Cassazione penale, sez. II, 13 maggio 2008, n. 22693 LA CORTE

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Cassazione penale, sez. II, 13 maggio 2008, n. 22693 LA CORTE
Cassazione penale, sez. II, 13 maggio 2008, n. 22693
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Antonio - Presidente
Dott. PAGANO Filiberto - Consigliere
Dott. GALLO Domenico - Consigliere
Dott. AMBROSIO Annamaria - Consigliere
Dott. MELIADO' Giuseppe - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) R.G. N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 07/03/2003 CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA Udienza la relazione fatta dal Consigliere
ANNAMARIA;
Dott. AMBROSIO
udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Antonio Gialanella che ha concluso per
l'inammissibilità del ricorso.
Fatto-Diritto
1.1. Con sentenza in data 6-4-2001 il Tribunale di Frosinone dichiarava R.G. responsabile del
reato di ricettazione ex art. 648 c.p. (per avere acquistato o comunque ricevuto da persone
ignote, n. 19 orologi di marchi famosi - Bulowa, Bretling, Rolex - di provenienza illecita, in
quanto totalmente contraffatti), condannandolo con la diminuente del rito alla pena di anni
uno e mesi sei di reclusione e L. 1.800.000 di multa; assolveva, invece, il medesimo imputato
dal reato di cui all'art. 474 c.p. di introduzione e commercio per la vendita dei medesimi
prodotti perchè il fatto non sussiste, non ritenendo acquisita la prova della vendita a terzi.
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Con sentenza in data 7-3-2003 la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza
del Tribunale, appellata dall'imputato, ritenuta l'ipotesi attenuata di cui al cpv. dell'art. 648
c.p., riduceva la pena inflitta a mesi sei di reclusione ed Euro 600,00 di multa.
In motivazione la Corte territoriale dichiarava infondato il motivo di appello, secondo cui non
sussistendo il reato presupposto di cui all'art. 474 c.p. per difetto di prova della registrazione
in Italia dei marchi esteri sopraindicati, non era configurabile la ricettazione, osservando che,
quando si tratta di marchi - come quelli in oggetto - di larghissimo uso e di incontestata
utilizzazione da parte di una determinata società produttrice, l'onere di provare l'insussistenza
dei presupposti per la sua protezione grava su chi tale insussistenza deduce.
1.2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione R. G. deducendo violazione
dell'art. 606 c.p.p., lett. B) ed e) in relazione agli artt. 473 e 474 c.p.. In particolare si rileva
che presupposto della tutela penale prevista dagli artt. 473 e 474 c.p. è la registrazione del
marchio e che grava sull'accusa l'onere della prova di tale presupposto. Nel caso di specie era,
dunque, l'accusa a dovere dimostrare che il bene oggetto del reato di ricettazione era
meritevole di tutela e, in difetto, il R. andava assolto con la formula il fatto non sussiste o non
costituisce reato. Si deduce, altresì, che il reato di cui all'art. 648 c.p. non può concorrere con
quello di cui all'art. 474 c.p..
2. IL ricorso è infondato. Invero - pur condividendosi la premessa di principio, secondo cui la
tutela accordata in tema di contraffazione di prodotti industriali è riservata esclusivamente ai
marchi registrati ai sensi delle vigenti disposizioni del codice civile e dei trattati
internazionali, stante la clausola, contenuta all'art. 473 c.p., comma 3, richiamata dal
successivo art. 474 c.p., che espressamente circoscrive l'applicabilità delle relative
incriminazioni ai soli marchi registrati - si osserva che, nel caso di specie, i Giudici del merito
hanno accertato che si trattava di marchi (quali Bulowa, Breitling e Rolex) di larghissimo uso
e di incontestata utilizzazione da parte delle relative società produttrici, di tal che era onere di
chi lo assumeva provare l'insussistenza della protezione del marchio.
Il Collegio - condividendo il precedente di questa sezione menzionato nella sentenza qui
impugnata (sentenza 17 ottobre 1995, n. 4265) - intende chiarire che non si tratta di esonerare
l'accusa dall'onere ad essa incombente di provare gli elementi costitutivi della fattispecie
penale, quanto, piuttosto, nel ritenere acquisita la prova della condizione di applicabilità della
norma incriminatrice, sulla base del notorio e della presunzione di corrispondenza alla
situazione di diritto della situazione di fatto, rappresentata dall'uso incontrastato ed esclusivo
del marchio da parte di determinate società.
Ne consegue che correttamente, nel caso all'esame, è stata ritenuta la responsabilità per il
reato di ricettazione, attesa la configurabilità del delitto presupposto, da individuarsi nell'art.
473 c.p.. E' stato, infatti, affermato dalle SS.UU., di questa Corte che il delitto di ricettazione
è configurabile anche nell'ipotesi di acquisto o ricezione, al fine di profitto, di cose con segni
contraffatti nella consapevolezza dell'avvenuta contraffazione, atteso che la cosa nella quale il
falso segno è impresso - e che con questo viene a costituire un'unica entità - è provento della
condotta delittuosa di falsificazione prevista e punita dall'art. 473 c.p. ( sentenza 9/05/2001, n.
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23427). E' appena il caso di aggiungere che nell'occasione le SS.UU. hanno avallato
l'indirizzo peraltro prevalente nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui il delitto di
ricettazione (art. 648 c.p.) e quello di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.)
possono concorrere, atteso che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il
profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità, e
che non risulta dal sistema una diversa volontà espressa o implicita del legislatore.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2008.
Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2008
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