PIANETA ATTUALITÀ E CREATIVITÀ: spazio libero firmato dalla III B

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PIANETA ATTUALITÀ E CREATIVITÀ: spazio libero firmato dalla III B
PIANETA ATTUALITÀ E CREATIVITÀ:
spazio libero firmato dalla III B della S. M. “Enrico Fermi” per
lettere, riflessioni, commenti, racconti, poesie, canzoni.
Una lettera destinata ai miei Compagni di avventura…
Cari Compagni di classe, cari Amici di mille avventure,
vi scrivo questa lettera per ricordarvi i momenti più belli che abbiamo trascorso insieme in questi tre anni.
Quando sono entrata per la prima volta in questa classe ero molto timida, anche se non sembrava, conoscevo
solo quattro o cinque persone, ma pian piano mi sono fatta coraggio ed ho cominciato a conoscervi.
Ho imparato a riconoscere i vostri sorrisi, le vostre voci, i vostri gusti, le vostre paure e i vostri modi di essere,
che rendevano le mie giornate bellissime: tutto ciò mi faceva varcare quella porta, con su scritto “1a B”,
accendendo anche il mio sorriso.
In questi tre anni ho visto cambiare quel numero sulla porta troppo velocemente: “2a B” e adesso “3a B”.
Siamo cresciuti davvero tanto, ma i miei sentimenti verso di voi non sono cambiati.
Vi voglio bene, come la prima volta che vi ho conosciuto: tutte le risate, i pianti... li abbiamo affrontati insieme.
Siete i migliori amici, che tutti sognerebbero di avere e che io ho avuto la fortuna di incontrare.
In prima media abbiamo cominciato a conoscerci, in seconda abbiamo iniziato con le prime litigate e in terza
media finiremo per piangere per la paura di perderci.
Beh, voi dovete sapere che vi porterò sempre nel mio cuore, sulla scia di una frase che ho letto e che ho
dedicato a voi: Gli amici sono le conchiglie sulla riva di una spiaggia… Anche se le onde le portano via, nel
mare ci saranno sempre.
Voi siete le mie conchiglie, io la spiaggia e le superiori il mare che mi allontanerà da voi, ma non scorderò
facilmente questi anni.
Ho conosciuto persone che ridevano e piangevano con me e persone che hanno saputo apprezzarmi per quella
che ero e che sono veramente. Mi ricordo ancora i primi sguardi e i primi sorrisi. Sono stati questi a farmi
capire che persone meravigliose eravate, siete e sarete per sempre!!!
Adesso, guardandovi, sento che siamo una “vera classe”, ci sosteniamo a vicenda; anche se molto spesso si
esagera con i commenti. Per questo, a volte, chiediamo consigli ai professori su cui possiamo sempre contare.
Io venivo presa in giro ma, dopo aver chiarito, sono tornata col sorriso a godermi questi ultimi mesi .
Come ho detto prima siamo cresciuti, anche se molti di noi vorrebbero tornare indietro nel tempo e ricominciare
tutto da capo. Tornerei indietro per rimediare a tutti i miei errori e per una volta dire “scusa” a tutti. Mi avete
fatto capire il vero significato dell’amicizia e dell’amore che provo nei vostri confronti.
Molti di voi pensano a cosa vorrebbero fare da grandi, al loro futuro, io ancora non lo so. In realtà ho la paura
della scelta, la paura di sbagliare, la paura di crescere e di fare un grande passo ed abbandonare tutto ciò che mi
sta a cuore della mia adolescenza.
Ma per adesso penso solo a vivere il presente, altrimenti mi perdo i momenti da condividere con voi.
Questi tre anni sono stati speciali, ecco perché non cambierei nulla; come ogni classe ci sono sempre litigi,
pianti e sorrisi, senza di essi, a mio parere, non potrebbe esserci una vera amicizia; servono per conoscersi
meglio e per crescere!
Silvia Menciassi
Confidenze diaristiche
Caro Diario,
tra cinque mesi finirà la scuola. Non ci credo ancora, mi sembra impossibile che tre anni siano passati così in
fretta.
Mi tornano sempre in mente tutti i ricordi, le esperienze che ho vissuto e ripenso sempre agli errori, alle cose
che avrei potuto dire e a quelle che non ho fatto. Certe volte mi sento un’idiota, mi sento furiosa, mi arrabbio
con me stessa, comincio a tremare, divento rossa e batto le mani contro il muro perché non ho colto l’attimo, il
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“carpe diem”.
L’anno scorso non mi rendevo conto che certi momenti non ritornano più, pensavo che la felicità sarebbe durata
per sempre. La seconda media è stato l’anno più bello del triennio, forse anche della mia vita; è stato l’anno in
cui ho provato il vero significato della parola felicità. Forse perché è stato un anno spensierato, dove tutto
sembrava perfetto, dove il mondo non mi sembrava un posto così brutto.
Quando in terza media ho aperto gli occhi e ho visto chiaro.
Tutte illusioni, tutte delusioni.
Sembrava che il mondo mi cascasse addosso, che la seconda media fosse stato un anno inutile, perso a sognare
cose inutili, senza senso, immaginandomi fatti impossibili che non accadranno mai!
Con il tempo ci ho fatto l’abitudine e le delusioni sono un fatto giornaliero, normale. Ora sono un po’ confusa,
non riesco a capire se quello che sto vivendo sia un brutto sogno dal quale non riesco a svegliarmi o se sia la
dura verità.
Allo stesso tempo mi sento fortunata perché quello che sto vivendo non è niente in confronto alle tante persone
che ora, proprio in questo momento, muoiono di fame o sono attanagliati da problemi insormontabili.
Nella scelta della scuola superiore non ho avuto problemi anche se mi sento un po’ scoraggiata perché
continuano a dirmi che sono più portata per le lingue che per la matematica.
Ormai l’iscrizione è fatta! Non torno più indietro, è tutto deciso e non me ne pento, è solo che ho paura che loro
abbiano ragione, che io non sia davvero portata per la matematica…
La sola cosa che riesco a pensare è che ho paura, paura del mondo, paura di tutti.
Se penso al mio futuro, l’unica cosa che mi viene in mente è il vuoto. Non ho idee, forse perché non sono
determinata e quindi non potrò mai raggiungere i miei obiettivi. Ma di quali obiettivi sto parlando? Non ho
nemmeno
quelli.
Di solito quando mi chiedono che lavoro vorrei fare da grande, rispondo sempre con un “boh” accompagnato
da un piccolo sorriso. Certe volte penso alla mia vita senza senso perché alla fine siamo tutti “born to die”
ovvero “nati per morire” e che quindi, anche se continuo a studiare e ad impegnarmi nella mia vita, un giorno o
l’altro giungerà la mia ora.
A presto, Caro Diario!
Virginia Pascucci
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Si conclude il triennio di scuole medie. Parla delle tue esperienze, della tua crescita e dei
momenti che hanno caratterizzato questo periodo. Quali idee su te stesso/a e sul tuo futuro
hanno preso forma durante questi tre anni?
Gli anni dell’adolescenza, delle scuole medie? Beh, i migliori e i peggiori. Sono quelli dove vai dietro ai
ragazzi, quelli dove la paghetta la spendi in sciocchezze. Sono i brutti voti, il primo bacio, i mille errori,
delusioni, rabbia e felicità. È urlare a squarciagola per essere sentiti e sentirsi soli in una stanza affollata. È
volere l’impossibile e i continui litigi con i genitori. Parole silenziose e segreti sussurrati, gelosia e invidia. È
anche nostalgia dell’infanzia, dove tutto sembrava perfetto. Il periodo dei cambiamenti, dove capisci chi resta, e
chi invece se ne va.
Migliori amici che capisci essere veri e altri che diventano quasi sconosciuti e che per rabbia passi dal volergli
bene a odiarli. Ridere fino al mal di pancia e piangere tutta la notte. In questo periodo ho anche capito di amare
la musica. La considero la mia “droga” preferita, la mia fonte di salvezza. Da piccola erano le braccia della
mamma, adesso è la musica il mio “nascondiglio” preferito, e magari tra dieci o quindici anni saranno le braccia
di mio marito. Adesso per me essa è tutto: sangue nelle vene, aria nei polmoni. Molte volte mi metto a pensare
e capisco che sono cambiate tante cose dall’infanzia.
Ma cosa è successo? Forse una risposta l’ho trovata. I lecca-lecca per qualcuno sono diventate sigarette, l’acqua
la birra e la bicicletta un motorino.
Ricordo quando “volare” significava volare alto sull’altalena, quando “protezione” voleva dire mettere il casco
per andare in bicicletta, quando amavamo solo la nostra famiglia. Le spalle del babbo erano il luogo più alto del
mondo e la mamma era la nostra eroina. La “guerra” era solo un gioco e l’unica droga che conoscevamo era lo
sciroppo per la tosse. Il dolore più forte era un ginocchio sbucciato, e “addio” voleva dire solo fino al giorno
dopo. Tutto questo, se ci ripenso, era la cosa più bella del mondo, ma non abbiamo potuto aspettare di crescere.
Un’altra cosa che mi mancherà tantissimo saranno i miei compagni, quell’aula e tutte le emozioni che vi
abbiamo lasciato. Poi però penso anche al mio futuro. Se potrò mai ri-essere così felice come da piccola, se
troverò un’altra classe fantastica come la mia e se tutti questi amici resteranno ancora. Dovrò affrontare tante
scelte nella mia vita: la più immediata è quella della scuola superiore. Più o meno ho già deciso cosa farò, ma
ho ancora un po’ paura di non fare la scelta giusta.
Se mi chiedessero cosa vorrei fare tra venti anni non saprei proprio cosa rispondere. Mi piacerebbe viaggiare,
continuare a sentire gli amici… vivere il futuro, mai dimenticando il passato.
Martina Novelli
Un racconto d’invenzione personale ispirato al problema dell’emigrazione
Mi chiamo Jasmine e vengo dalla Siria.
La mia storia non è come quella di tante altre persone…
Ho visto e vissuto momenti che non si possono neanche immaginare.
Siamo ormai nel Terzo Millennio, ma i fatti che accadono non fanno altro che ripetersi, non riusciamo mai a
trovare una soluzione.
Nel mio Paese, ogni giorno, migliaia di persone muoiono a causa della guerra, della mancanza di cibo e di
acqua o perché non possono permettersi di comprare medicine per curarsi.
Vivevo con la mia famiglia a Damasco; eravamo poveri e non avevamo neanche i soldi per comprare la farina
per fare il pane. Una mattina, precisamente il 9 ottobre 2013, decidemmo di imbarcarci verso una destinazione
ignota, sperando di andare incontro ad un futuro migliore. Eravamo senza documenti, senza identità, senza
casa: dei clandestini in mezzo al mare. Ci imbarcammo, così, senza bagagli, su due piedi. Le ore passate lì sulla
barca, non le dimenticherò mai: donne, uomini e bambini, tutti pressati e schiacciati, l’uno contro l’altro, come
animali.
Finalmente, dopo aver trascorso quasi un giorno in quella “prigione” sul mare, sentimmo una voce che gridava
“Terra!”. Eravamo tutti molto felici, ma la felicità durò soltanto pochi secondi… Improvvisamente scivolammo
tutti all’indietro: le urla si sovrapposero, i bambini iniziarono a piangere e a cercare le loro mamme, mariti che,
presi dal panico, iniziarono a parlare di speranza alle mogli, dicendo loro che sarebbe andato tutto bene.
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Finalmente capii: ci stavamo ribaltando come sul Titanic. Fortunatamente tutta la mia famiglia sapeva nuotare
ed eravamo proprio sulla cima della barca, quindi, nonostante tutto, niente o nessuno ci avrebbe travolto. Di lì a
poco, il barcone si ribaltò e l’acqua gelida ci sommerse. Ci tenevamo tutti per mano: in questo modo nessuno si
sarebbe perso. Non lasciando mai la presa, riuscimmo ad aggrapparci ad un pezzo di legno che galleggiava in
acqua. Le grida si affievolirono con il trascorrere di quel tempo che permise ai soccorsi di arrivare a riva.
Noi quattro per fortuna eravamo sopravvissuti tutti; fummo scortati prima all’ospedale per alcuni controlli
medici e poi venimmo accolti da una famiglia molto disponibile e carina.
Mentre ci accompagnavano a casa di questa famiglia, sulla spiaggia, vedevo i corpi, ormai senza vita, dei nostri
compagni di viaggio, dei nostri amici che fino a pochi minuti prima, respiravano e sorridevano come noi. Tra
tutti i cadaveri riconobbi una delle coppie che dicevano che ce l’avrebbero fatta. A quel punto mi si strinse il
cuore e mi voltai dall’altra parte per non vedere quello strazio.
Quella notte pensai che se avessi avuto una lampada magica come quella di Aladino, il primo desiderio sarebbe
stato quello di cancellare per sempre tutte le guerre e la povertà dal mondo perché, se non fosse scoppiata la
guerra in Siria, non saremmo fuggiti e nessuno sarebbe morto in modo così tragico, come succede in altri Paesi
del mondo. Il secondo sarebbe stato quello di far trovare una casa come la mia a tutte le persone che erano con
me sulla barca e, come terzo, avrei voluto che tutti i Paesi come l’Italia, che sono entrati nella crisi economica,
riuscissero a riprendersi, così la povertà che c’è nel mondo si ridurrebbe.
Ci sono stati grandi uomini e donne che hanno dedicato tutta la loro vita alle altre persone, per cercare di
migliorare la società e noi stiamo distruggendo ciò che hanno fatto!
Ma noi non vogliamo che ciò accada, quindi, anche con un sorriso o con qualsiasi altro piccolo gesto, possiamo
migliorare la nostra società e solo allora le guerre e la povertà verranno cancellate per sempre.
Sono passati alcuni mesi: i miei genitori hanno trovato lavoro, noi ci siamo adattati alla nuova scuola e
finalmente abbiamo una casa tutta per noi!
Irene Rossi
Siamo da tempo entrati nel Terzo Millennio eppure la crisi economica è in agguato, miseria e
fame sono diffusi in diversi paesi del mondo (sempre più spesso anche ai margini delle nostre
città italiane), scottanti sono i problemi dell’emigrazione (testimoniati dagli ultimi fatti di
Lampedusa), le guerre agli angoli della Terra e molto molto altro... Immagina di essere
Aladino o Jasmine. Quali sono i desideri che chiederesti di esaudire al genio della tua
lampada per il mondo ma anche per te stesso?
Un genio non risolverà mai i problemi che affliggono il nostro mondo, perché il vero problema non sono la
guerra, la fame e l’emigrazione, ma il male che si cela dietro di essi. E quel male siamo noi. Un desiderio come
“vorrei che cessassero tutte le guerre” potrebbe risolvere momentaneamente i conflitti, ma la nostra corruzione,
il nostro egoismo e la nostra imperfezione non tarderebbero a manifestarsi di nuovo.
Perciò non dovremmo aver bisogno di un genio per migliorare il mondo: dev’essere l’uomo a capire che
combattere i propri fratelli per impossessarsi di qualche litro di petrolio o di qualche chilo d’oro è inutile e porta
solo perdite. Dovremmo essere noi a capire che, anche prevalendo sul nostro nemico, da una guerra si esce
sempre sconfitti. Dobbiamo comprendere ciò che cerca di insegnarci la Storia, pensare ai nostri precedenti
errori per non commetterli mai più. Le nostre antecedenti migrazioni dovrebbero farci capire quanto sia difficile
e straziante lasciare il proprio paese, le proprie abitudini, la propria lingua e la propria vita. Però, quando
vediamo qualcuno fuori dal supermercato che ci chiede di comprargli qualcosa, subito ci dimentichiamo la
Storia e rispondiamo, a volte anche bruscamente: «No, ho finito i soldi!». Non solo, spesso pensiamo anche
«Questi ci rubano il lavoro». La verità è che usiamo questa frase come scusa, perché non vogliamo fare molti
lavori, come il badante o il lavapiatti.
Per migliorare il mondo dobbiamo abbandonare il nostro egoismo, diventare abneganti per seguire un unico
ideale: l’altruismo. Solo così potremo fare in modo di aiutarci a vicenda, uniti sotto un unico vessillo: un
pianeta che non sia dilaniato dalle guerre e straziato dalla fame e dalla povertà che esse creano.
Perciò non un genio, ma solo Noi possiamo aiutare il mondo, che sta gridando a gran voce: «AIUTO!».
Gabriel Mastrandrea
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Commentare le poesie di Foscolo, Leopardi, Carducci, Pascoli e di tutti gli altri grandi poeti
italiani? Certo che sì!
Ma che pensiamo di cantautori dei nostri giorni come Vecchioni, che ha dato alla luce brani
musicali come “Chiamami ancora Amore”?
Amore. Non solo un sentimento, non solo gioia. Forse la parola più adatta per descriverlo è “vita”.
Idea. I nostri pensieri, la nostra stessa vita sono fatti di idee.
Questi sono i due motivi della canzone “Chiamami ancora amore” di Roberto Vecchioni che, con una miriade
di figure retoriche, li trasforma in stelle, barche e sorrisi divini.
Credo che l’autore di questa canzone sia un bravissimo poeta perché, con antitesi come “e per la barca che è
volata in cielo” o “in questo disperato sogno fra il silenzio e il tuono”, riesce a rendere dei concetti che credo
non abbiano sinonimi né spiegazioni. L’amore non è solo un sentimento, ma Il Sentimento per antonomasia;
non è felicità, gioia, dolore, ma tutte queste sfumature insieme, perché l’ amore fa male, ma può anche portarti
alla felicità più grande.
Le idee, invece, sono ciò che ci distingue nel mondo, sono il motivo della nostra esistenza.
La parte che preferisco, però, composta interamente da similitudini, è questa: “Perché le idee sono come
farfalle, che non puoi togliergli le ali,
perché le idee sono come le stelle, che non le spengono i temporali,
perché le idee sono voci di madre, che credevano di avere perso
e sono come il sorriso di Dio in questo sputo di universo”.
I signori del dolore, invece, penso rappresentino l’odio e tutto ciò che inibisce l’amore e il pensiero.
Se fossi un regista e dovessi rappresentare questa canzone, comincerei con l’immagine di un gabbiano libero di
solcare l’aria, per rappresentare i pensieri e i sentimenti, poi farei cantare Roberto con una stella alle spalle e del
fuoco accanto. Ad un tratto, tutto il cielo scomparirebbe dietro una coltre impenetrabile e subentrerebbe un buio
accecante insieme allo spegnimento del fuoco. Tutto, però, finirebbe con il ritorno trionfale della stella, che
porterebbe luce come una grande idea.
Gabriel Mastrandrea
“Chiamami ancora amore” è il titolo della canzone vincitrice di un vecchio Festival di Sanremo, scritta dal
cantante e professore Roberto Vecchioni. Il testo è pieno di pathos e, anche quando l’autore canta, si vede che
egli è molto ispirato. Per riuscire a comprendere il testo di questo brano, ho dovuto ascoltarlo più volte, un po’
come per tutte le canzoni di Vecchioni. Parla di quello che succede oggi, di tutte le cose sbagliate che accadono,
ma anche di speranza. Una parola che esprime tanti concetti: ti fa capire che, anche quando tutto sembra perso,
se ci credi, tutto può cambiare. È infatti un incoraggiamento a non mollare, a difendere l’umanità dal male,
perché solo con l’amore si può sconfiggere l’odio. Nella frase “le idee sono come farfalle che non puoi
togliergli le ali” il messaggio che mi comunica è che dobbiamo pensare, senza che gli altri ci condizionino;
mentre risalta una rivolta contro le ingiustizie sociali quando dice: “per l’operaio che non ha più il suo lavoro”.
La frase che mi ha colpito di più è stata “difendi questa umanità anche se restasse un solo uomo”. È un breve
concetto, ma pieno di significati. Dà la forza di non arrendersi mai, ed è ciò che tutti noi dovremmo fare. Se
dovessi creare il videoclip di questo brano, farei prima vedere tutto il male che succede oggi e come invece
dovrebbe essere la vita, piena di gioia e amore, perché “noi siamo amore!”.
Martina Novelli
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Quando i temi di Storia e Geografia (sulla Seconda Rivoluzione Industriale e sulla
Globalizzazione) divengono un’occasione per scrivere svolgimenti alternativi, inaspettati,
condotti tra verità e immaginazione…
Caro Diario,
questa è la prima volta che ti scrivo. Sono Manuel, abito in Francia.
L'Europa è entrata in un periodo di Rivoluzione nel settore industriale. La popolazione cresce di giorno in
giorno, vedo sempre più persone a spasso per la città.
Gli abitanti sostengono che l'aumento demografico non finirà presto, credono che questo fenomeno durerà
ancora per molti anni. Ieri sono andato in città. Ho chiesto ad alcune persone perché la popolazione cresca
sempre di più. In molti mi hanno risposto che c'è stata una notevole riduzione della mortalità. Poi hanno
proseguito aggiungendo che sono scomparse le epidemie di peste e che il vaccino contro il vaiolo sta facendo i
primi passi. Inoltre ho notato che, da poco, nella mia città di Parigi, si sta facendo avanti l'industrializzazione.
Questo fenomeno sta procedendo lentamente, ed è presente solo nel Belgio e in Francia.
Sono passati degli anni dall'ultima volta che ti ho scritto. Siamo nel 1860 e l' Europa si sta pian piano
industrializzando quasi tutta, tra cui: Germania, Svizzera, Belgio, Francia e Olanda.
Stanno cominciando a svilupparsi le centrali idroelettriche in modo che i paesi più poveri di materie
prime possano arricchirsi attraverso i fiumi e i torrenti.
In questo periodo l'Europa e gli altri continenti sono entrati nell'età delle ferrovie.
La scorsa estate sono andato in vacanza in Italia con il treno e ho notato che la velocità è aumentata
e ho viaggiato in piena comodità.
Ho sentito dire che tra una decina di anni avranno intenzione di fare il primo traforo, quello del Frejus. La
navigazione marittima sta progredendo. Gli oceani cominciano ad essere solcati per la prima volta da navi a
vapore in ferro.
Mio padre mi ha detto che con la rivoluzione industriale si sono sviluppate due figure: gli imprenditori e gli
operai.
Egli fa parte degli imprenditori. Ha accumulato un capitale e lo ha impiegato in imprese produttive. Gestisce
una fabbrica da cui ricava un profitto, che può investire di nuovo per farlo aumentare. Nella sua fabbrica
lavorano degli operai che ricevono un salario.
Nei centri industriali, dove si concentrano le fabbriche, la manodopera è abbondante, perché molti contadini,
privi di lavoro, vi si sono trasferiti usando la propria forza fisica in cambio di un salario.
Questa classe di lavoratori è chiamata proletariato.
Mi dispiace per questi lavoratori perché mio padre dirige l'azienda con un pugno di ferro; è molto attento sul
lavoro. Dice di essere un capitalista, cioè una persona del sistema capitalistico e aggiunge che l'abbondanza di
manodopera permette agli imprenditori come lui di mantenere i salari bassi perché, se anche un operaio rifiuta
la bassa paga, ce n'è un altro disposto ad accettarla.
Mio padre mi ha raccontato che, quando si trovava in altre fabbriche aveva visto imprenditori che
assumevano donne e bambini a cui imponevano orari di lavoro molto duri e inoltre stavano in ambienti nocivi.
Questo solo per aumentare il proprio profitto.
Costoro, inoltre, non offrivano alcuna assistenza agli operai, che potevano rischiare il licenziamento, senza
alcun motivo. Infine le abitazioni in cui i lavoratori erano costretti a vivere erano molto povere e ridotte male.
Mio padre non è una persona di quel genere. Lui tratta bene i suoi operai.
Una settimana fa si è manifestato il luddismo. Esso è un movimento operaio sorto per lamentarsi del lavoro: si
ha paura che le macchine possano prendere il posto delle mani! Il luddismo viene manifestato con rivolte.
Ieri ero sceso in piazza e ho sentito dire che in Inghilterra c'è stato lo sciopero di molte fabbriche. Mi sono
interessato all'argomento e ho scoperto che lo sciopero è una forma meno violenta per lamentarsi del lavoro.
Gli operai danneggiano molto la produzione con gli scioperi, ma gli imprenditori possono opporsi ricorrendo
alla polizia o al licenziamento.
La forza degli operai consiste nell'essere uniti. Sono state fondate le Trade Unions, ora finalmente legalizzate.
Esse si sono diffuse rapidamente. Dall'Inghilterra sono arrivate le nuove leggi sui ragazzi-lavoratori. Una
grande rivoluzione: orari ridotti e la possibilità di scioperare!
Da poco si sono sviluppate anche la società di mutuo soccorso e la cooperativa di consumo.
Sono contento di questa rivoluzione: mano a mano ci stiamo avvicinando sempre di più a un'epoca
moderna, evoluta, civilizzata.
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Manuel Miranda
Ciao, sono Tommaso.
Sono un giornalista che quasi tutti i giorni va in giro per il mondo a prendere informazioni per saperne di più su
tutto e tutti.
Oggi mi sono documentato sulla “Globalizzazione”.
Innanzi tutto vi spiego cosa significa: essa indica l’unificazione del mondo dal punto di vista economico,
culturale, politico, sociale e dei consumi.
La “Rete internet” consente di accedere a informazioni di ogni tipo e di dialogare con persone che si trovano
dall’altra parte del pianeta. I “mass-media” come Internet ci fanno conoscere i fatti del momento in cui
avvengono.
Inoltre c’è la Televisione, che è stato il primo mezzo di comunicazione (a partire dagli anni cinquanta) a portare
le immagini del mondo nelle case di tutti.
Negli ultimi anni, sono avvenute delle trasformazioni in campo economico. Il mercato, per esempio, è diventato
globale: in altre parole, il mondo attorno al quale muovono le industrie, la finanza e le grandi somme di denaro
si è allargato tanto da comprendere l’intero pianeta.
Merci, denaro e uomini si diffondono sempre più liberamente e le economie degli stati risultano sempre più
legate tra loro.
I mezzi di comunicazione, specialmente grazie alla pubblicità, diffondono ovunque gli stessi messaggi e
condizionano i nostri consumi e il nostro stile di vita.
Inutile negare che gli stili di vita che “dettano legge” sono quelli occidentali, e in particolare americani!
Tommaso Stellini
Osserviamo il mondo che cambia...
“Taggami! Twittami! Me lo dici in chat? Whatsappiamo? Hai facebook? E skype?”. Ecco molte delle frasi che
si scambiano appena si conosce qualcuno.
Esse implicano tutte le applicazioni e i social network della rete Internet.
Oramai quasi ogni abitante del nostro pianeta possiede un cellulare, un tablet oppure un computer ed è quindi in
grado di connettersi alla rete. Internet è un grande mezzo di comunicazione, informazione e svago che ha
rivoluzionato il modo di comunicare.
Gli aspetti positivi di questa grande rivoluzione tecnologica sono molteplici. I computer servono per tutti i tipi
di lavoro, si usano molto per i documenti, per operare ricerche negli uffici, a casa e soprattutto a scuola.
Ogni giorno ti puoi documentare sui fatti accaduti di recente, puoi consultare ditte per lavori o cataloghi per
acquistare oggetti vari, confrontando marche e prezzi diversi. Anche per chi non ha la possibilità di viaggiare
internet puo’ rappresentare un buon mezzo per visualizzare molti luoghi, immaginando di esserci.
I social-network permettono invece di comunicare con vecchi amici o parenti lontani.
Un altro aspetto importante è quello della carta stampata.
Sta diminuendo, infatti, il bisogno di stampare compiti e documenti. Adesso si salva tutto nel computer e ciò è
positivo anche perché si spreca meno carta e si salvano più alberi.
Gli studenti americani addirittura possiedono tablet, invece di zaini e cartelle; il loro
studio è sempre aggiornato e forse meno noioso.
In Italia sono comparsi da poco gli E-book: invece di andare in biblioteca o in libreria, si naviga su internet e si
scaricano i libri.
Anche la musica è cambiata: gli stereo sono stati sostituiti dagli auricolari; i brani si scaricano dal cellulare
piuttosto che dai cd, moltiplicando così i generi d’ascolto.
Tuttavia, nonostante gli infiniti “pro”, non mancano di certo i “ contro “.
Metterei per primo quello di noi ragazzi. Stiamo troppo al cellulare, chattiamo e basta, dimenticando così com’è
la vita reale aldilà dello schermo.
Risultato: il più delle volte non sappiamo come colloquiare di persona.
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La rete alimenta purtroppo anche cose poco lecite come i fenomeni di pedofilia, la manipolazione da parte di
individui che si mascherano convincendo ragazzine a lasciarsi andare, con conseguente pubblicazione di
materiale usato a scopo sessuale.
Internet, però, è il futuro. Speriamo solo di farne buon uso in ogni circostanza.
Arianna Russo
Adolescenti in cerca di se stessi…
“Grande o piccolo? Questo è il problema.”
Sono Matteo, un ragazzino di tredici anni, sono timido, curioso e terribilmente amante della vita. Adoro vedere,
sapere e scoprire cose nuove proprio come la mia mamma e la mia nonna; vorrei sempre viaggiare per vedere e
conoscere cose diverse da quelle che vedo e conosco abitualmente. Il mio fisico sta cambiando, sto iniziando
lentamente a trasformarmi. Mi vergogno un po' di più rispetto a quando ero più piccolo. Probabilmente però
qualcosa in me vorrebbe ancora rimanere piccolo, anche se mi rendo conto di essere ridicolo, talvolta mi ritrovo
a giocare a macchinine con il mio fratellino e mi diverto anche molto. Ci sono momenti in cui mi piace sentirmi
grande e mi piace capire che sto diventando grande; come quando l'altro giorno papà mi ha accompagnato in
discoteca: era pomeriggio, è vero, ma la discoteca è una cosa da grandi! Senza parlare di quando l‘estate scorsa
ho provato a guidare la macchina; non si potrebbe, ma la mamma mi ha fatto provare ed è stato bellissimo; ti
senti subito grande e indipendente. Benché sia timido e sembri insicuro, per quello che riguarda le idee sulla
mia vita sono molto sicuro! Tanti miei compagni sono ancora alla ricerca di una scuola da frequentare l'anno
prossimo; io vorrei fare il linguistico per imparare le lingue che poi mi serviranno per il mio lavoro:
“fotoreporter all'estero”.
A differenza di tanti altri ragazzini della mia età a cui piace stare soli a casa, io adoro stare con gli altri, più si è,
meglio è. Mi piace ridere, scherzare, parlare con loro, sono una persona che ascolta molto e tenta di aiutare il
prossimo. Riuscire ad aiutare un amico che ha bisogno è quello che in questo momento mi fa sentire più grande.
Fino a qualche tempo fa con la mia mamma e il mio papà ridevo e scherzavo sempre, ora spesso arriviamo a
degli scontri forse per i “no” che talvolta ricevo a qualche mia richiesta o forse perché prima, quando ero più
piccolo, accettavo tutto ciò che mi dicevano e ora, invece, ho spesso qualcosa da ridire; sto iniziando a far loro
capire che anche io ho le mie idee, sto crescendo. Con mio fratello, benché sia più piccolo, giochiamo e ridiamo
molto, quando però lui mi prende in giro, soprattutto sulle ragazze che possono piacermi, mi arrabbio. Penso
che questo argomento sia solo ed esclusivamente mio. L'età e le ultime vicende della mia vita mi stanno
cambiando, mi rendo conto che rispetto a tanti altri amici della mia età sono più piccolo, ma forse perché non
ho molta voglia di crescere.
Il Mondo degli adulti per molte cose mi sembra molto più brutto e più monotono.
Si può rimanere bambini ancora un po'?
Matteo Beccu
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