Schede film discussi insieme 2010
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Schede film discussi insieme 2010
6 Fortapàsc regia Marco riSi sceneggiatura andrEa PUrGaTori, JiM carrinGTon, Marco riSi fotografia Marco onoraTo montaggio clElio BEnEvEnTo costumi orTEnSia dE FrancESco interpreti liBEro dE riEnZo, ErnESTo MahiEUx, MaSSiMiliano Gallo, MichElE riondino, valEnTina lodovini MArCo rISI 4.06.1951 - Milano 2009 2007 2001 1998 1994 1992 Fortapàsc Maradona, la mano de dios Tre mogli l’ultimo capodanno il branco nel continente nero nazione iTalia durata 108’ 1991 1990 1989 1987 1985 1983 1982 il muro di gomma ragazzi fuori Mery per sempre Soldati - 365 all’alba colpo di fulmine Un ragazzo e una ragazza vado a vivere da solo Fortapàsc 87 La storia Nel 1985 Giancarlo Siani viene ucciso con dieci colpi di pistola. Aveva 26 anni. Faceva il giornalista, o meglio era praticante, abusivo, come amava definirsi. Lavorava per Il Mattino, prima da Torre Annunziata e poi da Napoli. Era un ragazzo allegro che amava la vita e il suo lavoro e cercava di farlo bene. Aveva il difetto di informarsi, di verificare le notizie, di indagare sui fatti. È stato l’unico giornalista ucciso dalla camorra. La critica Sulla scia del nostro cinema civile alla Rosi, che è stato poi vampirizzato dalle piovre tv e affini, Marco Risi ora firma la bellissima biografia di Giancarlo Siani, reporter del Mattino ucciso da precario il 23 settembre 1985 dai boss della camorra. Un prequel di “Gomorra”, ma anche una storia «esemplare», la cronaca di una morte annunciata in cui ancora una volta si punta il dito contro la criminale connivenza tra malavita e politica. La ricostruzione di quell’Italia, e di quel simpatico giovane così «normale», è affidata al tempismo del regista che ritrova la sua vena migliore, intrecciando benissimo ieri e oggi (tutto molto attuale, non c’è dubbio), pubblico e privato, evitando ogni retorica e pietismo e soprattutto senza cadere nel peccato mortale estetico da fiction. Bravissimo Libero De Rienzo, determinato ex aequo spaventato: da premio subito. Maurizio Porro, il corriere della Sera, 3 aprile 2009 Giancarlo Siani non porta l’impermeabile stropicciato che era di Corso Salani, alias Andrea Purgatori in “Muro di gomma”, anche se c’è qualcosa di quest’ultimo in lui. La penna dello stesso Purgatori intanto che firma la sceneggiatura insieme a Marco Risi e a Jim Carrington di “Fortapàsc”, il film che Risi ha girato a Napoli e che racconta la storia di Giancarlo Siani, ucciso dalla camorra, a ventisei anni, nel 1985. Siani era un giornalista, anzi un «praticante abusivo» come diceva di sé visto che lavorava senza contratto. Un ragazzo di buona famiglia, camicia chiara e le Clarks anche d’estate, spedito alla redazione del Mattino di Torre Annunziata, cioè Fortapàsc, come nei 88 Fortapàsc FILM DISCUSSI INSIEME western, dove la camorra era dappertutto, con le lotte tra famiglie, i morti ammazzati in strada, le pistole che non risparmiavano manco i ragazzini. E l’eroina, «troppo buona», che ne stroncava tanti a notte. Sono gli anni dopo il terremoto, Napoli è una preda ricca, ci sono i soldi per la ricostruzione e la camorra se li vuole spartire. Siani è giovane ma lavora con precisione del dettaglio. Lui le notizie se le cerca, non sta seduto aspettando le agenzie: gira, indaga, dà fastidio. E rischia. Ci sono i giornalisti-giornalisti, molto spesso poco amati, e i giornalisti-impiegati filosofeggia il suo capo di Torre Annunziata quando il ragazzo viene promosso a Napoli, verso l’assunzione, dopo un articolo che denunciava i rapporti tra camorristi e politici, sindaco di Torre Annunziata in testa. Eccolo qui quell’impermeabile stropicciato, la stessa ostinazione, la stessa volontà di non arrendersi alla verità ufficiale - in “Muro di gomma” era la strage di Ustica. Nella scrittura di “Fortapàsc” è soprattutto questo che rende attuale Siani e le sue battaglie, fermate sotto casa con dieci colpi di pistola e tutte le sue carte portate via: al di là della cronaca napoletana resta la riflessione su cosa è l’informazione oggi, su cosa significa investigare col giornalismo, se ancora è possibile, o se le pratiche di giornalismo «embedded» dalle zone di guerra si sono estese ovunque. Non è questione dell’eroe solo-contro-tutti perché Siani, come Risi ce lo narra e come Libero Di Rienzo, molto bravo e commuovente lo interpreta, non è un eroe, anzi è fragile, contraddittorio, persino presuntuoso nella sua testardaggine a fare tutto da solo. Ma cerca di andare avanti nei suoi obiettivi che sono sostanzialmente fare informazione. Siani denuncia i boss, Valentino Gionta e Lorenzo Nuvoletta - amico di Riina - che ne ordina l’omicidio quando mette nero su bianco che è stato Nuvoletta a fare la soffiata spedendo Gionta in galera. Però scrive anche di come la camorra ha corrotto la politica, indaga sugli appalti dati a ditte che non esistono, che spesso corrispondono a vecchi malati. Per chi vorrebbe ribellarsi Siani diventa un punto di riferimento importante, piace ai ragazzini, alle generazioni dei liceali, appena più giovani di lui, per questo è ancora più pericoloso. Ci sono poi aspetti che non funzionano nelle scelte cinematografiche di Risi, a tratti il film sembra ingabbiato dal suo soggetto, cose importanti dell’epoca, tipo i disoccupati organizzati vengono appena accennati (perché poi?) mentre manca quella parte di resistenza culturale napoletana che comincia proprio col terremoto. Forse c’è pure poca Napoli, e del resto la narrazione si concentra a Torre Annunziata, la figura della fidanzata di Siani è strana, quasi accessoria, l’iconografia da film di genere a tratti è troppo sottolineata e evidente. Funzionano però gli esterni, la desolazione delle case, il silenzio, la spiaggia piena di detriti, l’arroganza di un certo potere sempre presente. C’è l’Italia di oggi, oltre che la storia italiana, a Fortapàsc. Cristina Piccino, il Manifesto, 27 marzo 2009 È possibile un film sulla camorra dopo “Gomorra”? La questione è meno capziosa di quanto possa apparire: quella di Garrone è davvero un’opera definitiva, apocalittica, capace di azzerare e far ripartire un immaginario, rendendo irrimediabilmente meno efficace (quando non dichiaratamente “vecchia”) un’ipotesi di racconto e messa in scena più tradizionale, per quanto onesta e corretta. Come appunto quella di Risi che, nell’affrontare la vicenda di Giancarlo Siani (già portata sul grande schermo nel 2003 da “E io ti seguo” di Maurizio Fiume), di Gomorra stempera la tensione documentaristica e l’agghiacciante ricognizione sociale per recuperare la più rassicurante lezione dell’eroe civile, l’esempio da opporre all’assedio delle forze del male laddove Garrone abolisce una qualsiasi possibilità di salvezza. Da questo punto di vista, il nume tutelare del cinema d’inchiesta evocato da Risi nella sequenza della litigiosa seduta della Giunta comunale (Le mani sulla città) è molto più simile all’universo senza speranza di Gomorra che a Fortapàsc. Due pellicole profondamente differenti, non solo per quanto concerne l’approccio estetico: la difformità strutturale (l’alternanza di molteplici linee di racconto a fronte di una traccia ben delineata) si rivela il primo segno di una diversità di sguardo, quella che intercorre tra osservare una realtà e mettere in scena una storia vera. Se la potenza dell’impianto messo a punto da Saviano consiste proprio nella corrispondenza tra la parcellizzazione narrativa e l’angosciante sensazione di un insinuarsi strisciante in ogni ambito della società, l’idea di storia “forte” alla quale Risi rimane legato produce l’effetto opposto di risparmiare lo spettatore non inserito in quello specifico paesaggio dalla realtà descritta, metterlo al riparo, permettendogli immediatamente di separare la parte buona da quella malata e indignarsi sapendo che - sebbene il fenomeno camorristico sia tutt’altro che un fantasma degli anni Ottanta - in fin dei conti non rischia nulla. Marco Toscano, duellanti, aprile 2009 Incontro con Marco Risi GUIDo bErtAGNA S.I. C’è molto da dire sulla genesi di un film che ha avuto tempi di attesa lunghi, infatti era già pronto per essere girato diversi anni fa. Si potrebbe chiedere come è stato ricostruito l’ultimo periodo della vita di Giancarlo Siani. Il film ha una serie di agganci con la realtà: la macchina che guida l’attore che interpreta Giancarlo, per esempio, è la sua vera macchina. Volevamo comunque partire dalle vostre osservazioni. Provate a fare questa sorta di “partenza in salita”. INtErvENto 1 Il film è bellissimo, non c’è dubbio. La bellezza maggiore è il ritmo e i rumori esterni che sono straordinariamente accordati per dare un’impressione di questo correre continuo, di questo sopruso che si placa solo con la morte di Giancarlo, dove ci sono uno stacco e una concisione incredibili. Manca qualcosa? Forse… Il film mi è piaciuto molto ma forse manca un po’ più di scavo interiore. Contro questa ridda in cui viviamo c’è quella conferenza di Giancarlo molto semplice dove lui dichiara che “il mio dovere è fare il giornalista, perché non basta la magistratura, bisogna che la gente sia informata”. Verrebbe qui il desiderio di uno scavo maggiore nel personaggio, cosa sacrifica, cosa spera e cosa pensa Giancarlo? Forse questa scelta avrebbe sciupato il resto. Ma si è presentata questa scelta, oppure il film è deliberatamente come l’abbiamo visto, tutto ritmo e movimento? MArCo rISI Forse nella storia ad esserci di più è la “voce” di Giancarlo. Per esempio nella scena delle lenzuola – che a me piace molto, perché anch’io mi sono chiesto tante volte da dove vengano queste lenzuola che coprono i cadaveri – c’erano più voci di Giancarlo, ma non so se quello avrebbe dato più spessore al personaggio che, in realtà, è sempre stato pensato come una figura non così consapevole, abbastanza leggera. Lui aveva svariati interessi nella vita, ad esempio allenava una squadra di pallavolo e ogni tanto si occupava di recupero di tossicodipendenti in una comunità – quest’ultimo aspetto l’abbiamo toccato raccontando la storia dell’amico drogato, un fatto che in realtà non è successo. Giancarlo era un ragazzo preso dalla vita e dal viverla in maniera spensierata. Lei può aver Fortapàsc 89 ragione sul fatto che si poteva approfondire di più. Mi ha fatto molto piacere la sua annotazione sui rumori, perché siamo stati molto attenti, soprattutto in fase di ripresa e di mixaggio. Non ci sono solo gli attori in primo piano che parlano – come succede in televisione con le fiction, dove dietro sembra che la città non esista - ma ci sono anche molti effetti sonori. Alla fine, quando arrivano le telefonate mute, Giancarlo alza la cornetta e si sente un rumore che, nel corso della storia, si era già sentito a Torre Annunziata: come se la minaccia di quelle chiamate anonime arrivasse sempre dallo stesso posto. Anche se poi in realtà arrivava da Marano, dai Nuvoletta. INtErvENto 2 La macchina, la Mehari, che lui guida è totalmente scoperta… Un’analoga situazione si presenta con il veicolo del sindaco, il quale infatti gli fa notare che la Mehari è uguale alla sua macchina: quindi, c’è un’analogia di strumenti, ma in una totale opposizione d’intenti. Questo utilizzo delle due auto ha questo eventuale contenuto simbolico? MArCo rISI Il fatto che Siani viaggiasse con un’auto così scoperta ed esposta, quindi vistosa, lo rendeva un facile bersaglio in qualsiasi momento, ed è stato uno degli elementi che mi ha colpito quando ho pensato di girare il film. Il collegamento con la macchina del sindaco è assolutamente casuale, nel senso che il sindaco per percorrere 50 metri – dalla piscina ala cancello – usa una macchina da golf e approfitta di quella occasione per fare una piccola morale al giornalista, quasi come per guadagnare sempre del terreno su di lui. Lì, per esempio, c’é la voce fuoricampo di Giancarlo che dice “se avessi accettato l’invito a entrare in quella casa la mia vita probabilmente sarebbe cambiata e non avrei fatto la fine che poi ho fatto”. Lui, rimane dall’altra parte, quindi fa una scelta precisa. INtErvENto 3 Mi è piaciuto moltissimo lo stile asciutto del film. Mentalmente, ho fatto un confronto con “Gomorra” che è molto più recente e fotografa una situazione attuale. Secondo lei la morte di Siani è servita a qualcosa? MArCo rISI Vi posso dire che Saviano si è ispirato a Siani. Quando lo scrittore riceveva le solite minacce i suoi persecutori lo chiamava90 Fortapàsc no Siani, proprio per sottolineare che avrebbe fatto la stessa fine. Io credo che la sua morte sia servita. Giancarlo è stato l’unico giornalista ucciso dalla camorra, mentre la mafia ha fatto ammazzare una decina di giornalisti: Siani è l’unico eroe dai tempi di Masaniello. In Campania ci sono una quindicina di scuole intestate a lui. C’è addirittura un teatro proprio a Marano, nel territorio dei Nuvoletta. Il fratello di Giancarlo è molto bravo e con lui tantissimi altri – Don Tonino Palmese, Ciotti, – c’è molta gente che si sta occupando di un processo di legalità che riesca, in quelle aree, a scalfire in qualche modo le coscienze. Però è un lavoro davvero molto difficile, quindi non posso rispondere – come mi piacerebbe – ottimisticamente; anche perché, dopo l’uscita del film, non ho visto segnali così incoraggianti. È interessante invece che, due mesi dopo l’uscita, ci sia stata un’operazione della polizia che ha portato all’arresto di una novantina di persone fra Torre Annunziata e dintorni e che è stata chiamata dalle forze dell’ordine Fortapàsc come il film che, evidentemente, è riuscito a suscitare qualcosa. INtErvENto 4 Vorrei tornare sulla figura di Siani e su come ci è stata presentata. Il fatto che possa non esserci stato un approfondimento, una riflessione, mi fa pensare – e le chiederei conferma – che tutto sommato il giovane giornalista di 26 anni, agisse non tanto con leggerezza ma con levità e fosse poco cosciente dei rischi che poteva correre. Tutto il film è attraversato da questo suo modo di fare le cose con candore, sperando di poter incidere. Queste caratteristiche corrispondono all’effettiva personalità di Siani o è solo una presentazione cinematografica? MArCo rISI La mia preoccupazione naturalmente era quella di non tradire la figura di Giancarlo Siani e chi, meglio del fratello, poteva dirmi com’era nella realtà? Quando Paolo Siani ha letto la sceneggiatura, mi ha subito detto che quello che facevo dire a Giancarlo era quanto lui avrebbe detto. Non hanno mai avuto la sensazione in famiglia che potesse succedergli qualcosa. Di questo non aveva mai parlato in casa, era un ragazzo molto leggero – nel senso buono del termine, non superficiale – ma assolutamente aperto alla vita. Amava le donne e piaceva molto alle ragazze. Non ha mai avuto paura, tranne l’ultimo giorno durante la telefonata con Ama- lui dice che sta preparando un’inchiesta che non vuole venga pubto Lamberti, quando gli disse che non si fidava d’incontrarlo né in blicata sul Mattino, ma pensa di darla a una rivista o farne addiritredazione né al bar, come se non volesse dirgli certe cose alla pretura un libro, perché contiene verità molto scottanti sulla ricostrusenza di altre persone che magari avrebbero potuto appropriarsi di zione del dopo-terremoto dalle parti di Torre Annunziata. Quindi, sue informazioni. Ma non credo questa fosse paura per la sua vita. stava preparando qualcosa. Che avesse già cominciato a scrivere Quando il capitano gli dice che i Nuvoletta avrebbero potuto tradire non è dato sapere. Non è mai stato trovato niente. Aveva però acil loro compare Gionta… Scrivendo quell’articolo Giancarlo firma la cumulato molte notizie su imprese, voti di scambio e argomenti del sua condanna a morte. Poi penso ci siano stati anche altri motivi, genere. Il libro si sarebbe dovuto intitolare “Torre Annunziata, un perché dal momento della sua condanna all’esecuzione passarono anno dopo la strage”, perché la strage era accaduta nell’84. tre mesi. A un certo punto sembra che quell’ultima sera Siani avesse chiesto a un poliziotto di esseINtErvENto 6 Premesso re riaccompagnato a casa, ma che il film è molto bello, ben lui non poteva. Pare ci sia starecitato e con personaggi to anche un incontro con uno plausibili, ci sono due o tre dei ragazzi di Torre Annunziata cose che colpiscono particoche avrebbe dovuto segnalarlarmente. La prima riguarda i lo a quelli che poi l’avrebbero giornalisti: ci sono i giornaliucciso, ma sono tutte illazioni sti impiegati e c’è Siani, giormai provate. Giancarlo non si nalista d’inchiesta, tipologia sentiva a rischio, anche perché in Italia molto rara. La seconper lui fare il giornalista – vida è il fatto che sono stati gisto che in questa zona fatti del rati molti film sulla mafia, ma genere non erano mai accaduin questo viene messo molto ti – lo metteva al riparo, perin rilievo che quando vengoché significava semplicemente no toccati certi equilibri poliper lui fare bene il proprio laDa sinistra: Guido bertagna S.I. e Marco risi tici, certi interessi e vengono voro. fatti nomi e cognomi, allora ti uccidono. Infine, mi ha incuriosito questa figura del pretore che in INtErvENto 5 Vorrei chiederle solo una cosa… Mi ha impressiorealtà non ho capito fino in fondo… nato l’attualità dell’ultima scena, quella dell’uccisione di Siani. I killer gli portano via un documento. Mi ha colpito moltissimo, perché MArCo rISI All’epoca la legge era diversa da oggi, tanto che vorho pensato a Borsellino al quale è successo lo stesso. C’è un qualche rebbero cambiarla nuovamente. Nel senso che ci doveva essere legame? Sicuramente lei questa scena non l’ha girata per caso. I l’evidenza del reato perché il pretore potesse indagare. Qui il pretore documenti che fine hanno fatto? non indaga sugli omicidi, ma sulla ricostruzione del dopo-terremoto. Il vero pretore la sera dell’omicidio di Siani andò dal capitano MArCo rISI In realtà, i documenti non si sono mai trovati. Chiara chiedendo protezione, perché pensava che questo omicidio fosse Gattoni, che nel film viene ringraziata, è stata una sua fidanzata anche un segnale per lui. Ho avuto un po’ paura per il fatto che “Forimportante che ha conservato una trentina di lettere che Giancarlo tapàsc” è uscito dopo “Gomorra”, anche se avrebbe dovuto essere le aveva scritto. In una di queste, l’ultima, scritta nel mese di giugno, Fortapàsc 91 - del modo cioè in cui si fanno i giornali ai nostri giorni - a quella girato cinque anni fa. Mi sono reso conto dopo che se il film all’inidi vent’anni fa? zio non ha avuto un grande successo commerciale probabilmente è perché chi aveva visto e amato “Gomorra” non aveva, comunque, MArCo rISI Per quanto riguarda il Mattino dell’epoca, non credo che voglia di andare a vedere una storia che in qualche modo gli assoi giornalisti si siano comportati in una maniera esemplare. Quando al migliava. Anche se sono due opere differenti, molti hanno pensato direttore Pasquale Nonno hanno dato la notizia che era stato amche si trattasse di due film molto simili. Secondo me sono diversi, mazzato Giancarlo Siani, lui ha chiesto chi fosse. Si può anche capire, ma anche complementari: qui si parla di una camorra collegata alla perché Giancarlo era un piccolo giornalista “abusivo”, come amava mafia, perché i Nuvoletta erano legati alla mafia di Totò Riina e predefinirsi lui. Nessuno della redazione ha fatto un’inchiesta. Nonno ha ferivano farsi chiamare mafiosi, piuttosto che camorristi. C’erano ritirato i suoi corrispondenti da altre leggi rispetto a quelle quel territorio, mentre un giordi oggi. Come nel film di nalista che io ho sentito – Pino Matteo Garrone, oggi un Cimò che scriveva sul mensile ragazzo si sveglia, comincia satirico Frigidaire – è andato a sparare e diventa un pica Torre Annunziata, è stato lì colo capo, mentre una volta una settimana, ha intervistato c’erano regole precise da il sindaco varie volte, la sua serispettare. Infatti, quando i gretaria, il Capitano Sensales e Nuvoletta volevano anche altri personaggi. Alla fine è torl’assenso di Valentino Gionnato a Napoli, si è fatto un’idea ta per la morte di Giancarlo, sulla vicenda, l’ha esposta al Gionta per sette volte disse fratello di Giancarlo - al quale di no. Non tanto perché gli è sembrata molto plausibile dispiacesse che venisse ame ha fatto uscire l’articolo con mazzata una persona, ma una foto dove il sindaco appaperché non si doveva fare Marco risi e Paolo Siani riva con la sua bella fascia trinel suo territorio perché colore e una scritta che diceva altrimenti glielo avrebbero “Il Mandante”. Un’affermazione molto forte, tanto che il sindaco gli ha attribuito. Diede il suo benestare, invece, quando Giancarlo si trafatto causa e l’ha vinta. Un’altra causa, per chiedere il ritiro del film, sferì a lavorare a Napoli. l’ha fatta a noi il caporedattore – quello vero – di Castellammare, e non di Torre Annunziata dove noi – apposta – avevamo spostato la INtErvENto 7 Torno un attimo sulla questione dei giornalisti… redazione per creare un po’ di contrasto tra questo personaggio e Oggi non si diventa giornalisti-impiegati per vocazione ma perché l’altro. Il caporedattore ha dichiarato di essersi riconosciuto nel film e c’è un’organizzazione del lavoro che porta a fare così. M’interessa ci fatto causa, però l’ha persa. Tornando al Mattino, direi che è stato il capire se lei ha avuto la possibilità d’indagare e sentire come la viquotidiano che, più di ogni altro, ha preso le distanze dal film. cenda di Giancarlo Siani sia stata vissuta all’interno del Mattino che non è mai stato uno dei giornali schierati sul fronte. Anzi, i rapporti GUIDo bErtAGNA S.I. Ci possiamo portare nella memoria l’ingresso con chi tira i fili del potere e la direzione del quotidiano sono sempre in scena nel film del personaggio Giancarlo Siani, in quel tuffo che stati molto forti. Che difficoltà ha avuto riportare la realtà di oggi 92 Fortapàsc in pochi istanti dice tutto della sua vita e del suo modo di essere. È una caratteristica dei maestri il delineare i personaggi in una scena chiave che viene lasciata lì, apparentemente senza seguito nel film. Poi lo spettatore, seguendo la vicenda, vedendo come si susseguono gli eventi e tornando a quella prima scena con il mare e un bel momento di svago, ne coglie tutta la forza di sintesi di una vita. MArCo rISI Anche un’amica di Giancarlo e di Paolo diceva che in quella scena del tuffo c’è “tutto il senso di Giancarlo”: la paura, l’attrazione, il non saper dove mettere gli occhiali e, alla fine, il lanciarsi e il tentare. Pochi secondi che delineano i principali tratti del personaggio. I commenti del pubblico MArIA SANtAMbroGIo Film molto, molto ben fatto. L’argomento, sempre molto attuale, è difficile ma viene trattato con molta perizia. La figura di Siani è molto ben tratteggiata e ben interpretata. Un film da premiare! roSA LUIGIA MALASPINA Una forte denuncia sempre attuale, purtroppo! Film tenero, commovente, che rimane dentro, inciso nel cuore. Tratta con mano leggera problemi pesanti come macigni: di guerre di camorra, morti ammazzati, sangue su lenzuola bianche, corruzione politica. Bravissimo Libero De Rienzo che presta il suo sguardo buono, tenero, dolce, sorridente, ma di chi vuol tenere gli occhi aperti, che vuol vedere per dire la verità, rappresentando Giancarlo Siani che voleva fare il giornalista/giornalista per raccontare la verità, guardandola in faccia, pur con tutta la sua fragilità. Bella anche la colonna sonora. oTTiMo da PrEMio ANNA PICCININI Bello, intelligente. Speriamo che sia utile a far ricordare, soprattutto ai ragazzi. FrANCA FUrLANI MoNtI È un film sconvolgente, forse perché molto vero. Fa soffrire anche il pubblico, ma penso che serva a tutti. Interprete protagonista magnifico come pure la regia. PAoLA GIovANNA ottoLINo Film bellissimo e struggente. La lievità del giovane Siani, ragazzo del suo tempo, si unisce a una coscienza civile ammirevole e poco comune. Si contrappongono ad essa quegli adulti da cui ci si aspetterebbero onestà, impegno e rispetto di quei valori che istituzionalmente sarebbero tenuti a difendere e promuovere. Mentre scorrevano le immagini mi chiedevo quanti “bei” film avrei dovuto vedere ancora su questi eroi che rifiutano e denunciano le malefatte delle mafie. tErESA DEIANA Utile, importante, girato con ritmo perfetto e attori assolutamente in parte. È il tipo di film che di gran lunga preferisco. ELENA CHINA-bINo In questo bel film dall’argomento altamente drammatico, a mio parere, vengono sottolineati l’entusiasmo e la genuinità con cui il giovane giornalista si confronta con la realtà in cui vive e di cui scrive. FrANCA SICUrI Prende l’anima il film di M. Risi perché non soltanto denuncia intrighi e crimini di camorra, ma racconta anche una storia breve – è vero – ma pur sempre una bella storia: quella di un giovane onesto, intelligente, che sfida la propria paura pur di non venir meno a quello che considera il suo dovere di giornalista: racconta la verità. MIrANDA MANFrEDI Film violento, che rispecchia una realtà che ancora oggi genera paura e indifferenza nella popolazione, perché appare inestirpabile. M. Risi ha messo molto bene in evidenza il contrasto tra la lealtà giornalistica pagata con la vita da G. Siani e la delinquenza piena di ambigua connivenza della camorra. Bravi gli attori, adatti ai loro ruoli anche fisionomicamente. ADELE bUGAttI DI MAIo Un film che coglie la solitudine in cui viene abbandonato Siani e la spirale dentro la quale opera. Un film Fortapàsc 93 senza tesi da dimostrare ma con urgenza di raccontare di una classe politica che tende ad autoconservarsi, di una società che ignora le proprie responsabilità e di un giornalismo che ignora la propria ‘mission’. Una storia resa con sapienza attraverso sequenze che mostrano come la realtà che ciascuno ha sotto gli occhi sia facilmente decifrabile, quella stessa realtà che molti non vogliono vedere. Forse la sceneggiatura ha presentato una ricognizione sociale un po’ troppo riferita a un universo privo di speranza e separato troppo il bene dal male lasciando così lo spettatore emotivamente al riparo da eccessivi coinvolgimenti. PIErFrANCo StEFFENINI Non è un eroe il protagonista di “Fortapàsc”: è un giovane determinato, ma con un fondo di ingenuità, curioso e ambizioso, ma fragile. Non so con quanta fedeltà il ritratto che ne fa il film risponda al vero Giancarlo Siani, ma la rappresentazione che ne esce è assolutamente credibile e affascinante, tanto da risultare la vera carta vincente del lavoro di Marco Risi. Merito anche dell’interprete, a me sconosciuto, bravissimo a colorire il personaggio, ora invadente ora intimidito. Ricordo con commozione la scena dell’assassinio, in cui l’attore riesce a esprimere con lo sguardo, senza parlare, ma con una semplice contrazione della bocca, lo stupore e insieme la paura di fronte alla pistola spianata. Al di là dell’interpretazione di spicco, il film è un’opera degna e civile, con una sua storia dallo svolgimento lineare, che lo differenzia da altri film di ambiente camorristico come il sopravvalutato “Gomorra”, che è sì sconvolgente, ma anche frammentario e poco perspicuo per chi non ha frequentazioni con l’ambiente. BUono MArIAGrAzIA GorNI L’impegno civile di questo film non ha nulla di retorico. È un film che narra in modo lieve la storia di un ragazzo pieno di vita, testardo e intraprendente che, pur essendo al “servizio della verità”, non ha alcuna intenzione di diventare un eroe ma purtroppo lo diventerà. Il regista segue un modo di raccontare piuttosto tradizionale e classico, con le sequenze finali preannunciate da quelle iniziali, senza “guizzi” di regia. Bravi il protagonista e Sasà, a volte troppo caricati gli altri personaggi. 94 Fortapàsc LUISA ALbErINI A Napoli di camorra si continua a morire, e c’è anche chi, lo hanno riferito i giornali di ieri, commenta “e dov’è il problema?”. Il problema c’è, tuttavia non fa più notizia. La ragione sta nel fatto che, nonostante i dispositivi di controllo sulla sicurezza, non trova reperibili i testimoni. Nessuno ha visto, nessuno lo conferma, dunque non è successo niente. Però c’è un morto, però c’è una vittima che qualcuno a casa piange. Solo il cinema, ne diventa allora testimone. Se ne assume la responsabilità. Interpella gli avvenimenti e se ne fa lente di ingrandimento. Il cinema vede. Marco Risi racconta una storia di venticinque anni fa, e ce la mostra in modo che possiamo davvero viverla di persona. E la penetra nel buio di quelle strade vietate, la porta in primo pianto attraverso finestre, vicoli, tunnel dove nessuno conosce nessuno. Oggi una storia che ha per protagonista un ragazzo come Giancarlo Siani non potrebbe forse più essere raccontata. Perché se è vero che la camorra non è cambiata, sono i giornalisti come Siani a essere diventati introvabili. Di qui il valore che al film va riconosciuto e di cui dobbiamo esserre grati.