Notiziario settimanale n. 486 del 13/06/2014
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Notiziario settimanale n. 486 del 13/06/2014 versione stampa Questa versione stampabile del notiziario settimanale contiene, in forma integrale, gli articoli più significativi pubblicati nella versione on-line, che è consultabile sul sito dell'Accademia Apuana della Pace Indice generale Marcia internazionale per la pace in Albania (di Operazione Colomba) .....1 Dalla geotermia un'opportunità per l'Italia (di Massimo Angelone , Stefano Sylos Labini).............................................................................................. 2 Carceri italiane: a che punto è la notte? (di Fabio Pizzi)............................ 3 Io sto con la sposa! Tu da che parte stai? (di Alessandro Graziadei)..........3 Elezioni europee, una crisi di valori (di Donatella della Porta)..................4 Diversamente attive. Donne e partecipazione politica (di Marcella Corsi) . 5 Per un'Europa libera da lobby (di Francuccio Gesualdi)............................ 5 La Terra Europa (di Erri De Luca)............................................................. 6 Appello: non possiamo più accettare! (di Rete per la Costituzione)...........6 Evidenza 13/06/2014: Per non dimenticare: la strage nazi-fascista di Sant'Anna di Forno (MS) avvenuta il 13 giugno del 1944. 20/06/2014: Giornata internazionale del rifugiato Il 20 giugno prossimo è la Giornata Mondiale del Rifugiato. L’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha raccolto nel sito stories.unhcr.org le storie dei rifugiati raccontate da loro stessi e da operatori umanitari, giornalisti e persone comuni che hanno avuto modo di incontrarli. Sono vicende che spesso raccontano episodi di paura e di dolore, ma sono anche storie di coraggio, di sopravvivenza e di speranza. L’appello che l’UNHCR lancia a livello mondiale è quello di leggere, visualizzare e condividere la storia di un rifugiato presente sul portale dove sarà anche possibile caricare la propria storia. (SPRAR Lunigiana) I mondiali di calcio da un'altra prospettiva Marcia internazionale per la pace in Albania (di Operazione Colomba) 1. Un popolo si muove contro le vendette di sangue! Abbiamo pensato di organizzare una marcia per la pace che percorra l’Albania toccando le località più significative al fine di sensibilizzare e coinvolgere la società civile presente in tutto il territorio nazionale e contare anche sulla partecipazione di realtà (singoli, associazioni...) internazionali. 2. Iniziative di sensibilizzazione in Albania Nel marzo 2013 i volontari di Operazione Colomba hanno promosso una campagna di raccolta firme contro il perpetrarsi delle vendette di sangue, rivolta a tutti i cittadini, denominata “5000 firma për Jetën”, conclusasi nel settembre 2013, nella quale sono state raccolte e consegnate alle principali autorità albanesi, quasi 6000 firme, affinché fossero prese misure efficaci per contrastare il fenomeno della gjakmarrje. 3. Chi è Operazione Colomba Operazione Colomba è il Corpo Nonviolento di Pace della Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Fanno parte del progetto tutti coloro che vogliono sperimentare in maniera diretta che la nonviolenza è la via per ottenere una Pace giusta e duratura. I componenti sono volontari che danno disponibilità più o meno lunga, scegliendo di condividere la vita con le vittime su diversi fronti del conflitto, in maniera disinteressata. Attualmente è presente e opera in Israele/Palestina, Colombia e Albania, e si sta cercando di aprire una presenza stabile anche in Libano. Dal 2010 Operazione Colomba è presente in Albania, a Scutari, con una presenza anche a Tropoja, per sostenere il lavoro che la Comunità Papa Giovanni XXIII svolge dal 2004 sul tema delle “vendette di sangue”. I volontari, insieme ai membri della Comunità e ai volontari del Servizio Civile internazionale, condividono la quotidianità con le famiglie in situazioni di vendetta, anche attraverso sostegni nell'assistenza medica e scolastica, con l’obiettivo di giungere a percorsi di riconciliazione 1 (Pajtimi) e perdono fra queste famiglie in primis, ma anche con l'intento di portare all’attenzione dell’opinione pubblica albanese (e non) questo fenomeno drammatico, al fine di contribuire ad avviare percorsi virtuosi tra le genti e con le associazioni, in vista di una riconciliazione a livello nazionale. (fonte: Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo) link: http://www.operazionecolomba.it/marciapaceinalbania Approfondimenti Ambiente ed energia Dalla geotermia un'opportunità per l'Italia (di Massimo Angelone , Stefano Sylos Labini) Lo sfruttamento della geotermia a bassa temperatura rappresenta un’opzione molto conveniente per ridurre la dipendenza energetica del nostro paese L’instabilità dell’Ucraina e il recente accordo tra Russia e Cina sulla fornitura di gas hanno riportato l’attenzione sulla dipendenza dell’Europa dalle importazioni di gas dalla Russia. Questo problema è particolarmente grave per il nostro Paese poiché oltre l’80 per cento dei consumi è soddisfatto attraverso le importazioni. La dipendenza dall’estero determina deflussi di capitali per circa 60 miliardi di euro all’anno penalizzando la bilancia commerciale e compromettendo le possibilità di investimento sul territorio nazionale. Per questi motivi la dipendenza energetica rappresenta un ostacolo per lo sviluppo economico e un rischio per la sicurezza del nostro Paese. La geotermia può costituire una grande opportunità per l’Italia che ha delle condizioni geologiche particolarmente favorevoli per il suo sfruttamento. Inoltre, l’energia geotermica si caratterizza per alcuni "vantaggi" rispetto alle altre energie rinnovabili. In primo luogo perché nel mercato italiano esistono competenze professionali e imprese che producono le tecnologie, a differenza di quel che accade nell’eolico e ancora di più nel fotovoltaico, dove la produzione nazionale copre solo il 20 per cento degli impianti installati. In secondo luogo perché l’energia geotermica non è soggetta a variabilità e assicura un'erogazione stabile con un numero di ore di funzionamento nettamente più elevato rispetto all’energia solare e eolica (le ore annue di funzionamento sono circa 7.500 per l’energia geotermica contro 1.300 per il solare e 1.800 per l’eolico). La produzione di elettricità L’elettricità prodotta con calore geotermico non attrae da tempo investimenti rilevanti da parte delle grandi imprese energetiche a causa degli alti costi per lo sfruttamento (temperature intorno ai 300°C si trovano a diversi km di profondità) e per i tempi di ritorno eccessivamente lunghi degli investimenti. Inoltre, il crollo dei consumi che si è verificato per la lunga crisi economica e la concomitante espansione delle fonti rinnovabili come l’eolico e il fotovoltaico hanno prodotto una sovracapacità di generazione elettrica, superiore al 30 per cento dei consumi. La conseguenza è che molti degli impianti convenzionali alimentati con combustibili fossili sono attualmente sottoutilizzati e le grandi imprese elettriche non hanno alcun incentivo a realizzare ulteriori investimenti nella produzione di elettricità con il calore geotermico. Il riscaldamento degli edifici Lo sfruttamento della geotermia a bassa temperatura per il riscaldamento e il raffrescamento degli edifici può costituire invece un’opzione economicamente più vantaggiosa, sia nei tempi che nei costi, rispetto alla generazione di elettricità. In questo ambito vi sono due possibilità: il riscaldamento attraverso dei pozzi profondi e reti di distribuzione per interi quartieri (teleriscaldamento) e il riscaldamento/raffreddamento 2 attraverso sonde geotermiche e pompe di calore per singole abitazioni o centri residenziali. La prima opzione utilizza dei pozzi da cui si estrae acqua calda che viene immessa in una rete di distribuzione. Gli esempi più interessanti sono quelli di Parigi, Ferrara e Rekyjavik. L'esperienza ha messo in luce che in questo tipo di attività le difficoltà e i ritardi non dipendono esclusivamente da problemi tecnici ma derivano anche dalla lentezza con cui vengono rilasciate le autorizzazioni dagli enti locali. Inoltre, vi è la necessità di costruire la rete di teleriscaldamento, una infrastruttura che richiede interventi che possono creare notevoli disagi alla popolazione. La seconda opzione può essere più facilmente realizzata dai privati, specialmente quando si costruiscono nuovi edifici e le sonde geotermiche possono essere associate alle fondazioni per poi essere collegate con le pompe di calore. La tecnologia preferibile è quella che scambia il calore della terra attraverso un liquido in un circuito chiuso, mentre la tecnologia che sfrutta l'acqua al di fuori del circuito è consigliabile solamente in presenza di serbatoi di acqua calda. Nel caso in cui siano da effettuare ristrutturazioni degli edifici, il riscaldamento tramite le pompe di calore può essere ottenuto intervenendo sui pavimenti (pavimenti radianti) oppure utilizzando pompe di calore a elettro-ventilazione. Le pompe di calore hanno bisogno di energia elettrica per funzionare ma, anche tenendo conto di questo consumo, la spesa complessiva risulta nettamente più bassa rispetto a quella per il riscaldamento a metano. Per promuovere lo sviluppo della geotermia residenziale è fondamentale che l’installazione di sonde geotermiche senza scambio di fluidi non richieda il complesso iter autorizzativo imposto dalla normativa vigente. Attualmente solo in Lombardia è richiesta la registrazione ad un portale regionale dedicato e una semplice comunicazione di inizio lavori. Sarebbero quindi auspicabili sia un'armonizzazione della normativa sia l’obbligo di installazione delle sonde geotermiche nel caso di nuove costruzioni. L'adozione di tali politiche nella progettazione e nella ristrutturazione di edifici pubblici potrebbe esercitare una significativa azione di traino per la crescita economica del settore. Nel contempo, agevolazioni finanziarie e fiscali per l’utilizzo delle tecnologie geotermiche da parte del settore privato potrebbero stimolare l’espansione della domanda mettendo in moto meccanismi d’innovazione capaci di sollecitare lo sviluppo di tecnologie sempre più efficienti e a costi più bassi. In particolare, uno strumento normativo come la legge Sabatini può costituire un valido incentivo in quanto permette all’acquirente di pagare la tecnologia a rate e ad un tasso di interesse agevolato e al venditore di ottenere immediatamente il pagamento dalla banca autorizzata. Un programma per l’indipendenza energetica delle isole vulcaniche Un’altra possibilità da prendere in considerazione è lo sfruttamento del calore geotermico per desalinizzare l’acqua del mare. In questo ambito si apre una prospettiva molto interessante per le isole vulcaniche, in cui vi sono sorgenti di calore a bassa profondità, le quali potrebbero utilizzare la geotermia proprio per raggiungere una maggiore indipendenza energetica combinando impianti di desalinizzazione e tecnologie per il riscaldamento e la produzione di elettricità. In quest’ultimo campo di applicazione sembra molto promettente un macchinario di produzione americana in grado di generare elettricità sfruttando l’acqua a bassa temperatura (fra 80 e 110°C). Le mini e micro taglie nelle quali è realizzata questa macchina possono avere interessanti sviluppi nel settore residenziale. Tra le isole vulcaniche vi sono l’isola d’Ischia, le Eolie, Pantelleria, a cui si aggiungono l’isola d’Elba, il Giglio e ampie aree costiere ad elevato gradiente geotermico della Campania, della Sicilia e della Sardegna. Crediamo che sia giunto il momento che il Governo, con la collaborazione degli enti locali, promuova dei progetti pilota in alcune isole vulcaniche per poi replicarli ovunque vi siano le condizioni. Conclusioni Lo sfruttamento della geotermia a bassa temperatura per il riscaldamento, per la desalinizzazione e, in misura minore, per la produzione di elettricità, dunque rappresenta un’opzione molto conveniente e facilmente realizzabile per ridurre la dipendenza energetica del nostro Paese. Questa fonte di energia può svolgere un ruolo importante anche per il rilancio occupazionale se consideriamo la spinta che potrebbe esercitare sul settore di produzione delle nuove tecnologie geotermiche, sull’edilizia e sui servizi: attività di installazione, di manutenzione e di formazione per i giovani che vorranno impegnarsi nel settore dell’energia geotermica. La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: www.sbilanciamoci.info. (fonte: Sbilanciamoci Info) link: http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/alter/Dalla-geotermia-un-opportunitaper-l-Italia-24793 Carcere Carceri italiane: a che punto è la notte? (di Fabio Pizzi) È appena scaduto l’ultimatum della Corte Europea dei diritti dell’uomo che un anno e mezzo fa, in seguito a controlli in sette carceri nazionali, aveva condannato il nostro paese per le condizioni disumane in cui erano costretti a vivere i detenuti e aveva imposto una revisione dei regimi carcerari entro 15 mesi. Missione compiuta, quindi? Immaginate di vivere in un paese dove le prigioni somigliano alle segrete dei peggiori film di serie zeta, con detenuti obbligati a vivere quasi senza lavarsi, dormendo per terra, spesso ammassati come bestie, senza nemmeno lo spazio per respirare e dimenticati in carcere senza la possibilità di compiere attività formative o di recupero di alcuni tipo. Indovinato! Ci vivete già. Nel gennaio 2013 la Corte Europea ha sanzionato lo Stato Italiano per aver violato l’articolo 3 della Convezione Europea dei diritti dell’uomo, per intenderci quello che proibisce la tortura e i trattamenti inumani e degradanti, e ci ha concesso un anno e mezzo per trovare una soluzione al sovraffollamento e alla condizione dei carcerati, onde evitare di dover pagare ai detenuti maltrattati che presentino ricorso per la loro condizione multe che cumulate arriverebbero a svariati milioni di Euro. Qualcosa si è mosso, e il recente decreto svuota carceri, appena divenuto legge, aveva esattamente lo scopo, con il suo corollario di sconti di pena, depenalizzazioni di reati, utilizzo di braccialetti elettronici e le immancabili polemiche ad uso e consumo dei teatrini delle varie fazioni politiche, di liberare il maggior numero di celle possibili ed evitare di venire obbligati ad aprire le già prosciugate casse pubbliche. Niente umanità o rinascita della passione per i diritti civili, dunque, ma semplice e pura contabilità. Per fare un esempio: la chiusura degli OPG, gli ospedali psichiatrici giudiziari, vere “carceri per matti pericolosi”, è ancora una volta rimandata, perché non ci sono risorse o forse perché interessa a pochissimi. Ma vediamo la questione nel dettaglio grazie ai dati resi noti da Mauro Palma, fondatore e presidente onorario di Antigone e nel 2013 nominato Presidente della Commissione del Ministero della Giustizia italiano per l’elaborazione degli interventi in materia penitenziaria. Il dott. Palma, profondo conoscitore della materia, comincia con il definire il nostro modello detentivo completamente sbagliato se rapportato alle principali normative europee “si tratta di un modello totalmente reclusivo, passivizzante e chiaramente dal punto di vista della rieducazione sociale non serve a niente, non ti abitua a gestire la tua giornata, non ti abitua a 3 metterti in gioco. La commissione voluta dal ministero ha analizzato tutta una serie di misure che impostavano il mutamento del modello detentivo italiano per portarlo in linea con le regole penitenziarie europee” I numeri post decreto parlano chiaro: in poco più di un anno l’Italia è passata dall’avere più di 67.000 detenuti a fronte di 46.000 spazi detentivi disponibili a contare 60.000 incarcerati con un incremento dei posti a 49.000, con una media di messa in libertà di circa 350 persone ogni mese. Ed il numero dei rilasciati potrebbe ulteriormente aumentare data la recentissima incostituzionalità legata alla legge Fini Giovanardi la quale equiparando droghe leggere e pesanti aveva portato ad un aumento delle carcerazioni legate alla detenzione di droghe leggere. La sentenza della Corte Costituzionale ha causato la rideterminazione (al ribasso) della pena per molti detenuti a causa di piccoli reati legati alla droga: con le nuove regole, che in realtà ripristinano le vecchie, molte usciranno. Certamente la strada da compiere è ancora lunghissima e la risposta non può prendere la forma di una sentenza libera tutti. È necessario rafforzare i percorsi riabilitativi all’interno delle prigioni dove presenti e approntarne dove ancora non ve ne sono, in modo da tentare il recupero di chi ha sbagliato. Proprio per questo, tutte le associazioni italiane impegnate nel mondo carcerario si sono unite in un cartello comune inviando una precisa richiesta di riforma del sistema penitenziario italiano non solo al premier Renzi e al presidente Napolitano ma anche al presidente del Consiglio Europeo Hermann Van Rompuy e al presidente della commissione Libertà civili del Parlamento Europeo Juan Fernando Lòpez Aguilar. Viene in mente Il famoso versetto di Isaia : sentinella quanto resta della notte? Viene il mattino, poi anche la notte.; se volete domandare, domandate, convertitevi, venite! Così sia. Fabio Pizzi (fonte: Unimondo newsletter) link: http://www.unimondo.org/Notizie/Carceri-italiane-a-che-punto-e-la-notte146189 Immigrazione Io sto con la sposa! Tu da che parte stai? (di Alessandro Graziadei) “Che poliziotto di frontiera oserebbe fermare un corteo nuziale per chiedere i documenti della sposa? Chi meglio di una sposa può cambiare la nostra estetica della frontiera e trasformare i mostri delle nostre paure negli eroi dei nostri sogni, il brutto in bello, e i numeri in nomi propri?” si sono domandati Gabriele Del Grande, giornalista italiano e autore del blog Fortress Europe, Khaled Soliman al Nassiry, poeta palestinese siriano e Antonio Augugliaro, regista televisivo. Da queste domande e dal “visionario” tentativo di trovare una risposta è nato Io sto con la sposa, un film documentario che racconta il tentativo di aiutare, nel loro viaggio clandestino verso la Svezia, cinque ragazzi palestinesi e siriani in fuga dalla guerra e in attesa di andare verso il nord Europa a suon di migliaia di dollari dopo essere sopravvissuti alle bombe, al mare e ai trafficanti. Ma come? “È iniziato tutto un giorno di fine ottobre alla stazione del treno di Milano Porta Garibaldi - hanno scritto gli autori sulla pagina Facebook dedicata ad Io sto con la sposa -. Khaled e Gabriele stavano bevendo un caffè al bar. Un ragazzo li sente parlare in arabo, si avvicina titubante, e chiede se sanno il binario per la Svezia. Quel ragazzo era Abd, 20 giorni prima aveva visto morire in mare 250 compagni di viaggio al largo di Lampedusa, e ancora nessuno di noi sapeva che saremmo stati invitati al suo matrimonio”. Sì proprio al suo matrimonio, perché per evitare di essere arrestati come trafficanti di esseri umani i tre autori hanno deciso di mettere in scena un finto matrimonio. Coinvolgendo una giovane amica palestinese, Tasneem, che si è travestita da sposa, e ventitré ragazzi e ragazze, italiani, siriani e palestinesi (chi con i documenti, chi senza) che si sono improvvisati invitati del corteo nuziale, un codazzo di 4 auto e 1 furgone sono partiti da Milano all’alba del 14 novembre 2013 ed sono arrivati a Stoccolma quattro giorni e tremila chilometri dopo, attraversando mezza Europa con un viaggio filmato in presa diretta, in barba alle leggi, ai controlli e ai confini. Europa e nel contempo ribellarsi alle regole fratricide che ne presidiano i confini: “Portiamo in sala un film ribelle! Smontiamo il discorso egemone sulla frontiera!”. Come non condividere questa speranza. Io sto con la sposa! Tu da che parte stai? Come raccontano gli stessi autori “Un gruppo di folli, ha deciso di cambiare registro. Non più la lacrima come veicolo politico, deresponsabilizzante, ma la festa come strumento di battaglia. Disobbedire con sorrisi, abiti di gala, e situazioni rocambolesche. Perché nulla è più potente per esorcizzare la morte e la sofferenza, di un legame festoso”. E così, partendo dalla critica radicale al “reato di clandestinità” e da un sentimento di solidarietà, il film porta ad una soluzione concreta e creativa, nella convinzione che viaggiare non possa mai essere un crimine, ma criminale è chiunque decide di chiudere gli occhi di fronte ai morti in Siria, che Del Grande ha conosciuto e raccontato in prima persona, come quelli in mare, in fuga dalla guerra e dalla povertà, ai confini di quella Fortezza Europa dove, come ci ricorda sul suo Blog, dal 1988 al 12 maggio scorso “sono morte almeno 19.720 persone, solo contando quelle raccontate e censite della stampa internazionale negli ultimi 26 anni”. Politica e democrazia Un film di denuncia, ma anche di autodenuncia perché anche se si tratta degli unici “trafficanti di uomini e di spose” che invece di prendere soldi per portare siriani e palestinesi fino in Svezia, ci hanno rimesso ingenti risorse finanziarie, forse per aprire una breccia nella Fortazza Europa non resta che disobbedire: “Al momento dell’uscita del film, rischieremo fino a 15 anni di carcere per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina hanno spiegato gli autori -, ma siamo pronti a correre il rischio. Perché abbiamo visto la guerra in Siria con i nostri occhi, e aiutare anche una sola persona ad uscire da quel mare di sangue, ci fa sentire dalla parte del giusto. Ci abbiamo messo l’anima. Noi e tutti i professionisti che abbiamo coinvolto”. Adesso però, se il film arriverà nelle sale oppure no, dipende anche da noi. Il costo della produzione e della postproduzione, infatti, è stimato in 150 mila euro cifra che gli autori proveranno a trovare con una campagna di crowdfunding lanciata lunedì scorso e che punta a raccoglierne almeno la metà, 75 mila euro in 60 giorni, per finire il film in tempo per iscriversi al Festival di Venezia a settembre e distribuirlo in autunno. La possibilità offerta a noi “produttori dal basso” è di sostenere il documentario con cifre che vanno dai 2 ai 1.000 euro e avere in cambio magliette, cartoline, download, streaming, dvd, libri, proiezioni con i registi, fino all’album del finto matrimonio con tutte le foto e gli autografi e il nostro nome sui titoli di coda, così a ripagare questi “trafficanti improvvisati sarà una vasta comunità online, tutti complici di un sogno che infrange muri, filo spinato e barriere politiche” hanno spiegato gli autori che in meno di una settimana hanno già raccolto oltre 8.000 fan sulla pagina Facebook e quasi 40.000 euro di sottoscrizioni. Un risultato sperato e atteso perché, dicono gli autori, “Siamo molto più numerosi di quanto pensiamo, l’abbiamo toccato con mano con le persone che ci hanno ospitato durante il nostro viaggio”. Per il momento una delle cose più belle di questa storia “è che se ne parla tanto sulla stampa italiana quanto sulla stampa araba […]. La possibilità di tornarsi a parlare. Di gettare un ponte. Di riavvicinare queste due rive che non sono mai state così lontane, è semplicemente meraviglioso” ha spiegato Del Grande. Forse anche per questo Tasneem e i suoi finti invitati sono riusciti a bucare la Fortezza Europa. La ribellione è compiuta, questa volta a suon di sorrisi, canti e balli. “Chi non vuole morti stia dalla parte della sposa, dalla parte di chi abbatte i confini, di chi si è tirato a lucido, ha comprato un abito da matrimonio ed è partito verso l’ignoto” perché assicurano gli autori “C’è un’Europa sconosciuta. Un’Europa transnazionale, solidale e goliardica, che riesce a farsi beffa delle leggi e dei controlli della Fortezza”. Ora basta poco per raccontare al grande pubblico anche questa 4 Alessandro Graziadei (fonte: Unimondo newsletter) link: http://www.unimondo.org/Notizie/Io-sto-con-la-sposa!-Tu-da-che-parte-stai146041 Elezioni europee, una crisi di valori (di Donatella della Porta) Ex voto/I risultati elettorali danno un forte segnale alle istituzioni europee, riflettendo la loro crisi di efficacia e di valori. Ma con questa nuova composizione del Parlamento, le critiche da sinistra a una Europa neoliberista possono trovare un nuovo spazio. Pur con diverse nuances interpretative, un’impressione ampiamente condivisa sui risultati elettorali è che essi riflettano una profonda crisi di efficacia, ma ancora di più di valori, delle istituzioni europee nel loro complesso (e non solo del parlamento europeo). L’elettorato ha innanzitutto penalizzato i conservatori del PPE, considerati come principali responsabili delle politiche di austerity. A prescindere dal loro sostanzioso declino in voti e in seggi, i Popolari europei si trovano a gestire un gruppo parlamentare sempre più eterogeneo e, in parte, per loro stessa ammissione, imbarazzante, sia nelle prese di posizione euroscettiche, che in termini di problemi di etica politica. Basti pensare che il partito di Berlusconi, seppure in caduta libera, diventa fondamentale per vantare quella superiorità numerica rispetto ai socialisti che permette a Juncker di vantarsi di essere arrivato primo. Se il PSE si mantiene complessivamente stabile, i socialisti europei non possono però non preoccuparsi del profondo indebolimento dei loro partiti di riferimento non solo in Grecia o in Spagna, ma anche in Francia, dove Hollande porta il PS al peggiore risultato elettorale di sempre. Non solo il PSE non è riuscito ad avvantaggiarsi della crisi del PPE, ma anch’esso si presenta con un gruppo parlamentare trasformato, con un ruolo rilevante per quei partiti nazionali che, come quelli di Italia e Portogallo, hanno fatto campagne elettorali aggressive rispetto all’Europa che c’è e che chiedono un cambio di rotta. Con i liberali che stentano, il PSE è anche costretto a riflettere sui successi elettorali di partiti alla sua sinistra che, seppure in modo territorialmente eterogeneo, ottengono clamorose vittorie, come Syriza in Grecia, ma anche significative affermazioni (come in Spagna, dove le varie formazioni della sinistra risultano competitive rispetto al PSOE). Se in generale la sinistra-sinistra ha scontato, in paesi come l’Italia, la forte sfiducia nelle istituzioni europee di almeno una parte del suo bacino elettorale – con oltre la metà dei cittadini europei che hanno scelto un’astensione in buona parte di protesta – essa porta comunque nel Parlamento Europeo un grande potenziale di idee per un’altra Europa. Quando le polemiche si saranno placate, sarà utile anche riflettere sulle domande, spesso di sinistra, che quel sempre consistente 21% di elettori del Movimento 5 Stelle avanza all’Europa. Infine, a sinistra, e non solo, c’è da riflettere su quell’euroscetticismo populista di destra che esce vincitore da queste elezioni non solo nella periferia dell’Europa, ma anche nei paesi più ricchi e apparentemente meno sconvolti dalla crisi – come in Francia, in Austria o nel Nord Europa. Nella loro eterogeneità, anche gli elettori di questi partiti riflettono l’insoddisfazione diffusa per la politica e le politiche delle istituzioni europee. Insomma, i risultati elettorali sembrano dare un forte segnale alle istituzioni della UE, che appaiono sempre meno capaci di sostenere sia le loro pretese di legittimazione regolatrice (di efficacia) che quelle di tipo simbolico (di valori e identità). Che prospettive, dunque? Con questa nuova composizione del Parlamento europeo, le critiche a una Europa neoliberista possono diventare più ascoltate e trovare risonanza. Non solo: esse potrebbero anche diventare anche efficaci di fronte agli errori, già manifesti, delle élites europee. In particolare, mentre Juncker, a fronte di una sonora batosta elettorale, del sostegno di un quarto scarso degli elettori (e di meno di un ottavo dei cittadini), con un gruppo parlamentare eterogeneo, già reclama la presidenza della Commissione europea, il PSE sembra consapevole dei rischi profondi che un’alleanza con il partito considerato come responsabile della crisi può portare ai destini del partito. Se non c’è da sperare che questo porti a maggioranze alternative, le richieste di discontinuità rispetto al passato potrebbero però ottenere qualche successo. La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: www.sbilanciamoci.info. (fonte: Sbilanciamoci Info) link: http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/globi/Elezioni-europee-una-crisi-divalori-24649 Questione di genere Diversamente attive. Donne e partecipazione politica (di Marcella Corsi) Si tengono più alla larga dai partiti e il loro impegno si esprime in modi più informali. Inoltre le italiane credono meno degli uomini nelle istituzioni politiche. Le donne fanno politica lontano dai palazzi, ma questo le penalizza e fa sì che le loro istanze non siano ascoltate. Domenica saremo chiamati/e a eleggere i nostri nuovi rappresentanti al Parlamento europeo. Voci femminili raccolte da Repubblica.it chiedono più lavoro, più istruzione, più uguaglianza all’Europa. Tuttavia, serpeggia nelle interviste raccolte una disillusione nei confronti delle istituzioni europee, una carenza di fiducia nelle forze politiche che dovrebbero rappresentarci. In effetti, le statistiche ci dicono che nell’Unione europea c’è un divario significativo che separa uomini e donne quando si parla di partecipazione politica (fig.1). Questi stessi dati ci raccontano come uomini e donne partecipano in maniera diversa alla vita politica: gli uomini s’impegnano di più nella politica partitica e istituzionale, mentre le donne si impegnano di più nella politica non istituzionale. Oltre a minare la legittimità di un sistema democratico, il divario di genere nella partecipazione politica rafforza le disuguaglianze sociali: chi non articola i propri interessi, infatti, corre il rischio di essere ignorato. Il minor impegno delle donne può quindi avere un riflesso negativo sulla possibilità che i loro interessi e punti di vista si riflettano nelle decisioni politiche e nelle scelte di governo. Al contrario, le donne e la società tutta potrebbero trarre grande giovamento se più donne, consapevoli di questo divario nell’impegno istituzionale, partecipassero alla vita politica. Secondo gli ultimi dati della European Social Survey (pubblicati di recente), il livello di sfiducia delle donne nelle istituzioni politiche è minore di quello degli uomini, in tutti i grandi paesi europei, ad eccezione dell’Italia (fig. 2). Nel nostro paese il 22% delle donne e il 21% degli uomini non si fida del parlamento nazionale, il 40% delle donne e il 37% degli uomini non ha fiducia nei partiti politici e il parlamento europeo non gode della fiducia del 15% sia di donne che di uomini. Questi numeri sono il risultato delle diverse interazioni, nei vari contesti, tra cultura politica, sistema elettorale, e la presenza di misure per incentivare la partecipazione politica delle donne. Anche la storia gioca un suo ruolo: nel tempo sono molto cambiati il ruolo e lo status delle donne, 5 che hanno un livello sempre più alto d’istruzione e di partecipazione al mercato del lavoro, rappresentando, quindi, un ampio pool di potenziali candidate. Queste condizioni interagiscono con le disposizioni istituzionali, con la rappresentanza delle donne promossa nei paesi con quote di genere volontarie o per legge o, nei paesi in cui c’è un sistema proporzionale, con liste elettorali senza preferenza diretta. La partecipazione delle donne alla società civile articola uno spazio pubblico in cui possono essere espresse rivendicazioni di cittadinanza. I social media e le tecnologie sono sempre più utilizzati come strumenti per il coinvolgimento civile e sociale. I fatti ci mostrano come le donne ne facciano un uso sempre più intenso per le proprie rivendicazioni, e per discutere i temi legati al genere che sono importanti per la loro vita. Spuntano come funghi i commenti sui social media, e la miriade di blog femministi ci parlano di quanto la rete e i social media siano ormai strumenti fondamentali per informarsi e condividere idee. Alcune presenze sui social media diventano di fatto opinion shapers: per esempio UK Feminista, in Gran Bretagna, usa la rete per le proprie campagne per la parità; Se Non Ora Quando, in Italia, ha avuto una grossa spinta dalla rete. Questi canali di comunicazione possono essere d’importanza fondamentale per le donne più giovani, che possono avere accesso a luoghi virtuali di espressione sicuri e informati, e partecipare alla politica scrivendo per i blog. È importante riconoscere il valido contributo che queste diverse prospettive possono portare ai temi sociali. A questo proposito i punti di vista delle donne possono contribuire alla risoluzione collettiva dei problemi sociali. Valorizzare queste esperienze nulla toglie al fatto che è necessario promuovere la partecipazione delle donne alla gestione della cosa pubblica. Tutti gli organismi pubblici, a qualunque livello, dovrebbero essere incoraggiati ad adottare strategie che permettano alle voci delle donne, in tutta la loro diversità, di essere udite, di partecipare e di essere rappresentate. (fonte: InGenere: donne e uomini per la società che cambia) link: http://www.ingenere.it/articoli/diversamente-attive-donne-e-partecipazionepolitica Notizie dal mondo Europa Per un'Europa libera da lobby (di Francuccio Gesualdi) Abbiamo appena celebrato la festa della liberazione. Ma liberta' e democrazia sono beni che non si acquisiscono una volta per tutte. Sconfitto un nemico ne compaiono subito altri, non necessariamente sotto forma di invasori stranieri. Oggi i nemici della democrazia sono una scuola volutamente inadeguata, l'informazione monopolizzata dal potere economico, una classe politica che essendosi fatta casta da' piu' ascolto alle imprese che ai cittadini. E cio' non vale solo a livello di singole nazioni, ma soprattutto europeo. Da tempo Corporate Europe Observatory (Ceo), un'associazione che tiene sotto controllo il rapporto fra imprese ed Unione Europea, denuncia che in Europa non comandano ne' governi ne' cittadini. In Europa comandano le multinazionali e le banche. Un'ulteriore conferma viene dal suo ultimo rapporto che si concentra sull'attivita' di lobby delle societa' finanziarie. Una presenza tanto efficace quanto discreta che si insinua fra le pieghe della complicata macchina decisionale europea. Perche' in Europa le cose non funzionano come in una qualsiasi democrazia parlamentare. In Europa l'assetto organizzativo e' piu' simile a un condominio che a uno stato. E come nei condomini le decisioni sono prese dai capifamiglia d'accordo con l'amministratore, allo stesso modo in Europa le decisioni sono prese dai governi assieme alla Commissione Europea. Negli ultimi tempi sono state introdotte varie novita' che danno piu' potere al Parlamento europeo. Ma nonostante le riforme, l'organo che continua a svolgere una funzione strategica e' la Commissione Europea. Formato da 28 membri, un presidente e 27 commissari, i suoi componenti sono designati dal Consiglio dei primi ministri salvo approvazione del Parlamento europeo. Quanto alla sua funzione, e' del tutto paragonabile all'amministratore di condominio. Apparentemente l'amministratore di palazzo svolge solo una funzione di supporto tecnico. Di fatto e' il vero gestore degli affari condominiali perche' suggerisce le decisioni da prendere e le trasforma in ordinanze. Analogamente, la Commissione Europea mette a punto le proposte che il Consiglio dei primi ministri deve discutere. E una volta approvate, le trasforma in direttive, ossia in ordinanze da fare rispettare in tutta l'Unione Europea. Proprio per questa sua funzione, al tempo stesso di proponente e gestore delle decisioni assunte, la Commissione Europea e' l'organismo che esercita piu' potere in Europa. Un potere che senza troppi sotterfugi condivide con le imprese in nome di un principio per certi versi lodevole. La Commissione ammette di non avere competenza su tutto, percio' ogni volta che deve affrontare un tema istituisce una commissione consultiva denominata "Gruppo di esperti". Ad esempio nel 2013 ha convocato 38 Gruppi di esperti sulle tematiche piu' disparate, dagli Ogm alle regole bancarie, dal doping sportivo, agli additivi alimentari. Talvolta piccole commissioni formate da non piu' di dieci persone. Talvolta gruppi affollatissimi, addirittura con ottanta membri. Ma la domanda importante non e' quanti sono, ma chi sono i componenti dei gruppi. Perche' i loro pareri diventeranno proposte che con buona probabilita' saranno trasformate in ordinanze valide per tutta Europa. Le indagini condotte nei vari anni da Ceo, hanno sempre messo in evidenza una predilezione per i rappresentanti d'impresa. E il rapporto pubblicato il 9 aprile 2014 sui Gruppi di esperti istituiti per tematiche finanziarie ne e' un'ulteriore conferma. Il 70% dei loro componenti sono rappresentanti di banche, fondi di investimento, istituti assicurativi. Si stima che complessivamente a Bruxelles ci siano 15000 rappresentanti di imprese e associazioni del mondo degli affari, con l'unico scopo di intrufolarsi negli uffici della Commissione europea ed ottenere decisioni favorevoli agli interessi della propria categoria. Il settore finanziario da solo tiene a libro paga 1700 lobbisti. Gente pagata fra i 70 e i centomila euro all'anno per una spesa complessiva di circa 123 milioni di euro. Con tanta potenza di fuoco, la finanza si sta infiltrando anche nel Parlamento europeo. Centinaia di esponenti di istituzioni bancarie e finanziarie, fra cui JP Morgan, Goldman Sachs, Deutsche Bank, Unicredit, hanno libero accesso al Parlamento europeo e quando sono in discussione provvedimenti di loro interesse si danno da fare in tutti i modi possibili per convincere i parlamentari ad assumere posizioni a loro gradite. E i risultati si vedono. Ceo cita il caso di un provvedimento di regolamentazione finanziaria sui cui vennero presentati 1700 emendamenti, 900 dei quali scritti di sana pianta dai lobbisti della finanza. Per sconfiggere le lobby servono regole, trasparenza e controllo. Tre aspetti su cui i prossimi parlamentari dovranno assumere impegni precisi se vogliamo ridare alla democrazia un minimo di dignita'. (fonte: Centro Studi Sereno Regis) link: http://www.aadp.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2070 La Terra Europa (di Erri De Luca) L’ Europa non è una nave e non corre pericolo di arrembaggio da parte di pirati. La sua vulnerabilità è tutta interna. L’ Europa è una cucina e occorrono tutti i suoi ingredienti. Primo di questi: il flusso migratorio, contro il quale è inutile il filo spinato. Muri e mari non servono a scacciare. Neanche la pena di morte servirebbe: l’affrontano già. Sono flussi che rinnovano nascite, energie produttive, forze lavoro. I nostri politici preferiscono chiamare “ondate” questi spostamenti. La parola 6 vuole suggerire alla terraferma il bisogno di proteggersi dalle inondazioni. Ma gli esseri umani hanno la proprietà fisica dei solidi, che possono affondare ma non evaporare. Con “ondate” i nostri politici si procurano qualche consenso elettorale sfruttando il sentimento della paura. Ma la storia d’Europa è gigantesca per il coraggio, per l’esplorazione dell’ignoto, perché visionaria, non perché impaurita e miope. L’ unione europea deve accorgersi che la sua origine è Mediterranea. Deve alle sue correnti la diffusione del vocabolario, delle arti, delle religioni. Deve al Mediterraneo anche il nome Europa. Il peggiore sbaglio e il maggiore limite è ridursi a un’espressione economica, al territorio, o peggio alla zona, dell’euro. Ma Euro è l’antico nome greco del vento di Sud Est. Sud più Est: sono i due punti cardinali responsabili della civiltà europea. Euro è un vento, non una banconota. Oggi alcune tensioni superficiali spingono contro la moneta unica per tornare a stampare a volontà il biglietto locale. Questa spinta di scarso significato politico, ne assume uno strategico, da “Finis Europae”, proprio perché lo stato dell’unione si misura sui minimi termini di una moneta in comune. Il primato del mercantile sul politico rende il patto Europa inefficiente. Il suo Parlamento è un parcheggio di lusso per politici con carriera scaduta in patria. Se l’Europa è l’ euro, allora è una fiche lanciata su un tavolo da gioco. Se il valore Europa è la valuta euro, allora l’unione è una qualunque impresa commerciale e può fallire. Antidoto a questo cedimento non è l’ abbassamento del traguardo, ma il suo innalzamento: non una riduzione delle aspettative, ma il rilancio dell’ideale fissato dai padri fondatori. Nei secoli passati la religione cristiana si è spesso ridotta a compravendita di favori, indulgenze, benefici. Ne è uscita risalendo puntualmente alle origini della parola sacra. Lo stesso rimedio serve all’unione europea. Risalire alla sua origine di ceneri e macerie, da dove partì il riscatto e la ricostruzione. Voglio immaginare che sarà così. Voglio immaginare i suoi atleti partecipare alle Olimpiadi sotto una sola bandiera, ascoltare una musica scritta per il secondo tempo della Terra Europa. Erri De Luca (fonte: Rete di Quarrata - Maggio/Giugno 2014) link: http://www.aadp.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2067 Appelli e campagne Appello: non possiamo più accettare! (di Rete per la Costituzione) Siamo cittadini, uniti in Comitati che formano una Rete, simbolica e reale. Si chiama Rete per la Costituzione. A pochi giorni dallo scandalo di Expo 2015, in questi giorni apprendiamo degli arresti a Venezia per la vicenda Mose. Tra gli arrestati il sindaco di Venezia Orsoni, l'assessore regionale alle infrastrutture Chisso, il consigliere regionale Marchese, imprenditori, ufficiali della Guardia di Finanza, presidenti e componenti del Consorzio Venezia Nuova, magistrati delle acque e della Corte dei Conti. Per l'ex presidente della Regione Veneto Galan, oggi deputato, l'arresto è in attesa dell'autorizzazione da parte dell'aula parlamentare. Un'inchiesta giudiziaria che è arrivata a queste misure dopo anni di indagine. L'ennesima inchiesta penale che dimostra come in questo Paese i cittadini non possano più restare passivamente in attesa di sapere se coloro che sono stati eletti per ricoprire ruoli istituzionali svolgano onestamente il loro compito. Non intendiamo più accettare che la fiducia affidata per amministrare il bene comune venga costantemente tradita da condotte penalmente illecite che solo le doverose inchieste della magistratura italiana fanno conoscere nella loro estrema gravità. Abbiamo chiaro che è ormai diffusamente pervicace il disegno di evitare i doverosi controlli sulle grandi opere da realizzarsi con i fondi pubblici. Chi dovrebbe controllare nelle migliori delle ipotesi non controlla; nel peggiore dei casi utilizza il proprio potere per partecipare alla illecita spartizione di denaro pubblico. Non possiamo più accettare che la vita nazionale sia scandita dal passivo recepimento di notizie di cronaca giudiziaria che dimostrano, ancora una volta, come l'unico organo di controllo e di garanzia della legalità che funziona secondo i dettami della Costituzione sia la magistratura. Chiediamo che l'informazione, in particolare quella televisiva pubblica, assuma posizioni precise. Non possiamo più accettare di assistere a dibattiti pubblici televisivi in cui sono ospitati soggetti che rivestono ruoli istituzionali e sono contemporaneamente indagati, imputati, condannati e pregiudicati. L'unico "garantismo" – parola di cui si continuano a riempire la bocca svariati soggetti - è la tutela di una intera collettività nazionale che ha il diritto costituzionale di essere rappresentata da cittadini che hanno il dovere di adempiere con disciplina ed onore le funzioni pubbliche loro assegnate. Non possiamo accettare, come già si è sentito dire in alcune dichiarazioni pubbliche, che all'ennesima notizia di cronaca giudiziaria si sostenga un'antropologica tendenza italiana alla corruzione: è divenuta intollerabile questa offensiva equiparazione tra chi è cittadino amministrato e chi, cittadino che amministra, viola i doveri a cui è chiamato. Questo Paese è una grande collettività di persone. Chi le rappresenta ha il dovere di dare conto delle proprie azioni. E questo, molto prima che intervenga l'organo giudiziario. Promotore della petizione "Rete per la Costituzione" REAGIAMO !!! Facciamo sentire il nostro sdegno sottoscrivendo la petizione link: http://www.liberacittadinanza.it/carovana/petizioni/appello-non-possiamo-piuaccettare 7