usa baseball magazine

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usa baseball magazine
USA
BASEBALL
MAGAZINE
KRIS
BRYANT
Un leone tenuto in gabbia.. ancora
per poco.
162 PARTITE
ASSIEME?
Si può fare!
STORIA
Cleveland
Indians e
Philadelphia
Phillies, la
loro storia riassunta per voi.
USA
BASEBALL
MAGAZINE
www.mlbitalia.eu
EDITORIALE
Ci siamo. La nostra attesa invernale è finita.
Possiamo cercare di passare il tempo guardando altri sport come il football, l’hockey, il
calcio, il rugby. Ma il nostro amore risboccia
ogni primavera, appena il baseball ritorna. Lo
spring training è il fidanzamento, ma l’amore
si corona con il matrimonio, ovvero la regular
season. Siete pronti? Noi si. Pronti e carichi
come non mai per offrirvi quello che nessun
altro mette sul piatto. E vi anticipo che quest’anno avremo nuove importanti, succose novità.
Ma veniamo a questo numero del magazine. Mi
sarebbe piaciuto inserire molti più contenuti in
INDICE:
questa edizione del nostro “giornalino” digi- Povero Joel
Pag. 4 tale, purtroppo per questioni personali legate
- Kershaw colpito da
al mio prossimo matrimonio (quello vero, non
una line drive, si
quello con il baseball, fatemi gli auguri) non
rialza e termina la
partita
Pag. 5 ho potuto integrare con degli ottimi articoli di
baseballontheroad.com. Vi prometto che cer- Gli Angels colpiscono
duro, Bauer subisce
cherò di impegnarmi di più.
quattro tripli in un inning
- Quindici “game 162”
in contemporanea? Si
può fare!
- Two weeks to go: si
infiamma lo spring
training
- Kris Bryant e quel
macigno pesante..
- Chi troppo vuole..
TJS per Brady Aiken
- Primi problemi in
casa White Sox
- Ersatz baseball: le
reazioni alla retrocessione in AAA di Kris
Bryant
- La storia dei Philadelphia Phillies
- La storia dei Cleveland Indians
Pag. 6
Pag. 7
Pag. 8
Pag. 10
Pag. 12
Pag. 13
Pag. 14
Pag. 17
Pag. 20
Ricordatevi. Un diamante è per sempre.
Cosa vi offre MLBITALIA.eu?
- Notizie, curiosità, rumors di mercato e tutto quello che riguarda
la Major League Baseball, e tutto il baseball americano in generale.
- Il blog Quartabase, una piccola finestra sulle curiosità del baseball, a cura di Manuel Mazzoni
- Approfondimenti storici, a cura di Michele Pepe
- Nel nome del gioco, l’irriverente podcast condotto da Pietro
Striano, con la collaborazione di Marco Barbanera.
- Tamburi di guerra, il podcast di Luca Giangrande dedicato ai
Cleveland Indians
- Pinstripe Tales, il nuovo podcast di Kevin Senatore con unico
soggetto la squadra più titolata della MLB, i New York Yankees
- Ascesa dei Vinti, blog senza peli sullo schermo a cura di Pietro
Striano
- But we had fun, blog con aneddoti storici a cura del trio Pepe Campanini - Striano
Povero Joel
Quanto è breve la gloria ter-
rena. Tanti uomini hanno compreso ciò troppo tardi e sono
entrati a far parte della categoria dei superbi. Tanti uomini
hanno riflettuto sul valore
dell’essere famosi, ma non
hanno trovato risposta. Altri,
invece, hanno vissuto sulla
propria pelle la sofferenza e la
fatica che a volte ci riserva la
nostra vita e quindi hanno capito che la fama non è niente in
confronto alla salute.
Lo sport insegna. In
particolare, il baseball è un
libro aperto, in cui sono scritte
miriadi di storie. Si parla di vittorie e sconfitte, di cadute e di
riprese. Ad ogni modo, soprattutto in questi anni in cui gli
infortuni invadono il mondo
del batti e corri a macchia
d’olio, la salute è l’elemento
fondamentale per la nostra esistenza.
Per questo motivo senza
un benessere fisico e mentale,
neanche un talento cristallino
può esprimere al meglio le sue
potenzialità.
Joel Hanrahan ha sempre avuto un buona reputazione come rilievo perché
disponeva di una fastball e di
una slider alquanto competitive. Selezionato dai Dodgers
nel 2000, Joel debutta con i
trasandati Nationals dei
primi anni del nuovo millennio e di conseguenza anche
le sue prestazioni non convincono. Poi Washington decise di cederlo a Pittsburgh e
la carriera spicca il volo definitivo. Dopo un 2010 ad alti
livelli, l’originario di Des
Moines assume il ruolo di
closer dal 2011 e per due stagioni consecutive chiude tra i
primi sei closers più concreti
della National League. Metterà a segno la bellezza di 76
saves in due stagioni, impressionando i più scettici
nella prima parte del 2012.
Chiaramente contribuirà al ritorno dei Pirates ai
play-off, ma con la crescita di
Jason Grilli al termine del
2013, i Bucs non ci pensano
due volte a cederlo ai Boston
Red Sox insieme al noto
uomo-versatile Brock Holt in
cambio di Mark Melancon e
Jerry Sands.
L’avvento alla Beantown non è dei più soddisfacenti. C’era tanta attesa per il
primo test come closer di
una squadra campione del
mondo. Da buon pirata il
prodotto di Norwall non si
adatta alle pressioni del Fen-
way Park e vive un momento di
declino che culmina con l’immancabile infortunio. Inizialmente era solo un innocente
fastidio al braccio, ma successivamente si capì che era molto
più serio l’acciacco.
Era l’inizio di un calvario che durerà fino all’anno
prossimo. Joel Hanrahan è infatti ancora ai box dopo la sua
seconda operazione al gomito.
Ovviamente si tratta della
Tommy John surgery.
La ricaduta è avvenuta
ad inizio marzo con la casacca
dei Detroit Tigers, disperatamente in cerca di closer affidabili. Il 2 di marzo Hanrahan
lascia il campo e, senza neanche iniziare, la stagione termina mestamente. I Tigers lo
hanno rilasciato da poco.
Non è il primo caso di
doppia (o tripla) operazione. Si
ricorda l’episodio riguardante
Jonny Venture, ora ai Rays,
quindi la riflessione sul tema
Tommy John surgery si arricchisce di un nuovo spunto.
Quanti altri talenti non
potranno esprimersi al meglio
nella loro carriera agonistica?
Anche colui che avrebbe dovuto essere il futuro prospetto
numero 1 del draft 2016, Cal
Quantrill, si è sottoposto al famigerato intervento. La risposta resta oscura, ma il tema si
prospetta molto accattivante e
potrebbe interessare anche
altre discipline, soprattutto
quelle in cui il problema fisico
è comune come il calcio o la
pallacanestro.
Intanto, i giocatori si
rendono conto di come, in un
momento, tutto il successo può
dissolversi e solo ciò che è veramente importante rimane intatto: altri valori che canno al
di là dello sport.
Kevin Senatore, 19/03/2015
Kershaw colpito
da line drive, si
rialza e termina
la partita
Attimi di paura a Mesa, Ari-
zona, quando nella parte bassa
del terzo inning l'MVP e Cy
Young award winner della National League 2014, Clayton
Kershaw, è stato colpito nella
parte sinistra del volto da una
battuta di Andy Parrino, battitore degli Oakland Athletics,
che aveva girato su un cambio
di velocità rompendo anche
parte della mazza.
Kershaw, che nella
parte alta del terzo aveva battuto un singolo contro Sonny
Gray, prima cade a terra e poi,
mentre la pallina viene raccolta
da Uribe che con un errore di
tiro regala la base a Parrino,
stordito si siede sulla terra
rossa. Sul monte arrivano subito Mattingly ed il dottor Stan
Conte, medico sociale dei
Dodgers, e Kershaw riesce ad
alzarsi ricevendo gli applausi
del pubblico.
Nulla di grave ma solamente tanta paura per il numero 22 che perde un dente
ma riesce ugualmente a portare a termine la sua partita
lanciando altre due riprese
prima subendo un singolo da
Craig Gentry e poi eliminando
gli ultimi sette battitori incontrati.
Il fenomenale partente
dei Dodgers ha continuato la
sua preparazione in vista dell'Opening Day lanciando 15 ulteriori lanci nella sessione di
bullpen: « Se fosse stato qualcosa di serio, non sarei rimasto
sul monte. Non ne vale la pena
in partite di spring training.
Nello stesso momento sono rimaste ancora poche partenze
da effettuare ed ho bisogno di
accrescere il mio pitch count »,
dice a Ken Gurnick di
MLB.com.
Luca Giangrande, 21/03/2015
Gli Angels colpiscono duro: Bauer subisce quattro tripli in un inning
Terzo inning da incubo per
Trevor Bauer, lanciatore partente dei Cleveland Indians,
che in un Goodyear Ballpark
gremito in ogni ordine di posto
ha subito quattro tripli contro i
Los Angeles Angels.
Dieci giorni prima, nella
sua seconda partita di spring
training contro i Chicago Cubs
(poi vinta dagli Indians per 106), la terza scelta assoluta del
draft 2011 ed ex stella della rotazione della UCLA fu colpito
da tre fuoricampo consecutivi
nel quarto inning battuti da
Jorge Soler, Javi Baez e Kris
Bryant. Bauer, successivamente, subì anche un singolo
da Wellington Castillo prima di
chiudere l'inning grazie a tre
flyball raccolte al volo dagli
esterni Raburn, Bourn e Tyler
Holt.
Nella partita di ieri, con
il punteggio sul 4-0 già dal secondo inning, a dare il via alla
danza dei tripli è stato Aybar
con una grounder tra prima
base e linea di foul con la pallina che si perdeva nell'esterno
destro. Successivamente è il
turno di C.J. Cron con una profonda flyball battuta lungo
l'esterno centro-sinistro che atterra sul muro posto a 380
piedi. Dopo l'eliminazione di
Iannetta (che porta tuttavia il
punto del 6-0), tocca a Giavotella battere il terzo triplo dell'inning ancora grazie ad una
flyball sui 380 piedi che atterra
qualche centimetro più a destra rispetto alla pallina battuta
da Cron. A completare l'opera
ci pensa dopo tre lanci Colling
Cowgill con una lunga flyball
battuta in profondo esterno
centro-destro. Quattro tripli in
un inning ed in cinque battitori
con Bauer, che nel precedente
inning aveva subito anche due
doppi ed un fuoricampo, colpito in ogni punto del campo.
Termina la sua partita
dopo aver aperto il quarto inning subendo un singolo da
Trout ma eliminando per strikeout Albert Pujols. A fine gara
ci scherzerà su: « Avete mai
visto qualcosa di simile? Non
ricordo di aver mai visto qualcosa del genere in ogni livello
del baseball. L'hoo chiesto a
qualcosa come cinque o sei
persone diverse nel dugout.
Potrebbe essere successo per la
prima volta in assoluto ».
L'incontro termina dopo
tre ore e mezza sul risultato di
11-5 per gli Angels e a fine gara
la linea di Bauer dirà: 3.1IP,
9H, 8R, 6ER, 0BB, 4K, HR, E
sabr
society for
american
baseball
research capitolo
italiano
Ricerca storica sulle origini
del gioco nel nostro paese,
raccolta dei dati relativi al
baseball giocato, agli interpreti che vi hanno preso
parte e l'analisi degli stessi.
In più, il Capitolo Italiano si
prefigge lo scopo di offrire
una vetrina privilegiata sul
lavoro svolto nel recente
passato da SABR sul baseLuca Giangrande, 21/03/2015. ball americano, raccolto in
pubblicazioni e libri che proveremo a tradurre per gli
appassionati italiani.
www.sabritaly.org
Quindici 'game 162' in contemporanea? Si può fare!
Per gli italiani è normale ve-
dere partite che cominciano
con lo stesso orario. Durante il
campionato di calcio più partite iniziano alle ore 15 della
domenica, mentre nella Legabasket gran parte delle “palle a
due” ha luogo alle ore 18:15
dello stesso giorno.
In virtù dell’enorme superficie degli States ed i suoi
cambi d’orario, tutti i campionati statunitensi scelgono l’orario più consono al luogo dove
si gioca il match. Il più utilizzato è quello delle 7 di sera. A
New York, a Los Angeles, a Colorado si inizia alle 19 locali.
Solo quando le partite sono
trasmesse dalle emittenti nazionali non si considerano più
di tanto gli orari locali, perchè
c’è una programmazione ben
strutturata che non può essere
cambiata. Pertanto alcuni Sunday Night trasmessi dalla
ESPN sono dei “Sunday evenings”. Un esempio lampante è
il confronto tra Giants e Dodgers. In questo modo si coinvolgono più spettatori nella
visione della partita, visto che
sono a casa.
Ecco, il suddetto cam-
biamento, soprannominato da
alcuni “synced” game 162, consiste proprio nell’attirare la
gente a vedere l’ultimo capitolo
della stagione regolare. Infatti,
la MLB ha deciso che, indipendentemente dall’ora locale,
tutte le partite numero 162
della regular season inizieranno alle 2:30-3 ET (orario di
New York, Washington DC e
Boston). Ciò significa che in
California il primo lancio avrà
luogo alle mezzogiorno.
Per gli spettatori potrebbe essere molto fastidioso.
Pensare che a Los Angeles si
sveglino alle 9 per vedere una
partita di baseball dopo il festoso sabato sera è un po’
strano. Oltretutto, se alcune
squadra sono fuori gara per i
play-off, i tifosi possono semplicemente ignorare l’ultima
partita, visto che non fa testo.
Entra in gioco, dunque,
“l’amore” per la squadra e per
il baseball. Svegliarsi presto
per vedere i propri giocatori è
segno di grande affezione alla
squadra e la società sarebbe sicuramente contenta se lo stadio fosse gremito anche in
queste occasioni.
D’altro canto, chi assiste alle
partite in East Coast deve pensare che ha poco tempo per
svolgere altre attività. Quando
finisce la partita saranno le sei
ed il tempo libero scarseggia.
Tuttavia, la partita sarebbe comunque molto più godibile ed emozionante
soprattutto se le squadre in
campo competono per i playoff, perchè si vengono a sapere
i risultati in tempo reale e si
vive la giornata con grande interesse. Il destino di una squadra, di una città è compattato
in un solo, intenso pomeriggio.
Se dal punto di vista del
pubblico quest’idea sembra
avere qualche svantaggio tempistico, lo spettacolo non mancherebbe di sicuro, perchè
avremmo confronti di alto livello simultaneamente. Ad
esempio, potremmo avere una
sfida Price-Sale e KershawShields alla stessa ora. Soprattutto va rimarcato che alcuni
risultati non saranno influenzati dai parziali degli altri
match. Se una squadra è in
vantaggio di una partita nella
classifica della Wild Card e sa
già il risultato finale della diretta inseguitrice o vede che
sono in svantaggio, la partita
non avrebbe più un valore agonistico degno di un match decisivo per un posto ai play-off.
L’anno scorso, il discorso riguardò la AL Central, in particolare i Kansas City Royals ed i
Detroit Tigers. Quando i futuri
vice-campioni del mondo seppero del successo dei Tigers e
del conseguimento del titolo
divisionale, i Royals hanno abbassato il ritmo, messo le seconde linee e si sono
concentrate sulla Wild Card
Game. Anche la vittoria degli
Athletics sancì la definitiva eliminazione dei Mariners. Perciò
i ragazzi capitanati da Felix
Hernandez non si sforzarono
più di tanto a vincere l’ultimo
match stagionale. Le condizioni, però, sarebbero diverse
tra una costa e l’altra. Nella
costa orientale la partita termina con il tramonto, pertanto
le ombre potrebbero disturbare
i battitori nel corso di tutto il
match, mentre nella costa occidentale il sole splenderà tutta
la partita, ma anche in quel
caso le ombre potrebbero giocare un brutto scherzo verso le
ultime riprese.
Ad ogni modo, l’intento
della Major League Baseball è
quello di rendere il più avvincente possibile l’ultimo giorno
di stagione regolare. La reazione degli addetti ai laovri è
assai positiva. L’esterno dei
Dodgers Andre Ethier crede
che le partite di quella giornata
saranno più interessanti, mentre alcuni esperti hanno defi-
nito questa soluzione come una
mossa geniale. Insomma, il riformatore Rob Manfred vuole
divertirsi a fare zapping. Non
vuole perdersi le sfide fra i titani del monte. Vuole gustarsi i
primi assaggi di Postseason.
Buongustaio. Come risulterà
questa mossa? Non lo sappiamo, ma l’esperienza del calcio (vi ricordate il Manchester
City quando vinse il campionato?) e del torneo di NCAA
americano ci fa pensare che le
prossime “Game 162” saranno
ancora più emozionanti. Forse
non ci sarà bisogno di no-hitters come quelle di Jordan
Zimmerman ed Henderson Alvarez per sconvolgere la giornata. Ciò che non mancherà
sarà lo “scoreboard watching”,
la tensione, il tripudio
e...”Tutto il baseball lancio per
lancio”! L’appuntamento è al 4
ottobre 2015 (giorno di San
Francesco, un presagio?).
Kevin Senatore, 22/03/2015
Two weeks to go:
SI infiamma LO
SPRING TRAINING
La domenica appena trascorsa
segna l’inizio degli ultimi
quindi ci giorni prima di Opening Day. Le rose iniziano a
sfoltirsi e pian piano si ha
l’idea di come sis chiereranno
le trenta squadre della MLB
nella giornata inaugurale della
campagna 2015.
Intanto, primi squarci di
Spring Training giungono dalla
Florida e dalla Arizona. Tra
giocate particolari e gustosi
aperitivi pre-stagionali, gli highlights della domenica 22
marzo sono numerosi e vlae la
pena citare alcuni fatti:
1) Anteprima Subway Series: Mets battono Yankees 6-0
Il sole splende sul
monte di lancio e sorride all'asso dei Mets Matt Harvey. Il
partente dell’All-Star Game
2013 sembra sempre più
pronto per l’inizio della stagione e lo dimostra con una
prestazione eccellente da 5.2
innings in cui subisce due valide e zero punti. Per il 25enne
(compirà gli anni prossima settimana) il biglietto da visita
primaverile è di 14.2 innings
con ERA di 1.26. Sensazionale.
Il prossimo passo per il manager Terry Collins consiste nell’aumentare il conto dei lanci
del suo lanciatore numero 1.
Non sorridono i Bronx Bombers, poichè CC Sabathia si fa
trafiggere da ben tre fuoricampo e l’attacco rimane anonimo tutto il match. Per il
partente mancino, il quale si è
presentato con una velocità
della fastball leggermente migliore rispetto all’anno scorso,
fatali sono stati i colpi di Lagares, Wright e Duda. Il primo
home run è avvenuto, comunque, in circostanze particolari.
2) Inside the park home
run
Domenica 22 marzo ha
visto ben due fuoricampo occorsi all’interno del diamante:
Juan Lagares ha messo a segno
il primo, sfruttando la collisione col muro dell’esterno
centro yankee Jose Pirela, il
quale è stato dimesso dall’ospedale con una commozione cerebrale dopo la botta.
L’altro è avvenuto a casa dei
Boston Red Sox ed ha visto
protagonista la shining star
della Spring Training, insieme
a Kris Bryant, Mookie Betts.
L’esterno è destinato a far parlare di sè quest’anno, soprattutto se continuerà a
mantenere numeri come la
media battuta di .471 (impossibile da mantenere, sia chiaro).
3) World Series retro:
James Shields invulnerabile, Bumgarner quasi
Cinque mesi dopo la
Fall Classic e dopo un confronto diretto in questo mese,
appaiono in contemporanea
anche James Shields e Madison Bumgarner, assi delle rispettive finaliste delle World
Series l’anno scorso. Il nuovo
lanciatore dei Padres lancia
cinque riprese e non subisce alcuna valida, salvo poi concedere due basi ball agli
avversari. La sua lotta contro il
partente dei Cubs Jason Hammel, anche lui ottimo, termina
in “pareggio” in quanto l partita sarà decisa nel sesto inning
quando Tommy Medica spedirà una palla oltre le recinzioni, dando il colpo decisivo al
match vinto da San Diego per 6
a 1. Madison Bumgarner, invece, si comporta bene contro
il super-lineup degli Angels,
subendo solo una valida. Suo
malgrado, l’unica valida è un
fuoricampo di Albert Pujols su
un cambio poco efficace. MadBum eliminerà gli ultimi 16
battitori della sua partita chiudendo la sua domenica con sei
riprese. Per la cronaca, gli
Halos si sono aggiudicati il
confronto per 3 a 2.
4) Torna Miggy, V-Mart in
rampa di lancio
È stato anche il giorno
del ritorno di Miguel Cabrera.
Dopo i trattamenti al piede destro ed alla caviglia, il prima
base venezuelano torna con
una valida su tre apparizioni al
piatto. Sia lo stesso Cabrera sia
il manager dei Tigers Brad Ausmus sono ottimisti riguardo il
debutto ad Opening Day.
Pronto a tornare anche Victor
Martinez, il quale sembra
abbia recuperato l’infortunio di
inizio anno solare 2015.
5) Niente Ryu per i Dodgers
Non solo buone notizie nel clan
dei Dodgers dopo un altro fuoricampo di Yasiel Puig. Infatti,
la franchigia di Los Angeles ha
annunciato che il partente coreano Ryu Hyun-Jin non sarà
della partita ad Opening Day.
Un altro infortunio per il numero 3 Dodgers, i quali potranno comunque utilizzare
quattro uomini in rotazione
fino a metà aprile.
Nei prossimi quindici
giorni ci sarà altra carne al
fuoco. Non mancheranno approfondimenti su Kris Bryant e
le altre tappe d’avvicinamento
a Opening Day.
BASEBALLMANIA
La Gazzetta del Baseball e del Softball.
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- Division de Honor
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Kris Bryant e quel macigno pesante...
OPS).
Rispetto ad altri talenti
emersi prima come Evan Longoria e Buster Posey, il 23enne
di Las Vegas fioriscepiù tardi.
Nel corso della Spring Training
di quest’anno ha battuto nove
fuoricampo (leader per dispersione in questa categoria).
Appena appare il cognome
Bryant nel mondo dello sport
le luci dei riflettori si accendono. Kobe Bryant ha entusiasmato per anni la NBA con il
suo inconfutabile carattere da
leone che a tratti è diventato
quasi invadente. I suoi successi
con i Los Angeles Lakers lo
hanno reso una celebrità sia
sul parquet sia in tutte le
strade d’America e del mondo.
Oramai Kobe è divenuto un
modello per migliaia di aspiranti cestisti.
Mentre la parabola di
Kobe Bryant sembra abbia
preso una traiettoria irrimediabilmente discendente, è
esploso un nuovo fenomeno
dal cognome Bryant. Per la delusione dei fanatici della pallacanestro non è nè il nuovo
Magic Jackson nè l’erede di
Kobe e non vive nemmeno a
Los Angeles. Per sua fortuna, il
nostro “Gastone” gioca a baseball.
Il fortunato si chiama
KRIS Bryant. Ha 23 anni ed è
figlio di un ex giocatore di
minor league per i Boston Red
Sox. Era già stato reclutato dai
Toronto Blue Jays nel 2010,
ma rifiutò l’offerta e con un
epilogo tipico di “Affari Tuoi” è
stato selezionato nel 2013 dai
Chicago Cubs, realtà con un digiuno ancor più lungo di quella
canadese. Il prodotto dell’università di San Diego è stato
presentato come potenziale
trascinatore di una squadra e,
quando gli Astros optarono per
Mark Appel come prima selezione, i Cubs non hanno esitato
un secondo. Non potevano lasciarsi scappare via un giocatore che in futuro avrebbe
potuto riportare a Wrigley
Field il tanto agognato anello,
disperse come le rovine di
Pompei ed Ercolano a suo
tempo.
Dunque, Bryant giunge
in un ambiente ancor più affamato della calda LA. Insomma,
anche lui è destinato ad una
carriera di pressioni. Con gli
occhi indiscreti degli osservatori della MLB a spiarlo tra
Tennessee ed Iowa, il 2014 del
terza base è il miglior battitore
dei Minors in termini di potenza e basi guadagnate (leader
con 43 HR, .661 SLG, 1.098
Tuttavia, non solo le sue prestazioni interessano gli addetti
ai lavori bensì anche il battibecco tra il suo agente, il market-maniac Scott Boras, e la
franchigia dei Cubs, con l’ex
GM dei Red Sox Theo Epstein
in primis, sul suo conto. Chicago, i tifosi e tutta la platea
della MLB sono curiosi di vedere il ragazzo in azione, perchè contribuirebbe a
migliorare lo spettacolo e ad
attirare più persone nella storica (e sciagurata) North Side
di Chicago. I Cubs non avrebbero nulla in contrario, anzi sarebbero propensi a schierare
Kris Bryant sin da Opening
Day, ma c’è una questione per
il futuro che li affligge: seinserissero Bryant nel 25-man roster di inizio stagione, Bryant
diventerebbe free agent dopo
la stagione 2020. Nel caso che
la dirigenza di Chicago decidesse di mandare la bright star
ai Minors per un paio di settimane, la permanenza nella
Windy City si allungherebbe di
un anno.
Questo è dovuto ad una
regola risalente al 1946 che si è
rivelata estremamente importante per i giovani giocatori
dopo l’introduzione dello stipendio deciso dall’arbitrato
(salary arbitration). Questo discorso complicato riguarda il
service time (tempo in servizio
nel roster, compreso quando si
è infortunati) e la free agency.
Per diventare free
agents (svincolati) bisogna
avere un service time di sei
anni. Ogni anno di service time
corrisponde a 172 giorni di
presenza nel roster. Dato che la
stagione dura più o meno 183
giorni, i Cubs vorrebbero evitare di far spendere il primo
anno a Bryant come prospetto
numero 1 della lega nel 2015 e
preferirebbero spedirlo nuovamente in Iowa i giorni necessari per mantenerlo un anno di
più, quando in effetti sarà in
his primes, quindi ancora più
maturo. Sarà 29enne nel 2021.
Questa mossa a dir poco
acrobatica voluta da Theo Epstein ed il GM Jed Hoyer e soci
non è piaciuta per niente a
Scott Boras, il quale accusa
l’organizzazione dei Cubs, in
carestia da 106 anni, di non
avere la stoffa per vincere.
L’agente di Max Scherzer, nonchè di altri giocatori conosciuti
nel panorama MLB, ritiene che
il suo mandante sia pronto per
giocare nei Majors e solo una
squadra che non vuole vincere
sceglie di percorrere quella
strada. Anche Bryce Harper si
è espresso contro questa decisione che, va detto, non è ancora ufficiale.
In pochi hanno notato
che tante squadre hanno attuato questa scelta, soprattutto
chi assegna enorme importanza ai talenti provenienti dal
proprio vivaio. Già in passato,
nel 1988, i Cubs furono protagonisti di una mossa discutibile, quando scelsero il
derelitto Leon Durham a dispetto di Mark Grace, rookie in
grande forma nella pre-season.
Dopo la bellezza di 17 giorni
Durham fu ceduto ed i Cubs
furono accusati di aver rinviato
di un anno l’eleggibilità all’ar-
bitrato di Grace.
Più recentemente, i
Tampa Bay Rays con Andrew
Friedman e, casualmente, Joe
Maddon a suo tempo al comando delle operazioni, “risparmiarono” Evan Longoria e
David Price, promuovendoli
più tardi nonostante fossero
considerati dalla maggior parte
degli scouts pronti per la promozione. Anche gli Astros con
George Springer e Jon Singleton hanno seguito il medesimo
contorto ragionamento. Ciò dimostra che questo caso è stato
enfatizzato, perchè riguarda un
giocatore dotato di talento immenso.
Ci sono anche esempi
contrari, che proprio Boras citerà, come Troy Tulowitzki e
Jose Fernandez che hanno
avuto un ottimo impatto nelle
loro prime apparizioni. Come
si può sapere se Bryant inciderà subito positivamente sul
rendimento offensivo e soprattutto difensivo (la più grande
preoccupazione di Epstein) dei
Cubs?
Spring Training dà un
riferimento comunque incerto,
perchè le partite di MLB sono
un altro discorso in termini di
lanciatori, cornice di pubblico,
dimensioni dello stadio e tensione. Inoltre, Theo Epstein ha
paura di mandare Bryant allo
sbaraglio in terza base, ruolo
tradizionalmente complicato
da gestire. Infatti, l’ex giocatore dei San Diego Toreros
(college) sta lavorando intensamente proprio su questo
aspetto.
È esattamente questo
suo impegno che da una parte
convince molti che l’originario
della Nevada ha la mentalità
vincente e dall’altra dimostra
che ci sono alcune lacune da
colmare. Il suo obiettivo è
chiaro: “voglio raggiungere il
livello della Major League il
prima possibile”.
Eppure, i Cubs potrebbero preferirgli i tappabuchi
Tommy LaStella e Mike Olt per
Opening Day. Come potrebbe
reagire Kris ad una premeditata bocciatura?
I Cubs mancherebbero di rispetto a Bryant, anche perchè
in un sistema meritocratico un
giocatore con quel trend non
può essere declassato senza
spiegazioni. Ecco perchè potrebbe ricorrere al comitato dei
giocatori che, nella storia, ha
sempre sostenuto i giocatori
nei momenti in cui le organizzazioni avessero violato principi fondamentali come il
rispetto. Il presidente Tony
Clark si è espresso a riguardo,
ma non ha una posizione così
estrema: “Crediamo che sia
negli interessi di tutti avere
sempre in campo i migliori giocatori. Auspichiamo che tutti
facciano ciò che è il bene del
nostro gioco”. Alcuni fonti vicine alla MLBPA avrebbero
proposto a Clark un risarcimento da parte dei Cubs a
Bryant. Tuttavia, una lotta giudiziaria durante la stagione
non farebbe di certo bene al
giocatore perciò il desiderio di
affari di Boras e l’eccitazione
del pubblico per l’arrivo di
questo nuovo talento dovranno
essere contenuti.
Ciò che in molti hanno
dimenticato è che Kris Bryant
potrebbe anche ricevere una
sorta di risarcimento grazie
proprio al sistema: è il SuperTwo, che, attraverso cavilli
spiegabili in altra sede, permette al giocatore di ricevere
per quattro anni il salario
dall’arbitrato e non per tre
anni come è di norma. Forse
non è una compensazione sufficiente per chi vorrebbe
Bryant sul mercato il più presto possibile, ma i Cubs, pur di
vincere, sarebbero pronti a pagare un anno di stipendio in
più.
In generale, è difficile
pensare che i Cubs possano
vincere quest’anno, perchè la
conorrenza è feroce. Tantomeno lo potranno fare solamente grazie al supporto di
Kris Bryant. Un ragazzo vive
un processo di maturazione nei
Majors che non gli consente di
essere performante dal primo
at-bat. Va ricordato che un
certo Mike Trout è partito con
una media di .220. A buon intenditor...
Ad ogni modo, i Cubs di
Joe Maddon ambiscono sicuramente ad un alloro in futuro.
Non solo con Bryant, ma anche
con Javier Baez, Jorge Soler,
Arizmendy Alcantara, Junior
Lake, Addison Russell, Jon Lester ed Anthony Rizzo, la compagine di Chicago può
dominare la scena nei prossimi
anni. Il problema è che tanti
avvenimenti possono ostacolare la consacrazione di questa
rosa. Alla fine, però, è proprio
chi supera tutte le difficoltà ad
uscire vincitore, quindi i Cubs
dovranno abituarsi anche a
scrollarsi di dosso le loro sfortune o presunte tali.
Sarà uno sforzo di squadra, ma non c’è dubbio che
Kris Bryant avrà un ruolo fondamentale. È nato ocme trascinatore e si caricherà il peso
dell’attacco sulle spalle. Dovrebbe essere nel suo DNA. Il
suo cognome è la prova schiacciante.
Chi troppo vuole...Tommy John
surgery per Brady Aiken
A volte la giustizia divina esi-
ste. L'ingordigia, l'avarizia non
sono mai stati considerati
come delle caratteristiche positive, anche se ci sarebbe bisogno di sfacciataggine in certe
situazioni. Il draft dell'anno
scorso ci ha lasciato una telenovela esilarante che ha visto
coinvolti gli Houston Astros ed
il primo giocatore selezionato
Brady Aiken.
Il prodotto della UCLA è
stato scelto dagli Astros all'ora
del Amateur Draft in giugno e
mancava solo la firma per vedere il suo potente braccio
mancino sul monte delle squadre affiliate agli 'Stros. La
firma non è mai arrivata.
Infatti, dopo le ultime
visite mediche, solitamente di
routine, i medici hanno visto
un'anomalia nel suo legamento
del gomito sinistro. Se c'è una
parte del corpo che non deve
essere danneggiata, quello è il
cosiddetto UCL, perchè è il legamento soggetto alla Tommy
John surgery. Allora la dirigenza del Texas decise di abbassare l'offerta per evitare il
rischio di pagare in modo esagerato un giocatore a rischio
TJS. Aiken non accettò l’offerta
di quasi quattro milioni. Il Il
Kevin Senatore, 25/03/2015 termine era passato. Per il diciottenne, i Majors dovevano
aspettare.
Il motivo per cui Aiken
rifiutò le offerte è ancora
ignoto, ma dopo questa querelle non ha più lanciato fino
alla settimana scorsa. Il 19
marzo decide di mostrare le
sue qualità da lanciatore laureato nella IMG Academy a
Bradenton, Florida. Lancerà 13
(casualmente) volte e successivamente abbandonerà il campo
per motivi oscuri. Il problema
è venuto alla luce solamente alcuni giorni dopo.
Era ora di sottoporsi
alla Tommy John surgery.
L'annuncio è giunto sul sito
playerstribune.com. Nelle ultime ore, Aiken è stato operato
dal dottore newyorkese
Dr.David Altcheck e sta per iniziare una lunga riabilitazione.
Si è appena iscritto ad una
scuola quadriennale, quindi è
probabile che non lo rivedremo
fino al 2018. Avrà ancora 21
anni comunque e pertanto la
carriera è lungi dall'essere
compromessa.
Tuttavia, la strada verso
i Majors ha preso una deviazione improvvisa. Ci sarà una
via d'uscita? Forse il destino ha
insegnato qualcosa al divo
Brady Aiken. Accontentati di
quello che hai, perchè chi
troppo vuole nulla stringe.
Kevin Senatore, 27/03/2015
Primi problemi in
casa White Sox
I Chicago White Sox sono stati
protagonisti di una off-season
brillante e ricca di mosse coinvolgenti. La rotazione con
Chris Sale, Jeff Samardzija e
John Danks è una componente
di tutto rispetto ed anche l’attacco privo di Paul Konerko
può contare su Jose Abreu e
del neo-arrivato Melky Cabrera
per puntare in alto.
Tuttavia, Spring Training sta
ponendo qualche ostacolo al
percorso dei Southsiders.
Il bullpen, punto debole principale dell’anno passato, ha fornito prestazioni inquietanti in
questo mese di marzo. David
Robertson, acquistato quest’inverno per assumere il ruolo di
closer, si presenterà ad Opening Day con un ERA di 7.71 e
con un braccio convalescente.
Ancora più incerta la situazione del setup man Jake Pe-
tricka. Il 26enne non ha svolto
alcuna attività fino a questo
weekend edaprirà la stagione
2015 con poco allenamento.
Per non parlare dei middle relievers come Maikel Cleto e
Matt Albers, che insieme
hanno concesso otto punti nel
match di sabato. In particolare
Cleto ha numeri terrorizzanti,
visto che il suo ERA è di 11.74
sinora. I rilievi sono in seria
difficoltà, ma Robin Ventura
non si preoccupa: “vedremo
come torneranno David Robertson e Jake Petricka. Comunque troveremo un giocaotre
che occuperà i loro ruoli”.
Va aggiunto che i White Sox
inizieranno la stagione con
Chris Sale nella disabled list.
Per questo motivo alcuni voci
di corridoio parlano di un debutto del super-prospetto Carlos Rodon con la maglia dei
White Sox. Il suo ERA di 3.65
durante Spring Training può
tentare la dirigenza capeggiata
dal GM Rick Hahn, però bisognerà prim aliquidare il caso
Hector Noesi, poichè il suo rilascio comporterebbe una perdita di un partente.
Non è ancora chiaro se è
possibile utilizzare il bullpen
come un punto di transito
verso il massimo livello per il
terzo giocatore selezionato del
draft 2014.
L’ottimismo a Chicago non
manca. I White Sox sanno di
poter competere contro le migliori della AL Central. Ad ogni
modo, il bullpen deve cambiare
marcia rispetto all’anno scorso,
altrimenti vincere le partite
sarà molto più complicato.
Non si può chiedere sempre un
complete game a Sale...
Kevin Senatore, 29/03/2015
‘Ersatz baseball’: le reazioni alla retrocessione in AAA
di Kris Bryant
30 marzo 2015: Kris Bryant è
trasferito al Minors camp.
Sembra uno di quegli avvenimenti normali che fanno parte
degli ultimi giorni di Spring
Training. È l’annuncio che un
giocatore non vorrebbe mai vedere, ma è abituato a leggere in
un mondo selettivo come
quello della MLB. Ciò che fa
scalpore di questo trasferimento è il nome dell’individuo
e le sue cifre in questo mese di
marzo, perchè nessuno ha gridato allo scandalo per il trasferimento di altre due promesse
del baseball di Chicago, Javier
Baez ed Addison Russell. È
Kris Bryant, ormai destinato a
ricevere il poco ambito premio
morale di MVP della Spring
Training, il soggetto della baraonda che si è scatenata nelle
ultime ore nel mondo del baseball americano.
I Chicago Cubs hanno
deciso di mandare la loro rising star a completare la sua
crescita in Iowa, dove resterà
per circa due settimane. Theo
Epstein, president of baseball
operations della franchigia, è
convinto che il terza base non
sia pronto in difesa ed ha preferito propinargli un periodo di
“apprendistato” con una finestra verso i Majors.
La mossa è probabilmente legata al contratto di
Bryant, perchè con dodici
giorni in meno di service time
(numero di giorni nella rosa
dei 25) il 23enne rimarrebbe
sette anni a Chicago e non sei
prima di diventare free agent.
Per questo motivo l’agente
Scott Boras si è scagliato contro la dirigenza dei Cubs di recente, reputandola non
desiderosa di vincere.
Ovviamente dopo questa
che indurrà Joe Maddon ad
utilizzare Mike Olt in terza
base, le reazioni non si sono
fatte attendere. Prendiamone
in esame alcune:
La MLBPA, ovvero l’associazione dei giocatori della
MLB, ha rilasciato una dichiarazione in cui esprime la sua
delusione (“a bad day for baseball”) per una decisione che è
da considerare una sorta di negoziazione al limite del lecito.
La Players’ Association potrebbe infatti avere in mente di
fare causa ai Cubs, ma bisognerà attendere sviluppi sulla
vicenda, poichè il processo sarebbe assai lungo ed anche
perchè Tony Clark non si è mostrato così perentorio a riguardo come i suoi
predecessori al comando dell’associazione e quindi potrebbe risparmiarsi una
procedura che creerebbe un
altro precedente tra i Cubs e la
MLBPA dopo quello del 1988.
Molto più categorico è
Scott Boras una MLB senza
Kris Bryant, ergo senza i migliori giocatori, non è da considerarsi MLB. L’agente del suo
mandante definisce la lega “Ersatz Baseball”. Proprio in questa affermazione si sono
incuriositi un po’ tutti gli ad-
detti ai lavori, perchè la parola
"ersatz" è tutt’altro che frequente nel linguaggio parlato.
Alcuni giornalisti si sono dilettati a cercare il termine nel vocabolario per chiarirlo a coloro
che non conoscono questo tipo
di lessico a dir poco aulico.
@Ken_Rosenthal
Better definition! RT
@Jc_1978: er·satz adj (of a
product) made or used as a
substitute, typically an inferior one, for something else.
Insomma, da buon avvocato Boras ha utilizzato una
parola da "Azzeccagarbugli"
per dire che la MLB sarebbe un
prodotto di qualità inferiore
senza Kris Bryant in campo.
Al di là della bizzarra dichiarazione di Boras, ormai
sempre più mattatore di questo
delirio del regolamento, c’è chi
parla di mossa evitabile, perchè, per quello che ha dimostrato sul campo il terzo
giocatore selezionato nel draft
2013 merita di essere con la
prima squadra, mentre Andrew Miller, rilievo degli Yankees, considera questa scelta
una “parte del gioco”. Sulle reti
sociali si trovano uno svariato
numero di opinioni sia a favore
sia contrarie alla retrocessione
di Kris Bryant. Comunque, in
molti sottolineano il bisogno di
migliorare il sistema e di evitare questi tipi di cavilli che
danneggiano il giocatore ed in
un certo senso anche la squadra, dato che i Cubs potrebbero
fare a meno di un giocatore potenzialmente titolare per le
prime due settimane.
@JeffPassan
Make no mistake: The Cubs
did the right thing in sending
Kris Bryant to AAA -- under
the terms of the CBA. And that
is a vital caveat.
@AaronGleeman
Cubs are basically trading 15
games of Kris Bryant in 2015
for 162 games of Kris Bryant
in 2021. Dumb system, but
they're using it smartly.
Il fenomeno Bryant è discusso ovunque e questo caso
dovrebbe indurre il commissioner Rob Manfred a mettere
una pezza, magari cambiando
il sistema. Da quello che trapela dagli States, Bryant ha accettato la decisione ed è pronto
a lavorare in triplo A nell’attesa
che il momento della tanto
agognata chiamata arrivi. La
sua prima possibilità di scacciare tutta questa polvere sul
suo conto e di mangiare il suo
pane quotidiano: prendere la
mazza e battere.
Kevin Senatore, 30/03/2015
I Podcast di MLB Italia:
- Nel nome del gioco, il podcast per eccellenza di MLB Italia. Da una idea di Pietro
Striano, con la collaborazione di Marco Barbanera.
- Tamburi di Guerra, a cura di Luca Giangrande, completamente dedicata ai Cleveland Indians.
-Halos Heaven, per gli appassionati dei Los Angeles Angels of Anaheim, con la voce
di Marco Campanini
- Pinstripe Tales, il nuovo nato in casa MLB Italia, condotto da Kevin Senatore, interamente dedicato alla squadra più titolata della MLB, i New York Yankees.
speciale: la storia del baseball
a cura di Michele Pepe
Philadelphia Phillies: la storia in breve.
Nel momento in cui Tug
McGraw(nella foto) eliminò al
piatto Willie Wilson, esterno
sinistro dei Royals, alle undici
di sera del 21 ottobre 1980
chiudendo così a favore dei
Phillies gara 6 della World Series di quell'anno (la gara
quindi che portò in dote alla
franchigia della Pennsylvania
l'anello ed il titolo di Campione
del Mondo) aveva fine il digiuno più lungo della storia del
baseball professionistico americano: dall'istituzione delle
World Series infatti (1903) i
Phillies furono l'ultima delle
sedici squadre fondatrici a vincere l'anello, dopo 77 anni!
Ma i Phillies non sono nati con
le World Series; la fondazione
della squadra e la sua adesione
alla National League è datata
1883, quando la “Old League”
si vide costretta a sostituire le
squadre che avevano deciso di
fuoriuscire dalla Lega per fondarne una nuova, la American
Association. La circostanza fa
dei Phillies la squadra dal binomio “città-nome” più antico
nell'intero panorama Major (i
Cubs, i Braves ed i Reds sono
più antichi, ma i primi hanno
cambiato nome, i secondi
nome e città, i terzi il nome e la
Lega) e, ma questo non ditelo
ai loro tifosi, gli assegna il poco
invidiabile record di franchigia
con più sconfitte della storia
(sono 10.551 prima dell'inizio
della stagione 2015!); non potrebbe essere altrimenti, visto
che la squadra è stata per lunghi periodi il fanalino di coda
della National League, schiacciata sia dalla fondamentale
mediocrità del roster che i proprietari, di volta in volta,
hanno messo a disposizione
dei 52 Manager che si sono
avvicendati alla guida della
squadra, che della formidabile
concorrenza rappresentata nei
primi anni cinquanta del ventesimo secolo dalla presenza in
città di una seconda squadra,
gli Athletics (in grado di vincere 9 Pennant American nei
primi 30 anni di storia Major):
che piaccia o no sentirlo dire
Philadelphia ha sempre amato
il baseball in maniera “ordinata”, anche ai tempi di Connie
Mack e degli A's praticamente
imbattibili (1909-1914, 1928 –
1931), e non ha mai garantito
(a tutto tondo) il sostegno necessario per due squadre contemporaneamente. Non è un
caso, quindi, che il rendimento
dei Phillies abbia seguito un
crescendo costante proprio a
partire dal trasferimento degli
A's ad Ovest: dal 1901 al 1954
infatti la percentuale
vinte/perse era pari ad un mediocre 0,433, mentre se si considera l'intervallo temporale
dal 1955 al 2014, la percentuale
sfiora la parità (0,495) e, soprattutto, sono arrivati 5 Pennant National (1980, 1983,
1993, 2008, 2009) e due anelli
(1980, 2008) a fronte dei due
(1915, 1950) conquistati
quando “gli altri” erano ancora
in città.
Se poi si aggiunge che il
Pennant 1915 fu conquistato in
un anno in cui c'erano tre leghe
Major presenti (la Federal League si aggiungeva alla National
ed alla American) con un livello medio dei roster che registrò un abbassamento
generalizzato in virtù della
concorrenza della terza Lega, e
che in quelle due edizioni di
World Series i “vecchi” Phillies
riuscirono nell'impresa (anche
se a distanza di trentacinque
anni) di perdere otto gare con-
secutive dopo aver vinto gara 1
del 1915 contro i Red Sox (persero infatti 4-1 con Boston, e
poi furono spazzati 4-0 dagli
Yankees nel 1950), l'insieme di
questi dati avvalora l'affermazione secondo la quale quando
si parla dei Philadelphia Phillies si sta parlando del più classico dei “parenti poveri”.
Queste considerazioni
non ci devono però impedire di
fornire al lettore una chiave di
lettura fondamentale: quando
si parla di squadra “perdente”
o di “parente povero”, non si
deve pensare ad una compagine dimessa, formata nel
corso dei decenni da giocatori
di rincalzo, allenata da uomini
spediti sulle rive del fiume Delaware a farsi le ossa o, peggio,
a svernare. Nella cultura a
stelle e strisce il “perdente” è
semplicemente colui che è risultato sconfitto una volta in
più di quanto non gli sia stato
possibile primeggiare, ma è comunque un soggetto da amare,
rispettare, seguire con affetto e
con la giusta considerazione.
Non è quindi colpa dei Phillies
(ed il tifoso americano medio
lo sa benissimo) se negli anni
ottanta del diciannovesimo secolo, quando la franchigia si
chiamava ancora Quackers ed
il duopolio delle Leghe era costituito dalla National e dalla
American Association, nonostante la squadra fosse guidata
da uno dei padri universalmente riconosciuti del gioco
(Harry Wright, nella foto in
alto) e potesse annoverare giocatori di ottimo livello (Charlie
Ferguson, Charlie Buffinton,
Deacon McGuire) la Lega era
dominata da squadre oggettivamente più forti (Chicago
White Stockings agli inizi, New
York Giants al termine della
decade con le irruzioni di squadre fenomenali in grado di
“ballare” una sola estate, come
i Providence Grays del 1884 ed
i Detroit Wolverines del 1887);
e non è certo colpa dei Phillies
se la storia si ripetè anche nel
decennio successivo (18901900), quando Boston (5), Baltimore (3) e Brooklyn (3) si
accaparrarono gli undici campionati disputati mentre nella
città dell'amore fraterno giocavano fenomeni come Jack Clements, Kid Gleason (al suo
primo “passaggio” a Philly, tor-
nerà ad inizi 900; Gleason è in
odore di Hall of Fame per il
Comitato dei Veterani da qualche anno...) e soprattutto tre
Hall of Famer del calibro di
Sam Thompson, Ed Delahanty
e Billy Hamilton: in quegli undici campionati ai Phillies non
riuscì mai di raggiungere nemmeno il terzo posto. Ricordate
che quella era una National
League a dodici squadre, unica
Lega Major esistente; si tornò
alle otto squadre nel 1899, ma i
due anni successivi furono solo
un lento prepararsi alla nascita
della American League (1901)
ed al format che resiste ancora
oggi, World Series (dal 1903 in
poi) comprese come evento finale e decisivo tra le due vincenti di Lega.
E dal lato dei Phillies,
l'era del baseball cosiddetto
“moderno”, quello del definitivo duopolio National/American iniziò nel modo in cui era
terminata quella precedente,
all'insegna del “vorrei ma non
posso”; buoni Manager (su
tutti Sir High Duffy, Hall of
Famer anche se come giocatore), ottimi giocatori (lo stesso
Hamilton, Gavvy Cravath, Roy
Thomas, Sherry Magee), soprattutto il merito (se ci riferiamo a quegli anni) di aver
portato nel mondo Major nel
settembre 1910 quello che è
stato, probabilmente, il più
forte lanciatore di tutti i tempi,
Grover Cleveland “Old Pete”
Alexander, un uomo che se
avesse soltanto dimezzato la
quantita di alcohol ingerita nel
corso degli anni durante le sere
di stagione regolare, avrebbe
vinto un centinaio di partite in
più delle 373 che gli valgono
ancora il terzo posto nella graduatoria come lanciatore con
più vinte in carriera, e che lo
hanno catapultato di diritto
nella Hall of Fame con il ballottaggio del 1938, il terzo in
assoluto; perdonatelo, i votanti
si erano dovuto preoccupare di
eleggere prima Ty Cobb, Babe
Ruth, Honus Wagner, Christy
Mathewson e Walter Johnson
con la classe del 1936, Nap Lajoie, Tris Speaker e Cy Young
con quella del 1937... (Pete fu
l'unico eletto nella classe 1938,
e per darvi un'idea esaustiva
del livello di quelle votazioni, i
giocatori classificati dal secondo al trentesimo posto del
ballottaggio 1938 sono poi entrati tutti a Cooperstown). Pete
Alexander era il perno della
squadra che vinse il primo
Pennant National della sua storia, quello conquistato al termine della stagione 1915; le sue
31 vittorie (a fronte di 10 sconfitte, con 36 Complete Games!)
furono la base su cui Pat
Moran costruì una squadra da
90 vittorie e 62 sconfitte: la
World Series persa contro i
Red Sox (contro cui, in quegli
anni, non si poteva praticamente giocare...) fu una delusione tremenda per tutto
l'ambiente, che seppe comunque reagire conquistando i secondi posti neii due anni
successivi, risultati che sembravano preludere alla nascita
di una dinastia; ma al termine
della stagione 1917 sia Alexander che il numero due della rotazione, Eppa Rixey (altro
membro di Cooperstown) lasciarono la squadra; Rixey
seguì Moran a Cincinnati, vincendo l'anello dello scandalo
del 1919, Alexander fece le fortune dei Cardinals dopo una
parentesi a Chicago, ed i Phillies indossarono gli abiti di Cenerentola, per dismetterli solo
quarant'anni dopo. Il triennio
dorato dei Phillies andava ad
incastrarsi nell’unico periodo
storico in cui era venuto meno
il predominio delle corazzate
National di quegli anni (il ripetersi di quanto accaduto negli
ultimi anni del secolo precedente, come si diceva prima):
dopo il dominio Giants di inizio secolo, il sopravvento dei
Cubs delle meraviglie, poi dei
Pirates di Honus Wagner e nell'attesa della fioritura della dinastia dei Cardinals, i Phillies
“ballarono” per tre estati, poi
più nulla: ci crediate o no, dal
1918 e fino al 1947, in una Lega
che contava otto squadre, in
sole tre occasioni Philadelphia
fu in grado di evitare uno dei
due ultimi posti (quindi il settimo o l'ottavo): nel 1925, 1931
e nel 1932... quello che non sapete ancora, è che in due di
queste circostanze arrivarono
sesti... Il duello, in quegli anni,
era con i Braves (che allora
erano a Boston) per evitare
l'ultimo posto, che negli anni
1921, 1923, 1927, 1928, 1930,
1936, 1938/1942 (il quinquennio degli orrori) fu condito da
record con almeno 100 sconfitte (111 nel 1941 il record negativo), il tutto ottenuto
giocando in uno Shibe Park desolatamente e perennemente
vuoto, con Manager che si alternavano con cadenza quasi
annuale e nonostante la presenza di giocatori che avrebbero meritato palcoscenici
migliori (su tutti l'icona della
Philadelphia di quegli anni,
Chuck Klein, a Cooperstown
dal 1980).
Nel 1948, la svolta. Arrivano a rinfoltire i ranghi una
serie di giovani di belle speranze come Del Ennis, Curt
Simmons, soprattutto il futuro
Hall of Famer Richie Ashburn,
ed i Phillies iniziano la risalita:
sesti nel 1948, terzi nel 1949,
campioni National nel 1950
con 91 vittorie e biglietto per le
seconde World Series della
loro storia. Purtroppo per loro,
al capolinea di quel metaforico
viaggio c'era ad attenderli una
delle squadre più forti di sempre, gli Yankees di Joe DiMaggio, Yogi Berra, Vic Raschi e
Whitey Ford, ed i Bombers risolsero la pratica in meno di
otto ore di gioco, quattro partite nel corso delle quali i Phillies misero a segno la miseria
di 5 punti complessivamente.
La stagione di metà secolo fu
l'apice della carriera di quella
generazione di giocatori, che
dovettero aspettare oltre un
decennio (il 1964) per trovarsi
a competere nuovamente per il
Pennant di una National ormai
a dieci squadre: fu la stagione
fu esaltante della storia National, ancora di più di quella del
1908, con tre squadre a contendersi il titolo appaiate all'ultima giornata, con i Phillies
avanti di otto gare all'inizio di
settembre sui Cardinals che poi
li bruciarono sul filo di lana,
sopravanzando di una gara
Phila e Cincinnati. Il 21 giugno
di quello stesso anno, nella
prima sfida di un doppio confronto con i Mets nella cornice
dello Shea Stadium di New
York, Jim Bunning lanciò il
quinto Perfect Game dell'era
moderna, il primo della storia
della franchigia. Ma quella stagione fu un fuoco di paglia
estemporaneo; il vero punto di
svolta si ebbe con la stagione
1972, quando in maglia Phillies
potè esordire Mike Schmidt,
universalmente considerato il
miglior terza base di sempre
nella storia del baseball. Di
quella squadra faceva già parte
un altro fenomeno, Steve Carlton, e non c'è tifoso di baseball
in America che abbia del grigio
tra i capelli che, al solo sentir
dire “Phillies 1980” non vi risponda con questi due nomi:
Schmidt e Carlton.
La squadra entrò stabilmente ai Playoff a partire dal
1976, ne rimase fuori solo nel
1979 e l'anno successivo arrivò
finalmente l'anello, il primo
per la franchigia, il primo per
la città da cinquant'anni (lo
vinsero gli Athletics nel 1930).
L'anno successivo la corsa di
Phila si interruppe nelle serie
divisionali e quella generazione
di fenomeni ebbe l'opportunità
di bissare il successo nella
World Series del 1983, persa
però 4-1 contro gli Orioles.
Il resto è storia recente. Dopo
una ulteriore decade di assestamento, cicli che nello sport
professionale americano sono
abbastanza normali, i Phillies
son tornati a giocarsi il titolo di
Campione del Mondo nel 1993,
ma i Blue Jays stopparono il
loro sogno al termine di gara 6;
ancora un decennio di sostanziale anonimato e poi lo sfolgorante quinquennio
(2007-2011) che ha portato in
dote cinque titoli divisionali
consecutivi, il secondo anello
vinto (2008) ai danni dei
Tampa Bay Rays (4-1), la sconfitta nella World Series 2009
subita per opera degli Yankees
di Matsui e Jeter. Nel frattempo Roy Halladay (29 maggio 2010) trovata il tempo di
lanciare il diciottesimo Perfect
Game della storia contro i Marlins, e la seconda “no-hitter” di
postseason nella vittoria casalinga contro i Cincinnati Reds
nelle Division Series. Ecco, segnatevi questo nome e questa
data: Roy Halladay, gennaio
2019. Probabilmente in quei
giorni lo vedrete ricevere il biglietto per Cooperstown.
Michele Pepe
Cleveland Indians: breve storia degli Indiani
I Cleveland Indians parteci-
pano all'American League da
114 anni, ovvero sin dalla fondazione (avvenuta nel 1901)
della lega che attualmente fa
parte della MLB. La franchigia
dell'Ohio nord-orientale - che
ha cambiato denominazione
ben 4 volte passando a quella
attuale da Cleveland Blues,
Cleveland Bronchos e Cleveland Naps – ha vinto due
World Series (1920 e 1948),
cinque pennant dell'American
League, sette titoli divisionali
ed ha partecipato ai playoff per
undici volte. Escludendo Rangers, Padres, Expos/Nationals,
Mariners, Astros, Brewers e
Rays che non hanno mai vinto
(fino ad oggi) una World Series, i Cleveland Indians sono
(dopo i Chicago Cubs, 1908)
nel gruppo la squadra che non
vince l'anello da più tempo (67
anni).
Le radici.
Per spiegare meglio la storia
dei Cleveland Indians dobbiamo necessariamente partire
dalle più antiche radici.
Possiamo far partire l'inizio del
baseball professionale a Cleveland dal 2 giugno del 1869,
quando la prima squadra professionistica di Cleveland –
Cleveland Forest Citys – sfida
la prima storica squadra professionista di baseball degli
Stati Uniti: i Cincinnati Red
Stockings. Dal 1871 al 1872 i
Cleveland Forest Citys hanno
fatto parte della prima lega
professionistica di baseball, la
Nationals Association.
Dopo 7 anni Cleveland
torna ad avere una nuova
squadra a livello professionale,
che partecipa alla National
League nata nel 1876 dalle ceneri della National Association,
tornando a chiamarsi Forest
Citys prima di diventare Cleveland Blues nel 1882.
A causa delle stagioni
negative, i Blues perdono giocatori e sono costretti a star
fuori da una lega per altre tre
stagioni quando, nel 1887, una
nuova squadra di Cleveland
(gli Spiders) riesce ad iscriversi
alla American Association, una
lega fondata nel 1882 che fino
al 1891 si contrapporrà alla National League.
La storia degli Spiders è
particolare. Per almeno 6 anni,
guidata dal futuro hall of famer
Denton “Cy” Young e dal forte
seconda base Cupid Childs,
hanno conteso la gloria a Boston Beaneaters (futuri Boston
Braves, futuri Milwaukee Braves, futuri Atlanta Braves) e
Baltimore Orioles fino a
quando, nel 1899, i fratelli Robison – proprietari dei Cleveland Spiders – dopo aver
rilevato i Saint Louis Browns
(futuri Saint Louis Cardinals)
trasferirono tutti i migliori giocatori di Cleveland a Saint
Louis. Come conseguenza gli
Spiders ebbero un roster di
minor league che senza fissa
dimora (furono costretti a giocare la maggior parte delle partite casalinghe in trasferta)
chiuse il campionato con un record di 20-134, il peggior record di sempre nella storia del
baseball. Il baseball a Cleveland è riuscito a sopravvivere
in un primo momento solamente grazie ai Cleveland
Babes, che nel 1890 hanno giocato nella Players' League, lega
che nonostante fosse dicretamente seguita riuscì a durare
per una sola stagione.
Gli Indians e la prima
World Series.
A dire il vero, le squadre fin qui
menzionate non c'entrano
nulla con la vera storia dei Cleveland Indians. Se vogliamo
parlare dei Cleveland Indians
che conosciamo oggi dobbiamo
partire dal 1900 anno in cui
Ban Johnson riuscì a trasformare una lega di minor chiamata Western League in una
lega di major che chiamò (e si
chiama tuttora) American League.
La storia parte quindi
dal 1901 e dai Cleveland Bluebirds. I Bluebirds, diventati
Bronchos dall'anno seguente,
trovano la loro forma in seguito all'arrivo di Napoleon Lajoie, un forte seconda base che
aveva lasciato i Philadelphia
A's di Connie Mack a causa di
una disputa salariale. L'arrivo
di Lajoie sconvolse letteralmente il baseball a Cleveland
che grazie ad un pitcher di
nome Addie Joss e ad un forte
esterno di nome Elmer Flick
comincia a competere per il titolo negli anni a venire sotto il
nome di Cleveland Naps.
I Naps arrivarono per la
prima volta vicini al pennant
dell'American League nel 1908
quando, dopo una stagione
chiusa con un record 90-64,
arrivarono a 0.5GB dai Detroit
Tigers. Una consolazione per la
stagione dei Naps arrivò il 2 ottobre 1908 quando in 74 lanci
Addie Joss lanciò il primo perfect game della storia di Cleveland.
La prematura morte di
Joss (1911) e l'addio di Lajoie
(1914) apre una fase di transizione. Charles Somers, il proprietario, decide di ricostruire
la squadra vendendo la principale stella Joe Jackson per
oltre 31mila dollari e tre prospetti. I soldi arrivati dalla cessione di Jackson tuttavia non
bastano a Charles Somers per
evitare il tracollo finanziario.
La soluzione si presenta grazie
ad un “clevelander” chiamato
Jim “Sunny” Dunn che rileva la
franchigia ed acquista Stan Coveleski, Jim Bagby e Tris Speaker. Nel giro di 4 anni gli
Indians tornano competitivi.
Nel 1919 la tribù arriva
ad un passo dal pennant che
invece viene conquistato nel
1920 insieme alla World Series.
Ma il 1920 non viene ricordato solamente per il primo
pennant e per la prima World
Series vinta. Il 16 agosto, al
Polo Ground di New York, l'interbase Ray Chapman viene
colpito alla tempia da un lancio
dello spitballer degli Yankees
Carl Mays. Chapman cade a
terra, si rialza ed in seguito collassa sulle ginocchia. Non si
rialzerà più. Verrà trasportato
all'ospedale dove morirà il
giorno seguente. Da quella tragedia avrà inizio la carriera di
Joe Sewell, chiamato dalle minors per sostituire il compagno
di squadra, che racconterà di
aver giocato quella stagione
con lo spirito di Chapman in
corpo. Sewell chiuderà la stagione battendo .329. Il mese
successivo, a seguito dello
scandalo Black Sox, il proprietario dei White Sox (che erano
avanti 1.5GB sugli Indians) sospende gli 8 giocatori della sua
squadra coinvolti nello scandalo: Eddie Cicotte, Oscar
Felsch, Arnold Gandil, Joe
Jackson, Fred McMullin, Charles Risberg, George Weaver e
Claude Williams. I White Sox
perdono le ultime partite men-
tre gli Indians ne approfittano
e sorpassano i rivali staccando
il biglietto per la World Series
da giocare contro i Brooklyn
Robins (futuri Brooklyn Dodgers, futuri Los Angeles Dodgers).
La serie al meglio delle
cinque (le gare erano nove)
vide come protagonisti Stan
Coveleski (vincitore di tre gare
su tre) e Jim Bagby, Elmer
Smith e Bill Wambsganns autori di tre “prime volte” nella
stessa gara: Jim Bagby fu il
lanciatore vincente di gara 5 ed
autore del primo fuoricampo
battuto da un lanciatore in una
partita di World Series. Elmer
Smith fu il primo battitore a
battere un grande slam in un
incontro di World Series mentre Bill Wambsganns fu l'autore del secondo triplo gioco
senza assistenza della storia
della MLB (il primo fu realizzato il 19 luglio 1909 da Neal
Ball, interbase dei Cleveland
Naps, in una partita contro i
Boston Red Sox) e fino ad ora
il primo e l'unico nella storia
delle World Series.
La transizione, il Municipal Stadium e la barriera
razziale.
Dopo la vittoria alla World Series 1920 per gli Indians inizia
un lento declino causato principalmente dall'esplosione dei
New York Yankees e dall'invecchiamento di giocatori chiave
come Tris Speaker che si ritirerà dal baseball nel 1925 dopo
3516 battute valide in carriera.
Dopo aver chiuso cinque
campionati anonimi, gli Indians danno una scossa al proprio sistema.
Nel 1932 apre il Cleveland Municipal Stadium costruito a tempo di record in
370 giorni e principalmente
grazie a fondi pubblici. L'anno
seguente nasce il Chief Wahoo,
una caricatura (razzista) che
mostra un pellerossa sorridente, che diviene il nuovo
logo della squadra e fa capolino
su cappelli e divise.
Nel 1940 c'è il tempo
per assistere ad un altro pezzo
di storia della franchigia. Il giovane Bob Feller, lanciatore acquistato quattro anni prima,
lancia una no-hitter nell'opening day contro i White Sox. E'
la sesta no-hitter nella storia
degli Indians. E' stata la prima
stagione soddisfacente per la
tribù dopo diciannove anni con
gli Indians che arrivano ad una
sola vittoria dai Detroit Tigers
che chiudono portandosi a casa
il pennant AL con un record di
90-66.
L’ngresso nella seconda guerra
mondiale è alle porte per gli
Stati Uniti e dopo un 1941 deludente gli Indians soffriranno
le assenze dei suoi migliori giocatori impegnati nel fronte. Ma
anche con il ritorno di Bob Feller e Lou Boudreau la situazione non cambierà con gli
Indians che chiuderanno nelle
retrovie le stagioni '42, '44, '45
e '46. Nel luglio del '47 Bill
Veeck, nuovo proprietario dei
Cleveland Indians, su esempio
di Branch Rickey, decide di
contribuire a spezzare la barriera razziale mettendo sotto
contratto Larry Doby, un battitore di potenza che ha giocato
esterno centro per i Newark
Eagles, squadra della Negro
League.
L'ultimo anello e quella
squadra del '54.
Da una stagione chiusa al
quarto posto si nasconde il segreto di una squadra che dominerà l'American League per
almeno otto stagioni. Il 1948 è
stato un anno grandioso per i
Cleveland Indians che dopo
aver acquistato l'anno prima
Larry Doby dalla Negro League
fanno la stessa cosa migliorando lo staff dei lanciatori
mettendo sotto contratto Satchel Paige, un altro afro-americano che si era ben comportato
nella Negro League. Come
detto, è stato un anno grandioso. O forse un anno capolavoro. Gli Indians dominarono
l'AL per media battuta ed ERA
e mostravano una delle difese
più impenetrabili in assoluto.
Lou Boudreau vinse il premio
di MVP mentre Bob Lemon,
Gene Bearden e Bob Feller vinsero 59 partite. Per una partita
di differenza la tribù si aggiudicò il pennant dell'American
League superando i Red Sox
per poi vincere in sei partite la
World Series contro i Boston
Braves con Lemon, Bearden e
Larry Doby assoluti protagonisti.Il giocattolo rischiò seriamente di rompersi quando
Veeck, al termine di una stagione '49 che vide gli Indians
chiudere al terzo posto, fu costretto a vendere la franchigia
a causa del divorzio dalla moglie. Tuttavia gli Indians furono capaci, dal 1950 al 1953,
di mettere in fila quattro stagioni da 90+ vittorie pur mancando sempre la possibilità di
raggiungere la World Series.
Non fu così nel 1954
quando gli Indians del manager Al Lopez, degli slugger Al
Rosen (recentemente scomparso nel marzo del 2015) e
Larry Doby, di un veterano
Bob Feller e di un grande Bob
Lemon vinsero il pennant dell'American League con un record di 111-43 ed 8 partite di
vantaggio sui New York Yankees.
Alla World Series incontrarono i New York Giants di
Willie Mays (leggendaria la sua
presa spalle verso l'interno del
diamante in gara 1) e Leo Durocher che vinsero il trofeo in
spazzata 4-0.
Gli Indians ebbero altre
due stagioni positive chiudendo per due volte al secondo
posto. Assoluto protagonista fu
Herb Score che nel 1955, da
rookie, vinse il titolo di campione degli strikeout (245) e
nel 1956 ebbe una stagione da
20 vittorie.
Trentasette anni di depressione. Gli anni '90 ed
un nuovo inizio.
Dal 1957 al 1993 i Cleveland
Indians hanno avuto solamente 8 stagioni con una per
centuale di vittorie pari o superiore a .500 e sono arrivati ultimi o penultimi per un totale
di 18 volte.
In questi anni, anche a
causa di trade impopolari come
quella che ha coinvolto l'amato
re dei fuoricampo Rocky Colavito venduto ai rivali dei Detroit Tigers, gli Indians
cominciano a perdere pubblico
ed il Municipal Stadium passa
da un “fatiscente impianto
sportivo non adatto al baseball
ma gremito di tifosi” a “fatiscente impianto sportivo e non
adatto al baseball”. In poche
parole, diventa ufficialmente il
“mistake by the lake”.
Gli anni '60-'70 sono i
più duri. In 25 anni gli Indians
cambiano ben 7 “ownership” e
cominciano a circolare voci che
vorrebbero gli Indians rilocati
in altre zone.
Comunque, nonostante
le mille difficoltà, nel 1972 un
altro lanciatore dei Cleveland
Indians arricchisce la storia
della franchigia con un altro riconoscimento individuale: il
lanciatore partente Gaylord
Perry, acquistato proprio nel
1972 in cambio di un altro
grande lanciatore di nome Sam
McDowell, a coronamento di
una mostruosa stagione da 24
vittorie ed una ERA di 1.92,
vince il primo Cy Young Award
nella storia dei Cleveland Indians. Il premio intitolato proprio a Denton “Cy” Young, ex
lanciatore di Cleveland Spiders
e Cleveland Naps.
Larry Doby e Satchel
Paige, gli Indians ingaggiano
l'ex Reds Frank Robinson
come primo manager di colore
nella storia della MLB e Robinson, che lavorava nella duplice
veste di giocatore-manager, si
presentava al suo pubblico con
un pinch-hit home run nel
l'Opening Day del 1975. Sicuramente uno dei momenti più indimenticabili di sempre per la
franchigia dell'Ohio.
La storia degli Indians
viene scritta ancora dai suoi
lanciatori. Il 15 maggio del
1981 Len Barker lanciò un perfect game contro i Toronto
Blue Jays. Fu il secondo (ed ultimo) perfect game nella storia
dei Cleveland Indians. Il primo
dopo il perfect game lanciato
da Addie Joss 73 anni prima.
Dal 1990 qualcosa comincia a cambiare. Gli Indians
acquistano Sandy Alomar Jr e
Carlos Baerga per Joe Carter e
nello stesso anno pongono le
basi per costruire un nuovo
ballpark grazie anche al lavoro
dei nuovi proprietari, i fratelli
Richard e David Jacobs, che
acquistano la franchigia da
Steve O'Neill.
Nel 1991 gli Indians
chiusero all'ultimo posto della
AL East con un record di 57105 ma i motivi per essere fiduciosi c'erano tutti.
Innanzitutto John Hart, nuovo
GM, aveva assunto come
nuovo manager una vecchia
conoscenza: Mike Hargrove.
Poi ha acquistato un giovane
Kenny Lofton piazzatosi al secondo posto nella corsa al miglior Rookie dell'AL. Nel 1992
vengono nominati “organizzazione dell'anno” e nel 1993, nonostante un penultimo posto
divisionale, c'era di che sorridere grazie ai debutti di Jim
Thome e Manny Ramirez.
La nascita dell'American
League Central e i giorni
d'oggi.
Dal 1994 nella mia opinione è
storia contemporanea. Nasce
una terza divisione nell'American e nella National League.
Gli Indians fanno parte della
divisione centrale.La tribù
inaugura lo Jacobs Field (poi
rinominato Progressive Field)
ed una nuova era inizia per la
squadra di Cleveland.
Per la prima volta dopo
nove stagioni gli Indians tornano ad avere una stagione positiva. Chiudono un
campionato influenzato dallo
sciopero dei giocatori con un
record di 66-47 ed al secondo
posto nella divisione.
L'anno d'oro è il 1995.
In una stagione tagliata di 18
partite sempre a causa dello
sciopero, gli Indians arrivano
ai playoff vincendo il titolo divisionale grazie ad un fantastico record di 100-44 e ad un
giusto mix di giovani ed esperti
come Albert Belle, Jim Thome
e Manny Ramirez più Dennis
Martinez, Eddie Murray, Orel
Hershiser e Charles Nagy. Belle
diventa il primo giocatore in
assoluto a battere in una stagione almeno 50 doppi e 50
fuoricampo ed il primo a collezionare 100 extra base hits da
Stan Musial nel 1948. Thome e
Manny Ramirez contribuirono
con 56 fuoricampo mentre il
closer Jose Mesa riuscì a convertire ben 46 salvezze. Gli Indians dominarono la division
con 30 vittorie in più sui Royals, secondi, ed arrivarono
alle ALCS spazzando in tre partite i Red Sox mentre in 4 partite si aggiudicarono il pennant
contro i Mariners. Alla World
Series incontrarono gli Atlanta
Braves di Maddux, Glavine,
Chipper Jones, David Justice e
John Smoltz che si aggiudicarono il titolo in 6 partite grazie
ad una one-hitter in 8 inning
lanciata da Tom Glavine in
gara 6 al Fulton County Stadium.
La tribù, che vince la
central division anche nel
1996, ritorna alla World Series
anche nel 1997, eliminando
Yankees ed Orioles, ma questa
volta sono i Florida Marlins
(futuri Miami Marlins) a sovrapporsi, ancora a gara 6, tra
il titolo e gli Indians. La tribù,
che nel frattempo è passata all'attuale proprietà della famiglia Dolan, resterà competitiva
fino al 2001 per poi dare inizio
ad una ricostruzione con Mark
Shapiro nuovo GM.
Roberto Alomar, Bartolo Colon, Kenny Lofton e Jim
Thome lasciano Cleveland
(questi ultimi come free agent)
e si forma un nuovo nucleo di
prospetti come Brandon Phillips, Cliff Lee, Grady Sizemore,
Travis Hafner e Coco Crisp. E
così, dopo 5 stagioni, gli Indians tornano ai playoff prima
vincendo la division e poi arrivando ad un passo dalla World
Series eliminando gli Yankees
alle ALDS. Sono i Red Sox,
dopo essere stati sotto nella
serie per 3-1, ad arrivare alla
World Series che vinceranno
poi contro i Colorado Rockies.
Gli Indians sono costretti ad una nuova ricostruzione dopo le difficoltà di inizio
2008: il Cy Young Award winner del 2007, C. C. Sabathia
viene ceduto ai Brewers in
cambio di Brantley ed altri prospetti. Arriva anche Carlos
Santana dai Dodgers per Casey
Black e gli Indians chiudono la
stagione con un record di 8181.
Nel 2009 la ricostruzione continua e gli Indians si
affidano ad un nuovo manager:
il saber-friendly Manny Acta.
Shapiro cede anche l'altro Cy
Young Award winner Cliff Lee
ai Phillies in cambio di Carrasco, Marson e Donald. Via
anche Victor Martinez che va a
Boston in cambio di Hagadone
e Masterson. Da quest'anno in
poi gli Indians non chiuderanno più con una stagione
vincente fino al 2013.
Infatti, dopo una deludente stagione 2012, gli Indians assumono un nuovo
manager: si tratta di Terry
Francona, manager dei Boston
Red Sox dal 2004 al 2011. L'organizzazione spende molto nel
mercato dei free agent firmando l'ex Yankees Nick Swisher e l'ex Braves Michael
Bourn, oltre allo slugger Mark
Reynolds, ed acquista via trade
elementi preziosi come Yan
Gomes e Mike Aviles dai Blue
Jays. La clubhouse si arricchisce poi di una figura di spessore: Jason Giambi firma un
contratto di minor league e risulterà decisivo nella corsa finale alla Wild Card. Gli Indians
chiuderanno il 2013 venendo
sconfitti dai Rays nel Wild
Card game al Progressive Field
mentre il record dirà 92-70,
giusto una partita dietro i Detroit Tigers, che vincono la AL
Central division per la terza
volta consecutiva.
Il 2014 verrà chiuso con un recordi di 85-77 ma i motivi per
essere allegri ci sono tutti:
Corey Kluber (che si aggiudicherà il quarto Cy Young
Award nella centenaria storia
dei Cleveland Indians), Michael Brantley (terzo nella
corsa all'MVP della AL dopo
una stagione da .327 di media
battuta; 200 valide, 45 doppi,
20 fuoricampo, 97 RBI e 23
basi rubate) Yan Gomes (21
fuoricampo) e Carlos Santana
(27 fuoricampo) hanno delle
breakout season mentre i giovani lanciatori Danny Salazar,
Carlos Carrasco, Trevor Bauer
e Cody Allen mostrano segnali
incoraggianti. Nell'offseason
gli Indians effettuano uno
scambio con gli Oakland Athletics aquistando lo slugger
Brandon Moss in cambio di un
prospetto di seconda base,
Joey Wendle, chiuso dall'AllStar 2013 Jason Kipnis e dagli
interbase Jose Ramirez, Francisco Lindor ed Erik Gonzalez.
- Joel Hanrahan, pag. 5, Christopher Evans of Boston Herald.
- Pag. 5 Clayton Kershaw colpito da una pallina, holdoutsports.com.
- Trevor Bauer, pag. 6, usatoday.com
- Rob Manfred, pag 7, nydailynews.com
- Kris Bryant, pag.10 e pag.
15, sports.yahoo.com
- Brady Aiken, pag. 12, si.com
- David Robertson con la maglia dei White Sox, pag 13
Chris Carlson/Associated
Press
- Pag 14 da sinistra a destra:
Scott Boras, Kris Bryant, Theo
Epstein, cbslocal.com
- La figurina di tuc McGraw,
pag 17, www.saints62.com
- Harry Wright, pag 18, haulsofshame.com
- Ray Chapman, pag 21, kentuckysportsradio.com
Luca Giangrande
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www.baseballphotogallery.it
Fonti foto:

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