Califfato: «È un cancro

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Califfato: «È un cancro
IL MESSAGGERO Roma e Milano. Slogan anti-­‐Califfato: «È un cancro» Musulmani in piazza contro la jihad «Anche col velo non siamo il nemico» di Simone Canettieri Siamo tutti fratelli: voi e noi», dice Hachmi, imam di Terni, da 16 anni in Italia, «metalmeccanico». Qui, in piazza Santi Apostoli, di scene come queste si ripetono in ogni angolo. Dimostrare, testimoniare, raccontare che «il terrorismo è un cancro», come recita il fotografatissimo cartello di Youssef. Il sit-­‐in "Not in My Name" guarda a Parigi ma parla all'Italia. Da Roma a Milano islamici in piazza contro i terroristi «L'Isis è il cancro» ►Cartelli e slogan di solidarietà con i francesi in tante città italiane: «Not in my name».. L'appello: isolare l'estremismo 010 IL nessun atto di violenza nel nome della fede». Intorno, le storie Il CASO ROMA Arriva in bocca alle telecamere. La bandiera stellata dell'Europa e quella arcobaleno della pace sopra le testa, utili anche contro la pioggia. «Siamo tutti fratelli: voi e noi, e con noi l'Isis non c'entra un cavolo», dice tutto d'un fiato Hachmi Mimoum, imam di Terni, da 16 anni in Italia, «metalmeccanico». Qui, in piazza Santi Apostoli, di scene come queste si ripetono in ogni angolo. Dimostrare, testimoniare, raccontare che «il terrorismo è un cancro», come recita il fotografatissimo cartello di Youssef, siriano, «pittore edile in Tuscolana». Il sit-­‐in "Not in My Name" guarda a Parigi ma parla all'Italia. Le piazze delle principali città -­‐ da Palermo a Milano, passando per Parma e Lucca -­‐ ospitano le prese di distanze «nette e inequivocabili» delle comunità islamiche dall'«odio e dalla violenza». I NUMERI L'affluenza non è fatta di grandi numeri. A Roma, con uno sforzo di ottimismo, non si va oltre i cinquecento (nella Capitale ci sono 53 centri di culto e una comunità musulmana che sfiora le 80mila persone). Ma chi c'è, rivendica e urla. E così per una volta non è il palco a essere protagonista, ma il contorno. Le telecamere inseguono questo trio: Pierferdinando Casini, presidente della commissione esteri del Senato, il collega della Camera Fabrizio Cicchitto e al centro Yahyà Pallavicini vicepresidente della Comunità religiosa islamica italiana (Coreis). Il clima è quello del grande abbraccio. L'imam: «I musulmani onesti denunciano l'abuso della nostro religione per la violenza». Casini: «Vi aspettavamo in piazza e siete venuti. Come diceva il nostro papa Giovanni Paolo II, nessun atto di violenza nel nome della fede». Intorno, le storie e gli slogan urlati: pace, basta sangue. Ci sono le comunità islamiche di Centocelle e di Torpignattara. Bangladesh, Nigeria, Egitto, tanto Marocco. Ma anche le bandiere della Giordania che si confondono con i fratini della Fiom. LA RETE In un angolo Shaymaa Fayed si racconta: «Ho 16 anni, vivo a Viterbo, l'hijab mi copre la testa, ma non la mia intelligenza». La ragazza ha creato un canale Youtube dove descrive «la vita quotidiana di una ragazza musulmana». Ma anche qui, nella rete, bisogna distinguere il bene dal male, e quel feroce imam, come risulta dagli attentati di Parigi, chiamato Google. E non a caso Mohamed Guerfi si rivolge ai giovani: «Non dovete ascoltare quello che vi dicono su internet, il male arriva anche da lì», dice il portavoce dell'associazione nazionale degli iman. Poi l’attenzione piomba sul palco. Prima un minuto di silenzio -­‐ « volevamo l’Inno di Mameli, ma per problemi tecnici… » -­‐ poi gli appelli. Si leggono gli interventi dei presidenti Mattarella, Grasso e Boldrini. « Il messaggio è chiaro: il terrorismo non può continuare a colpire in nome dei musulmani – dice il segretario del Centro islamico della Grande Moschea di Roma Adbellah Redouane-­‐. Tutto il mondo ci ascolti». Perché l’Isis è « un cancro dell’umanità», scandisce Izzedin ELzir, presidente dell’Unione delle comunità islamiche (Ucoii). Seguono i politici: Casini, Cicchino, Manconi e il deputato Pd italo-­‐marocchino, sotto scorta per minacce, Khalid Chaouki (« Solo la pace è santa»). Spazio ai sindacalisti ( Camusso della Cgil e Barbagallo della Uil). Verso la fine il registra Paolo Virzì. L’uovo sodo della paura per oggi, e almeno qui, è stato digerito.