Un aforisma al giorno 2

Transcript

Un aforisma al giorno 2
Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
via Modena, 5 – 00184 Roma – tel. 06-4746351 / fax 06-4746136
e-mail: [email protected]
sito web: www.fiba.it
Aderente alla UNI (Union Network International), alla CES (Confederazione Europea dei Sindacati) e alla CISL Internazionale
RASSEGNA STAMPA
G
GIIO
OVVEED
DÌÌ 2277 G
GEEN
NN
NA
AIIO
O 22001111

Un aforisma al giorno _________________________ 2
IIttaalliiaa nnoonn ttiieennee iill ppaassssoo..........................................................................................................33
C
Coonnffiinndduussttrriiaa aavvvveerrttee:: ll’
’
ooccccuuppaazziioonnee ((ee ii ssaallaarrii)) aa OOrriieennttee oorraa ccrreessccoonnoo ddii ppiiùù ....................................................................................44
 LL’
’
P
Paarrm
maallaatt,, ii ffoonnddii ppuunnttaannoo ssuu M
Maasseerraa..........................................................................................................................................55
 IIll C
Caannttoonn TTiicciinnoo nnoonn ccii ssttaa:: ««NNoo aalllee lleezziioonnii ssuuii ppaarraaddiissii ffiissccaallii»» ............................................................66
M
Muuttuuii ccaassaa,, m
moorraattoorriiaa ffiinnoo aa lluugglliioo................................................................................................................................................77
A
Auum
meennttoo FFoonnssaaii ««sseennzzaa GGrroouuppaam
maa»»............................................................................................................................................88
M
Maaxxiibboonndd iinn aarrrriivvoo FFiiaatt IInndduussttrriiaall vvoollaa aa PPiiaazzzzaa AAffffaarrii..........................................................................................99
S
Seeggrreettii aaii cciinneessii,, RReennaauulltt aaccccuussaa iill ccoonnttrroossppiioonnaaggggiioo..........................................................................................1100
N
Neell 22001100 ccoonnssuum
mii aall ppaalloo,, ggiiùù ggllii aalliim
meennttaarrii ..................................................................................................................1111
M
Muuttuuii,, m
moorraattoorriiaa ssuulllee rraattee ffiinnoo aa lluugglliioo
................................................................................................................................1122
 IIll ffeed
deerraalliissm
moo ssuull ffiilloo ddeell rraassooiioo..........................................................................................................................................................1133
aauum
M
Maarrcchhiioonnnnii pprroonnttoo aa llaasscciiaarree FFoonnssaaii vviiaa lliibbeerraa aallll’
’
meennttoo ddaa 446600 m
miilliioonnii..........................1144
G
Giioocchhii PPrreezziioossii iinn vveennddiittaa,, eessccee CClleessssiiddrraa ............................................................................................................................1155
 TTaassssii FFeed
d ffeerrm
mii,, ii m
meerrccaattii aapppprreezzzzaannoo W
Waallll SSttrreeeett aaii m
maassssiim
mii ddaall 22000088 ....................................1166
aaccccuussee ddeell CCoonnggrreessssoo UUssaa “
SSii ppootteevvaa eevviittaarree,, eeccccoo ii rreessppoonnssaabbiillii”
..........................1177
C
Crriissii,, jj’
’
“
”
Rassegna Stampa del giorno 27 GENNAIO 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina1
UN AFORISMA AL GIORNO
a cura di “eater communications”
“
guardati da chi
guarda fisso il sole
e non starnutisce!
”
(GiulioCesareCroce)
Rassegna Stampa del giorno 27 GENNAIO 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina2
CCOORRRRIIEERREE DDEELLLLAA SSEERRAA
sseezz.. EEccoonnoom
miiaa ––
GGIIOOVVEEDDÌÌ,, 2277 GGEENNNNAAIIOO 22001111
ddii RRoobbeerrttoo BBaaggnnoollii
Confindustria avverte:
l’Italia non tiene il passo
«Nel mondo ripresa vigorosa, il nostro Pil fatica ad arrivare oltre l’1%» . L’asse
con Napolitano
ROMA— La Confindustria torna a pungolare il governo. «La ripresa globale ormai è vigorosa, c’è una
forte accelerazione ma l’Italia non tiene il passo» , afferma questa volta il Centro studi di viale Astronomia precisando che il «nostro Pil fatica ad andare oltre l’1%mentre il resto del mondo si avvia a
consolidare il 2011 come l’anno della stabilizzazione e della incertezza» . «Quello della crescita è un
problema su cui tutto il Paese si deve concentrare— ha sottolineato il presidente degli imprenditori
Emma Marcegaglia — e come ha detto il capo dello Stato Giorgio Napolitano è un problema che viene
da lontano» . La Marcegaglia, nel precisare che nel suo intervento televisivo alla trasmissione di Fabio
Fazio non voleva attaccare l’esecutivo di Berlusconi, ha tuttavia ribadito che il «Paese ha bisogno di
essere governato e di fare delle scelte, è un fatto evidente» . Nella fibrillazione politica di questi giorni
l’uscita della Marcegaglia è stata salutata come benvenuta dal coordinatore dei finiani Adolfo Urso: «Il
cartellino rosso al premier lo danno le imprese e se Bossi ascoltasse gli umori del mondo produttivo
chiederebbe per primo lui le dimissioni del premier» . Il numero uno degli imprenditori si è appellato
all’unità e alla necessità di «una politica che sia in grado di governare non afflitta da conflitti continui»
. Durante la giunta confindustriale, alla quale ha partecipato il direttore delle relazioni industriali della
Fiat Paolo Rebaudengo, è stato affrontato anche il caso della Fiat, del federalismo e della minaccia di
uscita dall’associazione di Fincantieri. Dopo lo scossone al sistema dei rapporti sindacali innescato dal
Lingotto con i referendum di Pomigliano e Mirafiori e la successiva nascita di newco fuori dalle regole
del 1993, la situazione che si è venuta a creare preoccupa il mondo imprenditoriale. La sintesi della discussione sta nell’auspicio che si arrivi presto ad un accordo per la definizione di nuove regole sulla
rappresentanza. In questo senso è stata condivisa la decisione presa da Federmeccanica di spostare al
21 febbraio la discussione sulla nascita di un contratto auto ad hoc. Il caso dello strappo di Fincantieri
che ha minacciato di non pagare le quote dovrebbe rientrare. «È stata l’occasione per un chiarimento,
si va verso una ricomposizione» , hanno garantito fonti confindustriali nel precisare che ora la società
pubblica genovese pagherà la sua quota. La Marcegaglia ha partecipato a Roma anche alla nascita di
Unindustria, una fusione di quattro realtà territoriali (Roma, Frosinone, Rieti, Viterbo) voluta dal presidente Aurelio Regina che ora guida la seconda associazione per numero di soci all’interno di Confindustria. In giunta è approdata anche la discussione innescata da un articolo su Lavoce. info dell’ex direttore generale Innocenzo Cipolletta che ha sollevato il caso di una perdita di peso specifico di Confindustria se prevarranno i contratti aziendali sull’onda della Fiat e ha suggerito una quotazione più
ampia del Sole 24 Ore (attualmente in Borsa c’è solo il 30%) per ripianare le perdite e garantire più autonomia. A sollevare la questione è stato Alessandro Laterza, presidente della commissione cultura di
Confindustria e numero due della Luiss, dicendosi «sorpreso e dispiaciuto per i commenti critici che
arrivano da una persona amica per anni impegnata in prima linea con l’associazione degli imprenditori» . «Confindustria è attiva non solo nelle relazioni industriali— osserva Laterza— non è vero questo
ruolo di decadenza dopo la vicenda Fiat» .
Rassegna Stampa del giorno 27 GENNAIO 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina3
CCOORRRRIIEERREE DDEELLLLAA SSEERRAA
sseezz.. EEccoonnoom
miiaa ––
GGIIOOVVEEDDÌÌ,, 2277 GGEENNNNAAIIOO 22001111
DDAA UUNNOO DDEEII NNOOSSTTRRII IINNVVIIAATTII FFeeddeerriiccoo FFuubbiinnii
L’occupazione (e i salari)
a Oriente ora crescono di più
«È un passaggio di poteri: il lavoro si sposta verso Est»
DAVOS — «Non siamo noi a dover diventare come i cinesi, ma i cinesi a dover diventare come noi» , recitava giorni fa una scritta a Torino contro Sergio Marchionne. Visto da Davos, dove da ieri si ritrovano i
grandi manager e investitori del mondo, quella frase andrebbe forse rovesciata. Non sarebbe male per certi
europei e italiani, specie i più giovani, diventare un po’più come i loro coetanei asiatici: in alcuni casi, significherebbe guadagnare di più. Silenziosamente, il sorpasso dei salari fra Est e Ovest si sta consumando
in questi anni di crescita a due velocità, minima fra i «ricchi» e esplosiva per quasi tutti gli altri. Ieri
all’apertura del World Economic Forum di Davos per i partecipanti è stato impossibile aggirare
l’argomento: «Assistiamo a un passaggio di poteri» , ha detto il capo del gruppo indiano Wipro Azim
Premji. «I posti di lavoro si stanno spostando da Occidente a Oriente» , gli ha fatto eco la sua connazionale
Kiran Mazumdar-Shaw in un dibattito sui trenta milioni di disoccupati prodotti dalla crisi. Laura Tyson,
consigliera economica della Casa Bianca di Barack Obama, ha tentato una difesa d’ufficio: «Fino a cinque
anni fa» , ha ricordato, l’occupazione cresceva sia in America ed Europa che in Cina o in India. Per lei è la
recessione del 2009 la grande devastatrice del lavoro, non il boom delle nuove economie. Fosse così, il
tempo potrebbe chiudere almeno alcune delle ferite aperte. Eppure la metamorfosi, vista dai corridoi di Davos, corre sempre più in fretta. La concorrenza dell’Asia o dell’America Latina non si gioca più solo e
sempre a colpi di ribassi. Nelle mansioni di fabbrica è ancora così, naturalmente. Ma negli uffici di Milano,
Roma, Shanghai, San Paolo o Istanbul negli ultimi due anni sta accadendo l’opposto: un’inversione dei fattori che sposta il vantaggio dei bassi costi verso il vecchio mondo. Nel 2010 un giovane laureato al primo
anno di contratto in Italia guadagnava in media 995 euro netti, secondo la Fondazione Leone Moressa di
Mestre. Un coetaneo assunto come quadro intermedio a China Mobile a Shanghai prendeva invece
l’equivalente di mille dollari. Un manager responsabile di un’unità di cinque persone, in Vietnam, viaggia
sui 1.200 dollari al mese. E con salari del genere, a Shanghai o a Hanoi, possono conquistare un tenore di
vita più alto di quanto si possa fare con mille euro a Milano. Di questo passo, il sorpasso anche in valori assoluti appare imminente. In alcuni settori, specie nella finanza, è già una realtà maturata dal crash del 2008
in poi: secondo Michal Ron, capo della rete globale di Sace, il salario d’ingresso in una banca o in una
compagnia assicurativa è già più elevato oggi in Cina o in Turchia che in Italia. «A Shanghai la paga è di
2.500 euro lordi al mese e spesso i candidati hanno migliori titoli di studio e parlano meglio le lingue straniere» , dice Michal Ron. In Brasile il salario in banca al primo anno è pari a quello medio in I t a l i a ,
1.700-1.800 euro lordi. Però dopo dieci anni di carriera, i guadagni a San Paolo risultano doppi rispetto a
Milano e semmai allineati a quelli di New York. Molte città d’Europa sono già «low cost» . E per Laura
Tyson, l’economista della Casa Bianca, il fenomeno sta arrivando anche all’America: mentre gli emergenti
crescono, ha detto ieri Tyson a Davos, «da noi i bassi e medi compensi stanno calando» . Ieri a Davos contro la recessione del lavoro qualcuno ha pensato alla ricetta di Henry Ford: ridare il denaro nelle mani dei
propri dipendenti, in modo da spingerli a comprare nuove auto e innescare così un ciclo virtuoso di domanda e di crescita. Oggi è l’idea di sindacalisti come Philip Jennings, di Uni Global Union. Ma Arianna Huffington, fondatrice del giornale online Huffington Post, per la crisi dell’occupazione in Occidente ha accusato soprattutto i governi: «Parlano molto dell’emergenza occupazione ma non agiscono — ha detto — .
Eppure quando hanno voluto aiutare il sistema finanziario, lo hanno saputo fare molto in fretta» . Difficile
dimostrarsi altrettanto rapidi e efficaci in un mondo in cui, ha osservato l’economista Nouriel Roubini, «la
Cina cresce del 10%e la disoccupazione americana è quasi del 10%» . Ma il primo ritrovo di Davos dopo il
grande panico di Wall Street e nei Paesi dell’euro sembra dominato, più che dal sollievo, dal fattore tempo:
corre così in fretta che forse un giorno anche le scritte sui muri di Torino potrebbero cambiare.
Rassegna Stampa del giorno 27 GENNAIO 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina4
CCOORRRRIIEERREE DDEELLLLAA SSEERRAA
sseezz.. EEccoonnoom
miiaa ––
GGIIOOVVEEDDÌÌ,, 2277 GGEENNNNAAIIOO 22001111
M
Maassssiim
moo SSiiddeerrii m
mssiid
deerrii@
@ccoorrrriieerree.. iitt
Parmalat, i fondi puntano su Masera
Consob in campo. Accordo sulla lista tra MacKenzie, Skagen e Zenit sul 15,3%
MILANO — «Adesso saranno due mesi e mezzo d’inferno» commenta un banker vicino al dossier
Parmalat. L’assemblea per il rinnovo del vertice è in agenda per il prossimo 12 aprile. Ma le indiscrezioni del Corriere sull’intesa tra i fondi esteri per lavorare a una nuova lista finalizzata a stoppare un
«Bondi-ter» ha accelerato i tempi facendo emergere le mosse già in essere: su pressioni della Consob,
intervenuta in seguito alla fiammata in Borsa (+5,48%in chiusura dopo una seduta interamente sugli
scudi), ieri un gruppo di soci di Collecchio che detiene direttamente e indirettamente il 15,3%— Skagen, Mackenzie Financial Corporation e Zenit Asset Management — ha fatto sapere di aver firmato un
"accordo di coordinamento"che scadrà subito dopo l’assemblea per presentare una propria lista congiunta di candidati. Al lavoro ci sarebbe Lazard Italia anche se un mandato ufficiale non sarebbe stato
ancora siglato. Agli esperti della banca d’affari l’onere di trovare dei nuovi nomi per il dopo Bondi e
valutare il consenso che i neo-consiglieri potrebbero ricevere dal mercato. Allo stato attuale si starebbe
pensando a un presidente di garanzia come Rainer Masera, ex ministro del Bilancio ed ex amministratore delegato del Sanpaolo di Torino, la banca che al tempo del crac del 2003 aveva dovuto gestire il
maggior numero di correntisti coinvolti con i bond del latte Uht. La disponibilità di Masera sarebbe
ancora tutta da vagliare. Ma la sua eventuale candidatura potrebbe trovare l’empatia anche dell’altro
socio di Parmalat, in parte la sua ex banca: Intesa Sanpaolo che ad oggi detiene un 2,43%. Altri investitori con quote sotto l’1%avrebbero già manifestato l’apprezzamento informale per il piano SkagenMackenzie-Zenit. C’è inoltre chi ipotizza un ruolo per Carlo Salvatori, attuale presidente della stessa
Lazard Italia, che a Parma è stimato (è nel board della Fondazione Teatro Regio di Parma). A Collecchio la notizia è stata ricevuta con filosofia. L’amministratore delegato Enrico Bondi, un po’il «padre»
della Parmalat post Tanzi, sembra convinto di poter rimanere nella partita. In effetti i tempi sono lunghi. E il materiale su cui lavorare (utilizzo della casa da 1,4 miliardi per lo sviluppo e maggiori dividendi) c’è. In passato la lista Bondi era stata presentata da Lehman Italia che aveva anche accompagnato la società di nuovo in Borsa nel 2005. Dopo il crac anche della Lehman il testimone era stato
raccolto da Mediobanca che segue la società e che, secondo dati non aggiornati, avrebbe una quota poco al di sotto del 2%nel capitale del gruppo.
Rassegna Stampa del giorno 27 GENNAIO 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina5
CCOORRRRIIEERREE DDEELLLLAA SSEERRAA
sseezz.. EEccoonnoom
miiaa ––
GGIIOOVVEEDDÌÌ,, 2277 GGEENNNNAAIIOO 22001111
ddii GGiioovvaannnnii SSttrriinnggaa
Il Canton Ticino non ci sta:
«No alle lezioni sui paradisi fiscali»
MILANO— Oggi, a Lugano, si parla di paradisi fiscali. Con tanto di lezioni su società offshore, pianificazione fiscale, delocalizzazione d’impresa, residenza e seconda nazionalità, protezione
dell’anonimato e trust. E’una conferenza di un solo giorno, che però ha scatenato una «rivolta» nel
tranquillo Canton Ticino, arrivata adesso fino ai piani più alti della politica locale. «Non credo che la
piazza finanziaria ticinese abbia interesse per questo genere di iniziative organizzate da persone, istituti
o enti sconosciuti» , commenta senza troppi giri di parole Laura Sadis, consigliera di Stato e direttrice
del Dipartimento delle finanze e dell’economia del cantone, in altre parole una sorta di ministro locale
delle finanze. Proprio nessun interesse? «Questa iniziativa non rientra negli obiettivi di sviluppo delle
realtà cantonali, sembra piuttosto quasi una provocazione, o un’operazione di marketing di chi ha organizzato l’evento. E non è un caso se in molti, qui, si sono distanziati esplicitamente dalla conferenza» . Chi ha preso le distanze? «Diverse organizzazioni e realtà professionali del cantone, come
l’associazione bancaria ticinese, la camera di commercio, la federazione delle associazioni di fiduciarie
e i commercialisti » . L’economia locale, però, vive anche grazie ai capitali che arrivano dall’estero.
«Voglio ricordare che la Svizzera ha aderito nel 2009 alla convenzione dell’Ocse per le relazioni fiscali internazionali. E nel frattempo ha firmato decine di accordi sull’imposizione fiscale con diversi Paesi. Eppure, pur non essendo più nella "lista nera"dell’Ocse, Berna resta, per me inspiegabilmente, in
quella dell’Italia» . Sul sito della conferenza di oggi a Lugano c’è scritto che «molti imprenditori e professionisti italiani, strozzati dalla morsa fiscale, hanno deciso, recentemente, di approdare al mondo
dell’offshore attraverso strutture di Paesi considerati "paradisi fiscali"che offrono "società anonime"e
conti bancari offshore, con i quali è possibile operare pagando meno tasse o zero tasse, proteggendo il
proprio capitale con l’anonimato» . «Al di là delle interpretazioni di questi signori che hanno organizzato la conferenza, la posizione del Ticino e delle realtà cantonali è chiara, e lo dimostrano tutti quelli
che dall’evento si sono distanziati esplicitamente» .
Rassegna Stampa del giorno 27 GENNAIO 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina6
CCOORRRRIIEERREE DDEELLLLAA SSEERRAA
sseezz.. EEccoonnoom
miiaa ––
GGIIOOVVEEDDÌÌ,, 2277 GGEENNNNAAIIOO 22001111
ddii SStteeffaanniiaa TTaam
mbbuurreellloo
Mutui casa, moratoria fino a luglio
L’Abi: alla fine di novembre rate sospese per 35 mila famiglie, 4,4 miliardi
ROMA— Le famiglie in difficoltà finanziarie avranno sei mesi in più a disposizione per chiedere la
sospensione delle rate dei mutui che non riescono più a pagare. Lo ha annunciato ieri il presidente
dell’Abi, Giuseppe Mussari firmando coi responsabili delle 12 maggiori associazioni dei consumatori
l’accordo sulla proroga al 31 luglio del provvedimento in scadenza al 31 gennaio. Mussari ha sottolineato l'importanza dell'intesa che fornisce tranquillità a «chi magari ha perso il lavoro e non deve così
preoccuparsi della rata del mutuo» . Il presidente dell'Abi ha comunque rilevato come in Italia non si
segnalino grandi preoccupazioni sul fronte delle sofferenze anche se il presidente di Federconsumatori,
Rosario Trefiletti, ha osservato che nel biennio 2009-2010 i pignoramenti di immobili sono cresciuti
del 31%mentre sono 360 mila le famiglie che non riescono a pagare. Le domande per chiedere la sospensione fino a 12 mesi delle rate di un mutuo potranno dunque essere presentate fino al 31 luglio da
chi ha un imponibile fino a 40 mila euro e subisce entro il prossimo 30 giugno un evento negativo come la perdita del posto di lavoro. Oppure da chi è in ritardo nei pagamenti fino a 180 giorni. Ovviamente il beneficio non riguarda chi ne ha già usufruito. Finora, da febbraio a novembre 2010, le banche hanno sospeso mutui per 4,4 miliardi di euro a oltre 35 mila famiglie: la misura è stata applicata a
35.472 contratti di mutuo e la liquidità in più per far fronte alla crisi ha raggiunto una quota pari a 245
milioni di euro, consentendo ad ogni famiglia di disporre in media di 6.500 euro in più. La sospensione, nel maggior numero dei casi, ha riguardato l'intera rata mentre il motivo prevalente per ricorrere al
beneficio è stata la perdita del posto di lavoro. Il maggior numero di domande è stato registrato al Nord
con il 53,3%, seguito dal Centro (25,2%) e da Sud e Isole (21,5%). Anche sul fronte della moratoria
dei debiti delle imprese è stata individuata una soluzione anche se l’Abi e le associazioni imprenditoriali stanno ancora lavorando alla definizione dei vari strumenti a disposizione per evitare tensioni di
liquidità alle piccole e medie aziende. L’incontro tecnico decisivo si svolgerà al Ministero
dell’Economia lunedì prossimo, 31 gennaio, data di scadenza della proroga. Si è messa a punto
l’ipotesi di una riapertura dei termini, ma gli interventi più significativi saranno quelli di allungamento
delle scadenze dei finanziamenti in essere soprattutto per consentire alle aziende che vi hanno già fatto
ricorso un’uscita morbida dalla moratoria. Prevista anche la possibilità di mettersi al riparo dal rischio
dei tassi con l’utilizzo di derivati lineari.
Rassegna Stampa del giorno 27 GENNAIO 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina7
CCOORRRRIIEERREE DDEELLLLAA SSEERRAA
sseezz.. EEccoonnoom
miiaa ––
GGIIOOVVEEDDÌÌ,, 2277 GGEENNNNAAIIOO 22001111
ddii SSeerrggiioo BBooccccoonnii
Aumento Fonsai «senza Groupama»
MILANO— Anche l’assemblea Fonsai ieri ha avviato l’aumento da 460 milioni deliberando la relativa
delega al consiglio. E, come accaduto martedì per la holding Premafin, la società da dovuto rispondere
ad alcune richieste di precisazione della Consob. Così Fausto Marchionni, amministratore delegato
ormai in uscita della compagnia, ha reso noto che, oltre a Premafin, «non ci sono soggetti terzi che abbiano manifestato la disponibilità a sottoscrivere quote dell’aumento» . Ciò significa che Groupama,
che nei giorni scorsi ha indicato a Consob la volontà di entrare anche direttamente nella compagnia
con il 17-20%e dichiarato pubblicamente che ciò potrebbe avvenire in occasione della ricapitalizzazione, per il momento non ha ancora reso noto se l’ingresso avverrà proprio in quella sede. D’altra parte
c’è tempo, visto che il via alle operazioni è previsto entro l’estate. Marchionni ha comunque risposto
su Groupama che Fonsai «non è la sede per discutere, anche perché l'ingresso dei francesi non è da
noi» . Il top manager ha quindi indicato che L'indebitamento finanziario netto consolidato di Fonsai è
di circa 1,56 miliardi, in calo di 110 milioni rispetto a fine 2009. In caso poi di integrale esecuzione
dell'aumento di capitale il margine di solvibilità della compagnia «migliorerebbe di circa 20 punti percentuali» e, al 31 dicembre 2010 «si attesterebbe a circa il 122%» . Oggi infine Marchionni dovrebbe
lasciare nel corso del consiglio in calendario. Ieri ha detto: «Ammesso che questa uscita ci sia, sarebbe
concordata e nel segno della continuità» . E Salvatore Ligresti ha risposto così a chi gli ha chiesto un
giudizio sul rapporto con Marchionni, da 45 anni nel gruppo: «Meglio di così non poteva essere» .
Rassegna Stampa del giorno 27 GENNAIO 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina8
CCOORRRRIIEERREE DDEELLLLAA SSEERRAA
sseezz.. EEccoonnoom
miiaa ––
GGIIOOVVEEDDÌÌ,, 2277 GGEENNNNAAIIOO 22001111
ddii RR.. PPoo..
Maxibond in arrivo
Fiat Industrial vola a Piazza Affari
MILANO — Scommesse sui conti da un lato, attese per l’arrivo di un bond dall’altro. Volano entrambi
i titoli del Lingotto ma, alla vigilia del consiglio che oggi approverà l’ultimo bilancio della «vecchia»
Fiat, è soprattutto Industrial la protagonista del listino. E sono anche le indiscrezioni su un’imminente
emissione obbligazionaria da 2,2 miliardi, destinata a rifinanziare un prestito ottenuto il mese scorso, a
trascinare le azioni della holding di camion e macchine agricole. Risultato: Industrial, da cui il mercato
si attende sempre mosse sul terreno delle alleanze (in particolare per Iveco), va all’insù per l’intera seduta, viene sospesa per eccesso di volatilità, chiude con un guadagno dell’8,33%a quota 10,66 euro.
Anche l’auto conferma il trend rialzista. Meno marcato, però con il titolo ormai stabilmente sopra i 7
euro: Fiat Spa lascia il listino a 7,39, dunque con un incremento dell’1,86%, e in questo caso la spinta
viene soprattutto dalle previsioni sui conti. Sono in parte già scontate, ma la scommessa degli operatori
continua a puntare su risultati migliori delle aspettative. Sergio Marchionne aveva parlato, per la «vecchia» Fiat Group, di utili netti intorno ai 400 milioni contro le perdite per 848 del 2009. Il copione cui
la Borsa si è abituata dice che ogni anticipazione dell’amministratore delegato va presa come volutamente (ovvio) «conservativa» : la media del consensus tra gli analisti stima in effetti i profitti netti intorno ai 455 milioni, con un risultato della gestione ordinaria positivo per 2,17 miliardi. A
quest’ultimo, Fiat Group Automobiles (il «cuore» della nuova Fiat Spa) dovrebbe contribuire con 585
milioni: un dato che le previsioni per la stessa Spa danno in crescita fino a 1,21 miliardi quest’anno, a
1,56 nel 2012, a 1,94 nel 2013. Le stime incorporano, ovviamente, le aspettative sul piano industriale
con relativo lancio di nuovi modelli. E qui la scommessa si chiama soprattutto Alfa Romeo, da sola o
in «alleanza» produttiva con Jeep (come accadrà a partire da Mirafiori). Il braccio di ferro con la Fiom
— che per oggi ha convocato lo sciopero generale dei metalmeccanici— la Borsa l’ha archiviato insieme al referendum torinese. Idem le discussioni tra sindacati e Federmeccanica (o le stesse polemiche interne a Confindustria) sulle regole ad hoc per l’auto, se non sull’introduzione tout court di contratti aziendali sostitutivi di quelli nazionali. Per i mercati la sfida è già l’altra, quella vera, quella di
produzione e vendite da aumentare. Le promesse, per il Lingotto, le ha ribadite ieri Harald Wester:
l’amministratore delegato di Alfa Romeo conferma che l’obiettivo di vendita 2011 del marchio è di
165-170 mila auto (di cui 100 mila Giulietta), che sia la Giulia sia il Suv Alfa-Jeep arriveranno nelle
concessionarie a fine 2012, che il ritorno del brand negli Usa è previsto in contemporanea.
Rassegna Stampa del giorno 27 GENNAIO 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina9
CCOORRRRIIEERREE DDEELLLLAA SSEERRAA
sseezz.. EEccoonnoom
miiaa ––
GGIIOOVVEEDDÌÌ,, 2277 GGEENNNNAAIIOO 22001111
DDAALL NNOOSSTTRROO IINNVVIIAATTOO SStteeffaannoo M
Moonntteeffiioorrii
Segreti ai cinesi,
Renault accusa il controspionaggio
«Le inchieste degli 007 di Stato ci danneggiano»
PARIGI — «Il caso Renault non sarà un nuovo affare Bettencourt, non possiamo subire queste continue fughe di informazioni, anzi di disinformazioni» , dice Jean Reinhart, l’avvocato del costruttore automobilistico, furibondo perché la stampa ha parlato di una perquisizione allo stabilimento Renault di
Guyancourt, appena fuori Parigi. Più che con i giornali (il Parisien, in particolare), Renault ce l’ha con
il controspionaggio francese, la Dcri (Direction centrale du renseignement intérieur), che su incarico
della procura di Parigi sta conducendo dal 13 gennaio l’inchiesta per spionaggio industriale ai danni di
Renault: senza preoccuparsi abbastanza della riservatezza dell’indagine, a parere della società. «La
Dcri sta portando all’attenzione del pubblico una serie di elementi che danneggiano la qualità
dell’inchiesta, la nostra immagine, e la serietà di ciò che è stato fatto da Renault dall’inizio della vicenda» , ha aggiunto ieri l’avvocato Reinhart. Qui sta il punto: i tre quadri della Renault, Mathieu Tennenbaum, Michel Balthazard e Bertrand Rochette, sospettati di avere ceduto alla Cina i segreti
dell’auto elettrica francese, sono stati messi sotto osservazione a partire dall’agosto 2010 per volere del
presidente del gruppo Renault-Nissan, Carlos Ghosn: è stato un detective privato a raccogliere gli elementi che hanno poi portato al licenziamento dei tre dipendenti (che continuano a dirsi innocenti). La
Renault ha avvisato le autorità, presentando denuncia, solo a gennaio. «Volevamo raccogliere le prove
senza che tutti lo venissero a sapere» , ha spiegato Ghosn, ma il controspionaggio francese, investito
della questione con mesi di ritardo, non ha gradito. La cessione alla concorrenza di informazioni cruciali sulla tecnologia dell’auto elettrica, frutto di investimenti e ricerche per quattro miliardi di dollari,
sta provocando una lite aperta tra la sicurezza privata della Renault e gli inquirenti pubblici: al controspionaggio non è stato ancora fornito alcun elemento Toyota lancia auto, di cui dovranno di potenziali
raccolt o d a l detective della società, e la Dcri da parte sua non ha interrogato i tre dipendenti licenziati; si è per ora limitata a sequestrare i loro computer, nel corso della visita allo stabilimento di Guyancourt, e ad ascoltare alcuni colleghi, dicendo loro — secondo l’avvocato Reinhart — che «le cose sarebbero andate molto diversamente se la Dcri fosse stata coinvolta subito» . «Ma chi ha 37.2 ° di febbre al mattino chiama subito il medico?— spiega l’avvocato— . Due lettere anonime ci hanno avvisato
di alcune irregolarità sospette e abbiamo cercato di verificare. Quando siamo stati sicuri che c’erano le
prove di spionaggio industriale, abbiamo avvertito le autorità» . Quanto alla «pista cinese» , manca ancora una conferma ufficiale, e Pechino ha solennemente smentito il coinvolgimento di una sua azienda.
La Dcri sta ora cercando di scoprire l’autore delle lettere anonime che prima dell’estate hanno dato inizio al caso, ma il conflitto senza precedenti tra le spie di Stato e l’azienda che nello Stato francese ha il
suo primo azionista (al 15 per cento) è ormai scoppiato.
Rassegna Stampa del giorno 27 GENNAIO 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina10
llaa RReeppuubbbblliiccaa
sseezz.. EEccoonnoom
miiaa ––
GGIIOOVVEEDDÌÌ,, 2277 GGEENNNNAAIIOO 22001111
ddii LLUUIISSAA GGRRIIOONN
Nel 2010 consumi al palo,
giù gli alimentari
Confindustria: ripresa globale vigorosa, ma l’Italia non tiene il passo
ROMA - Gli altri crescono, noi non teniamo il passo: il Pil italiano ha il fiatone e la domanda di consumi - segnale importante per capire come sta il Paese - è praticamente ferma. L´allarme è di Confindustria, i dati sono dell´Istat. Entrambi segnalano che, se nel resto del mondo l´economia dà segnali di
ripresa, l´Italia lotta ancora per lasciarsi il peggio alle spalle.
Emblematico il caso delle vendite al dettaglio: fra ottobre e novembre 2010 hanno segnato un calo
dell´0,3 per cento, legato soprattutto ai carrelli della spesa alimentare più leggeri (meno 0,5 per cento). Facendo un passo indietro e mettendo a confronto novembre 2009 con lo stesso mese del 2010 il
segno ritorna positivo (più 1 per cento). Ma si tratta di poca cosa visto che il punto di partenza combacia con il periodo più buio della crisi. Sui volumi del venduto insomma non ci siamo: il ritorno ai
discount (quelli alimentari nell´ultimo anno aumentano le vendite del 2,6 per cento) dimostra che chi
ha poca disponibilità economica guarda prima di tutto al prezzo e comunque compera di meno.
Il quadro preoccupa sia i commercianti - che chiedono «interventi coraggiosi di rilancio» - che le associazioni dei consumatori: Adusbef e Federconsumatori sottolineano che anche i saldi, rispetto allo
scorso anno, sono in calo fra il 9 e l´11 per cento.
Per Confindustria il segnale è chiaro. «La ripresa globale è tornata vigorosa, ma l´Italia non tiene il
passo: il Pil fa fatica ad andare oltre l´1 per cento». «C´è un problema di crescita su cui tutto il Paese
si deve concentrare», commenta Emma Marcegaglia, presidente degli industriali, «Siamo di fronte ad
un´economia globale che sta accelerando: la Germania va bene, gli Stati Uniti vanno verso una crescita molto alta ed una parte dell´Asia continua a crescere». In Italia invece «c´è un problema che
viene da lontano e sta continuando anche nella velocità di uscita dalla crisi». Confindustria quindi
vuole soluzioni, anche se - riferendosi al giudizio negativo («insufficiente») espresso nei giorni scorsi la Marcegaglia precisa che la sua «non era volontà di attaccare l´Esecutivo: l´Italia ha bisogno di essere governata».
La Cgil approva quest´uscita dal guscio: «Confindustria ha dato troppa fiducia alle manovre e alle
scelte del governo in nome del rigore: è ora che alzi la voce - dice la leader Susanna Camusso - senza politiche di stimolo e di equità fiscale è difficile che l´Italia esca dalla stagnazione».
Rassegna Stampa del giorno 27 GENNAIO 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina11
llaa RReeppuubbbblliiccaa
sseezz.. EEccoonnoom
miiaa ––
GGIIOOVVEEDDÌÌ,, 2277 GGEENNNNAAIIOO 22001111
ddii LLUUCCIIOO CCIILLLLIISS
Nuova intesa tra l’Abi e le associazioni dei consumatori. Mussari: 245 milioni in più per
le famiglie
Mutui, moratoria sulle rate fino a luglio
ROMA - Le famiglie in difficoltà potranno richiedere, entro il 31 luglio, la sospensione del pagamento
del proprio mutuo per un anno. Per molti italiani alle prese con disoccupazione, o la cassa integrazione, l´accordo siglato ieri tra l´Abi e dodici associazioni dei consumatori, rappresenta una vera e propria boccata di ossigeno. Infatti, secondo il presidente dell´associazione bancaria Giuseppe Mussari,
in seguito a questa intesa, gli istituti di credito hanno accettato di sospendere le rate a più di 35mila
famiglie, per un ammontare di 4,4 miliardi di euro (dati del novembre scorso). L´accordo ha così fatto
risparmiare una somma non indifferente agli italiani in difficoltà: la media calcolata dall´Abi è di circa
6.500 euro di liquidità in più a disposizione di ogni famiglia, per un totale di 245 milioni di euro.
Le condizioni per poter richiedere il congelamento delle rate, prevedono che il valore dei mutui non
superi i 150mila euro per l´acquisto, la costruzione o la ristrutturazione della prima casa, e che siano
stati stipulati da famiglie con redditi entro i 40mila euro. Un´altra condizione per poter richiedere la
moratoria di un anno, è che nel biennio 2009-2010 gli intestatati abbiano subito la perdita del posto di
lavoro o la messa in cassa integrazione. La proroga permetterà, dunque, di allungare i termini della
richiesta al 31 luglio. Ma cosa spinge una famiglia a richiedere la sospensione del pagamento di un
mutuo? Al primo posto, secondo le statistiche dell´Abi, con l´88% si chiede lo stop dell´intera rata a
causa della perdita del posto di lavoro subordinato, mentre il maggior numero di domande ammesse
al blocco si registra nel Nord del Paese con il 53,3%, seguito dal Centro (25,2%) e da Sud e Isole
(21,5%).
L´accordo, sottoscritto da Abi, Acu, Adiconsum, Adoc, Assoutenti, Casa del consumatore, Cittadinanzattiva, Confconsumatori, Federconsumatori, Lega consumatori, Movimento consumatori, Mdc e Unc,
stabilisce delle condizioni minime alle quali le banche possono aderire. Anche se, ha sottolineato
Mussari, 172 istituti, pari al 64% del mercato, proporranno condizioni «migliorative» rispetto
all´accordo. Ma Federconsumatori, pur apprezzando l´iniziativa, ricorda che c´è ancora molto da fare:
secondo il numero uno Rosario Trefiletti «in due anni i pignoramenti di case sono cresciuti del 31%
mentre 350 mila famiglie faticano a pagare il mutuo».
Rassegna Stampa del giorno 27 GENNAIO 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina12
llaa RReeppuubbbblliiccaa
sseezz.. EEccoonnoom
miiaa ––
GGIIOOVVEEDDÌÌ,, 2277 GGEENNNNAAIIOO 22001111
ddii RROOBBEERRTTOO PPEETTRRIINNII
La sfida del voto
Il federalismo sul filo del rasoio
E nel mille proroghe spunta un condono edilizio
Trattativa governo-Anci, ma l’opposizione dice no. Tremonti: passo verso l´Europa
Il federalismo sul filo del rasoio l´Anci tratta, l´opposizione dice no
Vertice tra Anci, Calderoli e il ministro Tremonti Chiamparino: non c’
è l’
accordo
ROMA - Giornata al cardiopalma e finale in stallo per il federalismo municipale. Scende in campo in
mattinata lo stesso ministro dell´Economia, Giulio Tremonti, per assicurare che il federalismo è «un
passo verso l´Europa», che è «irreversibile» e che sarà la «prima riforma fiscale del nuovo secolo».
Per indorare la pillola dell´aumento delle addizionali Irpef aggiunge: «Non sarà un obbligo per i Comuni ma una facoltà». Così è Pier Ferdinando Casini a gelare il clima: «Il Terzo polo voterà contro»,
annuncia in tarda mattinata. Allora si muove anche Bossi che minaccia: «Chi vota no in futuro non potrà fare accordi con la Lega». Tutto ciò mentre ha ricominciato ad impazzare il gioco del pallottoliere
tra i trenta membri della «Bicameralina» sul federalismo chiamati ad esprimersi sul nuovo testo che si
attende per oggi e dove la maggioranza è a forte rischio.
Intanto un emendamento nascosto nel decreto milleproroghe riapre di fatto il condono edilizio. Il testo,
firmato da 17 senatori del centrodestra, dà la possibilità di presentare fino al 31 dicembre 2011 una
domanda di sanatoria per gli abusi. Formalmente il provvedimento è limitato alle irregolarità commesse entro il 31 marzo 2003, l´anno dell´ultimo condono. Tuttavia non è difficile immaginare che ci sarà
chi cercherà di presentare abusi recenti - o meglio ancora da realizzare nei prossimi mesi - come episodi precedenti al 2003.
Tornando al federalismo gli occhi ieri si sono puntati sull´incontro tra i diretti interessati: il presidente
dell´Anci, Sergio Chiamparino è salito al Tesoro per incontrare Tremonti e Calderoli. Dopo un lungo
vertice Chiamparino è tuttavia uscito senza l´annuncio definitivo: «Non c´è accordo, ma la trattativa
continua». I Comuni hanno presentato i loro emendamenti sui quali il governo avrebbe garantito «disponibilità» e ora attendono la risposta di Calderoli che si è detto «ottimista» e che oggi presenta il
suo pacchetto di modifiche. Sul tavolo le richieste dei Comuni che vogliono l´aumento delle addizionali Irpef fin da quest´anno per evitare incertezze (solo per i 4.840 Municipi sotto lo 0,4%); da
quest´anno anche l´imposta di soggiorno e dal 2012 la garanzia che nessun sindaco sia costretto ad
andare in «rosso». Si tratta anche sulla base imponibile dell´Imu-possesso che potrebbe aumentare
(entrerebbero anche attività professionali) e di conseguenza l´aliquota potrebbe scendere al 7,5 per
mille (dal 10,6 emerso in precedenza).
«Ai Comuni abbiamo dato tutto» tuona Bossi. Ma seppure i sindaci dovessero essere accontentati la
partita si sposterebbe sul piano politico e di riflesso sul conteggio dei voti in "Bicameralina". «Se è solo una bandierina diremo di no», ha avvertito il leader del Pd Bersani e il democrarico Stradiotto ha
avvertito l´Anci di «non barattare il motore con la benzina». Oltre al Terzo polo orientato a votare no
(due Udc, la Api Lanzillotta e in attesa di vedere il testo Mario Baldassarri del Fli), c´è incertezza anche da parte della Helga Thaler della Svp. Blindati solo i voti di Pdl e Lega (14 sui trenta totali della
Commissione bicamerale sul federalismo) mentre, paradossalmente, Di Pietro ancora non ha deciso
di votare contro e un paio di volte ieri ha ripetuto che «prima di bocciare il federalismo vuole sapere
cos´è».
Rassegna Stampa del giorno 27 GENNAIO 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina13
llaa RReeppuubbbblliiccaa
sseezz.. EEccoonnoom
miiaa ––
GGIIOOVVEEDDÌÌ,, 2277 GGEENNNNAAIIOO 22001111
ddii VVIITTTTOORRIIAA PPUULLEEDDDDAA
Marchionni pronto a lasciare Fonsai
via libera all’aumento da 460 milioni
Il consorzio di garanzia del Credit Suisse appeso al giudizio Consob
Gli analisti stimano per fine anno perdite per circa 500 milioni al netto delle plusvalenze
TORINO - «Grazie ingegnere, grazie presidente» e grazie anche «a tutti quelli che hanno lavorato
sopra e sotto di me: viva Fondiaria Sai». Si consuma così l´addio - sostanziale - di Fausto Marchionni
dalla plancia di comando di Fonsai, nel corso dell´assemblea che ha dato l´ok all´aumento di capitale
fino a 460 milioni di euro, da attuarsi entro il primo semestre del 2011. Un addio sostanziale, accompagnato dalle parole di stima di Salvatore Ligresti («Meglio di così non poteva essere») e comunque
concordato, ha sottolineato più volte Marchionni, ma formalmente per ora solo ipotizzato. Nella sostanza, dovrebbe diventare realtà oggi, durante il consiglio di amministrazione di Fondiaria.
Ma ieri, a Torino, ancora una volta ha tenuto banco indirettamente la Consob. Con le sue domande
su indebitamento, modalità di esecuzione dell´aumento di capitale, impegni del consorzio di garanzia.
Un punto molto delicato: il Credit Suisse, infatti, si è impegnato a sottoscrivere tutto l´eventuale inoptato, a parte la quota di 100 milioni sottoscritta da Premafin. Quindi, il presupposto è che ci sia
l´aumento di capitale della holding, a sua volta subordinato all´ingresso dei francesi con una quota del
17% e dunque al fatto che la Consob esoneri la società dall´obbligo di lanciare l´Opa. Morale: se il disco verde dell´autority non ci fosse, molte cose sarebbero da ripensare.
Molte, ma non tutte: l´aumento di capitale per Fonsai resta una necessità, con o senza consorzio di
garanzia; con o senza arrivo dei francesi al piano alto (anche se i medesimi hanno anticipato la possibilità di prendere una quota anche al piano di sotto); con o senza il coinvolgimento di Premafin.
L´unica certezza è che Fonsai ha bisogno di mezzi freschi. Ancora una volta sono i numeri a dirlo:
considerando l´esecuzione integrale dell´aumento da 460 milioni, ha spiegato ieri Marchionni, il margine di solvibilità della compagnia migliorerà di circa 20 punti percentuali. Dunque, a fine dicembre «si
attesterebbe a circa 122%» con l´aumento; si fermerà a 102% o giù di lì prima dell´aumento, se ne
deduce. Da qui l´assoluta necessità di rafforzare patrimonialmente la società (gli analisti si aspettano
per fine anno una perdita consolidata vicina ai 500 milioni) nonostante i 100 milioni di plusvalenze da
cessioni (per la vendita di Torre Velasca, a Milano, invece ci vorrà un po´ più di tempo).
E allora, se i francesi si tirassero indietro? Confermato che non esiste un "piano B", Marchionni ha
aggiunto che il cda «valuterà eventuali modifiche agli accordi sottoscritti ed aventi per oggetto
l´integrale sottoscrizione dell´eventuale inoptato dell´aumento di capitale». Gli accordi con il consorzio
di garanzia infatti erano stati «definiti sul presupposto che ci sia l´aumento» di Premafin e che questa
metta almeno 100 milioni in Fonsai. Comunque, ha detto ancora l´ad, «si attende con fiducia il pronunciamento dell´autorità per poter procedere alla sua esecuzione nei tempi e nei modi stabiliti».
A questo punto, non resta che aspettare la Consob.
Rassegna Stampa del giorno 27 GENNAIO 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina14
llaa RReeppuubbbblliiccaa
sseezz.. EEccoonnoom
miiaa ––
GGIIOOVVEEDDÌÌ,, 2277 GGEENNNNAAIIOO 22001111
ddii GGIIUULLIIAANNOO BBAALLEESSTTRREERRII
La società dà mandato a Merrill Lynch su una valutazione di 1,2 miliardi. Axa, Charterhouse e Cinven interessati
Giochi Preziosi in vendita,
esce Clessidra
Il presidente: “Spero sia la mia ultima operazione, poi c’
è l’
approdo alla Borsa”
MILANO - Archiviata la quotazione in Borsa, la Giochi Preziosi è alla ricerca di un nuovo partner finanziario. Dopo 3i e Clessidra, Enrico Preziosi sta lavorando all´ingresso di nuovo socio, il terzo dal
2005 a oggi: «Un fondo che abbia un´ottica più di lungo periodo. Pronto a investire su un progetto di
4-5 anni», spiega il presidente. Più a lungo insomma di quanto fatto dai precedenti soci. In realtà
Clessidra sarebbe voluta uscire con la quotazione in Borsa, un´operazione possibile oggi solo a forte
sconto. Ecco quindi la decisione di procedere al terzo buy-out del gruppo. In prima fila Axa Private
Equity, gli inglesi di Charterhouse e Cinven, ma la settimana prossima Merrill Lynch invierà il dossier
a tutti i principali fondi europei con l´obiettivo di chiudere l´operazione entro marzo. Di certo Preziosi
non ha intenzione di mettersi da parte: «Reinvestirò quanto necessario per avere una quota importante. Non ho intenzione di andare in pensione, ma probabilmente questo sarà il mio ultimo piano industriale a largo respiro. Voglio raddoppiare il fatturato, da uno a due miliardi». L´operazione ripropone
lo schema di tre anni fa: gli azionisti (Preziosi al 42%, il veicolo di Clessidra, Lauro22, al 38%, Intesa
Sanpaolo al 14,25% e Idea al 5%) venderanno il 100% della società a una nuova holding. Una scatola della quale Enrico Preziosi avrà una quota intorno al 35% e dove sarà affiancato dal partner che si
aggiudicherà il beauty contest. Non è escluso che nella partita entri anche Tamburi Investment Partner, puntando a una quota di minoranza del 5-10%.
Insomma lo stesso schema dell´ultimo buy-out, ma a un prezzo molto più alto: 730 milioni l´enterprise
value del 2008, 1,2 miliardi quello del 2011. La richiesta di Preziosi però è chiara: «Chi salirà a bordo
dovrà condividere i nostri progetti, spingere sulla crescita negli Stati Uniti, aumentare il valore e i posti
di lavoro». Senza toccare la struttura manageriale: Preziosi presidente, Oddone Pozzi e Dario Bertè
confermati alla guida. Insomma il nuovo socio dovrà soprattutto investire. E molto. Il piano a cui stanno lavorando gli advisor di Merrill Lynch prevede una leva molto contenuta. A fine 2010 il debito della
Giochi Preziosi ammontava a 279 milioni, ma a giugno dovrebbe scendere a 250 milioni: la volontà
della proprietà è mantenere l´indebitamento sotto la soglia dei 500 milioni, pari a quattro volte l´ebitda
(115 milioni a giugno 2010). Il nodo resta insomma quello dell´equity. Al netto del debito per comprare
la Giochi Preziosi servono 900 milioni, 650 in contanti. Il presidente è pronto a metterne sul piatto
200, gli altri dovrà tirarli fuori il futuro sposo: «Spero che questa sia l´ultima operazione. Poi vorrei
portare il gruppo in Borsa».
Rassegna Stampa del giorno 27 GENNAIO 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina15
llaa RReeppuubbbblliiccaa
sseezz.. EEccoonnoom
miiaa ––
GGIIOOVVEEDDÌÌ,, 2277 GGEENNNNAAIIOO 22001111
La Federal Reserve ha deciso di mantenere il costo del denaro sotto lo 0,25 per cento
Tassi Fed fermi, i mercati apprezzano
Wall Street ai massimi dal 2008
A sostenere gli scambi del Dow Jones anche la crescita del mercato immobiliare e le parole di Obama
MILANO - La Fed tranquillizza i mercati. Meglio la trappola della liquidità che una stretta monetaria,
almeno secondo Ben Bernanke che ieri sera ha deciso di non muoversi. I tassi americani restano
quindi fermi sotto lo 0,25%: una decisione probabilmente non condivisa dagli economisti keynesiani,
ma apprezzata dalle Borse di tutto il mondo. E ieri in apertura il Dow Jones è tornato sopra il muro dei
12mila punti, toccando il massimo dal 2008. Un risultato aiutato anche dai commenti positivi al discorso del presidente Obama sullo stato dell´Unione.
A incidere positivamente sulla seduta sono stati anche i dati sulle vendite di case nuove negli Stati
Uniti. Se i prezzi per le compravendite continuano a calare, sono tornati a crescere quelli relativi alle
nuove abitazioni: a dicembre il costo medio si è attestato a 241.500 dollari. Con un balzo dell´8,5%
rispetto allo stesso periodo del 2009. Al di là del controvalore, a dicembre gli acquisti sono aumentati,
rispetto a novembre, del 17,5%, il miglior dato dal 1992. Ma soprattutto un risultato inaspettato da tutti: gli analisti puntavano, infatti, su una crescita del 3,1%.
Su base annuale, tuttavia, le vendite sono diminuite del 7,6%, ma è un dato che non stona: il numero
di nuove case disponibili per la vendita è sceso a dicembre a 190mila, che agli attuali ritmi di vendite
corrisponde a uno stock di sette mesi, mentre a novembre le giacenze superavano gli otto mesi. Su
base regionale, le vendite sono aumentate del 71,9% nel west, del 3,2% nel midwest e dell´1,8% nel
sud. In calo invece del 5% le vendite nel nordest. Ma tra gli operatori la sensazione è che la ripresa
sia iniziata.
A Londra l´indice Ftse ha chiuso in progresso dello 0,87% a 5.969 punti, a Parigi il Cac40 ha segnato
un +0,73% a 4.049 punti, mentre il Dax di Francoforte è avanzato dello 0,97% a 7.127 punti. Bene
anche Piazza Affari con il Ftse Mib che ha guadagnato lo 0,31% a 22.007 e il Ftse Italia All-Share è
avanzato dello 0,30% a 22.637: in luce soprattutto i titoli del food and beverage (+4,12%), i tecnologici (+3,64%), i chimici (+3,26%), beni e servizi per le industrie (+2,60%), industrie (+2,26%). Lettera su
banche (-1,43%), e finanziari (-0,92%).
(gi.ba.)
Rassegna Stampa del giorno 27 GENNAIO 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina16
llaa RReeppuubbbblliiccaa
sseezz.. EEccoonnoom
miiaa ––
GGIIOOVVEEDDÌÌ,, 2277 GGEENNNNAAIIOO 22001111
ddii AARRTTUURROO ZZAAM
MPPAAGGLLIIOONNEE
Crisi, j’accuse del Congresso Usa
“Si poteva evitare, ecco i responsabili”
Nel mirino Greenspan e Bernanke, ma anche Bush e Clinton
A crisi già esplosa, la risposta è stata molto contraddittoria: salva Bear Stearns, fa fallire invece la Lehman Brothers
Al momento della loro introduzione, Clinton non ha regolamentato i derivati over the counter, negoziati su mercati alternativi
Sottovaluta l´impatto della crisi dei subprime (mutui immobiliari), non previene il collasso finanziario
Non ha creduto alla regolamentazione dei mercati. Negligente nell´opporsi ai titoli tossici immobiliari
NEW YORK - La tempesta finanziaria che nel 2008 ha messo in ginocchio il capitalismo globale e innescato la
grande recessione «poteva essere evitata». Questa la conclusione di una commissione di inchiesta ad hoc,
composta da sei democratici e quattro repubblicani, che per mesi ha ricostruito le vicende di Wall Street, raccogliendo 700 testimonianze, organizzando 19 giorni di udienza e passando al vaglio montagne di documenti.
Domani la Financial crisis inquiry commission - questo il nome della commissione - presenterà un rapporto conclusivo di 576 pagine avallato dalla maggioranza, oltre a due documenti diversi preparati dai repubblicani, tra
cui quello del «dissidente» Peter Wallison, secondo cui tutte le colpe vanno ricercate nelle misure per favorire la
proprietà immobiliare. La maggioranza dei commissari è invece convinta che le cause principali della crisi soino
altre: le carenze nei controlli pubblici, la cattiva gestione di alcuni gruppi finanziari e l´eccessiva propensione al
rischio da parte di Wall Street.
Il rapporto indica per nome anche i due massimi responsabili: Alan Greenpsan e Ben Bernanke, i due presidenti
succedutisi al vertice della Federal Reserve. Il primo viene accusato di aver alimentato la bolla edilizia senza
capirne le implicazioni; il secondo di non aver previsto il terremoto, pur essendo intervenuto subito ed efficientemente per limitarne i danni.
Adesso le incertezze finanziarie sembrano ormai superate, il Dow Jones è tornato ai livelli del giugno 2008 e
non c´è più il timore di una crisi sistemica. «Due anni dopo la peggiore recessione mai vista da quasi tutti noi, i
mercati azionari ruggiscono di nuovo», ha notato l´altro ieri Barack Obama nel discorso sullo Stato dell´Unione.
«I profitti societari - ha aggiunto il presidente - stanno salendo e l´economia è in crescita». Ma al di là delle preoccupazioni che ancora permangono soprattutto sul fronte occupazionale, del debito publico e del mercato della
casa, il rapporto della commissione di inchiesta invita gli Stati Uniti e il mondo a non girare pagina troppo presto
e soprattutto a non prendere per buono quello che hanno detto in molti: cioè che nessuno sarebbe stato in grado di prevedere la crisi, né di evitarla. «Se accettiamo questa spiegazione - dicono i commissari presieduti da
Phil Angelides - sarà inevitabile un´altra crisi».
Il rapporto minimizza il ruolo di alcuni fattori che, all´inizio della tempesta, erano considerati molto importanti: innanzitutto i bassi tassi di interesse varati dalla Fed di Greenspan dopo la recessione del 2001; poi il comportamento di Fannie Mae e Freddie Mac, i due giganti, allora semipubblici e ora completamente in mano allo stato,
che sostengono il mercato dei mutui; e infine la politica di promozione e diffusione della proprietà immobiliare
varata dalla Casa Bianca. Questi tre non sono stati, secondo la commissione, gli elementi scatenanti. Gli errori
più gravi, invece, vanno ricercati nel comportamento della Fed, nella scarsa efficacia dei controlli pubblici e in
alcune decisioni superficiali della Casa Bianca di Bill Clinton, prima, e poi in quella di George W. Bush.
Nel 2000, ai tempi di Clinton, furono i democratici a escludere i prodotti derivati dalla regolamentazione sulla finanza. E secondo il rapporto si trattò di «una svolta - chiave verso la crisi». Alla presidenza Bush si imputa una
«risposta contradditoria» all´emergenza finanziaria, esemplificata dal salvataggio della Bear Stearns e poi dalla
decisione di far fallire la Lehman Brothers. La commissione evidenzia l´incompetenza e la passività degli organi
pubblici di controllo, a cominciare dalla Sec. Le banche - è anche spiegato nel rapporto - impacchettavano i
vendevano titoli legati ai mutui subprime senza rendersi ben conto di quel che facevano: «E come Icaro, non
avevano paura di volare sempre più vicino al Sole».
Rassegna Stampa del giorno 27 GENNAIO 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina17
La Fiba-Cisl
Vi augura
una giornata serena!!
Arrivederci a domani 28
per una nuova
rassegna stampa!
Rassegna Stampa del giorno 27 GENNAIO 2011
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
pagina18