APPROFONDIMENTO Due anziani fratelli vivono in

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APPROFONDIMENTO Due anziani fratelli vivono in
APPROFONDIMENTO
DETAILED ANALYSIS
Due anziani fratelli vivono in una villa di campagna; lei è
vedova e ha due figli lontani, lui è scapolo, ha fatto
fortuna, amato, viaggiato, composto canzoni; la vita
scorre tranquilla, fino all’arrivo di due giovani amanti che
sconvolgono con la loro presenza vitale, l’attempata
coppia. Ricordi, rimpianti, dolori sopiti; via via i due
ragazzi “recitano” per i loro ospiti interpretando di volta
in volta persone scomparse, amici perduti, amori
dimenticati, traditi, idealizzati. Anna rivede in Michele il
figlio Andrea. Rommy si trasforma d‘un tratto ai suoi
occhi nel marito morente di un male incurabile. Lo stesso
Rommy sovrappone alla grazia di Marina il fascino di una
Isabella, amata e perduta…
Non voglio essere visto come un addolorato cantore, non
ho la minima intenzione di fare dell’elegia; il tempo è
stato spesso considerato una mia ossessione ed è in realtà
il tessuto che sta dietro alle mie opere. Corrodere,
annullare, vanificare le cose, è lo strumento con cui
esprimiamo la paura di non esserci. Avanzando
inesorabile, il tempo pone in evidenza i problemi di cui
mi occupo: l’inconsistenza della vita che non è mai
vissuta in pieno, il dubbio stesso di esistere. Questi sono i
temi che più mi suggestionano.
An elderly brother and sister live in a detached house in
the countryside: she is a widow and has two children
living far away; he is a bachelor, he was successful in life,
he has loved, travelled, written songs; life rolls quietly
until two young lovers rock their lives with their vital and
lively presence. Memories, regrets, smothered pain; the
couple gradually "act" for their young-couple audience
impersonating lost friends, forgotten, betrayed and
idealised love stories. Anna sees her son Andrea in
Michele. Rommy suddenly changes into the dying
husband (her husband suffers from an incurable disease)
while Rommy shows both Marina's elegance and
Isabella's fascination, which she loved and lost...
I do not want to be considered a sorrowful cantor; mine
is not an elegy; I have often been said I am obsessed with
time, while it is the cornerstone sustaining all of my
works. Wearing away, deleting, frustrating things is the
way in which we do vent our fear of disappearing, not
being there. Time flows inescapably and lays stress upon
our short-lived life which we never really benefit from
and the lingering doubts we have about it. These are the
issues I am mostly concerned about.
Franco Brusati
Maurizio Porro – Corriere della Sera, 18 novembre
1986
Al milanese Franco Brusati, visto e interrogato durante un
rapido passaggio nella “sua” città, il piacere e l’onore di
debuttare, proprio a Milano, il prossimo febbraio con la
sua nuova commedia Conversazione galante, che viene a
sostituire, per la compagnia Proclemer-Ferzetti diretta da
Missiroli, l’idea di recitare quest’anno “Amore tra le
rovine”, una strana love story scritta dal canadese James
Costigan e dalla quale era stato ricavato un adorabile film
di Cukor con Katharine Hepburn e Laurence Oliver.
Franco Brusati
Maurizio Porro – Corriere della Sera, 18th November,
1986
Franco Brusati from Milan, rapidly interviewed in his
short visit to his native city, is given the honourable
opportunity to make his debut in Milan in February next
year with his new play Conversazione galante, replacing
within the theatre group Proclemer-Ferzetti led by the
Italian director Mario Missiroli the play "Amore tra le
rovine", a bizarre love story written by the Canadian
director James Costigan, from which a lovely film was
made by Cukor, starring Katharine Hepburn and Laurence
Oliver.
Considerando i tempi di Brusati, scrittore e regista
che “cova” i suoi progetti a lungo e li filtra attraverso
le inesorabili prove e controprove del tempo, questo
ritorno al teatro, soltanto due anni dopo La donna sul
letto con Edmonda Aldini, è una mossa in anticipo,
quasi una sorpresa. Meglio chiederglielo. Questa
conversazione galante è stata un’occasione, un’idea
improvvisa dalla quale non si è più liberato o un
lavoro su commissione?
B: Posso indicare almeno due motivazioni: il desiderio di
scrivere una commedia che potesse avere la stessa
leggerezza intensa cui mi sembrava d’essere arrivato
quando scrissi – proprio per il Corriere – un articolo sul
mio ultimo viaggio in America. E l’essere oggetto di
pressioni da parte di attori come la Proclemer e Ferzetti di
un regista come Missiroli e di un produttore come
Ardenzi. E’ sempre molto s-molante il sentirsi – o il
credersi – amati.
Quelle di Brusati non sono mai commedie
propriamente realistiche, aggirano l’ostacolo diretto
attraverso ricordi, metafore, viaggi premio nel
Brusati long “pondering” his projects, all undergoing
to the inescapable test of time, his new theatremaking, two years after The Woman in Bed starring
Edmonda Aldini is a far-sighted move taking both the
critics and the audience by surprise. We had better
ask him. Was this conversazione galante, this gallant
conversation an opportunity, an idea dawning on you
from which you could not escape free or a contractwork?
B: I can give you two reasons why: the desire to write a
play which could be both light and intense. Lightness and
intensity, I had already achieved them when writing on Il
Corriere della Sera (note, an Italian newspaper) a
newspaper article about my last journey to America. I
underwent great pressure coming from actors like
Proclemer and Ferzetti and a director like Missiroli, or
still a producer like Ardenzi. Feeling or believing people
love you is always stimulating.
Yours are never realistic plays, they beat about the
bus by recalling memories, metaphors, flashbacks. So,
passato. Ma allora quale tipo di Italia, secondo lei, esce
dal suo teatro e da questo nuovo testo in particolare?
B: Due commedie mie si riferiscono abbastanza
apertamente alla realtà italiana. Pietà di novembre, scritta
addirittura dieci anni prima che esplodesse il fenomeno
del terrorismo, era il ritratto di un giovane mediocre che,
nella disperata ricerca di un’identità, approda al delitto
politico. Le rose del lago, scritta in uno dei periodi di più
squallidi della nostra vita pubblica, era il ritratto grottesco
di una società che sembrava avviata all’autodistruzione
senza volerlo, senza accorgersene e senza grandezza. Le
altre commedie – e anche film come Pane e cioccolata o
Dimenticare Venezia – sono italiani in quanto ne è
italiano l’autore. Io non so quale tipo di Italia esca dalle
mie commedie. Un paese molto contraddittorio,
immagino, come chi le ha scritte.
Che tipo di linguaggio parla il teatro italiano di oggi?
B: il teatro italiano di oggi - almeno quello che riesce ad
affiorare – è così esiguo che è molto difficile definirlo. E’
già tanto riuscire a captarne il respiro, figuriamoci poi
quando si tratta di definirne il linguaggio. Ad ogni modo,
secondo me, il vero eterno problema del linguaggio, non è
quello di essere più meno tradizionale, più o meno
radicato in culture regionali, più o meno influenzato da
espressioni o mode straniere. Ma di essere soprattutto un
linguaggio teatrale, adatto a cioè a uno spettacolo fatto
per essere parlato da attori e seguito da un pubblico.
Questo è ciò che conta, ed è purtroppo qualcosa che non
può essere né insegnata, né imparata. Ci sono stati e ci
sono molti scrittori di primissimo ordine che non sono
mai riusciti ad essere realmente scrittori di teatro, loro
disperato ed infelice amore. Non ne possedevano, per
l’appunto il linguaggio, così naturale invece a Molière, a
Cecov o a De Filippo.
Lei scrive un teatro per attori mattatori o per un
pubblico mattatore?
B: Vorrei essere interpretato fedelmente e possibilmente
capito. Non so a chi ci si debba rivolgere in particolare
per ottenere questo. Suppongo a persone che sappiano
svolgere con scrupolo il loro ruolo, sia esso quello di
parlare o di ascoltare.
Per La donna sul letto lei insisteva sul concetto di
“gioco”. Per Conversazione galante la ricerca della
leggerezza è ancora una motivazione essenziale?
B: io credo che ogni autore, commediografo, romanziere,
ma anche pittore o scultore – col passare degli anni cerchi
di essere sempre più diretto, semplice, e in definitiva,
“leggero”. Ciò che conta è leggero – diceva Nietzsche –
“la verità cammina su piedi delicati”. Sì questo è ciò in
cui credo oggi.
E forse domani non lo crederà più
B: pazienza. Mi contraddirò.
Anche con il cinema era stato preveggente, a volte. Il
buon soldato anticipava una disillusione di cui oggi si
parla molto, e tragicamente. Quale sarà il suo
prossimo film?
B: Ho ormai accantonato dopo anni perduti per incredibili
pasticci produttivi il film “americano” di cui si è tanto
parlato e ho firmato un impegno per un film Lo zio
indegno. E’ la storia allegra e feroce della relazione
impossibile fra un uomo molto ben integrato e un essere
ignobile e infantile, cui però è stato affidato dal cielo il
what is the country, Italy, portrayed in your plays,
namely this one?
B: Two plays directly refer to the Italian scenario. Pietà
di novembre was written ten years before the terrorism
movement started, it portrayed mediocre youth
desperately seeking self identity and ending up with a
political murder. Le rose del lago was written in one of
the most miserable "ages" of our modern time and public
life: it grotesquely portrayed an ignominious society
making its way towards self-destruction. Two other plays
- and films like Bread and Chocolate or Forget Venice –
are Italian works mainly because their author is Italian. I
don’t know what kind of Italy is portrayed in my plays. I
think it’s a contradictory, inconsistent country just like
the author is.
Which kind of language is currently spoken by Italian
theatre?
B: Today, theatre in Italy - or at the least the tip of the
iceberg - can hardly be defined. Hardly can we feel it
breathe, let alone trying to understand which language is
spoken. Anyhow, I do believe the eternal problem of
language is not being tied to the past, embedded in local
forms of culture and affected by foreign modi operandi. It
is basically about a language which is uttered, spoken by
actors and which needs to be caught by an audience. That
is what really counts, unfortunately this language cannot
be taught nor can it be learned. There have been
authoritative writers who have never succeeded in
becoming playwrights and in writing about their hopeless,
eternally unhappy love. They did not own that kind of
language, which was so typical and spontaneous in
Molière, Chekhov or De Filippo.
You write for a theatre relying upon what: leading
actors or a leading audience?
B: I shall not be misunderstood. I do not know whom to
address not to be misunderstood. I think I should address
scrupulous and serious-minded people, no matter whether
they listen or speak.
In The Woman in Bed you dealt at length with the
"game" concept. In Conversazione galante, is
achieving lightness still crucial?
B: I believe every author, playwright, novelist, painter or
sculptor strives for straightforwardness, simplicity, well,
that is, "lightness". What counts is being light - Nietzsche
said - "truth stands on light, delicate feet". That's what I
believe in nowadays.
And perhaps you will believe it no more
B: Never mind. I will contradict myself.
At times, you turned out to be farsighted in filmmaking. The good soldier anticipated what is
abundantly dealt with nowadays, and mainly in a
negative way: delusion. What will your next film be?
B: Vain efforts having been made, I have now decided to
put the “American” film – of which much has been said –
aside and I signed to write Lo zio indegno. That is the
happy and ferocious story of an impossible relationship
between a man who has fully adapted to the society where
he lives and a despicable, childish human being, who has
nonetheless been endowed with the mysterious,
inscrutable message of poetry. Getting back behind the
camera made me enthusiastic.
messaggio indecifrabile e misterioso della poesia. L’idea
di ritornare dietro la macchina da presa mi rende molto
felice.
Guido Davico Bonino – La Stampa, 13 marzo 1987
(…)
E’ una commedia di ammirevole grazia e levità, in cui di
continuo reale e fantastico s’alternano, in cui la
malinconia del presente è spesso riscaldata dalla luce
rasserenante della memoria. Drammaturgo di scrittura
finissima, Brusati anche in quest’ultimo copione (il sesto
per la cronaca) tesse l’elegia dell’esistenza troppo presto e
invano trascorsa, della vita che si dissolve nel baluginare
delle occasioni perdute.
(…)
Maestro di leggerezza, Brusati è in questo spettacolo
benissimo assecondato dalla regia di Missiroli, che non
forza mai i toni di una così elegante partitura, ma la
traduce semmai in una calcolata giostra di effetti e
trovate, intinte appena, qua e là nel rosso sangue di uno
strazio più vivo, quasi l’assillo di un dolore più secco e
pungente.
Guido Davico Bonino – La Stampa, 13th March, 1987
(…)
A gracefully light play, where reality continuously
intertwines with fantasy, where melancholy about the
present is softened by memories of a friendly past. A
skillfully refined playwright, Brusati (in his sixth script)
writes the elegy of a short-lived life, of live strewn with
days which have never been seized.
(…)
As being the playwright of lightness, Brusati is superbly
supported by the direction of Missiroli, never overly
emphasizing such an elegant score: the play becomes a
rational work of art instead, in which quips and punch
lines abound and are at times bleeding with hassling,
more painstaking, colder and stingier pain.