Leggi la Lettera Premiata

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Leggi la Lettera Premiata
Malnate, 16/11/’15
Cara Giò,
ciao, come stai?
Effettivamente penso che un semplice e banale ciao sia una parola decisamente più
appropriata per iniziare una conversazione, anziché i nostri:- Sei online? Ci sei?
Rispondimi!
Credo sinceramente che tutte queste innovazioni tecnologiche ci stiano allontanando da
noi stessi, come se ci fossimo perduti in un mare digitale che ci inghiottisce ed attrae
sempre più in profondità, attirati da quell'incessante silenzio che viene spaccato dal suono
affrettato di tasti del computer, che aspettano di essere pigiati e consumati dall' ansia di chi
risponde.
Tutt'altro è sicuramente l'arte dello scrivere e, ora come ora, ne ho più bisogno di quanto
voglia ammettere...senza limiti di battute, di tempo: scrivere ti concede di essere te stesso,
in un mondo sempre meno compatibile con noi.
La tranquillità che spande un semplice e spoglio foglio, accompagnato dall'irregolare e
rilassante suono del tocco della grafite sulla carta.
Spesso mi sono posta la domanda: - A cosa serve scrivere?
Ecco, io credo che si abbia necessità di scrivere quando non si sa come reagire, che sia
ad una domanda o ad una risposta, in fondo, siamo umani, per quanto si vogliano
nascondere o sopprimere, le emozioni riescono sempre a emergere, strappandoti un
sorriso o sprigionando una lacrima. Scrivere ti dà quella piccola, ma infinita libertà, perché
avere paura di esprimersi o l 'angoscia di lasciarsi andare: basta semplicemente prendere
una penna ed abbandonarsi a sé; ci si può scoprire veramente, scrivere ciò che non
avresti mai pensato, ma, soprattutto, detto.
Adesso la mia necessità di scrivere non è mai stata più imperativa, ne ho realmente
bisogno: io devo scrivere a qualcuno come mi sento, ma non ad una persona qualunque
ovviamente, a te che mi hai sempre capita e sostenuta. La mia migliore amica, anima che
anche se non è presente, mi completa con i suoi giudizi, le sue risate, i suoi pianti; il cui
abbraccio è la cura di ogni sofferenza. Ti voglio ringraziare per il ruolo che tu occupi e
rappresenti nella mia vita, per essere te stessa e specialmente perfetta nei tuoi difetti, ma
soprattutto per riuscire a sopportare i miei.
Questo momento che sto passando, quasi faccio fatica a comprenderlo del tutto; insomma
fino a poco tempo fa, io conducevo una vita, se così si può definire, abbastanza tranquilla,
ma a partire da quel lunedì sera di cinque mesi fa, tutto è cambiato.
Come se avessi perso o abbandonato la mia visione positiva di ciò che mi accade e
circonda.
Letteralmente il mondo mi è crollato addosso e, anche se per alcune persone la mia
reazione potrebbe apparire “esagerata”, io sostengo che per una dodicenne non esista
nulla di così frustrante.
Credo che se si provasse, anche solo per un minuto, ad immaginare ciò che io sto
provando in questo momento, al primo impatto sicuramente apparirebbero nella mente di
chiunque dolore e tristezza.
Certamente sono emozioni che, per la prima volta, io sento sulla mia pelle così
intensamente e costantemente, come se fossi circondata da una sensazione di vuoto e
graffiante gelo; ma ciò che mi assilla, che mi tormenta, che mi consuma è la rabbia.
Atroce rabbia.
Insomma perché proprio a lei?
Perché sempre troppo spesso le disgrazie si affiancano a chi non ne merita la presenza?
Per me la famiglia occupa davvero un ruolo importante, l'amore che la lega occupa un
ruolo importante.
È un affetto che ti stringerà sempre e indipendentemente più forte.
Quella “famosa” sera di cinque mesi fa, non potrò mai dimenticarla: ero appena tornata a
casa e i miei genitori mi dissero che saremmo andati da un dottore, ma io lì per lì non
capii.
Giunti allo studio, mi attiravano sempre maggiormente gli sguardi come vuoti e
specialmente preoccupati dei miei genitori, che mi spiegarono che questa persona ci
avrebbe aiutati a comunicare, ci avrebbe sostenuto e, da quelle parole, intuii che il dottore
in questione era uno psicologo, ma non riuscivo ad individuare il vero e proprio scopo della
visita. Dopo le presentazioni, il signore iniziò a discutere riguardo ad un argomento
piuttosto delicato, ovvero il rapporto con i miei genitori. Osservavo gli occhi colmi di
angoscia di mia madre e non mi spiegavo il perché; poi il dottore mi informò con estrema
delicatezza e compassione per la situazione, di cosa lei stesse passando.
Ciò che la consumava, che la stava divorando dall'interno senza pietà.
Quando udii quelle parole, giuro, mi si bloccò il respiro: era come se tutta l 'aria della
stanza mi fosse stata sottratta bruscamente, senza preavviso; come quando ti ritrovi
sott'acqua, disorientata, impaurita e soprattutto senza ossigeno, ma in questo caso
dimenarsi e cercare di riemergere, mi spingeva sempre più lontano da quell'immagine,
come angelica, della luce dei raggi del sole riflessa sul sottile specchio d'acqua.
In quell'attimo, i miei occhi si colmarono di lacrime, io non riuscivo a sbattere le palpebre,
per la paura di esplodere in un pianto, anche se a stento riuscivo a trattenere i singhiozzi,
come fossero imprigionati in gola e con rabbia divoratrice provassero costantemente ad
evadere. Mi ricordo solo che mi gettai tra le braccia di mia madre senza dire una parola.
Ultimamente non riesco a smettere di piangere, io che solitamente non verso mai una
lacrima è come se esse avessero scavato dei solchi sul mio viso, bollenti lame che
riescono a distruggermi e la mia pelle oramai ne è più che abituata.
Mi chiudo in me stessa, perché non riesco, non voglio affrontare, né ammettere che lei,
possa scivolarmi dalle braccia in questo modo, nemmeno per un istante, non riuscirei a
sopportarlo.
Io ho speranza, che presto finisca tutto, perché ciò che sta divorando mia madre, nessuno
può controllarlo. Ormai sono passate diverse settimane e le cure sono sempre più pesanti
e voraci, ma ai suoi occhi stanchi, io mi mostro ottimista e fiduciosa e, anche se è ciò che
mi auguro con tutto il cuore, ho davvero molta paura delle conseguenze che questo male
sta portando.
So che potrebbe apparire egoista oppure presuntuoso quello che sto per scrivere, ma il
carico che ,in questo momento, sto portando mi sta letteralmente schiacciando, anche se
ovviamente la vittima non sono io e non posso neanche immaginare cosa lei stia
provando, e soprattutto sopportando, senza dimostrarlo troppo per paura di sconfortare
me.
Più di una volta mi è stato detto di essere forte, ma è veramente difficile: insomma noi
adolescenti siamo fragili bambini a cui vengono affidate responsabilità da adulti,
nonostante a volte ci dimostriamo più coraggiosi di quest'ultimi, siamo estremamente
delicati e soprattutto inconsapevoli di ciò che ci aspetta. Mi è stato chiesto di essere
tenace ed io lo sto diventando, ma solamente agli occhi altrui, perché dentro di me si sta
espandendo un respiro soffocante che mi brucia e tento sempre più intensamente di
buttarlo fuori, ma invano, perché serve solo a isolarmi. Sono sicura che quando avrò il
coraggio di rialzarmi ed ammettere tutto ciò che provo, il dolore non passerà, ma la
sensazione di libertà sarà talmente rassicurante da sollevare i nostri animi tormentati.
Sfiorandole la guancia, per darle un bacio, ho sentito la sua pelle fredda e spoglia ed il suo
abbraccio è stato come se avesse voluto trasmettermi un suo fragile e silenzioso senso di
colpa, per procurare tanta preoccupazione, ma allo stesso tempo una sensazione di
rassicurazione forte e tenace abbastanza da non lasciarmi. La verità è che io sono
spaventata, anzi terrorizzata dall'ignoto, dal futuro, da ciò che potrebbe accadere; ma per
quanto io possa avere timore, avrò sempre speranza e, adesso posso unicamente
pensare al presente ed impegnarmi a rendere ogni giorno più semplice, sereno e felice per
tutti: per lei e forse anche un po' per me.
Grazie.
Un bacio, tua Maya
Brusa Giorgia- 16\11\2015
Liceo Artistico Frattini VARESE