Usa il pc dell`ufficio per visitare siti porno: licenziato!

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Usa il pc dell`ufficio per visitare siti porno: licenziato!
Il lavoro è legge
Rubrica a cura dell’Avvocato Francesco Rotondi founding partner dello
studio legale
– Failla Rotondi & Partners.
LABLAW
MARTEDÌ, 15 LUGLIO 2014
Usa il pc dell’ufficio per visitare siti porno:
licenziato!
Per la Cassazione commette un duplice reato il dipendente
pubblico che utilizza il PC per consultare siti pornografici.
Con la sentenza n. 27528 del 25.6.2014 la Corte di Cassazione ha ribadito un consolidato
orientamento in ordine alla natura plurioffensiva della condotta di un dipendente
pubblico che, durante l’orario di lavoro, abbia impropriamente utilizzato il pc in
dotazione sfruttando in maniera illecita la connessione internet.
In estrema sintesi, il caso di specie riguarda un dipendente pubblico il quale, durante
l’orario di lavoro ed approfittando dell’assenza dell’addetto all’ufficio, risultava aver
inopinatamente sfruttato il collegamento internet del pc aziendale per accedere a siti
pornografici, distogliendo, peraltro, tale apparecchiatura informatica dalla finalità cui era
preposta, ossia il monitoraggio, 24 ore su 24, dell’impianto pubblico di illuminazione
comunale.
Alla luce di tali condotte, sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello,
ritenevano il lavoratore colpevole del reato di appropriazione indebita ex art. 646 c.p.,
oltreché di quello di interruzione di pubblico servizio di cui all’art. 340 c.p. . Alle
medesime conclusioni è giunta, da ultimo, la Suprema Corte di Cassazione con la
sentenza in commento, avendo, per l’appunto, ritenuto che la condotta del lavoratore
imputato, il quale, “approfittando dell’assenza dell’addetto all’ufficio ed avendo la
disponibilità dei locali anche al termine delle attività di ufficio, invece di provvedere
unicamente alle pulizie avesse scelto di utilizzare il computer per visitare siti
pedopornografici”, integra entrambi i reati ascrittigli.
In particolare, con riferimento al reato di appropriazione indebita, i Giudici di legittimità
hanno ritenuto del tutto irrilevante quanto eccepito dall’imputato secondo cui “la parte
offesa non avrebbe avuto danni perché la Società aveva stipulato un contratto flat (…)
che comportava un unico e solo costo (periodico) per l’azienda”, dal momento che tale
reato trova fondamento “non nell’uso dell’apparecchio telefonico come oggetto fisico,
ma nell’appropriazione delle energie costituite da impulsi elettronici che erano entrate a
far parte del patrimonio della parte offesa”.
In secondo luogo, con la sentenza in oggetto la Suprema Corte ha altresì accertato la
commissione da parte del dipendente dell’ulteriore reato di interruzione di pubblico
servizio, dal momento che l’imputato, “distogliendo il computer dalla gestione
dell’impianto pubblico di illuminazione comunale per destinarlo all’accesso ai siti
pornografici, ha interrotto per la durata dei collegamenti illeciti, il servizio di
monitoraggio svolta nell’interesse pubblico, realizzando il reato contestato di cui
all’articolo 340 codice penale”.
In conclusione, la sentenza in esame, del tutto coerente con la consolidata giurisprudenza
intervenuta sul punto, sottolinea ancora una volta l’assoluta gravità della condotta del
dipendente che, durante l’orario di lavoro, abusi impropriamente del pc in sua dotazione,
offrendo evidenza, in particolare, dei rilevanti risvolti di natura penale associati a tale
condotta, nel caso di specie aggravati altresì dalla natura pubblica del rapporto
lavorativo.
di Avv. Francesco Rotondi