BRUSATI FRANCO Italia (1922-1993) Laureatosi in Scienze

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BRUSATI FRANCO Italia (1922-1993) Laureatosi in Scienze
BRUSATI FRANCO
Italia (1922-1993)
Laureatosi in Scienze politiche a Ginevra, lavora per molti anni come giornalista per
passare successivamente all’ambiente del Cinema come aiuto-regista, ruolo nel quale
ha modo di farsi le ossa accanto ai maggiori registi italiani degli anni Cinquanta. Il
suo esordio dietro la macchina da presa avviene nel 1956 con Il padrone sono me, che
non ebbe molto successo, ma nel quale è già rinvenibile quella particolare
predisposizione all’eleganza visiva e all’accuratezza dei testi (a scapito della
continuità e coerenza narrativa), che sarà sempre una delle sue caratteristiche
principali. La delusione per la poco lusinghiera accoglienza della sua opera prima lo
spinge a dedicarsi al teatro, per il quale scrive parecchie commedie. Torna al Cinema
nel 1962 con Il disordine, film sull’insoddisfazione esistenziale nella Milano del
boom economico.
Pane e cioccolata (1974) è l’opera cui deve il primo vero e proprio successo
commerciale e di critica. Affidato all’istrionismo del bravo Manfredi, il film è una
riflessione malinconicamente ironica sulla condizione dell’emigrante italiano in
Svizzera. Con Dimenticare Venezia (1979) Brusati torna alla frammentazione
narrativa tipica delle sue prime opere, abbandonandosi al fluire della memoria e
intessendo una crepuscolare elegia sulla nostalgia del passato.
Il padrone sono me 1956
Il disordine 1962
Tenderly1968
I tulipani di Harlem 1970
Pane e cioccolata1974
Dimenticare Venezia 1979
Il buon soldato 1983
Lo zio indegno 1989
EMIGRAZIONE ITALIANA
Dai primi anni dell'unificazione nazionale le migrazioni verso l'estero
rappresentarono, per un lungo periodo, un fenomeno caratteristico dell'evoluzione
demografica, economica e sociale del regno volto alla sopravvivenza stessa degli
individui e delle famiglie, resa problematica dalla drastica riduzione delle opportunità
occupazionali venutasi a creare in seguito allo squilibrio fra crescita demografica e
sviluppo economico. Negli ultimi decenni dell'Ottocento l'Italia si trovava ancora
nella prima fase del processo di transizione demografica: alla diminuzione della
mortalità non aveva ancora fatto seguito una contrazione della natalità, con un
conseguente elevato incremento naturale della popolazione. Nel contempo le
trasformazioni delle strutture produttive e in particolar modo i mutamenti delle
tecnologie nel settore agricolo e in quello industriale crearono profondi squilibri fra
settori produttivi, fra classi sociali, fra aree territoriali, provocando la scomparsa di
vecchie professioni e un'eccedenza di manodopera. Dal punto di vista quantitativo il
fenomeno assunse dimensioni notevoli. Si stima che fra il 1876, anno in cui si
cominciarono a rilevare ufficialmente i dati, e il 1985 circa 26,5 milioni di persone
lasciarono il territorio nazionale. All'interno di questo periodo però il numero annuo
di emigrati ebbe significative e notevoli variazioni. Gli anni in cui si verificò la
massima espansione dei flussi migratori furono quelli compresi fra gli ultimi decenni
della fine del secolo e la Prima guerra mondiale (quasi 14 milioni di espatri). La
consistenza del fenomeno rese necessaria agli inizi del Novecento l'istituzione del
Commissariato generale dell'emigrazione, con lo scopo precipuo della regolazione
dei flussi e della tutela degli emigrati. Negli anni seguenti il conflitto l'emigrazione
riprese intensamente, con livelli ancora sensibilmente elevati, ma si trattò di un
fenomeno di breve durata. Dalla seconda metà degli anni venti infatti gli espatri
diminuirono progressivamente a seguito delle restrizioni all'immigrazione poste dagli
Stati Uniti e della politica antiemigratoria del governo fascista.
GEOGRAFIA DELL'EMIGRAZIONE. Il flusso migratorio riprese nuovamente
vigore dopo la Seconda guerra mondiale, con una intensità che si mantenne costante
fino alla metà degli anni sessanta. In quest'ultima fase il fenomeno, pur non
raggiungendo i livelli dell'inizio del secolo, ebbe comunque una consistenza ancora
relativamente forte. L'emigrazione non riguardò contemporaneamente e in eguale
misura tutti i territori dello stato italiano, ma nel corso del tempo furono diverse le
aree di provenienza e l'entità dei flussi. Da un punto di vista temporale furono le
regioni del nord le prime a essere interessate dal fenomeno, in quanto, essendo le
zone economicamente più ricche, furono le prime a risentire degli squilibri legati allo
sviluppo industriale mentre, con riferimento alle sue dimensioni, fu dai territori del
nordest (Triveneto ed Emilia-Romagna) e da quelli del mezzogiorno (comprese le
isole) che si mossero i flussi più consistenti di popolazione. Il ritardo
dell'emigrazione meridionale rispetto a quella del nord derivò probabilmente da un
coinvolgimento più graduale nei processi oltre che da una generale minor
disponibilità di fondi indispensabili per affrontare i lunghi e costosi viaggi. Verso la
fine dell'Ottocento l'esodo di massa dal sud subiva l'effetto congiunto di due fattori: la
formazione di una nuova domanda di manodopera specializzata negli Stati Uniti, che
agì come fattore di richiamo, e la ristrutturazione dei trasporti marittimi prima a
Napoli e, in un secondo tempo, a Palermo che, con l'introduzione della navigazione a
vapore, portò una notevole riduzione dei tempi e dei costi dei viaggi. Per quanto
riguarda le destinazioni delle correnti migratorie, fra il 1876 e il 1885 la meta
principale fu l'Europa centrale (circa il 64% del totale degli espatri). I paesi di
maggiore attrazione furono la Francia, la Svizzera e, in minor misura, l'AustriaUngheria e la Germania. Dal 1885 fino agli anni seguenti la Prima guerra mondiale
assunsero un peso maggiore le destinazioni transoceaniche, rappresentate soprattutto
da Brasile, Argentina e Stati Uniti. Negli anni immediatamente successivi alla Prima
guerra mondiale l'emigrazione continentale (prevalentemente diretta verso la Francia)
tese nuovamente a superare quella transoceanica, anche perché, come s'è detto,
quest'ultima risentì dell'effetto delle leggi restrittive emanate da alcuni paesi di
immigrazione (in particolar modo dagli Stati Uniti). Tra la fine del secondo conflitto
mondiale e la prima metà degli anni cinquanta i flussi si diressero in misura quasi
analoga verso i paesi europei (prima di tutto la Germania occidentale) e verso le
nazioni extraeuropee (in particolare l'Australia), per poi orientarsi negli anni seguenti
prevalentemente verso il mercato di lavoro europeo.
Pane e cioccolata
TITOLO ORIGINALE
Idem
REGIA
Franco Brusati
SOGGETTO
Franco Brusati
SCENEGGIATURA
Franco Brusati, Jaja Fiastri, Nino Manfredi
FOTOGRAFIA
Luciano Tovoli (colori)
MUSICA
Daniele Patucchi
MONTAGGIO
Mario Morra
INTERPRETI
Nino Manfredi, Johnny Dorelli, Anna Karina
PRODUZIONE
Verona Cinematografica
DURATA
115’
ORIGINE
Italia, 1974
TRAMA
Nino è un italiano che lavora in Svizzera come cameriere in un albergo. Per aver
orinato all’aperto perde il lavoro e il permesso di soggiorno. Per non abbandonare
la Svizzera deve affrontare tutta una serie di disavventure e peripezie.
TRACCIA TEMATICA
La condizione dell’immigrante italiano in Svizzera è difficile e umiliante. Ad
entrare in crisi è la stessa identità nazionale, tanto da spingere il protagonista a
fingersi cittadino elvetico (salvo poi tradirsi di fronte ad un gol della nazionale
italiana: è il calcio l’unico elemento di forte riconoscibilità identitaria italiana?).
Il film ci propone un attraversamento nella dolorosa condizione dell’emigrante
italiano in un territorio sostanzialmente ostile, con il suo oscillare fra un depresso
senso di inferiorità (la sequenza dei clandestini nel pollaio che osservano estasiati,
come fossero degli dei, i corpi dei loro padroni nudi) e una nostalgia fatta di folklore
strapaesano all’insegna del sole e del mandolino (proprio quella che il protagonista
detesta, tanto da spingerlo a scendere dal treno e ritornare in Svizzera).
Girato nel 1974, quando ancora gli unici immigrati di cui si parlava erano i nostri
connazionali sparsi nei più ricchi Stati europei, Pane e cioccolata ha ormai
inevitabilmente perso d’attualità, sennonché la recente immigrazione
extracomunitaria nel nostro paese, con quel tanto di sofferenze umane che si porta
addietro, può farci recuperare il film come strumento di riflessione su questo
problema e di recupero della memoria.
Produzione
Il film, originariamente concepito per Ugo Tognazzii, subì diversi
rimaneggiamenti a opera dello stesso Manfredi quando questi subentrò nel
progetto al posto dell'attore cremonese. Il fatto destò malumore e polemiche
all'uscita del film, con Jaja Fiastri e Franco Brusati che contestavano all'attore
la pretesa di essere inserito nei crediti anche come sceneggiatore. Manfredi,
d'altra parte, affermava di aver apportato delle significative modifiche, anche
grazie all'esperienza vissuta in prima persona come figlio di immigrati
negli Stati Uniti.
Accoglienza
Il film ebbe una splendida accoglienza sia di pubblico che di critica, e venne
lanciato con successo in numerosi paesi europei e nel 1978 ebbe una
circolazione, ancorché limitata, anche negli Stati Uniti.
VALUTAZIONE CRITICA
E’ stato osservato in sede critica come nuoccia al film l’eccesso di protagonismo
interpretativo di Nino Manfredi, che impone alla pellicola i modi e vezzi (tra
narcisismo e gigionismo) della commedia all'italiana (quella in particolare imperniata
sulla centralità dell’attore mattatore che ruba la scena) e, in effetti, non si può negare
che il grande attore romano tenda un po’ a strafare, accentrando forse troppo su di sé
l’attenzione del pubblico e oscurando così in parte le tematiche che vengono
affrontate.
Il punto di forza, invece, a parere quasi unanime, va individuato nella capacità
del film di trovare un suo vitale equilibrio fra più registri, passando da tonalità
grottesco-surreali (la già citata bella sequenza del pollaio e il balletto degli operai al
cantiere), ad atmosfere intimistico-sentimentali ben calibrate (il rapporto fra Nino ed
Elena) e a ritratti sferzanti e impregnati di indignazione morale (l’industriale italiano
evasore fiscale).