FORTAPASC (Italia, 2009) Regia: Marco Risi Cast: Libero De

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FORTAPASC (Italia, 2009) Regia: Marco Risi Cast: Libero De
La scheda filmica e didattica é a cura di Giancarlo Visitilli. Ogni diritto é riservato.
FORTAPASC (Italia, 2009)
Regia: Marco Risi
Cast: Libero De Rienzo, Valentina Lodovini, Michele Riondino, Ernesto Mahieux
Genere: drammatico
Durata: 106’
Trama
Nel 1985 Giancarlo Siani viene ucciso con dieci colpi di pistola. Aveva 26 anni. Faceva il
giornalista, o meglio era “praticante abusivo”, come amava definirsi. Lavorava per Il Mattino,
prima da Torre Annunziata e poi da Napoli. Era un ragazzo allegro che amava la vita e il suo lavoro
e cercava di farlo bene. Aveva il difetto di informarsi, di verificare le notizie, di indagare sui fatti. È
stato l'unico giornalista ucciso dalla camorra. Noi qui lo seguiamo negli ultimi quattro mesi della
sua vita. La sua ultima estate quando, dal Vomero, dove abitava, tutti i giorni scendeva all'inferno di
Torre Annunziata, regno del boss Valentino Gionta. Tutto, in quel periodo, ruotava intorno agli
interessi per la ricostruzione del dopo terremoto e Giancarlo vedeva. E capiva. Lo vediamo
muoversi fra camorristi, politicanti corrotti, magistrati pavidi e carabinieri impotenti, come un
giglio nel fango. Proprio la sera in cui venne ucciso, a Napoli Vasco Rossi teneva un concerto al
quale Giancarlo sarebbe dovuto andare con la sua ragazza...
DENTRO IL FILM
Quando informare fa rima con vivere e morire
“Questo non è un paese per giornalisti giornalisti, ma per giornalisti impiegati”. Dura sentenza,
quella del regista Marco Risi, per bocca di Giancarlo Siani, un giornalista che, anche in questi tempi
di cambiamento politico in Italia, avrebbe detto le cose “pane pane e vino al vino”, senza antipasti
alcuni, come si è piuttosto soliti leggere, ascoltare e ingoiare in questo nostro paese.
Un sogno, durato tanti anni, quello di Marco Risi, di portare sullo schermo la vicenda del giornalista
napoletano ucciso dalla camorra nel 1985 ad appena ventisei anni, ora concretizzatosi in Fortapàsc.
Inevitabili i confronti con un altro film, Gomorra, ma solo per pochissimi aspetti contenutistici, e
con il miglior cinema di denuncia del nostro paese, compresi gli altri importanti lavori di Marco
Risi, da Ragazzi fuori a Mery per sempre, passando anche per Il muro, Il branco. Ma, in Fortpasc
c’è anche molto del cinema di Gianni Amelio e di Francesco Rosi (Le mani sulla città sembra
fortemente citato durante le riprese del Consiglio comunale). Un film importante, perché non solo
dà l’opportunità di conoscere la vita straordinaria di un giornalista coraggioso, non utilizzando i
panegirici, come si è soliti fare nel nostro paese, ma offre anche l’immagine di una Napoli insolita,
in cui anche le sedi giornalistiche, da quella del Mattino, alla periferia, e quella in città, conservano
gli odori di sigarette, i rumori delle Olivetti e le migliaia di pagine sbiadite o volutamente annerite.
Il film ricostruisce gli ultimi quattro mesi di vita dell’intraprendente Giancarlo Siani, reporter
d’assalto abusivo de Il Mattino, che da Torre Annunziata aveva pubblicato un articolo coraggioso
sull’arresto del boss Valentino Gionta, rivelando scottanti retroscena nella guerra di cosche, che in
quegli anni imperversava in quei territori. Lo scoop gli vale la promozione, da precario di provincia
a giornalista con suo ufficio e scrivania nella redazione di Napoli, mosso da tanta passione per la
verità e con quel pizzico di incoscienza di chi si trova a mettere il naso in affari più grandi di lui.
Molto interessante anche la scelta del cast, sebbene due accorgimenti non sembrano inopportuni:
Libero De Rienzo è bravissimo nell’essere timido, ma non è convincente nell’interpretazione della
testardaggine che apparteneva al vero Siani. Non saremmo rimasti dispiaciuti se al suo posto ci
fosse stato Luigi Lo Cascio. Assolutamente inespressiva e fortemente ‘mocciana’, come sempre,
l’interpretazione della Lodovini. A differenza di tutti i comprimari: dall’impareggiabile Ennio
Fantastichini, corrottamente bravo nel personaggio del sindaco di Castellamare, a Massimiliano
Gallo, sebbene questi faccia troppo l’occhiolino a Gandolfini (Soprano).
Strepitosa la scelta musicale nel film. Nell’anno in cui Vasco Rossi scrisse il gran successo di “Ogni
volta”, Siani ne cantava spesso le strofe, anche con la propria vita, autoaccusandosi di “ogni volta
che era stato coerente”, ma il giornalista ventiseienne cantava spesso anche: “Non vi fermate,
dovete costruire la vostra torre di Babele, si deve fare e serve a dimostrare che l’uomo è superiore
ad ogni altro animale” di Bennato. Era una canzone che, negli anni Ottanta, non lasciava molto
spazio ai finti cantanti di "Amici", ma lasciava anch’essa il modo e il tempo di pensare, sebbene
standosene sotto la doccia o facendosi la barba.
Tanti i motivi per cui questo film importante merita di essere visto da molti, compresi coloro che
sono a favore della forza della pistola (le ronde, la polizia, i controlli, ecc.) o della macchina da
scrivere. Quest’ultima, un’arma ancora più potente, per niente a salve, se utilizzata al modo di un
giornalista coraggioso e coerente come Giancarlo Siani.
(Recensione di Giancarlo Visitilli, per “la Repubblica” del 29/03/09)
Chi era GIANCARLO SIANI ?
Nato a Napoli, il 19 settembre 1959 e morto a Napoli, il 23 settembre 1985, è stato un giornalista
italiano, assassinato dalla Camorra.
Nato in una famiglia della borghesia napoletana, del quartiere del Vomero, frequentò il Liceo
“Vico”, partecipando ai movimenti studenteschi del 1977. Iscrittosi all’Università, iniziò a
collaborare con alcuni periodici napoletani, mostrando particolare interesse per le problematiche
dell’emarginazione: proprio all'interno delle fasce sociali più disagiate si annidava, infatti, il
principale serbatoio di manovalanza della criminalità organizzata. Scrisse i suoi primi articoli per il
mensile dell'organizzazione sindacale CISL e poi iniziò la sua collaborazione come corrispondente
da Torre Annunziata per il quotidiano Il Mattino di Napoli. Da Torre Annunziata, si occupò
principalmente di cronaca nera e quindi di Camorra, studiando e analizzando i rapporti e le
gerarchie delle famiglie camorristiche che controllavano Torre Annunziata e dintorni. Fu in questo
periodo che iniziò anche a collaborare con il periodico l'Osservatorio sulla Camorra. Al Mattino
faceva riferimento alla redazione distaccata di Castellammare di Stabia. Pur lavorando come
corrispondente, il giornalista frequentava stabilmente la redazione del comune stabiese: il suo sogno
era strappare il contratto da praticante giornalista professionista per poi poter sostenere l'esame e
diventare giornalista professionista. Lavorando per Il Mattino, Siani riuscì ad andare sempre più in
profondità nella conoscenza della Camorra, dei boss locali e degli intrecci tra politica e Camorra,
scoprendo una serie di connivenze che si erano stabilmente create all'indomani del terremoto tra
esponenti politici e il boss locale, Valentino Gionta, che, da pescivendolo ambulante, aveva
costruito un business, partendo dal contrabbando di sigarette, per poi spostarsi al traffico di
stupefacenti, controllando l'intero mercato di droga nell'area torrese-stabiese.
Le vigorose denunce del giovane giornalista lo condussero ad essere regolarizzato nella posizione di
corrispondente. Le sue inchieste scavavano sempre più in profondità, tanto da arrivare a scoprire la
moneta con cui i boss mafiosi facevano affari. Siani, con un suo articolo, accusò il clan Nuvoletta,
alleato dei Corleonesi di Totò Riina, e il clan Bardellino, esponenti della “Nuova Famiglia”, di voler
spodestare e vendere alla polizia il boss Valentino Gionta, divenuto pericoloso, scomodo e
prepotente, per porre fine alla guerra tra famiglie. Ma le rivelazioni, ottenute da Giancarlo grazie ad
un suo amico carabiniere, e pubblicate il 10 giugno 1985, indussero la Camorra a sbarazzarsi di
questo scomodo giornalista.
Il giorno stesso in cui sarebbe morto, telefonò al suo ex-direttore dell'Osservatorio sulla Camorra,
Amato Lamberti, chiedendogli un incontro per parlargli di cose che “è meglio dire a voce”. Non si è
però mai saputo di cosa si trattasse e se Giancarlo avesse iniziato a temere per la sua incolumità. Lo
stesso Lamberti, nelle diverse escussioni testimoniali cui è stato sottoposto, ha fornito versioni
diverse della vicenda che non hanno mai chiarito quell'episodio.
Tuttavia, oggi sappiamo benissimo che, il 23 settembre 1985, quattro giorni dopo aver compiuto 26
anni, appena giunto sotto casa sua con la propria Mehari, Giancarlo Siani venne ucciso. Per chiarire
i motivi che hanno determinato la morte e identificare mandanti ed esecutori materiali sono stati
necessari 12 anni e 3 pentiti.
Il 15 aprile del 1997 la seconda sezione della corte d'assise di Napoli ha condannato all'ergastolo i
mandanti dell'omicidio (i fratelli Lorenzo, poi morto, e Angelo Nuvoletta, e Luigi Baccante detto
Maurizio) e i suoi esecutori materiali (Ciro Cappuccio e Armando Del Core). In quella stessa
condanna appare, come mandante, anche il boss Valentino Gionta. La sentenza è stata confermata
dalla Corte di Cassazione, che però dispose per Valentino Gionta il rinvio ad altra Corte di Assise di
Appello: si è svolto un secondo processo di appello che il 29 settembre del 2003 l'ha di nuovo
condannato all'ergastolo, mentre il giudizio definitivo della Cassazione lo ha definitivamente
scagionato per non aver commesso il fatto.
Il fratello di Siani, Paolo, unico rimasto in vita della famiglia Siani, ricorda il fratello come un
ragazzo carismatico, capace di grandi sacrifici, ma anche come una persona solare, pronta a dare
sostegno. In un’intervista egli afferma:
“Di noi due, insieme, conservo l’immagine di una giornata a Roma, a una marcia per la pace. Io col
gesso che gli dipingo in faccia il simbolo anarchico della libertà. E lui che mi sorride”.
Tributi a Giancarlo Siani
 Nel 2004 è uscito nelle sale cinematografiche il film E io ti seguo di Maurizio Fiume;
 Nello stesso anno è stato istituito il “Premio Giancarlo Siani” dedicato a giornalisti
impegnati sul fronte della cronaca;
 Dal giugno del 2008 un’aula della scuola di giornalismo dell'Università degli Studi “Suor
Orsola Benincasa” di Napoli è stata intitolata a Giancarlo Siani;
 A Giancarlo Siani sono state inoltre intitolate strade, tra cui una rampa nei pressi di piazza
Leonardo a Napoli, nelle vicinanze del luogo dove fu assassinato;
 Diverse scuole in Italia sono a lui intitolate: il centro polivalente per giovani a Castel San
Giorgio, l'ISIS di Casalnuovo di Napoli, l'ITC Giancarlo Siani di Napoli a Pietravalle ed il
Liceo Scientifico Statale di Aversa. Gli è stata inoltre intitolata l'Aula Magna del Liceo Vico
da lui frequentato.
IL REGISTA
Marco Risi, figlio del grande Dino, nasce a Milano il 4 giugno del 1951. Sceneggiatore e regista, si
fa le ossa con lo zio Nelo e Duccio Tessari, come assistente alla regia. In seguito firma la
sceneggiatura di Caro papà, nel 1979 e l’anno successivo di Sono fotogenico, entrambi diretti dal
padre. Il suo primo film dietro la macchina da presa è la commedia Vado a vivere da solo (1982),
seguono: Un ragazzo e una ragazza (1983) e Colpo di fulmine (1986). La svolta verso l’impegno
arriva nel 1987 con Soldati - 365 all’alba: Risi racconta, tra mille difficoltà sul set, la dura realtà del
“nonnismo”. Non meno duro è il tema di Mery per sempre (1989). Il successivo Ragazzo fuori del
1990 è una sorta di sequel di Mery per sempre, con lo stesso cast. La tragedia di Ustica del 1980 è
al centro della pellicola di Risi del 1991 Il muro di gomma. Nel 1992 ritorna alla commedia con Nel
continente nero, mentre è un episodio veramente accaduto in una cittadina del Lazio ad ispirare il
film Il branco, del 1994, che racconta uno stupro di gruppo. L’ultimo capodanno (1998), tratto da
un racconto di Niccolò Ammaniti. Segue il road movie tutto al femminile Tre mogli del 2001. La
vita del carismatico Diego Maradona, grande campione in campo ma uomo fragilissimo, è alla base
del film biografico Maradona, la mano de Dios (2007). Ultimamente Marco Risi ha interpretato suo
padre Dino in un cammeo sul set ricostruito del suo celeberrimo La moglie del prete, nella pellicola
diretta da Virzì La prima cosa bella (2010).
Curiosità
 Durante la lavorazione di Fortapasc, il papà di Marco, Dino Risi, muore. Per questo il film è
dedicato a lui;
 Nel 2009, nel giorno del 50º anniversario dalla nascita di Siani, Fortapàsc, all’Invisible Film
Festival di Cava de’ Tirreni vince i premi “Miglior Film”, “Miglior regia”, “Miglior attore
protagonista”, “Migliori attori non protagonisti” e “Migliore sceneggiatura”;
 L’auto Mehari di Giancarlo Siani sarà installata nella Rotonda della Legalità, in via Caldieri,
il 23 settembre 2013 a distanza di 28 anni dalla morte. L'installazione è alta 10 metri in
ricordo di quel 10 giugno 1985.
LEGGI
“Giancarlo Siani. Passione e morte di un giornalista scomodo” di Bruno De Stefano
“Scimmie” di Alessandro Gallo
“Gomorra” di Roberto Saviano
“La figlia del podestà” di Andrea Vitali
“Gesù è più forte della camorra. I miei sedici anni a Scampia, fra lotta e misericordia” di Aniello
Manganiello e Andrea Manzi
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“Certi bambini” dei fratelli Frazzi
“Galantuomini” di Edoardo Winspeare
“L’aria salata” di Alessandro Angelini
“In un altro paese” di Marco Turco
“La guerra di Mario” di Antonio Capuano
ASCOLTA
“Cronaca nera” di Baustelle
“La domenica delle salme” di Fabrizio De André
“Pablo” di Francesco De Gregori
“L’agguato” di Marlene Kuntz
“Il sangue di Giuda” di Afterhours
Cooperativa Sociale "I bambini di Truffaut"
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