso
scoprirlo, ammetterlo, è dirompente, fors’anche per un altro fattore: il senso di insopportabile angoscia
depressiva al pensiero di doversene distaccare tanto è grande l’attrazione, o peggio, il rifiuto dell’altro
/ altra al lasciarsi incorporare, rifiuto che per gelosia può portare il soggetto all’omicidio ed al suicidio.
Pensiamo a tutti quegli uomini che nell’intimità preferirebbero stare “sotto” o a tutte quelle donne
12
che preferirebbero stare “sopra”, ma non sempre lo dicono per paura di doversi giustificare (in questa
posizione, infatti, il maschio non riesce più a capire se il pene è suo o della femmina, e la vagina è sua
o della femmina…) - finendo quindi per essere scontenti della loro intimità sessuale e trovandosi poi a
coltivare fantasie di accoppiamento con altri o altre partner giudicate / giudicati più aperti e permissivi,
creandosi cosi sensi di colpa verso il o la partner e diventando aggressivi per una cosa o per l’altra
senza tuttavia mai parlarne!
Generalmente le coppie che ricorrono al Kama-sutra, trattato scritto in sanscrito tra il IV ed il VII
secolo dopo Cristo circa le migliori posizioni da assumere nel corso dell’atto sessuale per raggiungere
il massimo piacere, non lo fanno perché sono “ignoranti”, quanto perché sono alla ricerca di posizioni
che garantiscano non un piacere per così dire “normale”, poiché in tal caso non avrebbero bisogno di
libri, quanto piuttosto un piacere che potremmo definire invertito, senza destare sospetti nel o nella
partner circa le proprie tendenze sessuali represse. Dato che siamo tutti il frutto dell’unione di un
uomo e di una donna, come minimo dovremmo ammettere senza vergognarci di essere teoricamente
possessori al 50 % di identità di genere maschi ed al 50 % di identità di genere femmine. Se poi un
maschio si sente per qualche punto più femmina che maschio, o la femmina si sente per qualche punto
più maschio che femmina, dove sta il problema?
C’è poi una categoria di amanti molto delicata, quella costituita da partner dove lui è molto più
giovane o molto più vecchio di lei. Sempre che sotto non vi siano finalità di puro sfruttamento
dell’altro o dell’altra per fini economici, sicuramente ci sono motivi che giustificano questi
accoppiamenti, che i partner rifiutano di approfondire in sé stessi, e tanto meno di dichiarare.
Affermare che “lei ha sposato papà” e “lui ha sposato la figlia”, o che lei ha sposato suo figlio e lui sua
madre, non sono giustificazioni sempre attendibili… Una donna anziana sa bene cosa vorrebbe un
uomo più giovane se preferisce andare con lei piuttosto che con una partner più adatta alla sua età, ed
un uomo anziano sa bene cosa vorrebbe una ragazza se preferisce fare sesso con lui piuttosto che con
un maschio più adatto alla sua età.
Il bisogno della masturbazione di sé o di altre / altri, sembra esprimere il desiderio del
ricongiungimento della propria identità di genere maschile con la propria identità di genere femminile,
e viceversa.
MA VENIAMO AGLI OMOSESSUALI - Premesso che ognuno se non fa del male né agli altri e né
a sé stesso, ha diritto di vivere la propria sessualità come gli pare, anche grazie alle inequivocabili
precisazioni di Freud di cui sopra, ciò non di meno, IO, PSICOLOGO, PSICOTERAPEUTA, ritengo
di avere il diritto di pensare con la mia testa, qualsiasi cosa ne pensino gli altri, e credo che quanto da
me scritto in queste pagine possa fugare ogni sospetto e/o diffidenza nei miei confronti sia quando
parlo di eterosessuali che di omosessuali.
Grazie a S. Freud quanto ho scritto in queste pagine rappresenta per me una grande conquista che mi
ha permesso di aiutare diverse persone a veder chiaro dentro sé stesse ed a fare scelte coerenti, non già
stravolgendo la loro esistenza, ma semplicemente modificando il loro modo di vedersi e di vivere;
semplicemente arrivando a capire sé stesse sino in fondo, e adattandosi di conseguenza, in primo luogo
chiarendo la differenza fra sesso anatomico e identità di genere. Fatto questo, potranno stare
ugualmente bene sia con partner omosessuali che con partner non apertamente tali, consce di sapere
cosa esattamente vogliono e perché, libertà che mi sembra essenziale.
Per farla breve, dopo aver assimilato quanto scritto da Freud, non nego affatto di aver provato una
13
grande gioia ed un grande piacere nel leggere l’articolo della Stampa che apre questo numero di
OLTRE. Mi sono sposato due volte... con due donne, naturalmente una per volta, e sono insieme a
questa seconda moglie di sesso e di identità di genere femminile dal 1975, ritenendo una grande
disgrazia per me stesso separarmi da lei.
Precisato questo, lasciatemi dire alcune cose sulle persone dello stesso sesso che vivono insieme,
more-uxsorio si diceva una volta, brevemente definite omosessuali se maschi e lesbiche se femmine,
che per motivi puramente tecnici preferirei definire omosessuali, anche se so che molte lesbiche sono
fiere di definirsi in quel modo. Anch’io dico con piacere di me che sono un lesbico per aver passato i
miei primi 11 anni di vita con 5 donne in casa: mia nonna materna, mia madre, tre sorelle, uscendone mi si consenta - fortunatamente “illeso” (mentre i pericoli li corsi in collegio con un prete che mi
baciava sulla bocca, e che nel giro di 24 ore venne spedito in Argentina), al punto dall’aver sposato
due donne, nonostante che mia madre abbia trovato il modo di liberarmi di due uomini: mio padre e
mio fratello maggiore. Anni dopo ricuperai l’affetto per mio padre pur lasciandolo alla sua amante,
mentre purtroppo non riuscii mai a ricuperare quello di mio fratello, per problemi suoi.
Ma basta divagare. Veniamo al sodo. Sotto certi punti di vista, può sembrare assurdo che donne
omosessuali, nel senso che per loro ammissione prediligono l’intimità con persone del loro stesso
sesso, chiedano di adottare un figlio quando potrebbero averne uno loro attraverso l’inseminazione
artificiale.
A me sembra che in molti casi possa trattarsi di una copertura, per nascondere che è preferibile
essere giudicate dal sociale nel noto modo piuttosto che il mondo esterno intuisca la verità, e qui per
mondo esterno non mi riferisco alla “gente”, ma alla famiglia, alla parentela, alle amicizie, generando
però in quest’ultime uno stato di sconcerto che a causa dei pregiudizi impedisce molto spesso alla
“coppia” interessata di essere capita, ammesso che lo voglia, poichè qui ad aver lo stesso desiderio
potrebbero essere in due, e non sarebbe impossibile se l’altra per invidia non lo consentisse. Ma invidia
per che cosa se sono due donne? Mi sento già rispondere che sono io che non capisco, ed a mia volta
replico: perché, allora, quella pretesa di voler adottare un figlio a tutti i costi?
Ecco la mia versione dei fatti. Due donne o due uomini si incontrano, si rendono conto di avere
davanti alla vita la stessa quantità di angosce di morte, per cui non si sentono in grado di assumere da
sole / soli il peso di una famiglia, ma nemmeno di sopportare la solitudine, per cui decidono di vivere
insieme. Questa solidarietà dà inizio ad un reciproco (e talvolta disperato) profondo amore / gratitudine
al pensiero che l’altra / l’altro è come loro, per cui è molto probabile, stante il bisogno di intimità
corporea che tutti gli esseri umani hanno, che la cerchino anche loro in tutti i modi possibili, come
qualsiasi altra coppia eterosessuale.
Ritornando a sopra, dove si parlava della coppia di donne, non stupisce che per lo stesso motivo che
porta ad unirsi rifiutino la maternità, per cui preferiscano un figlio adottato. Si possono capire due
maschi, poiché se vogliono un figlio non hanno altra soluzione se non adottarlo, ma non le femmine.
Ma a mio avviso ritengo che la cosa sia facilmente spiegabile. Il figlio adottato da chi se proprio lo
volesse potrebbe averlo di suo, sembra esprimere solo l’amore e non la responsabilità di chi lo ha
concepito, partorito ed allevato. Il figlio proprio potrebbe non essere oggetto di tutto l’amore dei
genitori a causa delle angosce e delle preoccupazioni che può comportare, oltre forse ad essere di sesso
non gradito. L’adozione, invece, consente di nascondere agli altri tutte le angosce legate al figlio, a
partire dalla gravidanza e dal parto, per continuare poi con la paura di avere un maschio che ti odia e ti
maledice, mentre un figlio adottato non dovrebbe, secondo chi lo adotta, esprimere altro se non
14
riconoscenza. Ecco: secondo me questa è la situazione più oscura della reale o presunta omosessualità
femminile. Ma forse è bene incominciare dall’inizio e non dal fondo.
Due o più donne o due o più uomini potrebbero decidere di stare insieme innanzitutto poiché è
meglio stare in compagnia che soli, cercando la compagnia di chi ci sta, anziché fare come molte
persone che stanno in casa a piangersi addosso perché sono sole, per paura di essere giudicate lesbiche
se in quanto donne scelgono un’altra donna o si lasciano scegliere da un’altra donna; o per paura di
essere giudicati gay se in quanto uomini scelgono un altro uomo o si lasciano scegliere da un altro
uomo. Notiamo quindi quanto i pregiudizi della gente possano incidere sulle scelte altrui, soprattutto
nelle piccole comunità, mentre sarebbe meglio che ognuno si facesse i c... - pardon - gli affari propri.
Teniamo presente che essere scelti, per maschi e femmine è la cosa più bella che ci sia, il cui
piacere - o in caso contrario, il cui terrore - può inconsciamente ricordare l’ovulo penetrato da
uno specifico spermatozoo mentre altri spermatozoi non ci sono riusciti, con tutta l’ansia che
l’ovulo che non si vede scelto può provare, poichè in tal caso è condannato a morte; o lo
spermatozoo accolto da uno specifico ovulo, mentre gli altri gli hanno tenuto “la porta” chiusa,
rischiando di morire nel caso in cui nessuna si aprisse.
Vediamo in questa scena qualcosa di terrificante e commuovente a priori. Ebbene: perché stupirsi se
un uomo che nessuna donna accetta, incontrando un uomo non prevenuto nei suoi confronti, gli dica
di sì con gratitudine, scena analoga che potrebbe avvenire fra due donne? Fermo restando che vi sono
maschi e femmine che non si sono mai sposati né hanno mai convissuto, maschi e femmine che,
sposati o conviventi, separati non hanno più cercato partner, per cui sia gli uni che gli altri sono rimasti
soli, qual è il loro problema? Hanno paura della convivenza con un’altra persona? Si tratta di persone
che cercano di resistere ai loro desideri omosessuali, ma anche ai loro desideri eterosessuali?
Sono domande legittime, che certo i pregiudizi sociali non aiutano le persone interessate a chiarire.
Ho potuto accertare che uomini consapevoli di un elevato livello di impulsi omicidi solo parzialmente
rimossi, prediligono donne robuste che eventualmente sappiano difendersi. Se poi il loro livello di
aggressività è molto elevato, prediligono i maschi, in quanto si sentono dai essi robustamente
contenuti.
Vi sono uomini che non si sposano e non convivono né con donne e né con uomini solo per questo
motivo. Uno di questi, trovandosi a dormire una notte con una donna, al mattino la accusava di russare
e/o di fischiare nel sonno, cosa che gli impediva di dormire. La sera dopo non solo non voleva più
dormire con lei, ma nemmeno passare davanti alla porta della camera dove lei dormiva, per andare in
bagno, preferendo piuttosto un vaso da notte. Probabilmente aveva paura che nel sonno le sue parti
omicide si staccassero da lui e si mettessero in azione senza che lui fosse in grado di fermarle.
Da sempre giudico erroneo considerare frettolosamente omosessuali - poiché questa parola
definisce solo un tipo di comportamento ma non ne approfondisce le cause - due persone dello stesso
sesso che si frequentano strettamente o vivono insieme, giudicando tale comportamento espressione
di una possibile fragilità psichica nell’affrontare la vita a causa di un eccesso di pulsioni di
morte, per cui trovano più facile aver a che fare con persone del loro stesso sesso, le quali se
accettano tale corteggiamento significa che hanno anch’esse un elevato livello di pulsioni di
morte, ancorché non reciprocamente confessato, ma se ne liberano proiettandolo sull’altro /
altra, di cui poi assumono la funzione di protettori / protettrici. In tal caso è possibile che il partner
più fragile assuma l’identità di genere di tipo femminile o più marcatamente femminile. Tuttavia
15
questo non deve sorprendere poichè si tratta dello stesso meccanismo mentale che favorisce l’incontro
di tipo eterosessuale, il quale però circa la sopportazione delle pulsioni di morte che la vita presenta,
pare collocarsi ad un livello superiore. Di livello superiore poiché la vita di coppia di natura
eterosessuale esige una capacità di sopportazione delle pulsioni di morte più elevata di quella
esistente fra due persone dello stesso sesso, in quanto sono in gioco due identità di genere diverse,
ognuna con le proprie caratteristiche, accentuata dalla possibile reciproca richiesta di
procreazione, e per i maschi appesantita da ulteriori richieste delle femmine affinchè contengano
non solo le proprie pulsioni di morte, ma anche le loro, quelle dei figli e spesso anche quelle degli
anziani genitori, spesso in primo luogo attraverso il mantenimento di tutti, per cui per alcune e/o
alcuni, superando tali richieste il livello di capacità di sopportazione fisica e/o psichica, o si
condannano alla solitudine o si rivolgono a individui del proprio sesso simili a loro, anche a
costo di essere additati come omosessuali.
Senza alcuna intenzione polemica, ritengo che sia maschi che femmine ancora più fragili degli
omosessuali maschi e femmine, scelgano la più rassicurante via del sacerdozio e/o del convento. Dato
che questa è la mia radicata convinzione, provo un profondo disagio nell’osservare il pavoneggiarsi in
pubblico di preti, vescovi e cardinali, ma non meno il penoso sventolare euforico dei veli delle suore in
Piazza San Pietro quando appare il Papa..
Quanto scritto nei tre paragrafi precedenti aiuta a capire ancora una volta come
probabilmente una gran parte delle chiacchere che si fanno sui cosìddetti omosessuali, ma non
meno sui meridionali, “negri”, ebrei, etc, etc, sono superficiali e prevalentemente frutto di
pregiudizi (pre-giudizio: “opinione anteriore alla diretta conoscenza di fatti e/o persone” Zanichelli 1999), i quali hanno proprio la funzione di impedire chi li ha dal riflettere sino in
fondo su sé stesso, per il rifiuto di ciò che vi potrebbe trovare.
PER FINIRE - Se poi due uomini o due donne che senza alcuna delle giustificazioni sopra riportate
stanno insieme soltanto perché si amano e si desiderano sessualmente, Freud ha ammesso che la
psicologia non è in grado di dare risposte, per cui non si capisce perché debbano farlo altri,
condannandoli a priori. Allo stesso modo non è condivisibile l’atteggiamento di sufficienza di chi si
sente talmente paternalisticamente “buono” da non mandarli (più) al rogo!
IL CURRICULUM DI UGO LANGELLA
Ugo Langella e' nato ad Alba (Cuneo) il 25/6/1943. A Torino dal 1964,
nell'estate 1994 ha trasferito studio e abitazione all'attuale indirizzo. Laureato
in Pedagogia a Torino nel 1971, nel 79 si e' laureato in Psicologia a Padova. In
analisi dal 1975 al 1981 a Milano dalla Dott. Myriam Fusini Doddoli della
Società Psicoanalitica Italiana, negli anni 78 e 79 ha partecipato ai suoi gruppi
di formazione e supervisione, quest'ultima continuata a Torino nel 79 con il
Dott. Flegenheimer e dall'80 all'82 con il Dott. Levi, analisti della Società
Psicoanalitica Italiana. Nel 1989 ha conseguito l'attestato di ipnotista presso
il Centro Italiano di Ipnosi Clinica Sperimentale C.I.I.C.S. del Prof. Franco Granone. E' iscritto
all'Ordine degli Psicologi del Piemonte (posizione 01/246 - al 17/07/1989, data di prima costituzione)
ed all'Albo degli Psicoterapeuti.
http://www. oltrepsy.it/ per prelevare tutti i numeri ed i supplementi di OLTRE;
[email protected] per chiedere di riceverli via e-mail.
16