L`INDIRIZZO POLITICO ECONOMICO Nell`ambito dell`indirizzo
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L`INDIRIZZO POLITICO ECONOMICO Nell`ambito dell`indirizzo
L’INDIRIZZO POLITICO ECONOMICO Nell’ambito dell’indirizzo politico generale assume particolare rilievo l’attività di indirizzo politico economico. Tale funzione di governo si presenta autonoma rispetto alle altre funzioni tradizionali dello Stato e soprattutto rispetto alla funzione amministrativa. Inoltre, essa presenta (o almeno dovrebbe presentare) l’importante caratteristica di essere libera nei suoi fini: immediatamente esecutiva della costituzione, costituisce un potere autonomo. L’indirizzo politico economico rappresenta, in particolare, la somma di tutte le decisioni politiche adottate in materia economica dei pubblici poteri. Alcune di queste decisioni avranno carattere più generale, altre carattere più specifico o di attuazione, ma tutte insieme entrano a comporre il tessuto connettivo della politica economica del governo. Il vasto panorama di applicazione ed esecuzione dalla funzione di indirizzo politico economico fa sì che non possa essere accettata la c.d. concezione “normativa”, in virtù della quale tale attività si collocherebbe in una posizione intermedia fra quella delle norme di grado costituzionale e quella delle norme di grado legislativo ordinario. L’indirizzo politico economico,infatti, non può essere risolto in una sola attribuzione, non può essere riservato ad un solo organo, ma deve determinarsi sulla base dell’esperienza, prendendo in considerazione tutti gli organi che nel sistema sono dotati di competenze rilevanti in ordine ad esso. La distinzione che viene fatta tra il momento della “formulazione” e momento della “predisposizione” dell’indirizzo politico economico potrebbe trarre in inganno, evidenziando una distinzione conseguente tra un momento normativo in cui si decide l’indirizzo politico, da un momento di attuazione dello stesso. In realtà nessun organo “formula” o “predispone” l’indirizzo, ma tutti lo decidono o concorrono a deciderlo, per quanta parte di esso è affidata alla loro competenza. Una prima classificazione degli atti di indirizzo politico economico vede la seguente ripartizione: • Atti di natura programmatica: bilancio di previsione dello Stato, programma di governo, programma economico nazionale, programmi settoriali di intervento; • Atti nominativi : legislazione economica generale, leggi provvedimento, iniziative legislative del governo, decreti-legge e leggi delegate, regolamenti in materia economica; • Atti di direzione politica: scelta dei soggetti preposti alle amministrazioni economiche dello stato, alle imprese pubbliche e agli enti pubblici economici; emanazione delle istruzioni e direttive per la loro attività; • Atti di controllo governativo sull’amministrazione pubblica dell’economia: controllo su tutti gli atti delle pubbliche amministrazioni, delle imprese pubbliche e degli enti pubblici economici e strumentali; revoca e sostituzione dei soggetti scelti mediante gli atti di direzione politica. Gli organi di decisione dell’indirizzo politico economico. L’analisi degli organi preposti alla realizzazione della funzione di indirizzo politico economico e, soprattutto, l’individuazione degli effettivi centri del potere di decisione, non può non soffermarsi sul ruolo svolto in tale ambito dai partiti politici. La dogmatica giuspubblicistica ottocentesca, in realtà, non esaltava tale figura ed evitava di considerare i partiti come parte dell’organizzazione costituzionale e come soggetti di diritto pubblico. Ma col tempo i partiti politici sono stati in grado di imporsi come protagonisti della vita costituzionale e sono stati riconosciuti di diritto anche dagli stessi testi costituzionali. Attualmente essi giocano un ruolo costituzionale rilevante, sia sul piano politico, sia su quello economico sociale. Sono i partiti politici, d’altra parte, i soggetti determinanti per l’indirizzo politico economico. Ogni partito, infatti, attraverso la propria organizzazione interna, elabora i propri programmi di politica economica e sociale, che successivamente propone agli elettori. Sulla base di questi programmi il partito raccoglie il consenso degli elettori, forma la propria rappresentanza parlamentare e concorre alla formazione del governo. Quello che rileva, tuttavia, non è il programma economico in sé, quanto piuttosto la posizione che il partito politico assume in ordine ai problemi economici sui quali gli organi dello Stato devo assumere le 1 decisioni politiche di maggior rilievo. I partiti sono, infatti, in grado di influenzare fortemente le decisioni economiche adottate dagli organi legislativi, dal governo e dalle amministrazioni dello Stato. Rappresentando la realizzazione concreta dei propositi che il partito o i partiti vincitori delle elezioni proponevano ai loro elettori durante la campagna elettorale, il programma diviene espressione diretta della volontà popolare. Dinanzi ad esso, il consiglio dei ministri, cui spetta formalmente di deliberare il programma e il presidente del consiglio, che lo sottoporrà all’approvazione del governo, non possono esprimere che un consenso del tutto formale. In questo modo è chiaro che siano i partiti politici ad ispirare, condizionare e determinare l’indirizzo politico economico del governo e la stessa condotta del parlamento in ordine ai maggiori problemi della politica economica. Le grandi riforme economiche e gli interventi di maggiore o minore rilievo nel campo dell’economia dipendono in larga parte dalla posizione assunta dai partiti politici, creando un quadro che è in linea con la diffusa definizione di forma di governo dello Stato contemporaneo come “governo dei partiti” (Sir Ivon Jennings). Il Consiglio dei ministri. Le forze politiche di maggioranza trovano nel governo il più elevato centro di impulso, di decisione e di attuazione dell’indirizzo politico economico. In questo panorama, il rapporto tra la funzione di direzione dell’economia e le tradizionali funzioni dello Stato ha subito modificazioni tali nel tempo da rendere del tutto insufficiente sia il modello tradizionale dell’organizzazione dell’esecutivo, sia lo schema tracciato dalla costituzione italiana. Quest’ultima, infatti, appare ferma ad un assetto del potere esecutivo che ignora la profonda evoluzione sia della forma di governo, sia della struttura del governo, caratterizzate dall’affermarsi dell’importanza delle decisioni assunte dai comitati di ministri, non previsti dalla costituzione, e dal ruolo dei ministeri economici e dei ministri senza portafoglio competenti in materia economica e aventi una posizione preminente presso l’esecutivo. Tutte o quasi le attribuzioni del consiglio sono rilevanti per il diritto pubblico, in quanto gran parte delle decisioni del gabinetto sono dedicate alle decisioni economiche, rappresentandone il punto nodale. L’azione economica del consiglio dei ministri si sviluppa dal momento dell’approvazione del programma di governo che dovrà essere presentato alle camere dal presidente del consiglio. Successivamente, il consiglio dei ministri è investito delle competenze attraverso le quali il programma economico del governo viene attuato e trasformato nell’indirizzo politico economico del governo. L’azione politica-economica del consiglio dei ministri presenta due aspetti : un’azione diretta, realizzata attraverso le proprie deliberazioni, e un’azione indiretta, di formazione e di direzione di altri organismi investiti di aspetti particolari di tale funzione. Le competenze del consiglio dei ministri rilevanti per il diritto pubblico dell’economia vanno distinte in competenze normative e competenze politico-amministrative, di carattere non normativo. Il consiglio sviluppa la sua azione normativa di indirizzo politico-economico principalmente attraverso lo strumento dell’iniziativa legislativa, cioè con l’approvazione di disegni di legge da presentare in parlamento. Lo strumento dell’iniziativa legislativa assume un grande rilievo in quanto rappresenta il più tipico e legittimo intervento nella vita economica e sociale del governo. Il consiglio dei ministri adotta poi direttamente atti dotati di forza di legge, i decreti-legge, in casi straordinari di necessità e di urgenza, e i decreti legislativi, cioè atti legislativi emanati su delega del parlamento, nei limiti di tempo, di materia e dei principi e criteri direttivi stabiliti nella legge di delegazione. Fra le attribuzioni normative del consiglio assumono particolare rilevanza il disegno di legge-programma e il disegno di legge di bilancio. Le attribuzioni politiche-amministrative, rilevanti per la sfera economica, riguardano: • L’approvazione delle relazioni economiche da presentare annualmente in parlamento, che costituiscono la sintesi economica svolta dal governo e di quella programmata per il futuro; • I numerosi piani di intervento per settori particolari dell’economia; • Le richieste motivate di registrazione con riserva alla corte dei conti; • Il prelievo di somme dal fondo per le spese impreviste; 2 • • • La risoluzione delle questioni di precedenza fra le varie cariche pubbliche e soprattutto la risoluzione dei conflitti di competenza fra i diversi ministeri; Il potere di annullare ogni atto del pubblico potere che sia viziato da incompetenza, eccesso di potere o violazione di legge; Le questioni di ordine pubblico e di alta amministrazione. L’opinione diffusa secondo cui la determinazione dell’indirizzo politico generale, e quindi dell’indirizzo economico, sua specificazione, spetterebbe esclusivamente al consiglio dei ministri è molto diffusa. Tuttavia non vi sono argomenti testuali su cui fondare tale tesi. Nella costituzione, infatti, il consiglio dei ministri è solo menzionato come organo che compone il governo (art.92, I° comma). Il secondo comma dell’art.95 aggiunge che “i ministri sono responsabili collegialmente degli atti del consiglio dei ministri”, ma non vi è alcuna specificazione del contenuto di questi atti. L’art.95, I° comma, anzi, è soprattutto negativo, nel senso cioè che esso vale ed escludere che la formazione della politica generale sia compito del solo presidente del consiglio. Il presidente del consiglio. La figura del presidente del consiglio dei ministri ha assunto negli ultimi anni un ruolo sempre più rilevante, nel panorama d’intervento dello Stato nell’economia. Dinanzi al moltiplicarsi dei centri di decisione politica, il presidente del consiglio ha garantito nel tempo la creazione di una visione unitaria ed omogenea. Solo questa figura, infatti, grazie all’apporto dei ministri che hanno le competenze di maggior rilievo in ordine dell’indirizzo politico economico, è in grado di dirigere e di coordinare l’indirizzo dei ministeri economici, dei comitati di ministri, degli enti pubblici “economici”, delle imprese pubbliche e persino dei grandi centri di potere economico che operano all’esterno dell’apparato statale. Inoltre, l’adozione del sistema dei comitati ha rafforzato nel tempo la posizione costituzionale del primo ministro, consentendogli di estendere la propria sfera di influenza su settori altrimenti, vuoi per la natura specifica, vuoi per la complessità dei problemi che sollevano, finirebbero per sfuggire al suo controllo. La presidenza dei comitati di ministri, assunta direttamente dal consiglio dei ministri o da un suo delegato, gli consente di indirizzare gran parte della macchina governativa, della quale egli porta la responsabilità politica generale. Il presidente del consiglio assicura quella unità di indirizzo fra comitati e gabinetto che è la principale causa del successo della formula del governo per comitati. Naturalmente, il ruolo preminente del presidente del consiglio nell’ambito dell’attività di indirizzo politico economico deve essere necessariamente letto alla luce del più ampio ruolo politico e costituzionale del quale non costituisce che una specificazione. E’ il presidente del consiglio, infatti, che subordinatamente ai partiti politici che ne condizionano in modo determinante l’azione, forma il gabinetto e apre, con le proprie dimissioni, la crisi di Governo. Il presidente del Consiglio sceglie i ministri e li prepone ai vari dicasteri. Convoca e presiede il consiglio dei ministri, ne formula l’ordine del giorno e ne dirige i lavori. Dirige l’azione politica e amministrativa dei ministri, promuovendone e coordinandone l’attività. E’ responsabile di fronte alle camere per la direzione della politica generale del governo. Parlamento Una volta evidenziato il ruolo prevalente del potere esecutivo sull’esercizio del potere di indirizzo politico economico garantito dalla competenza, omogeneità ed efficienza degli organi di governo è necessario focalizzare l’attenzione sulle adeguate garanzie che necessariamente richiede tale funzione. Ad ogni forma di responsabilità corrisponde, infatti, un potere di controllo: vi sono controlli di legittimità e controlli di merito. I primi sono affidati ad organi giurisdizionali, come la corte dei conti e la magistratura ordinaria e 3 costituzionale, i secondi ad un organo di struttura politica, il parlamento. Prima di analizzare il ruolo del Parlamento nell’attività di indirizzo politico economico, è necessario disegnare il contesto entro il quale tale funzione viene attualmente esercitata. Da anni si parla, infatti, di “crisi del parlamentarismo”. Tale crisi può essere ricondotta a due cause fondamentali: da un lato, all’affermarsi prepotente dei partiti politici, dall’altro alla complessità dell’esercizio del potere costituzionale e della stessa funzione legislativa nello Stato contemporaneo, che vede il Parlamento sempre di più rinunziare ad esercitarlo a favore dell’esecutivo. Il Parlamento non costituisce più il fulcro del potere costituzionale, quindi, ma si pone come organo di riflessione, di discussione, dove le opposizioni possono sviluppare il loro ruolo essenziale per il funzionamento e la sopravvivenza della democrazia. Se questa è lo spazio in cui si muove l’azione del Parlamento, la funzione di controllo sull’indirizzo politico economico, al contrario, consente di riscoprire un ruolo ancora valido ed attuale per questo organo, che emerge come la più elevata istanza di garanzia e di controllo politico. Il controllo parlamentare non si presenta solo come una tipologia di controllo diretto ma consente, attraverso la discussione e la critica dell’azione economica dell’esecutivo, l’esercizio di un controllo diffuso da parte dell’opinione pubblica e degli elettori. La parte più rilevante del controllo del parlamento sull’economia si svolge attraverso l’approvazione di leggi ordinarie, la concessione di deleghe legislative al governo e la conversione in legge dei decreti-legge deliberati dal governo in casi straordinari di necessità e di urgenza. E’ importante sottolineare che la funzione esercitata dal parlamento attraverso i suoi interventi legislativi, soprattutto quelli nel settore economico, assume la veste di un controllo, e sempre meno costituisce esercizio di autonoma funzione di indirizzo politico, volta a determinare una linea parlamentare sull’indirizzo politico economico. Particolare rilievo assume in tale attività lo strumento della riserva di legge previsto dalla costituzione. Si pensi alle riserve di legge in materia di organizzazione sindacale e di sciopero; in materia di iniziativa economica privata, di proprietà, di socializzazione e di nazionalizzazione, di proprietà terriera, di cooperazione a carattere di mutualità, di cogestione aziendale. L’interpretazione della dottrina tradizionale secondo cui la riserva di legge avrebbe la funzione di sottrarre al potere esecutivo la disciplina di determinate materie, per riservarle al parlamento mal si adatta al diritto pubblico dell’economia. Una volta sottolineata la competenza del potere esecutivo nella determinazione dell’indirizzo politico economico, infatti, la funzione della riserva di legge diviene quella di istituire un controllo necessario del parlamento su quanto deciso dal potere esecutivo. Nella materia coperta da riserva di legge, cioè, il governo non è in grado di decidere autonomamente un indirizzo politico o una disciplina definitiva, ma deve sottoporli al controllo del Parlamento. Tanto più numerose e penetranti sono dunque le riserve costituzionali di legge, tanto più rilevante è la funzione di controllo politico del Parlamento. Legge di approvazione del bilancio preventivo. Il bilancio preventivo è un documento contabile ma con un forte contenuto politico, nel quale vengono rappresentate le entrate e le uscite che, nell’anno finanziario successivo, lo Stato prevede rispettivamente di incassare e di spendere, sulla base della legislazione vigente. Esso viene predisposto dal Ministro del tesoro, di concerto col Ministro del bilancio, sulla base, per la parte delle uscite, delle previsioni di spesa dei vari Ministeri. Tale documento viene approvato dal Consiglio dei ministri e presentato alle Camere per l’approvazione, che deve avvenire, con legge, entro il 31 dicembre di ogni anno. La legge del Parlamento di approvazione del bilancio comporta un vincolo giuridico a carico del Governo. Quest’ultimo infatti è autorizzato a provvedere soltanto a quelle spese che siano stanziate in bilancio e non ad altre. A tal proposito l’art.81.4 della Costituzione fa divieto ad altre leggi di disporre nuove e maggiori spese a meno che esse non indichino contestualmente i mezzi con cui farvi fronte. La materia è stato oggetto di numerose riforme legislative con lo scopo principale di dare al bilancio maggiore flessibilità in modo da renderlo strumento utile ai fini della programmazione economica. Le principali novità apportate sono le seguenti: 4 • • • • L’obbligo per il Governo di presentare al Parlamento, entro il 30 giugno di ogni anno, il documento di programmazione economico-finanziaria, contenente la descrizione delle linee generali della manovra di finanza pubblica in relazione all’evoluzione della situazione economica e finanziaria nazionale ed internazionale per il periodo di durata del bilancio pluriennale. La redazione del bilancio preventivo annuale sia in termini di competenza sia in termini di cassa, con l’indicazione cioè dei flussi in entrata e in uscita che si ritiene si verifichino effettivamente e non solo di quelli rispetto ai quali sorgerà un titolo giuridico. L’introduzione del bilancio pluriennale, giuridicamente non vincolante, di durata non inferiore ai tre anni, nel quale si operano le previsioni, in entrata e in uscita, su un periodo più lungo e collegate a programmi e progetti di intervento nei diversi settori economici. L’introduzione della legge finanziaria, strumento che consente di apportare alla legislazione di entrata e di spesa vigente quelle correzioni ritenute necessarie al perseguimento degli obiettivi di politica economica del Governo. Al fine di garantire il rispetto dell’art.81.4 della Costituzione, si è data vita ad un nuovo strumento normativo che, approvato immediatamente prima della legge di bilancio, consentisse di operare le variazioni in entrata e in uscita, ritenute necessarie e riportabili nella legge di bilancio, approvato immediatamente dopo, senza dover incorrere nel divieto costituzionale. Spetta sempre alla legge finanziaria fissare il limite massimo dell’indebitamento pubblico, dato dall’ammontare dei debiti che lo Stato può assumere. Il Governo, quindi, formula la manovra di bilancio attraverso tre documenti fondamentali: il bilancio annuale, il bilancio preventivo e la legge finanziaria. L’intervento del Parlamento con riferimento a tali atti è tutt’altro che un intervento di mera ratifica delle proposte governative, potendo esso, sia pure nei limiti fissati dalle norme dei regolamenti parlamentari, apportare emendamenti al testo presentato dal Governo. Il ruolo del parlamento in ordine al bilancio dello Stato non si esaurisce, tuttavia, in questa attività preventiva sui diversi atti che accompagnano il bilancio vero e proprio, ma investe anche il rendiconto che ogni anno il Governo è tenuto a presentare alle Camere e che è anch’esso approvato con legge. E’ stata istituita, inoltre, un’apposita sessione di bilancio durante la quale le Camere non possono deliberare su altri disegni di legge, salvo quelli di conversione dei decreti legge, quelli legati alla manovra finanziaria del Governo e quelli urgenti legati all’adempimento di obblighi internazionali o comunitari. Tanto in ordine alla legge finanziaria, quanto in ordine alla legge di bilancio, il Parlamento può esercitare il suo potere di emendamento. Gli eventuali emendamenti possono riguardare variazioni compensative all’interno dei singoli stati di previsione ovvero anche variazioni non compensative. Controllo sull’indirizzo politico economico e responsabilità del governo. La funzione di controllo sul governo non è trattata in modo sistematico dalla costituzione ma necessita di essere ricostruita attraverso le disposizioni relative al rapporto di fiducia e di responsabilità politica fra governo e parlamento, di quelle relative al bilancio e alle inchieste, e soprattutto le disposizioni contenute nei regolamenti parlamentari. La responsabilità politica del governo per il proprio indirizzo politico economico è di due specie: responsabilità diffusa e responsabilità istituzionale. Nel primo caso, il governo risponde nei confronti di tutto il sistema costituzionale e soprattutto degli elettori. La seconda forma di responsabilità, più specifica, vede il governo responsabile di fronte al parlamento, anche per il proprio indirizzo politico economico. La responsabilità politica è solidale (o collegiale ) nel senso che il governo, assumendosi la responsabilità di ogni atto politico, posto in essere da qualunque soggetto ne faccia parte, risponde al parlamento unitariamente. E’ l’operato del governo che viene discusso, censurato, quindi, non l’operato di questo o quel ministro, di questo o quell’organo di governo. Gli strumenti utilizzati dal parlamento per l’attività di controllo sono. Interrogazioni, interpellanze, mozioni semplici, mozioni di sfiducia. L’occasione 5 nella quale l’indirizzo politico economico del governo è sottoposto al suo più generale e penetrante controllo politico da parte del parlamento è la discussione sul bilancio dello Stato. Ma lo strumento che meglio descrive l’attività di controllo e di critica realizzata dal parlamento è quello dell’inchiesta. L’art.82 della costituzione prevede l’istituzione di commissioni parlamentari d’inchiesta da parte di ciascuna camera su materie di pubblico interesse. L’inchiesta può avere natura politica, sociale, economica o riguardare un fatto che ha polarizzato l’interesse della pubblica opinione. Particolare interesse rivestono le indagini conoscitive, previste dall’art.144 del regolamento della camera dei deputati, dirette ad acquisire informazioni, notizie e documenti necessari all’esercizio della funzione di controllo parlamentare. Nel corso di tali indagini le commissioni possono invitare e ascoltare qualunque persona possa fornire elementi utili ai fini dell’indagine: in questo modo il parlamento entra realmente e direttamente in contatto con i problemi più vivi e veri del paese, soprattutto quelli economici. Il controllo di legittimità sull’indirizzo politico economico del governo sull’amministrazione pubblica dell’economia è esercitato dalla corte dei conti. Si tratta di un controllo di natura tecnica e non politica, limitato dalla legittimità della gestione finanziaria e non interferente con il merito della decisione politica o amministrativa. 6