Progetto BIOSEA Ottimizzazione delle Filiere Bioenergetiche per

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Progetto BIOSEA Ottimizzazione delle Filiere Bioenergetiche per
Progetto BIOSEA
Ottimizzazione delle Filiere Bioenergetiche per una
Sostenibilità Economica ed Ambientale
Relazione tecnico-scientifica del Coordinatore sulle attività svolte
Terzo anno (2012-2013)
Coordinatore di Progetto
Prof. Gianpietro Venturi
1
1
Sommario
1
Sommario ..................................................................................................................................... 2
Relazione del Coordinatore .............................................................................................................. 5
Responsabile: Prof. Gianpietro Venturi ........................................................................................... 5
1
2
Relazione del Coordinatore .......................................................................................................... 6
1.1
Premessa ................................................................................................................................ 6
1.2
Attività svolta dal Coordinatore nel terzo anno (2013) ......................................................... 7
1.3
Stato di avanzamento delle attività ...................................................................................... 10
1.4
Sintesi delle attività svolte per la divulgazione di risultati intermedi ................................. 13
1.5
Indicazioni sulle attività previste per la chiusura del progetto ............................................ 14
Attività delle singole UU.OO..................................................................................................... 15
2.1
CRA-PLF - Unità di ricerca per le produzioni legnose fuori foresta PLF .......................... 16
2.1
U.O. I CRA-PLF - Unità di ricerca per le produzioni legnose fuori foresta PLF ............... 17
2.2 U.O. II UNICATT - Istituto di Agronomia, Genetica e Coltivazioni erbacee, Università
Cattolica S. Cuore .......................................................................................................................... 31
2.2 U.O. II UNICATT - Istituto di Agronomia, Genetica e Coltivazioni erbacee, Università
Cattolica S. Cuore .......................................................................................................................... 32
2.3 U.O. III UNIPD - Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti risorse Naturali e
Ambiente (DAFNAE) – Università degli Studi di Padova ............................................................ 41
2.3 U.O. III UNIPD - Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti risorse Naturali e
Ambiente (DAFNAE) – Università degli Studi di Padova ............................................................ 42
2.3.1
Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) ........................................... 42
2.3.2
Sintesi delle attività svolte dall’unità operativa nel corso del triennio ........................ 42
2.4 U.O. IV UNIBO - Dipartimento di Scienze Agrarie (DipSA) - Alma Mater Studiorum –
Università di Bologna .................................................................................................................... 49
2.4 U.O. IV UNIBO - Dipartimento di Scienze Agrarie (DipSA) - Alma Mater Studiorum –
Università di Bologna .................................................................................................................... 50
2
2.4.1
Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) ........................................... 50
2.5 U.O. V CRA-CIN Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura - Centro di
ricerca per le colture Industriali ..................................................................................................... 94
2.5 U.O. V CRA-CIN Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura - Centro di
ricerca per le colture Industriali ..................................................................................................... 95
2.5.1
Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) ........................................... 95
2.6 U.O. VI UNIFI Università di Firenze, Centro interdipartimentale di Ricerca sulle Energie
Alternative e Rinnovabili (CREAR) ............................................................................................ 114
2.6 U.O. VI UNIFI Università di Firenze, Centro interdipartimentale di Ricerca sulle Energie
Alternative e Rinnovabili (CREAR) ............................................................................................ 115
2.7 U.O. VII UNIPI Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali Università di Pisa ......................................................................................................................... 123
2.7 U.O. VII UNIPI Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali Università di Pisa ......................................................................................................................... 124
2.8
U.O. VIII SSSA Scuola Superiore Sant’Anna .................................................................. 135
2.8
U.O. VIII SSSA Scuola Superiore Sant’Anna .................................................................. 136
2.9
U.O. IX CRA-RPS Centro di ricerca per lo studio delle relazioni tra pianta e suolo ....... 147
2.9
U.O. IX CRA-RPS Centro di ricerca per lo studio delle relazioni tra pianta e suolo ....... 148
2.9.1
Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) ......................................... 148
2.10
U.O. X INEA - ISTITUTO NAZIONALE DI ECONOMIA AGRARIA ..................... 153
2.10
U.O. X INEA - ISTITUTO NAZIONALE DI ECONOMIA AGRARIA ..................... 154
2.10.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) ......................................... 154
2.11
U.O. XI CRA-ING Unità di Ingegneria Agraria ........................................................... 159
2.11
U.O. XI CRA-ING Unità di Ingegneria Agraria ........................................................... 160
2.11.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) ......................................... 160
2.12
U.O. XII CRA-SCA (Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura – Unità di
ricerca per i sistemi colturali degli ambienti caldo-aridi, Bari) ................................................... 170
2.12
U.O. XII CRA-SCA (Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura – Unità di
ricerca per i sistemi colturali degli ambienti caldo-aridi, Bari) ................................................... 171
3
2.12.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) ......................................... 171
2.12.2 Sintesi delle attività svolte dall’unità operativa nel corso del triennio ...................... 192
2.13
U.O. XIII UNICT - Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari
(DISPA), Università degli Studi di Catania ................................................................................. 205
2.13
U.O. XIII UNICT - Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e Alimentari
(DISPA), Università degli Studi di Catania ................................................................................. 206
2.14
U.O. XIV CNR - Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree
(IVALSA) – UOS di Catania (già UOS di Catania del CNR-ISAFOM)..................................... 230
2.14
U.O. XIV CNR - Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree
(IVALSA) – UOS di Catania (già UOS di Catania del CNR-ISAFOM)..................................... 231
2.14.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013) ......................................... 231
2.15
1)
2.16
Elenco Allegati .............................................................................................................. 240
Allegato 1 – Elenco delle pubblicazioni e attività di divulgazione dei risultati ................ 240
Allegato 1 - Elenco delle pubblicazioni e attività di divulgazione dei risultati ............. 241
4
Relazione del Coordinatore
Responsabile: Prof. Gianpietro Venturi
5
1
Relazione del Coordinatore
Responsabile: Prof. Gianpietro Venturi
1.1 Premessa
La relazione ha l’obiettivo di fornire un quadro delle attività svolte nel 2013 (III anno) nell’ambito
del progetto Biosea, da ciascuna delle unità di ricerca coinvolte, e di verificare lo stato di
allineamento delle attività progettuali rispetto a quanto previsto.
Si ritiene dunque opportuno, prima di fornire una descrizione delle attività e del relativo stato di
avanzamento, ricordare le vicende che hanno caratterizzato l’avvio del Progetto e che, in qualche
caso, hanno comportato adeguamenti tecnici.
Il Progetto BIOSEA, bando rientrante nel Progetto Bioenergetico D.M. 246/07 del 23/10/2007,
G.U. n. 94 del 27/11/2007, è stato proposto e presentato al MIPAF dal Coordinatore nel febbraio
2008.
A seguito di valutazione è stato rimodulato nel dicembre dello stesso anno e, definitivamente, nel
gennaio 2009.
Con D.M. 7508/7303/09 del 23/03/2009, previa accettazione del Coordinatore Prof. Gianpietro
Venturi, è stato concesso un contributo a favore del DiSTA (Dipartimento di Scienze Tecnologiche
dell’Università di Bologna), registrato presso l'Ufficio Centrale di Bilancio il 07/04/2009. Il
Progetto quindi ha iniziato ufficialmente la propria attività.
In seguito, a causa del ricorso presentato da uno dei soggetti esclusi dal finanziamento, il Progetto è
stato sospeso con provvedimento di autotutela il 19/05/2009.
E' stata avviata una nuova procedura di valutazione, con la nomina di una nuova Commissione.
A seguito della graduatoria scaturita dalla nuova valutazione, il Progetto è stato rimodulato (nota n.
1042/10 del 12/04/2010) e con D.M. 16916/7303/10 del 23/07/2010 è stato riconcesso il
finanziamento al DiSTA ed è stato riconfermato il Coordinatore Generale, che ha accettato (nota n.
887/10 del 23/03/2010).
Il Progetto ha quindi ripreso ufficialmente la propria attività.
Al momento della comunicazione del provvedimento di sospensione del finanziamento, la maggior
parte delle Unità Operative aveva già avviato le attività di rispettiva competenza. Fortunatamente,
una volta riavviato il Progetto, è stato possibile, nella maggior parte dei casi, recuperare e
valorizzare le attività già avviate nella prima fase.
Il Progetto si inserisce in un contesto di grande attenzione verso il mondo delle bioenergie, e delle
agroenergie in particolare, a livello non solo italiano ma anche europeo e mondiale. Il progetto ha la
6
possibilità di fornire affidabili risultati sperimentali proprio perché ottenuti su sperimentazioni
sufficientemente prolungate ed in ambienti e su colture sufficientemente diversificate.
Il Progetto prevede attività di sperimentazione sia su colture pluriennali che su colture annuali. Nel
caso delle seconde, la sperimentazione prevede l'analisi di risultati ottenuti in anni e luoghi diversi,
caratterizzati da differenti andamenti meteorologici, con l'obiettivo di verificare i campi di
variazione dei risultati e la risposta delle varie colture a differenti situazioni ambientali. In questa
ottica sono state indagate alcune delle fitotecniche per le quali le conoscenze disponibili erano
ritenute insufficienti. Nel caso delle colture pluriennali, assumono particolare interesse i risultati
ottenuti in anni via via più lontani da quello di impianto, a causa della sostanziale scarsità di risultati
sperimentali disponibili su periodi prolungati di tempo. E' infatti necessario conoscere per ogni
coltura il livello produttivo nell'intero ciclo e per quanti anni potrà durare tale ciclo e in quali
situazioni pedo-climatiche e colturali. In questo caso, si è potuto usufruire di campi impiantati da
qualche anno.
Obiettivo generale del Progetto è fornire il maggior numero possibile di informazioni attendibili
sugli aspetti sopra sintetizzati.
1.2 Attività svolta dal Coordinatore nel terzo anno (2013)
Come negli anni precedenti, l’impegno del Coordinatore ha riguardato diversi aspetti tutti
convergenti sull’obiettivo generale di stimolare l’attività di ricerca delle 14 U.O. e di far conoscere i
risultati ottenuti.
In particolare, l’attività di coordinamento ha riguardato aspetti A) tecnico-scientifici direttamente
attinenti le ricerche in atto; B) politici tramite contatti, spesso informali, con Istituzioni e soprattutto
mondo operativo per far conoscere il Progetto e quindi valorizzarlo; C) divulgativi, con
collaborazioni all’organizzazione di iniziative pubbliche, interventi personali a tali iniziative, e con
coordinamento di pubblicazioni; D) amministrativi.
Più in particolare:
A) Aspetti tecnico-scientifici
Il Coordinatore ha curato contatti con i Responsabili delle U.O. per essere informato
sull’andamento delle ricerche e discutere i pochissimi casi che richiedevano piccoli cambiamenti di
indirizzo.
Per quest’ultima attività, l’impegno è stato modesto poiché la presentazione iniziale delle ricerche
era stata ben curata e perciò non si sono presentati particolari problemi.
Il delicato lavoro svolto nel primo anno in seguito alla “ripartenza” del progetto si è infatti rivelato
molto proficuo. Gli indirizzi allora delineati si sono dimostrati corretti e le U.O. hanno potuto
quindi seguire senza difficoltà le attività programmate.
7
B) Aspetti politici
Il Coordinatore si è dedicato soprattutto ad aspetti legati alla politica generale del progetto in
un’ottica sia nazionale che europea.
In questo anno infatti, le bioenergie sono state oggetto di grande interesse e discussione a livello
UE, sia in Consiglio che in Commissione, sia in riunioni e in convegni in diversi Paesi membri
dell’Unione.
Diversi gli argomenti, sui quali sostenitori ed avversarsi si sono affrontati discutendo
principalmente la concorrenza fra destinazioni food e non food delle produzioni agricole.
Resa dei terreni e sicurezza alimentare i temi centrali, ma anche bilanci energetici, ambientali e
quindi economici e sociali. Argomento globale complesso con le varie ripercussioni sulle decisioni
che coinvolgono il futuro delle bioenergie.
Uno fra gli aspetti ora di attualità riguarda le modalità di calcolo di bilanci ambientali ed in
particolare quali parametri considerare e come. L’introduzione o meno dell’ILUC ha richiesto molte
riunioni e accese discussioni. Sono evidentemente aspetti di interesse diretto del progetto, poiché
per le decisioni future, dell’UE e nazionali, si ravvisa l’esigenza di disporre di una grande quantità
di nuove piccole conoscenze, che potranno essere ricavate da questo e dagli analoghi progetti in atto
in diversi Stati membri dell’UE ed anche extraeuropei.
C)
Aspetti divulgativi
Su questo aspetto notizie più specifiche verranno fornite al punto 1.4.
L’impegno del Coordinatore è stato dedicato al coordinamento di un numero speciale di una rivista
di prestigio quale l’Italian Journal of Agronomy che ha pubblicato uno speciale con alcune delle
relazioni presentate alla giornata di studio sull’Arundo donax organizzata dal BIOSEA nel 2012.
Il Coordinatore ha anche tenuto le relazioni introduttive dei convegni di Udine e di Padova
(quest’ultimo sulle colture per biodiesel organizzato in ambito BIOSEA) organizzati dalle rispettive
Università.
Altro impegno è stato quello di stimolare le U.O. a divulgare tempestivamente i risultati ad ora
ottenuti.
D) Aspetti amministrativi
Infine l’attività amministrativa. Questa attività, la cui responsabilità formale riguarda il Direttore e
il Segretario Amministrativo del Dipartimento, ha richiesto, oltre al normale impegno di risposta
alle U.O sui quesiti riguardanti modalità di rendicontazione e attribuzione di spese a specifici,
previsti capitoli, anche un impegno aggiuntivo per la predisposizione di una rimodulazione richiesta
da alcune U.O.
8
Infatti, le richieste delle U.O. e un’attenta valutazione della situazione generale del progetto, hanno
indotto il Coordinatore a richiedere una proroga di un anno rispetto alla data prevista (31-12-2013)
di chiusura del progetto. Tale proroga è stata concessa dal Ministero (decreto del Direttore Generale
N° 0019292 del 03/10/2013) e la chiusura del progetto è stata quindi spostata al 31-12-2014.
Le difficoltà amministrative presentatesi l’anno scorso in seguito all’accorpamento dei Dipartimenti
conseguente alla Riforma Gelmini dovrebbero essere state superate. Attualmente è in fase di
predisposizione la rimodulazione, attività posticipata rispetto a quanto si sarebbe voluto, in
conseguenza del ritardo di alcune U.O. nel fornire la documentazione.
1.2.1
Sintesi delle attività di coordinamento del terzo anno
Così come negli anni precedenti, l’obiettivo generale dell’impegno del Coordinatore è stato la
valorizzazione del Progetto attraverso varie tipologie di attività.
L’impegno, quindi, è stato mantenere ed incrementare i contatti con attori della ricerca, dei settori
pubblico e privato, italiani e stranieri, con il mondo operativo dell’agricoltura e dell’industria e con
Istituzioni dell’UE, nazionali e regionali.
In molti casi sono stati privilegiati contatti e collegamenti informali, resi possibili e facilitati dal
ruolo del Coordinatore nell’ambito della Piattaforma Tecnologica nazionale Biofuels Italia
(Presidente), di quello ricoperto fino all’inizio del 2013 in quella europea PT UE Biofuels (membro
dello Steering Committee) e del gruppo di lavoro WG1 (Worging Group Biomass) (membro) di
quest’ultima.
Notevole impegno è stato dedicato a stimolare l’attività di divulgazione delle U.O. con
pubblicazioni scientifiche, presentazioni a convegni, conferenze, seminari, ecc. A tale attività ha più
volte partecipato direttamente anche il Coordinatore. In proposito il Coordinatore ha partecipato
attivamente tenendo la relazione introduttiva a due Convegni (Udine e Padova) descritti nel
dettaglio più avanti e ha tenuto due letture, al Rotary e all’Accademia Nazionale dell’Agricoltura
nelle quali ha trattato anche il tema delle bioenergie.
Più in particolare, fra le attività del Coordinatore svolte nel terzo anno (2013), possono essere citate
le seguenti:
-
ha curato i contatti con le U.O., per informazioni sull’andamento delle ricerche e discussione
di piccoli adeguamenti via via resisi necessari.
-
Ha tenuto contatti con i membri del Comitato Scientifico, in particolare favorendo lo
scambio di idee ed il confronto su aspetti generali delle bioenergie di interesse per il
Progetto.
-
Ha continuato ad informare alcuni Colleghi europei sulle attività del Progetto. Grazie
all’attività di informazione svolta nei confronti dei Colleghi europei, il progetto è conosciuto
9
ed apprezzato in ambito europeo dove è riconosciuto come una delle iniziative di ricerca
italiana di interesse per lo sviluppo delle bioenergie.
-
Ha continuato a seguire lo sviluppo e l’aggiornamento del sito web del Progetto
(biosea.dista.unibo.it) stimolando i Responsabili delle U.O. ad inviare i lavori scientifici
realizzati in ambito BIOSEA e a dare notizia di iniziative.
-
Ha continuato a dedicare impegno fra le attività previste nell’ambito del WP4 all’analisi del
ciclo di vita attraverso la metodologia LCA, analisi destinata ad essere sviluppata su tutte e
tre le filiere bioenergetiche coperte dal progetto. La metodologia LCA, pensata per
consentire l’analisi e la quantificazione degli impatti ambientali legati alla produzione (nel
caso specifico, produzione di bioenergia), riveste già ora grande interesse scientifico ed ha
incontrato un importante sviluppo applicativo, ponendosi come uno degli stream di grande
interesse per il mondo della ricerca nel prossimo futuro. L’UE ne sta di fatto valutando le
possibilità di applicazione nei criteri ufficiali di classificazione delle fonti e delle forme di
bioenergie.
L’attività di Coordinamento in proposito è stata molto proficua e si ricorda che ne è scaturito
un documento preparato l’anno scorso sotto la responsabilità e la guida del Dott. Andrea
Monti, Coordinatore del WP4 (documento disponibile). In chiusura del Progetto si spera di
organizzare una giornata dedicata al tema LCA.
-
Ha creato uno special issue in Italian Journal of Agronomy (Convegni di Bologna e Bari.
Arundo donax, valutazione agronomiche, energetiche e di sostenibilità. Vol 8 No 1s
(2013).), che ha pubblicato alcune delle relazioni del Convegno organizzato l’anno scorso
dal Progetto sull’Arundo donax. Lo speciale è disponibile al seguente indirizzo:
http://www.agronomy.it/index.php/agro/article/view/ija.2013.s1.
-
Ha infine svolto l’attività di supporto alle U.O. per gli aspetti amministrativi.
1.3 Stato di avanzamento delle attività
Il capitolo 2 della relazione presenta, per ciascuna UU.OO., il dettaglio delle attività svolte per
ciascun task, lo stato di avanzamento delle stesse rispetto a quanto previsto dal progetto, ed i
risultati conseguiti in questa prima fase.
Le tabelle seguenti riepilogano, per ciascun task e relativi sub-task, lo stato delle attività per le
UU.OO. coinvolte. In linea generale, lo stato di avanzamento appare sostanzialmente in linea con il
timing previsto dal progetto, sebbene in alcuni casi i ritardi iniziali nell’avvio del progetto abbiano
determinato un parziale disallineamento delle attività rispetto al timetable originario, che è tuttavia
in corso di recupero. La proroga di un anno permetterà di completare le poche attività in ritardo
sulle previsioni iniziali, ma soprattutto di meglio analizzare i tanti risultati ottenuti e, si auspica, di
divulgarli a livello scientifico e tecnico.
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Si segnala che molte U.O. pur avendo completato le attività “minime” previste dal progetto e dai
relativi Work package stanno comunque finalizzando attività aggiuntive sfruttando culture già
avviate, sperimentazioni in atto avviate ai fini del progetto e quindi valorizzando ulteriormente
l’investimento fatto sul progetto.
Tabella 1 – Stato di avanzamento delle attività – WP 1
Task e sub-task
UU.OO.
coinvolte
Stato avanzamento
Non
avviato
In corso
Task 1.1
Filiera Bio-termoelettrica
Sub-task 1.1.1
Valutazione delle potenzialità produttive di cloni o
ibridi di specie arboree a rapido accrescimento (SRF)
CRA-PLF;
SSSA
X
Sub-task 1.1.2
Valutazione dell’impiego di reflui zootecnici nella
fertilizzazione di arundo e pioppo
CRA-CIN
X
Sub-task 1.1.3
Concluso
X
Verifica delle potenzialità produttive di genotipi di
sorgo da fibra in semina tradizionale e anticipata
CRA-CIN;
UNIBO;
UNICT
X
X
X
Sub-task 1.1.4
Valutazione della produttività di arundo in funzione
dell’agrotecnica
CRA-SCA
SSSA
X
X
Sub-task 1.1.5
Bilancio Energetico
UNICT;
CRA-SCA;
UNIBO
CRA-SCA
UNICT
X
X
X
X
X
Bilancio del carbonio
Sub-task 1.1.6
Ottimizzazione dell’uso delle ceneri in agricoltura
CRA-RPS
Sub-task 1.1.7
Prime valutazioni delle potenzialità produttive di
specie da biomassa meno note da introdurre nelle
filiere esistenti
Filiera Bio-diesel
UNIBO
UNICT
X
X
Confronto fenologico-produttivo fra genotipi di colza e
carinata
Valutazione dell’effetto della concimazione azotata e
della tecnica di lavorazione del terreno su genotipi di
colza
Confronto fra colza, carinata e girasole a diversi
itinerari tecnici
Filiera Bio-etanolo
UNIPI;
UNIPD
CRA-SCA
X
X
X
UNIPI
X
Verifica delle potenzialità produttive di genotipi di
sorgo da zucchero a diverse latitudini in funzione
dell’epoca di semina
Verifica delle potenzialità produttive di genotipi di
sorgo da zucchero a diverse latitudini in funzione della
disponibilità idrica
UNICT,
UNIBO
X
X
UNICT
X
Task 1.2
Sub-task 1.2.1
Sub-task 1.2.2
Sub-task 1.2.3
Task 1.3
Sub-task 1.3.1
Sub-task 1.3.2
Studio di tecniche colturali a livelli di input differenziati CRA-SCA,
UNICT
X
X
X
11
Tabella 2 – Stato di avanzamento delle attività – WP 2
UU.OO.
coinvolte
Task e sub-task
Stato avanzamento
Non
avviato
In corso
Task 2.1
Filiera Bio-termoelettrica
Sub-task 2.1.1
Costituzione di nuovi cloni di specie
arboree SRF a partire da materiale già
selezionato dall’U.O.
CRA-PLF
X
Sub-task 2.1.2
Miglioramento della capacità germinativa
di sorgo da fibra in condizioni di stress
abiotici e costituzione di nuovi ibridi ad
elevata produttività
CNRIVALSA
X
Sub-task 2.1.3
Valutazione della variabilità genetica di
arundo e specie affini con tecniche di
genetica molecolare
Filiera Bio-etanolo
CRA-CIN
Miglioramento della capacità germinativa
di sorgo da zucchero in condizioni di stress
abiotici e costituzione di nuovi ibridi ad
elevata produttività
CNRIVALSA;
UNICATT
Task 2.2
Sub-task 2.2.1
Concluso
X
X
X
Tabella 3 – Stato di avanzamento delle attività – WP 3
Task e sub-task
Task 3.1
Task 3.2
Task 3.3
Task 3.4
Analisi dirette delle principali
caratteristiche chimico-fisiche delle
biomasse per energia biotermoelettrica prodotte con diverse
modalità nell’ambito del WP1
Valutazione dell’efficienza degli
impianti esistenti utilizzando biomasse
con differenti pre-trattamenti
Analisi di impianti esistenti sul
territorio italiano ed eventuale verifica
dell’adattabilità delle diverse tipologie
di biomassa a impianti combinati
(combustione, gassificazione, pirolisi)
Caratterizzazione qualitativa degli oli
per la produzione di biodiesel
UU.OO.
coinvolte
UNIBO;
CRA-CIN;
CREAR (UNIFI);
UNICT
Stato avanzamento
Non
avviato
In corso
X
X
X
X
CREAR (UNIFI)
CREAR (UNIFI)
CRA-SCA in
collaborazione con
UNIPI
UNIPD
Concluso
X
X
X
X
12
Tabella 4 – Stato di avanzamento delle attività – WP 4
Task e sub-task
UU.OO.
coinvolte
Task 4.1
Analisi Economica
Task 4.2
Analisi di impatto ambientale
(LCA) (in collaborazione con
diverse unità e con
coordinamento del progetto)
UNIBO
CRA-SCA
UNICT
Task 4.3
Analisi Territoriale (GIS)
CRA-SCA
Task 4.4
Meccanizzazione e logistica
CRA-ING
Stato avanzamento
Non avviato
INEA
In corso
Concluso
X
X
X
X
X
X
1.4 Sintesi delle attività svolte per la divulgazione dei risultati
1.4.1
Interventi pubblici del Coordinatore
Nel 2013 il Coordinatore ha partecipato a quattro riunioni pubbliche tenendo relazioni specifiche
sulle tematiche del progetto, nelle quali venivano trattati anche aspetti relativi alle bioenergie.
In particolare:
-
-
-
Il 17 gennaio al Rotary di Bologna Est ha svolto la relazione “Le mille agricolture”.
Il 25 gennaio a Udine al Congresso “Filiere agroenergetiche in FGV: valutazione della
sostenibilità aziendale e territoriale” organizzato da Università di Udine, Regione Autonoma
Friuli-Venezia Giulia e Fiera di Udine, ha tenuto la relazione “Alcune considerazioni sulla
sostenibilità delle bioenergie”.
Il 4 febbraio, nell’Aula Magna della Facoltà di Agraria di Bologna, nell’ambito degli
incontri tematici “Il progresso in agricoltura” organizzati dall’Accademia Nazionale di
Agricoltura, ha tenuto la lettura “Le colture erbacee nel passato, nel presente, nel futuro”.
Il 18 giugno ad Agripolis, Padova nell’ambito delle giornate di studio BIOSEA “Le
Brassicacee più idonee per biodiesel” organizzate dall’U.O. Università di Padova (Prof. G.
Mosca) ha presentato la relazione “ La filiera biodiesel del Progetto BIOSEA”.
Le
quattro
presentazioni
sono
disponibili
sul
sito
del
Progetto
(http://biosea.dista.unibo.it/index.php), alcune sul sito Biofuels Italia della Piattaforma Tecnologica
Nazionale dei biocarburanti (http://www.biofuelsitalia.it/) e quella del 18 giugno sul sito
dell’Accademia Nazionale di Agricoltura (http://www.accademia-agricoltura.unibo.it/) ed anche
sugli Annali dell’Accademia, anno accademico 205° e 206°, pag.193-220.
13
Sugli stessi annali è anche riportata notizia, pag. 377-380, del Convegno sull’Arundo donax
organizzata dal Progetto Biosea del 25 maggio 2012.
1.5 Indicazioni sulle attività previste per l’anno 2014
Le attività di ricerca delle U.O saranno dedicate al completamento degli obiettivi inizialmente
definiti, così come indicato nel timetable (cap.1.3 che riporta lo stato di avanzamento col dettaglio
delle attività programmate per i singoli task e sub-task).
In diversi casi verranno effettuate ricerche aggiuntive rispetto a quanto previsto. Infatti, la
disponibilità di colture pluriennali impiantate da qualche anno è un’occasione troppo ghiotta che i
ricercatori, se ne hanno l’opportunità, non si lasciano scappare. Ogni impianto in essere,
rappresenta, infatti, un patrimonio irripetibile, di valore tanto maggiore quanto più “vecchio”.
Infatti, per molte specie pluriennali sono scarsi i dati sperimentali sulla durata utile.
Oltre all’attività di ricerca, proseguirà quella di divulgazione con la compilazione di pubblicazioni
scientifiche e tecniche e, auspicabilmente, con la partecipazione dei ricercatori a convegni e
congressi.
Un ruolo importante per la divulgazione sarà ricoperto dal sito (http://biosea.dista.unibo.it/), che si
cercherà di tenere sempre aggiornato.
Le U.O., in collaborazione con il coordinamento, cercheranno di organizzare tre convegni uno, di
carattere tecnico-scientifico, programmato a Pisa in collaborazione fra le U.O. SSSA e UNIFI
tratterà diversi aspetti tecnico-scientifici della filiera agroenergetica. Uno a Catania organizzato
dalla U.O. UNICT sarà dedicato principalmente alla LCA; il terzo probabilmente a Roma vedrà
come protagonista l’U.O. INEA e tratterà aspetti economici e generali delle agro-energie.
Nelle organizzazioni dei convegni si è programmato di coinvolgere Accademie, Università,
Associazioni agricole e industriali.
Purtroppo, l’attuale situazione economica del Paese rende non facile assicurare la presenza di
organismi pubblici o privati non direttamente coinvolti nel Progetto. Di conseguenza, il taglio dei
tre convegni dovrà essere diverso a seconda delle valutazioni che potranno essere via via ritenute
più attendibili.
14
2
Attività delle singole UU.OO
2.1 CRA-PLF - Unità di ricerca per le produzioni legnose fuori foresta PLF
Ottimizzazione delle Filiere Bioenergetiche esistenti per una sostenibilità
economica ed ambientale
Responsabile scientifico: Dr Giuseppe Nervo
16
2.1
U.O. I CRA-PLF - Unità di ricerca per le produzioni legnose fuori foresta PLF
Titolo della ricerca: Ottimizzazione delle Filiere Bioenergetiche esistenti per una sostenibilità
economica ed ambientale
Responsabile scientifico: Dr Giuseppe Nervo
2.1.1
Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013)
2.1.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013
Le attività già avviate presso l’Unità di ricerca per le produzioni legnose fuori foresta (PLF),
finalizzate alla selezione e costituzione di nuovi cloni di pioppo e salice da utilizzare per la
produzione di biomasse lignocellulosiche, sono proseguite secondo i piani di lavoro previsti per
ciascuna Task. Poiché per alcuni impianti le rilevazioni relative alla produttività in biomassa e
all’adattabilità alle condizioni pedoclimatiche di differenti areali di coltivazione del Nord e del
Centro – Sud Italia sono in corso o sono in fase di elaborazione, si riportano di seguito solo i
risultati relativi agli impianti realizzati a Casale Monferrato per i quali si è già provveduto
all’elaborazione statistica dei dati raccolti. Per gli impianti sperimentali non considerati in questa
relazione si rimanda ai risultati già riportati nella relazione dello scorso anno.
In ottemperanza a quanto già previsto sia nella scheda di progetto che nella precedente relazione di
attività, nel 2013 si è provveduto alla realizzazione di due nuovi impianti in Sicilia, allo scopo di
verificare il comportamento di alcune selezioni clonali sia di P.x canadensis che di P. alba in
ambienti aridi meridionali. Inoltre sono proseguite le attività di valutazione della tolleranza a stress
abiotici (salinità) e di radicazione in condizioni limitanti, a seguito di prove in vivo ed in vitro con
alcune delle migliori selezioni clonali di P. alba, P. x canadensis e salice.
17
Tabella 2.1.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O è coinvolta e relativo stato di avanzamento
Stato di avanzamento
Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta
Non avviato
Avviato/ in
corso
Task 1 – Valutazione delle potenzialità produttive e della
resistenza a stress biotici di differenti genotipi di pioppo
di diversa origine, per produzioni bioenergetiche
X
Task 1 – Work Package.1.A – Rilevazione precoce degli
accrescimenti e della resistenza alle principali avversità
biotiche in condizioni di laboratorio, serra e campo a
Casale Monferrato.
X
Task 1 – Work Package 1.B – Rilevazione della
produttività e dello stato fitosanitario di cloni di P. alba, e
P. x canadendis, in impianti sperimentali, dislocati in
differenti areali del nostro Paese
X
Task 2 – Miglioramento e selezione di cloni di Salix alba
S. matsudana e di loro ibridi per la produzione di
biomasse lignocellulosiche
X
Task 2 – Work Package 2.A – Selezione per
accrescimento e resistenza alle avversità biotiche di
genotipi di salice (Salix alba e S. matsudana e i loro
ibridi) A Casale
X
Task 2 – Work Package 2.B – Rilevazione della
produttività e dello stato fitosanitario di genotipi di salice
(Salix alba e S. matsudana e i loro ibridi), in impianti
sperimentali, dislocati in differenti areali del nostro Paese
X
Task 3 – Valutazione di cloni di pioppo e salice per la
tolleranza e stress abiotici
X
Task 3 – Work Package 1.A – Valutazione degli
accrescimenti di cloni di pioppo e salice per resistenza a
stress abiotici, in condizioni di laboratorio, serra e pieno
campo
X
Concluso
18
2.1.1.2 Relazione sull’attività svolta
Task 1 –Valutazione delle potenzialità produttive e della resistenza a stress biotici di differenti
genotipi di pioppo di diversa origine, per produzioni bioenergetiche
2.1.1.2.a.1 - Descrizione dettagliata dell’attività svolta, relativamente alla Task 1
Work Package 1.A – Rilevazione precoce degli accrescimenti e della resistenza alle principali
avversità biotiche in condizioni di laboratorio, serra e campo a Casale Monferrato.
Nel 2013 è proseguita l’attività di valutazione delle rese produttive di alcune selezioni clonali di P.
x canadensis allevati in due diversi impianti sperimentali realizzati presso l’azienda Mezzi del
CRA-PLF di Casale Monferrato. Come già riportato nella precedente relazione una prova di
confronto era stata allestita utilizzando 21 nuovi cloni, oltre a due cloni testimoni di riferimento
(Orion e Baldo), allevati alla densità di 8.333 piante per ettaro ( sesto di 2 x 0,6 metri). Un secondo
impianto, realizzato nel 2010 alla densità di 1.111 piante per ettaro (sesto di 3 x 3 metri) ha
consentito il confronto di 9 selezioni clonali con i due cloni testimone I-214 e Orion, secondo uno
schema sperimentale a blocchi randomizzati con 4 ripetizioni. La determinazione della resa in
biomassa anidra (t/ha) è stata effettuata a seguito di rilievi del diametro medio delle piante, rilevato
a 1,30 centimetri da terra.
Relativamente alla resistenza alle principali malattie fogliari del pioppo (defogliazione primaverile,
bronzatura e ruggine) si è proceduto all’osservazione ed alla verifica del comportamento dei diversi
cloni sia in vivaio che in piantagioni, secondo modalità ed accorgimenti sperimentali già riportati
nella precedente relazione. Lo stesso dicasi per l’afide lanigero del pioppo (Phloeomyzus passerinii)
per il quale sono proseguiti i saggi di laboratorio per la valutazione del livello di resistenza.
Per il pioppo bianco (P.alba) è proseguita la rilevazione degli accrescimenti dei cloni a confronto
nella piantagione effettata a Casale Monferrato alla densità di 1.111 piante per ettaro (spaziatura
3×3 metri) utilizzando 20 cloni, scelti tra i 60 già utilizzati per la prova allestita a Caramagna
Piemonte (CN).
Work Package 1.B – Rilevazione della produttività e dello stato fitosanitario di cloni di P.alba, e P.
x canadensis, in impianti sperimentali, dislocati in differenti areali del nostro Paese.
Oltre alle prove condotte a Casale Monferrato le selezioni clonali di P.x canadensis e P. alba
ottenute a seguito di programmi di “breeding” condotti presso il CRA-PLF sono state valutate anche
in altri areali del Nord e Centro Italia, utilizzando differenti dispositivi sperimentali.
19
Nuove selezioni clonali (40 genotipi) di P. x canadensis sono state valutate in due prove allestite a
Mantova ed a Spello (PG) alla densità di 8.333 piante /ha, mentre presso l’Azienda Ovile della sede
distaccata PLF di Roma 11 selezioni clonali di P. x canadensis sono state poste a confronto con il
clone I-214, in una piantagione realizzata nel 2011 alla densità di 1.111 piante/ha. Poiché la
rilevazione degli accrescimenti annuali sarà effettuata entro il mese di febbraio 2014, per tali prove
si rimanda a quanto già riportato nella precedente relazione.
I rilievi sono in corso anche per la prova sperimentale di confronto di 60 nuovi cloni di pioppo
bianco (P. alba) condotta a Caramagna Piemonte (CN) alla densità di 1.667 piante /ha, sia per
quella allestita presso l’azienda Ovile del CRA-PLF di Roma.
Nel dicembre 2013 sono stati realizzati due nuovi impianti sperimentali in Sicilia, ponendo a
confronto 8 cloni selezionati di P. x canadensis con tre testimoni commerciali , mentre per il pioppo
bianco sono stati posti a confronto 26 genotipi, secondo uno schema sperimentale con 3 replicazioni
di 9 piante per parcella. Per ovviare alle precedenti criticità, in entrambe gli impianti sono stati
adottati opportuni accorgimenti a protezione delle piante oltre che per garantire interventi idrici di
soccorso nei periodi estivi.
2.1.1.2.b.1- Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali
difficoltà/problemi riscontrati e soluzioni adottate per superarli, relativamente alla Task 1
La prova sperimentale allestita a Gela a febbraio 2012, utilizzando 30 genotipi di P. alba, è risulta
parzialmente compromessa per un’elevata percentuale di fallanze, dovute sia ad un incendio che ha
danneggiato l’impianto di irrigazione nei mesi estivi sia alla presenza di animali (capre e conigli
selvatici) che hanno danneggiato seriamente le piante a livello del colletto. Per questo si è ritenuto
di dover provvedere alla realizzazione di un nuovo impianto, su terreno di differente proprietà,
adottando i necessari accorgimenti.
2.1.1.2.c.1 - Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto
iniziale, relativamente alla Task 1
Poichè sopralluoghi effettuati nell’autunno 2013 all’impianto di pioppo bianco realizzato a Gela in
Sicilia hanno evidenziato una percentuale elevata di mortalità si è ritenuto di dover provvedere alla
realizzazione di un nuovo impianto, adottando opportuni accorgimenti sia a protezione delle piante
(schelter ) che per garantire una disponibilità idrica di soccorso anche nei periodi estivi (impianto di
irrigazione a goccia).
2.1.1.2.d.1 - Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale, relativamente
alla Task 1
20
Le attività relative alla Sub Task 1A sono sostanzialmente in linea con il piano dei lavori previsti,
tranne che per le criticità relative ad alcuni impianti realizzati nel Centro Sud (Capannori e Gela)
che hanno comportato un ritardo dei tempi per il completamento del programma della Sub Task 1B.
2.1.1.2.e.1 - Prossimi step, con particolare attenzione alle attività previste per l’anno 2013,
relativamente alla Task 1
Per le altre prove già avviate sia al Nord che al Centro e Sud Italia, si continuerà con la rilevazione
degli accrescimenti e della produttività, oltre che allo stato sanitario dei diversi genotipi a confronto.
Task 2 –Miglioramento e selezione di cloni di Salix alba e S. matsudana e di loro ibridi per la
produzione di biomasse lignocellulosiche
2.1.1.2.a.2 - Descrizione dettagliata dell’attività svolta, relativamente alla Task 2
Work Package 2.A – Selezione per accrescimento e resistenza alle avversità biotiche di genotipi di
salice (Salix alba e S. matsudana e loro ibridi).
Presso l’azienda Mezzi del CRA_PLF di Casale Monferrato è proseguita la conduzione dell’
impianto sperimentale di salice realizzato nel 2010 allo scopo di valutare la produttività ed il
comportamento di 22 nuovi cloni a confronto con i testimoni Drago e Levante. La prova condotta
secondo uno schema sperimentale con tre ripetizioni e parcella elementare di 9 piante, poste alla
distanza di 3 metri sulla fila e tra le file (densità di 1.111 piante/ha) ha consentito la determinazione
della biomassa anidra (t/ha) ottenuta per ciascun clone. Ulteriori osservazioni hanno riguardato
l’incidenza della cicalina Asymmetrasca decedens in pieno campo, valutata sulla base della
percentuale di foglie danneggiate e/o accartocciate.
Work Package 2.B – Rilevazione della produttività e dello stato fitosanitario di di genotipi di salice
(Salix alba e S.matsudana e loro ibridi), in impianti sperimentali, dislocati in differenti areali del
nostro Paese.
La sperimentazione condotta a Caramagna Piemonte (CN) su terreno di medio impasto, non
irrigato, ha consentito la determinazione degli accrescimenti di 80 genotipi di salice, allevati alla
densità di 1.667 piante/ha, secondo uno schema sperimentale a blocchi randomizzati con 4
ripetizioni e parcelle elementari di 9 piante. I dati raccolti, in fase di elaborazione, hanno riguardato
gli accrescimenti e la produzioni in biomassa anidra (in t ha-1) ottenuta.
21
2.1.1.2.b.2.- Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali
difficoltà/problemi riscontrati e soluzioni adottate per superarli, relativamente alla Task 2
Come già riportato per il pioppo bianco, la prova sperimentale di adattabilità di differenti genotipi
di salice allestita in Sicilia nell’anno 2012, è risulta compromessa a seguito di danni da animali
(capre e conigli selvatici), oltre che incendi verificatosi nei mesi estivi. Per questo si è deciso di
interrompere la sperimentazione e fare riferimento un per questa specie alla prova già in corso
presso l’azienda Cesurni di Bagni di Tivoli (Roma).
2.1.1.2.c.2 -- Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto
iniziale, relativamente alla Task 2
Relativamente alla Tak 2 non sono previsti approfondimenti rispetto al progetto iniziale.
2.1.1.2.d.2 - Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale, relativamente
alla Task 2
Le attività relative alla Sub Task 2A sono sostanzialmente in linea con il piano dei lavori previsti,
mentre fatto salvo per le criticità riscontrate nell’impianto di Gela (CL) a seguito delle quali si è
optato per l’attività già avviata presso l’azienda Cesurni di Bagni di Tivoli.
2.1.1.2.e.2 - Prossimi step, con particolare attenzione alle attività previste per l’anno 2014,
relativamente alla Task 2
Nel 2014 si prevede di completare la valutazione delle differenti selezioni clonali di salice allevate
nei diversi areali del Nord, e del Centro Italia, oltre a proseguire con la rilevazione del
comportamento nei confronti della cicalina Asymmetrasca decedens e dello stato fitosanitario
complessivo dei diversi genotipi a confronto.
Task 3 –Valutazione di cloni di pioppo e salice per la tolleranza a stress abiotici
2.1.1.2.a.3 - Descrizione dettagliata dell’attività svolta, relativamente alla Task 3
Work Package 1.A –Valutazione degli accrescimenti di cloni di pioppo e salice per resistenza a
stress abiotici, in condizioni di laboratorio, serra e pieno campo.
22
Presso la serra ed i laboratori dell’Unità di ricerca PLF di Casale Monferrato sono state allestite
prove per la valutazione della capacità di radicazione e crescita in vivo ed in vitro di selezioni
clonali di P. alba, P. x canadensis e salice, in presenza di concentrazioni variabili da 0 a 200 ppm di
cloruro di sodio (NaCl).
2.1.1.2.b.3.- Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali
difficoltà/problemi riscontrati e soluzioni adottate per superarli, relativamente alla Task 3
L’allevamento in vitro di alcuni cloni di P. x canadensis , risultato difficoltoso, ha in parte
compromesso la prova di valutazione della tolleranza alla salinità.
2.1.1.2.c.3 -- Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto
iniziale, relativamente alla Task 3
L’adozione del sistema di coltivazione in vitro su substrati caratterizzati da differente
concentrazione di nutrienti potrebbe consentire un miglioramento dei protocolli sperimentali
consentendo ulteriori approfondimenti rispetto alla proposta iniziale.
2.1.1.2.d.3 - Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale, relativamente
alla Task 3
Le attività relative alla Task 3 sono coerenti con quanto inizialmente previsto anche se richiedono
un approfondimento della sperimentazione per una consentire la selezione dei genotipi di pioppo e
salice maggiormente tolleranti la salinità.
2.1.1.2.e.3 - Prossimi step, con particolare attenzione alle attività previste per l’anno 2013,
relativamente alla Task 3
Nel 2014 si prevede di poter completare le prove in vivo ed in vitro per la valutazione della
tolleranza alla salinità e per la capacità di radicazione di selezioni clonali di P. alba, P. x canadensis
e salice.
2.1.1.3
Risultati conseguiti
Task 1 –Valutazione delle potenzialità produttive e della resistenza a stress biotici di differenti
genotipi di pioppo di diversa origine, per produzioni bioenergetiche
23
La determinazione delle potenzialità produttive e della resistenza a stress biotici dei cloni di pioppo
P. xcanadensis e P. alba è stata effettuata in differenti areali del Nord e Centro Italia come di
seguito riportato.
Work Package 1.A – Rilevazione precoce degli accrescimenti e della resistenza alle principali
avversità biotiche in condizioni di laboratorio, serra e campo a Casale Monferrato.
Negli impianti realizzati presso l’Azienda Mezzi di Casale Monferrato con i cloni di pioppo ibrido
P. x canadensis, posti alla densità di 8.333 e 1.111 piante per ettaro, sono state effettuate a fine
2013, rilevazioni allo scopo di determinare la crescita delle piante. Per l’impianto più fitto (8.333
piante per ettaro) si riportano i dati ottenuti al termine del secondo anno di prova, in quanto quelli
rilevati a fine 2013 sono ancora in fase di elaborazione. Come evidenziato in figura 2.1.1.1, gli
accrescimenti dei cloni a confronto nell’impianto più fitto (8.333 piante per ettaro), rilevati al
termine del secondo anno mediante misurazione del diametro delle piante a 130 centimetri da terra,
hanno evidenziato risultati interessanti, soprattutto se rapportati all’accrescimento dei due cloni
commerciali (Orion e Baldo) di riferimento.
Figura 2.1.1.1 - Impianto realizzato a Casale Monf. nel 2010 utilizzando vari cloni di
canadensis, alla densità di 8.333 piante /ha; diametro rilevato alla fine del secondo anno
P. x
70,0
60,0
50,0
40,0
30,0
20,0
10,0
OR IO
N
BAL D
O
1.049
5.038
94 .00
3.009
94 .05
2.005
94 .00
1.024
94 .00
9.019
94 .00
6.019
92 .00
4.070
92 .00
3.031
92 .00
2.053
92 .00
1.006
92 .00
4.005
92 .00
4.004
92 .00
3.048
92 .00
3.046
92 .00
1.041
92 .00
1.027
92 .00
1.015
92 .00
2.040
92 .00
2.036
91 .00
91 .00
91 .00
2.024
0,0
24
Le selezioni clonali siglate come 92.001.015, 92.001.041, 92.003.046, 92.003.048, 92.004.004,
92.004.005, 92.009.019, 94.002.005 sono risultate superiori al clone commerciale Orion,,
attestandosi su valori di accrescimento prossimi a quelli riscontrati per il clone commerciale Baldo.
Nell’impianto più rado, con densità di 1.111 piante per ettaro, la produzione in biomassa anidra
rilevata alla fine del secondo anno di impianto ha evidenziato rese produttive superiori a 10
tonnellate per ettaro anno di biomassa secca per 6 cloni di P. x canadensis, con particolare evidenza
per il clone siglato come 92.003.048 (Figura 2.1.1.2), verosimilmente superiore al clone Orion
utilizzato come testimone di riferimento. Il clone I-214 ampliamente coltivato per la produzione di
legno da destinare all’industria del compensato è risultato il meno produttivo, a dimostrazione della
necessità di effettuare ed utilizzare anche per il pioppo selezioni genetiche specifiche per le
differenti utilizzazioni industriali o energetiche.
Figura 2.1.1.2 - Produzione di biomassa anidra (t/ha) rilevata alla fine del secondo anno
nell’impianto realizzato presso l’azienda Mezzi del CRA-PLF di Casale Monferrato, utilizzando 11
cloni di P. x canadensis, alla densità di 1.111 piante /ha
20
Biomassa (t ha -1 anno -1)
A
A
15
AB
AB
AB
AB
AB
AB
AB
10
B
B
5
0
92
0
.0
0
1.
15
92
0
.0
0
1.
27
92
0
.0
0
1.
41
92
0
.0
0
3.
46
92
0
.0
0
3.
48
92
0
.0
0
4.
04
0
4.
0
.0
92
Cloni
05
92
0
.0
0
9.
19
94
0
.0
0
2.
05
14
I- 2
O
IO
R
N
La valutazione del comportamento dei diversi cloni di P. x canadensis nei confronti delle principali
avversità biotiche ha sostanzialmente confermato le indicazioni già ottenute in precedenza.
I rilievi eseguiti nei mesi di aprile e maggio su tutte le piante dei cloni di P. x canadensis allevate in
pieno campo a Casale Monferrato hanno sostanzialmente confermato un alto livello di resistenza a
Venturia populina per le selezioni siglate come 94.002.005 e 91.002.040, oltre a 91.002.024,
92.004.005, 92.001.041, 94.001.048, 91.002.009, 94.055.038 e 92.001.029, 92.001.037. Elevata
resistenza alla bronzatura, malattia fogliare causata da Marssonina brunnea, è stata accertata per
25
quasi tutte le nuove selezioni di P. x canadensis; solo i cloni siglati come 94.001.049 e 94.001.024
hanno evidenziato una certa suscettibilità al patogeno.
Le ripetute osservazioni effettuate in pieno campo, hanno consentito di verificare l’elevato livello di
resistenza della maggior parte dei cloni di P. x canadensis anche nei confronti della ruggine del
pioppo (Melampsora larici populina). Solo alcuni cloni (92.003.031, 93.071.024, 93.071.040,
93.072.035, 94.002.005, 94.003.009) hanno confermato una certa suscettibilità, comunque inferiore
rispetto a quella osservata sui vecchi cloni commerciali quali I-214, Boccalari e Beauprè.
Relativamente ai cloni di pioppo bianco (P.alba) posti a confronto a Casale Monferrato alla densità
di 1.111 piante per ettaro (spaziatura 3×3 metri) è stato possibile quantificare le rese in biomassa
anidra per ciascuno dei 20 cloni a confronto (Figura 2.1.1.3).
Figura 2.1.1.3 – Produzione di biomassa (t/ha) al quinto anno, di 20 cloni di P. alba allevati alla
densità di 1.111 piante /ha presso l’Azienda Mezzi di Casale Monferrato
Biomassa (t ha -1 anno -1)
15
12
9
6
3
07
5
PA
07
9
PA
07
8
PA
PA
08
9
PI
93
.0
06
PI
93
.0
07
PI
93
.0
08
PI
93
.0
93
22
.0
88
93 .006
.0
88
93 .015
.0
88
93 .047
.0
88
93 .091
.0
88
93 .095
.0
88
93 .133
.0
88
93 .145
.0
88
93 .202
.0
88
.2
32
D
VI
I- 1
LL
02
AF
R
AN
C
A
G
A
10
7D
0
Cloni
I dati riportati in figura 2.1.3.3 relativamente ai migliori cloni posti a confronto con il testimone
Villafranca, evidenziano elevati rese superiori a 10 t/ha / anno di sostanza secca per i cloni
93.088.015, 93.088.232, 93.088.202, 93.088.133, 93.088.095, PA078 e buona produttività per i
cloni e PI 93.008, 93.088.006, 93.088.047, 93.088.091, benché le differenze non siano risultate
significative all’analisi statistica (ANOVA) verosimilmente a causa della variabilità elevata,
imputabile alle piante stroncate/atterrate dalla tromba d’aria del 29 luglio 2013.
Task 2 –Miglioramento e selezione di cloni di Salix alba e S.matsudana e di loro ibridi per la
produzione di biomasse lignocellulosiche
26
Work Package 2.A – Selezione per accrescimento e resistenza alle avversità biotiche di genotipi di
salice (Salix alba e S. matsudana e loro ibridi) a Casale Monferrato.
L’impianto sperimentale di cloni di salice allestito nel 2010 presso l’azienda Mezzi di Casale
Monferrato ha consentito la determinazione della produttività in biomassa anidra (t/ha/anno) per
ciascuno dei 24 cloni a confronto (Figura 2.1.1.4). Interessanti rese produttive sono state riscontrate
per cinque nuove selezioni clonali (SE03-001, 90.090.023, 90.091.001, 90.091.003, 90.092.022),
peraltro non statisticamente differenti rispetto a quelle dei due cloni commerciali di riferimento;
Drago e Levante. Al riguardo va rilevato che questi stessi 5 cloni sono finora risultati resistenti
anche agli attacchi di Asymmetrasca decedens, cicalina particolarmente polifaga e largamente
diffusa in Pianura Padana.
Peraltro le osservazioni effettuate per diversi anni in pieno campo a Casale Monferrato su un totale
di 42 selezioni clonali di salice in fase avanzata di selezione, hanno evidenziato un elevato livello di
resistenza alla cicalina Asymmetrasca decedens in 18 cloni, mentre 20 si sono dimostrati altamente
suscettibili agli attacchi della stessa cicalina.
Figura 2.1.1.4 – Biomassa anidra (t/ha/anno) rilevata alla fine del quarto anno nell’impianto
realizzato a Casale Monferrato alla densità di 1.111 piante /ha , utilizzando 24 cloni di Salix spp
25.000
A
20.000
AB
ABC
ABC
ABC
ABC
ABC
ABC
ABC
ABC
15.000
ABCD
ABCD
ABCD
ABCD
ABCD
ABCD
BCD
10.000
ABCD
BCD
CD
CD
5.000
D
4-010
3-016
3-009
4-012
90 .09
0 .00
3
90 .09
0 .02
1
90 .09
0 .02
3
90 .09
1 .00
1
90 .09
1 .02
1
90 .09
1 .00
3
90 .09
2 .02
2
90 .09
2 .02
3
90 .09
2 .02
4
91 .07
2 .00
2
91 .08
9 .02
4
93 .07
6 .02
3
SE 6
SE 6
SE 6
SE 0
3-002
3-001
3-003
SE 0
SE 0
SE 0
SI 7 2
-00 1
NTE
SI 6 8
-01 5
LEVA
DRA
GO
0.000
S 76
-003
Biomassa (t ha-1 anno-1)
ABC
Cloni
27
Work Package 2.B – Rilevazione della produttività e dello stato fitosanitario di genotipi di salice
(Salix alba e S.matsudana e loro ibridi), in impianti sperimentali, dislocati in differenti areali del
nostro Paese.
Relativamente alla prova sperimentale di confronto con 80 genotipi di salice allevati alla densità di
1.667 piante/ha a Caramagna Piemonte (CN) le produzioni in biomassa anidra (in t ha-1) ottenute
alla fine del 5° anno e già riportate nella precedente relazione hanno evidenziato risultati molto
eterogenei, con rese medie comprese tra 5 e 50 tonnellate per ettaro a seconda dei cloni (Figura
2.1.1.5).
I dati relativi al sesto anno, ancora da rilevare potranno fornire indicazioni utili per individuare le
migliori selezioni, mentre la prevista ceduazione consentirà l’accertamento della capacità di ricaccio
per ciascun clone.
Figura 2.1.1.5 - Rappresentazione del comportamento dei 80 cloni di Salix spp. a confronto a
Caramagna Piemonte raggruppati in 10 classi di produttività espressa in biomassa anidra (t/ha)
>50
Classi di produttività (t/ha)
45,1 - 50,0
40,1 - 45,0
35,1 - 40,0
30,1 - 35,0
25,1 - 30,0
20,1 - 25,0
15,1 - 20,0
10,1 -15,0
5,1 - 10,0
0
5
10
15
20
25
28
Task 3 –Valutazione di cloni di pioppo e salice per la tolleranza a stress abiotici
Work Package 1.A –Valutazione degli accrescimenti di cloni di pioppo e salice per resistenza a
stress abiotici, in condizioni di laboratorio, serra e pieno campo
Le forti gelate riscontrate a Casale Monferrato nell’inverno 2011-2012, con temperature minime di 20°C verificatesi per alcuni giorni, hanno consentito la valutazione dei possibili danni da freddo alle
piante di pioppo e salice presenti nei diversi impianti. Così mentre per i pioppi P. x canadensis e P.
alba non sono stati riscontrati danni particolarmente evidenti, nel caso di alcuni genotipi di salice si
sono osservate necrosi che hanno interessato parte o tutta la chioma. Nella primavera 2013 si è
riscontrato un mancato o anomalo germogliamento delle gemme poste sui rami e/o in porzioni poco
lignificate del fusto di alcuni cloni di salice (SE 64-010, SE 64-012, SE 63-016, SE 03-009, SI 72001) mentre i cloni S 76-005 e 90.091.003 hanno manifestato sintomi meno gravi generalmente
localizzati su porzioni più o meno estese del fusto (Figura 2.1.1.6).
Figura 2.1.1.6 - Manifestazioni di mancato o anomalo germogliamento primaverile di alcuni cloni
di salice particolarmente sensibili alle gelate riscontrate a Casale Monferrato nell’inverno 2012
1.1.4 Divulgazione dei risultati
Parte dei risultati finora ottenuti nell’ambito del Progetto Biosea sono stati oggetto di divulgazione a
seguito di comunicazioni orali in Congressi, “Workshop” ed incontri tecnici a livello nazionale ed
internazionale. Oltre alle pubblicazione già riportate nelle precedenti relazioni, nel 2013 sono stati
pubblicati su riviste e/o presentati in convegni internazionali i lavori di seguito riportati.
29
1)
Rosso, L., Facciotto, G., Bergante, S., Vietto, L., Nervo, G. 2013. Selection and testing of
Populus alba and Salix spp. as bioenergy feedstock: Preliminary Results. Applied Energy 102
(2013) 87-92.
2)
Rosso, L., Bergante, S., Vietto, L., Facciotto, G., 2013. Populus alba e Salix spp. per la
produzione di biocarburanti. In: IX Congresso Nazionale SISEF 'Multifunzionalità degli
Ecosistemi Forestali Montani: Sfide e Opportunità per la Ricerca e lo Sviluppo' (Tonon G.
Ventura M. Bucci G. eds) Bolzano, 16-19 sett. 2013. Comunicazioni Orali - Riassunti.
c9.7.1#209 p.62.
3)
Rosso, L., Vietto, L., Bergante, S., Nervo, G., Facciotto, G., Lignocellulosic biomass as
feedstock for biofuels production. In: Proceedings of 21th European Biomass Conference &
Exhibition, 3-7 june 2013, Copenhagen Denmark, 130-133.
30
2.2 U.O. II UNICATT - Istituto di Agronomia, Genetica e Coltivazioni
erbacee, Università Cattolica S. Cuore
Titolo della ricerca: Miglioramento genetico del sorgo per usi energetici
Responsabile scientifico: Dr. Stefano Amaducci
31
2.2
U.O. II UNICATT - Istituto di Agronomia, Genetica e Coltivazioni erbacee,
Università Cattolica S. Cuore
Titolo della ricerca: Miglioramento genetico del sorgo per usi energetici
Responsabile scientifico: Dr. Stefano Amaducci
2.2.1
Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013)
2.2.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013
Nell’anno 2013 è stato pianificato un esperimento in pieno campo per la caratterizzazione fisiofenologica di sei varietà di sorgo già testate negli anni precedenti: ABF306, TrudanHL, Harmattan,
Sucro506, Bulldozer, Tarzan. Il piano sperimentale prevedeva una più approfondita
caratterizzazione del genotipo ABF306, di nostra costituzione, anche sotto differenti regimi di
concimazione azotata. La semina tardiva (23 maggio), dovuta all’impossibilità di lavorazione del
terreno, e le successive avverse condizioni climatiche, con temperature molto al di sotto della media
stagionale (~7 ºC), hanno portato all’emergenza di poche plantule e di un conseguente campo pieno
di fallanze, di certo non utile ai fini di una caratterizzazione di campo.
Per questo motivo è stato messo a punto un esperimento in vaso, con sei differenti genotipi per lo
screening iniziale di ulteriori varietà di sorgo. L’attività svolta è più approfonditamente descritta nel
successivo paragrafo.
Tabella 2.2.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento
Stato di avanzamento
Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta
Non avviato
Avviato/ in
corso
Task 1-3 e 5
Task 4
Concluso
X
X
2.2.1.2 Relazione sull’attività svolta
Nell’ambito dell’azione 4 del Progetto BIOSEA, nell’estate 2013 è stata condotta una prova
sperimentale in vaso presso l’azienda sperimentale “Vittorio Tadini” al fine di meglio caratterizzare
6 differenti varietà di sorgo in nostro possesso in funzione della loro risposta a condizioni di limitata
disponibilità idrica.
32
Sono stati presi in considerazione i seguenti genotipi: IS10234 e IS16173, IS22330 e IS20351,
OPV3, ICSV700 rispettivamente tollerante e sensibile della razza caudatum per la prima coppia, e
durra per la seconda. I semi sono stati fatti germinare in piastra in incubatore, quindi trapiantati in
vasi di plastica del volume di 16L precedentemente riempiti con suolo prelevato in campo (8 Kg
della seguente composizione: 24,4% argilla, 63,7% limo, 11,9% sabbia).
All’emissione della 6°-7° foglia, i vasi sono stati portati a capacità di campo e la loro estremità
chiusa con dei sacchetti in polietilene (PE) trasparente; una piccola fessura è stata praticata sul
fondo del sacchetto per consentire alla pianta di crescervi attraverso. Il foro di uscita è stato sigillato
con del nastro adesivo per ridurre al minimo le perdite d’acqua attraverso di esso. Questo tipo di
procedura, esperimento “dry-down”, ampiamente utilizzato in letteratura (Luquet et al., 2008, Xin
et al., 2008), permette di stimare la perdita di acqua tramite traspirazione delle piante, eliminando le
perdite dovute all’evaporazione da parte del terreno. È stato adottato un disegno sperimentale a
blocchi completamente randomizzati con cinque ripetizioni, per un totale di 150 piante (5 piantine
per ognuno dei 6 genotipi). Lo stress idrico è stato indotto sospendendo l’irrigazione fino al
raggiungimento della frazione di acqua disponibile nel suolo desiderata, pari a 0.2 FTSW (Fraction
of Transpirable Soil Water), e mantenuto costante per 5 giorni. Al termine di questo periodo è stato
effettuato il primo campionamento distruttivo; sono state, quindi, ripristinate le ottimali condizioni
di disponibilità idrica, mantenute per altri 5 giorni al termine dei quali è stato effettuato l’ultimo
campionamento distruttivo. Per tutta la durata dell’esperimento sono stati monitorati i seguenti
paramentri fisio-fenologici:
-
Fenologia e area fogliare
-
Contenuto in clorofilla
-
Misurazione degli indici di fluorescenza
-
Tasso di traspirazione
-
Misurazione degli scambi gassosi
I campionamenti distruttivi sono stati, invece, utili al fine della determinazione della biomassa
totale prodotta e dei relativi indici di tolleranza e suscettibilità allo stress idrico (Maiti et al., 1994;
Yousin et al., 2000), del contenuto idrico relativo (RWC) e dell’area fogliare.
2.2.1.3 Risultati conseguiti
La frazione di acqua disponibile nel suolo FTSW è stata monitorata giornalmente attraverso metodo
gravimetrico come rapporto tra l’acqua disponibile nel suolo (ASW, determinata come differenza
tra il contenuto idrico del suolo e l’acqua presente al punto di appassimento) e la quantità totale di
33
acqua traspirabile nel suolo (TTSW, calcolata come differenza tra l’acqua presente a capacità di
campo meno quella residua al punto di appassimento). L’accurata stima dell’FTSW consente di
studiare in maniera appropriata il comportamento fisiologico della pianta in risposta
all’avanzamento dello stress.
Da un punto di vista agronomico, la determinazione della biomassa secca prodotta è uno dei
parametri principali per l’identificazione di genotipi che, anche in condizioni di stress idrico, siano
in grado di produrre buone quantità di biomassa. Tale determinazione è stata eseguita al momento
dei due campionamenti distruttivi sia per la porzione aerea delle piante, che per quella radicale
(Tabella 2.2.1.2). In condizioni di stress idrico il genotipo IS22330 si differenzia dagli altri per una
maggiore produzione di biomassa aerea secca e per una scarsa attinenza ad approfondire il proprio
apparato radicale, dimostrato dal basso valore del rapporto tra biomassa radicale e biomassa aerea,
nettamente sbilanciato a favore di quest’ultima, visibile al momento dei campionamenti distruttivi
rispettivamente nella quinta ed ottava colonna della Tabella 2.2.1.2.
L’analisi della ripresa vegetativa permette di stimare un altro importante parametro: il tasso di
crescita (Tabella 2.2.1.3). Questo dato, senza dubbio fondamentale da un punto di vista produttivo,
indica la più o meno spiccata capacità del genotipo di tollerare un periodo di carenza idrica e di
conservare un’altrettanto buona capacità di ripresa in seguito alla nuova ritrovata disponibilità
d’acqua.
Il parametro relativo al contenuto idrico relativo delle foglie (RWC) è, invece, specchio della
quantità d’acqua residua nella foglia al momento della raccolta nonchè, quindi, della capacità del
genotipo di trattenere al suo interno una maggiore quantità d’acqua attuando una rapida chiusura
delle aperture stomatiche prevenendo un’ulteriore ed insensata perdita della stessa. Differenze
significative sono apprezzabili solo per la coppia di genotipi IS16173 e IS10234 (Tabella 2.2.1.3),
segno che comunque le altre varietà di sorgo posseggono, in virtù della loro natura di piante C4, un
ottimo controllo delle aperture stomatiche in condizioni di stress. Nell’analisi della superficie
fogliare, non sono state osservate differenze statisticamente significative tra i genotipi, ma solo tra
le due tesi analizzate (dati non mostrati). Ci si riserva comunque la possibilità nel prossimo anno di
approfondire tale fondamentale analisi con misurazioni più frequenti per l’intera durata della
sperimentazione.
Il contenuto di clorofilla è stato misurato attraverso l’utilizzo di uno strumento portatile SPAD-510
(Soil-Plant Analyses Development) in grado di stimare la quantità di clorofilla a livello fogliare
attraverso la trasmittanza registrata a due lunghezze d’onda (650 nm e 940 nm), assorbite in modo
34
differente dalla clorofilla (Martinez E. et al., 2004). Tale valore fornisce un buon indicatore dello
stato di salute del tessuto fotosintetico della pianta (Nageswara te al. 2001).
Il risultati, però, non sono stati utili (e per questo motivo non riportati) a discriminare quale
genotipo di sorgo fosse effettivamente sensibile o tollerante lo stress idrico; nessuna differenza
significativa emerge dall’analisi statistica nè tra i genotipi nè tra le tesi. Quasi sicuramente questo è
sintomo di un’ottima ripresa dei fotosistemi delle piante durante le ore notturne, così come è anche
dimostrato dagli indici di fluorescenza misurati al buio.
Essendo la molecola della clorofilla quella che maggiormente influenza la fotosintesi, lo studio
della sua fluorescenza è molto utile per studiare gli effetti degli stress ambientali sulle piante.
Infatti, tali stress determinano una riduzione della fluorescenza della clorofilla a causa della sua
degradazione. Allo scopo di determinare la risposta dei genotipi allo stress idrico, sono stati valutati
alcuni indici di fluorescenza della clorofilla, tra i quali: resa quantica del fotosistema II (Fv/Fm),
estinzione fotochimica (qP), estinzione non–fotochimica (NPQ), efficienza del fotosistema II
(ɸPSII). Dai risultati riportati in Tabella 2.2.1.4, il valore di resa quantica del fotosistema Fv/Fm
misurato al buio non è statisticamente significativo per tutta la durata dell’esperiemento, neppure al
momento del primo campionamento distruttivo. L’efficienza del fotosistema II rivela, invece,
differenze significative nell’interazione genotipo*tesi. I genotipi sensibili IS203351 e IS16173
mostrano, in condizioni di stress, valori di efficienza più bassi rispetto ai corrispettivi genotipi
tolleranti IS22330 e IS10234. Inoltre, gli stessi genotipi sensibili presentano un differenze
statisticamente significative tra le due tesi irrigue. Mentre per IS16173 le condizioni di stress fanno
aumentare la dispersione di elettroni per via non fotochimica, per IS20351 avviene l’opposto. La
dispersione per via fotochimica è sempre molto elevata per la tesi irrigata, mentre lo stress idrico
riduce sensibilmente l’attività dei fotosistemi abbassandone il valore di quencing fotochimico. Il
genotipo tollerante OPV3 è quello che meno risente dello spegnimento energetico della clorofilla
per via fotochimica in condizioni di carenza irrigua.
Il tasso di traspirazione giornaliera è stato, al contrario, molto utile per la discriminazione dei
genotipi di sorgo analizzati. Lo studio ha evidenziato come questo decresca di pari passo al
diminuire dell’acqua disponibile nel suolo FTSW. In particolare, è stato possibile calcolare il tasso
di traspirazione normalizzato NTR dividendo il valore della traspirazione giornaliera per quello
registrato per la corrispettiva tesi irrigata. In questo modo è stato possibile individuare un valore di
FTSW soglia (Tabella 2.2.1.5), caratteristico di ogni genotipo, al di sotto del quale la traspirazione
inizia a decrescere (Casadebaig et al., 2008). Il valore è indice della capacità del genotipo di
continuare a estrarre acqua dal suolo anche quando le condizioni di crescita iniziano ad essere
35
limitanti. Differenze significative si apprezzano per la coppia di genotipi IS16173 e IS10234
appartenenti alla razza caudatum. Il genotipo IS22330 dimostra, invece, il valore di FTSW soglia
più basso in assoluto.
Il tasso di traspirazione di ogni genotipo è la manifestazione macroscopica di quanto avviene a
livello cellulare nella regolazione delle aperture stomatiche. Le aperture stomatiche sono, infatti,
sede degli scambi gassosi, CO2, O2 e vapore acqueo, che avvengono tra il mesofillo fogliare e
l’ambiente esterno. Tali aperture sono regolate da numerosi segnali chimico-fisici ed ambientali
(concentrazione di acido abscissico, turgore cellulare, pressione di vapore saturo nell’atmosfera,
ecc...) a cui rispondono con estrema rapidità. Comprendere il comportamento e la regolazione di tali
aperture significa comprendere anche la risposta della pianta a condizioni di stress.
Avvalendosi di un analizzatore portatile di gas a raggi infrarossi, CIRAS-2 (PP- Systems,
Amesbury, USA), è stato possibile misurare i valori di conduttanza stomatica (mmol m 2 s-1), fotosintesi
netta (μmol m-2 s-1) e traspirazione (mmol m2 s-1) per i sei genotipi sotto analisi (Tabella 2.2.1.6) durante
tutta la durata dell’esperimento allo stesso orario, ovvero tra le 12 e le 14. Per tutti i genotipi è possibile
riscontrare un trend decrescente dei tre valori analizzati corrispondente al decremento della disponibilità
idrica nel suolo. In Tabella 2.2.1.5 è riportata, invece, l’analisi statistica relativa al momento del primo
campionamento distruttivo. Per le coppie di genotipi ICSV700 – OPV3 e IS20351 – IS22330, il
genotipo tollerante mostra valori di conduttanza stomatica, fotosintesi netta e traspirazione
sensibilmente più bassi del corrispettivo genotipo sensibile. Questo dato non conferma quello di
produzione di biomassa secca riportato precedentemente. Si è dunque ipotizzato che i genotipi tolleranti
potessero mettere in atto una strategia conservativa di tolleranza dello stress idrico chiudendo gli stomi
prima dei loro corrispettivi genotipi sensibili, riuscendo così ad evitare inutili perdite di acqua per via
stomatica.
36
Tabella 2.2.1.2 - Analisi statistica della produzione di biomassa nei due campionamenti distruttivi
Primo campionamento distruttivo
Genotipo
ICSV700
OPV3
IS20351
IS22330
IS16173
IS10234
LSD (5%)
Secondo campionamento distruttivo
Tesi
Biomassa
aerea (g)
Biomassa
radicale (g)
Biom.
Radicale
/
Aerea
Biomassa
aerea (g)
Biomassa
radicale (g)
Biom.
Radicale
/
Aerea
ctrl
37a
28,8a
0,99a
55,1a
20,3b
0,38b
stress
15,7 cd
14,1cd
1,06a
29,7def
10,1de
0,35b
ctrl
31,9ab
11,9cdef
0,32c
39,2bcde
13cde
0,33b
stress
17,5cd
8,1g
0,59b
28,3ef
11,1de
0,42b
ctrl
33,4ab
20,9b
0,63b
49,4ab
26,8a
0,57a
stress
14,5d
10,7defg
0,88a
28,9ef
11,8de
0,43b
ctrl
30,9b
13,6cde
0,39c
49,3ab
23,4ab
0,48ab
stress
20,6c
8,5fg
0,44bc
32,1cdef
10,5de
0,33b
ctrl
34,3ab
12cdef
0,35c
43,4abc
19,6bc
0.44b
stress
15,3cd
8,6fg
0,63b
24,2f
8,5e
0,36b
ctrl
32ab
15,3c
0,46bc
41,7bcd
17,1bcd
0,42b
stress
16,9cd
10,2efg
0,98a
25,8f
8,9e
0,35b
5,98
3,45
0,20
12,38
7,22
0,17
Tabella 2.2.1.3 - analisi statistica relativa al tasso di crescita e contenuto idrico relativo RWC dei
genotipi sottoposti a stress idrico
Tasso di crescita (g day-1)
% RWC
ICSV700
2,62 ± 0,26ab
69,50 ± 11,27d
OPV3
3,17 ± 0,37a
71,83 ± 11,66cd
IS20351
1,61 ± 0,08cd
72,88 ± 13,63cd
IS22330
3,08 ± 0,49a
77,80 ± 9,44bc
IS16173
2,01 ± 0,34bc
70,31 ± 7,87d
IS10234
0,66 ± 0,17d
79,67 ± 5,12b
LSD (5%)
0,97
6,03
37
Tabella 2.2.1.4 - Analisi statistca degli indici di fluorescenza analizzati al momento del primo
campionamento distruttivo per i sei genotipi
Genotype
ICSV 700
OPV 3
IS 20351
IS 22330
IS 16173
IS 10234
LSD (5%)
thesis
Fv/Fm
ɸPSII
NPQ
qP
ctrl
0,82 ± 0,008
0,43 ± 0,06c
0,19 ± 0,05c
0,65 ± 0,05abc
stress
0,78 ± 0,026
0,30 ± 0,13de
0,19 ± 0,03c
0,54 ± 0,06fg
ctrl
0,82 ± 0,010
0,52 ± 0,14ab
0,17 ± 0,04c
0,68 ± 0,06ab
stress
0,78 ± 0,020
0,32 ± 0,24d
0,22 ± 0,09bc
0,62 ± 0,05cde
ctrl
0,81 ± 0,010
0,54 ± 0,14a
0,35 ± 0,08a
0,68 ± 0,04ab
stress
0,77 ± 0,060
0,21 ± 0,08f
0,21 ± 0,08bc
0,52 ± 0,09g
ctrl
0,81 ± 0,006
0,46 ± 0,19bc
0,16 ± 0,03c
0,64 ± 0,07bcd
stress
0,76 ± 0,016
0,33 ± 0,17d
0,18 ± 0,06c
0,58 ± 0,02efg
ctrl
0,81 ± 0,008
0,44 ± 0,16c
0,19 ± 0,05c
0,59 ± 0,06def
stress
0,78 ± 0,027
0,25 ± 0,20ef
0,26 ± 0,07b
0,60 ± 0,08cdef
ctrl
0,81 ± 0,008
0,48 ± 0,13abc
0,18 ± 0,08c
0,70 ± 0,06a
stress
0,79 ± 0,011
0,34 ± 0,19d
0,16 ± 0,07c
0,56 ± 0,05efg
n.s.
0,06
0,07
0,06
Tabella 2.2.1.5 - Valore di FTSW soglia registrati per i sei genotipi
Genotipo
FTSW soglia
ICSV 700
0,39a
OPV 3
0,38a
IS 20351
0,31b
IS 22330
0,27b
IS 16173
0,41a
IS 10234
0,31b
LSD (5%)
0.04
38
Tabella 2.2.1.6 - Analisi statistica di conduttanza stomatica, fotosintesi netta e traspirazione dei sei
genotipi analizzati al momento del primo campionamento distruttivo
Genotype
ICSV700
OPV3
IS20351
IS22330
IS16173
IS10234
LSD (5%)
Thesi
gs
Pn
T
Ctrl
311,8 ± 99,8cd
33,6 ± 6bc
8,1 ± 0,7ab
Stress
183,8 ± 72,6de
22,6 ± 10,2d
6,1 ± 2,1de
Ctrl
396,2 ± 96,9b
39,7 ± 2,7ab
8,5 ± 0,8ab
Stress
113,5 ± 51,9ef
14,1 ± 7,9e
4,5 ±1,4f
Ctrl
280,2 ± 68,9cd
31,3 ± 5,9c
7,4 ± 1,2bcd
Stress
154 ± 40,9ef
19,5 ± 5,9de
5,2 ± 1,2ef
Ctrl
320 ± 127,4bc
33,1 ± 8,3bc
7,5 ± 1,5bc
Stress
66,7 ± 28,9f
6,4 ± 5,4f
3 ± 1,2g
Ctrl
274,2 ± 89,1cd
25,8 ± 7,6cd
7,9 ± 0,7b
Stress
200,5 ± 37,8de
21,8 ± 3,2de
6,2 ± 1cde
Ctrl
503 ± 92,4a
44,8 ± 2,2a
9,6 ± 1a
Stress
209,8 ± 127,1de
22,9 ± 12,2d
5,6 ± 1,5ef
97,4
8,1
1,5
La sperimentazione in vaso è stata adottata per condurre una più accurata caratterizzazione
dell’acqua presente nel terreno effettivamente disponibile per la pianta. Tale fattore è essenziale per
la determinazione del livello di stress a cui si è voluto discriminare il comportamento e le strategie
messe in atto dalle differenti piante nella risposta allo stress idrico. L’accuratezza di tale
misurazione non si sarebbe potuta ottenere attraverso un tradizionale esperimento in pieno campo.
I genotipi IS20351 e IS22330, che è stato possibile selezionare attraverso il precedentemente
descritto esperimento condotto nell’anno 2013 in qualità di genotipi rispettivamente sensibile e
tollerante lo stress idrico, sono oggetto della più approfondita e moderna tecnica di analisi di
espressione genica RNA-Seq. Attraverso l’utilizzo delle metodologie del deep sequencing (Illumina
Genome Analyzer) una popolazione di RNA viene convertita ad una libreria di frammenti cDNA
con adattatori attaccati ad una o ad entrambe le estremità. Dopo amplificazione, ogni molecola
viene sottoposta a sequenziamento in modo da ottenere corti frammenti di sequenza (reads). La loro
lunghezza varia tra 30 e 70bp. In seguito le reads vengono mappate su di un genoma di riferimento
o su trascritti di riferimento e contate, per ottenere su scala genomica una mappa di trascrizione che
fornisca sia la struttura dei trascritti (introne/esone) sia il livello di espressione per ciascun gene. I
39
geni individuati e i marcatori molecolari ad essi associati saranno poi utilizzati per la Marker
Assisted Selection di nuove linee e ibridi tolleranti alla siccità.
Le analisi di espressione sono attualmente in fase di elaborazione.
40
DAFNAE - UNIPD
2.3 U.O. III UNIPD - Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti risorse
Naturali e Ambiente (DAFNAE) – Università degli Studi di Padova
Titolo della ricerca: Ottimizzazione degli input colturali in B. napus e B. carinata
a destinazione biodiesel
Responsabile scientifico: Prof. Giuliano Mosca
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DAFNAE - UNIPD
2.3 U.O. III UNIPD - Dipartimento di Agronomia Animali Alimenti risorse Naturali
e Ambiente (DAFNAE) – Università degli Studi di Padova
Titolo della ricerca: Ottimizzazione degli input colturali in B. napus e B. carinata a destinazione
biodiesel
Responsabile scientifico: Prof. Giuliano Mosca
2.3.1
Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013)
2.3.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013
Nel corso del 2013 non è stata svolta alcuna attività di ricerca. E’ proseguita invece l’elaborazione
dei dati già raccolti.
Tabella 2.3.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento
Stato di avanzamento
Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta
Non avviato
Avviato/ in
corso
Concluso
Epoche di semina autunnali in colza invernale da olio
X
Concimazione azotata
X
Caratterizzazione qualitativa degli oli per la produzione di
biodiesel
X
Effetto della riduzione delle lavorazioni del terreno
X
2.3.2
Sintesi delle attività svolte dall’unità operativa nel corso del triennio
2.3.2.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati di progetto
In accordo con gli obiettivi progettuali prefissati, negli anni 2008-09, 2009-10, 2010-11 e 2011-12
presso l’Azienda agraria sperimentale ‘Lucio Toniolo’ dell’Università degli Studi di Padova sono
stati realizzati dei protocolli di coltivazione low input attraverso i quali sono stati studiati gli
adattamenti morfo-fisiologici delle principali varietà disponibili nell’ambito del panorama varietale
di colza invernale “00” ai seguenti fattori agronomici: densità di semina, concimazioni azotate
primaverili decrescenti e riduzione delle lavorazioni del terreno. Per quanto riguarda Brassica
carinata la sperimentazione ha avuto come oggetto l’individuazione della più idonea epoca di
42
DAFNAE - UNIPD
semina in relazione alla limitata resistenza che questa specie costantemente dimostra per i freddi
invernali.
2.3.2.2 Risultati conseguiti
“Epoche di semina autunnali”
L’ibrido Excalibur si è confermata varietà in grado di raggiungere rese produttive molto stabili ed
elevate. Catalina pur essendo varietà costituita meno di recente, rispetto ad altre, ha ottenuto ottime
produzioni in tutte le epoche di semina e si è distinta per un peso di 1000 semi particolarmente
elevato. PR45D01 è risultata la varietà con la resa minore in funzione di una emergenza
generalmente meno omogenea. L’epoca di semina anticipata ha consentito di raggiungere rese del
tutto paragonabili a quelle dell’epoca ottimale con il pregio di aver prodotto semi dal peso maggiore
e nel caso di Excalibur con un più basso contenuto in zolfo nell’olio estratto. La quantità di S è un
parametro molto importante per l’utilizzo dell’olio di colza come biocombustibile, la normativa
DIN V 51605 ne stabilisce un contenuto massimo, calcolato secondo la normativa UNI EN ISO
20884/20846, pari a 10 mg kg-1. Excalibur coltivata in epoca posticipata ha prodotto un olio che non
rientrava nei limiti di legge per il contenuto in zolfo. L’interazione “varietà x epoca di semina” ha
messo in evidenza una più importante variazione del peso dei 1000 semi per Catalina.
Caratteristiche dell’olio estratto
Volendo verificare se la variazione del peso dei 1000 semi ottenuta dalla modulazione dell’epoca di
semina influenza le caratteristiche qualitative dell’olio, si è deciso di sottoporre ad analisi l’olio
della varietà Excalibur, apparsa più produttiva e stabile nell’areale di coltivazione considerato.
L’epoca di semina non incide significativamente sulla composizione acidica dell’olio estratto.
Nemmeno il numero di iodio viene modificato dalle due epoche di semina mentre la quantità di
zolfo risulta molto diversa (+33,8% rispetto all’epoca anticipata). Di norma la quantità di zolfo
allocata nel seme di Excalibur è relativamente costante durante il ciclo vegetativo, tuttavia la
variazione nel peso di mille semi conseguente ad una diversa epoca di semina potrebbe comportare
un effetto di maggiore diluizione dello zolfo a causa del maggiore contenuto in olio. Una ulteriore
possibile spiegazione della variazione del contenuto di zolfo potrebbe essere riconducibile ad una
diversa risposta del colza alle variazioni microclimatiche conseguenti alla semina ritardata.
“Riduzione delle lavorazioni del terreno”
Il rinnovato interesse per le tecniche di minima lavorazione ci ha spinto ad analizzare gli effetti
sull’accrescimento radicale e sulla produttività del colza invernale da olio specie di un certo
interesse per l’Italia e per la quale sono state condotte pochissime esperienze in tal senso. Nel corso
del 2009-10, su di un terreno medio-limoso dell’Azienda agraria sperimentale dell’Università di
Padova sono state coltivate due varietà di colza (Monsanto-Dekalb), l’ibrido CHH Excalibur e la
varietà ad impollinazione libera Catalina sottoponendole a tre modalità di preparazione del terreno
lavorazione tradizionale( aratura a 0,35 m, 40 semi/m2); lavorazione ridotta (discatura a 0,15 m , 40
semi/m2 ) e semina su terreno sodo (67 semi/m2 ). L’accrescimento della parte di apparato radicale
fibroso è stata rilevata tramite carotaggio, prelevando campioni di terreno fino alla profondità di 1
43
DAFNAE - UNIPD
m e del diametro di 70 mm poi suddivisi in sub-campioni di 0,1 m di lunghezza. Ad inizio levata
l’effetto della lavorazione si è fatto sentire sull’accrescimento della porzione fittonante della radice.
A prescindere dalla varietà impiegata in terreno sottoposto ad aratura tradizionale si è osservato un
maggior approfondimento (160 mm vs. 130 mm, nella media delle altre due tecniche) del fittoncino.
Differenze che scompaiono già nella successiva fase di fioritura. A differenza di quanto già
osservato da Bonari(1995), in questo caso, la riduzione dell’intensità di lavorazione non ha
modificato lo sviluppo dell’apparato radicale fibroso. Solo nell’orizzonte più superficiale (0,1 m di
profondità) si è potuta rilevare una maggiore RLD nel caso dell’aratura. In quello della discatura si
sono osservati un aumento del diametro radicale e una sensibile riduzione di RLD in corrispondenza
dell’orizzonte 10-20 cm.
I dati finora acquisiti suggeriscono la possibilità di ridurre l’impatto delle lavorazioni nella
coltivazione del colza in semina autunnale senza modificarne la geometria radicale e la produttività,
con tutti i vantaggi economici e agro-ambientali che ne possono derivare(minor erosione,
calpestamento e ossidazione della sostanza organica). La minima lavorazione e la semina su sodo
sembrano applicabili con successo indipendentemente dalla vigoria del genotipo, anche se gli ibridi
CHH potrebbero far superare più agevolmente eventuali situazioni di stress. Non si esclude tuttavia
che, nelle fasi iniziali della coltura, l’apparato radicale del colza, così come osservato per la
biomassa epigea, possa risultare più sviluppato in terreno arato, effetto da associare all’importante
assorbimento di azoto nel periodo invernale (“effetto cover”). Non va infine sottovalutato che la
scelta della semina diretta su sodo comporta un possibile maggior costo dovuto all’aumento della
quantità di seme e la necessità di organizzare cantieri di lavorazione aziendali idonei per la
riduzione del calpestamento.
Concimazione azotata (dosi e varietà)
Una riduzione delle applicazioni minerali è di fatto auspicabile per garantire sostenibilità
ambientale ed economica ai vari sistemi culturali. In un’ottica di razionalizzazione dell’input azoto
(N), la coltivazione di varietà di colza N-efficienti capaci cioè di raggiungere rese in granella
significative anche in condizioni nutritive sub-ottimali appare oggi imperativa. In questo studio
condotto negli anni 2008-09, 2010-11 e 2011-12, la risposta produttiva e l’N-efficienza di tre
cultivar di colza rappresentative delle principali tipologie genetiche disponibili (ibrido CHH,
Excalibur vs. ibrido CHH semi-nano, PR45D01 vs. varietà a impollinazione libera, Viking), sono
stati investigati in risposta ad apporti azotati primaverili decrescenti (150, 100, 50 e 0 kg N ha-1).
In media nelle tre stagioni di prova, Excalibur e Viking hanno presentato gli assorbimenti maggiori
(145-156kg N ha-1), mentre PR45D01, contraddistinto da habitus vegetativo contenuto, ha
presentato utilizzi di N inferiori (134 kg N ha-1), (P≤0,05). La resa in seme della coltura è risultata
in media superiore alle 3 t ha-1 s.s., confermando la buona adattabilità all’areale Padano-Veneto.
L’ibrido convenzionale si è rivelato il genotipo più performante (3,6 t ha-1 s.s.), fornendo produzioni
maggiori di PR45D01 e Viking (3,3 t ha-1 s.s.), (P≤0,05).
L’interpolazione delle rese di prodotto osservate in campo al variare della concimazione ha messo
in luce risposte diversificate tra i genotipi convenzionali e la cultivar semi-nana. Per massimizzare
44
DAFNAE - UNIPD
la produzione Excalibur e Viking hanno manifestato fabbisogni minerali inferiori (126-151 kg N ha1
) rispetto a quelli di PR45D01 (207 kg N ha-1). Considerando i parametri di N-efficienza, Excalibur
ha mostrato l’efficienza d’uso migliore (NUE: 20,1 kg seme / kg N disponibile dal suolo e
concime), in funzione di un’elevata efficienza di assorbimento (NUpE: 0,83 kg N assorbito / kg N
disponibile dal suolo + concime), (P≤0,05). Per l’ibrido semi-nano e la varietà a impollinazione
libera sono state stimate NUE inferiori (18,3 kg kg-1); in particolare PR45D01 ha rivelato una
modesta NUpE (0,74 kg kg-1), nonostante sia dotata di un’elevata efficienza di utilizzo di N (NUtE:
24,9 kg seme / kg N assorbito), (P≤0,05).
In conclusione per la realizzazione di itinerari agronomici impostati su un razionale utilizzo
dell’input ‘azoto’ per il momento è preferibile l’impiego di varietà ibride di taglia convenzionale.
Indagine sulla morfologia radicale di ibridi ad habitus vegetativo divergente
Nel precedente paragrafo sono state messe in luce differenze in termini di assorbimento azotato e
NUpE (i.e, efficienza assorbimento azoto) tra cultivar convenzionali (ibrido CHH e varietà a
impollinazione libera), e varietà semi-nana (ibrido). E’ ipotizzabile che tali diversità siano correlate
ad una morfologia radicale coerentemente diversificata con l’habitus vegetativo che caratterizza i
genotipi a confronto. In tal senso, è stata allestita una prova in ambiente confinato in cui sono stati
indagati gli apparati radicali di un ibrido CHH a taglia convenzionale (Excalibur) ed uno semi-nano
(PR45D01).
I risultati ottenuti confermano la presenza di differenze morfologiche a livello radicale tra le cultivar
a confronto. Lungo tutto il periodo di sperimentazione (da 0 a 50 giorni dalla semina), l’ibrido a
taglia normale ha fornito biomasse e lunghezze radicali maggiori rispetto al genotipo semi-nano
(P≤0,05). Questi aspetti morfologici associati all’elevata produzione di biomassa epigea hanno
garantito ad Excalibur una maggiore utilizzazione dell’azoto rispetto a PR45D01. L’elevato
assorbimento palesato dalla cultivar convenzionale sembra connessa alla lunghezza delle radici, la
quale tra tutti i parametri investigati è risultato quello maggiormente legato all’N organicato nella
biomassa aerea (R2: 0,91; P≤0,05). Particolarmente interessanti sono risultate inoltre le relazioni
emerse tra peso fresco (p.f.) della biomassa epigea e accrescimento radicale sia in termini ponderali
che di lunghezza (p.f. biomassa aerea vs. p.f. radici: R2: 0,77; P≤0,05; p.f. biomassa aerea vs.
lunghezza radici: R2: 0,87; P≤0,05). Dette relazioni rendono il p.f. aereo un attendibile indicatore
dello sviluppo radicale.
Modellizzazione fenologica della specie
Quest’ultima tematica è stata sviluppata attraverso un periodo di ricerca presso l’Institut
Pflanzenbau und Pflanzenzüchtung - CAU University di Kiel (D), dal quale è derivato un articolo
scientifico dal titolo ‘A Phenological Model of Winter Oilseed Rape According to the BBCH Scale’
sottoposto alla rivista Field Crop Research (IF: 2,232).
45
DAFNAE - UNIPD
Conclusioni
La definizione di un idoneo itinerario colturale in grado di sostenere la resa di prodotto rappresenta
il principale limite al consolidamento del colza invernale da olio negli avvicendamenti nazionali e
nella filiera bioenergetica di riferimento. Le strategie perseguibili per mitigare tale criticità devono
però considerare le attuali esigenze in materia di sostenibilità ambientale ed economica e quindi,
non possono prescindere da un utilizzo razionale degli input agronomici in funzione della scelta
varietale e delle caratteristiche ambientali dell’areale di coltivazione.
Nell’ambito Veneto non sembra possibile definire una tecnica agronomica univoca per tutte le
principali tipologie varietali disponibili. Di fatto, l’ottimizzazione dell’iter-colturale deve avvenire
diversificando l’utilizzo dei fattori tecnici tra genotipi a taglia convenzionale e materiali ad habitus
vegetativo ridotto. In particolare, gli ibridi tradizionali sembrano caratterizzati da potenziale
produttivo elevato raggiungibile anche con tecniche agronomiche low-input improntate su bassi
popolamenti di campo e moderati apporti azotati. Gli ibridi semi-nani invece, necessitano di una
maggiore intensificazione della tecnica agronomica attraverso l’applicazione di elevate densità di
semina e dosi di azoto.
Considerando l’input ‘epoca di semina’, un anticipo delle operazioni di avvio della coltura (prima
decade di settembre) sembra una strategia perseguibile con successo indipendentemente dalla scelta
varietale.
In conclusione resta chiaro che i limiti che ancora si frappongono alla produzione del colza sono i
seguenti:
1. Fattori ambientali e adattamento
2. Alcuni aspetti fisiologici (induzione a fiore, scalarità di fioritura,
3. Architettura della pianta e “biomass partitioning”
4. Variabilità del n° semi/siliqua
5. Vicarianza tra apparati fotosintetici (foglie e altre strutture)
6. Disponibilità sul mercato sementiero di varietà o ibridi adatti
7. Attivazione di idonei programmi di difesa
8. Logistica (difesa, raccolta e stoccaggio, essiccazione ...)
9. Tempi di attivazione della filiera (parte agricola)
Solo il loro superamento consentirebbe al colza di raggiungere rese di prodotto certamente ancora
più interessanti per la produzione di olio da convertire in biodiesel.
A supporto dei processi decisionali coinvolti nell’ottimizzazione del management colturale
risulterebbe utile l’impiego del ‘BBCH model’ il quale è in grado di simulare con sufficiente
precisione la fenologia della specie in differenti areali europei caratterizzati da diverse tecniche
agronomiche e scelte varietali.
46
DAFNAE - UNIPD
2.3.2.3 Divulgazione dei risultati
Nell’ambito del Progetto BIOSEA è stata organizzata una giornata dimostrativa per la visita delle
prove presso l’Azienda agraria sperimentale “L. Toniolo” dell’Università degli Studi di Padova, sita
a Legnaro, e svoltasi il 17 Maggio 2011.
Nel 18 giugno 2013 in Agripolis a Legnaro (PD) a cura di DAFNAE è stato organizzato un meeting
conclusivo sulle attività programmate nell’ambito dell’azione progettuale “Biodiesel” del BIOSEA.
Elenco delle pubblicazioni su rivista con referees o capitolo di libro
1) Marini L., Tamburini G., Petrucco-Toffolo E., Lindstrom S.AM., Zanetti F., Mosca G.,
Bommarco R., 2013. Options for replacing agronomic inputs with ecosystem services. J. Applied
ecology (submitted).
2) Böttcher U., Rampin E., Hartmann K., Zanetti F., Flenet F., Morison M., Kage H. (2012). A
Phenological Model of Winter Oilseed Rape According to the BBCH Scale. Submitted to Field
Crop Res.
3) Zanetti F., Mosca G., Rampin E., Vamerali T. (2011). Adaptability and sustainable management
of high-erucic Brassicaceae in Mediterranean environment. In "Oilseeds", 6, 99-116. ISBN 978953-307-920-2.
Elenco delle pubblicazioni su rivista senza referees
1) Zanetti F., Rampin E., Mosca G. (2010). Soia, colza e girasole come cambiano le rese in olio.
Inf. Agr., 22: 30-32.
2) Rampin E., Mori N., Marini L., Zanetti F., Mosca G., Girolami V., Contaldo N., Bertaccini A.
(2010). Segnalato su colza il fitoplasma del giallume dell’astro. Inf. Agr., 17: 59-60.
Elenco delle pubblicazioni in Atti di Congresso
1) Lucchini P., Bandiera M., Barion G., Mosca G., Vamerali T., 2013. Intensificazione colturale del
colza invernale da olio attraverso la modulazione dell'epoca e della densità di semina. In Atti
XLI Conv. Naz. S.I.A., Reggio Calabria, 18-20 Sett. 2013, 333-335. (ISBN 978-88-908499-0-9)
2) Vamerali T., Bandiera M., Zanetti F., Barion G., Mosca G., 2012. Risposta morfologica e
produttiva del colza invernale da olio alla variazione dell’epoca di semina. In Atti XLI Conv.
Naz. S.I.A., Bari, 19-21 Sett. 2012, 291-293. (ISBN 978-88888-75869-5)
3) Vamerali T., Zanetti F., Bandiera M., Barion G., Mosca G., 2012. Risposta del sistema radicale
del colza alla riduzione delle lavorazioni del terreno. In Atti XLI Conv. Naz. S.I.A., Bari, 19-21
Sett. 2012, 288-290. (ISBN 978-88888-75869-5)
4) Zanetti F., Rampin E., Vamerali T., Mosca G. (2011). Relevance of soil texture for root growth
of oilseed rape and potential reduction of nitrate leaching. 7° Int. Symp. on Structure and
Function of Roots, Novy Smokovec (Slovakia) 5-9 Sept. 2011: 214-215. (Presentazione orale)
5) D’Avino L., Lazzeri L., Rampin E., Zanetti F., Spugnoli P., Dainelli R., Mosca G. (2011). Oil
crop sustainability assessment: three years of Brassica napus L. cultivation in North East Italy for
biodiesel production. 19th Biomass Conf. and exhibition, 6-10 June 2011, Berlin: 2617-2622.
47
DAFNAE - UNIPD
6) Rampin E., Zanetti F., Vamerali T., Mosca G. (2011). Morphological bases of yield in new
oilseed rape hybrids with different shoot vigour. 13° Int. Rapeseed Congr., Praga, 5-9 Giu.,
2011: 233-237. (Presentazione orale)
7) Rampin E., Zanetti F., Vamerali T., Mosca G. (2011). Sowing date effects on phenology,
morphology and seed yield of oilseed rape. 13th Int. Rapeseed Congr., Praga, 5-9 Giu., 2011:
308-311.
8) Zanetti F., Rampin E., Vamerali T., Mosca G. (2011). Root morphology and nitrogen uptake in
new hybrids of winter oilseed rape. 13th Int. Rapeseed Congr., Praga, 5-9 Giu., 2011: 287-290.
9) Zanetti F., Rampin E., Mori N., Marini L., Mosca G., (2011). Accumulation kinetics of fatty
acids in new high erucic genotypes of winter oilseed rape. 13th Int. Rapeseed Congress, Praga,
Giugno 5-9, 2011: 30-33.
10) Zanetti F., Rampin E., Vamerali T., Mosca G. (2010). Genetic variability of fatty acid
accumulation in different genotypes of HEAR. XIth ESA Congr., Montpellier, 29 Agosto - 3
Sett., 2010: 125-126.
11) Rampin E., Zanetti F., Vamerali T., Mosca G. (2010). Nitrogen nutrition in different oilseed rape
cultivars. 11° ESA Congr., 29 Agosto – 3 Sett., 2010: 675-676.
12) Rampin E., Loddo S., Zanetti F., Vamerali T., Mosca G. (2009). Cinetiche d’accumulo dei
principali acidi grassi in nuove cultivar di colza HEAR. 28° Conv. Naz. SIA, Fi, 21-23 Sett.:
253-254.
Tra i Prodotti della ricerca BIOSEA si segnala inoltre che nell'ambito della Scuola di Dottorato in
Scienze delle Produzioni vegetali hanno concluso il ciclo di formazione e ottenuto il titolo di
Dottori di ricerca due neo laureati in Scienze e Tecnologie agrarie, oggi inseriti nel mondo operativo
privato (Soc. Maschio di Campodarsego, Padova). Il primo Dr. PhD Enrico Rampin ha discusso una
Tesi intitolata “OTTIMIZZAZIONE AGRONOMICA E SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE IN COLZA INVERNALE
DA OLIO”, il secondo Dr. PhD Stefano Loddo ha discusso una Tesi intitolata “ M IGLIORAMENTO
DELL’EFFICIENZA D’USO DELL’AZOTO IN COLTURE ERBACEE INVERNALI”.
Inoltre sono state discusse 20 tesi di laurea tra 1° e 2° livello nell’ambito del Corso di studio STAG
(Scienze e Tecnologie Agrarie) presso la Scuola di Agraria e Medicina Veterinaria dell’Università
degli Studi di Padova.
48
2.4 U.O. IV UNIBO - Dipartimento di Scienze Agrarie (DipSA) - Alma
Mater Studiorum – Università di Bologna
Studio di aspetti agronomici ed ambientali per ottimizzare la sostenibilità di
filiere bioenergetiche esistenti
Responsabile scientifico: Dott. Lorenzo Barbanti
2.4 U.O. IV UNIBO - Dipartimento di Scienze Agrarie (DipSA) - Alma Mater
Studiorum – Università di Bologna
Titolo della ricerca: Studio di aspetti agronomici ed ambientali per ottimizzare la sostenibilità di
filiere bioenergetiche esistenti
Responsabile scientifico: Dott. Lorenzo Barbanti
2.4.1
Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013)
2.4.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013
2.4.1.1.1 Riassunto
Nel WP1 l’Attività 1 (Confronto fra genotipi di sorgo da fibra e zuccherino combinati con diverse
epoche di semina) è terminata, ripetendo la prova effettuata nel 2012, dopo che nel triennio 20092011 era già stata ultimata la sperimentazione inizialmente prevista per questa Attività. Nel 2013
sono stati quindi confrontati due genotipi di sorgo (un ibrido da fibra ed uno zuccherino), in
combinazione con tre epoche di semina (fine aprile, seconda metà di maggio e giugno), su terreno
nudo (prima, seconda e terza epoca) e in successione a triticale coltivato come intercalare (seconda
e terza epoca). Per supportare il sorgo, soprattutto in semina tardiva, durante la siccità estiva, si è
irrigato con 140 mm su tutta la superficie della prova. Il ritardo di semina rispetto a fine aprile ha
determinato una riduzione di taglia del sorgo particolarmente pronunciata nel caso dell’epoca
tardiva su precedente triticale. La produzione finale di biomassa secca ha subito un calo consistente
fra la prima epoca (25 Mg ha-1) e le due successive su terreno nudo (rispettivamente, 20 e 14 Mg ha1
). Su precedente triticale, la flessione produttiva ha raggiunto il 70% in terza epoca. Anche
sommando la produzione di biomassa fornita dal triticale (6 e 11 Mg ha-1 nelle due rispettive
epoche), la doppia coltura non ha raggiunto la produzione ottenuta col solo sorgo in semina a fine
aprile.
È giunta al termine anche l’Attività 2 del WP1 (Nuove colture di potenziale interesse per le filiere
bioenergetiche esistenti), che comprendeva il confronto fra impianto annuale e poliennale di
topinambur, e la valutazione di nuove specie minori da biomassa poliennali. Nel primo caso, si sono
conclusi i rilievi biometrico-produttivi su topinambur impiantato nel 2010 e 2012; l’impianto
effettuato nel 2011 non prevedeva raccolta poliennale. Si è confermato anche nel 2013 il trend
osservato nelle precedenti annate: dopo uno (2012) e tre anni dall’impianto (2010), il topinambur ha
comunque manifestato buona capacità d ricaccio, raggiungendo un’altezza apprezzabile (1,5 – 2 m)
accanto a una fittezza (~100 culmi m-2) che tipicamente connota la coltura da ricaccio. Tra le due
epoche di raccolta, a inizio (settembre) e completa senescenza (novembre), si è assistito alla
riduzione della biomassa epigea (soprattutto foglie) a vantaggio dell’accumulo di biomassa ipogea
50
(rizomi). Per quanto riguarda invece le specie minori da biomassa, solamente la Festuca
arundinacea e il Bromus inermis sono sopravvissute al, peraltro mite, inverno 2012/13; infatti i due
sorghi poliennali (Sorghum Silk e Sorghum almum) hanno ricacciato in modo scarso e irregolare,
fornendo un’ulteriore prova della loro scarsa adattabilità alle condizioni del nord Italia. Festuca e
bromo hanno invece raggiunto un livello produttivo discreto (rispettivamente 17 e 11 Mg ha -1),
migliorando il dato osservato nell’anno di impianto (2012) ma rimanendo ben lontani dal livello
raggiunto dal sorgo da fibra (ibrido Bulldozer) inserito come specie annuale di riferimento (27 Mg
ha-1). Se ne conclude che anche queste due essenze difficilmente incontreranno successo come
colture da biomassa.
L’Attività 3 (Confronto fra specie poliennali a diverse latitudini) è proseguita con il confronto fra
Arundo donax, Miscanthus x giganteus e Cynara cardunculus con e senza concimazione azotata
nelle parcelle impiantate nel 2002. La progressiva senescenza degli impianti si è manifestata in tutta
le sua ampiezza nel 2013, con un’ulteriore riduzione del vigore vegetativo in tutte e tre le specie,
malgrado un non sfavorevole decorso meteorologico. Nel miscanto il diradamente delle parcelle del
concimato non ha più permesso di quantificare la produzione di biomassa aerea in questo
trattamento. Nell’arundo la differenza di biomassa prodotta fra concimato e non è apparsa sfumata,
al contrario che nel cardo. In tutte e tre queste specie, la dodicesima stagione vegetativa coincidente
con l’annata 2013 indica il raggiungimento di un decadimento ormai irreversibile.
Nel WP3 l’U.O. è impegnata in tre Attività (Valutazione delle emissioni di elementi inquinanti
(VOC) derivanti dalla combustione di specie da biomassa erbacee; Studio delle problematiche
legate al processo di conversione di sorgo zuccherino in bioetanolo; Valutazione dei principali
aspetti del processo di trasformazione di colza e carinata in biodiesel) svolte in collaborazione con
enti esterni (rispettivamente CNR-Ibimet e le associazioni di categoria AssoDistil e Assocostieri). A
queste si sono aggiunte due ulteriori attività non prevista dal Progetto iniziale, volte alla stima del
potenziale metanigeno e alcoligeno di alcune specie tra quelle in prova nell’ambito del WP1. La
seconda e la terza attività sulla valutazione dei problemi del settore dell’alcol e del biodiesel sono
attualmente in corso, come studi di completamento delle attività sperimentali di campo. L’Attività
relativa ai VOC è stata, invece, compiutamente effettuata nel corso del 2013. In base agli accordi
presi durante la ricerca, l’interesse si è spostato dai VOC derivanti dalla combustione di quattro
biomasse (sorgo, arundo, miscanto e, in aggiunta, switchgrass) biomasse a quelli legati al più
avanzato processo di pirolisi accoppiata a GC/MS, valutando lo sviluppo di tali composti in
funzione delle caratteristiche chimiche della componente organica delle diverse biomassa, in
funzione di diverse condizioni di temperatura applicate durante la pirolisi. In generale, sono stati
identificati numerosi componenti volatili di natura eterogenea (aldeidi, chetoni, alcoli, acidi, furani,
pirani, diossani, fenoli, zuccheri e lattoni). Sono state parimenti rilevate differenze quantitative nei
VOC sia tra diverse biomasse, sia in una stessa biomassa al variare la temperatura della pirolisi da
600 a 900 °C. Fra le biomasse saggiate emerge come quella di arundo si differenzia dalle altre per
quanto riguarda un aumento dei VOC originanti dalla degradazione della lignina e una riduzione di
quelli derivanti dai carboidrati strutturali, quando la temperatura di pirolisi sale a 900 °C. Le prove
in definitiva hanno fornito informazioni dettagliate e utili a caratterizzare le biomasse derivate da
diverse colture energetiche e sottoposte a due diverse condizioni di degradazione termochimica,
51
rappresentando altresì la base per futuri approfondimenti relativi all’influenza del contenuto
minerale della biomassa sulla formazione dei VOC durante il processo di pirolisi.
Tabella 2.4.1.1 - Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento
Stato di avanzamento
Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta
Non avviato
Avviato/ in
corso
WP1 / Attività 1 – Confronto fra genotipi di sorgo da fibra e
zuccherino combinati con diverse epoche di semina
X
WP1 / Attività 2 – Nuove colture di potenziale interesse per le
filiere bioenergetiche esistenti. 2a: Confronto fra impianto
annuale e poliennale di Helianthus tuberosus
WP1 / Attività 2 – Nuove colture di potenziale interesse per le
filiere bioenergetiche esistenti. 2b: Valutazione di altre specie
minor in funzione della disponibilità di materiale genetico
X
X
WP1 / Attività 3 – Confronto fra specie poliennali a diverse
latitudini
WP3 / Attività 4 – Valutazione delle emissioni di elementi
inquinanti (VOC) derivanti dalla combustione di specie da
biomassa erbacee (in collaborazione con CNR – Ibimet)
WP3 / Attività 5 – Studio delle problematiche legate al
processo di conversione di sorgo zuccherino in bioetanolo (in
collaborazione con AssoDistil)
WP3 / Attività 6 – Valutazione dei principali aspetti del
processo di trasformazione di colza e carinata in biodiesel (in
collaborazione con Assocostieri)
Concluso
X
X
X
X
WP3 / Attività 7 – Valutazione del potenziale metanigeno di
alcune specie tra quelle in prova nell’ambito del WP1
X
WP3 / Attività 8 – Valutazione del potenziale alcoligeno di
alcune specie tra quelle in prova nell’ambito del WP1
X
WP4 / Attività 9 – Analisi di impatto ambientale (LCA)
X
2.4.1.2 Relazione sull’attività svolta
2.4.1.2.1 Attività in WP1
Attività 1 – Confronto fra genotipi di sorgo da fibra e zuccherino combinati con diverse epoche di
semina.
Si è conclusa nel 2013 l’attività di ricerca dopo un quinquennio di prove. Dopo il triennio iniziale
(2009-2011) nel corso del quale erano stati ottenuti risultati produttivi sostanzialmente equivalenti
fra semina precoce (prima decade di aprile) e tardiva (seconda decade di maggio), l’attività di
52
ricerca è proseguita inserendo nella combinazione genotipi x epoche di semina il triticale (×
Triticosecale Wittmack) coltivato come intercalare sempre per la produzione di biomassa,
nell’ipotesi di valorizzare la parte della stagione di crescita precedente la semina tardiva del sorgo.
Con questa premessa, nel 2013 è stata ripetuta con la stessa impostazione la prova effettuata nel
2012,confrontando due genotipi di sorgo (Bulldozer, ibrido da fibra; Sucros 506, zuccherino) in
combinazione con tre date di semina (29/4; 28/5; 20/6) a intervallo medio di 26 giorni tra l’una e
l’altra, in combinazione con l’assenza (1^, 2^ e 3^ epoca) o la presenza (2^ e 3^ epoca) del triticale
(cv. Amarillo) seminato il 5/3 e raccolto allo stadio di inizio fioritura (27/5; 2^ epoca) e
maturazione lattea (18/6; 3^ epoca). Il complesso delle 10 tesi scaturenti dalla combinazione dei tre
fattori è stato disposto con schema sperimentale a blocco randomizzato con quattro ripetizioni, per
un totale di 40 parcelle da 27 m2 (6 file da 0,45 m x 10 m di lunghezza). Come nelle precedenti
annate, la prova è stata effettuata presso l’Azienda dell’Università di Bologna (AUB) - Terreni di
Cadriano (BO; 44° 33’ N, 11° 21’ E, 32 m s.l.m.).
L’appezzamento che ha ospitato la prova nel 2013 aveva caratteristiche fisico-chimiche del tutto
simili a quelle degli appezzamenti ospitanti le prove del precedente triennio: tessitura medio
impasto - limosa con assenza di scheletro, pH basico, limitata presenza di calcare totale e attivo,
contenuto di sostanza organica medio-basso, discreta dotazione di P e K assimilabili, C.S.C. medioalta, sodio scambiabile molto basso. L’appezzamento, coltivato a frumento tenero nella precedente
annata, è stato arato (30 cm di profondità) nell’autunno 2012 ed erpicato 2-3 volte con diversi
strumenti in funzione dell’epoca di semina. In successione a triticale la semina del sorgo è avvenuta
in condizioni di minimum tillage, con lavorazione interessante in pratica il solo letto di semina. La
fertilizzazione di fondo ha consistito in un apporto di fosforo pari a 92 kg P2O5 ha-1 da concime
minerale (0-46-0) con interramento autunnale. Il potassio non è stato distribuito stante la buona
dotazione del terreno. Parimenti, non è stata effettuata alcuna fertilizzazione organica. L’azoto è
stato distribuito in ragione di 120 kg di N ha-1 da urea sia su triticale (suddiviso in due epoche in
copertura), sia su sorgo nelle prime fasi vegetative (maggio-giugno in funzione dell’epoca di
semina). La distribuzione su sorgo è stata seguita da tempestivo interramento tramite sarchiatura. La
semina è avvenuta con seminatrice di precisione a distribuzione pneumatica, utilizzando circa il
doppio del seme rispetto alla densità prevista (12 piante m-2), che è stata raggiunta tramite
diradamento. La date di raccolta sono state modulate in funzione dei quelle di semina: 23/9; 10/10 e
23/10 nelle tre rispettive epoche di semina. In tal modo, la lunghezza del ciclo semina – raccolta è
stata di . 147, 135 e 125 giorni nelle tre rispettive epoche.
Il decorso meteorologico durante la stagione vegetativa 2013 (Figura 2.4.1.1) è stato caratterizzato
da buone precipitazioni unite a temperature tendenzialmente inferiori alle medie stagionali fino alla
tarda primavera. In seguito si è manifestata la tipica siccità estiva (5 mm ne mese di luglio),
accompagnata da temperature massime che solo in una breve fase (terza decade di luglio – prima di
agosto) si sono posizionate al di sopra dei 30 °C. Per supportare la coltura durante i mesi estivi,
tenendo conto delle esigenze idriche delle semine intermedia e tardiva non ancora affrancate
all’avvio della stagione secca, si è intervenuto con irrigazione di soccorso per aspersione,
distribuendo sull’intera superficie della prova un totale di 140 mm suddivisi in sette interventi fra
inizio giugno e fine agosto.
53
Figura 2.4.1.1 – Andamento termo-pluviometrico durante la stagione vegetativa nell’annata 2013 a
Cadriano (BO)
2011
70
30
60
25
50
20
40
15
30
10
20
5
10
0
MAR
APR
MAG
GIU
LUG
AGO
SET
Precipitazioni (mm)
Temperature (°C)
35
0
All’inizio e alla fine della stagione vegetativa, nelle parcelle dei genotipi comuni alle due/tre epoche
di raccolta sono stati prelevati campioni di terreno (profilo 0-0,9 m, suddiviso in tre strati di 0,3 m)
per la determinazione dell’umidità (stufa a 105 °C). La differenza di umidità fra inizio e fine
vegetazione, sommata algebricamente alle precipitazioni e alle eventuali irrigazioni ha permesso di
calcolare l’evapo-traspirazione effettiva (ETa); dividendo la biomassa secca prodotta per ETa è
stata determinata l’efficienza di uso dell’acqua (WUE) da parte del sorgo. In corrispondenza con
uno stato avanzato di vegetazione (8/8, 26/8 e 23/9 nelle tre rispettive semine), sono stati prelevati
anche campioni di terreno e di piante per la quantificazione della biomasse ipogea ed epigea in
relazione all’epoca di semina e alla precessione (nudo vs. triticale). Le determinazioni della
biomassa radicale sono attualmente in corso.
La conduzione delle prove ha previsto il conteggio dell’emergenza e una serie di rilievi allometrici
in corso di vegetazione (altezza, numero di accestimenti, diametro basale e numero foglie). Alla
raccolta è stata determinata la produzione di biomassa fresca e secca per unità di superficie e la
suddivisione della biomassa secca fra i diversi organi (fusti, foglie e panicoli). Campioni della
biomassa secca sono stati analizzati per la composizione della fibra e per il contenuto di ceneri. Le
analisi sono attualmente in corso
Attività 2 – Nuove colture di potenziale interesse per le filiere bioenergetiche esistenti.
Attività 2.a – Confronto fra impianto annuale e poliennale di Helianthus tuberosus (topinambur).
È terminato nel 2013 il confronto fra impianto annuale e poliennale di topinambur iniziato nel 2009,
con l’obiettivo di valutare il potenziale produttivo della specie in termini di biomassa epigea
54
ottenuta annualmente dal ricaccio vegetativo, e di biomassa ipogea (rizomi) raccolti solo alla fine,
portando alla distruzione della coltura.
La prova è situata nella stessa azienda e su un terreno molto simile a quello dell’Attività 1. Nel
2013, ultimo anno di prova, non sono stati più attuati nuovi impianti, proseguendo l’attività di
indagine sugli impianti effettuati nel 2010 (3^ vegetazione) e 2012 (2^ vegetazione). Per ragioni di
spazio l’impianto del 2011 era avvenuto su una superficie troppo limitata per consentire valutazioni
oltre l’anno di impianto. Con il 2013 l’attività di ricerca si conclude, avendo contemplato nel
quinquennio 2009 – 2013 un’ampia casistica di topinambur di diverse età: quattro casi di coltura al
1° anno di vegetazione, 3 al secondo, 2 al terzo e quarto.
Nel corso del 2013, il topinambur impiantato nelle due annate (2010 e 2012) è stato oggetto di
rilievi allometrici in corso di vegetazione (altezza, diametro basale, numero di foglie e di
ramificazioni). Verso la fine della stagione vegetativa sono state effettuate due epoche di raccolta:
precoce, a inizio senescenza (2/9); tardiva, a senescenza completa (8/11). In ciascuna epoca è stata
raccolta la biomassa epigea (fusti e foglie) ed ipogea (rizomi) su superfici rappresentative delle
quattro ripetizioni, determinando la produzione di biomassa fresca e secca per unità di superficie e
la suddivisione della biomassa secca fra i diversi organi (fusti, foglie e rizomi). Campioni essiccati a
60 °C (biomassa epigea) e freschi surgelati (rizomi e fusti) sono stati conservati per le analisi di
composizione della fibra e dell’inulina contenuta nei fusti e nei rizomi. Le analisi sono attualmente
in corso.
Attività 2.b – Valutazione di altre specie minori in funzione della disponibilità di materiale
genetico.
È terminata l’attività di valutazione di altre specie minori per la produzione di biomassa. Dopo
diversi tentativi realizzati tra il 2009 e il 2011 con le specie via via disponibili, nel 2012 era stato
avviato un unico campo a blocco randomizzato (quattro ripetizioni) con parcelle di dimensioni
adeguate (29,7 m²) che racchiudeva le seguenti quattro specie poliennali, oltre a un sorgo da
biomassa come confronto annuale:
-
Sorghum Silk, ibrido intespecifico complesso tra Sorghum Krish (S. halepense Pers. x S.
roxburghii Stapf) e S. arundinaceum Stapf, tutti con pari numero di cromosomi (2n = 20). Viene
coltivato come foraggera poliennale in Australia, dove è stato selezionato come possibile
sostituto del Sorghum almum. Viene indicato come più tardivo, vigoroso, tollerante al freddo
invernale e alle malattie fogliari del Sorghum almum.
-
Sorghum almum Parodi, ibrido interpsecifico S. halepense Pers. x S. bicolor (L.) Moench
(numero di cromosomi 2n = 40), probabilmente originario dell’Argentina, coltivato come
foraggera poliennale in Australia e nel sud degli Stati Uniti. Ha persistenza non molto elevata ed
è relativamente facile da eradicare.
-
Festuca arundinacea Schreb. cv. Kora. Si tratta di una graminacea poliennale a percorso
fotosintetico C3, utilizzata nella costituzione di prati ad uso foraggero e caratterizzata da ampia
adattabilità a mutevoli condizioni ambientali e da foraggio (fieno) un po’ grossolano.
55
-
Bromus inermis Leyss. ecotipo commerciale. Si tratta di un’altra graminacea poliennale C3
sviluppata come essenza foraggera. Rispetto a F. arundinacea, dovrebbe essere caratterizzato da
maggiore resistenza al secco e da minore adattabilità a terreni umidi, pesanti.
-
Sorghum bicolor (L.) Moench. cv. Bulldozer. Il sorgo da fibra Bulldozer è stato inserito come
specie da biomassa annuale caratterizzata da elevata potenzialità produttiva.
La prova era ubicata sullo stesso appezzamento ospitante il topinambur di cui all’Attività 2.a. La
semina delle poliennali era avvenuta nella primavera 2012; la semina del sorgo annuale è stata
attuata nel 2012 e ripetuta nel 2013. Nel corso del 2013 si è tentato di sostituire il Panicum
maximum Jacq. (cv. Gatton), seminato senza successo nel 2012 a causa della scarsa germinabilità
del seme, con Andropogon gerardii Vitman (Big bluestem) e Sorghastrum nutans (L.) Nash
(Indiangrass) cv. Cheyenne. Neppure la semina di queste due essenze ha avuto esito favorevole,
malgrado le ottimali condizioni termo-pluviometriche in cui è avvenuta la semina (13/5) e la
copertura delle parcelle con tessuto non tessuto. Successive prove in scatola Petri hanno evidenziato
una germinabilità a 25 °C molto scarsa per entrambe i semi, nonostante la loro recente produzione
(2012 negli USA).
Delle rimanenti quattro poliennali, i due ibridi interspecifici di sorgo hanno dato origine a un
ricaccio molto rado e irregolare all’interno della parcella, confermando la sensibilità al freddo degli
organi svernanti (rizomi) osservata nelle precedenti annate e rendendo di fatto impossibile la
prosecuzione dello studio a livello parcellare. Solamente le rimanenti due specie (F. arundinacea e
B. inermis), conosciute anche come essenze da foraggio e che svernano come emicriptofite anziché
come geofite, hanno superato indenni l’inverno, riprendendo a vegetare attivamente nella primavera
2013. Pertanto, solo su queste due essenze a confronto con il sorgo Bulldozer è proseguito il lavoro
di studio relativo all’Attività 2.b, essendo tutte le altre specie risultate o a germinabilità/emergenza
troppo scarsa, o a insufficiente sopravvivenza invernale.
Le due poliennali hanno ricevuto una concimazione di 120 kg ha-1 di azoto ureico suddiviso in due
apporti paritetici distribuiti alla ripresa vegetativa (22/3) e poco dopo il primo taglio (22/5). Il sorgo
è stato seminato il 13/5, emerso in circa dieci giorni, scerbato, diradato a 12 piante m -2, e
successivamente concimato in copertura con la stessa dose di azoto ureico (120 kg ha-1) e sarchiato
per l’interramento del concime (12/6).
Le due poliennali e il sorgo sono stati oggetto di rilievi fenologici in corso di vegetazione. Le
raccolte, su superfici rappresentative all’interno delle parcelle, nel caso delle due essenze prative
(Festuca e Bromus) sono state effettuate due volte, in primavera (21/5) e sul modesto ricaccio
autunnale, a fine vegetazione (23/10). Il sorgo è stato raccolto a maturazione fisiologica (27/9). Alla
raccolta è stata determinata la produzione di biomassa fresca e secca per unità di superficie, la
densità colturale (n. di fusti m-2) e la suddivisione della biomassa secca fra i diversi organi (fusti,
foglie e panicoli). Campioni della biomassa secca sono in via di analisi per la composizione della
fibra e per il contenuto di ceneri.
Attività 3 – Confronto fra specie poliennali a diverse latitudini.
56
L’attività prevede la prosecuzione di prove su Arundo (A. donax), Miscanto (M. sinensis ×
giganteus) e Cardo (Cynara cardunculus) iniziate nel 2002 a Cadriano nell’ambito di un Progetto
nazionale (TISEN; miscanto e cardo) e di uno europeo (Bio-Energy Chains; arundo). Le tre specie
sono allevate a due livelli di azoto: nessun apporto e normale concimazione (120 kg N ha-1 a-1 su
Arundo; 100 su Miscanto e Cardo). Le sei combinazioni specie x concimazione sono coltivate in
parcelle elementari di superficie discreta (36 m2, miscanto e cardo; 187 m2, arundo) con quattro
ripetizioni di campo, per un totale di 24 parcelle elementari. Alla raccolta autunnale è stata
determinata la produzione di biomassa fresca e secca per unità di superficie, la suddivisione della
biomassa secca fra i diversi organi (fusti, foglie ed eventuali organi riproduttivi), oltre ai principali
caratteri biometrici (densità di culmi per metro quadro, altezza e diametro basale). Limitatamente ad
arundo e miscanto concimati, campioni della biomassa secca sono in via di analisi per la
composizione della fibra e il contenuto di ceneri. Sulla base di questi dati, la produzione potenziale
di energia termo-elettrica per combustione, da bio-etanolo di seconda generazione e da biogas
saranno calcolate come nella precedente Attività 1.
2.4.1.2.2 Attività in WP3
Attività 4 – Valutazione delle emissioni di elementi inquinanti (VOC) derivanti dalla combustione
di specie da biomassa erbacee (attività svolta in collaborazione con CNR - Ibimet).
Nell’ambito della collaborazione con l’Istituto di Biometereologia, IBIMET del CNR di Bologna il
DipSA (Dipartimento di Scienze Agrarie) dell’Università di Bologna, l’attività prevedeva la
caratterizzazione di diverse biomasse vegetali dal punto di vista dei composti organici volatili che
vengono rilasciati quando sono sottoposte al processo di pirolisi. La presenza di tali composti
chimici durante il processo di pirolisi può essere sfavorevole in quanto, benché tali specie siano
combustibili e quindi contribuiscano ad accrescere il potere calorifico del gas, esse possono
danneggiare o influenzare i successivi processi di trattamento, e perché l’emissione nell’atmosfera è
limitata da normative ambientali. La misura di tali composti rientra quindi tra i parametri che sono
indicativi della complessità del processo, ma anche delle possibilità di trovare combinazioni
adeguate a trattare efficacemente biomasse aventi origine diversa e quindi ottimizzare i processi di
conversione delle biomasse in calore e biogas e liquidi. Come previsto dal progetto, la presenza dei
composti organici volatili ottenuti durante il processo di pirolisi è stata valutata in funzione della
diversa tipologia di biomassa vegetale, valutando in particolare lo sviluppo di tali composti in
funzione delle caratteristiche chimiche della componente organica della biomassa, a parità di
condizioni operative di conversione energetica e in funzione di diverse condizioni di temperatura
applicate durante la pirolisi. La scelta di valutare il rilascio di VOC anche in diverse condizioni di
temperatura è stata effettuata considerando che la pirolisi analitica consente non solo di quantificare
i composti rilasciati ma simula anche i tassi di riscaldamento della pirolisi veloce, consentendo
quindi di individuare composti di degradazione delle biomasse durante tale processo per
comprendere le caratteristiche potenziali di utilizzo delle biomasse in impianti a scala reale.
Poiché l’indagine dei composti organici volatili rilasciati dalla trasformazione delle biomasse
richiede una strumentazione analitica sempre più sensibile per la loro caratterizzazione e
57
quantificazione, si è ritenuto opportuno utilizzare metodologie di laboratorio che consentono di
operare in condizioni di pirolisi a scala ridotta e quindi di rispondere ad esigenze di semplicità
gestionale e flessibilità. Tali analisi consentono anche di simulare la produzione di composti volatili
che si sprigionano durante la trasformazione termochimica delle biomasse vegetali in biogas e biooli in un impianto a scala reale e di valutare quindi l’impatto ambientale di un specifico sistema di
trasformazione delle biomasse vegetali. La pirolisi analitica prevede la degradazione termica indotte
dall'energia termica, in atmosfera inerte, seguita dall’analisi chimica vera e propria mediante un
gascromatografo e uno spettrometro di massa combinati (Py-GC/MS) permettendo di ottenere sia la
separazione dei frammenti molecolari generatisi per pirolisi, sia i relativi spettri di massa; da
quest'ultimi è poi possibile procedere all'identificazione delle varie componenti.
Fra le specie vegetali per la produzione di biomassa lignocellulosica sono state scelte: la specie
annuale Sorghum bicolor (L.) Moench (sorgo da fibra) ibrido Bulldozer e le specie polieannali
Arundo donax L.(canna comune), Panicum virgatum L. (switchgrass), Miscanthus × giganteus
Greef et Deuter (miscanto). Per il campionamento dei VOC è stata quindi applicata la tecnica
analitica della pirolisi abbinata alla gas-cromatografia-spettrometria di massa (Py-GC-MS) resa
disponibile dall’Università di Bologna presso il Laboratorio di Scienze Ambientali “R. Sartori”,
Centro Interdipartimentale di Ricerca in Scienze Ambientali (CIRSA).
Attività 5 – Esame delle problematiche legate al processo di conversione di sorgo zuccherino in
bioetanolo.
I contatti presi con AssoDistil e con le associazioni di categoria degli agricoltori italiani si stanno
concretizzando in elementi utili per una disamina delle problematiche del settore, alla luce delle più
recenti evoluzioni in materia di colture a possibile destino alcoligeno e delle attuali propensioni dei
trasformatori. Gli elementi raccolti saranno tradotti in risultati che si prevede di riferire nella
relazione finale del progetto.
Attività 6 – Esame delle problematiche legate al processo di trasformazione di colza e carinata in
biodiesel.
Analogamente all’Attività 5, l’Attività 6 si sta traducendo in contatti con Assocostieri, associazione
di categoria delle industrie dell’olio di semi e del bio-diesel, e le associazioni degli agricoltori.
Anche in questo caso, gli elementi raccolti saranno tradotti in risultati che si prevede di riferire nella
relazione finale del progetto.
Attività 7 – Valutazione degli effetti di pre-trattamenti alcalini a moderata intensità su due colture
dedicate tra quelle in prova nell’ambito del WP1 e su un residuo colturale.
È proseguita nel 2013 la valutazione del potenziale metanigeno di colture da biomassa, un’attività
inizialmente non prevista dal Progetto ma che costituisce un approfondimento in un settore in forte
espansione in Europa e in Italia, giustificando un impegno destinato a durare fino alla fine del
Progetto. L’obiettivo della ricerca nell’annata 2013 è stato valutare gli effetti di pre-trattamenti
alcalini della biomassa ligno-cellulosica sulla produzione potenziale di metano da biomasse di due
colture inserite nelle prove nell’ambito del WP1 e di un residuo colturale.
58
Le matrici vegetali prese in considerazioni, provenienti delle prove sperimentali di Cadriano, sono
state: una coltura poliennale, Arundo, un ibrido di sorgo da biomassa, B 133, e un residuo colturale,
paglia di orzo. Le matrici sono state essiccate a 60 °C e macinate a 2 mm per le successive analisi e
per l’incubazione anaerobica. La caratterizzazione di ogni singola matrice è stata fatta per: solidi
totali (ST, 48 h a 105 °C); solidi volatili (SV, 4 h a 550 °C); zuccheri solubili totali (estrazione in
acqua con rapporto solido liquido 1:20, per 12 h a temperatura ambiente); carboidrati strutturali
(cellulosa ed emicellulosa) e lignina (acid insolubile lignin, AIL) seguendo il metodo NREL
(National Renewable Energy Laboratory) adatto per la caratterizzazione di biomassa da destinare
alle filiere bio-energetiche, proposto da Sluiter et al. (2011). I pre-trattamenti alcalini sono stati
condotti in serum bottles poste a 25 °C per 24 h in agitazione continua (120 rpm), a diverse
concentrazioni di NaOH (0,05; 0,10; 0,15 N). In ogni bottiglia, il substrato è stato mescolato con
un’appropriata quantità di soluzione di NaOH mantenendo una concentrazione di ST del 10%. Alla
fine dei pre-trattamenti, una parte del substrato pre-trattato è stato inviato all’incubazione
anaerobica con aggiunta diretta dell’inoculo, mentre la restante parte è stata suddivisa nella frazione
liquida e solida per le successive analisi. Sulla frazione solida sono stati determinati i carboidrati
strutturali e l’AIL seguendo il metodo NREL.
Per l’incubazione anaerobica, l’inoculo è stato prelevato da un impianto commerciale di biogas
alimentato a matrici vegetali e adattato alla temperatura dell’esperimento ed affamato per 10 giorni
prima dell’impiego. Il test anaerobico è stato condotto in 3 repliche a 35 °C per 58 gg, in serum
bottles da 100 ml, con un carico organico di 4 g SV l-1 ed un volume finale di liquido pari a 60 ml
(80% v/v di inoculo, 20% di acqua). Per ciascun substrato, i tre livelli di trattamento sono stati
confrontati con un non trattato (untreated). Come controlli sono stati inseriti il solo inoculo (blank)
e inoculo + glucosio puro (4 g SV l-1). L’anaerobiosi è stata ottenuta insufflando le serum bottles
con azoto gassoso prima della loro chiusura all’inizio dell’esperimento. Il biogas prodotto è stato
quantificato ad intervalli regolari (per un totale di 12 volte, ad intervalli via via crescenti) misurando
lo spostamento di volume attraverso una bottiglia Mariotte; la sua composizione (CH4, CO2,
componenti minori) è stata caratterizzata tramite un MicroGC (Agilent Technologies). La
produzione specifica di CH4 prodotta è stata cumulata, espressa in ml g-1 SV e riportata in
condizioni standard di temperatura e pressione (273 K, 100 kPa). L’efficienza del pre-trattamento è
stata calcolata rapportando il CH4 prodotto per ogni singolo pre-trattamento al CH4 prodotto dal
substrato non trattato. Inoltre, è stato calcolato il T80 (technical digestion time) ovvero il tempo in
giorni necessario per produrre l’80% del CH4 prodotto. Sui seguenti parametri sono stati effettuati
l’ANOVA e il test SNK (P ≤ 0,05) per la separazione delle medie dei fattori statisticamente
significativi: ST, SV, zuccheri solubili, cellulosa, emicellulosa, AIL e produzione specifica di CH4.
Attività 8 – Valutazione della produzione di bioetanolo di seconda generazione di alcune specie
tra quelle in prova nell’ambito del WP1.
Per il primo anno si relaziona circa la produzione di bioetanolo di seconda generazione da colture
da biomassa, un’attività inizialmente non prevista dal Progetto ma che costituisce un
approfondimento in un settore emergente in Europa, giustificando un impegno destinato a durare
anche oltre la durata del Progetto. L’obiettivo della ricerca nell’annata 2013 è stato valutare le
59
caratteristiche intrinseche di quattro colture, tra quelle inserite nelle prove del WP1, per la stima
della produzione potenziale di bioetanolo di seconda generazione.
Le colture da biomassa oggetto della prova, provenienti delle prove sperimentali di Cadriano
svoltesi nel 2011, sono state due colture poliennali, Arundo e Switchgrass, e due ibridi di sorgo da
biomassa, B 133 e Bulldozer. Insieme a queste sono state analizzate e testate anche un residuo
agricolo, ovvero la paglia d’orzo, e la frazione organica dei residui di cucina (FORSU, costituito
nella fattispecie da carta da cucina, bucce di mela e d’arancia). Questi substrati, che non erano
previsti nel progetto, sono stati inseriti per ampliare le caratteristiche di composizione rispetto ai
substrati ottenibili dalle prove del WP1, onde fornire un ulteriore test finalizzato
all’approfondimento delle conoscenze relativamente al processo di trasformazione della biomassa.
Le matrici vegetali di Arundo, Switchgrass, B 133 e Bulldozer sono state essiccate a 60 °C e
macinate a 2 mm per le successive analisi qualitative della biomassa e per le fasi di idrolisi
enzimatica e fermentazione. La caratterizzazione di ogni singola matrice è stata fatta per solidi totali
(TS, a 105 °C), frazioni fibrose (emicellulosa, cellulosa, lignina (ADL)) eseguite secondo il metodo
Van Soest. Per paglia d’orzo, FORSU e B133 si è invece proceduto alla determinazione degli
zuccheri solubili totali (estrazione in acqua con rapporto solido liquido 1:20, per 12 h a temperatura
ambiente); carboidrati strutturali (cellulosa ed emicellulosa) e lignina (acid insolubile lignin, AIL)
seguendo il metodo NREL (National Renewable Energy Laboratory) adatto per la caratterizzazione
di biomassa da destinare alle filiere bio-energetiche, proposto da Sluiter et al. (2011).
Il processo di trasformazione in bioetanolo è stato condotto secondo una configurazione SSF
(simultaneous saccharification and fermentation), ovvero idrolisi enzimatica e fermentazione sono
avvenute nello stesso batch. Tale configurazione risulta più efficiente in termini di bilancio
energetico ed economico complessivo per l’intero processo, rispetto a quella che prevede l’uso di
due batch separati per idrolisi enzimatica e fermentazione, ma pone sia i lieviti che gli enzimi in
condizioni di temperatura non ottimali. Considerati le diverse temperature ottimali per lievito
(variabile a seconda del microorganismo utilizzato) ed enzima (50 °C circa), sono stati utilizzati due
diversi lieviti, al fine di valutare eventuali differenze nella produzione complessiva di etanolo. In
particolare Saccharomyces cervisiae, il cui optimum di temperatura è di 30 °C, è stato scelto perché
il più ampiamente utilizzato e perché caratterizzato da un elevato rendimento, mentre il
Kluyveromyces marxianus perché fermenta in condizioni ottimali di 40 °C, una temperatura
prossima a quella degli enzimi. L’idrolisi enzimatica è stata condotta utilizzando enzima cellulasi
commerciale (Celluclast 1,5 L), prodotto dal fungo Trichoderma reseei.
Le prove SSF sono avvenute con tre repliche per ciascuna combinazione coltura x lievito, in
bottiglie schott da 500 mL in condizioni di anaerobiosi ottenuta insufflando le bottiglie con azoto
gassoso. Le condizioni anaerobiche sono state mantenute durante il processo utilizzando opportuni
gorgogliatori riempiti d’acqua che permettessero la fuoriuscita della CO2 prodotta durante la
fermentazione ed allo stesso tempo impedissero l’entrata di O2. Ciascuna bottiglia è stata sterilizzata
in autoclave (121 °C, 20 min.) ed il processo è avvenuto a condizioni di pH 4.8 utilizzando una
soluzione di tampone citrato a concentrazione 50 mM, con pH corretto aggiungendo Na(OH). Ogni
bottiglia conteneva una soluzione minerale, anch’essa opportunamente sterilizzata in autoclave (121
60
°C, 20 min) per creare condizioni ottimali dei lieviti (0.5 mL di (NH4)2SO4 a 150 g L-1, 1.5 mL di
KH2PO4 a 140.5 g L-1, 0.5 mL MgSO4·7H2O a 75 g L-1, 2.5 mL di CaCl2·2H2O a 100 g L-1) a cui
sono stati aggiunti 0.5 g di estratto di lievito. Ciascun lievito con densità ottica (OD) 0.600 misurata
con spettrofotometro a λ = 600 è stato aggiunto in quantità pari a 3 mL. La concentrazione di
biomassa è stata del 5% (peso biomassa su peso soluzione), ed il volume finale di tutta la soluzione
in ciascuna bottiglia è stato di 100 mL. La dose enzimatica è stata di 35 FPU g-1 di sostanza
organica, calcolata secondo il metodo NREL (National Renewable Energy Laboratory) sulla misura
dell’attività cellulasica. Le temperature di incubazione sono state di 45 °C per i campioni inoculati
con Kluyveromyces marxianus (K) e 37 °C per il lievito Saccharomyces cerevisiae (S). Tutte le
prove sono avvenute in agitazione a 120 rpm ed hanno avuto una durata complessiva di 96 ore.
L’etanolo prodotto è stato quantificato tramite HPLC (Agilent 1100) con detector a indice di
rifrazione (RI), usando una colonna (BioRad Aminex HPX-87H, 300 7.8 mm) a 60 °C e H2SO4 4
mM come fase mobile flussato a 0.5 mL min-1.
Su B 133, Paglia e Forsu, i substrati maggiormente rappresentativi tra quelli utilizzati, è stata
valutata anche l’efficienza di conversione della cellulosa (CCE; %), calcolata come i valori di EtOH
prodotto durante l’SSF meno il glucosio solubile moltiplicato per il coefficiente di conversione di
0.511 g di EtOH per grammo di zucchero, sul contenuto di cellulosa presente nella matrice a sua
volta moltiplicata per 0.511:
 EtOH (g) prodottodurante SSF - Glucosio solubile (g)  0.511 
 %
CCE  
Cellulosa (g) presente 0.511


Per i parametri riguardanti le caratteristiche della biomassa (cellulosa, emicellulosa, ADL, lignina e
glucosio solubile) è stata eseguita l’analisi della varianza ad una via, mentre per EtOH e CCE è stata
eseguita l’analisi della varianza a due vie per i fattori coltura, lievito e relativa interazione, con test
LSD (P ≤ 0,05) per la separazione delle medie delle fonti statisticamente significative.
2.4.1.2.3 Attività in WP4
Attività 9 – Analisi di impatto ambientale (LCA) (Responsabile scientifico Dr. Andrea Monti).
L’attività è stata interamente svolta e relazionata nella precedente annata.
2.4.1.3 Risultati conseguiti
2.4.1.3.1 Risultati in WP1
Attività 1 – Confronto fra genotipi di sorgo da fibra e zuccherino combinati con diverse epoche di
semina.
Nella Figura 2.4.1.2 si riporta l’altezza dei due ibridi nelle tre epoche di semina e, limitatamente alla
seconda e terza epoca, su terreno nudo e in successione al triticale coltivato come intercalare.
61
Occorre precisare che un forte temporale con presenza di grandine ha colpito la località ospitante le
prove del WP1 in data 27/8, determinando nel caso del sorgo un marcato allettamento delle piante
che hanno continuato a crescere e svilupparsi, rendendo però inattendibile la prosecuzione dei
rilievi colturali. Pertanto, in considerazione di questa situazione, dopo l’ultimo rilievo effettuato
prima del fortunale (13/8), è stato effettuato un rilievo finale su piante selezionate tra quelle raccolte
(in data 23/9, 10/10 e 23/10 rispettivamente in 1^, 2^ e 3^ epoca di semina). I dati nella Figura
2.4.1.2 si riferiscono pertanto alla particolare situazione venutasi a creare. Con tale premessa, in
prima semina (29/4) Bulldozer è risultato sensibilmente più alto di Sucros 506 (oltre un metro di
differenza), confermando quanto emerso nel 2012; nelle epoche successive il divario fra i due
genotipi si è ridotto, rimanendo comunque avvertibile fino all’ultima semina (20/6). In entrambi i
genotipi il posticipo di 29 giorni fra 1^ e 2^ semina e di 21 giorni fra 2^ e 3^ ha determinato un
sensibile calo della taglia finale delle piante, soprattutto in 3^ epoca con sorgo seminato in
successione a triticale.
Figura 2.4.1.2 – Altezza di due ibridi di sorgo da biomassa (Bulldozer, fibra; Sucros 506,
zuccherino) in tre epoche di semina su terreno nudo e in successione a triticale come intercalare nel
2013 a Cadriano (BO)
Altezza (cm)
450
400
S506-1^-Nudo
350
Bull.-1^-Nudo
300
S506-2^-Nudo
Bull.-2^-Nudo
250
S506-2^-Trit.
200
Bull.-2^-Trit.
150
S506-3^-Nudo
100
Bull.-3^-Nudo
50
S506-3^-Trit.
0
Bull.-3^-Trit.
1/6 22/6 13/7
3/8 24/8 14/9 5/10 26/10
La produzione di biomassa e la percentuale di sostanza secca presentano differenze marcate fra le
diverse combinazioni di fattori (Tabella 2.4.1.2). Fra i due genotipi, la maggior taglia di Bulldozer
si è tradotta in un 10-20% in più di biomassa prodotta in tutte le combinazioni studiate, ad
eccezione che su terreno nudo in 2^ epoca. L’epoca di semina su terreno nudo ha determinato un
calo produttivo di circa il 20% fra prima e seconda epoca; di circa il 50% fra prima e terza. Il
precedente triticale non ha determinato decremento produttivo rispetto al terreno nudo in 2^ epoca,
laddove in 3^ epoca si è osservato un calo di circa il 40%, che sale al 70% se il confronto viene
fatto con la prima semina. La percentuale di sostanza secca della biomassa raccolta presenta dati
progressivamente calanti, coerentemente con il ritardo dell’epoca di semina e la riduzione della
stagione di crescita. In particolare, la ridotta crescita in 3^ epoca su precedente triticale si è tradotta
in piante più ricche di foglie che di steli (dati non mostrati), quindi inevitabilmente più umide alla
62
raccolta. Infine, l’efficienza d’uso dell’acqua presenta un quadro simile a quello osservato nel 2012:
i valori di WUE rimangono sostanzialmente indifferenziati, mediamente buoni in tutte le
combinazioni saggiate ad eccezione che in 3^ epoca in successione a triticale. In questa
combinazione, la forte decurtazione della biomassa prodotta senza parallela riduzione del
quantitativo di acqua consumata (ETa) si è tradotta in un dimezzamento dei valori di WUE, sempre
in analogia con quanto osservato nel corso del 2012.
Tabella 2.4.1.2 – Produzione di biomassa, percentuale di sostanza secca, altezza, allettamento alla
raccolta ed efficienza di utilizzo dell’acqua (WUE) di due ibridi di sorgo in tre epoche di semina su
terreno nudo e in successione a triticale come intercalare nel 2013 a Cadriano. Tra parentesi, errore
standard (n = 4)
Epoca
Ibrido
Terreno
Biomassa
(Mg SS ha-1)
S.S.
(%)
Altezza
(cm)
WUE
(g SS L-1)
1^
Sucros 506
Bulldozer
nudo
Nudo
23,5 (1,3)
26,7 (1,8)
30,8 (0,6)
31,2 (1,0)
295 (10)
389 (11)
5,4 (0,3)
6,1 (0,4)
2^
Sucros 506
Bulldozer
Sucros 506
Bulldozer
Nudo
nudo
triticale
triticale
19,9 (1,0)
19,2 (1,6)
19,2 (0,7)
22,8 (0,9)
27,3 (0,7)
27,9 (0,6)
24,2 (0,6)
25,3 (0,3)
279 (13)
344 (16)
286 (9)
343 (29)
7,0 (0,4)
6,7 (0,4)
6,3 (0,4)
7,4 (0,2)
3^
Sucros 506
Bulldozer
Sucros 506
Bulldozer
nudo
nudo
triticale
triticale
12,5 (1,0)
14,8 (1,1)
7,2 (2,0)
9,0 (1,5)
17,7 (0,6)
21,1 (0,7)
18,0 (0,6)
18,6 (0,5)
274 (11)
272 (30)
118 (46)
117 (36)
4,8 (0,4)
5,6 (0,4)
2,5 (0,6)
3,3 (0,3)
63
Tabella 2.4.1.3 – Produzione di biomassa complessiva della successione annuale triticale – sorgo da
biomassa a confronto con il solo sorgo, in funzione delle epoche di semina e dei due ibridi in prova
nel 2013 a Cadriano. Tra parentesi, errore standard (n = 4)
Epoca
Ibrido
Terreno
Sorgo
1^
Sucros 506
Bulldozer
nudo
nudo
23,5 (1,3)
26,7 (1,8)
23,5 (1,3)
26,4 (1,8)
2^
Sucros 506
Bulldozer
Sucros 506
Bulldozer
nudo
nudo
triticale
triticale
19,9 (1,0)
19,2 (1,6)
19,2 (0,7)
22,8 (0,9)
5,5 (0,2)
5,5 (0,2)
19,9 (1,0)
19,2 (1,6)
24,7 (0,7)
28,4 (1,1)
Sucros 506
Bulldozer
Sucros 506
Bulldozer
nudo
nudo
triticale
triticale
12,5 (1,0)
14,8 (1,1)
7,2 (2,0)
9,0 (1,5)
11,3 (0,4)
11,3 (0,4)
20,3 (0,6)
18,1 (1,6)
18,4 (1,7)
20,3 (1,2)
3^
Triticale Sorgo + Trit.
Mg SS ha-1
Il triticale nelle due epoche di raccolta (inizio fioritura, 27/5; maturazione lattea, 20/6) ha
rispettivamente prodotto circa 6 e 11 Mg di biomassa secca per ettaro (Tabella 2.4.1.3). Sommando
tale quantitativo alla biomassa del sorgo, le produzioni della doppia coltura superano quelle del solo
sorgo in 2^ epoca (+36% nella media dei due ibridi); le raggiungono appena in 3^ epoca. Né in 2^
né in 3^ epoca di semina l’inserimento del triticale permette di raggiungere il livello produttivo del
sorgo in 1^ epoca su terreno nudo. Si confermano pertanto nel 2013 i risultati emersi nella
precedente annata, in base ai quali la doppia coltura annuale si rivela inefficace ai fini dell’aumento
produttivo, nelle condizioni in cui si sono svolte le prove. Le analisi in corso permetteranno di
valutare gli effetti dei fattori studiati sul potenziale energetico delle biomasse prodotte.
Attività 2 – Nuove colture di potenziale interesse per le filiere bioenergetiche esistenti.
Attività 2.a – Confronto fra impianto annuale e poliennale di Helianthus tuberosus (topinambur).
Nel 2013 il topinambur, originante comunque da ricacci di colture impiantate pochi anni prima ha
raggiunto altezze di circa 1,5 m nel caso dell’impianto più vecchio (2010); circa 2 m in quello più
giovane (2012). Anche in questo caso, i rilievi biometrici sono stati interrotti in occasione del
fortunale del 27/8, ma il trend descritto fino a quel punto e l’esperienza degli anni precedenti
lasciano supporre che la coltura fosse ormai prossima al plafond di altezza.
64
Figura 2.4.1.3 – Altezza del topinambur nel 2013 a Cadriano (BO) con impianto effettuato nel 2010
e 2012
250
Altezza (cm)
200
150
100
2010
2012
50
0
20/5
3/6
17/6
1/7
15/7
29/7
12/8
I dati alla raccolta rispecchiano i risultati ottenuti nel precedente quadriennio (Tabella 2.4.1.4),
tenendo conto che in questa annata conclusiva non vi era più topinambur di neo-impianto, ma solo
originante dai ricacci. Con questa premessa, tra raccolta precoce (settembre) e tardiva (novembre) si
è osservato il solito forte calo nella densità di culmi; anche in epoca tardiva la densità rimane
dell’ordine di alcune decine di culmi per metro quadro, contro i 5-6 nell’anno di impianto. Anche la
biomassa epigea si è ridotta fortemente fra le due epoche, per effetto della filloptosi e della parallela
traslocazione degli assimilati agli organi di riserva. I valori di biomassa epigea osservati nel 2013
appaiono tra i più alti per topinambur da ricaccio, a indicazione del fatto che la coltura non si
esaurisce nel volgere di pochi anni. La biomassa dei rizomi è aumentata sensibilmente tra le due
epoche di raccolta, sempre in analogia con quanto osservato nelle precedenti annate. L’andamento
opposto tra le due epoche della biomassa epigea e ipogea ha determinato un forte incremento
dell’harvest index, che è passato da circa il 10% a quasi il 40%. All’interno della biomassa epigea, i
fusti hanno rappresentato la frazione di gran lunga preminente (> 80%) già in prima epoca, mentre
in seconda epoca la presenza di foglie secche ancora attaccate è risultata marginale e quindi non
quantificata. Le analisi in corso, fibra e ceneri sulla porzione epigea, inulina sui fusti e sui tuberi,
permetteranno di meglio precisare il potenziale energetico della coltura nelle sue diverse
componenti.
65
Tabella 2.4.1.4 – Densità colturale, produzione di biomassa epigea (fusti più foglie) e ipogea
(tuberi), harvest index (H.I.) dei tuberi e incidenza dei fusti sulla biomassa epigea, in due epoche di
raccolta nel 2013 con topinambur impiantato nel 2010 e 2012. Tra parentesi, errore standard (n = 4)
Densità
culmi
(n. m-2)
Biomassa
epigea
(Mg SS ha-1)
Biomassa
rizomi
(Mg SS ha-1)
H.I.
(rizomi %
totale)
Fusti
(% biom.
epigea)
4°-2010 precoce
4°-2010 tardiva
113,2 (10,0)
44,8 (4,7)
27,0 (0,7)
13,2 (1,0)
3,4 (0,5)
8,3 (0,8)
11 (1,7)
39 (2,9)
88 (1,9)
100 (0)
2°-2012 precoce
2°-2012 tardiva
73,8 (3,3)
34,4 (1,2)
28,1 (1,2)
18,4 (1,6)
2,4 (0,2)
10,7 (0,5)
8 (0,9)
37 (1,9)
85 (2,7)
100 (0)
Cicloanno
Epoca
Attività 2.b – Valutazione di altre specie minori in funzione della disponibilità di materiale
genetico.
I risultati ottenuti nel 2013 sulle due essenze sopravissute tra le quattro impiantate nel 2012,
mostrano una produzione di biomassa di un certo interesse, quasi doppia a quella dell’anno
precedente caratterizzato da forte siccità estiva, malgrado lo stesso numero di raccolte operate (2 in
entrambe le annate). Lo sfalcio primaverile (21/5) si è dimostrato di gran lunga il più produttivo;
dopo tale data, entrambe le specie (bromo e festuca) sono rimaste a lungo quiescenti, ricacciando
apprezzabilmente solo a fine estate e dando origine a un taglio autunnale (23/10) di modesta entità.
La festuca è risultata sempre più produttiva del bromo, come nell’anno di impianto (2012). La
diversa composizione della biomassa tra le due epoche riflette il diverso stadio fenologico al
momento della raccolta: fioritura – maturazione lattea a fine maggio; levata in ottobre.
Malgrado la migliore performance delle due essenze in questa seconda annata dall’impianto, rimane
notevole il differenziale produttivo rispetto al sorgo: festuca, la migliore delle due, ha infatti
prodotto oltre un terzo in meno biomassa del miglior ibrido di sorgo da fibra (Bulldozer) tra quelli
in prova (Tabella 2.4.1.5). Si evince pertanto come queste foraggere difficilmente possano
competere come colture da biomassa, malgrado una gestione agronomica relativamente agevole
grazie al fatto di essere piante a taglia bassa e stelo fine, facilmente affienabili. La analisi
attualmente in corso (ceneri e composizione fibre) permetteranno di valutare meglio il potenziale
bio-energetico di queste due specie.
66
Tabella 2.4.1.5 – Produzione di biomassa, percentuale di sostanza secca e densità culmi in due
specie erbacee poliennali con sfalcio primaverile e autunnale nel 2013 a Cadriano (BO). Tra
parentesi, errore standard (n = 4)
Specie
Epoca
Biomassa
(Mg SS ha-1)
S.S.
(%)
Culmi
(n. m-2)
Fusti
(% s.s.)
Foglie
(% s.s.)
Infioresc.
(% s.s.)
Bromo
Festuca
1^
1^
10,1 (1,8)
14,4 (0,9)
40,5 (5,7)
40,9 (2,6)
580 (56)
807 (18)
51 (1,7)
65 (2,5)
28 (2,0)
18 (0,9)
20 (1,9)
18 (0,9)
Bromo
Festuca
2^
2^
1,3 (0,1)
2,7 (0,2)
28,6 (1,6)
25,6 (1,5)
524 (33)
536 (46)
20 (0)
20 (0)
80 (0)
80 (0)
0 (0)
0 (0)
Bromo 1^+2^
Festuca 1^+2^
11,4 (1,8)
17,1 (0,8)
28,7 (5,1)
37,3 (1,7)
552 (31)
671 (16)
48 (2,0)
58 (1,8)
34 (2,6)
28 (1,4)
18 (1,8)
15 (0,5)
S. bicolor (ctrl)
27,3 (1,9)
31,2 (1,2) 12,7 (0,8) 78,5 (1,1) 15,7 (1,1)
5,8 (0,4)
Attività 3 – Confronto fra specie poliennali a diverse latitudini.
Le tre specie poliennali inserite in questo confronto (arundo, miscanto e cardo) sono in coltivazione
a Cadriano dal 2002, avendo quindi raggiunto nel 2013 la 12^ stagione vegetativa. Nelle ultime
annate si è osservato una progressiva riduzione del vigore in tutte e tre le specie, ed anche nel
Panicum virgatum (switchgrass) che è coltivato sempre dal 2002 a latere di arundo, miscanto e
cardo. Nel 2013 la riduzione della spinta vegetativa è apparsa particolarmente accentuata, segno di
un decadimento difficilmente controvertibile. Nel miscanto, addirittura, non è stato più possibile
raccogliere le parcelle concimate (N1), che risultavano ormai troppo diradate e invase da flora
avventizia per poter dare origine a dati produttivi attendibili.
Con questa premessa, l’arundo si è confermata la specie più produttiva (Tabella 2.4.1.6), senza
apparente differenza fra concimato e non concimato, a differenza di quanto osservato nelle più
recenti annate. Il miscanto ha raggiunto una resa in biomassa pari a circa la metà dell’arundo; le
parcelle concimate che non è stato possibile raccogliere, mostravano un vigore simile a quelle non
concimate in analogia con le precedenti annate in cui il miscanto non ha dato origine a forti
differenze per effetto della concimazione. Anche il cardo, infine, ha proseguito nel trend di
riduzione produttiva osservato nelle ultime annate, scendendo al di sotto dei 5 Mg ha-1 di biomassa
secca nel concimato; alla metà nel non concimato. Rispetto alla precedente, siccitosa annata, il
cardo ha recuperato qualcosa solo nella produzione di acheni, che ha superato di poco i 500 kg ha -1
in presenza di concimazione, contro poco più di 100 kg ha-1 nel 2012. La percentuale di sostanza
secca delle tre colture, non influenzata dalla concimazione, è risultata analoga a quella delle
precedenti annate, rispecchiando il diverso stadio a cui le tre piante sono state raccolte: vegetanti
arundo e miscanto, anche se quest’ultimo che negli ultimi anni ha sensibilmente anticipato la
senescenza; molto secco il cardo. Le analisi in corso (ceneri e fibre) permetteranno di valutare il
potenziale energetico delle tre biomasse.
67
Tabella 2.4.1.6 – Produzione di biomassa, percentuale di sostanza secca, densità culmi e produzione
di acheni (cardo) in tre colture poliennali con e senza concimazione azotata nel 2013 a Cadriano
(BO). Tra parentesi, errore standard (n = 4)
Specie
Biomassa
N
-1
(g ha ) (Mg SS ha-1)
S.S.
(%)
Culmi
(n. m-2)
59,8 (5,8)
63,4 (5,0)
Arundo
0
120
18,0 (0,9)
18,2 (0,6)
41,3 (1,4)
40,6 (1,2)
Miscanto
0
100
8,6 (1,2)
-
46,1 (1,0) 78,9 (11,5)
-
Cardo
0
100
2,4 (0,5)
4,8 (0,3)
82,4 (1,4)
83,6 (1,3)
2,0 (0,1)
2,3 (0,1)
Acheni
Mg SS ha-1
0,15 (0,05)
0,57 (0,08)
2.4.1.3.2 Risultati in WP3
Attività 4 – Valutazione delle emissioni di elementi inquinanti (VOC) derivanti dalla combustione
di specie da biomassa erbacee (attività svolta in collaborazione con CNR - Ibimet).
Sono stati identificati numerosi componenti volatili che appartengono a diverse classi chimiche:
aldeidi, chetoni, alcoli, acidi, furani, pirani, diossani, fenoli, zuccheri e lattoni (Tabella 2.4.1.7).
Si sono rilevate differenze quantitative sia dal confronto dei composti volatili rilasciati durante la
pirolisi delle diverse biomasse (Figura 2.4.1.4 e 1.1.5), sia nell’ambito della medesima biomassa
quando si confrontano i profili di VOC ottenuti in entrambe le condizioni di pirolisi, a temperatura
pari a 600 °C e a 900 °C (Figura 2.4.1.7 e 2.4.1.8).
In generale, il profilo di VOC ottenuto durante la pirolisi delle biomasse oggetto di studio è risultato
dominato dai composti volatili 4-vinyl guaiacol (14-24%) e 4-vinyl phenol (10-28%), entrambi
prodotti di degradazione della lignina (Figura 2.4.1.4 c e 2.4.1.5 c), indipendentemente dalla
tipologia di biomassa analizzata e dalle condizioni di temperatura di pirolisi. I composti volatili 4hydroxy-5,6-dihydro-(2H)-pyranone (2-12%) e hydroxyacetone (4-8%), entrambi prodotti di
decomposizione della cellulosa (Figura 2.4.1.4 a, b; Figura 2.4.1.5 a, b), pur presenti in quantità
minori contribuiscono a caratterizzare il profilo di VOC delle biomasse analizzate.
Se il profilo dei VOC rilevati conferma in generale la composizione tipica dei VOC rilasciati dalla
pirolisi delle biomasse erbacee, tuttavia si rilevano differenze significative e peculiari tra le diverse
biomasse analizzate.
68
Tabella 2.4.1.7 - Composti volatile organici (VOC) identificati durante la pirolisi Py-GC-MS di
biomasse lignocellulosiche derivate dalle colture energetiche Arundo donax L. (canna comune),
Sorghum bicolor (L.) Moench (sorgo da fibra) ibrido Bulldozer, Miscanthus × giganteus Greef et
Deuter (miscanto), Panicum virgatum L. (switchgrass)
Peak
#
1
RT
(min)
1,36
formaldehyde
2
1,43
methanol
3
1,60
4
Chemical
class
aldehydes
Formula
MW
CH2O
30
MS base
peak
30
alcohol
CH4O
31
31
C
acetaldehyde
aldehydes
C2H4O
44
44
C
1,62
glyoxal (ethanedial)
aldehydes
C2H2O2
58
58
C
5
1,70
acetone (2-propanone)
ketones
C3H6O
58
58
C
6
1,80
methyl glyoxal (pyruvaldehyde)
aldehydes
C3H4O2
72
72
C
7
2,20
acetic acid
acid
C2H4O2
60
60
C
8
2,49
ketones
C3H6O2
74
43
C
9
4,18
hydroxyacetone (acetol;
propanone)
acetoxy-acetaldehyde
aldehydes
C10H10N4O6
102
43
C
10
4,36
butandial
aldehydes
C4H6O2
86
58
C
11
5,43
2-furaldehyde (furfural)
furans
C5H4O2
96
96
C
12
5,92
furfuryl alcohol
furans
C5H6O2
98
98
C
13
6,22
dihydro-4-hydroxy-2(3H)-furanone
furans
C4H6O3
102
44
C
14
7,13
2-(5H)-furanone
furans
C4H4O2
84
55
C
15
7,18
2-methylcyclopentanone
ketones
C6H10O
98
70
C
16
7,33
cyclopentanedione
ketones
C5H6O2
98
98
C
17
7,98
1,3-dioxolane-2-methanol
dioxolanes
C4H8O3
104
73
C
18
8,49
phenol
phenols
C6H6O
94
94
HL
19
8,79
4-hydroxy-5,6-dihydro-(2H)-pyranone
pyrans
C5H6O3
114
114
C
20
9,33
ketones
C6H8O2
112
112
C
21
9,87
2-hydroxy-3-methyl-2-cyclopentene-1one
2-methylphenol (o-cresol)
phenols
C7H8O
108
108
GL
22
9,90
2-(propan-2-one)-tetrahydrofuran
furans
C7H12O2
128
128
C
23
9,99
tetrahydro-2H-pyran-2-methanol
pyrans
C6H12O2
116
85
C
24
10,20
4-methylphenol (p-cresol)
phenols
C7H8O
108
107
GL
25
10,43
2,5-dimethyl-4-hydroxy-3(2H)-furanone
furans
C6H8O3
128
128
C
26
10,48
guaiacol (2-methoxyphenol)
phenols
C7H8O2
124
109
GL
27
10,89
3-ethyl-2-hydroxy-2-cyclopenten-1-one
ketones
C7H10O2
126
126
C
28
11,01
3-methyl-2,4(3H,5H)-furandione
furans
C5H6O3
114
114
C
29
11,75
4-ethylphenol
phenols
C8H10O
114
107
HL
30
12,15
anhydro isosaccharino-d-lactone
lactones
C6H10O5
162
43
C
31
12,22
4-methyl guaiacol
phenols
C8H10O2
138
138
GL
Compound
1-hydroxy-2-
Origin
C
69
Peak
#
32
RT
(min)
12,27
Formula
MW
C6H6O2
110
MS base
peak
110
1,2-benzenediol
33
12,47
1,4:3,6-dianhydro glupyranose
sugars
C6H8O4
144
69
C
34
12,57
4-vinylphenol
phenols
C6H8O
120
120
HL
35
12,75
36
13,32
37
13,56
38
13,98
39
14,10
40
14,62
5-hydroxymethyl-2-furaldehyde
(5hydroxymethyl-2-furfural)
3-methoxy-1,2-benzenediol (3-methoxybenzene-1,2-diol)
4-ethyl
guaiacol
(2-Methoxy-4ethylphenol)
ascopyrone
P
((2S)-5-hydroxy-2(hydroxymethyl)-2,3-dihydro-4H-pyran4-one)
4-vinyl
guaiacol
(2-Methoxy-4vinylphenol)
syringol
furans
C6H6O3
126
97
C
phenols
C7H8O3
140
140
GL
phenols
C9H12O2
152
137
GL
pyrans
C6H8O4
144
144
C
phenols
C9H10O2
150
150
GL
phenols
C8H10O3
154
154
SL
41
14,73
eugenol
phenols
C10H12O2
164
164
GL
42
15,34
vanillin
phenols
C8H8O3
152
151
GL
43
15,46
cis-isoeugenol
phenols
C10H12O2
164
164
GL
44
15,96
phenols
C9H12O3
168
168
SL
45
16,02
4-methylsyringol
methylphenol)
trans-isoeugenol
phenols
C10H12O2
164
164
GL
46
16,16
2-(4-hydroxy-3-methoxyphenyl)-ethanal
aldehydes
C9H10O3
166
137
GL
47
16,53
methylguaiacylketone (acetoguaiacone)
ketones
C9H10O3
166
151
GL
48
17,02
4-ethylsyringol
phenols
C10H14O3
182
167
SL
49
17,11
ketones
C10H12O3
180
137
GL
50
17,52
1-(4-hydroxy-3-methoxyphenyl)-2propanone (Guaiacylacetone; Vanillyl
methyl ketone)
4-vinylsyringol
phenols
C10H12O3
180
180
SL
51
18,00
cis-methoxyisoeugenol
phenols
C11H14O3
194
194
SL
52
18,61
trans-methoxyisoeugenol
phenols
C11H14O2
194
194
SL
53
18,73
syringaldehyde
phenols
C9H10O4
182
182
SL
54
19,19
methoxyeugenol
phenols
C11H14O2
194
194
SL
55
19,49
4-hydroxy-3,5-methoxy acetophenone
ketones
C10H12O4
196
181
SL
56
19,64
4-hydroxy-2-methoxycinnamaldehyde
aldehydes
C10H10O3
178
178
GL
57
20,02
1-(4-hydroxy-3,5-dimethoxyphenyl)-2propanone
ketones
C11H14O4
210
167
SL
Compound
(2,6-dimethoxy-4-
Chemical
class
phenols
Origin
GL
Sono riportati: l’indice di ritenzione (RT) su colonna cromatografica HP5, la classe chimica di appartenenza, la formula
chimica, il peso molecolare (MW), lo ione di massima abbondanza dello spettro di massa, e l’origine del composto in
funzione dei diversi componenti lignocellulosici dei campioni. C= composti derivati dai carboidrati quali cellulosa e
emicellulosa; HL= composti derivati dall’idrossiprenile della lignina; GL= composti derivati dal guaiacolo della
lignina; SL= composti derivati dal siringolo della lignina.
Nell’ambito dei suddetti emerge come la biomassa di Arundo si differenzia dalle altre biomasse
analizzate per quanto riguarda il livello dei composti volatili rilasciati in maggiore percentuale e
originati dalla degradazione della lignina: il profilo dei VOC di Arundo è infatti caratterizzato dal
70
maggiore contenuto in percentuale di 4-vinylguaiacole dal minor contenuto di 4-vinylphenol,
rispetto ai profili delle rimanenti biomasse (Figura 2.4.1.4 c). Nell’ambito dei maggiori prodotti
derivati dai carboidrati si rileva la maggiore produzione di 4-hydroxy-5,6-dihydro-(2H)-pyranone
durante la pirolisi delle biomasse di Arundo e Panicum (Figura 2.4.1.4 b) e la minore formazione di
hydroxyacetone (Figura 2.4.1.4 a) durante la pirolisi della biomassa di Sorghum.
71
Figura 2.4.1.4 - Confronto tra i composti organici volatili indentificati durante la pirolisi delle
biomasse derivate da Arundo donax L. (canna comune), Sorghum bicolor (L.) Moench (sorgo da
fibra) ibrido Bulldozer, Miscanthus × giganteus Greef et Deuter (miscanto), Panicum virgatum L.
(switchgrass) in condizioni di pirolizzazione a 600 °C
a
b
(segue)
72
b
(segue)
c
c
d
d
73
Figura 2.4.1.5 – Confronto tra composti organici volatili indentificati durante la pirolisi delle
biomasse derivate da Arundo donax L. (canna comune), Sorghum bicolor (L.) Moench (sorgo da
fibra) ibrido Bulldozer, Miscanthus × giganteus Greef et Deuter (miscanto), Panicum virgatum L.
(switchgrass) in condizioni di pirolizzazione a 900 °C
a
b
a
(segue)
74
b
(segue)
c
d
75
Da un’analisi dettaglia dei diversi profili di VOC si rilevano ulteriori differenze sia tra le differenti
biomasse analizzate a parità di condizioni termiche operative di pirolisi, sia quando le medesime
biomasse sono sottoposte a differenti temperature di degradazione termochimica. La composizione
dei VOC rilasciati durante la pirolisi a 600 °C della biomassa di Arundo evidenzia la presenza
significativa di composti derivati dalla degradazione dei carboidrati: hydroxyacetone (8%; Figura
2.4.1.4 a) e 4-hydroxy-5,6-dihydro-(2H)-pyranone (12%; Figura 2.4.1.4 b), e nell’ambito dei
composti volatili originati dalla decomposizione della lignina (Figura 2.4.1.4 c), di 4-vinylguaiacol
(17%) e 4-vinylphenol (10%). Arundo si distingue dalle altre colture per rilasciare una maggiore
quantità di componenti minori (Figura 2.4.1.4 b, c, d): guaiacol (5%), 4-methyl guaiacol (2%),
trans-isoeugenol (3%), 2,5-dimethyl-4-hydroxy-3(2H)-furanone (<1%) cis-isoeugenol (<1%), 4methylsyringol (>1%) quando la pirolisi è effettuata a 600 °C.
Quando la biomassa di Arundo è sottoposta al processo di pirolisi a 900 °C si rileva una maggiore
produzione di alcuni composti volatili che la differenziano dalle rimanenti biomasse. In particolare,
tra i composti più abbondanti si evidenzia il maggiore contenuto in percentuale di 4-vinylguaiacol
(24%; Figura 2.4.1.5 c) e 4-hydroxy-5,6-dihydro-(2H)-pyranone (9%; Figura 2.4.1.5 b). Tra i
composti minori in termini di abbondanza relativa (livelli <5%), la biomassa di Arundo durante tali
condizioni di pirolisi rilascia una maggiore quantità di composti derivati sia dalla degradazione dei
carboidrati, quali ad esempio 2,5-dimethyl-4-hydroxy-3(2H)-furanone (Figura 2.4.1.5 b), ma
soprattutto di composti volatili originati dalla decomposizione della lignina (Figura 2.4.1.5 b, c, d)
quali 4-methyl guaiacol, cis-isoeugenol, 4-methylsyringol, trans-isoeugenol, methylguaiacylketone,
4-ethylsyringol,1-(4-hydroxy-3-methoxyphenyl)-2-propanone,
4-hydroxy-3,5
methoxyacetophenone, 1-(4-hydroxy-3,5-dimethoxyphenyl)-2-propanone.
Il profilo di VOC rilasciati durante la pirolisi a 600 °C della biomassa di Sorghum bicolor ibrido
Bulldozer mostra un’elevata produzione dei composti volatili derivati dalla degradazione della
lignina (Figura 2.4.1.4 c): 4-vinylphenol (21%) e 4-vinylguaiacol (16%). Rispetto all’Arundo, il
Sorghum si caratterizza per un minore rilascio di composti volatili derivati dalla degradazione dei
carboidrati: hydroxyacetone (5%; Figura 2.4.1.4 a) e 4-hydroxy-5,6-dihydro-(2H)-pyranone (5%;
Figura 2.4.1.4 b). Nell’ambito dei componenti minori (< 5% dell’area totale dei VOC) si rileva una
maggiore formazione di diversi composti volatili provenienti dalla degradazione della lignina
(Figura 2.4.1.4 b, c, d): 1,2-benzendiol, 4-vinyl phenol, vanillin, methylguaiacylketone, 1-(4hydroxy-3-methoxyphenyl)-2-propanone,
4-vinylsyringol, cis-methoxyisoeugenol, transmethoxyisoeugenol, syringaldehyde, methoxyeugenol, 4-hydroxy-3,5-methoxy acetophenone, 4hydroxy-2-methoxycinnamaldehyde, 1-(4-hydroxy-3,5-dimethoxyphenyl)-2-propanone. Quando la
pirolisi è effettuata a temperatura molto elevate (900 °C) la biomassa di Sorghum si differenzia
dalle biomasse delle altre colture tendenzialmente per il maggiore contenuto in percentuale di
hydroxyacetone, acetaldehyde e guaiacol (Figura 2.4.1.5 a, b).
Relativamente ai composti volatili che si formano durante la pirolisi alla temperatura di 600 °C
della biomassa di Miscanthus si rileva che i maggiori componenti del profilo di VOC di tale coltura
sono rappresentati dai composti derivati dalla lignina (Figura 2.4.1.4 a, b): 4-vinylphenol (19%) e 4vinylguaiacol (14%). Miscanthus si caratterizza anche per una maggiore formazione di composti
minori, quali composti volatili derivati dalla degradazione dei carboidrati: cyclopentanedione e 276
hydroxy-3-methyl-2-cyclopentene-1-one (Figura 2.4.1.4 b), e, similmente alla biomassa derivante
da Arundo, di composti derivati dalla lignina come il guaiacol (Figura 2.4.1.4 b). Quando la pirolisi
viene effettuata a 900°C, il miscanto si distingue dalle altre biomasse per una maggiore produzione
di phenol, 2-methylphenol, 4-methylphenol e 4-ethylphenol (Figura 2.4.1.5 b, c).
Il profilo di VOC rilasciati durante la pirolisi a 600 °C della biomassa di Panicum evidenzia
un’elevata produzione dei composti volatili derivati dalla degradazione dei carboidrati:
hydroxyacetone (8%; Figura 2.4.1.9 a) e 4-hydroxy-5,6-dihydro-(2H)-pyranone (11%; Figura
2.4.1.4 b) e dei composti volatili 4-vinylguaiacol (15%) e 4-vinylphenol (18%) originati dalla
decomposizione della lignina (Figura 2.4.1.4 c). Quando la pirolisi della biomassa di Panicum è
effettuata alla temperatura di 900°C si ha una maggiore formazione di furfuryl alcohol e 4-vinyl
phenol rispetto alle altre biomasse. Similmente alla biomassa di Arundo, durante la pirolisi alla
temperatura di 900 °C, il Panicum si caratterizza per una maggiore produzione di 4-vinyl guaiacol
e, nell’ambito dei composti minori, anche di cis-isoeugenol, 4-methylsyringol, trans-isoeugenol, e
4-ethylsyringol.
I profili di composti volatili rilasciati durante il processo di pirolisi sono stati analizzati in relazione
alle caratteristiche chimico-strutturali della biomassa e in particolare alla loro provenienza dalla
degradazione sia dei carboidrati (cellulosa ed emicellulosa), sia della lignina. Sebbene non siano
emerse differenze significative nella composizione qualitativa dei composti volatili rilasciati
durante la pirolisi sia a 600 °C che a 900 °C (Tabella 2.4.1.8 ), dall’analisi del profilo dei VOC della
biomassa di Arundo si rileva un numero maggiore di composti, principalmente derivati dalla
degradazione della lignina, quando la pirolisi è effettuata a 900 °C rispetto alle condizioni di pirolisi
a temperatura inferiore (600 °C).
L’analisi quantitativa evidenzia differenze nella formazione di VOC durante la pirolisi di diverse
biomasse in funzione della loro degradazione dalle diverse componenti lignocellulosiche. In
generale si rileva che i composti volatili derivati dalla degradazione della lignina prevalgono,
costituendo circa il 53-77% del totale dei composti volatili rilasciati durante il processo di pirolisi,
pur variando in funzione della temperatura di pirolisi (Tabella 2.4.1.8 e Figura 2.4.1.7, 2.4.1.8). Ad
eccezione della biomassa di Sorghum che non presenta differenze rilevanti nella formazione di
VOC nelle due diverse condizioni di pirolizzazione, le biomasse originate dalle altre colture quando
sono sottoposte a pirolisi a 900 °C si caratterizzano per rilasciare una minore quantità dei composti
volatili derivati dalla componente carboidratica delle biomasse e per produrre una maggiore
formazione dei composti volatili derivati dalla degradazione della lignina, rispetto al rilascio di
VOC in condizioni di pirolisi a temperatura inferiore. Questo andamento riflette le caratteristiche
termochimiche di degradazione dei diversi componenti della biomassa. Infatti se la cellulosa
presenta un intervallo limitato di temperatura alla quale degrada tramite pirolisi (nell’ordine di 315400 °C), la lignina degrada in un intervallo di temperatura molto più ampio: 100-900 °C.
77
Tabella 2.4.1.8 – Composti volatili rilevati durante la pirolisi delle biomasse derivate dalle colture
energetiche Arundo donax L. (canna comune), Sorghum bicolor (L.) Moench (sorgo da fibra) ibrido
Bulldozer, Miscanthus × giganteus Greef et Deuter (miscanto), Panicum virgatum L. (switchgrass)
Peak
#
Compound
A. donax
900
600 °C
°C
S. bicolor
600
900
°C
°C
M.×giganteus
600
900
°C
°C
P. virgatum
600
900
°C
°C
1
formaldehyde
X
X
X
X
X
X
X
X
2
methanol
X
X
X
X
X
X
X
X
3
acetaldehyde
X
X
X
X
X
X
X
X
4
glyoxal
X
X
X
X
X
X
X
X
5
acetone
X
6
methyl glyoxal
X
7
acetic acid
X
X
X
X
X
X
X
X
8
hydroxyacetone
X
X
X
X
X
X
X
X
9
acetoxy-acetaldehyde
X
X
X
X
X
X
X
X
10
butandial
X
X
X
X
X
X
X
X
11
2-furaldehyde
X
X
X
X
X
X
X
X
12
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
14
furfuryl alcohol
dihydro-4-hydroxy-2(3H)furanone
2-(5H)-furanone
X
X
X
X
X
X
X
X
15
2-methylcyclopentanone
X
X
X
X
X
X
X
X
16
cyclopentanedione
X
X
X
X
X
X
X
X
17
1,3-dioxolane-2-methanol
X
X
X
X
X
X
X
X
18
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
21
phenol
4-hydroxy-5,6-dihydro-(2H)pyranone
2-hydroxy-3-methyl-2cyclopentene-1-one
2-methylphenol
X
X
X
X
X
X
X
X
22
2-(propan-2-one)-tetrahydrofuran
X
X
X
X
X
X
X
23
tetrahydro-2H-pyran-2-methanol
24
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
28
4-methylphenol
2,5-dimethyl-4-hydroxy-3(2H)furanone
guaiacol
3-ethyl-2-hydroxy-2-cyclopenten1-one
3-methyl-2,4(3H,5H)-furandione
X
X
X
X
X
X
X
X
29
4-ethylphenol
X
X
X
X
X
X
X
X
30
anhydro isosaccharino-d-lactone
X
X
X
X
X
31
4-methyl guaiacol
X
X
X
X
X
X
X
X
32
1,2-benzenediol
X
X
X
X
X
X
X
X
33
1,4:3,6-dianhydro glupyranose
X
X
X
X
X
X
X
34
4-vinylphenol
X
X
X
X
X
X
X
X
35
5-hydroxymethyl-2-furaldehyde
X
X
X
X
X
X
X
X
36
3-methoxy-1,2-benzenediol
X
X
X
X
X
X
X
X
37
4-ethyl guaiacol
X
X
X
X
X
X
X
X
13
19
20
25
26
27
X
X
78
Compound
Peak
#
A. donax
900
600 °C
°C
S. bicolor
600
900
°C
°C
M. × giganteus
600
900
°C
°C
P. virgatum
600
900
°C
°C
39
40
4-vinyl guaiacol
syringol
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
41
eugenol
X
X
X
X
X
X
X
X
42
vanillin
X
X
X
X
X
X
X
X
43
cis-isoeugenol
X
X
X
X
X
X
X
X
44
4-methylsyringol
X
X
X
X
X
X
X
X
45
trans-isoeugenol
2-(4-hydroxy-3-methoxyphenyl)ethanal
methylguaiacylketone
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
50
4-ethylsyringol
1-(4-hydroxy-3-methoxyphenyl)2-propanone
4-vinylsyringol
X
X
X
X
X
X
X
X
51
cis-methoxyisoeugenol
X
X
X
X
X
X
X
X
52
trans-methoxyisoeugenol
X
X
X
X
X
X
X
X
53
syringaldehyde
X
X
X
X
X
X
X
54
methoxyeugenol
4-hydroxy-3,5-methoxy
acetophenone
4-hydroxy-2
methoxycinnamaldehyde
1-(4-hydroxy-3,5
dimethoxyphenyl)-2-propanone
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
46
47
48
49
55
56
57
X
Allo scopo di ottenere ulteriori informazioni dettagliate relative alla formazione di VOC in
relazione alle modifiche strutturali della lignina durante le diverse condizioni di degradazione
termochimica, i composti volatili fenolici sono stati analizzati in base al residuo aromatico presente
nella molecola e originato dalle diverse componenti della lignina. La lignina si forma per
deidrogenazione enzimatica degli alcoli p-cumarilico, coniferilico e sinapilico, composti
fenilpropanoidici la cui porzione aromatica viene indicata con i prefissi p-idrossifenile (H),
guaiacile (G) e siringile (S) (Figura 2.4.1.6). La struttura delle varie forme di lignina provenienti dai
diversi tessuti vegetali determina la formazione dei diversi composti volatili, appartenenti alla
classe dei fenoli, durante i processi di degradazione termochimica. In particolare al variare della
struttura della lignina varia il contenuto relativo nei diversi residui aromatici H, G e S nelle
molecole volatili generate dalla pirolisi. Questo comporta che le quantità relative di VOC con
sostituzioni di H, G e S possono essere utilizzate per caratterizzare la biomassa stessa e mettere in
evidenza variazioni strutturali della lignina provocate da diversi fattori degradativi. I prodotti
fenolici di pirolisi della lignina possono essere quindi distinti in derivati dell’idrossiprenile (H),
derivati del siringolo (S) e derivati del guaiacolo (G). E’ stata effettuata, quindi, un’indagine semiquantitativa calcolando le aree dei picchi dei derivati fenolici di tipo H, S e G di ciascun
cromatogramma e normalizzando al totale delle aree dei composti derivati dalla lignina. I composti
volatili sono stati raggruppati in prodotti derivati da H, S e G. I risultati ottenuti hanno evidenziato
differenze significative tra le diverse tipologie di biomasse analizzate in funzione delle diverse
condizioni operative di pirolisi. A parità di condizioni operative di pirolisi (600 °C), la biomassa di
79
Arundo si differenzia dalle altre biomasse analizzate per un maggiore rilascio dei composti volatili
derivati del guaiacolo, rappresentando il 60% di tutti i composti originati dalla lignina.
Figura 2.4.1.6 - Composizione del proflio dei composti organici volatili in relazione al residuo
aromatico presente nella molecola e derivato dalle diverse componenti della lignina: idrossiprenile
(hydroprenyl), siringile (syringyl) e giuaiacile (guaiacyl) durante la pirolisi delle biomasse derivate
da Arundo donax L. (canna comune), Sorghum bicolor (L.) Moench (sorgo da fibra) ibrido
Bulldozer, Miscanthus × giganteus Greef et Deuter (miscanto), Panicum virgatum L. (switchgrass)
in condizioni di pirolizzazione a 600 °C e a 900 °C. I dati sono espressi come percentuale sul totale
dei composti derivati dalla lignina
I composti volatili derivati del siringolo e idrossiprenile rappresentano rispettivamente il 12% e il
27% del totale dei VOC derivati dalla degradazione della lignina. Le biomasse di Sorghum,
Miscanthus e Panicum si caratterizzano per un rilascio maggiore dei composti volatili derivati
dell’idrossiprenile, pari al 40-50% di tutti composti derivati dalla lignina. Le condizioni termiche di
pirolisi hanno influenzato la formazione dei suddetti composti organici volatili derivati dalle diverse
lignine e tale effetto è risultato variabile in funzione della tipologia di biomassa analizzata (Figura
2.4.1.6). In particolare, all’aumentare della temperatura di pirolisi, la biomassa derivata da Arundo
si distingue per rilasciare una maggiore frazione dei composti volatili derivati del siringolo. Il
contributo dei composti derivati dall’idrossiprenile diminuisce, e parallelamente rimane inalterata la
produzione di VOC derivati dal guaiacolo. Relativamente alla produzione di VOC dalla biomassa di
Sorghum, similmente ad Arundo, aumenta il contributo della frazione di VOC derivati dal siringolo,
80
mentre la frazione di VOC derivati dal guaiacolo della lignina è inalterata all’aumentare della
temperatura di pirolisi da 600 °C a 900 °C. Sia per Miscanthus che Panicum, le condizioni di
pirolisi a temperature elevate (900 °C) favoriscono la produzione di composti volatili derivati dal
siringolo e idrossiprenile, rappresentando complessivamente il 60-64% di tutti i VOC derivati dalla
lignina. Ne consegue che tali biomasse si caratterizzano per un aumento del rapporto tra i VOC
derivati dall’idrossiprenile e i VOC derivati dal guaiacolo. Tale andamento può essere dovuto al
diverso grado di dipendenza dei prodotto volatili dalla temperatura: i composti volatili derivati
dall’idrossiprenile sono generalmente formati a temperature molto elevate e si originano anche dai
composti derivati del guaiacolo che in tali condizioni sono soggetti a scissione chimica dei gruppi
metossile dell’unità guaiacile.
Combinando le precedenti analisi dei profili di VOC è quindi possibile riassumere l’effetto
complessivo della temperatura di pirolisi sulla formazione dei singoli composti volatili in relazione
alla loro diversa origine degradativa dalle componenti lignocellulosiche (Figura 2.4.1.7, 2.4.1.8).
Per quanto riguarda la pirolisi di Arundo, una temperatura elevata (900 °C) durante tale processo di
degradazione termochimica determina una diminuzione dei composti volatili derivati dai carboidrati
(es. acetaldehyde, hydroxyacetone, butandial,2-(5H)-furanone, cyclopentanedione, 2-hydroxy-3methyl-2-cyclopentene-1-one; Figura 2.4.1.7 a), mentre parallelamente induce un evidente aumento
dei composti derivati dalla lignina (Figura 2.4.1.7 b) sia dalla componente guaiacolo (4vinylguaiacol; composto principale nel profilo di tale biomassa), sia in composti minori derivati
dalla componente siringolo della lignina (4-vinylsyringol e methoxyeugenol). Nel caso della pirolisi
della biomassa di Sorghum bicolor ibrido Bulldozer, l’aumento della temperatura di pirolisi da 600
°C a 900 °C determina un aumento di composti sia derivati dai carboidrati, quali acetaldehdyde e
hydroxyacetone (Figura 2.4.1.8 a), sia di composti derivati dalla lignina (Figura 2.4.1.8 b): phenol
(marker della componente idrossiprenile della lignina), 2-methylphenol e 4 methylphenol (originati
dalla componente guaiacolo della lignina). Parallelamente si rileva una diminuzione di componenti
derivati dalla componente siringolo della lignina (syringol e 4-vinylsyringol).
Quando la pirolisi della biomassa di Miscanthus è effettuata a temperature pari a 900 °C, rispetto a
condizioni di pirolisi a 600 °C, si evidenzia una generale diminuzione dei composti volatili derivati
dai carboidrati (quali ad esempio, acetaldehyde, acetoxy-acetaldehyde, butandial, 2-furaldehyde,
furfuryl alcohol, 2-methylcyclopentanedione; Figura 2.4.1.9 a), dei composti derivati dalla
componente guaiacolo della lignina (guaiacol, 4-ethylguaiacol e transisoeugenol (Figura 2.4.1.9 a,
b), mentre si rileva un aumento significativo dei composti 4-vinylphenol, presente in quantità
significativa e marker della componente idrossiprenile della lignina, e di componenti minori quali il
4-vinylsyringol derivato dalla degradazione della componente siringolo della lignina (Figura 2.4.1.9
b). Le diverse condizioni di temperatura di pirolisi della biomassa di Panicum determina una
marcata diminuzione di diversi composti volatili derivati dalla decomposizione della componente
carboidratica della biomassa: acetoxy-acetaldehyde, 2-furaldehyde, furfuryl alcohol,
cyclopentanedione, 4-hydroxy-5,6-dihydro-(2H)-pyranone (Figura 2.4.1.10 a).
81
Figura 2.4.1.7 - Confronto tra la produzione di composti organici volatili durante la pirolisi delle
biomasse derivate da Arundo donax L. (canna comune) in condizioni di pirolizzazione a 600 °C e a
900 °C
a
a
b
b
82
Figura 2.4.1.8 - Confronto tra la produzione di composti organici volatili durante la pirolisi delle
biomasse derivate da Sorghum bicolor (L.) Moench (sorgo da fibra) ibrido Bulldozer, in condizioni
di pirolizzazione a 600 °C e a 900 °C
a
a
b
b
83
Figura 2.4.1.9 – Confronto tra la produzione di composti organici volatili durante la pirolisi delle
biomasse derivate da Miscanthus × giganteus Greef et Deuter (miscanto), in condizioni di
pirolizzazione a 600 °C e a 900 °C
a
a
b
b
84
Figura 2.4.1.10 – Confronto tra la produzione di composti organici volatili durante la pirolisi delle
biomasse derivate da Panicum virgatum L. (switchgrass), in condizioni di pirolizzazione a 600 °C e
a 900 °C
a
a
b
b
Similmente a Miscanthus, anche nel caso di Panicum, condizioni di temperatura pari a 900 °C
durante il processo di pirolisi comporta un aumento del composto principale del profilo rilevato: 485
vinylphenol derivato dalla componente idrossiprenile della lignina e dei componenti minori derivati
dalla componente siringolo della lignina: methoxyeugenol e 4-vinylsyringol (Figura 2.4.1.10 b).
Tale biomassa si distingue dalle rimanenti per una maggiore produzione anche di altri due composti
derivati dalla componente siringolo della lignina: syringol e 4-methylsyringol (Figura 2.4.1.10 b).
In conclusione, il metodo della pirolisi accoppiato alla GC/MS ci ha fornito informazioni dettagliate
e utili a caratterizzare le biomasse derivate da diverse colture energetiche e sottoposte a due diverse
condizioni di degradazione termochimica. Sono emerse differenze nella formazione di composti
volatili in funzione delle diverse caratteristiche chimiche della componente organica della biomassa
e in funzione delle differenti condizioni di temperatura applicate durante la pirolisi. Ulteriori
approfondimenti potranno essere relativi all’influenza del contenuto minerale della biomassa (in
particolare la frazione inorganica) sulla formazione di tali composti volatili durante il processo di
pirolisi. Precedenti sperimentazioni hanno infatti rilevato come tale fattore possa influenzare
significativamente la produzione di VOC in funzione delle diverse tipologie di biomasse.
Attività 7 – Valutazione del potenziale metanigeno di alcune specie tra quelle in prova nell’ambito
del WP1.
7.1
Caratteristiche dei substrati
In Tabella 2.4.1.9 sono riportati i risultati delle principali caratteristiche qualitative dei tre substrati
presi in considerazione. Il contenuto di ST e SV era simile per tutti i substrati, ad eccezione della
paglia leggermente più secca dei campioni delle due colture. Gli zuccheri solubili erano presenti in
quantità nettamente diverse: B 133 mostrava un quantitativo di circa 5 volte superiore rispetto
all’Arundo (123 vs. 23 mg g-1 ST) e di circa 20 volte superiore rispetto alla paglia (123 vs. 6 mg g-1
ST). Il contenuto di cellulosa risultava più elevato per Arundo e paglia (325 mg g-1 ST) che per B
133 (268 mg g-1 ST); anche l’emicellulosa presentava lo stesso andamento: Arundo e paglia
mostravano i valori più elevati (221 mg g-1 ST) seguiti dal B 133 (205 mg g-1 ST; tab. 7.1). L’AIL
variava fra i tre substrati: paglia (199 mg g-1 ST) ha mostrato una posizione statisticamente
intermedia fra Arundo e B 133 (rispettivamente, 227 e 199 mg g-1 ST).
Tabella 2.4.1.9 - Principali caratteristiche qualitative dei substrati testati
Colture
ST
Arundo
B 133
Paglia
mg g-1
925 b
932 b
945 a
SV
920 a
945 a
918 a
Zuccheri
solubili
23 b
123 a
6c
Cellulosa
Emicellulosa
mg g-1 ST
325 a
268 b
326 a
222 a
205 b
220 a
AIL
227 a
199 b
210 ab
Lettere in comune indicano differenze non significative (SNK test; P ≤ 0,05).
86
7.2
Produzione di metano ed efficienza dei pre-trattamenti
I pre-trattamenti alcalini testati hanno determinato un incremento variabile rispetto alla resa
specifica di CH4 dei due substrati non trattati (in media +16%; Tabella 2.4.1.10). Arundo mostrava
una resa specifica di base (untreated) di 190 ml CH4 g-1 SV, in progressivo aumento all’aumentare
della concentrazione di NaOH fino ad un massimo di 246 ml CH4 g-1 SV alla concentrazione più
elevata di NaOH (0,15 N; Tabella 2.4.1.10). Si realizzava in tal modo un aumento del 30% della
resa specifica rispetto alla biomassa non trattata. Il sorgo B 133 untreated mostrava rese di CH4 più
elevate rispetto agli altri substrati (248 ml g-1 SV), cui si accompagnavano incrementi modesti in
seguito ai pre-trattamenti: 1, 9 e 11% alle tre concentrazioni crescenti di NaOH, corrispondenti a
produzioni di 250, 270, 275 ml CH4 g-1 SV (Tabella 2.4.1.10). La paglia untreated mostrava una
resa di CH4 superiore ad Arundo untreated (232 vs. 190 ml CH4 g-1 SV; Tabella 2.4.1.10), pur
possedendo caratteristiche qualitative simili. I pre-trattamenti alcalini applicati alla paglia
consentivano di ottenere produzioni specifiche più elevate rispetto agli altri substrati:
rispettivamente 268, 288 e 284 ml CH4 g-1 SV per le tre dosi crescenti di NaOH (Tabella 2.4.1.10).
In tal modo gli incrementi relativi ottenuti dalla paglia nei primi due livelli di NaOH (15 e 24%)
appaiono molti simili a quelli osservati per Arundo, mentre al livello più alto la paglia ha mostrato
una lieve flessione (incremento pari al 22%; Tabella 2.4.1.10).
Tabella 2.4.1.10 – Produzione di CH4 (ml g-1 SV) a dosi crescenti di pre-trattamento alcalino ed
efficienza relativa del pre-trattamento rispetto all’untreated (Diff. %)
Pretrattamenti
Untreated
0,05 N
0,10 N
0,15 N
Arundo
B 133
Paglia
CH4
(ml g-1 SV)
190 d
216 c
Diff.
(%)
14
CH4
(ml g-1 SV)
248 b
250 b
Diff.
(%)
1
CH4
(ml g-1 SV)
232 c
268 b
Diff.
(%)
15
230 b
246 a
21
30
270 a
275 a
9
11
288 a
284 a
24
22
Lettere in comune indicano differenze non significative (SNK test; P ≤ 0,05)
In letteratura viene riportato che, fra tutti i reagenti alcalini utilizzati per i pre-trattamenti, NaOH è
uno dei reagenti più efficaci nella rimozione della lignina e nel conseguente miglioramento della
produzione di biogas. Infatti, come mostrato nella Figura 2.4.1.11a, all’aumentare della
concentrazione di NaOH corrispondeva una riduzione significativa di AIL, soprattutto in matrici
prettamente ligno-cellulosiche come le tre saggiate. Alla concentrazione più elevata di NaOH
corrispondeva una riduzione di AIL compresa tra 10 e 25%, rispettivamente per Arundo e paglia.
Invece, correlando l’incremento delle concentrazioni di NaOH con la produzione cumulata di CH4
(Figura 2.4.1.11 b), è stato possibile notare la linearità dell’effetto della soda in due matrici su tre
(Arundo e B 133), mentre nella paglia si è raggiunto un plateau produttivo alla concentrazione più
elevata di NaOH con conseguente indebolimento della relazione tra concentrazione di NaOH e
produzione di CH4. (Figura 2.4.1.11 b). Questo plateau, come anche la differenza statisticamente
non significativa trovata nelle produzioni di CH4 in B 133 alle concentrazioni più elevate di soda,
87
dimostrano che il pre-trattamento alcalino ha verosimilmente permesso un’alterazione delle
struttura fibrosa, che consente ai microrganismi coinvolti nella digestione anaerobica di degradare
più facilmente la sostanza organica trasformandola in metano.
Figura 2.4.1.11 – Correlazione fra la riduzione della lignina (a) e la produzione di metano (b)
all’aumentare della concentrazione di NaOH
240
a
AIL (mg g-1 TS)
220
r = 0,92*
200
r = 0,86*
180
r = 0,95*
Arundo
B 133
Paglia
160
140
350
b
r = 0,68 ns
CH4 (ml g-1 VS)
300
r = 0,86*
250
r = 0,97*
200
150
0,00
0,05
0,10
0,15
Concentrazione NaOH (N)
In generale, in tutti i substrati testati il T80 dopo il pre-trattamento alcalino si è ridotto dall’8 al 47%
rispetto ai substrati non trattati. In particolare, il pre-trattamento a dose più elevata di soda ha
permesso di raggiungere l’80% della produzione di metano in 10, 12 e 14 giorni in meno rispetto al
non trattato, rispettivamente per Arundo, B 133 e paglia (Tabella 2.4.1.11). Comunque, Arundo
88
mostrava un T80 del non trattato e dei trattati superiore rispetto a B 133 e paglia (Tabella 2.4.1.11),
dovuto molto probabilmente alla maggiore recalcitranza di questo substrato. Inoltre, è stato
osservato che la produzione di CH4 a T80 aumentava parimenti al diminuire del T80, ottenendosi in
tal modo una maggiore produzione di metano in un lasso di tempo più breve (CH4 giornaliero;
Tabella 2.4.1.11).
Tabella 2.4.1.11 – Technical digestion time (T80), produzione di CH4 a T80 (ml g-1 SV) e CH4
giornaliero nell’arco del T80 dei substrati non trattati e trattati con dosi crescenti di NaOH di
Arundo, B 133 e paglia
Substrati
Arundo
B 133
Paglia
7.3
NaOH
T80
CH4 a T80
CH4 giornaliero
N
giorni
ml g-1 SV
ml g-1 SV d-1
untr.
0,05
0,10
0,15
untr.
0,05
0,10
0,15
untr.
0,05
0,10
0,15
32
29
29
22
29
22
19
17
31
22
21
16
152
173
184
197
198
200
216
220
186
214
231
227
4,8
5,9
6,4
9,1
6,8
9,1
11,6
13,0
6,0
9,8
11,2
13,8
Conclusioni
I pre-trattamenti testati in questo esperimento hanno dimostrato la capacità di migliorare la
produzione specifica di CH4 in tutti i substrati ligno-cellulosici presi in considerazione. La
rimozione della lignina è stata maggiore in substrati più recalcitrati (Arundo e paglia), al cui interno
si è tradotta in significativi incrementi di produzione specifica di CH4. Risulta interessante notare
che con un modesto impiego di energia sussidiaria (mantenimento dei 25 °C per le 24 h di pretrattamento) si ottenga un incremento fino al 30% della produzione di CH4, rispetto ai canoni
standard di pre-trattamento con temperature superiori ai 50 °C riportati in letteratura. Tale
metodologia appare inoltre facilmente trasferibile su scala industriale, ad esempio sfruttando il
calore prodotto dalla cogenerazione di un impianto di biogas. Per di più, la riduzione del tempo
necessario ad arrivare all’80% della produzione massima di metano, abbinato ad un aumento della
produzione di metano stesso, si potrebbe tradurre in una diminuzione del tempo di ritenzione
idraulica, riducendo i costi di produzione di metano da substrati agricoli e/o incrementando la
capacità di digestione di un impianto reale di digestione anaerobica. In definitiva, quindi, l’utilizzo
di colture ligno-cellulosiche ad elevata rusticità potenzialmente adatte a terreni marginali, unita
89
all’impiego di pre-trattamenti a modesta intensità, rappresentano importanti tasselli in una strategia
volta a mitigare la competizione fra produzioni food e non-food, favorendo uno sviluppo sostenibile
del settore bio-energetico.
Attività 8 – Valutazione della produzione di bioetanolo di seconda generazione di alcune specie
tra quelle in prova nell’ambito del WP1.
8.1 Produzione di etanolo e comportamento dei lieviti.
In termini di etanolo prodotto (Tabella 2.4.1.12) i due lieviti hanno mostrato variazioni tra loro non
significative (6.5 e 5.4 g L-1 di EtOH rispettivamente per Kluyveromyces e Saccharomyces), al pari
dell’interazione fra lievito e coltura. Viceversa, differenze significative sono state osservate per le
quattro colture: Switchgrass è risultato il più produttivo seguito da Bulldozer (-30%) e quindi da
B133. Arundo infine ha mostrato di gran lunga il dato peggiore (-65% rispetto a Switchgrass),
evidenziando caratteristiche della biomassa poco favorevoli rispetto al processo adottato. I due
substrati utilizzati per ampliare il range di variabilità, FORSU e Paglia, si sono dimostrati
rispettivamente il più produttivo (12.2 g L-1), ed il meno produttivo (2.5 g L-1), anche se non sono
state osservate differenze significative fra FORSU e Switchgrass, e tra Paglia e Arundo.
Tabella 2.4.1.12 - Produzione di etanolo da diverse biomasse, utilizzando diversi lieviti
Fattore
EtOH (g L-1)
Lievito
S. cerevisiae
K. marxianus
Sign. Stat.
6.5
5.4
n.s
Coltura
Arundo
Switchgrass
B133
Bulldozer
Paglia
FORSU
Sign. Stat.
3.7 c
10.6 a
5.8 b
7.3 b
2.5 c
12.2 a
**
Coltura × Lievito
Sign. Stat.
n.s.
Lettere diverse indicano differenze significative (LSD test, P ≤ 0,05).
8.2
Produzione di etanolo e caratteristiche delle fibre.
Per quanto concerne la composizione della biomassa delle quattro colture (Tabella 2.4.1.13), i due
sorghi da biomassa hanno mostrato un contenuto in cellulosa ed emicellulosa inferiore alle colture
poliennali. Nei due sorghi, infatti, la cellulosa è significativamente inferiore allo Switchgrass che a
sua volta segue l’Arundo. L’emicellulosa è presente in percentuali significativamente maggiori
nello Switchgrass, rispetto alle altre tre colture fra cui non sono state osservate differenze
90
significative. La mancanza di correlazione positiva fra contenuto di cellulosa ed emicellulosa nella
biomassa e la produzione di etanolo (dati non mostrati) conferma che la conformazione strutturale e
la disposizione spaziale delle tre componenti (cellulosa, emicellulosa e ADL) sono coinvolte nella
conversione della biomassa ligno-cellulosica ad etanolo, come altri studi hanno mostrato e come lo
studio sulla efficenza di conversione della cellulosa descritto in seguito sembra assecondare.
Tabella 2.4.1.13 – Principali caratteristiche qualitative dei substrati testati e relativa produzione di
etanolo
Emicellulosa Cellulosa ADL EtOH
(%)
(%)
(%) (g L-1)
27,0 b
38,2 a
9,9 a 3,8 c
Arundo
Switchgrass
31,6 a
33,6 b
8,6 b 10,7 a
B133
25,6 b
25,7 c
6,4 c 5,8 bc
Bulldozer
25,5 b
28,0 c
5,9 c 7,3 b
Coltura
Lettere diverse indicano differenze significative (LSD test, P ≤ 0,05).
8.3
Produzione di etanolo e caratteristiche dei carboidrati.
I due substrati che derivano dal settore agricolo, Paglia e B 133, hanno mostrano valori simili in
termini di carboidrati strutturali e lignina, mentre si sono statisticamente differenziati nel contenuto
di glucosio solubile (Tabella 2.4.1.14). Viceversa, FORSU è risultato sostanzialmente diverso sia da
B133 che da Paglia per quanto riguarda i carboidrati strutturali, mostrando un più alto contenuto di
cellulosa ed una minore presenza di emicellulosa e lignina.
La diversa composizione della biomassa osservata nelle tre matrici vegetali ha influenzato i valori
di efficienza di conversione della cellulosa. In particolare Paglia, con il più basso valore in CCE, si
è dimostrata poco idonea come fonte di produzione di bioetanolo di seconda generazione. A
confronto con essa, B 133 e FORSU hanno mostrato valori di CCE rispettivamente superiori del
100% e del 170%. Alla luce dei risultati ottenuti, è possibile spiegare che il contenuto totale della
cellulosa non basta da solo ad indicare l’idoneità di una matrice vegetale per la produzione di
bioetanolo di seconda generazione. Infatti, l’etanolo prodotto non sembra correlato alla cellulosa,
come dimostrano le diverse produzioni ottenute da Paglia e B 133 che hanno valori simili in
contenuto di cellulosa.
91
Tabella 2.4.1.14 – Analisi della composizione della biomassa (mg g-1 TS) ed efficienza di
conversione della cellulosa (CCE)
Substrate
Soluble glucose
B133
Forsu
Paglia
27 a
37 a
0b
Cellulose Hemicellulose
328 b
549 a
326 b
203 a
108 b
206 a
AIL
CCE (%)
180 a
43 b
194 a
67 b
84 a
32 c
Lettere diverse indicano differenze significative (LSD test, P ≤ 0,05).
Parimenti, si rileva che il contenuto di glucosio solubile è troppo basso per influenzare la
produzione di etanolo: infatti il glucosio solubile osservato in FORSU ( 37 mg g-1 TS) corrisponde a
solo 0.9 g L-1 della produzione teorica di etanolo, pari a meno del 10% della produzione osservata.
Tuttavia non è da escludersi che gli zuccheri solubili abbiano un ruolo positivo all’interno del
processo, permettendo ai substrati più recalcitranti (ovvero cellulosa) di essere degradati.
L’aumento della quantità di glucosio solubile ed in parallelo di etanolo fra Paglia e FORSU
supporta questa ipotesi. In generale, dal confronto dei valori di CCE e EtOH fra Paglia e B133, si
può evincere che l’idoneità di ogni biomassa ad essere destinata alla produzione di bioetanolo di
seconda generazione non dipende solo dal contenuto di glucosio solubile e di cellulosa, ma anche da
altre caratteristiche fisiche e chimiche della biomassa stessa. Infatti, come già osservato da altri
autori, l’estensione dei legami della lignina con la cellulosa influenza l’idrolisi di quest’ultima a
glucosio, molto più del contenuto totale di lignina. Questo, associato al diverso contenuto di
glucosio solubile, può spiegare i diversi valori di EtOH e CCE osservati in B 133 e paglia, sebbene
il loro contenuto di cellulosa e lignina non sia statisticamente differente.
8.4
Conclusioni
L’azione dei lieviti non è risultata significativa rispetto alla produzione di etanolo. Questo significa
che la configurazione SSF può essere utilizzata anche con lieviti il cui ottimo di temperatura è
lontano da quello degli enzimi, permettendo in tal modo un minore impiego di input energetici sotto
forma di calore necessario, ed un aumento dell’efficienza energetica dell’intero processo. Fra le
colture dedicate ed oggetto di prove agronomiche, la biomassa prodotta da Switchgrass è apparsa la
più idonea alla produzione di bioetanolo di seconda generazione, mentre Arundo ha mostrato
un’elevata refrattarietà. Bulldozer, infine, si è caratterizzato per una biomassa tale da consentire una
discreta produzione specifica di etanolo.
Per quanto concerne i risultati del parametro di efficienza di conversione della cellulosa, FORSU è
risultato il substrato meno recalcitrante, seguito dal sorgo B133 e, infine, dalla Paglia d’orzo. I
valori osservati del parametro in questione suggeriscono che la disposizione spaziale e le
componenti strutturali (ovvero cellulosa, emicellulosa e lignina), e forse anche il contenuto di
glucosio solubile, sono gli elementi chiave per valutare l’idoneità di una matrice ad essere utilizzata
come fonte per la produzione di bioetanolo di seconda generazione.
Allo scopo di aumentare l’efficienza del processo e diminuire la refrattarietà della biomassa, i pretrattamenti con vari agenti fisico-chimici sono considerati un promettente strumento, grazie
all’aumento del contenuto di glucosio solubile e alla riduzione della lignina.
92
2.4.1.3.3 Attività in WP4
Attività 9 – Analisi di impatto ambientale (LCA) (Responsabile scientifico Dr. Andrea Monti).
L’attività è già stata completata nella precedente annata. Non vi sono pertanto nuovi risultati.
2.4.1.4 Divulgazione dei risultati
Nel corso del 2013, parte dei risultati ottenuti dall’U.O. nell’ambito del Progetto sono stati divulgati
attraverso comunicazioni a congressi nazionali/internazionali e articoli scientifici. Copie dei lavori
in elenco sono allegate alla presente relazione.
1. Barbanti, L., Capecchi, L., Vecchi, A., Di Girolamo, G., 2013. Effetti dell’epoca di semina e
dell’inserimento di un intercalare sul comportamento bio-agronomico del sorgo da biomassa.
Atti del XLII Convegno Nazionale della Società Italiana di Agronomia. Reggio Calabria, 18-20
Settembre, 254-256.
2. Barbanti, L., Grigatti, M., Di Girolamo, G., Bertin, L., Ciavatta, C., 2013. Methane potential
and energy balance of annaul and multi-annual biomass crops. EnergyThink, Bologna, 27
Novembre (www.energythink.it).
3. Capecchi L., Di Girolamo G., Vecchi A., Barbanti L., 2013. Efficienza di utilizzo dell’azoto in
impianti maturi di specie erbacee perenni da biomassa nel nord Italia. Italian Journal of
Agronomy 8 suppl. 1, 5-9.
4. Capecchi L., Nissen L., Grigatti M., Mattarelli P., Barbanti L., 2013. Second generation
bioethanol from municipal organic waste, barley straw and fiber sorghum. Atti di Ecomondo –
17^ Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile.
Rimini, 6-9 Novembre, 179-184.
5. Capecchi L., Nissen L., Mattarelli P., Grigatti M., Barbanti L., 2013. Produzione di bioetanolo
di seconda generazione da colture da biomassa annuali e poliennali. Atti del XLII Convegno
Nazionale della Società Italiana di Agronomia. Reggio Calabria, 18-20 Settembre, 272-274.
6. Di Girolamo, G., Grigatti, M., Barbanti, L., Angelidaki, I., 2013. Effects of hydrothermal pretreatments on Giant reed (Arundo donax) methane yield. Bioresource Technology 174, 152-159.
7. Di Girolamo, G., Grigatti, M., Barbanti, L., Capecchi, L., Bertin, L., Ciavatta, C., 2013.
Improvement of the methane production of biomass crops and agricultural residues by alkaline
pre-treatments. EnergyThink, Bologna, 27 Novembre (www.energythink.it).
8. Di Girolamo, G., Grigatti, M., Barbanti, L., Vecchi, A., Ciavatta, C., 2013. Produzione di
biomassa e resa in metano di colture dedicate annuali e poliennali. Atti del XLII Convegno
Nazionale della Società Italiana di Agronomia. Reggio Calabria, 18-20 Settembre, 303-305.
9. Di Girolamo, G., Grigatti, M., Bertin, L., Ciavatta, C., Barbanti, L., 2013. Colture dedicate per
la digestione anaerobica. Atti di Ecomondo – 17^ Fiera Internazionale del Recupero di Materia
ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile. Rimini, 6-9 Novembre, 208-212.
10. Di Girolamo, G., Grigatti, M., Bertin, L., Ciavatta, C., Barbanti, L., 2013. Colture dedicate da
biomassa e residui colturali per la produzione di CH4: effetto di trattamenti alcalini a moderata
intensità. Atti di Ecomondo – 17^ Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia e
dello Sviluppo Sostenibile. Rimini, 6-9 Novembre, 213-217.
93
2.5 U.O. V CRA-CIN Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in
Agricoltura - Centro di ricerca per le colture Industriali
Verifica degli effetti dell’utilizzo di reflui zootecnici nella fertilizzazione di
colture bioenergetiche dedicate;
Studio delle caratteristiche eco fisiologiche di Arundo donax L;
Analisi ed individuazione della variabilità genetica e fenotipica del genere
Arundo;
Valutazione di germoplasma di Arundo in Pianura Padana
Responsabile scientifico: Dr. Enrico Ceotto
94
2.5 U.O. V CRA-CIN Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura Centro di ricerca per le colture Industriali
Titolo della ricerca:
1) Verifica degli effetti dell’utilizzo di reflui zootecnici nella fertilizzazione di colture
bioenergetiche dedicate;
2) Studio delle caratteristiche eco fisiologiche di Arundo donax L;
3) Analisi ed individuazione della variabilità genetica e fenotipica del genere Arundo;
4) Valutazione di germoplasma di Arundo in Pianura Padana.
Responsabile scientifico: Dr. Enrico Ceotto
2.5.1
Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013)
2.5.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013
Nel 2013 è proseguito lo studio degli effetti delle applicazioni ripetute di liquami bovini, e di
concimi di sintesi, sulla produttività e sulle asportazioni di azoto di Arundo e pioppo. Dopo cinque
anni di applicazioni ripetute di liquami sulle stesse parcelle, dal 2008 al 2012, nel 2013 sono stati
valutati gli effetti residui di fertilità delle applicazioni di liquami bovini su Arundo e pioppo.
Per quanto riguarda l’Arundo, nel periodo dal 2008 al 2012 l’applicazione di fertilizzanti ha sempre
incrementato in modo significativo le produzioni rispetto al testimone non trattato (Testimone).
Inoltre, la dose più elevata di liquami bovini (LB20) ha sempre permesso di conseguire un
vantaggio produttivo sia rispetto alla dose inferiore di liquame (LB20), sia rispetto al trattamento
con concimi minerali (Conc.min.). I risultati del 2013 mostrano un incremento di produzione
rispetto al Testimone per LB10 e LB20 (Figura 1.1.2.2). Le produzioni del trattamento Conc.min.
sono statisticamente diverse rispetto al Testimone, mentre quelle dei trattamenti con liquame non
sono diversi né dal Testimone, né dalla concimazione minerale. Nel 2013 i trattamenti LB10 e
LB20 hanno fornito produzioni superiori, anche se in modo non significativo, rispetto al Testimone.
Le produzioni del trattamento Conc.min. sono statisticamente diverse rispetto al Testimone, mentre
quelle dei trattamenti con liquame non sono diversi né dal Testimone, né dalla concimazione
minerale. Di particolare interesse è la produzione del Testimone, che dopo sei anni fornisce ancora
prestazioni di tutto rispetto, circostanza che indica una elevata efficienza della coltura nell’assorbire
azoto dal terreno.
Nel caso del pioppo, nel 2013 la produzione del biomassa è stata particolarmente elevata per il
testimone, a dispetto del fatto la coltura è stata impiantata nel 2002, e quindi è ormai al termine del
ciclo produttivo. Per contro, il vantaggio produttivo dei trattamenti LB10 e LB20 rispetto al
testimone è molto attenuato nella terza raccolta rispetto a quanto osservato nella prima e nella
seconda raccolta.
95
Di particolare interesse sono i dati ottenuti dalle analisi del contenuto di nitrati nel suolo, analizzati
nel corso del 2013 su campioni raccolti nel dicembre 2012. Questi dati esperimono la quantità di
nitrati, presenti nel profilo del suolo da 0 ad 80 cm, all’inizio dell’inverno e quindi potenzialmente
lisciviabili, sulle prove Arundo liquami, sulle prove gemelle pioppo liquami e sorgo liquami, e su
una coltura di frumento (che segue frumento), che viene presa come riferimento. Per il terzo anno
consecutivo, l’Arundo ha dimostrato di possedere una particolare abilità nel contenimento dei nitrati
presenti nel profilo del suolo. Per contro, il pioppo ed il sorgo da biomassa, mostrano una buona
capacità di controllo dei nitrati con il trattamento testimone non fertilizzato, ma mostrano un
sensibile aumento di nitrati nel suolo con i trattamenti fertilizzanti. Emblematico al riguardo è il
caso del pioppo, che passa da 18 kg di azoto nitrico con il Testimone ai 53 con LB10 ai 171 con il
trattamento LB20. Più contenuti, ma comunque evidenti gli incrementi di nitrati determinati dai
trattamenti fertilizzanti sul sorgo. L’Arundo può essere quindi considerata come un eccellente
“spazzino di nitrati”, caratteristica che potrebbe essere convenientemente sfruttata in aree
vulnerabili.
Un nostro articolo, pubblicato nel 2013, ha messo in luce le ragioni per le quali l’Arundo possiede
un tasso giornaliero di crescita elevatissimo, 522 kg s.s. ha-1 giorno-1, ed una elevatissima efficienza
dell’uso della radiazione (RUE), 5.74 g s.s. MJ-1 di radiazione PAR intercettata. Infatti, l’Arundo ha
un coefficiente di estinzione della luce (k) di circa 0.3. Con k=0.3 si ottiene un miglior
irraggiamento delle foglie che si trovano al di sotto di un valore di LAI elevato. Le conseguenze di
un k=0.3 sono due: 1) la coltura riesce a mantenere un LAI elevato poiché anche le foglie poste più
in basso ricevono adeguato irraggiamento; 2) un elevato numero di foglie, tutte ben irradiate,
fornisce complessivamente un risultato molto efficiente in termini di efficienza dell’uso della
radiazione solare.
Nel 2013 è proseguita la valutazione della produttività di 22 cloni di Arundo del campo catalogo
realizzato ad Anzola dell’Emilia nel 2008. Le produzioni di sostanza secca hanno variato da un
minino di 62.3 Mg ha-1 per il clone Capo D’Orlando ad un massimo di 99.6 Mg ha-1 per il clone Asti
(Figura 1.1.2.7). In realtà, soltanto i tre cloni meno produttivi sono significativamente diversi dal
clone di Asti. In buona sostanza il nostro studio conferma la limitata variabilità genetica tra cloni di
Arundo raccolti in diverse regioni d’Italia.
Le prove di confronto tra ibridi di sorgo sono proseguite nel 2013. Le produzioni di sostanza secca
sono variate da 20.67 Mg ha-1 di TRUDAN HL a 34.44 di BULLDOZER. L’analisi statistica ha
indicato che il gruppo di ibridi BULLDOZER, B133, JUMBO, GOLIATH e B150 è statisticamente
omogeneo e superiore soltanto al gruppo dei tre ibridi meno produttivi: P.S.E. 98456, P811 e
TRUDAN HL. E’ importante sottolineare che gli ibridi BULLDOZER, B133, JUMBO e B150
hanno superato la soglia di 30 Mg ha-1 anche nel precedente anno 2012. Trattasi, con tutta evidenza
di prestazioni straordinarie per una coltura condotta senza irrigazione e con modesti apporti di
azoto.
96
Tabella 2.5.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento
2.5.1.2 Relazione sull’attività svolta
2.5.1.2.1 Effetti dell’applicazione di liquami bovini su Arundo e pioppo
Descrizione dettagliata dell’attività svolta
Nel 2013 è proseguito lo studio degli effetti delle applicazioni ripetute di liquami bovini, e di
concimi di sintesi, sulla produttività e sulle asportazioni di azoto di Arundo e pioppo.
Nel 2013, dopo cinque anni di applicazioni ripetute di liquami sulle stesse parcelle, dal 2008 al
2012, nel 2013 sono stati valutati gli effetti residui di fertilità delle applicazioni di liquami bovini su
Arundo e pioppo. Rispetto ad un testimone non fertilizzato (Testimone), è stato applicato il
trattamento di concimazione minerale (Conc. min.), ma non sono stati applicate le due dosi di
liquame bovino, rispettivamente 10 e 20 mm (LS10 e LS20). L’obiettivo è verificare, nel corso di
un biennio, se ed in quale misura applicazioni ripetute di liquami producano effetti sulla produttività
e sul contenuto di azoto di Arundo e pioppo.
Nel corso del 2013 sono state effettuate le analisi del contenuto di nitrati di campioni di terreno
raccolti nel dicembre 2013 sulle prove Arundo liquami, pioppo liquami e sorgo liquami, e su una
coltura aziendale di frumento. Le analisi hanno riguardato gli strati di terreno 0-20 cm, 20-40 cm,
40-60 cm, 60-80 cm. Dette analisi completano un triennio di indagini che hanno messo in luce una
sorprendente capacità dell’Arundo di assorbire i nitrati potenzialmente lisciviabili presenti nel
profilo del suolo.
Durante il 2013 sono stati analizzati con lo strumento LECO Truspec, per la determinazione dei
contenuti di C, H, ed N, i campioni di biomassa raccolti negli anni 2009, 2010, 2011 e 2012 (quattro
anni) sulle prove Arundo e pioppo liquami. Sulla base delle concentrazioni di azoto delle biomasse,
sono state calcolate, per la coltura di Arundo, le relazioni tra azoto applicato ed azoto assorbito
(efficienza dell’uso dell’azoto) e tra azoto applicato ed azoto assorbito dalla coltura (recupero
apparente o recovery).
97
Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi
riscontrati e soluzioni adottate per superarli
Non vi sono discordanze né sono state incontrate difficoltà.
Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale
La valutazione delle diverse relazioni esistenti tra azoto applicato, azoto assorbito dalla colture e
produzione di biomassa, costituisce un approfondimento rispetto al progetto iniziale.
Alla fine del progetto saranno disponibili i risultati di 5 anni di applicazioni ripetute di liquami
bovini su colture perenni e biomassa, integrati da un biennio di valutazione degli effetti residui di
fertilità.
Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale
Regolare stato di avanzamento
Prossimi step, con particolare attenzione alle eventuali attività previste per l’anno 2014
Nel corso del 2014 è previsto il completamento di un lavoro scientifico, già in fase di stesura, sugli
effetti delle applicazioni di liquami bovini su Arundo. Detto lavoro verrà sottoposto a rivista
internazionale.
Si prevede inoltre la divulgazione, ad uno o più convegni scientifici, di un triennio (2010-20112012) dei risultati sulla capacità di contenimento dei nitrati nel suolo da parte di colture da biomassa
ad uso energetico. La efficienza dimostrata dall’Arundo, a confronto di altre specie, riveste infatti
particolare importanza sia sotto il profilo scientifico, sia per le possibili ricadute applicative.
Relativamente alle attività sperimentali di campo, nel 2014 è previsto il completamento della
valutazione degli effetti residui di applicazioni di liquami su Arundo.
2.5.1.2.2 Studio delle caratteristiche ecofisiologiche di Arundo
Descrizione dettagliata dell’attività svolta
Nel giugno 2013 è stato ultimato e pubblicato il lavoro “Comparing radiation interception and use
efficiency for the energy crops giant reed (Arundo donax L.) and sweet sorghum (Sorghum bicolor
L. Moench)”. Detto lavoro ha messo a confronto, per la due specie: i tassi di crescita giornalieri e la
loro estensione nel tempo; la capacità della canopy di intercettare la radiazione solare foto
sinteticamente attiva; il coefficiente di estinzione della luce, quindi la distribuzione della luce
all’interno della canopy; l’efficienza con la quale le due specie convertono la radiazione solare
intercettata in biomassa utile.
Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi
riscontrati e soluzioni adottate per superarli
98
Nessuna discordanza.
Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale
La pubblicazione del lavoro su prestigiosa rivista internazionale rappresenta un miglioramento
rispetto al progetto iniziale, poiché in fase di impostazione non era possibile prevedere i risultati che
sarebbero scaturiti dallo studio.
Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale
Regolare stato di avanzamento.
Prossimi step, con particolare attenzione alle eventuali attività previste per l’anno 2014
Le attività relative a questa tematica si ritengono concluse.
2.5.1.2.3 Analisi ed individuazione della variabilità genetica e fenotipica del genere Arundo
Descrizione dettagliata dell’attività svolta
E’ proseguita la valutazione comparativa dei caratteri biometrici e produttivi dei 22 cloni di Arundo
coltivati nel campo catalogo realizzato nel 2008 presso l’Azienda sperimentale di Anzola
dell’Emilia.
Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi
riscontrati e soluzioni adottate per superarli
Nessuna discordanza né difficoltà riscontrate
Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale
Nessun approfondimento
Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale
Normale stato di avanzamento del programma iniziale
Prossimi step, con particolare attenzione alle attività previste per l’anno 2014
Le attività relative a questa tematica si ritengono concluse.
99
2.5.1.2.4 Produttività del sorgo da fibra
Descrizione dettagliata dell’attività svolta
Nel 2013 è stata svolta una prova di confronto di 12 varietà di sorgo da biomassa. La prova è stata
seminata il 14 maggio 2013. Si è trattato di una seconda semina poiché la prima semina, effettuata
nella seconda metà di aprile, ha avuto un esito insoddisfacente a causa delle avverse condizioni
meteorologiche, che hanno ostacolato l’emergenza della coltura. La prova è stata fertilizzata con 70
kg N ha-1, applicati in copertura il 31 maggio 2013. La raccolta è stata effettutata nei giorni dal 14 al
17 ottobre 2013. A differenza degli anni precedenti, nei quali la raccolta veniva effettuata in
corrispondenza della fioritura di ciascun ibrido, nel 2013 si è voluto offrire pari condizioni agli
ibridi precoci ed a quelli tardivi. Infatti, un nostro lavoro pubblicato nel corso del 2013, ha indicato
che il sorgo da biomassa ha un tasso di crescita elevato e costante durante tutta la stagione
vegetativa, che si prolunga fino ai primi di ottobre.
Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi
riscontrati e soluzioni adottate per superarli
Nessuna discordanza rispetto a quanto previsto. La difficoltà è consistita nel dover riseminare la
prova, poiché le piogge battenti del mese di aprile hanno determinato una emergenza poco
soddisfacente della coltura. E’ esperienza comune che il tallone di Achille del sorgo, è rappresentato
dal periodo compreso tra semina ed emergenza, durante il quale piogge battenti, ovvero l’assenza di
precipitazioni, possono determinare il fallimento della semina.
Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale
Un lavoro pubblicato da questa U.O. nel corso del 2013 ha permesso di approfondire la ecofisiologia del sorgo da biomassa negli ambienti della pianura Padana.
Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale
Regolare stato di avanzamento
Prossimi step, con particolare attenzione alle eventuali attività previste per l’anno 2014
Poiché le potenzialità produttive del sorgo da biomassa sono state ampiamente valutate negli anni
precedenti, non si prevede un ulteriore prolungamento delle attività sul sorgo per l’anno 2014. Le
attività relative a questa tematica si ritengono quindi concluse.
2.5.1.3 Risultati conseguiti
2.5.1.3.1 Effetti dell’applicazione di liquami bovini su Arundo e pioppo
Premessa: poiché lo studio degli effetti delle fertilizzazioni con liquame bovino su Arundo consiste
in una prova poliennale ripetuta sulle stesse parcelle sperimentali, per una migliore comprensione
dei risultati ottenuti nel corso del 2013, è necessario fare un breve excursus dei risultati ottenuti nei
100
precedenti 5 anni di ripetuta applicazione di liquami, a confronto con una dose di concimi minerali
ed un testimone non fertilizzato.
Nel periodo dal 2008 al 2012 l’applicazione di fertilizzanti ha sempre incrementato in modo
significativo le produzioni rispetto al testimone non trattato (figura 2.5.1.1). Inoltre, la dose più
elevata di liquami bovini (LB20) ha sempre permesso di conseguire un vantaggio produttivo sia
rispetto alla dose inferiore di liquame (LB20), sia rispetto al trattamento con concimi minerali
(Conc.min.).
Figura 2.5.1.1 – Arundo: effetti della applicazione di liquami bovini e di concimi minerali, a
confronto con un testimone non fertilizzato, negli anni dal 2008 al 2012
50
b
40
a
30
b
b
b
b
a
b
b
c
c
20
a
a
LB10
ab a
a
Conc.min.
Produzione s.s. (Mg ha-1)
a
a
a
b
10
2008
2009
2010
2011
LB20
Testimone
LB20
LB10
Conc.min.
Testimone
LB20
LB10
Conc.min.
Testimone
LB20
LB10
Conc.min.
Testimone
LB20
LB10
Conc.min.
Testimone
0
2012
Nel 2012 il livello delle produzioni è stato inferiore rispetto agli anni precedenti, a causa di una
forte deficit delle precipitazioni occorso nel periodo compreso tra settembre 2011 e agosto 2012,
che è stato del 45% inferiore rispetto al valore medio di 734 mm, riferito al periodo 1991-2008.
Tutto ciò premesso, e ritenuto che cinque anni consecutivi rappresentino un periodo adeguato alla
valutazione degli effetti dei liquami, si è deciso per il biennio successivo (2013 e 2014) di
proseguire lo studio valutando l’effetto residuo di fertilità dei trattamenti con liquami, conservando
ancora la fertilizzazione minerale e, ovviamente il testimone non fertilizzato.
Ebbene, i risultati del 2013 i trattamenti LB10 e LB20 hanno fornito produzioni superiori, anche se
in modo non significativo, rispetto al Testimone (Figura 2.5.1.2). Le produzioni del trattamento
Conc.min. sono statisticamente diverse rispetto al Testimone, mentre quelle dei trattamenti con
liquame non sono diversi né dal Testimone, né dalla concimazione minerale. Di particolare
101
interesse è la produzione del Testimone, che dopo sei anni fornisce ancora prestazioni di tutto
rispetto, circostanza che indica una elevata efficienza della coltura nell’assorbire azoto dal terreno.
Figura 2.5.1.2 – Arundo: valutazione dell’effetto di fertilità residua dei trattamenti liquame
bovino10 mm (LB10) e liquame bovino 20 mm (LB20) a confronto con concimazione minerale
(Conc.min.) ed un testimone non fertilizzato (Testimone). Effetti sulle produzioni di sostanza secca
nel 2013
50
a
Produzione s.s. (Mg ha-1)
ab
40
ab
b
30
20
10
0
Testimone
Conc.min.
LB10
LB20
Gli effetti osservati sulle produzioni di Arundo del 2013 trovano puntuale riscontro anche nelle
concentrazioni di azoto della biomassa. Infatti, concentrazione di azoto è più elevata nel trattamento
Conc.min., intermedia per i trattamenti LB10 ed LB20, ed inferiore per il Testimone (Figura
2.5.1.3).
102
Figura 2.5.1.3 – Arundo, anno 2013: valutazione dell’effetto di fertilità residua dei trattamenti
liquame bovino 10 mm (LB10) e liquame bovino 20 mm (LB20). Effetti sulle concentrazioni di
azoto nella biomassa
0.6
0.5
Azoto % s.s.
0.4
0.3
0.2
0.1
0
Testimone
Conc.min.
LB10
LB20
Le analisi del contenuto di N dei campioni di biomassa della prova Arundo liquami, effettuate per
le annate dal 2009 al 2012, hanno permesso di valutare le relazioni esistenti tra azoto applicato e
produzione di biomassa, e tra azoto applicato ed azoto assorbito dalla coltura.
Per quanto concerne la relazione tra azoto applicato e produzione di biomassa, è stata stimata una
efficienza dell’uso dell’azoto pari a 69.5 kg di sostanza secca prodotta per ogni kg di azoto
applicato (Figura 2.5.1.4). Questa stima si riferisce alle annate dal 2009 al 2011, nelle quali la
coltura ha usufruito di una buona disponibilità idrica. Nel 2012, invece, annata nella quale la
produttività è stata verosimilmente limitata dall’acqua, l’efficienza dell’uso dell’azoto è stata di 31
kg di sostanza secca per kg di azoto applicato (Figura 2.5.1.4).
103
Figura 2.5.1.4 - Relazione tra azoto applicato e produzione in Arundo. Delle rette di regressione
rappresenta l’efficienza dell’uso dell’azoto (NUE), che corrisponde ai kg di sostanza secca prodotta
dalla coltura per ogni kg di azoto applicato come fertilizzante. Il valore della NUE è diverso tra le
annate normali (dal 2009 al 2011) ed il 2012 che è stata un’annata molto siccitosa
Prodzione s.s. (kg ha-1)
50000
y = 69.53x + 26928
R² = 0.734
annate normali
dal 2009 al 2011
40000
30000
Testimone
Conc.min.
LB10
LB20
20000
y = 31.13x + 18789
R² = 0.552
annata arida 2012
10000
0
50
100
150
200
250
300
350
400
450
N applicato (kg ha-1)
Il rapporto tra azoto assorbito dalla coltura di Arundo ed azoto applicato come fertilizzanti è del
25%, valore che si riferisce complessivamente a tutte le annate ed a tutti i trattamenti (Figura
2.5.1.5). Di particolare interesse è il fatto che il testimone non fertilizzato asporta mediamente 80100 kg N ogni anno, e che questo valore tende a rimanere costante negli anni, malgrado la ripetuta
assenza di apporti di azoto (Figura 2.5.1.5). Tuttavia, è opportuno considerare che, in una pianta
perenne come l’Arundo, l’azoto presente nella biomassa raccolta non è necessariamente
espressione dell’assorbimento effettuato dalla coltura nel corso della stessa annata, poiché può
derivare, almeno in parte, dalla traslocazione delle riserve di azoto contenute nei rizomi, che
verosimilmente agiscono come una serbatoio di accumulo al quale la coltura attinge in caso di
necessità.
104
Figura 2.5.1.5 – Relazione tra azoto applicato ed azoto assorbito dalla coltura di Arundo. La
pendenza della retta di regressione rappresenta la frazione di azoto assorbito per ogni kg di azoto
applicato
300
y = 0.247x + 93.06
R² = 0.446
N assorbito (kg ha-1)
250
200
Testimone
Conc.min.
LB10
LB20
150
100
50
0
0
100
200
300
400
500
N applicato (kg ha-1)
Nel 2013 è stata effettuata la terza raccolta della prova pioppo liquami, che ha ricevuto trattamenti
identici alla Arundo liquami. Nel caso del pioppo, tuttavia, la raccolta della biomassa è ad intervallo
biennale, quindi la terza raccolta completa un ciclo di 6 anni. Nel 2013 la produzione del biomassa
è stata particolarmente elevata per il testimone, a dispetto del fatto che il pioppo è stato impiantato
nel 2002, ed è quindi oramai prossimo al termine del ciclo produttivo. Per contro, il vantaggio
produttivo dei trattamenti LB10 e LB20 rispetto al testimone è molto attenuato nella terza raccolta
rispetto a quanto osservato nella prima e nella seconda raccolta (Figura 2.5.1.6).
105
Figura 2.5.1.6 – Pioppo: effetti della applicazione di liquami bovini e di concimi minerali, a
confronto con un testimone non fertilizzato, negli anni dal 2008 al 2013
40
Control
Pioppo liquami
IF
Produzioni di s.s. (Mg ha-1)
LB10
30
LB20
20
10
0
2008-2009
2010-2011
2012-2013
Di particolare interesse sono i dati ottenuti dalle analisi del contenuto di nitrati nel suolo, analizzati
nel corso del 2013 su campioni raccolti nel dicembre 2012. Questi dati esperimono la quantità di
nitrati, presenti nel profilo del suolo da 0 ad 80 cm, all’inizio dell’inverno e quindi potenzialmente
lisciviabili, sulle prove Arundo liquami, sulle prove gemelle pioppo liquami e sorgo liquami, e su
una coltura di frumento (che segue frumento), che viene presa come riferimento.
Per il terzo anno consecutivo, l’Arundo ha dimostrato di possedere una particolare abilità nel
contenimento dei nitrati presenti nel profilo del suolo (Figura 2.5.1.7). Per contro, il pioppo ed il
sorgo da biomassa, mostrano una buona capacità di controllo dei nitrati con il trattamento testimone
non fertilizzato, ma mostrano un sensibile aumento di nitrati nel suolo con i trattamenti fertilizzanti.
Emblematico al riguardo è il caso del pioppo, che passa da 18 kg di azoto nitrico con il Testimone
ai 53 con LB10 ai 171 con il trattamento LB20. Più contenuti, ma comunque evidenti gli
incrementi di nitrati determinati dai trattamenti fertilizzanti sul sorgo.
Nel caso del frumento, infine, la elevata quantità di nitrati presente nel profilo è attribuibile al fatto
che la coltura viene raccolta a luglio, il terreno viene lavorato nel corso dell’estate e la
mineralizzazione dell’azoto prosegue per tutta la stagione senza che alcuna coltura assorba
attivamente nitrati dal profilo. Ebbene, rispetto a questa situazione, le colture da energia, che hanno
una prolungata attività vegetativa nel corso dell’estate, si dimostrano capaci di contenere in modo
efficace il contenuto di nitrati presente nel suolo in autunno.
Riassumendo, l’Arundo si è dimostrata molto più efficiente rispetto ad altre colture nel contenere la
quantità di nitrati presente nel profilo del suolo. Dopo aver accertato questo comportamento per tre
106
anni successivi, l’Arundo può essere considerata come un eccellente “spazzino di nitrati”,
caratteristica che potrebbe essere convenientemente sfruttata in aree vulnerabili. Per contro, il
nostro studio ha evidenziato la inopportunità ambientale di elevate applicazioni di liquami al
pioppo.
Figura 2.5.1.7 – Contenuto di nitrati nel profilo del suolo in autunno. I valori riportati si riferiscono
allo strato da 0 ad 80 cm e derivano dai valori cumulati misurati per strati di 20 cm (0.-20; 20-40,
40-60 e 60-80). I dati si riferiscono alla prova Arundo liquami, alle prove gemelle pioppo liquami e
sorgo liquami, e ad una coltura aziendale di frumento (che segue frumento), presa come riferimento
170.5
160
140
120
108.6
100
80
40
20
57.9 57.4 60.4
47.7 52.8
60
38.2
21.5 25.2 26.5 23.9 17.6
Frumento
Sorgo LB20
Sorgho LB10
Sorgo Conc.min.
Sorgo Testimone
Pioppo LB20
Pioppo LB10
Pioppo Conc. Min.
Pioppo Testimone
Arundo LB20
Arundo LB10
Arundo Conc.min.
0
Arundo Testimone
N-NO3 totale 0-80 cm (kg ha-1)
180
107
2.5.1.3.2 Studio delle caratteristiche ecofisiologiche di Arundo e sorgo da biomassa
Un nostro articolo, pubblicato nel 2013, ha messo in luce le principali differenze tra la ecofisiologia dell’Arundo e quella del sorgo da biomassa. L’Arundo ha un tasso giornaliero di crescita
elevatissimo, 522 kg s.s. ha-1 giorno-1, ed una elevatissima efficienza dell’uso della radiazione
(RUE), 5.74 g s.s. MJ-1 di radiazione PAR intercettata. Tuttavia, questi valori si combinano con una
stagione effettiva di crescita piuttosto breve, da inizio maggio ai primi di agosto. Infatti, a dispetto
di una prolungata copertura fogliare, la crescita dell’Arundo subisce un “crollo estivo” nel mese di
agosto, e la radiazione intercettata non viene, da quel punto in poi, utilizzata in modo efficiente per
la produzione di biomassa epigea. Resta da accertare se nella seconda parte dell’estate la biomassa
prodotta viene trasferita nei rizomi, ovvero se la coltura entra in una fese di stasi. Il sorgo da
biomassa, invece, ha un tasso di crescita tipico delle colture C4 che crescono in condizioni di ampia
disponibilità idrica e nutrizionale, 360kg s.s. ha-1 giorno-1, che rimangono stabili per tutta la stagione
vegetativa, fino a fine settembre. La RUE del sorgo ottenuta in questo studio è in perfetto accordo
con i valori riportati in letteratura, 3.48 s.s. MJ-1 di radiazione PAR intercettata.
Le ragioni per le quali l’Arundo, che è una specie a ciclo fotosintetico C3, ha una RUE più elevata
rispetto al sorgo, che è a ciclo fotosintetico C4, sono state chiarite dal nostro studio. Infatti,
l’Arundo ha un coefficiente di estinzione della luce (k) di circa 0.3, stimato nel nostro esperimento
(Figura 2.5.1.8). Con k=0.3 si ottiene un miglior irraggiamento delle foglie che si trovano al di
sotto di un valore di LAI elevato. Le conseguenze di un k=0.3 sono due: 1) la coltura riesce a
mantenere un LAI elevato poiché anche le foglie poste più in basso ricevono adeguato
irraggiamento; 2) un elevato numero di foglie, tutte ben irradiate, fornisce complessivamente un
risultato molto efficiente in termini di efficienza dell’uso della radiazione solare.
108
Figura 2.5.1.8 – Relazione tra il logaritmo naturale della frazione della PAR trasmessa rispetto alla
PAR incidente, e l’indice di area fogliare (LAI) della coltura. La pendenza della retta di regressione
è il valore stimato del coefficiente di estinzione della luce per l’Arundo
- Ln (PAR trasmessa/PAR incidente)
4.0
3.5
y = 0.298x
R² = 0.692
3.0
2.5
2.0
1.5
1.0
0.5
0.0
0
2
4
6
Indice di area fogliare
8
m2
10
(foglie)/m2
12
14
(suolo)
2.5.1.3.3 Analisi ed individuazione della variabilità genetica e fenotipica del genere Arundo
Nel 2013 è proseguita la valutazione della produttività di 22 cloni di Arundo del campo catalogo
realizzato ad Anzola dell’Emilia nel 2008. Le produzioni di sostanza secca hanno variato da un
minino di 62.3 Mg ha-1 per il clone Capo D’Orlando ad un massimo di 99.6 Mg ha-1 per il clone Asti
(Figura 2.5.1.9). In realtà, soltanto i tre cloni meno produttivi sono significativamente diversi dal
clone di Asti. In buona sostanza il nostro studio conferma la limitata variabilità genetica tra cloni di
Arundo raccolti in diverse regioni d’Italia. Inoltre, è opportuno sottolineare che produzioni così
elevate vengono normalmente ottenute in parcelle di piccole dimensioni, ma non sono verosimili a
livello di pieno campo. Infatti, l’Arundo trae particolare vantaggio dagli effetti di bordo, sia per la
notevole altezza della coltura, che favorisce un migliore irraggiamento delle foglie, sia per
l’ampiezza degli apparati radicali, sia in senso verticale, sia in senso orizzontale.
109
Figura 2.5.1.9 – Produzioni di sostanza secca di 22 cloni di Arundo provenienti da regioni del nord,
centro, sud Italia e da Lanzarote (Isole Canarie, Spagna)
Campo catalogo Arundo anno 2013
ab
ab
ab
80
ab
ab
ab
ab
ab
ab
ab
ab
ab
ab
ab
ab
ab
ab
b
b
b
CAPO D'ORLANDO
ab
OSIMO 2
a
BUDRIO
100
60
40
CASTELMAGGIORE
OSIMO 1
PISA
TORVISCOSA
LANZAROTE
TREBBO DI RENO
VILLA S.GIOVANNI
RUTIGLIANO
PONTECAGNANO
UMBERTIDE
AREZZO
MARINA DI BIBBONA
PIAZZA ARMERINA
S. SEVERO
FREGENE
VILLASOR
ASTI
0
FONTANE BIANCHE
20
CERVIA
Produzione s.s. (Mg ha-1)
120
2.5.1.3.4 Valutazione di germoplasma di sorgo in Pianura Padana
Le prove di confronto tra ibridi di sorgo sono proseguite nel 2013. Le produzioni di sostanza secca
sono variate da 20.67 Mg ha-1 di TRUDAN HL a 34.44 di BULLDOZER (Figura 2.5.1.10).
L’analisi statistica ha indicato che il gruppo di ibridi BULLDOZER, B133, JUMBO, GOLIATH e
B150 è statisticamente omogeneo e superiore soltanto al gruppo dei tre ibridi meno produttivi:
P.S.E. 98456, P811 e TRUDAN HL.
E’ importante sottolineare che gli ibridi BULLDOZER, B133, JUMBO e B150 hanno superato la
soglia di 30 Mg ha-1 anche nel precedente anno 2012. Trattasi, con tutta evidenza di prestazioni
straordinarie per una coltura condotta senza irrigazione e con modesti apporti di azoto.
110
Figura 2.5.1.10 – Produzione di biomassa di 12 ibridi di sorgo da biomassa ad Anzola dell’Emilia
(BO) nel 2013
40
a
a
ab
30
ab
ab
ab
b
b
b
TRUDAN HL
a
P 811
a
P.S.E. 98456
Produzione (Mg s.s ha-1)
a
20
10
ZERBERUS
S 506
B 140
HERKULES
B 150
GOLIATH
JUMBO
B133
BULLDOZER
0
2.5.1.4 Divulgazione dei risultati
Nel corso del 2013 i risultati ottenuti con il progetto BIOSEA sono stati divulgati come segue:
1. Intervista televisiva ad Enrico Ceotto del 7 gennaio 2013, su sorgo e canna comune, Focus 14, a
cura della emittente Emilia - Romagna Agricoltura, pubblicata in data 28 gennaio 2013.
Accessibile su YouTube al seguente indirizzo: http://www.youtube.com/watch?v=1_iuDOY3Zo
2. Giornata dell'innovazione presso il CRA-CIN, effettuata con il patrocinio del CRA il 13 marzo
2013. Partecipazione di Enrico Ceotto con una comunicazione orale e n.4 poster. La pagina web
della giornata dell'innovazione al CIN è accessibile al seguente indirizzo:
http://www.cracin.it/giornatainnovazione/
3. Partecipazione al convegno RAMIRAN 2013, 15th International Conference, tenutosi a
Versailles, dal 2 al 5 giugno 2013. https://colloque4.inra.fr/ramiran2013/Post-conference.
111
Elenco completo delle pubblicazioni prodotte dalla UO CRA-CIN con i risultati del progetto:
1.
Mariani C., Cabrini R., Danin A., Piffanelli P., Fricano A.; Gomarasca S.; Di Candilo M.;
Grassi F.; Soave C. (2010). Origin, diffusion and reproduction of the giant reed (Arundo donax
L.): a promising weedy energy crop. Annals of Applied Biology, 157, 2, 191-202.
2.
Di Candilo M., Ceotto E., Librenti I., Faeti V. (2010) Manure fertilization on dedicated energy
crops: productivity and energy implications. In: Claudia S.C. Marques dos Santos Cordovil,
Luis Ferreira (eds.) Proceedings of the 14th Ramiran International Conference, of the FAO
ESCORENA Network on the Recycling of Agricultural, Municipal and Industrial Residues in
Agriculture. 4 pp.
3.
Di Candilo M., Ceotto E., Del Gatto A., Mangoni L., Pieri S., Diozzi M., 2010. Valutazione
delle caratteristiche produttive ed energetico-qualitative di varietà di sorgo da fibra e da
zucchero in ambienti del Centro-nord Italia. Dal Seme, n. 3 / 10, 46-55.
4.
Ceotto E., Di Candilo M., 2010. Sustainable bioenergy production, land and nitrogen use. In:
Lichtfouse E. (ed.) Biodiversity, Biofuels, Agroforestry and Conservation Agriculture.
Sustainable Agriculture Reviews, Vol. 5, 101-122.
5.
Ceotto E., Di Candilo M., Marletto V., 2011. Canopy cover and solar radiation conversion
efficiency of the herbaceous perennial giant reed (Arundo donax L.). Proceeding of 19th
European Biomass Conference and Exhibition, From Research to Industry and Markets,
Berlin, Germany, 6-10 June 2011, 740-743.
6.
Di Candilo M., Grassi F., Ceotto E., Soave C., 2011.Assessment of Phenotypic and Genotypic
Characteristics of 22 Giant Reed Ecotypes (Arundo donax L.) of Different Regions. Proceeding
of 19th European Biomass Conference and Exhibition, From Research to Industry and Markets,
Berlin, Germany, 6-10 June 2011, 629-633.
7.
Di Candilo M., Ceotto E., 2012. Applicazione di liquami bovini alle colture dedicate da
energia: produttività, implicazioni energetiche e sul bilancio del carbonio. In: Foppa Pedretti E.,
Mengarelli C. (eds.) Atti del Convegno Attualità della Ricerca nel Settore delle Energie
Rinnovabili da Biomassa. Ancona, 16-17 dicembre 2010.
8.
Volta A., Villani G., Ceotto E., M. Di Candilo, Marletto V. 2012. ARMIDA: Modello di
accrescimento per le colture perenni da energia. Calibrazione e validazione su canna comune
(Arundo donax L.). Italian Journal of Agrometeorology, Atti del XV Convegno Nazionale di
Agrometeorologia. 29-30.
9.
Ceotto E., Di Candilo M., 2012. Perennial versus annual Energy Crops: solar radiation
interception and Use Efficiency of Miscanthus and Fiber Sorghum. Proceedings of 20th
European Biomass Conference and Exibition, 18-22 June 2012, Milan, Italy: 578-580.
112
10. Volta A., Villani G., Marletto V., Di Candilo M., Ceotto E., 2012. ARMIDA: Arundo and
Miscanthus Crop Growth Simulation Model. Proceedings of 20th European Biomass
Conference and Exibition, 18-22 June 2012, Milan, Italy: 581-583.
11. Badeck F.W., Rizza F., Soave C., Di Candilo M., Ceotto E., 2012. Leaf CO2 assimilation
Irradiance-Response of Giant Reed (Arundo donax L.). Proceedings of 20th European Biomass
Conference and Exibition, 18-22 June 2012, Milan, Italy: 574-577.
12. Di Candilo M., Ceotto E., 2012. Seasonal Dynamic of above and Belowground Dry Matter
accumulation in Giant Reed (Arundo donax L.). Proceedings of 20th European Biomass
Conference and Exibition, 18-22 June 2012, Milan, Italy: 507-510.
13. Di Candilo M., Ceotto E., 2012. Cattle slurry application on Energy crops: a sustainable
practice? Proceedings of 20th European Biomass Conference and Exibition, 18-22 June 2012,
Milan, Italy: 170-174.
14. Ceotto E., Castelli F., Di Candilo M., 2013. The perennial energy crop giant reed (Arundo
donax L.) as a soil nitrate scavenger for cattle slurry application. Proceedings of RAMIRAN
2013, 15th International conference, Versailles, 2-5 June 2013. S1.22, 4 pp.
https://colloque4.inra.fr/ramiran2013/Post-conference.
15. Ceotto E., Di Candilo M., Castelli F., Badeck F.W., Rizza F., Soave C., Volta A., Villani G.,
Marletto V., 2013. Comparing radiation interception and use efficiency for the energy crops
giant reed (Arundo donax L.) and sweet sorghum (Sorghum bicolor L. Moench). Field Crops
Research, 149, 159-166.
Questa U.O. proseguirà le attività fino al 31 dicembre 2014.
113
2.6 U.O. VI UNIFI Università di Firenze, Centro interdipartimentale di Ricerca
sulle Energie Alternative e Rinnovabili (CREAR)
Ottimizzazione delle filiere bioenergetiche per una sostenibilità economica e
ambientale
Responsabile scientifico: Prof. Francesco Martelli
2.6 U.O. VI UNIFI Università di Firenze, Centro interdipartimentale di Ricerca
sulle Energie Alternative e Rinnovabili (CREAR)
Titolo della ricerca: Ottimizzazione delle filiere bioenergetiche per una sostenibilità
economica e ambientale
Responsabile scientifico: Prof. Francesco Martelli
2.6.1
Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013)
2.6.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013
All’interno del progetto BIOSEA il ruolo del CREAR (Centro di ricerca sulle energie alternative e
rinnovabili dell’Università degli Studi di Firenze) è stato quello di stabilire ed approfondire le
correlazioni tra le diverse tipologie di biomassa coltivate sul territorio italiano e le tecnologie di
conversione ad oggi disponibili per la produzione di energia (elettrica, termica e cogenerazione). Lo
scopo del lavoro è quello di fornire un quadro sulla situazione dei biocombustibili solidi utilizzati a
scopi energetici in impianti stazionari per la produzione di energia e, allo stesso tempo, di indagare
sul potenziale uso di biomasse diverse da quelle generalmente utilizzate.
Lo studio, come previsto dal progetto, produrrà allo scadere dei tre anni un report composto da 7
capitoli, ognuno dei quali affronterà specifiche tematiche delle filiere bioenergetiche ad oggi
disponibili in Italia.
Nel corso del primo periodo sono stati conclusi i primi 4 capitoli del Report, con oggetto le seguenti
tematiche:
-
Cap 1 Analisi e selezione delle tipologie di biomassa
Cap 2 Caratterizzazione chimico-fisica delle biomasse considerate
Cap 3 Tecnologie e sistemi di pretrattamento
Cap 4 Analisi delle tecnologie di conversione
Nel corso dell’anno 2013 è stato analizzato e completato l’aspetto centrale dello studio, il Capitolo
5, incentrato sulle tecnologie di conversione più idonee alle diverse tipologie di biomassa analizzate
e, quindi, fortemente dipendente dalle considerazioni e dall’analisi fatta nei capitoli precedenti.
L’analisi degli impianti più appropriati per la conversione energetica delle biomasse risulta essere
materia fondamentale per lo sviluppo di nuove filiere energetiche che possano basarsi su biomasse
ad oggi poco considerate per questo tipo di finalità. D’altro canto gli impianti di conversione
energetica delle biomasse non risultano flessibili, in quanto sono progettati per lavorare in
determinate condizioni di utilizzo e con determinate caratteristiche della biomassa. Le biomasse,
infatti, non sono materie prime standardizzate in quanto le caratteristiche chimico-fisiche e
115
l’umidità variano sensibilmente da specie a specie. E’ bene ricordare che esistono sistemi, cosiddetti
di pretrattamento, che preparano ed, in qualche modo, uniformano il materiale vegetale da spedire
all’impianto, come ad esempio gli impianti di essiccazione, densificazione (macchine pellettizatrici,
brichettatrici, etc) e cippatura che, comunque, non influiscono sulla loro composizione chimica.
Al fine di presentare il lavoro in modo visivamente comprensibile e rapidamente consultabile, sono
state create e compilate delle tabelle in cui sono state incrociate le caratteristiche di funzionamento
degli impianti e le biomasse trattabili all’interno di essi, applicando un colore dal verde al rosso a
seconda delle problematiche e della facilità con cui la biomassa selezionata può essere processata.
Questo argomento è dunque l’oggetto del capitolo 5 che, sotto forma di tabella, incrocia le varie
tecnologie di conversione con le biomasse analizzate al fine di evidenziare le tecnologie che meglio
si adattano alle tipologie di biomassa.
Il Capitolo 6, inerente allo screening degli impianti a biomassa presenti sul territorio italiano, è
tuttora in corso a causa della non facile reperibilità di alcune informazioni utili a costituire una sorta
di database degli impianti.
Il capitolo 7, infine, riguarda le conclusioni del lavoro dei capitoli dal 1 al 5 ed è stato completato.
Tabella 2.6.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento
Stato di avanzamento
Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta
Non avviato
Avviato/ in
corso
Concluso
Attività 1 Analisi e selezione delle tipologie di biomassa
X
Attività 2 Caratterizzazione chimico-fisica delle biomasse
considerate
X
Attività 3 Tecnologie e sistemi di pretrattamento
X
Attività 4 Analisi delle tecnologie di conversione
X
Attività 5 Analisi dell’utilizzo di biomassa in impianti di
conversione termochimica
Attività 6 Screening degli impianti a biomassa sul territorio
Italiano
Attività 7 Conclusioni
X
X
X
2.6.1.2 Relazione sull’attività svolta
Attività 5 Analisi dell’utilizzo della biomassa in impianti termochimici
L’attività 5 è oggetto del quinto capitolo del Report così strutturato:
Introduzione
116
Tecnologie Di Conversione
Biomasse E Impianti Di Conversione
Combustione
Gassificazione
Pirolisi
Co-Firing
Biomasse Ligno-Cellulosiche
Pioppo (Populus Spp.)
Acacia (Robinia Pseudoacacia)
Paulownia Spp.
Eucalipto ( Eucalyptus Spp.)
Ginestra ( Spartium Junceum)
Acacia Saligna
Ricinus Comunis
Sorghum Bicolor
Canapa (Cannabis Sativa)
Cardo (Cynara Cardunculus)
Canna Comune (Arundo Donax)
Panico Verga (Panicum Virgatum)
Miscanto (Miscanthus Sinensis X Giganteus)
Saggina Spagnola (Phalaris Arundinacea)
Canna D’egitto (Saccharum Spontaneum)
Sparto (Lygeum Spartum)
Saracchio (Ampelodesmos Mauritanicus)
Erba Di Guinea (Panicum Maximum)
Sorghum Silk
117
Sorghum Almum
Sarmenti Della Vite
Potature D’olivo
Lolla Di Riso
Sanse Vergini
Stocchi Di Mais
Gusci Di Nocciola
Gusci Di Mandorla
Paglia Di Grano Tenero
Stocchi Di Girasole
Panello Proteico Di Girasole
Lista Aziende
Gassificatori Per Cogenerazione Su Piccola Scala
Sistemi Di Pirolisi
Bibliografia
Attività 6 Screening degli impianti a biomassa sul territorio italiano
L’attività 6 è stata strutturata nell’ottica di creare una sorta di database degli impianti a biomassa
presenti sul territorio italiano. L’attività, largamente avviata, è in fase di conclusione a seguito di
problematiche nate durante la raccolta delle informazioni, non facilmente reperibili.
Attività 7 Conclusioni
Le conclusioni si basano sulle considerazioni e sui dati raccolti nei capitoli precedenti e pongono
l’attenzione sulle biomasse più promettenti da utilizzare per ogni tipologia di impianto di
conversione.
2.6.1.3 Risultati conseguiti
L’attività di ricerca svolta nel corso dell’anno 2013 ha portato alla creazione di tabelle facilmente
consultabili che pongono l’attenzione sulla possibilità di utilizzare determinate biomasse in sistemi
termochimici di conversione energetica per la produzione di energia. L’individuazione delle
biomasse di interesse e la loro composizione chimico-fisica è argomento trattato nei Capitoli 1 e 2,
mentre la descrizione e l’analisi delle tecnologie esistenti per trattare la biomassa vegetale è
l’argomento trattato nei Capitoli 3 e 4.
118
Il Capitolo 5, “Analisi dell’utilizzo della biomassa in impianti termochimici”, rappresenta dunque
una sintesi delle attività precedenti e si riportano, a titolo esemplificativo, le tabelle per le tre
principali tecnologie di conversione: combustione, pirolisi e gassificazione.
Combustione
20
25
Griglia fissa
LIMITI OPERATIVI BIOMASSA IN INGRESSO
SPECIE ARBOREE
Pioppo
Robinia
Eucalipto
Paulownia
Ricino arboreo
Acacia saligna
Ginestra
Umidità: < 35%
Pezzatura:Cippato,
pellet o balle
Ceneri: limitato
●
●
●
●
●
●
●
20 23
Griglia trasportata
Umidità:< 40-55%
Pezzatura: cippato o
pellet
Ceneri: elevato
20
26
Griglia mobile
Umidità: elevata
Pezzatura:cippato o
materiale triturato
Ceneri: < 10%
20
Underfeed stoker
20
25
20
Griglia vibrante
20, 23,
24
Cigar burner
Cono rotante
19, 20, 21, 22
Letto fluido bollente
7 20
Letto fluido ricircolante
Solo erbacee
Solo erbacee
Solo erbacee
Solo erbacee
Solo erbacee
Solo erbacee
Solo erbacee
●
●
●
●
●
●
●
Particelle piccole 7
Particelle piccole 7
Particelle piccole 7
Particelle piccole
Particelle piccole
Particelle piccole
Particelle piccole
Particelle piccole
Particelle piccole
Particelle piccole
Particelle piccole
Particelle piccole
Particelle piccole
Particelle piccole
●
Densificato,
ma problemi con ceneri
Densificato,
ma problemi con ceneri
Steli mescolati a biomassa legnosa
11
17
Umidità:< 45%
Pezzatura:< 50 mm
Ceneri: < 2%
5
●
5
●
●
●
●
8
8
8
8
8
8
8
Particelle piccole
Particelle piccole
Particelle piccole
Particelle piccole
Particelle piccole
Particelle piccole
Particelle piccole
4
●
4
●
●
●
●
Con temp. di
combustione non elevate
12
Quasi esclusivamente per
biomasse legnose 8
Griglia rafreddata ad
acqua 5
SPECIE ERBACEE ANNUALI
Sorgum bicolor
Combustori batch a
piccole balle
11
Cannabis sativa
25
Steli
11
Steli
11
Quasi esclusivamente per
biomasse legnose 8
Griglia rafreddata ad
acqua 5
●
Densificato - Steli mescolati a
biomassa legnosa
10,11
Cynara cardunculus
Solo negli impianti
più grandi
Con materiale ben tritato
Con ceneri sotto il 10%
26
●
Griglia rafreddata ad
acqua
●
17
Possibilità
sinterizzazione
ceneri
Con temp. di
combustione non elevate
13
Quasi esclusivamente per
biomasse legnose
Griglia rafreddata ad
acqua 5
●
●
Con temp. di
combustione non elevate
12
Quasi esclusivamente per
biomasse legnose
Griglia rafreddata ad
acqua 6
●
Mescolato a biomassa
legnosa
Mescolato a biomassa legnosa
3
Con temp. di
combustione non elevate
1
Quasi esclusivamente per
biomasse legnose
Griglia rafreddata ad
acqua 6, 25
●
Possono insorgere problemi
di slagging 7
Possono insorgere problemi di
slagging 7
Essiccata 18
Con temp. di
combustione non elevate
13
Quasi esclusivamente per
biomasse legnose
Griglia rafreddata ad
acqua
●
Problemi agglomerazione nel
letto
Possono insorgere problemi di
slagging
Saccharum spontaneum
Con temp. di
combustione non elevate
13
Quasi esclusivamente per
biomasse legnose
●
Lygeum spartum
Con temp. di
combustione non elevate
●
Quasi esclusivamente per
biomasse legnose
●
Ampelodesmos mauritanicus
Con temp. di
combustione non elevate
●
Quasi esclusivamente per
biomasse legnose
●
Panicum maximum
Con temp. di
combustione non elevate
●
Quasi esclusivamente per
biomasse legnose
●
Sorghum silk
Con temp. di
combustione non elevate
●
Quasi esclusivamente per
biomasse legnose
●
Sorghum almum
Con temp. di
combustione non elevate
●
Quasi esclusivamente per
biomasse legnose
●
SPECIE ERBACEE POLIENNALI
Arundo donax
Panicum virgatum
Miscanthus sinensis
Phalaris arundinacea
Anche combustori batch a
piccole balle
SCARTI AGROINDUSTRIALI
Sarmenti di vite
25
●
12
●
●
Esempi non trovati
●
●
●
Potature d'olivo
●
●
12
●
●
●
●
Possibilità di slagging 9
Possibilità di slagging 9
5
●
●
Possibili problemi
agglomerazione nel letto
5
●
●
Problemi agglomerazione nel
letto 16
Problemi agglomerazione nel letto
16
Lolla di riso
Grandi impianti 2
Grandi impianti 5
2
Troppe ceneri
Sanse vergini
Previa essiccazione
3
Grandi impianti previa
essiccazione 27
Grandi impianti previa
essiccazione
Troppe ceneri
Stocchi di mais
Possibili problemi
con ceneri
2
Troppe ceneri
●
Combustori batch a
piccole balle
●
Gusci di mandorla
Ceneri bassofondenti
Ceneri bassofondenti
Ceneri bassofondenti 14
Ceneri bassofondenti
●
●
●
Gusci di nocciola
3
5
13
●
●
●
Paglia di grano tenero
5
5
5
Troppe ceneri
5
●
●
Stocchi di girasole
Possibili problemi
con ceneri
Grandi impianti
13
Troppe ceneri
●
Troppe ceneri
●
Panello proteico girasole
Con temp. di
combustione non elevate
●
Mescolato a biomassa
legnosa
Problemi agglomerazione nel
letto 15
●
Mescolato a biomassa
legnosa 5
Densificato
Problemi agglomerazione nel letto
15
Densificato
●
●
●
●
●
119
Pirolisi
18 19 20
Pirolisi*
SPECIE ARBOREE
Pioppo
Robinia
Eucalipto
Paulownia
Ricino arboreo
Acacia saligna
Ginestra
SPECIE ERBACEE ANNUALI
Sorgum bicolor
Cannabis sativa
Cynara cardunculus
14
15 16 17
Co-firing
5
5
12
7
Con carbone 9
Con lignite 2
4
Con carbone 9
Con carbone 1
Con carbone
SPECIE ERBACEE POLIENNALI
Arundo donax
Panicum virgatum
Miscanthus sinensis
Phalaris arundinacea
Saccharum spontaneum
Lygeum spartum
Ampelodesmos mauritanicus
Panicum maximum
Sorghum silk
Sorghum almum
Festuca arundinacea
SCARTI AGROINDUSTRIALI
Sarmenti di vite
Potature d'olivo
Lolla di riso
Sanse vergini
Stocchi di mais
Gusci di mandorla
Gusci di nocciola
11
6
6
4
4
13
6
Paglia di grano tenero
5
Stocchi di girasole
7
Panello proteico girasole
7
Con lignite e carbone 8
Contenuto Cl elevato 3
Con lignite
Con lignite
Con carbone, griglia fissa
(10%) 10
Con carbone
120
Gassificazione
17
18
19 20 23
Gassificatori updraft
LIMITI OPERATIVI BIOMASSA IN INGRESSO
Umidità: 60% wb
Pezzatura: 0.5-20 cm
Contenuto ceneri: <6%
Temp. Fusione ceneri: >1000°C
17 18 19 20
23
Gassificatori downdraft
Umidità: < 10-25% db
Pezzatura: 0.1-10 cm
Contenuto ceneri: <6%
Temp. Fusione ceneri: >1100°C
17 18 19 20 21
21 22
17 18 23 24 25 26
Gassificatori crossdraft
Open top downdraft
Gassificatori letto fluido bollente
Umidità: < 10-20% wb
Pezzatura: 0.5-2cm
Contenuto ceneri:
Temp. Fusione ceneri:> 1250°C
Umidità:
Pezzatura:
Contenuto ceneri:
Temp. Fusione ceneri:
Umidità: <30% wb
Pezzatura: < 5 cm
Contenuto ceneri: < 25%
Temp. Fusione ceneri: >850°C
17 18
23
24
25
26
27
Gassificatori letto fluido
ricircolante
Umidità: <50% wb
Pezzatura: < 1 cm
Contenuto ceneri: elevato
Temp. Fusione ceneri: >850°C
SPECIE ARBOREE
Pioppo
●
●
●
5
●
●
Robinia
●
●
●
●
8
8
Eucalipto
●
●
●
●
13
●
Paulownia
●
●
●
●
●
●
●
Possibili problemi per fusione
ceneri
Essiccazione difficoltosa e ceneri
elevate
●
●
Sorgum bicolor
Contenuto ceneri può essere
eccessivo
●
Problemi con ceneri
●
Tecnologia non perfezionata
Tecnologia non perfezionata
Cannabis sativa
●
9
Problemi con ceneri
●
Tecnologia non perfezionata 10
Tecnologia non perfezionata 10
Cynara cardunculus
Ceneri e K solitamente troppo
elevate 11
Ceneri e K solitamente troppo
elevate 11
Ceneri troppo elevate●
Ceneri possibilmente troppo
elevate 1
Ceneri possibilmente troppo
elevate 1
●
Contenuto ceneri può essere
eccessivo
Problemi con ceneri
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Problemi con ceneri
Tecnologia commercialmente non
perfezionata 15
Tecnologia commercialmente non
perfezionata 15
9
Problemi con ceneri
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Ricino arboreo
Acacia saligna
Ginestra
SPECIE ERBACEE ANNUALI
SPECIE ERBACEE POLIENNALI
Arundo donax
Panicum virgatum
5
Miscanthus sinensis
●
Problemi con ceneri
Phalaris arundinacea
●
Problemi con ceneri
Problemi con ceneri
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Saccharum spontaneum
●
Contenuto ceneri può essere
eccessivo
Problemi con ceneri
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Lygeum spartum
●
Problemi con ceneri
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Ampelodesmos mauritanicus
●
Problemi con ceneri
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Panicum maximum
Problemi con ceneri
Problemi con ceneri
Problemi con ceneri
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
●
Contenuto ceneri può essere
eccessivo
Problemi con ceneri
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
●
Contenuto ceneri può essere
eccessivo
Problemi con ceneri
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Problemi con ceneri
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Problemi con ceneri
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Problemi con ceneri
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Problemi con ceneri
2
Contenuto ceneri può essere
eccessivo
Contenuto ceneri può essere
eccessivo
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Sorghum silk
Sorghum almum
Festuca arundinacea
SCARTI AGROINDUSTRIALI
Sarmenti di vite
Potature d'olivo
Lolla di riso
●
3
11
Contenuto ceneri può essere
eccessivo
Problemi con ceneri
Sanse vergini
5
Problemi con ceneri
●
Stocchi di mais
Essiccati e densificati
3
Problemi con ceneri
5
16
16
Gusci di mandorla
●
3
●
●
Gusci ricchi d'olio da evitare
Gusci ricchi d'olio da evitare
●
Gusci di nocciola
12
6
●
Gusci ricchi d'olio da evitare
Gusci ricchi d'olio da evitare
Paglia di grano tenero
●
3
Problemi con ceneri
Pellettizata 14
Possibili problemi con ceneri
Stocchi di girasole
Problemi con ceneri
Problemi con ceneri
Problemi con ceneri
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Problemi con ceneri
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Tecnologia commercialmente non
perfezionata
Panello proteico girasole
2.6.1.4 Divulgazione dei risultati
I risultati ottenuti sono stati presentati ai partner del progetto per illustrare il lavoro svolto.
Si è provveduto, inoltre, ad inviare la versione delle tabelle allegate al secondo capitolo: vari studi
in ambito agronomico che gli altri partner del progetto hanno condotto o stanno conducendo
dovrebbero dare loro l’opportunità di completare parte dei dati mancanti, rafforzando le dinamiche
di collaborazione proprie del progetto e rendendo disponibili dati aggiornati e specifici per il
panorama italiano. Per la fine del lavoro è prevista una pubblicazione in atti di convegno sulle
bioenergie.
121
122
DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE,
ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI –
UNIVERSITA’ DI PISA
2.7
U.O. VII UNIPI Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agroambientali - DiSAAA-a (ex Dipartimento di Agronomia e Gestione
dell’Agroecosistema - DAGA) - Università di Pisa
Riduzione degli input colturali in Helianthus annuus, Brassica napus e Brassica
carinata destinate alla produzione di bio-carburanti
Responsabile scientifico: Prof. Marco Mazzoncin
DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE,
ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI –
UNIVERSITA’ DI PISA
2.7 U.O. VII UNIPI Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agroambientali - DiSAAA-a (ex Dipartimento di Agronomia e Gestione
dell’Agroecosistema - DAGA) - Università di Pisa
Titolo della ricerca: Riduzione degli input colturali in Helianthus annuus, Brassica napus e
Brassica carinata destinate alla produzione di bio-carburanti
Responsabile scientifico: Prof. Marco Mazzoncini
2.7.1
Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013)
2.7.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013
La U.O. DiSAAA-a – Pisa (ex DAGA) ha partecipato al Progetto Biosea principalmente attraverso
2 attività di campo: la prima ha riguardato lo studio della produttività delle brassicacee (sub TASK
1.2.1) e la seconda, l’influenza di agrotecniche differenziate sulla produttività di Helianthus annuus,
Brassica napus e Brassica carinata (sub TASK 1.2.3); la seconda attività si è articolata in due
diverse esperienze: una realizzata nell’ambito di una ricerca di lungo periodo in corso dal 1993
presso il Centro di Ricerche Agro-Ambientali “Enrico Avanzi” dell’Università di Pisa (CiRAA), e
l’altra inserita nella sperimentazione aziendale condotta dall’Azienda Agricola Martello di Cenaia
(PI) che da tempo collabora con il CiRAA. Entrambe le esperienze hanno posto a confronto due
sistemi di gestione colturale che si differenziano per un diverso livello di impiego di mezzi tecnici e
quindi di energia immessa nel sistema (diverse tecniche di lavorazione principale del suolo, impiego
di colture di copertura, diverso livello di anticipazione dei nutrienti e modalità di controllo della
flora infestante). Le due strategie produttive destinate alle colture di girasole, colza e brassica
carinata (quest’ultima coltivata soltanto nei campi sperimentali dell’Università di Pisa) sono state
identificate come sistema a basso impiego di mezzi tecnici o “low input” e sistema convenzionale,
riflettendo quest’ultimo, le strategie e le tecniche adottate convenzionalmente dalle aziende della
regione. Mentre le attività di campo riconducibili alla sub TASK 1.2.3 si sono concluse con le
raccolte 2012 avendo avuto inizio nel 2009 (triennio di ricerca 2009-2010, 2010-2011 e 20112012), le attività di campo relative alla sub TASK 1.2.1. si sono protratte anche nel 2013 visto che
per questa tematica le attività erano iniziate con le semine del 2010 (raccolta 2011) e non avevano
prodotto apprezzabili risultati a seguito del fallimento della prima annata (2010-2011) e del parziale
fallimento della seconda (2011-2012) realizzata in doppia epoca di semina. Di conseguenza nel
corso del 2013 le attività della UO si sono concentrate nella elaborazione dei risultati ottenuti nel
triennio relativamente alla sub TASK 1.2.3. e alla conduzione della prova di campo relativa alla sub
TASK 1.2.1. Quest’ultima ricerca ha potuto evidenziare la differente capacità produttiva delle due
specie saggiate, B. napus e B. carinata e le differenze, anche sostanziali, tra i genotipi di B. carinata
saggiati, sia in termini di capacità produttiva che di precocità.
DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE,
ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI –
UNIVERSITA’ DI PISA
Tabella 2.7.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento
Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta
Stato di avanzamento
Non avviato
Avviato/ in corso
Concluso
WP1 – task 1.2 – sub task 1.2.1
X
WP1 – task 1.2 – sub task 1.2.3
X
WP3 – task 3.4
X
2.7.1.2 Relazione sull’attività svolta
Descrizione dettagliata dell’attività svolta
- sub TASK 1.2.1 - Anche nel 2012-13 è stato impostato un confronto varietale tra genotipi diversi
di Brassica carinata che sono stati posti a confronto, in semina autunnale e primaverile (fine
inverno), con un ibrido di colza tra i più produttivi. Il confronto varietale realizzato nel 2012-13
ha interessato i seguenti genotipi: Selezioni 1, 2, (varietà di Brassica carinata in via di
costituzione), ISCI 7, CT 180, CT 207 (varietà di Brassica carinata commercializzate da Agrium
Italia S.p.A.); PR46WR10 (ibrido di colza commercializzato da Pioneer seeds); quest’ultima
accessione è stata inserita nel confronto come termine di riferimento essendo considerata, anche
in molti ambienti dell’Italia Centrale, tra le migliori dal punto di vista produttivo. Il confronto
varietale è stato realizzato presso il Centro di Ricerche Agro-Ambientali “Enrico Avanzi”
(CiRAA) dell’Università di Pisa su terreni pianeggianti di medio impasto tendenzialmente
limosi. Le accessioni, saggiate sia in semina autunnale che primaverile, sono state studiate
secondo uno schema sperimentale di campo a parcella suddivisa con quattro replicazioni;
parcelle elementari di 21m2. La tecnica colturale seguita per la realizzazione del confronto
varietale del 2012-13 è riportata in tabella 2.
- sub TASK 1.2.3 – Nel corso del 2013 le attività riconducibili alla sub TASK 1.2.3 si sono
concentrate sull’elaborazione dei risultati delle prove di campo realizzate nel triennio 2009-2010,
2010-2011 e 2011-2012, sia presso il CiRAA che presso l’Azienda Martelli, e nella prosecuzione
delle analisi chimiche delle biomasse vegetali ottenute nel precedente triennio di ricerca.
125
DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE,
ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI –
UNIVERSITA’ DI PISA
Tabella 2.7.1.2 - CIRAA – Confronto varietale Brassica carinata: calendario delle operazioni
colturali del 2012-2013
Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi
riscontrati e soluzioni adottate per superarli – Il confronto varietale realizzato nel 2012-13 si è
articolato su due epoche di semina diverse (autunnale e di fine inverno) rispetto all’unica epoca
prevista dal progetto. Con questo si è cercato di compensare la mancanza di informazioni sulla
tematica, generata dal fallimento del confronto varietale del 2010-2011 (a semina esclusivamente
autunnale) e dal parziale insuccesso del confronto realizzato in doppia epoca di semina nel 2011-12.
Eventuali miglioramenti o approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale – Niente da
segnalare
Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale – Non si rileva alcun scostamento
rispetto al programma iniziale delle attività.
Prossimi step, con particolare attenzione alle attività previste per l’anno 2014 – Nel corso del 2014,
i dati raccolti nel triennio saranno oggetto di un’analisi cumulata e, nel caso dei risultati ottenuti in
ambito sub TASK 1.2.3, ulteriormente rielaborati al fine di evidenziare le ricadute agro-ambientali e
economiche collegate alle strategie produttive (convenzionali e low-input) applicate alle due specie.
Sempre nel corso del 2014 è previsto il completamento delle analisi chimiche delle biomasse
raccolte nei trienni dalle attività di campo e delle analisi qualitative delle granelle di colza e
girasole.
2.7.1.3 Risultati conseguiti
- sub TASK 1.2.1 - L’andamento stagionale dell’autunno-inverno 2012 e della primavera 2013 si è
contraddistinto per la prolungata piovosità che, nell’ambiente di prova, ha svantaggiato le semine
autunnali (a causa del protrarsi di condizioni di saturazione idrica del suolo caratterizzato anche
da falda molto superficiale) e avvantaggiato le cultivar in semina primaverile che non hanno
126
DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE,
ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI –
UNIVERSITA’ DI PISA
risentito delle condizioni di stress idrico e termico che nella zona si verificano spesso già nel
mese di maggio. Dal punto di vista produttivo l’epoca di semina autunnale è stata comunque la
migliore facendo segnare un incremento della produzione granellare di circa il 25%. Nell’ambito
della semina autunnale, l’ibrido di Brassica napus PR46WR10 ha fornito le maggiori rese in
granella (2,45 t/ di s.s./ha); risultati produttivi paragonabili sono stati ottenuti anche da CT207 e
CT180, entrambe, come PR46WR10, di ciclo medio-tardivo. Nell’ambito delle selezioni
saggiate la Sel.1 è apparsa quella più interessante (a conferma dei risultati ottenuti in precedenti
esperienze). E’ interessante osservare che in genere la biomassa costituita dai residui colturali è
risultata tendenzialmente superiore in Brassica carinata (in media +6% con punte del 62% nel
caso della cultivar CT207). A differenza di quanto osservato nel 2012, in semina primaverile (di
fine inverno), le accessioni di Brassica carinata saggiate non hanno manifestato una maggiore
“primaverilità” rispetto alla PR46WR10, determinando quindi cali produttivi non
significativamente diversi da quelli registrati per B. napus (-24%); rispetto a questo “trend”
generale sono state evidenziate forti variazioni tra i genotipi di B. carinata saggiati: da -13% a 31%.
- sub TASK 1.2.3 – L’elaborazione dei dati raccolti nel corso del triennio 2009-2010, 2010-2011 e
2011-2012 ha permesso di evidenziare i punti di forza e di debolezza connessi all’applicazione
dei sistemi di coltivazione a basso impiego di mezzi tecnici su colza e girasole (per maggiori
dettagli vedere la sezione 1.2.2).
2.7.1.4 Divulgazione dei risultati
I risultati ottenuti non sono stati ancora utilizzati come base per pubblicazioni di carattere
scientifico e/o divulgativo; essi sono stati però presentati pubblicamente nel corso di una giornata di
studio dal titolo “Brassicacee idonee per biodiesel – Sintesi dei risultati agronomici” organizzata
dalla UO Padova e tenutasi il 18 giugno 2013 a Agripolis (PD).
2.7.2
Sintesi delle attività svolte dall’unità operativa nel corso del triennio
2.7.2.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati di progetto
Le attività programmate dalla U.O. Pisa, si sono articolate nel triennio 2010-11,-2011-12 e 2012-13
per quanto riguarda le ricerche riconducibili alla sub TASK 1.2.1 (produttività delle brassicacee)
mentre per quelle relative alla sub-TASK 1.2.3 (tecniche colturali), essendosi avviate già nel 2009,
il triennio di riferimento è risultato il 2009-10,-2010-11 e 2011-12. Quindi, nel corso del 2013 si è
provveduto a concludere le attività di campo relative alla sub TASK 1.2.1 e, nell’ambito della sub
TASK 1.2.3, a analizzare i risultati ottenuti nel triennio e a completare le analisi chimiche dei
campioni di biomassa ottenuti dalle attività di campo ormai concluse.
Per quanto riguarda la sub TASK 1.2.1 (imperniata sul confronto produttivo, in semina autunnale e
primaverile, tra un test, rappresentato da una cultivar di Brassica napus notoriamente produttiva, e
diversi genotipi di Brassica carinata), il primo dei tre anni di studio non ha prodotto risultati
apprezzabili, soltanto gli ultimi due hanno evidenziato la maggiore capacità produttiva di Brassica
127
DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE,
ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI –
UNIVERSITA’ DI PISA
nupus rispetto a Brassica carinata nelle migliori condizioni di crescita; i risultati ottenuti
evidenziano anche significative differenze di capacità produttiva tra i genotipi di brassica carinata
saggiati e la loro maggiore propensione a semine primaverili.
Relativamente alla sub TASK 1.2.3 (basata sullo studio della risposta produttiva di girasole e
Brassica napus a sistemi colturali a basso input applicati a uno schema rotazionale rigido e di lungo
periodo – attività condotta presso il Centro di Ricerche Agro-ambientali “Enrico Avanzi”- e a uno
schema libero tipico delle aziende della regione – attività condotta presso l’Azienda Agricola
Martello Nadia di Cenaia (Pisa), i risultati del triennio hanno evidenziato la possibilità di ricorrere
proficuamente alla “strategia low input” sia per il girasole che il colza e la brassica carinata. In
relazione alla tecnica di impianto e alle condizioni climatiche, in regime di basso input le rese
granellari delle colture hanno subito flessioni variabili (da inapprezzabili a consistenti) che hanno
condizionato in modo meno che proporzionale il loro risultato economico che talvolta è risultato
anche superiore a quello conseguito con sistemi produttivi convenzionali (soprattutto per il colza).
2.7.2.2 Risultati conseguiti
sub TASK 1.2.1 - Dei tre anni di studio soltanto il 2011-12 e il 2012-13 hanno prodotto risultati
apprezzabili a seguito del fallimento della prima annata di prova (2010-2011). Nel corso degli
ultimi 2 anni il confronto tra genotipi di B. carinata è avvenuto sia in epoca di semina autunnale
che primaverile. I dati dell’ultimo biennio confermano la maggiore potenzialità produttiva di B.
napus anche se alcune accessioni di B. carinata si sono collocate sullo stesso livello di produzione.
In condizioni di crescita sub-ottimali, B. carinata si è dimostrata maggiormente in grado di superare
stress legati a ristagni idrici superficiali e sottosuperficiali, alte temperature e stress idrici. Le
cultivar di B. carinata saggiate hanno evidenziato anche una maggiore “alternatività” di B. napus
quando, in epoca di semina primaverile, l’emergenza non è stata rapida (2012).
sub TASK 1.2.3 - Di seguito verranno illustrati i risultati del triennio di attività separatamente per le
colture del girasole e colza.
Girasole – La tecnica di coltivazione “low input” del girasole si è differenziata nei due siti di
studio: più in sintonia con i principi dell’agricoltura conservativa e mirata a una estrema
semplificazione della preparazione del terreno nel caso dei campi sperimentali dell’Università di
Pisa, e moderatamente semplificata nel caso dell’Azienda agricolo Martello (tabelle 2.7.2.1 e
2.7.2.2). In entrambi i siti sperimentali si era ritenuto opportuno far precedere la coltura del girasole
da una cover crop leguminosa allo scopo di mantenere il terreno coperto in autunno-inverno,
organicare carbonio e fornire azoto alla composita nella primavera-estate successiva alla sua
devitalizzazione. La cover crop prescelta è stata la Vicia villosa nel caso del CiRAA e la Vicia
sativa nel caso dell’Azienda Martello; in entrambi i casi coltivate in purezza (ad eccezione del 3°
anno al CiRAA). Per l’impianto della cover, avvenuto sempre nel mese di settembre, al CiRAA è
stata impiegata una lavorazione minima con erpice a dischi e successivo passaggio con erpice
rotativo mentre nell’Azienda privata è stata effettuata una discissura a circa 35 cm con i successivi
affinamenti del letto di semina realizzati con erpici. Per il sistema convenzionale la tecnica di
riferimento è stata l’aratura nel caso dell’Azienda Martello e la discissura per il CiRAA (entrambe
alla profondità di 35 cm). Per quanto riguarda la concimazione, nel sistema convenzionale sono stati
128
DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE,
ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI –
UNIVERSITA’ DI PISA
apportati NPK in ragione delle asportazione complessive attese sulla base di un obiettivo produttivo
prefissato in considerazione delle esperienze maturate nell’ambiente di coltivazione; nel sistema
low input si è fatto riferimento alle asportazioni operate dalla sola granella ridotte, nel caso
dell’azoto, del quantitativo di azoto ipoteticamente apportato dalla veccia in precessione (65-81
kg/ha). Il controllo della veccia e delle piante infestanti è avvenuto sempre per mezzo di erbicidi e
la semina del girasole in tutti i casi è avvenuta con seminatrici da sodo.
I risultati produttivi ottenuti presso il CiRAA sono riportati in tabella 2.7.2.3, e evidenziano
significative riduzioni delle rese granellari del girasole coltivato nel sistema low input (-39, 32 e
69% rispettivamente nel 2010, 2011 e 2012). Le scarse performance del girasole su sodo possono
attribuirsi alla più frequente predazione dei semi e delle plantule da parte degli uccelli selvatici
(2010 e 2011). Il pessimo risultato del 2012 è da imputarsi, invece, al diverso itinerario tecnico
seguito quell’anno (particolarmente siccitoso in inverno) nei due sistemi: a differenza di una semina
tempestiva (ai primi di aprile) del girasole convenzionale, nel sistema low-input la scarsa piovosità
invernale ha indotto uno scarso sviluppo della veccia che ha suggerito di procrastinare la semina su
sodo del girasole che (a cause delle sopraggiunte piogge primaverili) potrà essere effettuata soltanto
il 30 maggio in presenza di una eccessiva biomassa della cover (che nel frattempo aveva proseguito
la sua crescita). Ciò ha determinato un cattivo contatto seme terreno e quindi una scarsa
germinazione in campo con ovvie ricadute sulla produttività finale della coltura.
I risultati ottenuti presso l’Azienda Martello (tabella 2.7.2.4) sono stati più confortanti evidenziando
un significativo calo produttivo del girasole low-input soltanto nel 2011 (-50%); nel 2010 la
flessione produttiva è stata del 5% (su livelli di produzione di circa 3.1 t di granella secca per ha),
mentre nel 2012 si è assistito perfino ad un incremento della resa granellare di circa il 18%. La
bassa produttività del girasole low-input del 2011 trova ragione nelle difficoltà di emergenza della
coltura dovute alla eccessiva produzione di biomassa della cover che ha reso difficoltoso
l’interramento della stessa e, in fase di semina, l’intimo contatto tra seme e terreno. Di contro, il
buon risultato produttivo del 2012 è da ascriversi sia alla mancanza di ogni interferenza negativa
indotta dalla cover crop (che per scelta aziendale non è stata coltivata nel 2011-12) sia alla migliore
emergenza rilevata su terreno sodo da imputarsi, in un’annata eccezionalmente siccitosa, alla
migliore conservazione dell’umidità del letto di semina rispetto alle condizioni verificatesi nel
sistema convenzionale nel quale l’aratura è stata eseguita a fine marzo.
Colza – Rispetto al girasole, la tecnica di coltivazione “low input” e quella “convenzionale”
adottate per il colza non si sono differenziate sostanzialmente nei due siti di studio (tabelle 2.7.2.5 e
2.7.2.6). Sia al CiRAA che nell’Azienda Martello, il sistema low-input si è caratterizzato per
l’impiego della lavorazione minima per la preparazione del letto di semina della brassicacea, il
reintegro delle asportazioni operate dalla sola granella al lordo di eventuali apporti di azoto da
leguminose in precessione diretta (favino nel caso del CiRAA).
I risultati produttivi relativi al triennio 2009-10, 2010-11 e 2011-12, sono riportati nelle tabelle
2.7.2.7 e 2.7.2.8. Nel caso della sperimentazione condotta al CiRAA (tabella 2.7.2.7), nei primi due
anni di ricerca, il passaggio dal sistema convenzionale a quello low-input non ha determinato
significative alterazioni della capacità produttiva della brassicacea (+6% nel 2010 e 0% nel 2011)
mentre nel 2012, nel sistema a basso impiego di mezzi tecnici si è assistito a una riduzione della
129
DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE,
ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI –
UNIVERSITA’ DI PISA
resa granellare del 47%. L’annata in questione si è caratterizzata per la scarsissima piovosità
invernale ed estiva che ha condizionato negativamente l’efficacia del diserbo di pre-emergenza e
conseguentemente la flora infestante si è sviluppata in modo rapido e aggressivo facendo registrare
(a raccolta) una biomassa secca superiore a quella della coltura di colza. In merito a questo effetto,
si deve ricordare che l’appezzamento sul quale è stata realizzata la ricerca, è gestito dal 1993
secondo tecniche di lavorazione semplificata che hanno determinato, nel tempo, un accumulo di
semi infestanti nello strato più superficiale del terreno; in queste condizioni e in assenza di
sistematici interventi di riduzione della seed-bank (false semine), il mancato controllo chimico della
flora infestante può determinare intollerabili fenomeni di competizione con la coltura come quello
registrato nel corso del 2011-12.
I risultati ottenuti dall’Azienda agricola Martello (tabella 2.7.2.8), hanno evidenziato la superiorità
del sistema “high-input” rispetto al sistema “low-input” in termini produttivi. I decrementi
produttivi del colza “low-input” osservati nel triennio sono stati del 21, 22 e 11% rispettivamente
nel 2009-10, 2010-11 e 2011-12. Sotto questo aspetto i risultati ottenuti presso l’Azienda privata
differiscono profondamente da quelli ottenuti presso il Centro di Ricerche dell’Università di Pisa
non tanto perché le rese granellari del sistema low-input siano risultate più basse di quelle osservate
al Centro ma semplicemente perché il livello produttivo del sistema convenzionale è stato sempre
decisamente elevato per l’ambiente di riferimento (3,2 t ss/ha in media). Probabilmente la quantità
di azoto appartato nel sistema low-input non ha trovato sufficiente integrazione con altro N da
leguminose in precessione a differenza di quanto avvenuto al CiRAA dove per motivi di ricerca, la
precessione è sempre stata rappresentata da favino.
2.7.2.3 Divulgazione dei risultati
I risultati ottenuti non sono stati ancora utilizzati come base per pubblicazioni di carattere
scientifico e/o divulgativo; essi sono stati però presentati pubblicamente nel corso di una giornata di
studio dal titolo “Brassicacee idonee per biodiesel – Sintesi dei risultati agronomici” organizzata
dalla UO Padova e tenutasi il 18 giugno 2013 a Agripolis (PD).
130
DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE,
ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI –
UNIVERSITA’ DI PISA
Tabella 2.7.2.1 - Caratterizzazione dell’agrotecnica del girasole nei due sistemi studiati presso il
Centro di Ricerche Agro-Ambientali “Enrico Avanzi” (CiRAA) - Università di Pisa
Tabella 2.7.2.2 - Caratterizzazione dell’agrotecnica del girasole nei due sistemi studiati presso
l’Azienda Agricola Martello Nadia (Cenaia – Pisa)
131
DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE,
ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI –
UNIVERSITA’ DI PISA
Tabella 2.7.2.3 - Girasole, aspetti produttivi - Centro di Ricerche Agro-Ambientali “Enrico
Avanzi” (CiRAA) - Università di Pisa
Tabella 2.7.2.4 - Girasole, aspetti produttivi - Azienda Agricola Martello Nadia (Cenaia – Pisa)
132
DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE,
ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI –
UNIVERSITA’ DI PISA
Tabella 2.7.2.5 - Caratterizzazione dell’agrotecnica del colza nei due sistemi studiati presso il
Centro di Ricerche Agro-Ambientali “Enrico Avanzi” (CiRAA) - Università di Pisa
Tabella 2.7.2.6 - Caratterizzazione dell’agrotecnica del colza nei due sistemi studiati presso
l’Azienda Agricola Martello Nadia (Cenaia – Pisa)
133
DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE,
ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI –
UNIVERSITA’ DI PISA
Tabella 2.7.2.7 - Colza, aspetti produttivi - Centro di Ricerche Agro-Ambientali “Enrico Avanzi”
(CiRAA) - Università di Pisa
Tabella 2.7.2.8 - Colza, aspetti produttivi - Azienda Agricola Martello Nadia (Cenaia – Pisa)
134
2.8 U.O. VIII SSSA Scuola Superiore Sant’Anna
Problematiche della messa a punto delle tecniche agronomiche in rapporto alla
riduzione dei costi di produzione
Responsabile scientifico: Prof. Enrico Bonari
135
2.8
U.O. VIII SSSA Scuola Superiore Sant’Anna
Titolo della ricerca: Problematiche della messa a punto delle tecniche agronomiche in rapporto alla
riduzione dei costi di produzione
Responsabile scientifico: Prof. Enrico Bonari
2.8.1
Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013)
2.8.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013
Nell’anno 2013 le attività della U.O. Sant’Anna hanno riguardato la prosecuzione delle
sperimentazione su impianti in atto da alcuni anni (SRF e ARUNDO).
Per quanto riguarda la SRF di pioppo è proseguita la sperimentazione sui due cloni Monviso e AF2
oggetto di confronto in base a tre livelli irrigazione su due tipi diversi di suolo. Il dato presentato si
riferisce alla seconda utilizzazione avvenuta a fine inverno 2013. Naturalmente il ciclo teorico di
10/12 anni non consente di tirare delle conclusioni, ma i risultati presentati evidenziano delle
interessanti differenze in merito ai cloni sui diversi trattamenti. In particolare si evidenzia
l’importanza della tipologia di suolo che conferma la preferenza di questa specie per terreni freschi
e di medio impasto; la differenza osservata, nella tesi non irrigata, fa registrare una differenza di
oltre 15 t ss/ha anno a favore del terreno franco rispetto all’altro.
Per l’Arundo Donax, l’U.O. si è concentrata sullo studio delle epoche di taglio con l’obiettivo di
valutarne: 1) le attitudini al ricaccio estivo e 2) le potenzialità nell’utilizzo come substrato per la
produzione di Biogas. Negli ultimi anni, infatti, il proliferare di impianti di digestione anaerobica
sul territorio nazionale, anche in aree poco vocate alla coltivazione di mais, ha spinto la ricerca allo
studio di substrati alternativi al silo mais, che attualmente è il più utilizzato.
Per valutare il possibile impiego della canna comune in questo settore si è ritenuto interessante
anche valutare l’effetto della doppia raccolta sulle caratteristiche della biomassa, sul suo BMP
(Biochemical Methane Potential), e sulle rese potenziali in biogas ottenibili da un ettaro coltivato.
Dai primi risultati la doppi raccolta consente di ottenere produzioni pari a quelle derivanti da
un'unica raccolta a fine ciclo e i caratteri giovanili delle piate tagliate sottoposte a tagli frequenti
sembrerebbero determinare degli incrementi di resa in bimetano ad ettaro fino al +40% rispetto a
quanto ottenibile da un singolo taglio.
In tal senso presentiamo i risultati di due sperimentazioni. La prima è stata finalizzata alla risposta
produttiva a diverse epoche e frequenze di taglio. I risultati hanno evidenziato appunto che ad una
buona resa quantitativa è possibile abbinare una maggiore produzione di biomassa fermentescibile,
nello specifico le foglie.
La seconda sperimentazione, invece, ha posto a confronto la dinamica e la produzione in biometano
dell’Arundo raccolta in diverse epoche e confrontate con il mais da insilato, attraverso una prova di
136
digestione condotta in batch. I risultati ottenuti hanno permesso di evidenziare che fino alla fine di
agosto la biomassa fresca prodotta da Arundo donax ha un potenziale metanigeno paragonabile a
quello del mais insilato, ma anche che, la cinetica della produzione del metano è comunque diversa
da quella silo mais, per una la più alta resistenza alla fermentazione, soprattutto nelle fasi iniziali
della digestione.
Tabella 2.8.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento
Stato di avanzamento
Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta
Non avviato
Sub task 1.1.1 - Valutazione cloni o ibridi di specie SRF
Sub task 1.1.4 – Produttività Arundo
2.8.2
Avviato/ in
corso
Concluso
X
X
Relazione sull’attività svolta
2.8.2.1 Valutazione cloni o ibridi di specie SRF (sub task 1.1.1)
Si riporta per completezza espositiva un sunto della descrizione della sperimentazione su SRF di
pioppo già descritta lo scorso anno.
Due cloni commerciali (Monviso e AF2) di pioppo sono stati sottoposti a tre differenti regimi
d’irrigazione: 100% e 50% del reintegro dell’evapotraspirazione potenziale e nessun apporto
irriguo. Questa impostazione è stata eseguita in due aree sperimentali caratterizzate da due differenti
tipologie di suolo (franco vs sabbioso-franco). L’impianto è stato realizzato nel 2009 con una
densità di 7400 piante ad ettaro (2.7 x 0.5 m). I fattori clone e trattamento irriguo sono stati replicati
(24 parcelle complessivamente) in entrambi i tipi di suolo. Il turno di taglio è biennale.
Sono stati effettuati rilievi mensili durante la stagione vegetativa per la stima della sopravvivenza,
dell’altezza e del diametro dei fusti. Contemporaneamente è stata determinata la produzione di
biomassa aerea e la sua ripartizione (foglie, rami e fusti), attraverso campionamenti distruttivi di 4
piante per combinazione di fattori.
L’obiettivo della sperimentazione è la determinazione della produttività di SRF di pioppo e l’analisi
di crescita della coltura in condizioni differenti di suolo ed apporto idrico, al fine di migliorare le
conoscenze circa le possibilità di adattamento della coltura e di determinare parametri di crescita ai
fini modellistici.
137
Figura 2.8.2.1 – Schema cronologico dei cicli di taglio per ciascuno dei due tipi di suolo
2.8.2.2 Valutazione su sperimentazione della canna comune in campo (sub task 1.1.4)
La sperimentazione della canna comune in campo è stata eseguita presso il Centro di Ricerche
Agro-Ambientali Enrico Avanzi (CIRAA) a San Piero a Grado, Pisa. La coltura è stata impiantata
utilizzando rizomi nel 2006. Lo schema sperimentale che è stato realizzato è stato quello
completamente randomizzato (Completely Randomized Design, CRD) disponendo una parcella
suddivisa in unità sperimentali (3 x 2 m). I prelievi per caratterizzare le rese in biomassa sono stati
eseguiti in tre epoche diverse durante la stagione vegetativa e una doppia raccolta per le prime due
epoche (n = 3):
-
I taglio (A1): raccolta eseguita il 26/06/2013;
-
II taglio (A2): raccolta eseguita il 15/07/2013;
-
III taglio (A3): raccolta eseguita il 25/10/2013;
-
IV taglio (A4): gennaio 2014
-
I ricrescita (RA1): raccolta eseguita il 25/10/2013;
-
II ricrescita (RA2): raccolta eseguita il 25/10/2013.
Ciascun prelievo, uno per parcella, che rappresentava la replica sperimentale, ha interessato un’area
di 0,5 m2, scegliendo piante che avessero svolto la loro crescita nel naturale ombreggiamento
colturale, evitando le file esterne della parcella o la vicinanza a vuoti lasciati da prelievi precedenti.
Su ciascun campione è stato misurato il peso totale della sostanza secca ed effettuata la ripartizione
foglie-steli in sottocampioni, nello specifico 10 culmi.
La biomassa fresca è stata trinciata e una quota (500 g) è stata conservata tal quale a -20°C per le
successive analisi e per la digestione anaerobica; una quota (circa 10 kg) è stata insilata in tre
repliche. L’effetto dell’epoca di taglio sulle rese quantitative della canna comune e sulla percentuale
di foglie è stato analizzato con un’Analysis of Variance (ANOVA) ad una via, utilizzando il
software R (versione 3.0.1). Le differenze tra le medie sono state determinate mediante il test Least
Significant Difference (LSD).
138
2.8.2.3 Valutazione del potenziale metanigeno di canna comune (sub task 1.1.4)
Su una coltivazione in pieno campo di canna comune è stata effettuata la valutazione agronomica di
diverse epoche di raccolta definite “precoci”, a partire dal mese di giugno fino al mese di settembre,
I tagli precoci danno alla coltura la possibilità di ricrescere, e quindi virtualmente consentono di
poter ottenere un secondo raccolto..
Le suddette epoche di “primo taglio” prevedono taglio in epoca variabile da giugno (A1) a
settembre (A5) ad intervalli di 20 giorni.
Ad ogni campionamento è stato effettuato il taglio su 1 mq di superficie per ogni replica. Su ogni
campione vengono effettuati rilievi produttivi e prte della biomassa fresca, non separata in foglie e
steli, viene invece impiegata per la preparazione di trinciato fresco (conservato a -20°C).
Il potenziale metanigeno o BMP (Biochemical Methane Potential) viene determinato correntemente
in reattori continui o batch. La metodologia adottata prevede l’utilizzo di reattori batch del volume
di 2 L, per una durata della digestione di 45 giorni. I digestori ad inizio prova sono caricati con tre
componenti base:
-
Inoculo;
Biomassa (o altro substrato da testare);
Soluzione di sali minerali (tampone pH, macronutrienti, micronutrienti).
L’inoculo proviene da digestato prelevato da un digestore anaerobico commerciale in
funzionamento, alimentato con materiali affini alle biomasse da testare (energy crops, sottoprodotti
agricoli). L’inoculo viene filtrato e pre-digerito in condizioni mesofile (37-39 °C), riducendo
l’esposizione all’aria, per 3-4 giorni.
La biomassa viene quantificata secondo uno stretto rapporto ponderale rispetto al suo contenuto di
solidi volatili (volatile solids, sostanza organica) e a quello dell’inoculo. Su una aliquota di inoculo
in predigestione viene determinato il contenuto di sostanza secca e di ceneri e la seguente relazione
tra VS dell’inoculo e della biomassa dovrà essere rispettata:
𝑉𝑆𝑖𝑛𝑜𝑐 = 2𝑉𝑆𝑏𝑖𝑜𝑚
Vale a dire che la sostanza organica dell’inoculo deve essere il doppio di quella del substrato. Il
rapporto tra solidi volatili dell’inoculo e quello del substrato è stato oggetto di svariati studi, in
quanto è un fattore determinante per la ripetibilità e l’attendibilità dei risultati ottenuti. Gli studi più
recenti tendono a privilegiare il contenuto di VS dell’inoculo, contando quindi su una relativa
abbondanza della sostanza organica “digerente” rispetto a quella da digerire. Il rapporto definito di
2:1 si può definire come quello “canonico” e più comunemente adottato ed accettato in questo
ambito scientifico. Si preferisce non alimentare la reazione con una quantità di inoculo fissa (es.
200g per giara), dato che inoculi con contenuto diverso di TS (total solids, sostanza secca) e di VS
139
darebbero luogo ad ingestati con diverse concentrazioni di TS e di VS, visto che il volume di
diluizione è sempre lo stesso (=1 L). I digestati hanno ogni volta %TS e %VS diverse, per cui ogni
volta è necessario determinare questi parametri, ridefinire il contenuto di inoculo e, di conseguenza,
ricalcolare la quantità di biomassa da inserire, anche se la biomassa fosse la stessa.
Per definire la quantità di inoculo da immettere nelle giare, il parametro da seguire è quello della
concentrazione totale di VS all’interno della giara, espresso in gVStot/L. Dato che il contenuto della
giara è pari ad 1 L, la concentrazione è data semplicemente dalla somma di VSinoc e VSbiom, e quindi
da 1,5VSinoc. La concentrazione totale di VS viene sempre mantenuta tra 20 e 25 gVStot/L.
La quantità di biomassa tal quale da aggiungere sarà determinata secondo la seguente relazione:
𝑄𝑏𝑖𝑜𝑚
𝑉𝑆𝑖𝑛𝑜𝑐⁄
𝑉𝑆𝑏𝑖𝑜𝑚
2
=
=
%𝑉𝑆𝑏𝑖𝑜𝑚 %𝑉𝑆𝑏𝑖𝑜𝑚
Una volta aggiunto l’inoculo e la biomassa, nel reattore deve essere immessa una soluzione di
minerali, che ha varie funzioni. La soluzione è costituita da 4 soluzioni madre (A1, A2, B e C),
diluite opportunamente con acqua demineralizzata e preparate in volumi standard:
- A1,
tampone fosfato + cloruro di ammonio;
- A2,
cloruri di calcio e magnesio;
- B, microelementi;
- C, solfuro di sodio.
La procedura corretta di inserimento delle diverse soluzioni prevede di procedere nell’ordine A1A2-B-C, facendo seguire all’aggiunta di ogni soluzione una parziale diluizione con acqua demi,
secondo la sequenza:
A1→acqua→A2→acqua→B→acqua→C→acqua fino a volume di 5 L
Effettuato il caricamento dei reattori con i tre componenti base, questi sono pronti per la chiusura,
l’inserimento nella camera coibentata e termostatata del digestore, e per il flussaggio con N2, in
seguito al quale può avere inizio la registrazione dei dati di pressione istantanea.
Con frequenza settimanale o inferiore, i gas vengono campionati ed analizzati con un
microgascromatografo per la determinazione della composizione del biogas. Lo strumento è
opportunamente calibrato impiegando una miscela al 50% da metano e al 50% da anidride
carbonica. La pressione viene registrata in continuo durante la prova, per cui anche sottraendo gas
durante le operazioni di campionamento, nessuna informazione sulla quantità di gas prodotto viene
persa. Le registrazioni consentono di costruire la cumulata del biogas prodotto da inizio a fine
prova.
140
2.8.3
Risultati conseguiti
2.8.3.1 Valutazione cloni o ibridi di specie SRF (sub task 1.1.1)
PRODUZIONE: in assenza di irrigazione (figura 2.8.3.1), per entrambi i cloni (AF2 e Monviso), si
osserva una minore produzione di biomassa anche se con valori significativamente diversi fra loro.
Invece per quanto riguarda i livelli 50 e 100 ETP non si osservano differenze significative fra i
cloni.
In particolare risulta interessante la relazione irrigazione-suolo, con una diversa risposta dei pioppi
ai differenti livelli irrigui sui due tipi di suolo. Solo nel caso del suolo sabbioso- franco si osserva
una differenza non significativa fra il livello 50 e 100 ETP.
Figura 2.8.3.1 – Resa annua, al secondo ciclo di tagli (marzo 2013). Fr = suolo franco, SF = Suolo
sabbioso-franco. Le lettere diverse, sopra la colonna, rappresentano differenze significative fra le
medie
MONITORAGGIO DELLA CRESCITA: il rilievo, a cadenza mensile, della biomassa dei pioppi nelle
sue componenti (foglie, fusti, rami) ha permesso di descriverne l'andamento nel tempo. Come
esempio vengono qui riportati (figura 2.8.3.2) i dati relativi ai cloni impiantati su terreno sabbiosofranco. I valori del "legno" (fusto e rami insieme) confermano, quanto già osservato in precedenza,
che in assenza di irrigazione la biomassa legnosa per pianta risulta nettamente inferiore rispetto agli
altri livelli irrigui. Tale differenza è particolarmente evidente al secondo anno dal ricaccio (2012).
E' proprio nel secondo anno che la pianta produce la maggior parte della biomassa anche se
nell'estate 2012 è particolarmente evidente un arresto della crescita.
L'effetto dell'irrigazione si osserva anche per quanto riguarda la produzione di biomassa fogliare, in
particolare per Monviso. Lo studio dell'andamento nel tempo della biomassa fogliare ci ha
permesso di valutare il massimo di produzione ed ottenere un valore indicativo di quante foglie
rimangono al suolo, in termini di macronutrienti (figura 2.8.3.3).
141
Figura 2.8.3.2 – Andamento della biomassa legnosa (somma di fusto e rami) e di quella fogliare
durante il secondo ciclo produttivo. La barra verticale rappresenta la deviazione standard dalla
media
EFFICIENZA ED USO DEI MACRONUTRIENTI:
l'analisi dei macronutrienti presenti nella biomassa
epigea si è concentrata su: azoto, fosforo e potassio. Di seguito riportiamo alcune riflessioni
riguardanti la presenza di azoto nei cloni Monviso e AF2 cresciuti su terreno sabbioso-franco, ma
ulteriori approfondimenti sono in fase di elaborazione anche per gli altri macronutrienti.
In figura 2.8.3.3 si può osservare come la concentrazione di azoto nelle foglie e nel fusto sia molto
simile per i due cloni (come media dei tre livelli irrigui) mentre a livello di asportazioni il clone
Monviso presenta valori molto più alti rispetto ad AF2. La quantità di azoto che ritorna al suolo
tramite le foglie (ottenuta sommando le produzioni massime di biomassa fogliare del 2011 e del
2012) non sembra così diversa nei due cloni.
142
Figura 2.8.3.3 – Pioppo irriguo su suolo sabbioso-franco: andamento delle concentrazioni di N
nelle foglie e nel legno (fusto e rami), immagine a sinistra. Quantità di azoto rilasciato al suolo con
la caduta delle foglie e asportato con la raccolta, immagine a destra
2.8.3.2 Valutazione su sperimentazione della canna comune in campo (sub task 1.1.4)
Dall’analisi statistica è stato riscontrato un effetto significativo dell’epoca di taglio sulla produzione
di sostanza secca della canna comune (P < 0.001). I valori delle rese in sostanza secca variavano da
un minimo di 10.8 tSS ha-1 ± 1.9 in RA2 ad un massimo di 24.6 tSS ha-1 ± 2.3 in A3.
La prima epoca di taglio (A1) è stata realizzata 86 giorni dopo la ripresa vegetativa (avvenuta
approssimativamente in data 01/04/2013) e ha avuto una resa pari a 15.2 tSS ha-1 ± 3.6. La resa di
A1 è stata simile a quella di A2 (15.4 tSS ha-1 ± 0.7) e alla ricrescita RA1 (11.7 tSS ha-1 ± 1.9). RA1
era simile a RA2, mentre il taglio di ottobre (A3) era significativamente superiore a tutte le altre
rese.
L’effetto della frequenza dei tagli sulla produzione complessiva per unità di superficie è stato
valutato unendo le rese del primo e del secondo taglio (DR = Doppio Raccolto; SR = Singolo
raccolto) (Figura 2.8.3.4). In questo caso non è stato osservato un effetto significativo del
trattamento, per cui le tre rese (DR1 = A1 + RA1, DR2 = A2 + RA2, SR = A3) erano
statisticamente simili tra loro (in media 25.9 tSS ha-1 ± 1.2).
143
Figura 2.8.3.4 – Rese della canna comune (Arundo donax L.), unendo primo e secondo raccolto
(DR1 = A1 + RA1, DR2 = A2 + RA2, SR = A3), sottoposta a diverse epoche di taglio (A1:
26/06/2013; A2: 15/07/2013; A3: 25/10/2013; RA1: 25/10/2013; RA2: 25/10/2013)
L’effetto dell’epoca di taglio sulla percentuale di foglie è stato statisticamente significativo (P <
0.01). A1 e RA1 (34.4 %SS ± 0.02 e 29.9 %SS ± 0.05, rispettivamente) hanno avuto una maggiore
biomassa fogliare rispetto alle altre epoche di raccolta. A1 era simile a A2 e RA2 (30.2 %SS ± 0.02
e 35.1 %SS ± 0.02), mentre A3 (21.6 %SS ± 0.02) aveva una fogliosità statisticamente inferiore a
tutte le altre epoche di raccolta.
Dai risultati sulla produttività della canna comune, si evince che effettuare un doppio taglio conduce
ad una resa quantitativa simile a quella del singolo raccolto ad ottobre. Inoltre, con un doppio
raccolto, la percentuale di foglie che si ottiene è maggiore del singolo raccolto. Quindi, allo scopo
di utilizzare la coltura per la produzione di biogas, l’ipotesi del doppio raccolto sembra vantaggiosa,
in quanto si ha una buona resa quantitativa e una maggiore produzione di biomassa fermetescibile,
nello specifico le foglie.
2.8.3.3 Valutazione del potenziale metanigeno di canna comune (sub task 1.1.4)
Prima di valutare il potenziale metanigeno è interessante osservare come, seppur con andamento
non sempre lineare, sia il contenuto di zuccheri solubili che quello di amido tendono a crescere nel
primo taglio in relazione all’aumento dei GDD, indicando una dinamica di accumulo nel corso della
stagione. Da giugno a luglio ha luogo una decrescita della concentrazione di zucchero e amido,
mentre nel periodo successivo si ha una crescita. Mentre il contenuto di zuccheri totali sembra da
quel momento essere sostanzialmente stabile, il contenuto di amido mostra una netta crescita fino al
valore massimo di settembre. La decrescita di inizio estate potrebbe essere interpretata come una
diluizione del contenuto di amido della pianta giovanile, le cui riserve provengono principalmente
dal rizoma, determinata dalla distensione cellulare. La crescita successiva può essere invece ascritta
all’accumulo di fotosintetati nel corso della stessa stagione.
La maggiore o minore ricchezza di zuccheri rapidamente fermentescibili riflette, dal primo al terzo
taglio, il minore o maggiore potenziale metanigeno della biomassa; le due epoche di taglio
144
successive presentano potenziali metanigeni inferiori, a dispetto di una disponibilità di zuccheri
solubili e amido maggiore (Figura 2.8.3.5). Il BMP della biomassa prelevata a giugno, luglio ed
inizio agosto è comparabile a quello dell’insilato di mais; il BMP di canna raccolta ad inizio agosto
è risultato essere il più alto. Il contenuto medio di metano nel biogas prodotto dalla canna comune
decresce in funzione dell’età della pianta da giugno (0.68 ml ml-1) a settembre (0.56 ml ml-1), il
contenuto di metano nel biogas prodotto da silomais (usato come Testimone) è risultato di poco
superiore a 0.58 ml ml-1.
Il T50 ha evidenziato la più rapida degradabilità di mais durante la fase iniziale della digestione e la
più lenta digestione di A5 rispetto agli altri substrati (p<0,001), mentre T95 è risultato simile per
tutti i substrati confrontati, ad eccezione di A5 che ha mostrato un T95 significativamente maggiore.
Rmax è risultato significativamente più alto in mais rispetto alla canna comune (p<0,05) (Figura
2.8.3.6).
30040
20 200 30
10
100
A1
A2
A3
A4
A5
M
00
-1
mlml
gVS
gVS
-1
d
-1
400
50
60
Figura 2.8.3.5 – BMP (mL·gVS-1), T50 e T95 per i primi tagli (A1-A5) di canna comune confrontati
con silomais (M)
*** ***
0
5
*
10
15
20
25
30
***
35
40
Days
145
0
10
20
30
-1
ml gVS d
-1
40
50
60
Figura 2.8.3.6 - Rmax per i primi tagli (A1-A5) di canna comune confrontati con silomais (M)
***
0
5
10
15
20
25
30
35
40
Days
I risultati ottenuti hanno permesso di evidenziare che fino alla fine di agosto la biomassa fresca
prodotta da Arundo donax ha un potenziale metanigeno paragonabile a quello del mais insilato, ma
anche che, nonostante ciò, la cinetica della produzione del metano evidenzia una certa resistenza da
parte del substrato alla degradazione. Tale recalcitranza potrebbe accentuarsi in condizioni
operative reali, basate sull’utilizzo di una pezzatura ben più grossolana di quella testata.
Considerando le rese in biomassa ottenute alla raccolta ed il loro contenuto in solidi volatili, i
potenziali metanigeni determinati consentono di stimare una produzione potenziale di biogas ad
ettaro pari a circa 6,000 Nm3 per i tagli avvenuti nei mesi di giugno e luglio, 7,500 Nm3 per le
raccolte avvenute nel mese di agosto, 8,000 Nm3 per la raccolta di Settembre, livelli del tutto
concorrenziali nei confronti di colture dedicate già affermate per questa tipologia di utilizzo.
2.8.4
Divulgazione dei risultati
Pubblicazioni su riviste internazionali.
1)
Ragaglini, G., Dragoni, F., Simone, M., Bonari, E., Nervo, G., 2014. Suitability of giant reed
(Arundo donax L.) for anaerobic digestion: Effect of harvest time and frequency on the
biomethane yield potential. Bioresource Technology 152 pp.107-115
2)
Nassi o Di Nasso, N., Roncucci, N., Bonari, E., 2013 Seasonal Dynamics of Aboveground
and Belowground Biomass and Nutrient Accumulation and Remobilization in Giant Reed
(Arundo donax L.): A Three-Year Study on Marginal Land. BioEnergy Research 6, pp.725736 DOI 10.1007/s12155-012-9289-9
146
2.9 U.O. IX CRA-RPS Centro di ricerca per lo studio delle relazioni tra
pianta e suolo
Formulazione ed ottimizzazione d’uso delle ceneri in agricoltura
Responsabile scientifico: Dr. Elvira Rea
147
2.9
U.O. IX CRA-RPS Centro di ricerca per lo studio delle relazioni tra pianta e
suolo
Titolo della ricerca: Formulazione ed ottimizzazione d’uso delle ceneri in agricoltura
Responsabile scientifico: Dr. Elvira Rea
2.9.1
Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013)
2.9.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013
Obiettivo del progetto Biosea è l’ottimizzazione di filiere bioenergetiche esistenti mediante
individuazione e risoluzione, almeno parziale, dei principali punti critici sia dal punto di vista
agronomico che economico e ambientale.
Il CRA-RPS di Roma si inquadra in una delle tre filiere bioenergetiche ed in particolare quella
Biotermoelettrica (identificato con WP3) il cui obiettivo è determinare la qualità tecnologica delle
ceneri derivanti da combustione di biomassa per una rivalutazione agronomica di questo “rifiuto”,
massimizzando i benefici alla fertilità del suolo ma minimizzando effetti negativi ambientali.
Tale esigenza nasce dai problemi relativi alla gestione delle ceneri che negli ultimi anni hanno
avuto un notevole incremento dati gli incentivi ad utilizzare combustibili di natura vegetale, sia nei
bruciatori industriali che domestici. Dal punto di vista legislativo, pur essendo state previste nel DM
5/2/98 una serie di strutture ricettive (impianti di compostaggio, cementifici e aziende di produzione
fertilizzanti) atte ad accogliere tale materiale, non sempre l’offerta corrisponde ad adeguata
ricezione aziendale comportando non pochi problemi.
Il gruppo della Dr.ssa Rea, a seguito di analisi chimiche-fisiche delle ceneri, ha effettato
sperimentazioni agronomiche con ammendanti formulati a partire da tali matrici e trattate con
matrici organiche per l’abbattimento dei livelli di alcalinità e salinità. Gli ammendanti così ottenuti
sono stati caratterizzati in termini di contenuto di elementi nutritivi e di metalli pesanti, valutando i
risultati ottenuti attraverso il loro impiego a livello di coltura e di terreno. Dai risultati ottenuti si
evince adeguato abbattimento dei livelli di alcalinità e assenza di fitotossicità per gli ammendanti
testati.
148
Tabella 2.9.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento
Stato di avanzamento
Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta
Non avviato
WP1 Task 1.1/Sub-task 1.1.6
Ottimizzazione dell’uso delle ceneri in agricoltura
Avviato/ in
corso
Concluso
X
2.9.1.2 Relazione sull’attività svolta
Nel 2013, sulla base dei risultati ottenuti nel biennio precedente, è stata allestita sia una prova in
vaso che una prova in pieno campo al fine di valutare dal punto di vista agronomico lo spandimento
delle miscele in esame.
PROVA IN VASO
Per la prova in vaso sono state considerate le dosi di compost e biodigesto non fitotossiche sulla
base delle prove precedentemente effettuate. Le miscele sono state testate su una coltura a ciclo
breve come la lattuga (Lactuca sativa).
Le ceneri sono state miscelate con matrici organiche: compost e biodigesto a diverse percentuali di
sostituzione. La prova ha previsto una prima fase di miscelazione delle matrici organiche con le
ceneri a diverse percentuali di sostituzione.
Le miscele utilizzate sono:
-
Compost 80% + Ceneri 20%
Compost 90% + Ceneri 10%
Biodigesto 80% + Ceneri 20%
Biodigesto 90% + Ceneri 10%
Tali miscele sono state utilizzate per essere aggiunte al substrato composta da torba neutra con
aggiunta di inerte (perlite) rapporto 70:30 v/v.
Il compost, sia alla percentuale dell’80% che del 90%, è stato aggiunto alla dose di 75g/L per ogni
vaso.
Il biodigesto, sia alla percentuale dell’80% che del 90%, è stato aggiunto alla dose di 1,5g/L pari a
80kg/ha per ogni vaso.
Al fine di valutare gli apporti nutritivi delle miscele considerate ci è sembrato opportuno introdurre,
fra i trattamenti, anche l’urea come fertilizzante azotato alla dose di 0.076g/L.
Schema sperimentale della prova (in tre repliche):
-
Controllo non fertilizzato
Biodigesto 100%, dose 1,5g/L
149
-
Biodigesto 80% + Ceneri 20%
Biodigesto 90% + Ceneri 10%
Compost 100%, dose 75g/L
Compost 80% + Ceneri 20%
Compost 90% + Ceneri 10%
Urea (concimazione minerale)
La prova è stata allestita in vasi da 1L per un totale di 24 vasi ed è durata circa 40 giorni.
Al termine della prova sono stati determinati peso fresco, peso secco e Lai per ogni pianta sul
materiale fresco mentre, dopo essiccazione sullo stesso materiale, è stato determinato l’azoto totale
con il metodo Kjeldahl.
Sugli stessi campioni sono stati determinati anche i macro-micro elementi e i metalli pesanti
mediante spettrometro ICP.
Su 50g di materiale vegetale fresco sono stati determinati i contenuti di nitrati mediante metodo
colorimetrico Merckquant utilizzando lo strumento Nitracheck. La metodica prevedeva una iniziale
macinazione del campione in acqua, filtrazione della soluzione ottenuta e immersione di una cartina
nella soluzione stessa seguita dalla lettura allo strumento.
PROVA IN CAMPO
Parallelamente è stata allestita anche la prova in campo, presso l’azienda sperimentale di Tor
Mancina (Monterondo-RM).
Prima di allestire la prova è stato determinato il contenuto di azoto del suolo, secondo il metodo
Kjeldahl.
Il valore ottenuto è di 1,48g/Kg
Per la prova le miscele utilizzate e poste nel suolo sono state:
-
Compost 80% + Ceneri 20%
Compost 90% + Ceneri 10%
Biodigesto 80% + Ceneri 20%
Biodigesto 90% + Ceneri 10%
Considerando, sia la dotazione iniziale del suolo che le percentuali di umidità e azoto delle matrici,
si è deciso di fornire per ogni trattamento 80kg/ha di azoto.
Umidità Biodigesto 82%
Umidità Compost 46%
%N biodigesto 1,9% secco (0,39% tal quale)
%N compost 0,26% secco
Anche in questo caso ci è sembrato opportuno inserire fra i trattamenti l’urea alla dose di 16g/m2
corrispondente a 1g/pianta.
Il compost è stato fornito alla dose di 192g a pianta mentre il biodigesto alla dose di 23,6g per
pianta.
150
La prova è stata allestita con sesto d’impianto 1m x 1m, 6 piante a parcella, 3 repliche secondo lo
schema sperimentale:
Controllo non fertilizzato
- Biodigesto 100%
- Biodigesto 80% + Ceneri 20%
- Biodigesto 90% + Ceneri 10%
- Compost 100%
- Compost 80% + Ceneri 20%
- Compost 90% + Ceneri 10%
- Urea (concimazione minerale)
Come per la prova in vaso, al termine del ciclo colturale sono stati determinati, su tre piante a
parcella, i dati biometrici relativi a peso fresco, peso secco e LAI.
Sullo stesso materiale vegetale, dopo essiccazione, è stato determinato l’azoto totale con il metodo
Kjeldahl.
Sugli stessi campioni sono stati determinati anche i macro-micro elementi e i metalli pesanti
mediante spettrometro ICP.
Su 50g di materiale vegetale fresco sono stati determinati i contenuti di nitrati mediante metodo
colorimetrico Merckquant utilizzando lo strumento Nitracheck. La metodica prevedeva una iniziale
macinazione del campione in acqua, filtrazione della soluzione ottenuta e immersione di una cartina
nella soluzione stessa seguita dalla lettura allo strumento.
Su un campione di suolo per parcella è stata nuovamente ripetuta la determinazione dell’azoto totale
secondo il metodo Kjeldahl per valutare eventuali apporti di azoto.
Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale
Le attività di pertinenza dell’U.O. CRA-RPS sono in linea con quanto previsto nel progetto.
Prossimi step
Considerando le differenze emerse tra la prova in vaso e quella di campo le prove successive
avranno lo scopo di indagare le possibili cause di tali discordanze. Sono pertanto previsti
approfondimenti relativi alla determinazione dei contenuti di elementi rilasciati dalle misceli,
dinamiche di rilascio, interpretazione dei risultati ed elaborazioni statistiche degli stessi.
2.9.1.3 Risultati conseguiti
I risultati ottenuti hanno messo in evidenza che:
-
Le ceneri possono essere efficacemente miscelate con compost o biodigesto per l’abbattimento
del pH, senza incorrere in fenomeni di fitotossicità, purchè la loro % in miscela non superi il
20%;
151
- La miscelazione ceneri 20% + compost 80% sembra dare i risultati migliori dal punto di vista
produttivo sulla lattuga; anche per il biodigesto la miscela 20% ceneri + 80% biodigesto sembra
la più promettente, malgrado una performance agronomica inferiore al compost, ma comunque
superiore a quella dell’urea.
- Poiché il contenuto in alcuni elementi (i.e. Fe, Cu, Pb, Al) e in nitrati nella lattuga prodotta nella
prova di campo dopo trattamento 10%-90% ceneri/compost risultano incrementati rispetto agli
altri trattamenti, occorrerà effettuare una serie di approfondimenti per interpretare tali risultati,
anche alla luce di quanto emerso dalla relativa prova in vaso.
Il Responsabile dell'Unità Operativa
(Dott.ssa Elvira Rea)
152
2.10 U.O. X INEA - ISTITUTO NAZIONALE DI ECONOMIA AGRARIA
Sostenibilità economica ed ambientale della produzione dei biocarburanti:
analisi delle principali determinanti e degli strumenti per la rimozione dei
principali vincoli
Responsabile scientifico: Dr.ssa Annalisa Zezza
153
2.10 U.O. X INEA - ISTITUTO NAZIONALE DI ECONOMIA AGRARIA
Titolo della ricerca: Sostenibilità economica ed ambientale della produzione dei biocarburanti:
analisi delle principali determinanti e degli strumenti per la rimozione dei principali vincoli
Responsabile scientifico: Dr.ssa Annalisa Zezza
2.10.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013)
2.10.1.1
Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013
Tabella 2.10.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento
Stato di avanzamento
Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta
Non avviato
Avviato/ in
corso
Concluso
X
Analisi dei costi di produzione dei biocombustibili
Stima di un modello di programmazione quadratica
positiva
X
Analisi di sensitività
X
Analisi dello stato di applicazione della direttiva RED
2.10.1.2
X
Relazione sull’attività svolta
2.10.1.2.1 Analisi dei costi di produzione della biomassa per la produzione di bioetanolo
I costi di produzione dei biocarburanti sono determinati dal costo della materia prima, dalla resa in
etanolo e dal costo della trasformazione, cui vanno sottratti i ricavi provenienti dalla vendita dei
sottoprodotti. La materia prima costituisce la principale voce di costo e presenta un’elevata
variabilità legata alla competizione nell’allocazione della terra con altre colture destinate sia a uso
energetico che ad altri usi. Oltre alla variabilità del costo della materia prima, altre voci che
incidono nel determinare le differenze tra paesi sono il costo dell’energia, il prezzo ricevuto per i
sottoprodotti e i costi di trasformazione.
Sono stati rilevati attraverso la rete contabile RICA i costi di produzione, suddivisi per singole voci
e i ricavi, per regione, delle colture utilizzate per la produzione dell’etanolo quali frumento,
barbabietola e mais.
154
2.10.1.2.2 Stima di un modello di programmazione quadratica positiva
Il lavoro svolto nell’ambito del progetto ha permesso di analizzare gli effetti dello sviluppo della
produzione di sorgo da biomassa sull’allocazione della superficie agricola e sulla domanda d’acqua
per uso irriguo. La valutazione è stata svolta attraverso l’applicazione di un modello di
programmazione matematica positiva (PMP) (Paris e Howitt, 1998) integrato da un modulo di
valutazione degli impatti sulle risorse idriche sviluppato con l’ausilio del modello AquaCrop (Raes
et al., 2009; Steduto et al., 2009). L’ambito di applicazione del modello integrato riguarda l’area di
pianura della provincia di Parma.
Il modello è articolato in tre parti o moduli (figura 2.10.1.1). Il primo modulo si prefigge l’obiettivo
di incorporare l’informazione tecnico-economica necessaria al funzionamento del modello in un
unico database. Le informazioni sulla superficie agricola è di fonte AGEA Emilia-Romagna
(AGREA) mentre l’informazione complementare sulle rese produttive e sui parametri economici
(prezzi e costi) è di fonte RICA. A questa informazione di base è stata aggiunta quella sulla risposta
delle rese produttive al cambiamento del livello di acqua impiegata per l’irrigazione ricavata dal
modello
AquaCrop.
AquaCrop
è
un
modello
sviluppato
dalla
FAO
(www.fao.org/nr/water/aquacrop.html) per prevedere le risposte produttive delle colture ad un
diverso impiego dell’acqua per uso irriguo. Le simulazioni operate con AquaCrop hanno permesso
di stimare le funzioni di risposta delle rese in funzione dei diversi livelli di irrigazione applicati.
Figura 2.10.1.1 – Schema del modello di valutazione integrata
Input
RICA
Simulazioni
AquaCrop
Dati AGREA
Modello PMP
Vincoli
Modello
PMP
Vincoli
agronomici
Vincoli di
superficie
Vincoli
sull’acqua
Vincoli PAC
Scenari
PAC e prezzi di
mercato
Output
Allocazione della
superficie
Colture
agroenergetiche
Dinamica reddito
aziendale
Allocazione
dell’acqua
Il secondo modulo del modello integrato è costituito da un modello di PMP, attraverso cui è stato
possibile stimare le variabili determinanti del comportamento del produttore agricolo e tener conto
dei vincoli sulle risorse produttive e sui meccanismi di politica agricola (PAC). A differenza dei
modelli di PMP solitamente utilizzati per valutare il comportamento dell’agricoltore, questo
modello assume che nel processo decisionale degli agricoltori sia presente un numero di colture
155
maggiore di quello effettivamente osservato nei piani produttivi. Perché un agricoltore decide di
produrre frumento tenero e non pomodoro da industria? Il pomodoro rappresenta per l’analista un
processo latente, cioè un processo che potenzialmente potrebbe essere attivato tenendo conto delle
convenienze economiche (Arfini e Donati, 2013; Blanco et al., 2008; Röhm e Dabbert, 2003). Nella
valutazione degli effetti delle colture agroenergetiche, il sorgo da biomassa è stato considerato come
una coltura latente.
Il terzo modulo, infine, gestisce i risultati ottenuti dalle simulazioni svolte. Tutte le informazioni
rilevanti (calibrazione, allocazione della superficie, consumo d’acqua, risultati economici) sono
organizzate attraverso l’impiego di apposite routine sviluppate attraverso il linguaggio di
programmazione matematica GAMS (Brooke et al., 2011).
2.10.1.2.3 Analisi di sensitività
Le simulazioni svolte hanno cercato di individuare le relazioni esistenti tra il prezzo del sorgo da
biomassa e la risposta produttiva e tra la quantità prodotta di sorgo e il relativo impiego di acqua per
uso irriguo. I risultati ottenuti consentono così di ottenere la curva di offerta del sorgo da biomassa
per l’area territoriale analizzata e il relativo impiego d’acqua tenendo conto del cambiamento
dell’ordinamento produttivo. Gli scenari prevedono un progressivo aumento del prezzo del sorgo da
biomassa di 1 €/t, a partire da un livello nullo.
La figura 2.10.1.2 mostra l’area totale interessata dalla coltivazione del sorgo in corrispondenza dei
diversi livelli di prezzo. Secondo quanto previsto dal modello, il prezzo soglia, ovvero il prezzo a
partire dal quale il sorgo compare all’interno dei piani produttivi, è pari a 58 €/t. La curva di offerta
così ricostruita permette di avere indicazioni sul livello di prezzo che l’utilizzatore agroenergetico
(ad es. produttore di bioetanolo di seconda generazione) dovrebbe pagare per garantirsi una quantità
sufficiente di materia prima. In base ai risultati ottenuti, l’aumento dell’incidenza del sorgo
comporta una riduzione significativa della superficie destinata a foraggere e frumento.
156
Figura 2.10.1.2 – Curva di offerta del sorgo da biomassa (provincia di Parma)
200
180
160
140
(€/t)
120
100
80
60
40
20
0
0
5,000
10,000
15,000
20,000
25,000
30,000
35,000
40,000
45,000
50,000
(Ha)
La relazione stimata tra resa e uso dell’acqua per scopi irrigui è stata utilizzata per valutare
l’impatto dell’introduzione del sorgo da biomassa sulla domanda d’acqua. Il processo di
sostituzione tra il sorgo e, in particolare, il frumento produce un effetto negativo sui consumi
d’acqua. La sostituzione infatti di un processo non irriguo come il frumento con uno irriguo come il
sorgo genera un aumento dell’acqua complessivamente utilizzata per l’irrigazione. Un prezzo del
sorgo pari a 70 €/t, ad esempio, si tradurrebbe in un calo del 30% della superficie destinata
inizialmente a frumento e un aumento dell’acqua per l’irrigazione del 2,5% corrispondente ad una
crescita di 1,5 milioni di m3 a livello provinciale (figura 2.10.1.3).
Figura 2.10.1.3 – Quantità d’acqua ad uso irriguo
70,000
60,000
SORGO
Foraggere
40,000
Soia
30,000
Mais foraggio
Pomodoro
20,000
Mais
10,000
Barbabietola
0
57
62
67
72
77
82
87
92
97
102
107
112
117
122
127
132
137
142
147
152
157
162
167
172
177
182
187
192
197
.000 m
3
50,000
Scenari di prezzo - €/t.
157
2.10.1.3
Risultati conseguiti
I risultati delle simulazioni permettono di valutare il potenziale produttivo del sorgo da biomassa
nell’area investigata in corrispondenza di diversi livelli di prezzo. Queste informazioni potrebbero
servire ai possibili utilizzatori della biomassa per individuare i bacini di approvvigionamento della
materia prima e, quindi, il luogo più adatto di insediamento degli impianti di trasformazione. Le
soglie di prezzo possono essere pertanto adottate come indicatori dei limiti della sostenibilità
economica di una filiera agroenergetica basata sul sorgo.
L’introduzione del nuovo processo agroenergetica ha un impatto sui piani produttivi degli
agricoltori dell’area considerata, soprattutto in relazione alla superficie destinata a frumento e
foraggere. La sostituzione di una coltura non irrigua, come il frumento, ha come conseguenza un
aumento del fabbisogno d’acqua per l’irrigazione. Sulla base di questa informazione, il modello
integrato di PMP può costituire un utile strumento per prevedere gli effetti di una politica di
incentivazione delle colture energetiche sulle risorse idriche e permettere, così, una migliore
gestione delle acque sul territorio.
Il modello tuttavia presenta alcuni limiti. Innanzitutto, le funzioni di risposta delle rese in relazione
ai diversi livelli di irrigazione sono state stimate solo per le colture presenti nel database di
AquaCrop. Alcune delle colture considerate nell’analisi, come l’erba medica, sono assenti nel
modello della FAO, per cui è stato necessario utilizzare per queste dei coefficienti tecnici fissi
forniti da esperti e dalla letteratura. Il modello di PMP non prevede inoltre alcun vincolo specifico
sulla quantità massima di acqua per uso irriguo. Questa mancanza impedisce la valutazione di
scenari di riduzione della disponibilità d’acqua e l’individuazione di un valore (duale) della scarsità
della risorsa idrica. Tali vincoli permetterebbero anche di valutare gli effetti degli strumenti
economici di governo delle acque per uso irriguo, come i sistemi tariffari e il meccanismo di
scambio dei diritti ad irrigare.
2.10.1.4
Divulgazione dei risultati
1) Comunicazione a convegno: M. Donati, D. Bodini, F. Arfini, A. Zezza, (2013) An integrated
PMP model to assess the development of agroenergy crops and the effect on water
requirements, Paper prepared for presentation at the 2nd AIEAA Conference “Between Crisis
and Development: which Role for the Bio-Economy” 6-7 June, 2013 Parma, Italy
2) Pubblicazione : M. Donati, D. Bodini, F. Arfini, A. Zezza, (2013), An integrated PMP model to
assess the development of agro-energy crops and the effect on water requirements , Bio-based
and applied economics (in corso di pubblicazione)
3) Pubblicazione: M. Donati, D. Bodini, F. Arfini, A. Zezza, (2013), Un modello integrato di PMP
per valutare lo sviluppo delle colture agroenergetiche e gli effetti sui fabbisogni idrici,
Agriregionieuropa (in corso di pubblicazione)
158
2.11 U.O. XI CRA-ING Unità di Ingegneria Agraria
Titolo della ricerca: Rilievi fenologici su sorgo zuccherino e studio degli aspetti
che influenzano la meccanizzazione della raccolta
Responsabile scientifico: Dr. Luigi Pari – Alberto Assirelli
159
2.11 U.O. XI CRA-ING Unità di Ingegneria Agraria
Titolo della ricerca: Rilievi fenologici su sorgo zuccherino e studio degli aspetti che influenzano la
meccanizzazione della raccolta
Responsabile scientifico: Dr. Luigi Pari – Alberto Assirelli
2.11.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013)
2.11.1.1
Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013
L'elevato contenuto in zuccheri e la capacità di accrescersi su terreni poco fertili hanno reso il sorgo
zuccherino (Sorghum vulgare var. Saccharatum) una coltura interessante per agricoltori, ricercatori
e imprenditori del settore (Almorales et al 2010), in quanto, a livello industriale, potrebbe
rappresentare una buona alternativa ad altre colture destinate alla produzione di biocarburanti.
Il fusto succulento contiene circa il 12% di zucchero, principalmente saccarosio (Schmit, 1982).
Dati bibliografici indicano un tasso di conversione pari a 1 tonnellata di sostanza fresca per la
produzione di 32 kg di etanolo, con una richiesta di energia inferiore a quella utilizzata per ottenere
la stessa quantità di sostanza fresca in mais, riso o canna da zucchero (Philipp et al 2007).
La produzione di etanolo può essere compromessa dalle perdite di zucchero, che si verificano
durante e dopo la raccolta. Le prime sono imputabili alle perdite della macchina e agli stocchi
rimasti nel terreno dopo la raccolta ed è stimata intorno, considerando l’altezza più bassa di taglio
(da 5 a 10 cm) delle trinciatrici semoventi, intorno al 3-8% (Bludau, 1990).
Le perdite post-raccolta di zucchero dipendono principalmente: dal sistema di raccolta utilizzato,
che determina la forma del materiale (tritato, sezionato, piante intere); dalle condizioni di
conservazione (es. temperatura, umidità); dal tempo che intercorre tra raccolta e stoccaggio del
prodotto; dalla durata dello stoccaggio. Le perdite dipendono dai processi di fermentazione che
sono causa di attività batterica, degradazione dell’amido e degli zuccheri in acido lattico e acidi.
160
Tabella 2.11.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento
Stato di avanzamento
Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta
Non avviato
Avviato/ in
corso
Concluso
1 - Rilievi fenologici su sorgo zuccherino
X
2 - Studio sulla lunghezza dello stocco in relazione a
fenomeni di fermentazione
X
3 - Test di adattabilità di macchine esistenti
X
4 - Progettazione di un prototipo con coinvolgimento di
costruttori
X
5 - Indagine su aspetti logistici
X
2.11.1.2
Relazione sull’attività svolta
La capacità di mantenere elevato il livello di zuccheri durante la conservazione rimane tutt’oggi una
questione fondamentale per il successo della coltura. La maggior parte degli studi effettuati hanno
riguardato i cambiamenti fisiologici (con particolare riferimento alle componenti dello zucchero),
che si verificano dopo la raccolta per un periodo limitato (4-16 giorni). Spesso, tuttavia, il ritardo di
fornitura di materia prima alle bioraffinerie per la trasformazione in etanolo richiede una
conservazione a lungo termine e ciò può comportare forti perdite di materia prima.
Oltre al tempo di conservazione, un altro parametro fondamentale per il contenimento delle perdite
in zuccheri è la dimensione del prodotto stoccato. Da questo punto di vista, però, non c’è ancora
sufficiente chiarezza su quale sia il tipo di prodotto che permetta di minimizzare le perdite in
relazione alla lunghezza del tempo di stoccaggio. Da ciò ne deriva che, piuttosto che procedere per
studi isolati di singoli aspetti, l’approccio più razionale al problema debba essere l’integrazione
della filiera legando l’analisi della migliore dimensione del prodotto raccolto alla progettazione del
prototipo di raccoglitrice secondo lo schema seguente.
Dimensione prodotto
Tempo di stoccaggio
Raccoglitrice
161
Valutazione dello stoccaggio in funzione della tipologia di raccolta
In relazione a quanto esposto, si è proceduto inizialmente ad una valutazione della relazione
dimensione/tempo di stoccaggio monitorando l’evoluzione della sostanza secca e del contenuto in
zuccheri per un periodo di 75 giorni dopo la raccolta. L’analisi è stata effettuata su porzioni di stelo
di diversa dimensione (stelo intero, sezioni di 1/2, 1/4, 1/8 e 1/16 dello stelo intero) stoccati in
condizioni ambientali in grado di garantire al meglio la preservazione degli zuccheri
fermentescibili. Il dettaglio della metodologia utilizzata e dei risultati ottenuti è stato oggetto
dell’attività svolta nel periodo precedente e, quindi, già relazionata. Considerata la necessità di
procedere mediante un approccio integrato all’ottimizzazione della raccolta, appare opportuno
ricordare sinteticamente quali siano le conclusioni emerse dalla sperimentazione e che costituiscono
il punto di partenza per l’attività di progettazione:
1. la distribuzione della sostanza secca e dello zucchero lungo lo stelo non è uniforme, ma esiste
una sorta di gradiente passando dalla parte basale (più alta concentrazione) a quella apicale. Ciò
ha un impatto fondamentale sulla regolazione dell’altezza di taglio, in quanto uno spostamento
di pochi centimetri della barra di taglio determina sostanziali variazioni nella resa e, di
conseguenza, nelle perdite di zucchero;
2. lo stoccaggio a lungo termine è possibile ed è proponibile valutare quale sia la lunghezza più
idonea della biomassa raccolta in funzione della durata della conservazione. Lo stoccaggio dello
stelo intero può, infatti essere prolungato fino a due mesi dopo la raccolta in quanto a tale epoca
il contenuto in zuccheri rimane ancora superiore al 10%. Nel caso di porzioni più ridotte (1/2,
1/4 o 1/8 dello stelo intero) è consigliabile non superare i 40 giorni, intervallo entro il quale lo
zucchero rimane su valori tra il 14 ed il 16%. La macchine per la raccolta disponibili
attualmente ed utilizzate per il sorgo zuccherino operano un taglio che permette di ottenere
porzioni di fusto che sono circa 1/16 della pianta intera. In questo caso, allo scopo di ottenere
della materia prima che abbia un contenuto zuccherino superiore al 10 %, lo stoccaggio non
dovrebbe eccedere i 20 giorni.
Considerazioni sulla diffusione della coltura in Italia e degli impianti presenti per la produzione
di bioetanolo
In considerazione della deperibilità (in termine di perdite in zuccheri) della biomassa derivante dal
sorgo zuccherino, meccanizzazione della raccolta e logistica del conferimento sono aspetti da
considerare strettamente integrati. Attualmente in Italia sono attivi tre impianti di produzione del
bioetanolo di notevole dimensione distribuiti lungo la penisola (Tabella 2.11.1.2) che utilizzano
diverse matrici.
162
Tabella 2.11.1.2 – Principali impianti di produzione del bioetanolo in Italia (mod. da CETA, 2011)
Impianto
Località
Regione
Capacità (t/anno)
I.M.A. srl
Trapani
Sicilia
172.000
Caviro srl
Faenza
Emilia-Romagna
43.000
Mossi&Ghisolfi srl
Tortona
Piemonte
45.000
260.000
Progettazione di un prototipo con coivolgimento di costruttori
In base ai dati ottenuti nell’attività svolta nel progetto, si è ritenuto che l’innovazione tecnologica
dovesse essere rivolta verso soluzioni che rispondessero ad esigenze di stoccaggio per le quali non
esiste al momento attuale un’alternativa. Nella prospettiva di medio-lungo periodo, l’allungamento
del periodo di conservazione della biomassa può diventare un obiettivo importante nella tempistica
di conferimento agli impianti.
2.11.1.3
Risultati conseguiti
Per la produzione di bioetanolo dal sorgo sono proponibili almeno due possibili modelli di filiera
nel caso in cui si preveda il conferimento in impianti di grande taglia oppure si ricorra, in un ambito
di filiera corta, a microdistillerie (capacità indicativa di 10 t al giorno) ed in cui possano essere
coinvolti gli imprenditori agricoli. Ciò che varia nelle due tipologie è la superficie produttiva
necessaria per la produzione della materia prima e, conseguentemente, il raggio di reperimento della
stessa. La biomassa del sorgo zuccherino, essendo ricca in acqua e zuccheri, non può affrontare
lunghi trasporti, senza andare incontro a deterioramento e conseguenti perdite di prodotto.
Simulazioni effettuate in diversi lavori (CETA, 2011, 2013; Garassino et al., 2009) prendono in
considerazione trasporti che, cautelativamente, non eccedano i 15-20 km, caratterizzando così
questo tipo di coltura come idonea a valorizzare impianti decentralizzati.
Nell’ottica di decentralizzare le produzioni e stimolare lo sviluppo di filiere corte, va considerato
che il consumo energetico dell’impianto (in particolare delle sezioni di distillazione e
disidratazione) può essere interamente coperto dalle unità di cogenerazione. E’ possibile, quindi,
prospettare una attività multifunzionale, non solo costituita dall’ottenimento del bioetanolo ma
anche dalla generazione energetica in unità cogenerative di piccola-media potenza, alimentate con i
sottoprodotti del processo, bagasso essiccato e biogas ottenuto dalle borlande (Garassino et al.,
2009). L’organizzazione di una tale filiera richiede la presenza sia di una sensibilità verso le
163
bioenergie che sia associata ad una propensione imprenditoriale e alla vocazionalità territoriale delle
produzioni agricole dedicate. Da questo punto di vista può essere utile avere un quadro della
produzione di bioenergie da biomasse (Figura 2.11.1.1).
Figura 2.11.1.1 – Produzione regionale di bioenergia da biomasse nel 2011 (fonte GSE, 2011)
Come è possibile notare, questo tipo di produzione presenta una buona diffusione soprattutto
nell’Italia settentrionale (Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto), mentre al centro
spiccano la Toscana ed il Lazio, con produzione concentrata in poche province (Grosseto e
Frosinone). Al Sud, la Calabria contribuisce in misura maggiore (provincia di Cosenza) e in
Sardegna le produzioni si concentrano nelle province di Cagliari e Carbonia-Iglesias (GSE, 2011).
Per quel che concerne le caratteristiche legate alla produzione agricola, l’organizzazione della
filiera deve tener conto degli elementi distintivi legati all’area di produzione come quantità e qualità
dei terreni, vocazionalità della zona, livello di meccanizzazione delle aziende, condizione della
viabilità. Da questo punto di vista, la coltura (comprendendo sia il sorgo da granella che quello da
164
fibra e zuccherino) appare concentrata nelle regioni del nord (dall’Emilia-Romagna al Veneto,
Marche comprese), dove è presente il 93,6 % della superficie che fornisce il 95,5 % della
produzione (tabella 2.11.1.3). I dati evidenziano anche come ci siano regioni, come l’Abruzzo,
l’Umbria, la Puglia, la Basilicata e la Campania, in cui la coltura può raggiungere produzioni di
rilievo, superiori alle 35 t/ha.
Tabella 2.11.1.3 - Superficie, produzione e rese del sorgo rilevate nel 2013
Regione
Emilia-Romagna
Lombardia
Toscana
Piemonte
Marche
Veneto
Abruzzo
Umbria
Lazio
Calabria
Molise
Basilicata
Puglia
Sicilia
Campania
Liguria
Valle d'Aosta
Trentino-Alto Adige
Friuli-Venezia Giulia
Sardegna
ITALIA
Fonte:
Superficie
ha
25.811
4.009
3.802
2.927
2.829
2.025
889
552
480
341
250
120
100
80
30
4
44.249
%
58,3
9,1
8,6
6,6
6,4
4,6
2,0
1,2
1,1
0,8
0,6
0,3
0,2
0,2
0,1
0,0
100,0
Produzione totale
t
1.600.805
248.913
67.500
74.250
111.811
120.736
39.100
21.851
15.050
10.375
7.500
4.920
4.000
%
68,8
10,7
2,9
3,2
4,8
5,2
1,7
0,9
0,6
0,4
0,3
0,2
0,2
1.140
140
2.328.091
0,0
0,0
100,0
Resa (t/ha)
62,02
62,09
17,75
25,37
39,52
59,62
43,98
39,59
31,35
30,43
30,00
41,00
40,00
38,00
35,00
52,61
http://agri.istat.it/sag_is_pdwout/jsp/dawinci.jsp?q=plC020000010000012000&an=2013&ig=1&ct=244&id=
15A|18A|25A
Come accennato i dati riguardano la coltura del sorgo in generale senza distinguere la proporzione
delle diverse forme. Non è possibile, quindi, valutare con precisione se lo stesso potenziale
165
produttivo evidenziato a livello regionale possa essere riferito anche al sorgo zuccherino.
Comunque, il crescente interesse verso le bioenergie ha favorito la diffusione di studi mirati alla
comprensione delle potenzialità territoriali delle colture da energia.
Nell’analisi della vocazionalita di un territorio per le colture energetiche va tenuto conto di alcuni
aspetti afferenti a diverse aree di studio e dovrebbe procedere per step successivi in cui considerare,
tra i parametri meteorologici, indicatori bioclimatici e ambientali, indicatori “socioeconomici”, la
limitazione “a priori” (basata su criteri oggettivi, quali l’attuale destinazione d’uso o le
caratteristiche orografiche) verso aree ritenute non idonee alla coltivazione delle colture da Energia
(ENAMA 2011).
Partendo dalla constatazione per cui le conoscenze attuali sono eterogenee in termini di anni di
riferimento, biomasse, fonti di dati e metodologie, in Italia è stato pubblicato nel 2009 l’Atlante
nazionale delle Biomasse (http://atlantebiomasse.trisaia.enea.it) redatto dall’ENEA in
collaborazione con alcuni gruppi di ricerca universitari italiani e la cui finalità era quella di fornire
lo stato dell’arte sulle fonti di biomassa disponibili in Italia e di confrontare approcci, metodologie e
qualità dei dati.
Si e cosi giunti a definire una zonizzazione per le possibili rese produttive ottenendo degli indici di
vocazionalità che esprimono la potenzialità delle colture energetiche a parità di situazione colturale
con il mais. In definitiva si ottengono le rese potenziali delle colture da energia considerate per
ciascuna provincia italiana (ENAMA, 2011). Relativamente al sorgo, si conferma la migliore
attitudine delle aree del centro-nord alla coltivazione del sorgo “da energia”, probabilmente in virtù
di disponibilità idriche più costanti, anche la “frugalità” della specie potrebbe permettere la
valorizzazione di zone marginali del sud (figura 2.11.1.2).
166
Figura 2.11.1.2 - Produttività potenziale del sorgo nelle diverse province italiane
Fonte: http://atlantebiomasse.trisaia.enea.it/
Sulla base delle scelte produttive ed in relazione al dimensionamento della filiera andrà individuato
e proporzionalmente modulato il tipo di cantieri idoneo alla raccolta anche (e soprattutto)in
funzione delle modalità di conservazione della biomassa.
Come già riportato il sorgo presenta una ridotta finestra di raccolta per cui, nel caso si debba
garantire il funzionamento dell’impianto di trasformazione in maniera continuativa, si richiedono
sistemi di conservazione della biomassa che consentano di contenere le perdite di zuccheri.
L’insilamento risulta essere la tecnica più semplice e facilmente applicabile in azienda per lo
stoccaggio e la conservazione di grandi quantità di prodotto con possibilità di contenere le perdite
al di sotto del 5% della sostanza secca. Inoltre, per l’ottenimento di trinciato sono già disponibili
idonee soluzioni meccaniche. Alcuni autori sottolineano, però, come l’insilamento, seppur mediante
l’aggiunta di additivi, si sia dimostrata una tecnica poco efficace per la preservazione degli zuccheri
destinati alla produzione di bioetanolo (CETA, 2013). Nel caso migliore, con aggiunta di acido
167
formico, le perdite sono state di oltre il 30% dello zucchero iniziale; questo fatto, unito al costo
dell’intervento, rendono non sostenibile questo approccio.
Altre esperienze hanno evidenziato valori piuttosto eterogenei, Bludau (1992) ha osservato che il
calo medio giornaliero del tenore di zuccheri (riferito alla s.s.) variava da 0,17% negli interi stocchi
a 5,6% nel materiale trinciato. Per le sezioni di fusto da 25-40 cm è stato calcolato un calo medio
giornaliero degli zuccheri del 0,25%. Recentemente, Lingle et al. (2012) hanno rilevato che, durante
un intervallo di quattro giorni di stoccaggio, la concentrazione degli zuccheri è rimasta pressoché
invariata sia nei fusti interi sia nelle sezioni di 20 e 40 cm. Ipotizzando che i microrganismi
accedono agli zuccheri di stocchi interi o di porzioni di essi esclusivamente attraverso le estremità
tagliate, questo potrebbe rappresentare un limite per il loro movimento interno ed utilizzo dei
composti zuccherini.
Lo stoccaggio a lungo termine è possibile ed è proponibile valutare quale sia la lunghezza più
idonea della biomassa raccolta in funzione della durata della conservazione. Lo stoccaggio dello
stelo intero può, infatti essere prolungato fino a due mesi dopo la raccolta in quanto a tale epoca il
contenuto in zuccheri rimane ancora superiore al 10%. Nel caso di porzioni più ridotte (1/2, 1/4 o
1/8 dello stelo intero) è consigliabile non superare i 40 giorni, intervallo entro il quale lo zucchero
rimane su valori tra il 14 ed il 16%. La macchine per la raccolta disponibili attualmente ed utilizzate
per il sorgo zuccherino operano un taglio che permette di ottenere porzioni di fusto che sono circa
1/16 della pianta intera. In questo caso, allo scopo di ottenere della materia prima che abbia un
contenuto zuccherino superiore al 10 %, lo stoccaggio non dovrebbe eccedere i 20 giorni.
Progettazione di un prototipo con coivolgimento di costruttori
Nell’ottica di aumentare l’areale di conferimento e quindi anche il periodo di stoccaggio del
prodotto sembra ipotizzabile la meccanizzazione della raccolta del culmo intero, preferibilmente
cimato e defogliato. In questo caso emerge l’esigenza di disporre di macchine idonee alla raccolta di
fusti interi che, come evidenziato dai risultati sperimentali, costituiscono la forma in grado di
garantire lo stoccaggio prolungato mantenendo una significativa percentuale di zucchero.
A tale scopo, come riferimento di partenza si è pensato di risalire concettualmente al lavoro svolto
dalle mietiletrici di vecchia concezione utilizzate per la raccolta dei cereali da granella e di adattare
la concezione di base alle contingenti esigenze di raccolta. Il principio della mietilega è quello di
gestire in modo accurato le piante, dal taglio a terra alla formazione dei fasci. La produzione di
questi ultimi torna utile per la successiva fase di movimentazione del prodotto, che richiede lo
spostamento ordinato della biomassa garantendone al massimo l’integrità. Lo svolgimento diligente
delle stesse fasi, ma in funzione della raccolta di un prodotto (il sorgo zuccherino) molto più
alterabile, necessita di conseguenza l’introduzione di alcune variazioni tecniche che permettano la
salvaguardia degli aspetti qualitativi (contenuto in zuccheri). A tale riguardo, la soluzione ritenuta
più idonea è stata quella di prevedere un sistema di trasportatori con cinghie di presa controrotanti
operanti su singola fila la cui funzione fosse quella di prelevare le piante tagliate dalla barra e di
168
“accompagnarle” con un progressivo innalzamento verso una bocca di scarico aperta su un cassone
posteriore ribaltabile.
Il prototipo di semovente che si intende proporre prevede l’impiego di un sistema di
convogliamento ed eventuale raddrizzamento delle piante, un sistema di recisione basale ed un
sistema di trasporto verso una zona di accumulo posteriore. Detta zona di accumulo dovrà poi
presentare sistema di legatura e scarico dei fasci.
2.11.1.4
Divulgazione dei risultati
Articolo in corso di pubblicazione sullo Speciale Agroenergie 2014 della rivista Sherwood
169
2.12 U.O. XII CRA-SCA (Consiglio per la ricerca e sperimentazione in
agricoltura – Unità di ricerca per i sistemi colturali degli ambienti caldoaridi, Bari)
Potenzialità agronomiche degli ambienti meridionali per sistemi colturali
agroenergetici
Responsabile scientifico: Dr. Angelo Domenico Palumbo
170
2.12 U.O. XII CRA-SCA (Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura –
Unità di ricerca per i sistemi colturali degli ambienti caldo-aridi, Bari)
Titolo della ricerca: Potenzialità agronomiche degli ambienti meridionali per sistemi colturali
agroenergetici
Responsabile scientifico: Dr. Angelo Domenico Palumbo
2.12.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013)
2.12.1.1
Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013
L’ U.O. del C.R.A. - S.C.A. di Bari è stata supportata dai seguenti gruppi di lavoro:
analisi territoriale (Castrignanò et al.)
sistemi colturali in irriguo (Rinaldi et al.)
sistemi colturali in asciutto (Montemurro et al.)
propagazione e impianto dell’arundo (Mastrorilli et al.)
potenzialità energetiche del cardo (Palumbo et al.)
bilancio del carbonio (Rana et al.)
analisi di laboratorio (Ventrella-Stellacci et al.).
Alle attività dell’U.O. di Bari hanno partecipato ricercatori, tecnici e operatori, oltre al personale
amministrativo, di tre Unità di Ricerca del C.R.A. (C.R.A. - S.C.A. di Bari, C.R.A. - C.A.R. di
Lecce e C.R.A. - S.C.C. di Metaponto). Tutte le attività sono state coordinate dal responsabile della
U.O., dr Angelo Domenico Palumbo.
Nella relazione del terzo anno del Progetto BIOSEA, sono descritte e discusse le attività svolte dalla
U.O. da ottobre 2012 a dicembre 2013. Si precisa che alcune di esse sono state avviate in anticipo
rispetto all’inizio formale del Progetto (es. impostazione della rotazione barbabietola - sorgo,
avviata nell’autunno 2009; cfr. relazione del primo e secondo anno di attività). Per questo motivo, i
risultati fanno riferimento al triennio di attività 2010-2012. Le restanti attività sono state avviate
nell’autunno 2010 e sono state concluse entro il 2013. Pertanto, le scadenze programmate nel
Progetto BIOSEA dalla U.O. di Bari sono state attese.
171
In dettaglio, alcune attività di tipo preliminare a valenza introduttiva (es. analisi del territorio,
sistemi informativi territoriali (GIS) ed elaborazione di mappe tematiche) sono state concluse nel
secondo anno del progetto BIOSEA.
Le altre attività sperimentali sono state condotte e completate nell’ambito dell’intero periodo 20092013. Grazie ad esse, è possibile esprimere un giudizio di merito, suscettibile di integrazioni, circa
le potenzialità agronomiche di colture da biomassa con bassi input in ambienti semi-aridi del
Mezzogiorno.
Il bilancio del carbonio (caso studio del cardo ha costituito uno studio a sé stante, rispetto agli altri
argomenti trattati dalla U.O. In particolare, le attenzioni sono state rivolte all’approccio
metodologico relativo alla dinamica dei flussi di anidride carbonica tra la coltivazione e l’atmosfera.
Tabella 2.12.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento
Stato di avanzamento
Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta
Non avviato
Avviato/ in
corso
Concluso
Task 1.1 - Filiera Bio-termoelettrica
Sub-task 1.1.4 - Produttività della canna comune in funzione
dell’agrotecnica
X
Sub-task 1.1.5 - Bilancio del carbonio (caso studio del cardo)
X
Task 1.2 - Filiera Bio-diesel
Sub-task 1.2.2 - Effetti della lavorazione del terreno,
fertilizzazione azotata, epoca e densità di semina su b.
carinata
X
Task 1.3 - Filiera Bio-etanolo
Sub-task 1.3.2 - Tecniche colturali con livelli di input
differenziati (rotazione barbabietola - sorgo)
X
Task 4.2 - Analisi di impatto ambientale (LCA) (in
collaborazione con U.O. UNIBO) (caso studio del cardo)
X
Task 4.3- Analisi territoriale (GIS e mappe tematiche)
(caso studio della barbabietola da zucchero)
X
Task 4.2 - Analisi di impatto ambientale (LCA) (in
collaborazione con U.O. UNIBO)
172
2.12.1.2
Relazione sull’attività svolta
Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.4 (a cura di Mastrorilli et al.)
L’attività è stata realizzata presso l’Azienda Sperimentale “Sant’Anna” del C.R.A. - C.A.R. a
Monteroni (LE) (lat. 40° 33’ N; long. 18° 10’ E) su un terreno franco-sabbioso, povero di sostanza
organica (8 g kg-1), azoto totale (0,7 g kg-1) e fosforo assimilabile (4,2 mg kg-1) e sufficientemente
dotato di potassio scambiabile (270 mg kg-1).
L’impianto di canna comune (Arundo donax L.), già realizzato nell’inverno 2011 con talee di culmo
ma fallito per le proibitive condizioni ambientali (assenza di pioggia ed elevate temperature) e
agrotecnica errata (solchi superficiali e assenza di irrigazione), è stato ripetuto nell’anno successivo
(2012).
Le talee di culmo basali (1 m di lunghezza) sono state interrate in solchi profondi 0,2 m (anziché 0,1
m) subito dopo il loro prelievo avvenuto in situ (27 marzo 2012). Il materiale di propagazione è
stato collocato a dimora orizzontalmente lungo file binate, con una densità di 200 ml 100 ml-1. Il
dispositivo sperimentale ha previsto l'irrigazione di soccorso vs un test non irrigato soltanto
nell’anno d’impianto (cfr. relazione del secondo anno di attività). I trattamenti sono stati replicati tre
volte (parcella elementare di 100 m2).
La stagione irrigua è iniziata il 7 giugno e si è protratta sino al 5 settembre 2012. Sono occorsi 15
interventi irrigui con turno medio settimanale. Il volume irriguo stagionale è stato pari a un’altezza
d’acqua di 370 mm (pertanto, non si è trattato di veri e propri interventi di soccorso alias deficitari).
L’irrigazione è stata realizzata con il metodo della microportata (4 l h-1) e ali gocciolanti. Durante la
stagione irrigua, l'evapotraspirazione di riferimento (ETref) è stata 499 mm (equazione di PenmannMonteith) e il deficit idrico (ETref - Pioggia) -396 mm.
A partire dal 2013, l’Arundo non è stato più irrigato. Le cure colturali sono state le stesse della
stagione vegetativa precedente. L’Arundo non è stato sostenuto né da fertilizzazione né da diserbo,
eccezione fatta per tre interventi meccanici eseguiti con decespugliatori, dopo l’emergenza della
nuova vegetazione, sino agli inizi di agosto.
Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.5 a (a cura di Palumbo et al.)
L’obiettivo di questa sub-task è stato valutare l’adattamento del cardo (Cynara cardunculus L. var.
altilis DC.) a regime asciutto in ambiente mediterraneo semi-arido e con limitati input agrotecnici.
L’attività sperimentale, strettamente connessa a quella sul bilancio del carbonio (cfr. Rana et al.), è
stata condotta a Rutigliano (BA) presso l’Azienda Sperimentale “Maria Elisa Venezian-Scarascia”
del C.R.A. - S.C..A (lat. 41° 01’ N; long. 17° 01’ E; alt. 147 m s.l.m.).
L’impianto da seme (selezione massale di Fernandez e Curt del Politecnico di Madrid) è stato
realizzato il 30 ottobre 2009 su una superficie di un ettaro. A questa superficie nel 2010 è stato
affiancato un altro ettaro per adeguare il ‘fetch’ colturale alla tecnica di eddy covariance (EC)
utilizzata da Rana et al. (cfr. relazione sul bilancio del carbonio).
173
Il dispositivo sperimentale utilizzato per lo studio delle potenzialità agronomiche del cardo,
coltivato in asciutto in ambiente mediterraneo semi-arido, è stato organizzato con una
randomizzazione completa di 16 repliche nella porzione di campo impiantato nel 2009.
Il suolo,‘Lithic Rhodoxeralf’ (comune ‘terra rossa’), è caratterizzato da: pH = 7,0; total organic
Carbon (TOC) = 12,0 mg kg-1; total exchangeable Carbon (TEC) = 7.3 mg kg-1; tessitura argillosa.
Tra le costanti idrologiche, la capacità idrica di campo e il punto di appassimento permanente sono
pari al 30 e 18% sul peso secco, rispettivamente; la densità apparente è di 1,15 g dm-3.
La riserva d’acqua disponibile è relativamente modesta (da 80 a 140 mm), quale conseguenza della
roccia madre fessurata superficiale (0,6-1 m). Tuttavia, nonostante l’elevata variabilità spaziale, il
profilo longitudinale è omogeneo.
Il clima è ‘Mediterraneo termo-accentuato’, caratterizzato da inverni miti ed estati calde e siccitose.
La piovosità annua è pari a 535 mm (valore medio di 35 anni), con precipitazioni concentrate tra
l’autunno e l’inverno e scarse o assenti nella restante parte dell’anno. Pertanto, la pioggia è
inadeguata a soddisfare la richiesta evapotraspirativa ambientale (ETref) e il deficit idrico (ETref Pioggia) è -560 mm anno-1. In media, la velocità del vento è 2,8 m s-1, con direzione prevalente da
Nord-Ovest.
I principali parametri climatici sono stati rilevati tramite centralina elettronica (Data logger CR10
Campbell-USA e relativi sensori) presente nella stazione agrometeorologica aziendale.
All’inizio della terza stagione di crescita del cardo (settembre 2011), sono stati prelevati campioni
di terreno in quattro sub-unità del campo sperimentale, alla profondità di 0,2 e 0,4 m, al fine
misurare le variazioni della fertilità chimica in assenza completa di fertilizzazione (asportazioni
nette da parte della coltura). La stessa operazione è stata ripetuta dopo la raccolta del terzo ciclo
vegetativo del cardo (settembre 2012). I campioni di terreno sono stati setacciati e conservati al fine
di essere analizzati con fondi di ricerca diversi da quelli del progetto BIOSEA.
Durante la coltivazione del cardo, sono state rilevate le principali fasi fenologiche (emergenza,
rosetta, copertura dell’interfila, formazione dello scapo fiorale, inizio della fioritura, inizio della
maturazione del seme, inizio di senescenza della pianta, fine di senescenza della pianta, piena
maturazione del seme) e la loro durata.
Durante ciascuna fase sono stati eseguiti prelievi vegetali al fine di misurare l’accrescimento della
coltura. Sulla pianta sono stati determinati i parametri produttivi (peso fresco e secco di foglie, fusti
e capolini). La raccolta della biomassa è avvenuta il 9 agosto 2012.
Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.5 b (a cura di Rana et al.)
L’obiettivo di questa specifica attività di ricerca, strettamente collegata alla precedente (cfr.
Palumbo et al.), è stato verificare la sostenibilità ambientale del cardo da biomassa da un punto di
vista ecofisiologico e la chiusura del bilancio del carbonio (C), attraverso l’analisi delle componenti
di processo. Per realizzare ciò è occorso misurare: a) la Produzione Netta dell’Ecosistema (NEP),
174
definita come il flusso netto di anidride carbonica (CO2) tra l’atmosfera e la superficie sottostante;
b) le asportazioni di carbonio organico da parte della biomassa raccolta (FCharvest). La NEP è stata
misurata con approccio micro-meteorologico basato sulla tecnica eddy covariance (EC).
Sono state applicate le stesse procedure illustrate nella relazione del secondo anno:
-
controllo e calibrazione dei sensori in laboratorio e test di campo
acquisizione e analisi preliminare dei dati rilevati
implementazione e test di un programma di calcolo.
Per la misura dei flussi di CO2 è stata utilizzata una stazione ‘eddy’ composta da un anemometro
sonico (Metek) e un analizzatore veloce di H2O e CO2 (Licor 7500). I sensori sono stati installati a
circa 0.4 m dalla sommità della coltura, adeguandone l’altezza al crescere della canopy colturale.
In sintesi, il lavoro di campo ha riguardato: (i) l’adeguamento dell’altezza dei sensori in funzione
della crescita della coltura (mensilmente nel periodo marzo-maggio, settimanalmente da metà
maggio fino alla fioritura); (ii) la riparazione delle linee di alimentazione in caso di tranciatura dei
cavi; (iii) la raccolta e il controllo dei dati in linea (settimanalmente).
Task 1.2 Filiera Bio-diesel - Sub-task 1.2.2 (a cura di Montemurro et al.)
L’obiettivo di questa sub-task è stato valutare, in regime asciutto, gli effetti combinati di differenti
strategie di lavorazione e fertilizzazione organo-minerale sulle performance produttive di Brassica
carinata (cv. ‘CT 204’) avvicendata con orzo esastico (cv. ‘Lutece’). Dal secondo anno di attività,
sono state considerate anche due epoche (anticipata vs tradizionale) e tre densità di semina (elevata,
media, bassa).
Le attività sono state eseguite presso l’Azienda Sperimentale “Campo 7” del C.R.A. - S.S.C. di
Metaponto (MT) (lat. 40° 24’ N; long. 16° 48’ E; alt. 10 m s.l.m.) situata sui depositi argillosi
olocenici delle piane alluvionali compresi tra Bradano e Basento (‘Typic Epiaquerts’). Il clima
dell’areale è caratterizzato da un regime termico di tipo xerico, tipico delle regioni mediterranee
centrali, con inverni umidi e freschi ed estati calde e asciutte.
Il dispositivo sperimentale (split-plot con tre ripetizioni) è quello avviato nel 2010 (cfr. relazione
dei primi due anni di attività):
Lavorazioni (main plot)
- Superficiali (L1): frangizollatura e fresatura in prossimità della semina
- Tradizionali (L2): rippatura, due frangizollature e fresatura in prossimità della semina.
Strategie di fertilizzazione (sub-plot)
-
100 kg ha-1 di azoto somministrati in pre-semina con compost da residui solidi urbani (RSU
contenenti 1,9 % di N sulla sostanza secca) (ORG)
175
-
50 kg ha-1 di N somministrati in pre-semina con compost da RSU + 50 kg ha-1 di N minerale
somministrati in copertura con urea (N 46%) (ORG-MIN)
-
100 kg ha-1 di N somministrati in copertura con digestato anaerobico proveniente da residui
della lavorazione viti-vinicola (4,1% di N sulla sostanza secca) (DA)
-
Testimone non fertilizzato (N0).
Il compost è stato distribuito un mese e mezzo prima della semina (1 ottobre 2012), mentre il
digestato anaerobico e l’urea sono stati somministrati il 5 marzo 2013. La semina della brassica è
stata eseguita il 14 novembre 2012 con 12 kg ha-1 di seme.
In parallelo, è stata condotta una prova su densità ed epoca di semina sul Trattamento ‘L1 x ORGMIN’ (assunto quale trattamento a minimo impatto) . Sono stati confrontati i seguenti trattamenti:
Epoca di semina
- Anticipata, eseguita il 16 ottobre 2012 (circa un mese prima di quella ‘tradizionale’)
- Tradizionale, eseguita il 14 novembre 2012.
Densità di semina
Per ogni epoca di semina sono state confrontate le seguenti densità:
- 4 kg ha-1 di seme (bassa)
- 8 kg ha-1 di seme (media)
- 12 kg ha-1 di seme (elevata).
Task 1.3 Filiera Bio-etanolo - Sub-task 1.3.2 (a cura di Rinaldi et al.)
L’obiettivo della sub-task è stato confrontare tecniche agronomiche a basso impatto ambientale in
relazione a due fattori di variazione: la lavorazione del terreno e la fertilizzazione azotata applicate
su due colture finalizzate alla produzione di bio-etanolo (barbabietola da zucchero e sorgo
zuccherino).
Le attività sono state eseguite presso l’Azienda Sperimentale “Podere 124” del C.R.A. - S.C.A. a
Foggia (lat. 41° 8’ N; long. 15° 83’ E; alt. 90 m s.l.m.). Il suolo (‘VERTISOL’) è di origine
alluvionale, alcalino (pH = 8,33), limo-argilloso (sabbia = 13%, limo = 44%, argilla = 43%). Tra le
caratteristiche idrologiche, la capacità idrica di campo e il punto di appassimento permanente sono
pari al 39,6% e 19,5%. in volume, rispettivamente. Il clima è termo-mediterraneo accentuato, con
temperature che possono scendere sotto 0° C in inverno e superare 40° C in estate (con valori
giornalieri di evaporato che possono eccedere 10 mm da evaporimetro di classe A). La pioggia (550
mm, media di 55 anni) è irregolarmente distribuita nel corso dell’anno ed è concentrata
prevalentemente tra novembre e febbraio.
E’ stata considerata una rotazione biennale ‘barbabietola da zucchero-sorgo zuccherino’. Le colture,
presenti contemporaneamente, si sono alternate sulle medesime parcelle sperimentali.
176
E stato utilizzato un dispositivo sperimentale ‘split-plot’ con tre repliche, in cui il trattamento
principale (main plot) è rappresentato da due tipi di lavorazioni, mentre quello secondario (plot) da
tre livelli di fertilizzazione. Sono state confrontati due tipi di lavorazione: la lavorazione
superficiale (LS) vs. la non lavorazione del terreno con semina diretta (NL). In particolare, il
trattamento LS ha previsto un’aratura superficiale (20-25 cm) con pentavomere e una fresatura. Il
trattamento NL non ha previsto le operazioni colturali di aratura e fresatura. La fertilizzazione
azotata minerale è stata applicata con 75 (N_75) e 150 (N_150) kg ha-1 di azoto sotto forma di
nitrato ammonico (34%) vs. un testimone non concimato (N_0). Nel trattamento LS, la semina è
stata eseguita con una seminatrice meccanica di precisione, mentre nel trattamento NL è stata
utilizzata una seminatrice su sodo ‘Gaspardo’-‘No-Till 1040’, a una profondità <0,05 m, seguita da
una leggera fresatura nella zona interessata dagli assolcatori. La densità colturale è stata pari a 10 e
20 piante m-2, rispettivamente per la barbabietola e il sorgo.
La barbabietola da zucchero (cv ‘Autave’) è stata seminata il 1 dicembre 2011. La fertilizzazione
azotata minerale è stata eseguita il 2 febbraio 2012. Durante il ciclo colturale sono stati eseguiti
cinque interventi irrigui per un totale di 1680 m3 ha-1. La raccolta è stata eseguita il 18 luglio 2012.
Il sorgo zuccherino (cv ‘Sucro 506’) è stato seminato il 18 maggio 2012. Le dosi di fertilizzazione
azotata sono state somministrate il 29 luglio 2012. Durante il ciclo colturale sono stati eseguiti sei
interventi irrigui per un totale di 3000 m3 ha-1. La raccolta è avvenuta il 17 settembre 2012.
Sono stati determinati i parametri produttivi rappresentati, per la barbabietola da zucchero, dal peso
delle radici tal quale e dalla biomassa fresca e secca totale (ipogea più epigea) mentre, per il sorgo
zuccherino, dal peso della biomassa fresca e secca totale (foglie, fusti e panicolo). Il peso secco è
stato ottenuto mediante essiccamento in stufa a 70°C sino al raggiungimento del peso costante. Per
entrambe le colture è stato misurato il tenore in zuccheri attraverso l'impiego del rifrattometro
digitale modello PR 32 ATAGO Palette.
Sono state calcolate l’efficienza d'uso dell’acqua irrigua (IWUE, kg m-3), mediante il rapporto tra la
produzione e l’acqua distribuita, e l’efficienza d'uso dell’azoto (NUE, kg kg-1), mediante il rapporto
tra la produzione e l’azoto somministrato.
Tutti i dati sono stati sottoposti all’analisi statistica con il software SAS/STAT. La separazione delle
medie è avvenuta con il test LSD. E’ stato considerato il livello di significatività P < 0,05.
Task 4.2 - Analisi di impatto ambientale (LCA) (cfr. Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Subtask 1.1.5 b)
Tra le attività svolte dal dr Domenico Vitale, co.co.co. per dieci mesi a carico del Progetto BIOSEA
(luglio 2011-aprile 2112) presso il C.R.A. – S.C.A. di Bari, è rientrata l’analisi di impatto
ambientale (Life Cycle Assessment, LCA) del cardo da biomassa, caso studio di una coltura
energetica erbacea perenne a basso impatto in regime di aridocoltura.
Per la valutazione dei carichi ambientali nell’intero ciclo di vita del prodotto, sono stati forniti i dati
necessari all’implementazione del software dedicato SIMAPRO al Dipartimento di Scienze e
Tecnologie Agro-ambientali dell’Università di Bologna (U.O. n. 4 del Progetto BIOSEA) sulla base
177
di dati sperimentali inediti forniti dal dr A. Domenico Palumbo e dr.ssa Laura D’Andrea (cfr. Task
1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.5 a).
Nello specifico, sono state individuate, caratterizzate e quantificate:
-
le operazioni effettuate nell’impianto (aratura, frangizollatura, etc.) per tipologia di macchina;
profondità dell’intervento, numero e durata dell’intervento, potenza della macchina utilizzata;
le concimazioni per tipologia di fertilizzante impiegato e dosaggio;
il materiale propagativo per tipologia e dosaggio;
i trattamenti per modalità, principio attivo e dosaggio;
la produzione areica media annua suddivisa tra foglie, fusti, capolini, e acheni.
Task 4.3 Analisi Territoriale (a cura di Castrignanò et al.)
Attività conclusa nel 2012 (cfr. relazioni del primo e secondo anno di attività).
Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi
riscontrati e soluzioni adottate per superarli
A Metaponto (MT), la coltivazione di brassica carinata cv ‘CT 204’ è stata compromessa da basse
temperature (4-6 dicembre 2012) accompagnate da venti freddi provenienti dai quadranti di Nord. A
distanza di una decina di giorni da questi eventi, eccezionali per l’area, la coltura è stata
letteralmente scalzata, come conseguenza degli apparati radicali non più aderenti al terreno e
sollevati. Entro la prima decade di gennaio 2013, la coltura di brassica era irrimediabilmente fallita
né è servita una risemina a metà marzo, poiché il seme non è germinato a causa della siccità e della
crosta superficiale del terreno.
Eventuali miglioramenti o approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale
-
-
-
A partire dall’autunno 2010, il campo di cardo a Rutigliano (BA) è stato ampliato a due ha, al
fine di consentire le campagne di misure micro-meteorologiche di scambi gassosi (flussi di
CO2) attraverso gli anemometri sonici (tecnica dell’eddy covariance) con un adeguato ‘fetch’.
La coltivazione del cardo è stata oggetto della tesi di dottorato in ‘Agronomia Mediterranea’ dal
titolo ‘Potenzialità energetiche del cardo (Cynara cardunculus L. var. altilis DC) in ambiente
mediterraneo’ (Facoltà di Agraria di Bari, Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali,
tutor Prof. Giuseppe De Mastro, co-tutor Dr A. Domenico Palumbo, Dottoranda Dr.ssa Laura
D’Andrea).
In occasione della tesi di dottorato, discussa l’8 giugno 2012, accanto alla filiera lignocellulosica è stato discusso anche il contributo della coltura alla filiera bio-diesel.
Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale
Nel corso del terzo anno del Progetto BIOSEA, le attività svolte dalla UO del C.R.A.-S.C.A. di Bari
sono procedute regolarmente, secondo la programmazione prevista.
178
2.12.1.3
Risultati conseguiti
Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.4 (a cura di Mastrorilli et al.)
L'impianto di Arundo, realizzato nel 2012, non è stato più irrigato a partire dalla primavera del
2013. Durante la stagione primaverile-estiva, nel periodo più caldo e siccitoso (maggio-agosto), la
temperatura media dell'aria (alt. 2 m) è stata 24,7 °C e l'evapotraspirazione di riferimento 609 mm
(equazione di Hargreaves) (tabella 2.12.1.2).
Tabella 2.12.1.2 – Temperatura minima e massima dell’aria (misurata a 2 m) ed Evapotraspirazione
di riferimento (ETref) cumulata (mm mese-1). Monteroni (LE), Gennaio-Novembre 2013
MESE
T min (°C)
T max (°C)
ETref (mm)
Gennaio
6,0
13,1
31
Febbraio
5,3
12,4
27
Marzo
9,2
15,6
55
Aprile
10,5
20,8
80
Maggio
15,5
25,3
122
Giugno
18,8
28,9
141
Luglio
21,1
32,0
165
Agosto
22,5
33,1
181
Settembre
18,0
28,2
122
Ottobre
15,1
23,6
83
Novembre
11,0
18,3
48
Dicembre
6,8
15,0
36
Nel secondo anno di coltivazione dell’Arundo, le operazioni colturali sono state meno frequenti e
impegnative rispetto all’anno d’impianto. In particolare: su tutte le parcelle è stato distribuito azoto
minerale con funzione di ‘starter’ (50 kg ha-1 come nitrato ammonico, 34%) il 4 marzo 2013; il
controllo della flora infestante, prevalentemente specie perenni quali cipero comune (Cyperus
rotundus) e stoppione (Cyrsium arvense), è stato gestito con tre passaggi di decespugliatore in data
29 aprile, 3 giugno e 5 agosto 2013. La raccolta è stata eseguita il 3 ottobre 2013, con netto anticipo
rispetto alla norma (in pieno inverno quando il contenuto di umidità della biomassa è minimo)
poiché la stagione estiva è stata particolarmente siccitosa e la vegetazione è disseccata anzitempo.
Nella tabella 2.12.1.3 sono riportati i parametri produttivi dell’Arundo al secondo anno
dall’impianto.
179
Tabella 2.12.1.3 - Produzioni areiche e parametri agronomici caratterizzanti l’Arundo in
conseguenza della stagione irrigua del 2012. Monteroni (LE), ottobre 2013
Peso fresco
biomassa
(t ha-1)
Peso secco
biomassa
(t ha-1)
Altezza culmo
(m)
Diametro culmo
(mm)
Arundo irriguo
19,4
13,9
2,65
16,62
Arundo asciutto
8,8
5,1
2,41
14,23
Trattamento
L’irrigazione di soccorso, eseguita nell’anno d’impianto, ha determinato un incremento di biomassa
più che doppio, in termini di biomassa fresca, e quasi triplo, in termini di biomassa secca. La
percentuale numerica di sopravvivenza dell’impianto, in media, è stata pari all’80% in conseguenza
dell’irrigazione e di appena il 44%, in sua assenza. A ciò va aggiunta un’estrema variabilità tra
blocchi (dev. st = 15 vs. 30,6 piante sopravvissute, rispettivamente nel trattamento irrigato vs.
asciutto). Di conseguenza, la flora infestante ha preso il sopravvento sulla coltura all’interno delle
radure sparse.
Sebbene sia stata limitata a due anni, l’attività svolta a Monteroni in ambiente mediterraneo semiarido con decorso siccitoso della stagione primaverile-estiva, ha confermato la necessità di curare
con molta attenzione la fase d’impianto dell’Arundo, per quanto riguarda non soltanto la scelta del
tipo di propagazione (rizoma, talee etc.) ma soprattutto l’irrigazione e il controllo della flora
infestante. A proposito di quest’ultima, deve essere considerato che la coltivazione della canna
comune è caratterizzata dall’assenza della sua vegetazione per circa quattro mesi (dalla raccolta alla
copertura delle file con la nuova vegetazione, ossia da gennaio-febbraio ad aprile-maggio) e che
l’effetto pacciamante dei residui colturali giova, tra le altre cose, non soltanto alla coltura ma anche
alla flora infestante che approfitta per colonizzare lo spazio lasciato a sua disposizione.
Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.5 a (a cura di Palumbo et al.)
L’attività svolta a Rutigliano (BA), presso l’azienda sperimentale “M.E. Venezian-Scarascia” del
C.R.A.-S.C.A. nel terzo anno di coltivazione (2011-2012) del cardo da energia (Cynara
cardunculus L. var. altilis DC.) ha riguardato principalmente lo studio della crescita e sviluppo
della coltura.
L’attività di questa sub-task (potenzialità energetiche del cardo in regime asciutto) è strettamente
legata all’attività della sub-task successiva (bilancio del carbonio, 1.1.5 b)
Durante l'accrescimento, sono state rilevate le principali fasi fenologiche e la loro durata.
Durante ciascuna fase sono stati eseguiti prelievi sulla pianta e sul capolino al fine di osservare
l’accrescimento della coltura di cardo.
180
Sulla pianta alla raccolta sono stati determinati:
-
parametri morfologici (altezza della pianta, numero capolini per pianta, diametro dei fusti);
-
parametri produttivi (peso fresco e secco di foglie, fusti e capolini).
I principali risultati sono riportati nelle successive Tabelle (2.12.1.4, 2.12.1.5 e 2.12.1.6) e Figure
(2.12.1.1 e 2.12.1.2).
Tabella 2.12.1.4 - Produzione di biomassa totale del cardo, ripartita in foglie, fusti e capolini, al
terzo anno dalla semina (t ha-1). Rutigliano (BA), agosto 2012
Parti della pianta
Media
Dev. St.
Foglie
7,38
1,47
Fusti
6,50
1,19
Capolini
3,62
0,56
Biomassa totale
17,50
2,98
Figura 2.12.1.1 - Ripartizione percentuale della biomassa del cardo al terzo anno dalla semina.
Rutigliano (BA), agosto 2012
Capolini
21%
Foglie
42%
Fusti
37%
181
Tabella 2.12.1.5 - Produzione dei capolini principali, secondari e terziari del cardo al terzo anno
dalla semina (t ha-1). Rutigliano (BA), agosto 2012
Ordine del capolino
Media
Dev. St.
Principali
1,13
0,13
Secondari
1,80
0,27
Terziari
0,69
0,25
Biomassa totale
3,62
0,56
Figura 2.12.1.2 - Ripartizione percentuale dei capolini del cardo (principali, secondari e terziari) al
terzo anno dalla semina. Rutigliano (BA), agosto 2012
Terziari
19%
Principali
31%
Secondari
50%
Tabella 2.12.1.6 - Diametro del fusto del cardo (mm) al terzo anno dalla semina. Rutigliano (BA),
agosto 2012
Posizione sul fusto
Media
Dev.St.
sotto il capolino principale
5,3
0,4
alla 1° inserzione
14,0
0,8
a 60 cm dalla base
13,7
0,8
a 40 cm dalla base
17,7
1,1
a 20 cm dalla base
21,5
1,7
alla base
27,9
2,9
182
Attività collaterali
Nell’ambito delle attività BIOSEA, la Dott.ssa Laura D’Andrea ha conseguito il titolo di Dottore di
Ricerca in “AGRONOMIA MEDITERRANEA”, alla Scuola di Dottorato in “Produzioni Vegetali,
Alimenti e Ambiente”- Università degli Studi di Bari – Aldo Moro, (Ciclo XXIV con inizio il
02/01/2009 e sino al 31/12/2011, con esame finale l’8 giugno 2012). Titolo della tesi:
“POTENZIALITÀ ENERGETICHE DEL CARDO (CYNARA CARDUNCULUS L. VAR. ALTILIS
DC.) IN AMBIENTE MEDITERRANEO”. Sigla del Settore Scientifico Disciplinare: AGR/02.
Supervisori: Prof. Giuseppe De Mastro (Dipartimento di Scienze Agroambientali e Territoriali –
Facoltà di Agraria) e Dott. A. Domenico Palumbo (Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in
Agricoltura C.R.A. – S.C.A. di Bari).
Contestualmente alla tesi di dottorato, è stata eseguita una ricerca bibliografica sulla coltura del
cardo, sperimentata in Italia e in altri Paesi del Mediterraneo, al fine di osservare l’affinità di
coltivazione in base al clima e alle potenzialità energetiche. Lo studio ha riguardato anche le
tecniche di trasformazione relative alla filiera lignocellulosica, al bioetanolo di seconda
generazione, agli olii vegetali. Inoltre è stata valutata la potenzialità energetica del cardo a
confronto con altre colture energetiche.
Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.5 b (a cura di Rana et al.)
Il calcolo dei flussi mediante la tecnica ‘eddy covariance’ è stato condotto campionando i fenomeni
caratterizzati da alta frequenza. Le variabili oggetto d’interesse (componenti della velocità del
vento, temperatura sonica, concentrazioni di vapore acqueo e di anidride carbonica) sono state
campionate in continuo a una frequenza pari a 10 Hz (ovvero 10 osservazioni per secondo) da
Dicembre 2009 fino ad Agosto 2012.
In commercio vi sono numerosi software capaci di calcolare i flussi da dati acquisiti tramite
anemometri sonici. Tuttavia, questi programmi hanno il difetto di non essere ‘open source’, cioè di
non poter essere modificati secondo le esigenze specifiche che possono emergere nelle fasi della
ricerca sperimentale. Infatti, è necessario controllare e definire tutte le variabili misurate ad alta
frequenza per seguire efficacemente gli andamenti dei flussi di CO2 e di H2O di una qualsiasi
coltura (es. cardo) con caratteristiche aerodinamiche molto complesse [rugosità elevata e crescita
non uniforme, sia per la variabilità spaziale che per quella genetica].
Da qui sorge la necessità di controllare e modificare, secondo le esigenze, il codice sorgente di un
software di calcolo EC e, pertanto, lo sviluppo di un programma specifico che contribuisce al valore
aggiunto della ricerca eseguita nel Progetto BIOSEA.
Riguardo il calcolo dei flussi di CO2, sono stati processati i raw data provenienti dalla stazione
eddy collocata nel campo di coltivazione del cardo.. Le variabili rilevate sono state la velocità del
vento (nelle sue componenti u, v, w), la temperatura (sonica) e le concentrazioni di vapore acqueo e
anidride carbonica. Le osservazioni hanno coperto i periodi compresi tra il 23 Novembre 2009 e il
31 Agosto 2010 con una percentuale di dati mancanti pari al 3,4%; dal 4 Novembre 2010 al 23
183
Agosto 2011 con una percentuale di dati mancanti del 9,8%; dal 6 Settembre 2011 al 7 Agosto 2012
con una percentuale di dati mancanti del 2%.
In figura 2.12.1.3, sono rappresentati gli andamenti giornalieri degli scambi di CO2 di alcuni giorni
dell’anno (30 Marzo, 18 Maggio e 16 Giugno per il 2010; 7 Marzo, 15 Maggio e 3 Giugno per il
2011; 11 Marzo, 10 Aprile e 1 Giugno per il 2012).
Figura 2.12.1.3 - Andamento giornaliero degli scambi di anidride carbonica calcolati tramite
tecnica Eddy Covariance durante gli anni 2010 (a), 2011 (b) e 2012 (c)
(segue)
184
(segue)
La scelta dei giorni è stata condizionata dalle condizioni di stazionarietà delle serie storiche di dati e
dalla stabilità della covarianza.
Gli andamenti dei flussi di CO2 sono negativi durante le ore diurne (indicano la fase di
assorbimento di anidride carbonica come conseguenza del processo di fotosintesi) e positivi durante
le ore notturne quando (per effetto dei processi di respirazione, si assiste a una fase di rilascio del
gas in atmosfera).
Considerando i flussi dei diversi giorni come rappresentativi delle variazioni stagionali, non si
notano differenze nei picchi particolarmente evidenti. In media durante le ore diurne i picchi dei
flussi si aggirano intorno ai -15 micromoli m-2 s-1.
Task 1.2 Filiera Bio-diesel - Sub-task 1.2.2 (a cura di Montemurro et al.)
Brassica carinata
Nelle fasi iniziali del ciclo colturale, le basse temperature notturne occorse nella prima settimana di
dicembre (>-2 °C) associate ai venti freddi dai quadranti di Nord hanno danneggiato in modo
irrimediabile e definitivo le plantule della Brassica carinata, prima che queste avessero formato una
rosetta di consistenti dimensioni. Il danno irreversibile ha interessato sia le plantule della semina di
ottobre (epoca ‘anticipata’) che quelle della semina di novembre (epoca ‘tradizionale’). Più
precisamente, si è verificata una repentina diminuzione della temperatura minima di oltre 8 °C in
poche ore, passando dal 3 al 4 dicembre 2012.. È noto, a tal proposito, che le Brassicacee risultano
resistenti alle basse temperature a condizione che abbiano raggiunto la fase di rosetta. Ciò non è
avvenuto per entrambe le epoche di semina a causa dell’assenza di precipitazioni, tra la fine di
ottobre e la prima quindicina di novembre.
Di conseguenza, nel tentativo di ripristinare il dispositivo sperimentale in atto (fertilizzazione
organo-minerale applicata in parte, cfr. metodologia), si è proceduto ad una risemina primaverile.
Anche in questo secondo caso, l’assenza completa di eventi piovosi significativi non ha consentito
185
la germinazione dei semi e l’emergenza della coltura. Pertanto, con riferimento alla Brassica
carinata, la sperimentazione del terzo anno non ha fornito alcun risultato numerico.
Gli unici dati produttivi sono pertanto riferiti all’orzo avvicendato alla brassica.
Orzo esastico
I dati produttivi (Tabella 2.12.1.7) mostrano che la lavorazione tradizionale (L2) ha determinato un
incremento della resa in granella e in paglia pari rispettivamente al 75% e al 46% rispetto a quella
superficiale (L1). Pertanto, nelle annate caratterizzate da piovosità distribuita irregolarmente e con
eventi di forte intensità, le produzioni migliori sono state raggiunte dal trattamento L2 che ha
consentito una percolazione rapida dell’acqua in eccesso. L’intensificazione dei trattamenti
meccanici al suolo ha anche incrementato sostanzialmente la produzione della paglia (1,73 vs. 1,18
t ha-1) ma non il peso dei mille semi e l’altezza media della pianta. Anche nel terzo anno di
sperimentazione, il trattamento fertilizzante ORG-MIN ha determinato i migliori risultati produttivi,
in termini di resa in granella (1,72 t ha-1) e resa in paglia (1,98 t ha-1). Le altre due tipologie di
fertilizzazione non sono state sostanzialmente dissimili dal testimone non concimato. Nessuna
differenza è stata riscontrata per il peso dei mille semi e gli altri parametri rilevati (altezza della
pianta e coefficiente di accestimento).
Tabella 2.12.1.7 - Risposta agronomica dell’orzo esastico cv. ‘Lutece’ ai trattamenti di lavorazione
e fertilizzazione organo-minerale del terreno. Metaponto (MT), giugno 2013
Trattamenti
Lavorazioni
L1
L2
Fertilizzazione
DA
ORG
ORG-MIN
N0
Granella
(t ha-1)
Peso 1000 semi
(g)
Paglia
(t ha-1)
Altezza pianta
(cm)
Coeff. Accestimento
(culmi pianta-1)
0,81
1,42
*
36,08
35,93
n.s.
1,18
1,73
*
60,83
62,08
n.s.
2,05
1,68
n.s.
0,86
1,07
1,72
0,80
*
37,16
34,23
35,12
37,50
n.s.
1,21
1,52
1,98
1,10
*
60,83
61,66
60,83
62,50
n.s.
1,61
2,16
1,80
1,88
n.s.
Task 1.3 Filiera Bio-etanolo - Sub-task 1.3.2 (a cura di Rinaldi et al.)
Nella figura 2.12.1.4 è riportato l’andamento climatico da novembre 2011 ad agosto 2012, in
confronto con la media di lungo periodo (dal 1952 al 2008), relativamente a temperatura massima
(Tmax), temperatura minima (Tmin) e pioggia cumulata mensile.
186
Figura 2.12.1.4 - Andamento della temperatura massima e minima e della pioggia cumulata
mensile. Foggia, annata agraria 2011/12 vs. lungo termine (1952-2008)
120
Annata 2011/12
50
100
40
80
30
60
20
40
10
20
0
Pioggia (mm)
Temperatura ( C)
60
0
Nov
Dic
Gen
Feb
Mar
Apr
Mag
Giu
Lug
Ago
PIOGGIA L.T.
Pioggia 2011-12
T min L.T.
T min 2011-12
T max L.T.
T max 2011-12
Set
Ott
Si evidenziano degli scostamenti positivi, specie per la Tmax, sempre superiore ai valori di lungo
termine, anche di +3.5 °C a livello medio mensile. Unica eccezione è stato il mese di febbraio,
sostanzialmente più freddo di circa 2,9 °C rispetto al lungo periodo. Particolarmente caldi sono stati
i mesi da giugno ad agosto, mediamente con circa +2,6 °C vs. i valori registrati nel lungo periodo.
Per quanto riguarda la pioggia, l’annata agraria 2011/12 si è contraddistinta per un valore cumulato
nettamente inferiore a quello di lungo periodo (310 vs. 452 mm), con una sistematica ridotta
piovosità, con le sole eccezioni nei mesi di febbraio e aprile. I mesi di giugno e agosto 2012 sono
stati, infine, caratterizzati da una completa assenza di precipitazioni che, unitamente ai picchi
termici, hanno condizionato e accresciuto le richieste evapotraspirative durante la fase finale dei
cicli colturali sia della barbabietola sia del sorgo.
L’analisi statistica ha evidenziato alcuni effetti principali significativi, ma non per l’interazione
“Lavorazione x Azoto”.
Barbabietola da zucchero (Tabella 2.12.1.8)
In questo terzo anno di attività, il livello produttivo della barbabietola ha risentito in maniera
significativa sia della carenza di precipitazioni nel periodo estivo, non adeguatamente compensata
dall’irrigazione deficitaria applicata (168 mm come volume irriguo stagionale) sia della brevità
dell’avvicendamento: infatti, sono state registrate rese in radici fresche molto basse ed
economicamente non sostenibili (24 t ha-1). Ciò ha evidenziato la difficoltà a praticare
avvicendamenti con la barbabietola troppo stretti, specie se in condizioni di sussidio idrico limitato.
La produzione di biomassa secca, allo stesso modo, è stata ridotta (in media 8,5 t ha -1), così come la
produzione per ettaro di saccarosio (5,5 t ha-1), tutte in calo rispetto ai due anni precedenti. Il
187
contenuto percentuale in Solidi Solubili Totali è risultato, al contrario, maggiore rispetto al biennio
precedente (23% rispetto al 19%, in media), a conferma di una coltura più stressata da un punto di
vista idrico.
In questo terzo anno di prova non sono emerse differenze per le variabili esaminate tra le due
modalità di lavorazione adottate, a dimostrazione del raggiungimento nel suolo di un plateau che ha
reso la semina diretta ugualmente produttiva rispetto a quella superficiale.
Per quanto riguarda la concimazione azotata, al terzo anno di applicazioni ripetute sulle stesse
parcelle, le differenze produttive hanno evidenziato una significativa componente lineare: il
testimone non concimato è risultato in assoluto il meno produttivo, il trattamento N_150 invece, il
più produttivo, mentre il trattamento N_75 sempre con valori intermedi per le variabili “Radici
fresche”, “Biomassa secca” e “Saccarosio per ettaro”. Pertanto, si è accentuata la sensibilità della
barbabietola all’impoverimento dell’azoto nel suolo in assenza di apporti antropici, in questo caso
per tre anni consecutivi. Non sono emerse, invece, differenze per quanto riguarda il contenuto
percentuale di Solidi Solubili Totali.
Sorgo zuccherino (Tabella 2.12.1.9)
A differenza di quanto osservato per la barbabietola da zucchero, il sorgo zuccherino non ha
risentito di problemi di “stanchezza” del terreno legati alla brevità dell’avvicendamento. Anzi, in
questo terzo anno di esperimento, il sorgo ha fatto registrare ottimi risultati produttivi, paragonabili
a quelli del primo anno di prova.
La resa media di biomassa secca (27 t ha-1) è stata, infatti, molto elevata e di sicuro interesse ai fini
della produzione di bio-etanolo.
In questo terzo anno il rifornimento irriguo è stato maggiore rispetto ai due anni precedenti (300
mm vs 130 mm nel primo e 176 mm nel secondo anno) a causa della più elevata richiesta
evapotraspirativa: infatti, i 300 mm sono stati distribuiti in due applicazioni alla semina-emergenza
di 30 mm ciascuna e quattro applicazioni di 60 mm ciascuna durante il ciclo colturale. Questo
volume stagionale irriguo ha in parte contribuito ad annullare le differenze tra trattamenti che ci si
aspettava, per cui né la modalità di semina e né la quantità di N applicato hanno evidenziato
differenze all’analisi statistica. Stesso discorso vale per l’interazione ‘Lavorazione x Azoto’.
In questo terzo anno di attività, il sorgo zuccherino ha prodotto allo stesso livello del primo anno,
ma le piante hanno presentato alla raccolta un contenuto minore di sostanza secca (in percentuale) e
di solidi solubili totali nel succo zuccherino estratto dai culmi, rispetto a quanto osservato nei due
anni precedenti. Questo è derivato dal fatto che l’apporto irriguo più abbondante di questa annata,
unito alla piovosità delle due settimane che hanno preceduto la raccolta (82 mm) hanno provocato
una diluizione significativa del contenuto in biosintetati sia del culmo (Solidi Solubili Totali) che
dell’intera pianta (Sostanza Secca).
La tesi non lavorata (NL) è apparsa leggermente superiore a quella con lavorazione superficiale
(LS), anche se la differenza non è risultata significativa all’analisi statistica. Tuttavia, questo
188
risultato è di indubbio interesse, perchè evidenzia la possibilità di ridurre i costi di gestione della
coltura attraverso la semina diretta.
La risposta produttiva agli incrementi di azoto somministrato è stata pressoché nulla, evidenziando
come in questi ambienti un rifornimento idrico ottimale può spesso compensare deficit nutrizionali.
In definitiva, da questo terzo anno di prova, emerge come la pratica della semina su sodo abbia
portato il suolo ad un regime abbastanza stabile per cui le produzioni delle due specie in
avvicendamento non hanno subito alcuna riduzione dalla semina diretta. La brevità
dell’avvicendamento ha penalizzato la produttività della barbabietola ma non quella del sorgo
zuccherino.
Per la risposta alla fertilizzazione azotata, la barbabietola da zucchero ha evidenziato una maggiore
sensibilità alla mancanza di apporto azotato, rispetto a quanto evidenziato dal sorgo zuccherino, la
cui risposta è stata maggiormente influenzata dal soddisfacimento delle esigenze idriche.
Le analisi chimiche, attualmente in corso, del contenuto in macroelementi e di sostanza organica nel
suolo potranno fornire ulteriori valutazioni sul grado di sostenibilità di questi percorsi agronomici
per la produzioni di biomassa a fini energetici.
189
Tabella 2.12.1.8 - Principali parametri produttivi della barbabietola da zucchero. Foggia, 2012
Radici fresche
(t ha-1)
Biomassa secca
(t ha-1)
Solidi Solubili
Totali
(%)
Saccarosio
(t ha-1)
LS
25,0 (± 9,9)
8,1 (± 4,0)
21,9 (± 2,9)
5,6 (± 2,8)
NL
23,2 (± 7,1)
11,2 (± 4,7)
23,8 (± 1,1)
5,5 (± 1,6)
N_0
17,4 (± 6,6) b
5,6 (± 2,3) b
22,2 (± 1,6)
3,8 (± 1,7) b
N_75
25,6 (± 7,0) ab
9,7 (± 2,7) ab
23,5 (± 1,8)
6,1 (± 1,9) ab
N_150
29,4 (± 7,4) a
13,7 (± 4,3) a
22,8 (± 3,3)
6,7 (± 3,8) a
Trattamento
Nota: A lettere differenti corrispondono valori significativamente diversi (test LSD; P<0.05)
Tabella 2.12.1.9 - Principali parametri produttivi del sorgo zuccherino. Foggia, 2012
Biomassa fresca
t ha-1
Biomassa secca
t ha-1
Solidi Solubili
Totali
%
Sostanza secca
%
LS
112,7 (± 17,3)
24,8 (± 6,7)
4,75 (± 0,76)
21,7 (± 3,2)
NL
119,2 (± 18,0)
28,8 (± 7,8)
4,88 (± 0,99)
23,8 (± 4,1)
N_0
114,9 (± 21,1)
24,7 (± 4,4)
5,38 (± 1,16)
21,5 (± 1,4)
N_75
118,4 (± 10,8)
28,9 (± 7,6)
4,62 (± 0,62)
24,1 (± 4,7)
N_150
114,5 (± 20,0)
26,8 (± 9,1)
4,45 (± 0,34)
22,8 (± 4,1)
Trattamento
Nota: A lettere differenti corrispondono valori significativamente diversi (test LSD; P< 0.05)
Task 4.2 - Analisi di impatto ambientale (LCA) (vedi Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica- Subtask 1.1.5, Relazione sull’attività svolta & Risultati)
In relazione al terzo anno di attività del Progetto, la produzione areica del cardo da biomassa
(suddivisa tra foglie, fusti, capolini, e acheni) è quella illustrata nei risultati ‘Filiera Biotermoelettrica - Sub-task 1.1.5 a’, mentre resta invariato il restante data set richiesto per
l’implementazione del software SIMAPRO.
190
2.12.1.4
Divulgazione dei risultati
Giornate tecniche e in campo
-
-
“Il CRA – CAR a Monteroni di Lecce – Incontro con la Municipalità di Monteroni di Lecce”.
“Il Progetto BIOSEA: le prove sperimentali in atto su Arundo donax” di M. Mastrorilli.
Monteroni di Lecce (LE), 12 maggio 2013.
“Le Brassicacee idonee per il biodiesel”. Relazione ad invito “I risultati ottenuti nel Sud Italia”
di Giuseppe De Mastro e A. Domenico Palumbo. Legnaro (PD), 18 giugno 2013.
Presentazione a convegni
-
-
LXII Convegno della Società Italiana di Agronomia, Reggio Calabria, 18-20 settembre 2013.
Relazione orale di Palumbo, A. D., Vonella, A. V., Garofalo, P., D’Andrea, L., Rinaldi, M.
“Risposta di una Rotazione Biennale ‘Barbabietola da Zucchero-Sorgo Zuccherino’ a Itinerari
Agronomici Diversificati per la Lavorazione e la Fertilizzazione del Suolo in Regime Irriguo”.
In Atti del LXII Convegno della Società Italiana di Agronomia, Reggio Calabria, 18-20
settembre 2013. Sessione Sistemi Colturali, 11-15.
LXII Convegno della Società Italiana di Agronomia, Reggio Calabria, 18-20 settembre 2013.
Poster di Palumbo, A. D., Fiore, A., Diacono, M., D’Andrea, L., Montemurro, F.. “Risposta di
Brassica Carinata a Itinerari Diversificati di Lavorazione e Fertilizzazione del Suolo in Regime
Asciutto”. In Atti del LXII Convegno della Società Italiana di Agronomia, Reggio Calabria, 1820 settembre 2013. Sessione Gestione del Suolo e delle Risorse, 131-133.
Articoli
1) Palumbo, A. D., Vonella, A. V., Garofalo, P., D’Andrea, L., Rinaldi, M. Response of a TwoYear 'Sugar Beet-Sweet Sorghum' Rotation as Influenced by Agronomic Management
Diversified for Soil Tillage and Nitrogen Fertilization. Italian Journal of Agronomy (submitted
4-12-2013).
191
2.12.2 Sintesi delle attività svolte dall’unità operativa nel corso del triennio
2.12.2.1
Breve sintesi delle attività e dei risultati di progetto
L’U.O. n. 12, C.R.A. - S.C.A. ha contribuito al Progetto BIOSEA con la ricerca dal titolo
“Potenzialità agronomiche degli ambienti meridionali per sistemi colturali agro-energetici”
(responsabile scientifico dr Angelo Domenico Palumbo). I risultati ottenuti nel triennio sono stati
illustrati nelle prime due relazioni annuali (2011 e 2012) e nella presente relazione (2013) che
illustra le attività dell’anno e la sintesi dei risultati ottenuti nell’intero triennio 2011-2013.
L’U.O. ha articolato la propria attività in diversi temi di ricerca, affidati ad altrettante sub-task. In
linea di massima, questi argomenti possono essere raggruppati come segue:
-
analisi territoriale
bilancio del carbonio
sistemi colturali ‘esistenti’ in irriguo
sistemi colturali ‘esistenti’ in asciutto
casi studio di colture da biomassa erbacee perenni.
L’analisi territoriale è servita a delineare aree idonee alla coltivazione della barbabietola da
zucchero a fini energetici (filiera del bio-etanolo). Lo studio ha proposto un approccio combinato di
geostatistica e clustering geografico, in grado di fornire strumenti utili per tracciare i confini tra aree
agro-ecologiche differenti. La maggior parte delle definizioni di ‘attitudine ambientale’ considera la
capacità della coltura alla produzione. L’attitudine, però, non può essere definita sulla base di un
unico processo, poiché si tratta di un concetto estremamente complesso che può riguardare diversi
aspetti (ambientale, economico, sociale, culturale) ed è caratterizzato da proprietà dinamiche,
ampiamente variabili nello spazio e nel tempo.
Il beneficio ambientale di una coltura si misura dalla quantità di carbonio che essa riesce a
sequestrare dall’atmosfera durante la sua stagione di crescita. Il bilancio del carbonio è stato
applicato al caso studio del cardo da biomassa. La campagna triennale di misure micrometeorologiche è servita a definire in quale misura la produzione di energia superi o meno il
consumo di energia richiesto per la crescita. Questo aspetto è collegato, oltre che alla specie e alle
condizioni climatiche, anche alle pratiche agronomiche seguite per ottimizzare la resa di biomassa.
Il tutto si traduce nel cosiddetto “net energy yield” pari alla differenza tra gli input necessari alla
produzione di biomassa e l'output energetico ottenuto..
Nei sistemi colturali ‘esistenti’ caratterizzati da colture erbacee (es. barbabietola-sorgo zuccherino
per la filiera bio-etanolo, brassica carinata per la filiera bio-diesel) sono emerse indicazioni utili per
il management di queste colture energetiche con bassi livelli di input. La riduzione di apporti azotati
minerali non è stata tollerata dalla barbabietola, che non garantisce un adeguato e costante livello
produttivo. Viceversa, il sorgo zuccherino ha dimostrato di essere un ottimo utilizzatore sia
dell’azoto che dell’acqua, come è stato attestato dagli elevati valori di efficienza d’uso dell’azoto
somministrato alla coltura (NUE) e dell’acqua di irrigazione (IWUE). Per entrambe le colture, non
192
sono emerse differenze tra le due modalità di lavorazione adottate, a dimostrazione del
raggiungimento nel suolo di un plateau che ha reso la semina diretta ugualmente produttiva rispetto
a quella superficiale. Nel caso della brassica carinata, gli avversi eventi atmosferici
(fondamentalmente la siccità autunnale e le basse temperature durante le prime fasi di crescita)
hanno pesato più dei dispositivi sperimentali applicati (riduzione della profondità di lavorazione del
terreno e gestione della fertilità ‘sostenibile’). I risultati negativi della coltivazione di questa specie
nell’areale considerato suggeriscono di inquadrare meglio la sua coltivazione sia sotto il profilo
dell’adeguamento ai cambiamenti climatici in atto sia per quanto riguarda la scelta varietale
(argomento, quest’ultimo, di cui l’U.O. non si è occupata).
In relazione alle due specie erbacee perenni considerate, la canna comune e il cardo, l’attività
sperimentale ha posto in evidenza le fasi critiche relative alla disponibilità e al tipo del materiale di
propagazione (caso della canna), al consolidamento della coltivazione, con particolare riguardo
all’irrigazione di soccorso e al controllo della flora infestante (caso della canna) e alla durata della
fase d’impianto (che corrisponde all’entrata a regime delle produzioni di biomassa) la quale può
durare oltre l’anno. Tuttavia, superate queste difficoltà, entrambe le specie si sono dimostrate adatte
alla coltivazione in areali semi-aridi con più che parsimoniosa gestione della risorsa idrica.
2.12.2.2
Risultati conseguiti
Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.4 (a cura di Mastrorilli et al.)
Gli obiettivi specifici di questa sub-task sono stati l’individuazione delle più opportune modalità di
impianto della canna comune (Arundo donax L.) in ambiente mediterraneo semi-arido e
l’individuazione delle fasi critiche della coltivazione al fine di suggerire le agrotecniche adatte a
limitarle.
Nel triennio del progetto BIOSEA, svolta presso l’azienda “Sant’Anna” del C.R.A.- C. A. R. di
Monteroni (LE), sono stati impiantati canneti a partire da porzioni di rizoma o talee, sia verticali che
orizzontali, provenienti da materiale autoctono raccolto in zona. L’epoca d’impianto considerata è
stata inserita tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, quando le piante madri si trovavano
in riposo vegetativo. Non sono state considerate altre epoche perché la coltura, durante la fase
d’impianto e di consolidamento, o non è stata irrigata (anno 2011) o è stata irrigata soltanto con
interventi di soccorso. La densità d’impianto è stata di un rizoma m-2 (1m x 1m), una talea verticale
m-2 (1m x 1m) e, a partire dal 2011, 2 ml di talee orizzontali ml-1 (file binate).
In regime asciutto, in assenza di precipitazioni di rilievo, la percentuale di attecchimento è stata
modesta quando l’impianto è stato realizzato con porzioni di rizoma (38%), doppia nel caso delle
talee verticali (69%). Tuttavia, bisogna sottolineare che, in condizioni di marginalità agronomica, le
piante di Arundo provenienti da moltiplicazione di rizomi sono risultate di gran lunga più vigorose
di quelle ottenute da talee verticali e, pertanto, sono decisamente raccomandabili se si può disporre
di un adeguato numero di porzioni di rizoma utili per realizzare l’impianto ma anche per il
successivo rimpiazzo delle fallanze al secondo anno. Da questa esperienza preliminare, si evince
193
che la fase d’impianto del canneto può prolungarsi oltre l’anno atteso anzi, in pratica, l’impianto a
partire da rizomi trapiantati all’inizio della primavera può dirsi concluso in due anni. Le talee
verticali, invece, pur manifestando una maggiore percentuale di attecchimento, non producono
piante vigorose atte a garantire la produzione di biomassa negli anni successivi.
Nel 2011 è stata avviata una prova sperimentale ‘ad hoc’ per studiare la moltiplicazione con ‘talea
orizzontale’ (interramento orizzontale di porzioni del culmo), una volta che è stata riconosciuta
fallimentare –pertanto decisamente sconsigliabile- quella per talea ‘verticale’. Il principale ostacolo
alla buona riuscita dell’impianto è stato il controllo delle malerbe, soprattutto quando la flora
infestante è perenne (es. Cyperus rotundus, Cyrsium arvense). Ioltre, in assenza di apporti irrigui, è
stato osservato che le gemme si dischiudono regolarmente e i nuovi germogli emergono facilmente
ma, poco dopo l’emergenza, la maggior parte di essi si disidrata: all’analisi visiva, è stato osservato
che la crescita dei germogli non è stata accompagnata da quella dell’apparato radicale. Per tutti
questi motivi, un secondo nuovo impianto con talee ‘orizzontali’ e irrigazione di soccorso è stato
avviato nel 2012.
Va ricordato che l’irrigazione deve tenere conto del deficit evapotraspirativo ambientale (figura
2.12.2.1).
Figura 2.12.2.1 - Deficit evapotraspirativo (mm) tra l’evapotraspirazione di riferimento (ET0) e la
pioggia. Monteroni (LE), media 2010-2011 (equazione di Penmann-Monteith)
Anche se limitato a misure di un solo biennio, il deficit evapotraspirativo misurato a Monteroni
perdura da metà marzo alla fine di settembre. Questo dato (biennale) è largamente confermato da
altre misure decennali in due stazioni agro-meteorologiche del C. R. A. – S. C. A. coinvolte in altre
sub-task del Progetto BIOSEA, rispettivamente Foggia (periodo di osservazione: 1951-2011; deficit
194
evapotraspirativo medio annuo di -590 mm, da febbraio a ottobre) e Rutigliano (periodo di
osservazione: 1984-2011; deficit evapotraspirativo medio annuo di -541 mm, da febbraio a ottobre).
I risultati dell’irrigazione di soccorso sono stati esposti in questa relazione nella parte relativa ai
risultati del terzo anno; a questa si rimanda per i dettagli. Si sottolinea che l’irrigazione di soccorso
è indispensabile nella fase d’impianto del canneto, come si evince dalla biomassa prodotta dopo due
anni dall’impianto. Ulteriori informazioni potranno essere desunte dalla raccolta di dati nelle future
stagioni vegeto-produttive.
In conclusione, è indubbio il beneficio che l’irrigazione ha esercitato nei confronti
dell’attecchimento del materiale trapiantato. Per aumentare la percentuale di attecchimento con
limitati apporti irrigui, si dovrebbe anticipare il più possibile l’epoca del trapianto. Un trapianto
effettuato tra la fine di febbraio e gli inizi di marzo consente alla vegetazione di svilupparsi in
primavera, quando i ritorni di freddo sono ormai scongiurati. Allo stesso tempo, le giovani piante si
trovano in condizioni idriche del terreno favorevoli allo sviluppo dell’apparato radicale. Un
apparato radicale ben sviluppato in profondità assicura una maggiore resistenza agli stress idrici. A
tal proposito non deve essere trascurata la buona preparazione del terreno, qualunque materiale di
propagazione sia adottato, in vista di una buona pratica di aridocoltura.
Per favorire l’affrancamento degli impianti, il controllo della flora infestante è essenziale.
Particolare attenzione deve essere posta a specie di tipo perenne appartenenti a generi quali
Cyperus, Cyrsium, Sorghum. La corretta pratica agronomica ricorre in modo adeguato ai diserbanti
e, nel caso delle graminacee perenni, prevede la sarchiatura superficiale, col duplice scopo di
nettare la superficie del terreno dalle specie avventizie e favorire l’approfondimento dell’apparato
radicale.
Dalle evidenze sperimentali maturate nell’ambito del Progetto BIOSEA, la moltiplicazione per talea
‘verticale’ può essere considerata archiviata, mentre quella per talea ‘orizzantale’ può essere
considerata suscettibile di miglioramento, sulla base dell’epoca di trapianto (mai troppo ritardata),
della profondità d’interramento e di interventi irrigui di soccorso mirati al consolidamento della
coltura.
In prospettiva, la propagazione della canna comune attraverso fitocelle pre-allevate in vivaio
potrebbe risolvere alcuni problemi di disformità degli impianti e dell’entrata a regime degli stessi.
Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.5 a (a cura di Palumbo et al.)
L’attività di questa sub-task è stata funzionale al bilancio del carbonio. Pertanto, la coltivazione del
cardo (Cynara cardunculus L.) è stata funzionale al caso studio di una coltura erbacea perenne da
biomassa di cui sono stati considerati i flussi gassosi di CO2 e H2O in continuo per un triennio (cfr.
il paragrafo successivo).
Come riferito in precedenza, a partire dall’autunno 2010, il campo di cardo è stato ampliato a due
ha, al fine di consentire un adeguato ‘fetch’colturale per le campagne di misure micrometeorologiche di scambi gassosi attraverso gli anemometri sonici (tecnica dell’eddy covariance).
195
I principali risultati produttivi della coltura del cardo da biomassa sono riportati nella seguente
Tabella 2.12.2.1 che riassume sinteticamente il triennio di attività sperimentale in campo.
Tabella 2.12.2.1 - Produzione della biomassa e contenuto di carbonio del cardo. Rutigliano (BA),
2010, 2011 e 2012
2010
2011
2012
Media
Dev. St.
Media
Dev. St.
Media
Dev. St.
Biomassa fresca (t ha-1)
9,06
0,86
16,56
2,20
17,50
1,64
Biomassa secca (t ha-1)
6,27
0,92
12,14
1,77
13,13
0,69
Carbonio (%)
43,37
0,51
41,25
0,34
43,62
1,03
Sulla base di queste evidenze sperimentali, la coltivazione del cardo può essere considerata tra
quelle proponibili per la produzione di biomassa in ambienti semi-aridi del Mezzogiorno, con
limitati input agronomici ma, soprattutto, in regime asciutto. La coltura si è lasciata apprezzare per
la predisposizione a colonizzare territori marginali, ovvero caratterizzati da severe limitazioni d’uso
del territorio per quanto attiene agli aspetti climatico, pedologico e agronomico. Inoltre, e non in
ultimo, si sottolinea l’origine mediterranea della specie nota per adattabilità, rusticità e frugalità. A
tal proposito sarà interessante indagare, in prospettiva, il bilancio delle asportazioni colturali in
assenza di reintegro degli elementi nutritivi o a seguito di limitati input esterni, anche con cadenza
pluriennale.
In occasione della tesi di dottorato della Dr.ssa Laura D’Andrea, discussa l’8 giugno 2012, accanto
alla filiera ligno-cellulosica è stato considerato anche il contributo della coltura alla filiera biodiesel. Pertanto, a partire dai dati originali collezionati nella campagna triennale di misure
agronomiche, micro-meteorologiche ed ecofisiologiche (in fase di affinamento), sono in
preparazione diversi lavori che si intende proporre a riviste internazionali e che colgono i seguenti
aspetti della coltura: a) bilancio del carbonio del cardo da biomassa; b) ecofisiologia del cardo con
particolare riferimento a efficienza d’uso del carbonio (CO2), dell’acqua (H2O) e della radiazione
(PAR); analisi chimica delle asportazioni e della loro ripartizione nell’ambito della biomassa
raccolta, d) analisi qualitativa degli oli.
Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.5 b (a cura di Rana et al.)
I flussi di anidride carbonica (CO2) e acqua (H2O, e.g. evapotraspirazione, ET) sono stati misurati
in continuo su scala oraria, al di sopra di una coltura di cardo (Cynara cardunculus L. var. altilis
DC.) nell’azienda sperimentale del CRA-SCA “M.E. Venezian-Scarascia” a Rutigliano (Ba). I
particolari della conduzione agronomica sono riportati in un’altra sezione di questo documento
finale. E’ stata utilizzata la tecnica ‘eddy covariance’ (EC; Baldocchi et al., 1988) che consiste nel
misurare la velocità del vento istantanea nelle tre direzioni x, y, z e la concentrazione istantanea di
CO2 e H2O alla frequenza di 10 Hz. L’EC è una tecnica micrometeorologica basata sul
campionamento delle parcelle di aria che attraversano superfici estese e, dunque, è rappresentativa
dell’intero campo, cosicché i risultati possono essere più facilmente generalizzati. Alcune variabili
196
climatiche ancillari (temperatura e umidità dell’aria, radiazione, temperatura e contenuto idrico del
suolo) hanno fornito il supporto necessario a colmare (gap-filling) le inevitabili interruzioni nelle
serie continue, causate da malfunzionamenti, guasti, clima avverso, calibrazioni periodiche e
straordinarie dei sensori (Reichstein et al., 2005).
Al momento, l’analisi dei dati ha riguardato il periodo che va dall’emergenza del cardo (novembre
2009) a dicembre 2012, per un complessivo triennio di osservazioni.
Il Net Ecosystem Exchange (NEE) di carbonio tra atmosfera e vegetazione è calcolato come la
somma dei flussi EC di CO2. Dall’altra parte, NEE è definita come la somma di Gross Primary
Production (GPP) ed Ecosystem Respiration (Reco):
NEE  GPP  Reco
dove GPP rappresenta l’assimilazione di CO2 da parte della vegetazione per fotosintesi e R eco è la
perdita di carbonio dall’ecosistema verso l’atmosfera per respirazione del suolo e delle piante. Le
misure dirette di GPP e Reco in continuo sono difficili perché la respirazione dell’apparato fogliare
durante il giorno non è nota, per cui i valori di tale partizione sono stimati a partire da una
metodologia ben collaudata e utilizzata a livello internazionale (Reichstein et al., 2005). Infine, il
bilancio netto del carbonio (Net Ecosystem Carbon Balance, NECB) è stato derivato sommando le
asportazioni del carbonio contenuto nel NEE e le asportazioni di C contenuto nella biomassa
raccolta alla fine di ciascun ciclo colturale del cardo (2010, 2011 e 2012); tale grandezza definisce
la perdita (o il guadagno, a seconda del segno algebrico) del carbonio dal (o verso) il suolo (Chapin
et al., 2006). Tutti gli altri meccanismi di trasporto si considerando trascurabili.
Per valutare l’adattabilità del cardo agli ambienti semi-aridi che caratterizzano il sito sperimentale,
sono stati studiati anche gli andamenti dell’efficienza di uso dell’acqua (Water Use Efficiency,
WUE) ed efficienza di uso della radiazione (Radiation Use Efficiency, RUE). Queste grandezze,
calcolate come i rapporti delle somme annuali di GPP vs. evapotraspirazione reale e radiazione
fotosinteticamente attiva (PAR), sono rispettivamente:
WUE 
GPP
GPP
; RUE 
ET
PAR
Le analisi dei dati sono ancora in corso, come anche ulteriori acquisizioni dei dati in campo.
Tuttavia, è possibile affermare che, nel triennio considerato, si assiste ad un incremento annuale
della GPP e, nello stesso momento, ad un incremento della biomassa raccolta. Gli andamenti di tutte
le grandezze analizzate sono coerenti con i cicli colturali e gli andamenti climatici.
Una conseguenza di questi andamenti di GPP è che anche i valori di WUE e RUE aumentano con il
numero di raccolte del cardo. In particolare, il RUE sembra raggiunga un plateau dopo le prime due
stagioni di crescita.
Rimane da stabilire:
197
-
-
-
Come la coltura di cardo in ambiente mediterraneo può essere considerata dal punto di vista
dell’assorbimento/rilascio di carbonio in atmosfera e come tale caratteristica ha impatto
sull’efficienza energetica a scala multi-annuale e sulla mitigazione dei cambiamenti climatici;
Nonostante sia una specie autoctona, qual è il grado oggettivo di adattabilità del cardo
all'ambiente mediterraneo dove piove poco e l'estate è particolarmente calda (analisi dettagliata
di WUE e RUE);
L'efficienza del cardo va analizzata sotto 2 punti di vista (Skinner e Adler, 2010):
Soltanto le specie che producono energia in maniera significativamente maggiore di quanto ne
richiedano per la crescita sono definibili realmente come “energetiche”: questo aspetto è collegato,
oltre che alla specie e alle condizioni climatiche, anche alle pratiche agronomiche effettuate per
ottimizzare la resa di biomassa e si traduce in quello che è definito il net energy yield dato dalla
differenza tra gli input necessari alla produzione di biomassa (dalla semina alla raccolta) e l'output
energetico ottenuto.
Il beneficio ambientale di una coltura si misura dalla quantità di carbonio che essa riesce a
sequestrare dall’atmosfera durante la sua stagione di crescita: questo secondo punto è collegato allo
studio dell'ecosistema naturale ed è qui che entra la NEE e la sua partizione in GPP e Reco. A tale
questione, il gruppo di lavoro (fisici, agronomi e statistici) sta per dare chiarezza e valore con dati
misurati (non stimati) durante l’intera durata del progetto BIOSEA.
Bibliografia di riferimento:
1) Baldocchi, D.D., Hicks, B.B., Meyers, T.P., 1988. Measuring biosphere-atmosphere exchanges
of biologically related gases with micrometeorological methods. Ecology 69, 1331±1340.
2) Chapin, F., Woodwell, G., Randerson, J., Rastetter, E., Lovett, G., Baldocchi, D., Clark, D.,
Harmon, M., Schimel, D., Valentini, R., Wirth, C., Aber, J., Cole, J., Goulden, M., Harden, J.,
Heimann, M., Howarth, R., Matson, P., McGuire, A., Melillo, J., Mooney, H., Neff, J.,
Houghtonand, R., Pace, M., Ryan, M., Running, S., Sala, O., Schlesinger, W., Schulze, E.D.,
2006. Reconciling carbon-cycle concepts, terminology, and methods, Ecosystems, 9:1041-1050,
http://dx.doi.org/10.1111/j.1365-2486.2005.001004.x.
3) Reichstein, M., Falge, E., Baldocchi, D., Papale, D., 2005. On the separation of net ecosystem
exchange into assimilation and ecosystem respiration: review and improved algorithm. Global
Change Biol, 11:1-16.
4) Skinner, R.H., Adler, P.R., 2010. Carbon dioxide and water fluxes from switchgrass managed
for bioenergy production. Agric Ecosys Env, 138, 257-264.
Task 1.2 Filiera Bio-diesel - Sub-task 1.2.2 (a cura di Montemurro et al.)
L’obiettivo di questa sub-task è stato valutare, in regime asciutto, gli effetti combinati di differenti
strategie di lavorazione e fertilizzazione organo-minerale sulle performance produttive di Brassica
carinata. Dal secondo anno di attività, sono state considerate anche due epoche (anticipata vs
tradizionale) e tre densità di semina (elevata, media, bassa).
L’attività di questa sub-task è stata condizionata negativamente dalle condizioni ambientali e
pedologiche del sito sperimentale (Metaponto, MT). Infatti, la siccità autunnale, le basse
198
temperature nelle fasi critiche della coltivazione (sia durante la formazione della rosetta che a fine
inverno-inizio primavera), le condizioni di tempera del terreno raramente raggiunte nella fase di
preparazione del letto di semina, i ristagni prolungati (in conseguenza di precipitazioni piovose
fuori dalla norma, non solo perché abbondanti ma anche perché concentrate) hanno reso l’attività
sperimentale, pur condotta secondo protocollo, scarsa di risultati trasferibili. A questo quadro
d’insieme va aggiunta la lentezza della risposta colturale al dispositivo sperimentale (fertilizzazione
con compost e digestati x lavorazione del terreno a basso livello di input). Pertanto, a conclusione
del triennio 2011-2013, è possibile trarre le seguenti conclusioni, per quanto parziali.
La lavorazione superficiale è adattabile alla coltura della brassica, purché eseguita tempestivamente,
e consente un risparmio energetico, come è negli obiettivi del Protocollo di Kyoto.
La fertilizzazione mista organo-minerale è risultata adeguata a una gestione del suolo di tipo
conservativo.
E' possibile ridurre la densità di semina della coltura tra 4 e 8 Kg ha-1. Tuttavia, se la dose più bassa
comporta una minore competizione intraspecifica, quella intermedia può compensare eventuali
fallanze conseguenti alla non tempestiva lavorazione del terreno o alle condizioni climatiche
avverse nella fase di emergenza della coltura.
Negli ambienti mediterranei semi-aridi, non è prudente anticipare troppo l'epoca di semina in
quanto le condizioni ottimali di tempera del terreno ricorrono solitamente in pieno autunno
(novembre inoltrato).
Task 1.3 Filiera Bio-etanolo - Sub-task 1.3.2 (a cura di Rinaldi et al.)
L’obiettivo della sub-task è stato il confronto tra itinerari agronomici a basso impatto ambientale in
relazione a due fattori di variazione: la lavorazione del terreno e la fertilizzazione azotata applicate
su due colture in rotazione: la barbabietola da zucchero e il sorgo zuccherino.
La maggior parte delle aree del Mediterraneo è caratterizzata da un bilancio idrico negativo, una
stagione piovosa breve e irregolare, temperature estreme in estate, perdita di sostanza organica,
scarsa strutturazione del suolo, elevata salinità. Queste aree sono soggette all'erosione idrica e/o
eolica (Kassam et al., 2012).
Alcune pratiche agricole, a cominciare dalle lavorazioni, aggravano questo insieme di situazioni per
cui è opportuno il ricorso al "no-tillage" e/o "minimum tillage", che non disturbano il suolo e ne
conservano le caratteristiche chimico-fisiche.
L'adozione di buone pratiche agricole di tipo conservativo consente una distribuzione di fertilizzanti
congrua al bilancio nutritivo della coltura e un'efficiente gestione dell'acqua irrigua.
Il fine dell'attività sperimentale è dimostrare come due colture gestite a basso input possono
rispondere con una buona resa e conservare l'agro-ecosistema. Entrambe le specie sono state
coltivate per la filiera del bio-etanolo in cui sono richiesti bassi input.
Nonostante la brevità dell’attività sperimentale, per cui non si può tenere conto degli effetti di
avvicendamento delle colture, sono emerse alcune utili indicazioni.
199
Il sorgo ha confermato di essere una coltura con una buona efficienza d'uso dell'azoto (Gardner et
al.,1994). Per la stessa ragione, la mancanza di risposte produttive all’applicazione di azoto è un
fenomeno comunemente osservato (Barbanti et al., 2006). Inoltre, poiché la resa in zucchero non è
variata con la fertilizzazione azotata,si desume che esso può essere coltivato con un modesto livello
di azoto N senza ripercussioni negative su questo parametro produttivo.
Una risposta diversa è stata osservata nella barbabietola la cui sensibilità alla carenza azotata è ben
nota in quanto provoca ritardo nella crescita, chiusura della copertura vegetale, accelerazione della
senescenza fogliare e ridotta intercettazione della radiazione solare (Mildford, 1985; Draycott e
Christenson, 2003).
Barbabietola da zucchero e sorgo zuccherino hanno confermato l’ottima capacità di utilizzare
l'acqua immagazzinata nel terreno grazie ai loro apparati radicali profondi (Vamerali et al., 2003;
Himmelbauer et al, 2004) . L'acqua immagazzinata nei mesi precedenti la semina ha permesso alle
colture di non soffrire lo stress idrico, nonostante l'irrigazione deficitaria applicata. Questo potrebbe
spiegare gli elevati valori di efficienza d’uso dell’acqua irrigua (IWUE) che corrispondono, in
pratica, ad una elevata produttività con bassa quantità di acqua irrigua.
Un elevato accumulo di biomassa secca del sorgo (26 t ha-1) con una piccola quantità di acqua
somministrata (114 mm) è stato sottolineato anche da Curt et al. (1995) in sorgo zuccherino
coltivato in Spagna. Questi livelli di produttività sono comparabili con il sorgo da biomassa
(Habyarimana et al., 2004) coltivato in ambienti e condizioni irrigue simili a quelle sperimentali
discusse, con produzioni di biomassa secca compresi tra 20 e 29 t ha-1.
Tuttavia, va sottolineato che in ambiente mediterraneo IWUE può variare notevolmente (da 6 a 23
kg m-3) a parità di volumi, soprattutto con regimi irrigui deficitari. Questo può essere spiegato
principalmente dall’entità e distribuzione delle precipitazioni prima della semina ma anche
dall’umidità del suolo alla semina.
La risposta della barbabietola da zucchero, in termini di IWUE riferita alle radici fresche, è stata
simile a quella riportata da Rinaldi e Vonella (2006) nello stesso ambiente di coltivazione e in
condizioni analoghe di deficit idrico, con produzioni di radici fresche comprese tra 38 e 60 t ha-1 in
tre anni sperimentali, alquanto vicine ai risultati delle attività sperimentali discusse, da 38 a 41 t ha-1
ottenuti con 100 mm di acqua irrigua e 440 millimetri di pioggia (media delle prime due stagioni
colturali). Come riferito per il sorgo, l’elevata variabilità di IWUE riportata in letteratura per la
barbabietola (da 19 a 44 kg m-3) induce a considerare l'impatto del contenuto iniziale di acqua del
suolo sulle prestazioni finali della coltura.
In sintesi, la pratica della semina su sodo ha portato il suolo ad un regime abbastanza stabile per cui
le produzioni delle due specie in avvicendamento non hanno subito alcuna riduzione dalla semina
diretta. La brevità dell’avvicendamento ha penalizzato la produttività della barbabietola ma non
quella del sorgo zuccherino.
Il sorgo zuccherino ha confermato la sua capacità di utilizzare con parsimonia le ridotte
disponibilità idriche e di trasformare l'acqua di irrigazione in modo molto efficiente, con rese molto
elevate, sia in termini di biomassa fresca che secca.
200
Per quanto riguarda la risposta alla concimazione azotata minerale, la barbabietola da zucchero ha
mostrato una maggiore sensibilità alla carenza di input esterni, in confronto con i risultati del sorgo.
Bibliografia di riferimento:
1) Barbanti, L., Grandi, S., Vecchi, A., Venturi, G., 2006. Sweet and fibre sorghum (Sorghum
bicolor (L.) Moench), energy crops in the frame of environmental protection from excessive
nitrogen loads. Eur. J. Agron. 25:30-39.
2) Curt, M.D., Fernandez, J., Martinez, M., 1995. Productivity and water use efficiency of sweet
sorghum (Sorghum bicolor (L.) Moench cv «Keller») in relation to water regime. Biomass
Bioenergy. 8 (6): 401-409.
3) Draycott, A.P., Christenson, D.R., 2003. Nutrients for Sugar Beet Production: Soil–Plant
Relationships. CAB International, Wallingford, 242 pp.
4) Gardner, J.C., Maranville, J.W., Paparozzi, E.T., 1994. Nitrogen use efficiency among diverse
sorghum cultivars. Crop Sci. 34:728-733.
5) Habyarimana, E., Bonardi, P., Laureti, D., Di Bari, V., Cosentino, S., Lorenzoni, C., 2004.
Multilocational evaluation of biomass sorghum hybrids under two stand densities and variable
water supply in Italy. Ind. Crop Prod.. 20: 3-9.
6) Himmelbauer, M.L., Loiskandl, W., Kastanek, F., 2004. Estimating length, average diameter,
and surface area of roots using two different image analysis systems. Plant Soil. 260: 111–120.
7) Kassam, A., Friedrich, T., Derpsch, R., Lahmar, R., Mrabet, R., Basch, G., González-Sánchez
E.J., Serraj, R., 2012. Conservation agriculture in the dry Mediterranean climate. Field Crops
Res.132: 7-17.
8) Milford, G.F.J., Pocock ,T.O., Jaggard, K.W., Biscoe, P.V., Armstrong, M.J., Last, P.J.,
Goodman, P.J., 1985. An analysis of leaf growth in sugar-beet. 4. The expansion of the leaf
canopy in relation to temperature and nitrogen. Ann. Appl. Biol. 107: 335–347.
9) Rinaldi, M., Vonella, A.V. 2006. The response of autumn and spring sown sugar beet (Beta
vulgaris L.) to irrigation in Southern Italy: water and radiation use efficiency. Field Crops Res.
95, 2-3: 103-114.
10) Sepaskhah, A.R., Kamgar-Haghighi, A.A., 1997. Water use and yields of sugarbeet grown
under every-other furrow irrigation with different irrigation intervals. Agric. Water Manage. 34:
71-79.
11) Vamerali, T., Ganis, A., Bona, S., Mosca, G., 2003. Fibrous root turnover and growth in sugar
beet (Beta vulgaris var. saccharifera) as affected by nitrogen shortage. Plant and Soil. 255: 169–
177.
Task 4.2 - Analisi di impatto ambientale (LCA)
Si rimanda alla relazione della U.O. UNIBO cui sono stati trasmessi i dati necessari
all’implementazione del software dedicato SIMAPRO per la valutazione dei carichi ambientali nel
ciclo di vita della coltura di cardo, sulla base dei dati sperimentali inediti forniti dalla U.O. del
C.R.A. – S.C.A. (cfr. Task 1.1 Filiera Bio-termoelettrica - Sub-task 1.1.5 a.
201
Task 4.3 Analisi Territoriale (a cura di Castrignanò et al.)
Questa task è preliminare nei confronti delle altre task e sub-task che la precedono in questa nota
poiché ricopre un ruolo introduttivo. La sua collocazione, pertanto, si attiene alla ripartizione
generale stabilita nel Progetto BIOSEA.
L’obiettivo generale di questa specifica attività di ricerca è la delineazione di aree idonee alla
coltivazione della barbabietola da zucchero a fini energetici (filiera del bio-etanolo), per cui si è resa
necessaria preliminarmente la caratterizzazione agro-ambientale di un’area di studio della
Capitanata (FG).
Le regioni agro-ambientali omogenee sono state definite sulla base delle condizioni climatiche,
topografiche ed edafiche, utilizzando una procedura innovativa di clustering geografico, basata sul
calcolo della funzione non parametrica di densità di probabilità (Silverman 1986; Scott 1992).
La scelta di questo algoritmo è scaturita dalla possibilità di fornire in uscita cluster di differente
forma ed estensione e di poter rappresentare, anche mediante una visualizzazione 3D, la variabilità
residua all’interno di ciascun cluster.
Questo studio ha proposto un approccio combinato geostatistica + clustering geografico, in grado di
fornire strumenti utili per tracciare i confini tra aree agro-ecologiche differenti. Rispetto a quelli
tradizionali, presenta i seguenti vantaggi:
-
grande flessibilità
possibilità di automazione, almeno parziale
classificazione continua della variabilità
visualizzazione grafica 3D.
L’analisi, condotta alle scale di campionamento e di osservazione delle banche dati disponibili,
pedologica e meteorologica, non ha rivelato chiare proprietà distintive fra i vari cluster. Infatti, uno
studio finalizzato alla classificazione dell’attitudine territoriale alla coltivazione di specie
energetiche avrebbe richiesto un grado di dettaglio superiore per la determinazione dei parametri
agro-ecofisiologici.
Per ovviare a questo limite, è stato messo a punto un approccio quantitativo e sufficientemente
riproducibile per la delineazione di aree con un diverso grado attitudinale alla coltivazione della
barbabietola.
Il metodo utilizzato, tuttavia, ha il vantaggio di essere flessibile, adattabile a qualsiasi coltura ed
estendibile ad un numero, praticamente infinito, di indicatori. Consiste nella scelta e definizione di
indicatori individuali, ritenuti rilevanti alla determinazione dell’attitudine del territorio alla
coltivazione della barbabietola, anche sulla base dell’analisi agro-ambientale precedente.
La geostatistica e l’analisi alle componenti principali hanno consentito la spazializzazione e
definizione di un indice globale di tale attitudine. L’esempio trattato ha preso in considerazione
solamente fattori ambientali; tuttavia il metodo può essere facilmente esteso in modo da includere
anche fattori economici e socio-culturali.
202
Il pregio dell’attività discussa nelle relazioni intermedie del primo e secondo anno di attività del
Progetto BIOSEA risiede nella determinazione quantitativa e obiettiva del grado attitudinale di un
territorio vs. una determinata coltura, determinazione che si è dimostrata sempre alquanto difficile.
D’altronde, dalla necessità di definire nuovi sistemi colturali che abbiano caratteristiche di
sostenibilità, sia economica che ambientale, è emersa l’esigenza di utilizzare indicatori misurabili su
cui poter basare una razionale pianificazione del territorio.
A tale scopo è richiesta innanzitutto una chiara definizione di che cosa si intenda per “attitudine
ambientale alla coltivazione” di una determinata coltura; in un secondo momento, si dovranno
selezionare specifici indici di attitudine, che possano essere assunti come una base obiettiva per la
valutazione dell’attitudine ambientale. La letteratura scientifica offre un’ampia gamma di proposte,
ma manca a tutt’oggi una metodologia generalmente accettata.
Come regola generale, la maggior parte delle definizioni di “attitudine ambientale” considera la
capacità della coltura alla produzione. L’attitudine, però, non può essere definita sulla base di un
unico processo, poiché si tratta di un concetto estremamente complesso che può riguardare diversi
aspetti (ambientale, economico, sociale, culturale) ed è caratterizzato da proprietà dinamiche,
ampiamente variabili nello spazio e nel tempo.
E’ pertanto essenziale fornire informazioni sulla variabilità di quei fattori ritenuti critici nella
definizione dell’attitudine ambientale, quali la localizzazione geografica, la topografia, le
caratteristiche pedologiche e climatiche. Dovrebbe inoltre essere tenuto presente che un qualsiasi
approccio, mirato alla definizione dell’attitudine, dovrebbe essere olistico e non riduzionistico, con i
dati di diversa natura integrati in modo tale che ciascun indicatore individuale sia combinato e
opportunamente pesato (Castrignanò et al., 2009).
Nel caso di dati mancanti la metodologia proposta dovrebbe essere anche in grado di stimare
l’attitudine, in quanto la valutazione e previsione della sua variazione spaziale comporta la stima dei
valori dell’indicatore nei punti in cui non si hanno osservazioni.
Differenti tecniche di interpolazione spaziale sono state utilizzate e implementate nei sistemi GIS.
Tuttavia, la geostatistica va preferita perchè permette di tener conto della correlazione spaziale fra
osservazioni riferentesi a parametri multipli.
Bibliogafia di riferimento
-
-
Castrignanò, A., Guastaferro, F., De Benedetto, D., Moneta, A., Basso, B., Troccoli, A., Pisante,
M., 2009. Delineation of site-specific management zone using geostatistics and fuzzy clustering
analysis. Precision Agriculture ’09, edited by E.J. van Henten, D. Goense and C. Lokhorst, 477484.
Scott, D. W. (1992). Multivariate density estimation: Theory, practice, and visualization. New
York: Wiley.
Silverman, B. W. (1986). Density estimation. New York: Chapman and Hall
203
2.12.2.3
Divulgazione dei risultati
Giornate di studio e in campo
-
-
-
Giornata di studio su “La canna comune (Arundo donax L.) coltura da bioenergia: stato dell’arte
e prospettive”. Relazione “L’impianto del canneto in ambiente mediterraneo” di Palumbo, A.D.,
Scarcella, M., Campi, P., Mastrorilli, M. Bologna, 29 maggio 2012.
Giornata in campo “Il CRA – CAR a Monteroni di Lecce – Incontro con la Municipalità di
Monteroni di Lecce”. “Il Progetto BIOSEA: le prove sperimentali in atto su Arundo donax” di
M. Mastrorilli. Monteroni di Lecce (LE), 12 maggio 2013.
Giornata di studio su “Le Brassicacee idonee per il biodiesel”. Relazione “I risultati ottenuti nel
Sud Italia” di De Mastro, G., e Palumbo, A. D. Legnaro (PD), 18 giugno 2013.
Presentazione a convegni
-
-
LXII Convegno della Società Italiana di Agronomia, Reggio Calabria, 18-20 settembre 2013.
Relazione orale di Palumbo, A. D., Vonella, A. V., Garofalo, P., D’Andrea, L., Rinaldi, M.
“Risposta di una Rotazione Biennale ‘Barbabietola da Zucchero-Sorgo Zuccherino’ a Itinerari
Agronomici Diversificati per la Lavorazione e la Fertilizzazione del Suolo in Regime Irriguo”.
In Atti del LXII Convegno della Società Italiana di Agronomia, Reggio Calabria, 18-20
settembre 2013. Sessione Sistemi Colturali, 11-15.
LXII Convegno della Società Italiana di Agronomia, Reggio Calabria, 18-20 settembre 2013.
Poster di Palumbo, A. D., Fiore, A., Diacono, M., D’Andrea, L., Montemurro, F.. “Risposta di
Brassica Carinata a Itinerari Diversificati di Lavorazione e Fertilizzazione del Suolo in Regime
Asciutto”. In Atti del LXII Convegno della Società Italiana di Agronomia, Reggio Calabria, 1820 settembre 2013. Sessione Gestione del Suolo e delle Risorse, 131-133.
Articoli
1) De Mastro, G., Grassano, N., D’Andrea, L., Palumbo, A.D., 2011. GIS-based evalation of
Cardoon (Cynara cardunculus L. var. altilis DC.) suitability in Apulia Region. In: Proceedings
of the 19th European Biomass Conference and Exhibition, 6-10 June 2011, Berlin, Germany.
579-584.
2) Palumbo, A. D., Vonella, A. V., Garofalo, P., D’Andrea, L., Rinaldi, M. Response of a TwoYear 'Sugar Beet-Sweet Sorghum' Rotation as Influenced by Agronomic Management
Diversified for Soil Tillage and Nitrogen Fertilization. Italian Journal of Agronomy (submitted
4-12-2013).
204
Dipartimento di Scienze delle Produzioni
Agrarie e Alimentari
2.13 U.O. XIII UNICT - Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e
Alimentari (DISPA), Università degli Studi di Catania
Ottimizzazione delle tecniche colturali e biologiche per il miglioramento della
produttività di colture da biomassa per energia nell’ambiente caldo-arido
mediterraneo
Responsabile scientifico: Prof. Salvatore Cosentino
205
Dipartimento di Scienze delle Produzioni
Agrarie e Alimentari
2.13 U.O. XIII UNICT - Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agrarie e
Alimentari (DISPA), Università degli Studi di Catania
Titolo della ricerca: Ottimizzazione delle tecniche colturali e biologiche per il miglioramento della
produttività di colture da biomassa per energia nell’ambiente caldo-arido mediterraneo
Responsabile scientifico: Prof. Salvatore Cosentino
2.13.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013)
2.13.1.1 Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013
Nel corso del terzo anno di attività sono state realizzate nuove prove relative a colture annuali
(sorgo) e poliennali (Saccharum) e sono proseguite le attività avviate negli anni precedenti sulle
specie poliennali (Arundo). Tutte le prove sono state condotte presso i campi sperimentali
dell’Università degli Studi di Catania. Le attività realizzate afferiscono al WP1 Agrotecnica, Task
1.1, sub-task 1.1.3, 1.1.4 (attività A e B), sub-task 1.1.7.
Nell’ambito del sub-task 1.1.3 sono stati valutati nuovi genotipi provenienti dagli Stati Uniti. Si
tratta di selezioni realizzate appositamente per la produzione di biomassa che vengono coltivati per
la prima volta in Europa.
Nella sub-task 1.1.4 nell’ambito dell’attività A è stato valutato per il terzo anno consecutivo
l’effetto dello svellimento dell’apparato rizomatosi di un vecchio canneto. I risultati hanno
confermato quanto messo in evidenza nelle precedenti relazioni, e cioè che l’asportazione pressochè
totale o parziale del vecchio rizoma, effettuata nel corso dell’estate 2011 ha compromesso, anche a
causa dell’aridità estiva, un buon insediamento dei tratti di rizoma residui nel suolo e la
ricostituzione di un nuovo canneto. Relativamente all’attività B è stata valutata la capacità di
insediamento di consociazioni tra specie diverse da biomassa per energia (Arundo, Miscanto,
Saccharum, Sorghum halepense). Sfortunatamente, a causa dell’andamento pluviometrico
dell’annata 2012-2013, buona parte delle specie annuali non si sono insediate e tra quelle poliennali
sono state osservate diverse fallanze. Le consociazioni sopravvissute non hanno fatto rilevare
differenze sostanziali con le specie in coltura pura, ma è stata rilevata una significativa risposta
produttiva alla disponibilità di azoto.
Nell’ambito della sub-task 1.1.7 è stata valutata la risposta produttiva del Saccharum spontaneum
L. ssp. aegyptiacum (Willd.) Hackel o canna d’Egitto, specie spontanea della flora siciliana, alla
disponibilità idrica. A questo scopo, alcune parcelle della suddetta specie insediate nel 2003 sono
state sottoposte a livelli crescenti ri restituzione dell’ETm. La specie ha mostrato,
indipendentemente dal livello di restituzione dell’evaporato una notevole capacità produttiva, in
linea con quella delle ben più note Arundo e Miscanto. La tesi I100 ha fatto registrare i valori della
206
Dipartimento di Scienze delle Produzioni
Agrarie e Alimentari
produttività più elevati, pari a 33,5+ 2,4 t ha-1 s.s., contro 27,8 + 0,3 t ha-1 s.s. della tesi I50 e 22,1+
2.2 t ha-1 s.s. della tesi I0.
Le attività della sub-task 1.3.5, e delle task 3.1 e 4.2 sono in corso.
Tabella 2.13.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento
Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta
Sub-task 1.1.3
Sub-task 1.1.4
- Attività A
- Attività B
Sub-task 1.1.5
Stato di avanzamento
Non avviato
Avviato/ in corso
Concluso
X
X
X
X
X
Sub-task 1.1.7
X
Sub-task 1.3.1
X
Sub-task 1.3.2
X
Task 3.1
X
Task 4.2
X
2.13.1.2 Relazione sull’attività svolta
Task 1.1 – Agrotecnica in colture dedicate alla filiera bio-termoelettrica
Sub-task 1.1.3 – Verifica delle potenzialità produttive di genotipi di sorgo da fibra in semina
tradizionale e anticipata.
Nel corso del 2013 sono stati valutati nuovi genotipi di sorgo zuccherino e da fibra provenienti da
selezioni operate negli Stati Uniti d’America (Ceres, Inc. 1535 Rancho Conejo Boulevard,
Thousand Oaks, CA, 91320, United States - www.ceres.net).
La prova è stata condotta presso l’azienda sperimentale della Facoltà di Agraria di Catania, contrada
Passo Martino, su suolo alluvionale profondo (tabella 2.13.1.2). Sono stati messi a confronto con
due genotipi testimone (Sugargraze (Z) e Sucro 506 (Z)) 20 genotipi di sorgo, 8 zuccherini e 12 da
fibra (tabella 2.13.1.3) in parcelle della dimensione di 2,4 m2 costituite di due file di 2,4 m distanti
tra loro 0,50 m e una distanza tra le piante di 0,16 m, con un investimento unitario di 12,5 piante m 2
. La semina è avvenuta l’8 maggio 2013.
207
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Agrarie e Alimentari
Tabella 2.13.1.2– Caratteristiche chimico-fisiche del suolo su cui è stata effettuata la prova
Caratteristiche suolo
Valore
sabbia (%) metodo USDA
limo (%) metodo USDA
argilla (%) metodo USDA
pH (in soluzione acquosa)
sostanza organica (%) metodo Walkley e Black)
capacità di campo a 0,3 Mpa (%)
punto d’appassimento a -1,5 Mpa (%)
41,2
31,1
28,7
8,60
1,40
25,6
9,80
Tabella 2.13.1.3 – Elenco dei genotipi di sorgo (Sorghum bicolor (L.) Moench) allo studio
Zuccherini
1.
Sugargraze(Z) Testimone
2.
ES28(Z)
3.
EJX39(Z)
4.
Sucro 506(Z) Testimone
5.
BRS30(Z)
6.
EJX35(Z)
7.
EJX44(Z)
8.
EJ27(Z)
9.
EJX45(Z)
10. EJ26(Z)
da fibra
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
EJX38(F)
EJX34(F)
EJX37(F)
EJX36(F)
EJX41(F)
EJX40(F)
EJX43(F)
ES29(F)
EJX42(F)
EJX32(F)
EJX31(F)
EJX33(F)
E’ stato adottato uno schema sperimentale a blocchi randomizzati con tre ripetizioni.
Prima della semina è stata effettuata l’aratura a 35 cm seguita da una fresatura con vibrocoltivatore.
Sono stati somministrati, pre-semina, 100 Kg ha-1 di perfosfato semplice (19%). Alla semina 100
Kg ha-1 di azoto, il 50 % come solfato ammonico 21%, il resto in copertura (nitrato ammonico
21%). L’irrigazione è stata effettuata ogni qualvolta la sommatoria dell’evapotraspirazione massima
giornaliera (ETm), al netto delle piogge utili, raggiungeva i 2/3 dell’acqua disponibile nei primi
quaranta centimetri di terreno (59 mm). L’ETm è stata calcolata sommando l’evaporato giornaliero
da evaporimetro di classe “A”, corretto mediante il coefficiente ambientale 0,85 ed il coefficiente
colturale Kc, compreso tra 0,4 e 0,7 dall’emergenza all'inizio della levata, tra 0,7 e 1,1 dall'inizio
alla fine della levata, pari a 1,1 dalla fine della levata alla fioritura, e da 1,1 a 0,7 dalla fioritura fino
ad ottobre (Doorembos e Pruit, 1977). Il metodo di irrigazione adottato è stato quello a microportata di erogazione utilizzando una manichetta forata. I turni irrigui ed i volumi di adacquamento
sono stati determinati in funzione dell’ETm giornaliera. Il volume di adacquamento è stato calcolato
sulla base della seguente formula:
V = 2/3 (CC – PA) x Ф x 0,4 x 10.000
dove:
V = volume di acqua impiegata, espressa in mm;
208
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CC = capacità di campo media in questo caso pari al 25,6%; del peso secco del suolo;
PA = punto di appassimento medio, espresso in % del peso secco del terreno, in questo caso pari a
9,8;
Ф = densità media apparente del terreno fino ad una profondità di 80 cm pari 1,2 g cm-3;
0,4 = profondità in metri del terreno da umettare;
10.000 = 1 ha
Complessivamente sono stati somministrati, da maggio ad agosto, 514 mm di acqua.
Il controllo delle infestanti è stato effettuato con diserbo chimico pre-semina con Primagram Gold
(S-Metolachlor + Terbutilazina) ed post-emergenza con Joker (Dicamba).
Durante lo svolgimento della prova sono stati effettuati i seguenti rilievi:
-
meteorologici (temperatura massima e minima dell’aria, tramite termometro di massima e di
minima);
umidità dell’aria (igrometro);
precipitazioni (pluviometro);
biologici (le date delle principali fasi fenologiche (emergenza, fioritura, maturazione lattea,
maturazione fisiologica) secondo il codice riportato da Vanderlip et al. (1972).
Alla raccolta, effettuata il 04/10/2013, sono stati rilevati:
-
caratteri morfo-biometrici (statura delle piante, numero di foglie verdi);
produzione di biomassa e sue componenti (numero di culmi sull’unità di superficie, peso fresco
e secco di culmi, foglie, infiorescenze);
indice dell’area fogliare (LAI);
indice rifrattometrico (°Brix) dei culmi.
Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi
riscontrati e soluzioni adottate per superarli.
Nulla da segnalare
Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale
Nessuno
Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale
Programma completato
Sub-task 1.1.4 Valutazione della produttività di Arundo in funzione dell’agrotecnica e della
tipologia di materiale di propagazione.
L’obiettivo di questa attività di ricerca è stato quello di verificare:
209
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-
le modalità di svecchiamento di vecchi canneti al fine di mantenere costante la loro capacità
produttiva e di ricavare materiale di propagazione da utilizzare per la realizzazione di nuovi
impianti (Attività A).
itinerari tecnici per la riduzione degli input colturali e il miglioramento dell’efficienza d’uso
della radiazione solare(Attività B).
-
Attività A - Svecchiamento di vecchi canneti (III anno)
Un canneto impiantato nel 1997 presso l’azienda didattico-sperimentale dell’Università di Catania,
nella Piana di Catania, della superficie di 1209,6 m2, costituito di 27 parcelle di 44,8 m2, non più
sottoposto ad interventi colturali oltre quelli programmati nell’anno di impianto e nei tre anni
immediatamente successivi, è stato oggetto, nel 2011 (8 agosto), di una prova di ‘svecchiamento’.
Su una superficie di 400 m2 sono stati effettuati interventi meccanici di frammentazione
dell’apparato rizomatoso esistente con strumenti discissori. Dopo il taglio delle canne dell’anno,
Sono stati posti allo studio i seguenti trattamenti:
T -
nessuno svellimento del rizoma (Testimone).
T1 -
discissura dell’apparato rizomatoso e asportazione dei tratti di rizoma emersi sulla superficie
del suolo;
T2 -
discissura dell’apparato rizomatoso senza asportazione dei tratti di rizoma.
Ciascuna tesi occupava una superficie di 120 m2 (8 m x 15 m).
Per lo svellimento dell’apparato rizomatoso è stato utilizzato uno strumento ripuntatore a sette denti
trainato da un trattore di 120 cv; tale operazione ha determinato il sollevamento di grosse zolle di
terreno frammiste a porzioni di rizoma. Le zolle sono state appianate mediante il passaggio delle
ruote dell’aratro. Nella tesi T1 le zolle superficiali contenenti grosse porzioni di rizoma sono state
raccolte da una pala caricatrice ed allontanate dal campo. Successivamente, in tre aree per ciascuna
tesi, sono stati rilevati il ritmo di emergenza delle nuove canne e lo sviluppo di queste.
Il canneto, nel corso del terzo anno, non è stato sottoposto ad alcun intervento colturale, con
particolare riguardo a irrigazione, concimazione e controllo delle infestanti. Alla fine del terzo ciclo
produttivo, le canne sono state tagliate per la determinazione della biomassa prodotta.
La raccolta della biomassa è stata effettuata il 16 dicembre 2013. Nelle tre aree di saggio per
ciascuna tesi (dimensione 4 x 4m) sono stati effettuati rilievi distruttivi per determinare:
-
la produzione di biomassa e le sue caratteristiche (densità dei culmi, umidità della biomassa,
ripartizione della biomassa nelle sue componenti, foglie, culmi, infiorescenze);
i caratteri biometrici delle canne raccolte (altezza, diametro alla base).
Attività B - Valutazione di itinerari tecnici per la riduzione degli input colturali e il miglioramento
dell’efficienza d’uso della radiazione solare.
210
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Questa linea di ricerca si propone l’obiettivo di ottimizzare la tecnica colturale di Arundo donax ai
fini del risparmio energetico e della massimizzazione della produzione di biomassa. La prova
sperimentale, realizzata presso l’Azienda didattico sperimentale dell’Università di Catania (Piana di
Catania) nell’autunno 2011, ma il suo completamento è avvenuto nel mese di aprile 2012.
Utilizzando un disegno sperimentale a parcella suddivisa con due ripetizioni, sono stati posti allo
studio due fattori sperimentali:
-
composizione della consociazione
livello di concimazione
La consociazione è stata realizzata utilizzando le seguenti specie:
-
Arundo donax
Saccharum spontaneum L. ssp. aegyptiacum
Sorghum halepense
Ampelodesmos mauritanicus
Medicago arborea
Trifolium subterraneum
I livelli di concimazione sono stati tre:
-
N80 (80 kg ha-1 di N, 100 kg ha-1 di P2O5)
N40 (40 kg ha-1 di N, 50 kg ha-1 di P2O5)
N0 (nessuna concimazione, testimone)
La combinazione delle specie in consociazione è ripotata nella tabella 2.13.1.4.
Rilievi previsti:
-
Biometrici (densità dei culmi per cespo, altezza dei culmi)
Produzione di biomassa e sue componenti
Fisiologici (fotosintesi, traspirazione, conduttanza stomatica)
Qualitativi: umidità, fibra (NDF, ADF, ADL), ceneri]
La raccolta della biomassa è stata effettuata nel mese di febbraio 2013
211
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Tabella 2.13.1.4 – Numero di specie e composizione delle consociazioni allo studio
Numero
specie
5
Specie nella consociazione
4
3
3
3
Arundo donax – Saccharum spontaneum – Ampelodesmos mauritanicus – Sorghum
halepense – Medicago arborea
Arundo donax – Saccharum spontaneum – Ampelodesmos mauritanicus –
M.arborea
Arundo donax – Saccharum spontaneum – Sorghum halepense - Medicago arborea
Arundo donax – Saccharum spontaneum – Sorghum halepense
Arundo donax – Saccharum spontaneum – Ampelodesmos mauritanicus
Arundo donax – Saccharum spontaneum – Medicago arborea
3
3
3
3
3
2
2
2
2
2
2
2
2
2
1
1
1
1
1
1
1
1
1
Arundo donax – Ampelodesmos mauritanicus – Sorghum halepense
Saccharum spontaneum – Ampelodesmos mauritanicus – Sorghum halepense
Saccharum spontaneum – Sorghum halepense - Medicago arborea
Arundo donax – Ampelodesmos mauritanicus - Medicago arborea
Arundo donax – Sorghum halepense - Medicago arborea
Arundo donax – Saccharum spontaneum
Arundo donax – Sorghum halepense
Arundo donax – Ampelodesmos mauritanicus
Arundo donax – Medicago arborea
Saccharum spontaneum - Sorghum halepense
Saccharum spontaneum - Ampelodesmos mauritanicus
Saccharum spontaneum - Medicago arborea
Sorghum halepense - Medicago arborea
Ampelodesmos mauritanicus - Medicago arborea
Arundo donax
Saccharum spontaneum spp. aegyptiacum
Sorghum halepense
Ampelodesmos mauritanicus
Medicago arborea
Arundo donax – Trifolium subterraneum
Saccharum spontaneum spp. aegyptiacum – Trifolium subterraneum
Sorghum halepense – Trifolium subterraneum
Ampelodesmos mauritanicus – Trifolium subterraneum
4
Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi
riscontrati e soluzioni adottate per superarli.
Nulla da segnalare
Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale
Nessuno
Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale
Programma completato
212
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Sub-task 1.1.7 – Prime valutazioni delle potenzialità produttive di specie da biomassa meno note
da introdurre nelle filiere esistenti: Saccharum aegyptiacum
Alcune specie erbacee poliennali tra cui Arundo donax L. e Cynara cardunculus var. silvestris
D.C.) sono considerate tra le più adatte alla coltivazione negli ambienti dell’Europa meridionale per
la produzione di biomassa da destinare alla filiera termo-elettrica o alla conversione in bioetanolo di
seconda generazione. Molte altre specie perenni, presenti allo stato spontaneo negli ambienti caldoaridi mediterranei, presentano le stesse prerogative delle suddette specie e potrebbero essere quindi
introdotte in coltura in questi ambienti. Una delle più interessanti è Saccharum spontaneum L. ssp.
aegyptiacum (Willd.) Hackel o canna d’Egitto (figura 2.13.1.1).
La canna d’Egitto è una poacea cespitosa, perenne, rizomatosa con culmi eretti (2-4 m), robusti,
pieni ed internodi solidi, il cui aspetto ricorda molto da vicino il miscanto. Possiede foglie pelose
sulla guaina, con lamina glabra di colore verdastro tendente al bianco-argentato, tagliente ai margini
(50-200 cm), scabra, larga 1-3 cm, ma generalmente convoluta. Ligula bi-auricolata e pelosa.
Pannocchia ampia, a contorno lanceolato (20-50 cm), lanosa con spighette 4-6 mm avvolte da peli
di 10-12 mm; racemi 3-15 cm con rachide fragile ai nodi, glume acuminate, cigliate alla base;
spighette 4-6 cm, appaiate (una sessile e l’altra peduncolata), avvolte da peli di 10-12 mm; glume
acuminate, cigliate alla base (Pignatti, 1982).
Figura 2.13.1.1 - Saccharum spontaneum L. ssp. aegyptiacum (Willd.) Hackel. (Foto DISPA)
Nel 2005, in aree costiere vicine alla citta di Catania sono stati raccolti porzioni di rizoma della
suddetta specie con le quali presso l’azienda agraria sperimentale dell’Università di Catania sono
stata impiantate delle parcelle sperimentali utilizzando due tratti di rizoma per metro quadrato. Nel
corso dell’anno d’impianto le parcelle sono state irrigate per favorire un ottimale insediamento e
213
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una copertura Nella primavera 2013 sulle suddette parcelle sono state effettuate prove di
valutazione della produttività in condizioni differenziate di disponibilità idrica.
Metodologia
Località: Catania (Sicilia,10 m sl.m., 37°25’N Lat., 15°30’E Long.)
Fattori allo studio: 3 livelli di restituzione idrica
-
I100 (100% ETm)
I50 (50% ETm)
I0 (asciutto)
Parcella: 5 x 3 m
Disegno sperimentale: blocchi randomizzati con tre ripetizioni
L’irrigazione è stata differenziata a partire da giugno 2013 (figura 2.13.1.2).
Figura 2.13.1.2 – Particolare di due parcelle sperimentali: a destra la tesi I0, a sinistra la tesi I100
L’irrigazione è stata determinata in modo da garantire la disponibilità prevista nei primi 0,60 metri
di suolo secondo la formula seguente (Doorenbos and Pruitt, 1979)
V = 0,66 (FC − WP) × Ф × D × 103
dove V = acqua necessaria (69,7 mm);
0.66 = livello di acqua disponibile nel suolo senza alcuna limitazione per l’evapotraspirazione;
FC = acqua alla capacità di campo, uguale al 27% del peso secco del suolo;
WP = acqua al punto di appassimento, uguale all’11% del peso secco del suolot;
214
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Ф = densità apparente, 1,1 g cm−3);
D = approfondimento delle radici, 0.6 m.
L’irrigazione è stata effettuata quando la somma dell’evapotraspirazione giornaliera (ETc)
corrispondeva a V. L’evapotraspirazione giornaliera (ETm) è stata calcolata secondo la seguente
formula:
ETm = E0 × Kp× Kc
dove E0 è l’evaporazione da evaporimetro di classe A pan (mm); Kp il coefficient di area, uguale a
0.80 per gli ambienti semi-aridi; Kc il coefficient colturale, compreso tra 0,7 e 1.1 dall’inizio alla
fine dell’accrescimento dei culmi. La pioggia è stata sottratta dal calcolo giornaliero. La quantità di
acqua somministrata nel corso del 2013 alla coltura è stata di 400 e 200 mm rispettivamente nella
tesi I100 e I50.
I rilievi fisiologici sono stati effettuati utilizzando un sistema portatile di misura della fotosintesi
(LICOR 6400 system, LI-COR Bioscience) before the water stress (May); I rilievi sono stati
effettuati a partire dal mese di Maggio, prima che si manifestasse lo stress idrico, durante la fase di
stress (giugno e agosto) e successivamente (Settembre).
Nel corso del ciclo colturale sono state registrate le variabili meteorologiche: temperatura massima
e minima dell’aria e pioggia mediante data loger collocato in prossimità della prova (CR10,
Campbell Scientific, USA).
La raccolta della biomassa è avvenuta a febbraio 3013. La resa in biomassa fresca e secca è stata
stimata su una sub-parcella di 4,6 m2 (1,5 x 3,0 m). Su 10 piante campione sono stati effettuati i
seguenti rilievi bio-morfologici:
-
Altezza dei culmi
Diametro basale dei culmi
Peso unitario dei culmi
Eventuali discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi
riscontrati e soluzioni adottate per superarli.
Nulla da segnalare
Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale
Nessuno
Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale
Programma completato
Prossimi step, con particolare attenzione alle eventuali attività previste per l’anno 2014
Completamento analisi chimiche
215
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2.13.1.3 Risultati conseguiti
Task 1.1 – Agrotecnica in colture dedicate alla filiera bio-termoelettrica
Sub-task 1.1.3 - Verifica delle potenzialità produttive di genotipi di sorgo da fibra in semina
tradizionale.
Andamento meteorologico
L’annata 2012-2013 si è caratterizzata per un andamento termo-pluviometrico alquanto anomalo.
La piovosità è stata particolarmente scarsa, pari a poco meno di 350 mm da ottobre 2012 a
settembre 2013, corrispondente a circa il 50% di quella poliennale della stessa area (680 mm)
(Figura 2.13.1.3 e 2.13.1.4).
Figura 2.13.1.3 - Andamento delle temperature e delle precipitazioni a Catania nel 2012-2013 a
confronto con quello di annate precedenti
216
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Figura 2.13.1.4 - Andamento delle precipitazioni a Catania nel 2012-2013 a confronto la media
trentennale delle precipitazioni dello stesso periodo
Ciclo biologico
Il confronto tra i genotipi è stato limitato alla fase dalla emergenza alla fioritura, dal momento che
al sopraggiungere degli abbassamenti della temperatura dopo l’estate, solo pochi genotipi hanno
completato il loro ciclo biologico.
La durata dell’intervallo semina-emergenza, nella media dei genotipi, è stata di 7,85 giorni, con una
variabilità compresa nell’arco di 7 giorni. Dall’emergenza alla fioritura, in media, sono trascorsi
103,2 giorni. Tre genotipi sono stati i più precoci con la durata del suddetto intervallo pari circa a 94
giorni (EJX31, EJX33, entrambi da fibra e EJ26 zuccherino). Tutti gli altri genotipi hanno fatto
accertare una durata pari a 102-106 giorni. Nel genotipo Sugargraze questo intervallo è stato di 112
giorni (figura 2.13.1.5, tabella 2.13.1.5).
Dalla semina alla fioritura sono trascorsi in media 112 giorni. Sugargraze, il genotipo più tardivo,
ha impiegato 123 giorni a fiorire; i tre genotipi più precoci sono stati EJX31, EJX33 e EJ26 (tra 100
e 102 giorni). I restanti 18 genotipi hanno svolto questa parte del loro ciclo di sviluppo in un
intervallo di tempo di compreso tra 110 e 116 giorni.
217
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Figura 2.13.1.5 – Andamento del ciclo biologico nei genotipi allo studio
Ciclo biologico (gg)
Sugargraze
Sucro 506
EJX45
EJX44
EJX43
EJX42
EJX41
EJX40
EJX39
EJX38
EJX37
EJX36
EJX35
EJX34
EJX33
EJX32
EJX31
BRS30
ES29
ES28
EJ27
EJ26
0
20
40
60
80
100
120
140
*GDS
08/05/13
*Giorni Dopo la Semina
semina - emergenza
emergenza - fioritura
Tabella 2.13.1.5 - Durata del ciclo biologico e di alcuni intervalli di questo dei genotipi allo studio
(gg)
Genotipo
Sugargraze(Z)
EJX38(F)
ES28(Z)
EJX39(Z)
EJX34(F)
EJX37(F)
Sucro 506(Z)
BRS30(Z)
EJX35(Z)
EJX36(F)
EJX41(F)
EJX44(Z)
EJ27(Z)
EJX40(F)
EJX43(F)
EJX45(Z)
ES29(F)
EJX42(F)
EJX32(F)
EJX31(F)
EJX33(F)
EJ26(Z)
Media
Semina-Emergenza
12,0
10,0
8,0
8,0
7,3
8,0
6,6
8,0
7,3
10,0
8,0
7,0
5,3
8,6
8,6
8,0
7,3
5,6
6,0
8,6
8,0
6,6
7,85
Emerg-Fioritura
111,7
106,0
106,0
106,0
105,7
104,7
105,7
104,0
104,7
102,0
104,0
104,7
106,0
102,7
102,7
102,7
103,0
104,7
104,0
93,7
93,0
93,7
103,2
Durata del ciclo biologico
123,7
116,0
114,0
114,0
113,0
112,7
112,3
112,0
112,0
112,0
112,0
111,7
111,3
111,3
111,3
110,7
110,3
110,3
110,0
102,3
101,0
100,3
111,7
* F= fibra ; Z= zuccherino
218
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Biomassa fresca
La produzione di biomassa fresca rilevata al momento della raccolta (04/10/13), nella media dei
genotipi allo studio, è risultata pari a 120,4 t ha-1 con un contenuto medio di umidità del 77,7%. La
biomassa era costituita per il 99,1% da culmi, la restante parte da foglie (19,9%) e infiorescenze
(1,5%). Il genotipo ES28 ha fatto accertare la resa più elevata (157,9 t ha-1), insieme a EJ27 (147,8 t
ha-1) e BRS30 (142,1 t ha-1). Solo 2 genotipi hanno prodotto meno di 100 t ha-1 di biomassa fresca
(tabella 2.13.1.6).
Tabella 2.13.1.6 - Produzione di biomassa totale fresca epigea (t ha-1 s.f.)
Genotipi
Culmi
Foglie
Infiorescenze
Totale
ES28 (z)
135,0
22,9
0,0
157,9
Umidità alla raccolta
(%)
75,6
ES29 (f)
99,8
19,1
0,0
118,9
79,3
EJX31 (f)
97,4
23,0
0,0
120,4
79,7
EJX32 (f)
100,2
20,4
0,0
120,6
82,0
EJX33 (f)
94,2
23,0
0,0
117,2
79,7
EJX34 (f)
97,3
17,7
0,0
115,0
80,9
EJX35 (z)
102,7
26,2
0,0
128,9
81,2
EJX36 (f)
102,9
23,4
0,0
126,3
81,9
EJX37 (f)
87,7
20,6
0,0
108,3
72,7
EJX38 (f)
95,9
23,3
0,0
119,2
76,3
EJX39 (z)
88,2
20,7
0,0
108,8
76,6
EJX40 (f)
73,8
24,6
0,0
98,3
80,6
EJX42 (f)
104,3
22,7
0,0
126,9
78,8
EJX44 (z)
62,7
20,8
0,0
83,4
79,7
EJX45 (z)
117,7
19,3
0,0
137,0
75,3
EJX41 (f)
90,2
19,7
1,0
110,9
79,2
EJX43 (f)
93,9
24,1
1,7
119,7
76,2
BRS30 (z)
122,6
16,6
2,8
142,1
77,1
EJ27 (z)
129,7
13,0
5,1
147,8
75,4
EJ26 (z)
116,5
14,7
5,4
136,6
74,9
Sugargraze (z)
87,6
9,3
6,9
103,9
74,7
Sucro 506 (z)
80,3
12,0
9,2
101,6
70,6
Media
99,1
19,9
1,5
120,4
77,7
* F= fibra ; Z= zuccherino
Biomassa secca
La produzione di biomassa secca totale epigea è risultata, nella media dei genotipi, pari a 27,0 t ha-1
(tabella 2.13.1.7). Cinque genotipi hanno superato le 30 t ha-1: ES28 (38,6 t ha-1), EJ27 (36,4 t ha-1)
EJ26 (34,3 t ha-1), EJX45 (33,8 t ha-1) e BRS30 (32,5 t ha-1) dieci genotipi hanno prodotto meno di
219
Dipartimento di Scienze delle Produzioni
Agrarie e Alimentari
25 t ha-1 (ES29, EJX31, EJX33, EJX41, EJX35, EJX34, EJX36, EJX32, EJX40 e EJX44); gli altri 7
genotipi hanno prodotto in misura variabile tra 29,9 t ha-1 e 25,5 t ha-1.
Tabella 2.13.1.7 – Produzione di biomassa secca totale epigea (t ha-1 s.s.) dei genotipi allo studio
Genotipi
Culmi
Foglie
Infiorescenze
Totale
ES28 (z)
30,7
7,9
0,0
38,6
EJ27 (z)
28,6
5,5
2,3
36,4
EJX45 (z)
27,2
6,6
0,0
33,8
EJ26 (z)
26,5
5,5
2,2
34,3
BRS30 (z)
24,9
6,3
1,3
32,5
EJX37 (f)
22,9
6,6
0,0
29,6
EJX38 (f)
21,0
7,3
0,0
28,3
EJX42 (f)
20,4
6,5
0,0
26,9
EJX43 (f)
20,4
7,4
0,7
28,5
Sucro 506 (z)
20,3
4,9
4,8
29,9
ES29 (f)
19,4
5,1
0,0
24,6
EJX39 (z)
19,3
6,2
0,0
25,5
Sugargraze (z)
19,1
3,7
3,5
26,2
EJX31 (f)
18,3
6,1
0,0
24,4
EJX33 (f)
17,6
6,3
0,0
23,8
EJX41 (f)
17,3
5,7
0,1
23,0
EJX35 (z)
17,1
7,1
0,0
24,3
EJX34 (f)
17,0
5,0
0,0
22,0
EJX36 (f)
16,7
6,1
0,0
22,8
EJX32 (f)
16,6
5,1
0,0
21,8
EJX40 (f)
12,2
6,9
0,0
19,1
EJX44 (z)
10,8
6,1
0,0
16,9
Media
20,2
6,1
0,7
27,0
* F= fibra ; Z= zuccherino
Altezza, numero foglie, investimento unitario, peso unitario pianta, LAI e °Brix
Le piante al momento della raccolta misuravano in media 296,5 cm. L’altezza è significativamente
variata in rapporto al genotipo, tra 355 cm (EJX40) e 285 cm (Sucro 506).
Il numero di foglie verdi differenziate per pianta è significativamente variato in rapporto al genotipo
(Tabella 2.13.1.8). tra questi si è statisticamente distinta la cv. ES28 (tipo zuccherino) che ha fatto
registrare i valori più elevati (20,3 foglie). Il valore più ridotto è stato quello dei testimoni:
Sucrosorgo 506 e Sugargraze (12,8 foglie). Alla raccolta l’indice dell’are fogliare risultava pari a
3,2; il valore più elevato, pari a 5,47, è stato rilevato nel genotipo ES28, peraltro il più produttivo.
L’indice rifrattometrico misurato alla raccolta è risultato in media pari a 10,7 °Brix. La cultivar
testimone Sugargraze ha fatto accertare il valori più elevato (19,8 °Brix); i tipi americani da
zucchero hanno fatto rilevare valori inferiori compresi tra 17,57 °Brix di EJ27 e 10,03 di EJX44.
220
Dipartimento di Scienze delle Produzioni
Agrarie e Alimentari
Nei tipi da fibra il contenuto di zuccheri ha oscillato tra 6,57 °Brix (EJX38) e 9,67 (EJX39) (tabella
2.13.1.8). L’indice dell’are fogliare alla raccolta è stato pari a 3,2 (Tabella 2.13.1.8). Nella media
dei genotipi il valore massimo è stato quello della cultivar ES28 (5,47) che è stato anche il genotipo
più produttivo (Tabella 2.13.1.8).
Tabella 2.13.1.8 – Investimento unitario (pianta m-2), altezza (cm), foglie totali (n° pianta-1), e peso
fresco medio della pianta (gr.) , indice rifrattometrico (°Brix) dei genotipi allo studio
Genotipi
Invest. unit.
(piante m-2)
ac
Peso unit.
Altezza (cm)
°Brix
LAI
d
5,47a
EJX44 (z)
10,1ac
240,8bc
18,7ad
1414,6ab
10,03ef
4,59ab
EJX45 (z)
11,8
ac
ac
ac
ab
11,43
d
4,24ac
EJX42 (f)
12,6ab
315,8ac
20,8ab
1169,6ab
9,20ei
4,22ac
EJX37 (f)
10,1ac
280,8ac
18,0ad
1090,2ab
8,73gj
3,76ad
EJX36 (f)
12,4ab
267,2ac
19,5ac
1223,3ab
8,17hj
3,66ad
EJX38 (f)
10,4
ac
ac
ad
ab
k
3,59ad
EJX33 (f)
10,8ac
285,8ac
20,5ac
1135,5ab
7,63j
3,54ad
EJX41 (f)
13,2ab
305,0ac
19,7ac
1276,8ab
8,83fj
3,50ad
EJX39 (z)
10,6ac
274,2ac
18,0ad
1032,5ab
9,67eg
3,44ad
EJX43 (f)
12,2
ab
ac
ad
ab
gj
3,32ad
EJX35 (z)
11,2ac
303,3ac
20,8ab
981,4ab
11,27d
3,23ad
EJX31 (f)
10,7ac
314,2ac
18,5ad
1138,3ab
7,93ij
3,10ad
EJX40 (f)
11,8ac
236,7c
18,7ad
801,2b
9,47eh
2,86bd
EJX32 (f)
11,8
ac
ac
ad
gj
2,81bd
ES29 (f)
13,6ab
295,0ac
18,8ad
1017,2ab
8,57gj
2,56bd
EJX34 (f)
11,4ac
307,5ac
17,5ad
1016,6ab
7,60j
2,54bd
EJ26 (z)
12,9ab
325,0ac
15,0bd
1469,4ab
16,40c
2,49bd
EJ27 (z)
ac
a
ad
ab
b
2,37bd
280,8
285,0
285,0
355,0
19,5
17,5
18,8
17,3
16,2
1989,6
a
10,9
332,5
20,3
a
(g pianta-1 s.f.)
ES28 (z)
11,1
346,3
ab
N. foglie
1566,1
1104,5
1074,9
1009,2
1674,5
ab
12,10
6,57
8,63
8,63
17,57
Sugargraze (z)
7,3c
278,3ac
12,7d
1397,7ab
19,80a
1,85cd
BRS30 (z)
14,7a
339,2ab
14,0cd
865,7b
16,17c
1,48d
Sucro 506 (z)
9,4bc
269,2ac
12,8d
758,5b
10,37e
1,47d
Media
11,4
296,5
17,9
1191,2
10,67
3,2
* F= fibra ; Z= zuccherino. Lettere diverse, per ciascun carattere, indicano differenze significative per
p≥0,05
Sub-task 1.1.4 Valutazione della produttività di Arundo in funzione dell’agrotecnica
Attività A - Svecchiamento di vecchi canneti (III anno)
Anche nel 2013 si confermano i risultati ottenuti nel precedente anno. Nella tabella 2.13.1.9 sono
riportati alcuni dei caratteri rilevati in rapporto ai trattamenti. Il trattamento T2 (discissura
dell’apparato rizomatoso lasciato in campo) e il trattamento T1 (discissura dell’apparato rizomatoso
e allontanamento di gran parte di questo dal campo) hanno determinato differenze sensibili rispetto
al testimone (nessun intervento di svellimento del rizoma) e tra di loro.
221
Dipartimento di Scienze delle Produzioni
Agrarie e Alimentari
In generale i dati biometrici rilevati testimoniano di un leggero calo rispetto al precedente anno
come conseguenza dello scarso livello delle precipitazioni.
Le canne raccolte, nella media delle due classi dimensionali prese in esame, misuravano (dalla base
all’apice delle foglie apicali) 100,9 cm, con significative differenze tra il testimone (128,7 cm), e le
tesi T2 (98,7 cm) e T1 (75,3 cm) (tabella 2.13.1.9). In tutti i casi hanno prevalso le canne di
dimensioni ridotte (< di 100 cm II classe) che hanno oscillato tra il 58% (Testimone) e il 75% (tesi
T1) (figura 2.13.1.6). La densità dei culmi è variata anch’essa significativamente, tra 12,9 culmi m-2
(T) e 5,9 culmi m-2 (T1). Per il diametro del culmo sono state rilevate variazioni significative tra il
testimone (8,6 mm) e le altre due tesi (6,75 mm in media).
La produzione di biomassa fresca è stata pari a 16,4 t ha-1 nel testimone e sensibilmente più bassa
nella tesi T2 (8,8 t ha-1) e nella tesi T1 (1,8 t ha-1) (figura 2.13.1.7). La biomassa secca è stata molto
bassa nella tesi T1 (0,9 t ha-1) e anche della tesi T2 (4,9 t ha-1) rispetto al testimone (9,2 t ha-1)
(figura 2.13.1.7).
Tabella 2.13.1.9 – Caratteri biometrici rilevati in relazione ai trattamenti allo studio (Lettere diverse
indicano differenze significative per p≥0,05)
Trattamenti
Densità culmi (n m-2)
Altezza culmi (cm)
Diametro dei culmi alla base
(mm)
T
I classe
169,0
II classe
88,4
media
128,7a
I classe
10,9
II classe
14,8
media
12,9a
I classe
12,0
II classe
5,1
media
8,6a
T1
99,2
51,3
75,3c
3,0
8,7
5,9c
7,9
5,2
6,6b
T2
141,5
55,9
98,7b
6,4
13,1
9,8b
9,5
4,3
6,9b
media
136,6
65,2
100,9
6,8
12,2
9,5
9,8
4,9
7,3
(*) I classe: altezza delle canne superiore a 100 cm; (**) II classe: altezza delle canne inferiore a 100 cm
Figura 2.13.1.6 – Ripartizione delle canne raccolte nelle due classi dimensionali (I classe altezza >
100 cm, II classe altezza < 100 cm) in relazione ai trattamenti allo studio
100,0
90,0
80,0
70,0
(%)
60,0
50,0
I classe
40,0
II classe
30,0
20,0
10,0
0,0
T
T1
Trattamenti
T2
222
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Agrarie e Alimentari
Figura 2.13.1.7 – Produzione di biomassa fresca e secca in relazione ai trattamenti allo studio.
(Lettere diverse, per ciascun carattere, indicano differenze significative per p≥0,05)
18,0
Biomassa raccolta (t ha-1)
16,0
a
14,0
12,0
10,0
8,0
b
a
Biomassa fresca
6,0
Biomassa secca
b
4,0
c
2,0
c
0,0
T
T1
T2
Trattamenti
media
Il confronto tra la biomassa prodotta nel triennio permette di visualizzare il sensibile incremento
della produzione (in media di circa otto volte) tra il primo anno e quelli successivi (figura 2.13.1.8).
Tuttavia, mentre la produzione della tesi testimone è in linea con la produttività del canneto di pari
età (circa 17 anni), gli interventi di svellimento, nel migliore dei casi (tesi T2) hanno condotto ad un
livello produttivo molto insoddisfacente.
Figura 2.13.1.8 – Produzione di biomassa (t ha-1 s.s.) nel triennio in relazione ai trattamenti allo
studio
Biomassa raccolta (t ha-1 s.s.)
10,0
9,0
8,0
7,0
6,0
5,0
I anno
4,0
II anno
3,0
III anno
2,0
1,0
0,0
T
T1
T2
Trattamenti
Media
223
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Agrarie e Alimentari
Attività B - Valutazione di itinerari tecnici per la riduzione degli input colturali e il miglioramento
dell’efficienza d’uso della radiazione solare.
L’andamento delle precipitazioni dell’annata 2013, che ha dimezzato la dotazione di acqua del
suolo, ha compromesso alquanto l’insediamento delle specie seminate ed in parte anche di quelle
trapiantate. I soli confronti possibili sono quelli riportati nella tabella 2.13.1.10. Come si può
constatare, le specie sopravvissute sono state oltre all’Arundo, le altre specie rizomatose
(Saccharum spontaneum e Sorghum halepense).
Tabella 2.13.1.10 – Specie e consociazioni che è stato possibile valutare
Numero progressivo.
1
Numero di specie
nella parcella
3
Specie
Arundo+Saccharum spontaneum+Sorghum halepense
2
3
4
5
2
2
2
1
Arundo+Saccharum
Arundo+Sorghum
Saccharum+Sorghum
Arundo
6
7
1
1
Saccharum
Sorghum
La raccolta della biomassa, effettuata a febbraio 2013 ha messo in evidenza come i migliori risultati
produttivi siano stati determinati dall’Arundo in coltura pura o consociato con le altre specie
rizomatose. Nella media della disponibilità di azoto la produttività più elevata è stata quella di
Arundo+Sorghum (6,9 t ha-1 s.s.) e Arundo in coltura pura (6,5 t ha-1 s.s.), seguita da
Arundo+Saccharum+Sorghum (5,7 t ha-1 s.s.) e Arundo+Saccharum (5,3 t ha-1 s.s.), quindi da
Saccharum in coltura pura (3,6 t ha-1 s.s.) e Sorghum halepense in coltura pura (1,2 t ha-1 s.s.).
Infine, quella di Saccharum+Sorghum (2,4 t ha-1 s.s.) a causa del ridotto investimento unitario
rispetto a quello programmato (figura 2.13.1.9).
Tutte le specie e le combinazioni di queste hanno mostrato una risposta alquanto netta al livello di
disponibilità di azoto nel suolo. La tesi N80 e la tesi N40, nella media dei genotipi e delle
consociazioni hanno determinato un crescita della produttività pari rispettivamente al 107% e al
40% rispetto alla tesi N0 (6,2 e 4,2 t ha-1 s.s. contro 3 t ha-1 s.s. nell’ordine) (figura 2.13.1.10).
224
Dipartimento di Scienze delle Produzioni
Agrarie e Alimentari
Figura 2.13.1.9 – Produzione di biomassa in relazione al livello di fertilizzazione e alla
consociazione
Figura 2.13.1.10 – Produzione di biomassa in relazione al livello di fertilizzazione nella media delle
combinazioni a confronto (lettere diverse indicano differenze significative per p<0,05)
b
c
a
225
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Agrarie e Alimentari
Sub-task 1.1.7 – Prime valutazioni delle potenzialità produttive di specie da biomassa meno
note da introdurre nelle filiere esistenti: Saccharum aegyptiacum
Si può osservare nella figura 2.13.1.11 come la fotosintesi netta sia risultata costantemente più
elevata nel trattamento I100, quindi nel trattamento I50 e I0. Prima dell’inizio del periodo in cui si è
manifestato il deficit idrico (maggio-giugno) i valori della fotosintesi netta sono risultati alquanto
alti grazie a valori della temperatura massima non troppo elevati ma accompagnati da alti indici di
radiazione solare incidente e da alcune piogge. La tesi I100 ha raggiunto valori intorno a 24 μmol
CO2 m-2 s-1 in maggio, I50 20 μmol CO2 m-2 s-1 e I0 16 μmol CO2 m-2 s-1; in settembre I100 ha
mostrato sempre I valori più alti rispetto a I50 e I0 (13.0, 9.5 e 7,2 μmol CO2 m-2 s-1
rispettivamente).
Figura 2.13.1.11 – Andamento del tasso di assimilazione (μmol CO2 m-2 s-1) di Saccharum
spontaneum L. spp. aegyptiacum (Willd.) Hackel in relazione al livello di restituzione idrica (I100,
I50 e I0)
L’efficienza istantanea d’uso dell’acqua da parte della foglia è stata calcolata sulla media delle
rilevazioni nell’ambito dei diversi trattamenti come rapporto tra fotosintesi netta e tasso di
traspirazione (µmol CO2 m-2 s-1/mmol H2O m-2 s-1). Nella tesi I100 è stato rilevato il valore più
elevato (4,48 µmol CO2 m-2 s-1/mmol H2O m-2 s-1), seguito da quello della tesi I50 (4,22 µmol CO2
m-2 s-1/mmol H2O m-2 s-1) e I0 (3,99 µmol CO2 m-2 s-1/mmol H2O m-2 s-1) (figura 2.13.1.12).
226
Dipartimento di Scienze delle Produzioni
Agrarie e Alimentari
Figura 2.13.1.12 – Efficienza d’uso dell’acqua (µmol CO2 m-2 s-1/ mmol H2O m-2 s-1) in Saccharum
spontaneum L. spp. aegyptiacum (Willd.) Hackel in relazione alla disponibilità idrica delle tesi a
confronto (I100, I50 e I0)
L’entità della biomassa aerea prodotta in relazione all’acqua disponibile e illustrata nella figura
2.13.1.13. La tesi I100 ha fatto registrare i valori della produttività più elevati, pari a 33,5+ 2,4 t ha-1
s.s., contro 27,8 + 0,3 t ha-1 s.s. della tesi I50 e 22,1+ 2.2 t ha-1 s.s. della tesi I0.
Figura 2.13.1.13 – Resa in biomassa (t ha-1 s.s.) di Saccharum spontaneum L. spp. Aegyptiacum
(Willd.) Hackel in relazione alla disponibilità idrica delle tesi a confronto (I100, I50 e I0)
227
Dipartimento di Scienze delle Produzioni
Agrarie e Alimentari
La relazione tra la resa di biomassa aerea e l’acqua disponibile (irrigazione + pioggia) mostra che
Saccharum spontaneum incrementa la resa in biomassa al crescere dell’acqua disponibile con una
precisione elevata rispetto al modello previsto (R2=0,99) (figura 2.13.1.14). La pendenza della retta
rappresenta la WUE della biomassa, che è molto simile a quella della leaf WUE della figura
2.13.1.12 (3,1 vs 4,0-4,5 g l-1, rispettivamente).
Figura 2.13.1.14 – Relazione tra biomassa aerea prodotta (t ha-1) e acqua disponibile (irrigazione
+ pioggia) nel corso della stagione di crescita 2013
I caratteri biometrici presi in considerazione mostrano valori più elevati del peso unitario dei culmi,
del numero di nodi, del diametro basale dei culmi e dell’altezza di questi rispetto alla tesi asciutta
(tabella 2.13.1.11).
Tabella 2.13.1.11 – Caratteri biometrici presi in esame in Saccharum spontaneum L. spp.
aegyptiacum (Willd.) Hackel in relazione alla differenziazione della disponibilità idrica (I100, I50
and I0)
Peso del culmo (g)
Nodi per culmo (n)
Diametro basale
(mm)
Altezza del culmo
(cm)
I0
85.7±38.6
9.9±2.2
9.8±2.1
156.8±41.5
I50
151.9±2.6
11.3±1.6
13.0±0.1
199.3±18.7
I100
170±6.8
12.0±1.4
13.3±0.3
214.8±21.2
Trattamenti
Questi risultati preliminari indicano che Saccharum spontaneum spp. aegyptiacum, specie nativa
delle coste Nord-africane (Egitto), è in grado di produrre elevate quantità di biomassa (da 22 a 27 t
ha-1) in linea con le produzioni di specie quali Arundo e Miscanto nello stesso ambiente; ciò anche
228
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Agrarie e Alimentari
in condizioni di disponibilità idrica alquanto bassa. Sono necessari, tuttavia, ulteriori riscontri per
esprimere un giudizio definitivo.
Anche le caratteristiche qualitative di questa biomassa fanno ben sperare, dal momento che
confronti effettuati tra Saccharum, Arundo e Miscanto hanno permesso di evidenziare che la
quantità di etanolo di seconda generazione estraibile dal Saccharum sia perfino superiore a quello
ricavabile dalle altre due specie (tabella 2.13.1.12).
Tabella 2.13.1.12 – Resa teorica ed effettiva di zuccheri fermentescibili dopo trattamenti enzimatici
della biomassa ligno-cellulosica di coltivazioni di Saccharum, Arundo e Miscanto realizzate presso
l’azienda didattico-sperimentale dell’Università degli Studi di Catania*
Materia prima
Arundo
Miscanthus
Saccharum
-1
-1
-1
Teorico/ottenuto
C6 (l ton )
C5 (l ton )
Totale (l ton )
Teorico
232
149
381
Ottenuto
193
42
235
Teorico
273
146
419
Ottenuto
205
47
252
Teorico
247
159
406
Ottenuto
225
53
278
*Scordia D, Cosentino SL, Jeffries TW, 2010. Second generation bioethanol production from Saccharum
spontaneum L. ssp. aegyptiacum (Willd.) Hack.. Bioresour. Technol.(101),5358-5365.
Il responsabile della ricerca
Prof. Salvatore Luciano Cosentino
229
.
2.14 U.O. XIV CNR - Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie
Arboree (IVALSA) – UOS di Catania (già UOS di Catania del CNR-ISAFOM)
Selezione di genotipi di sorgo zuccherino e da fibra adatti alle semine anticipate
in ambiente mediterraneo
Responsabile scientifico: Dr. Cristina Patanè
230
.
2.14 U.O. XIV CNR - Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree
(IVALSA) – UOS di Catania (già UOS di Catania del CNR-ISAFOM)
Titolo della ricerca: Selezione di genotipi di sorgo zuccherino e da fibra adatti alle semine
anticipate in ambiente mediterraneo
Responsabile scientifico: dott.ssa Cristina Patanè
2.14.1 Attività svolte dall’unità operativa nel terzo anno (2013)
2.14.1.1
Breve sintesi delle attività e dei risultati dell’anno 2013
Negli ambienti caldo-aridi del Meridione d’Italia, la spesso elevata salinità dei terreni può
fortemente limitare la germinazione del seme, specie se associata a condizioni termiche subottimali.
Nell’ambito del progetto, al III anno di attività è stata condotta una ricerca che ha avuto come
obiettivo lo studio della tolleranza del sorgo alla salinità in fase germinativa, in condizioni termiche
ottimali e sub ottimali. Sono stati, inoltre, studiati gli effetti di pretrattamenti di priming del seme
sulle caratteristiche germinative del seme in siffatte condizioni di germinazione.
Infine, è in corso di realizzazione una prova in ambiente controllato che prevede la misura degli
scambi gassosi nei primissimi stadi di accrescimento della pianta mediante l’ausilio di un infrared
gas analyzer (LCA4 – ADC Inc.) a sistema aperto, ai fini di una validazione di alcuni indici
ecofisiologici nella valutazione precoce della resistenza alle basse temperature e delle attitudini
produttive in genotipi di sorgo.
I risultati delle prove concluse evidenziano in primo luogo l’esistenza di una differenza genetica
nella risposta germinativa allo stress salino, nel sorgo da biomassa per energia. L’abbassamento
della temperatura di germinazione dal suo valore ottimale rende il seme di sorgo più sensibile allo
stress salino. Il priming del seme risulta utile nello stimolare la germinabilità e nel ridurre i tempi di
germinazione, sebbene i benefici siano meno evidenti in condizioni di spinto stress salino. Anche il
semplice hydropriming del seme in acqua distillata risulta valido nell’incrementare germinabilità e
velocità di germinazione, in condizioni termiche sia ottimali che sub ottimali, presentando peraltro
il vantaggio della economicità e della facilità di realizzazione del trattamento. La sincronia
germinativa rappresenta un ulteriore elemento da considerare nella valutazione delle caratteristiche
germinative in condizioni di stress, che tuttavia, prescindendo dalla capacità germinativa del seme,
va opportunamente associato ad altri parametri di valutazione delle caratteristiche germinative del
seme.
231
.
Tabella 2.14.1.1 – Task e sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta e relativo stato di avanzamento
Stato di avanzamento
Task / sub-task nei quali l’U.O. è coinvolta
Non avviato
Avviato/ in
corso
Task 2.1 Miglioramento genetico in colture dedicate alla
filiera termoelettrica, sub-task 2.1.2 Miglioramento
genetico del sorgo da fibra
X
Task 2.2 Miglioramento genetico in colture dedicate alla
filiera bioetanolo, sub-task 2.2.1 Miglioramento genetico
del sorgo zuccherino
X
2.14.1.2
Concluso
Relazione sull’attività svolta
Negli ambienti caldo-aridi del Meridione d’Italia, l’elevato livello di salinità che spesso caratterizza
i terreni rappresenta uno dei principali fattori che limitano l’insediamento stabile di una coltura. In
siffatte condizioni, la germinazione del seme può essere fortemente ridotta o ritardata dal basso
potenziale idrico del terreno, specie se associato a temperature subottimali. Il pretrattamento di
priming del seme può contribuire al superamento dei limiti imposti dallo stress salino sulla
germinazione del seme.
Nell’ambito del progetto, al III anno di attività è stata condotta una ricerca che ha avuto come
obiettivo lo studio della tolleranza del sorgo alla salinità in fase germinativa, in condizioni termiche
ottimali e subottimali, e degli effetti di pretrattamenti di priming del seme sulle caratteristiche
germinative del seme in siffatte condizioni di germinazione.
E’ noto, inoltre, come il processo di costituzione di nuove varietà finalizzate alla produzione di
biomassa, e la verifica dell’adattabilità a condizioni pedoclimatiche diverse, richiedono la
valutazione delle caratteristiche biologiche e produttive dei genotipi selezionati. Attraverso
determinazioni fisiologiche condotte in ambiente controllato è possibile elaborare alcuni indici
ecofisiologici in grado di stimare anticipatamente caratteristiche diverse in tali genotipi. La UOS di
Catania dell’IVALSA si propone, pertanto, a completamento della ricerca, di supportare l’attività di
ricerca agronomica anche attraverso la determinazione delle curve di risposta della pianta ai fattori
ambientali, temperatura in particolare, da valutare nei primi stadi di sviluppo della coltura in
ambiente controllato, al fine di una stima precoce delle potenzialità produttive e delle capacità di
adattamento a stress termici. Questa ricerca risulta in fase di attuazione.
232
.
2.14.1.2.1 Descrizione sull’attività svolta
Metodologia
Linea A: Risposta germinativa del seme di sorgo allo stress salino e tecniche di Hydro e
Osmopriming del seme per il miglioramento della germinabilità in condizioni di stress salino a
temperatura ottimale e subottimale
La linea A ha riguardato la valutazione delle caratteristiche germinative del sorgo a diversi livelli di
salinità in NaCl e l’effetto di alcuni pretrattamenti di priming su
tali caratteristiche, in due cultivar di sorgo: ‘Biomass 150’
(Syngenta Seeds, s.p.a), ), da fibra ma con tenore zuccherino
medio, e ‘Jumbo’, più specificamente da foraggio ma
caratterizzato da una ottima resistenza alla siccità ed agli stress
termici e da elevate produzioni di biomassa (Padana Sementi
Elette s.r.l., Padova). Il seme delle due cultivar è stato fornito
dall’Istituto di Agronomia, Genetica e Coltivazioni erbacee,
Università Cattolica del S. Cuore, Piacenza. I test di germinabilità
sono stati condotti in condizioni termiche ottimali e subottimali. A
cv. Biomass 150
confronto con un testimone non trattato, sono stati studiati 3
pretrattamenti di priming del seme:
- hydropriming in H2O distillata (soluzione aerata) per 24 h
- osmopriming in soluzione PEG
- priming in soluzione di acido ascorbico (AA)
I pretrattamenti di osmopriming in PEG e di priming in soluzione
di AA sono stati effettuati immergendo i semi rispettivamente in
una soluzione aerata di PEG 6000 (250 g/L) e in una soluzione aerata di acido ascorbico (2 mM/L),
per 48 h. A completamento dei trattamenti, i semi sono stati abbondantemente sciacquati con acqua
corrente e successivamente con acqua distillata (ad esclusione dell’hydropriming), quindi lasciati
asciugare all’aria aperta per un giorno. I semi sono stati, quindi, posti a germinare a 4 diversi livelli
di potenziale osmotico (ψ) della soluzione di imbibizione: 0, -0,5, -1,0, -1,5 MPa, indotti da
concentrazioni diverse di NaCl in acqua distillata (Patanè et al., 2009). I test sono stati condotti in
germinatoio termostaticamente controllato (±1°C). Campioni di 200 semi (4 repliche di 50 semi
ciascuna) sono stati posti in capsule Petri contenenti un singolo foglio di carta bibula, inumidito con
7 ml di acqua distillata. Le capsule Petri sono state chiuse ermeticamente con parafilm per prevenire
le perdite di acqua per evaporazione, e mantenute nel germinatoio al buio. La germinazione è stata
registrata giornalmente sui semi che presentavano una radichetta di almeno 2 mm di lunghezza, sino
a quando non veniva osservata alcuna ulteriore emissione di radichette. A conclusione del test, è
stata calcolata la germinabilità finale (%). Per ciascuna cultivar, trattamento di priming e
temperatura di germinazione, è stato calcolato il potenziale idrico di base ψb(50), cioè il valore di
potenziale in corrispondenza del quale la germinabilità del lotto di semi si riduce al 50%. Per tale
scopo è stata utilizzata una regressione lineare dei valori dell'inverso del t50 (GR50) vs. il potenziale
cv. Jumbo
233
.
idrico della soluzione di imbibizione (ψ). Il t50 rappresenta il numero di giorni necessari per il
raggiungimento del 50% di semi germinati. L’intercetta sull'asse delle ascisse rappresenta il
potenziale di base per la germinazione.
Inoltre, per ciascun livello di potenziale osmotico, sono state calcolate:
- Velocità di germinazione (Gv).
- Sincronia di germinazione (Gs)
La Gv è un indice che esprime la velocità di germinazione di un lotto di semi ed è stato calcolato
adottando un indice Timson modificato (Siddiqui, 2006): più alto è il suo valore, più rapida sarà la
germinazione. Il valore massimo raggiungibile utilizzando questo indice con i dati del test è 100.
La Gs indica il livello di sincronizzazione della germinazione dei semi: essa è uguale a 1 quando la
germinazione dei semi avviene contemporaneamente e uguale a 0 quando almeno 2 semi germinano
in giorni diversi (Ranal et al., 2009).
Discordanze rispetto alle attività previste da progetto, eventuali difficoltà/problemi riscontarti e
soluzioni per superarli
Ripetuti guasti alla cella climatica hanno comportato un notevole ritardo nell’avvio delle prove di
validazione dell’uso di indici ecofisiologici per la valutazione precoce della resistenza alle basse
temperature e delle attitudini produttive in genotipi diversi di sorgo, previste nel corso del terzo
anno di progetto. Al ritardo nella realizzazione delle suddette prove ha contribuito anche il recente
trasferimento di diverse unità di personale tecnico e di ricerca, tra cui la dott.ssa Patanè,
responsabile scientifico della UO CNR-ISAFOM nell’ambito del progetto, a altro Istituto CNR
(Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree-IVALSA), che ha determinato una
provvisoria stasi delle attività di laboratorio in attesa del completamento del trasloco a altra
ubicazione. Si prevede il completamento delle prove entro la prossima primavera.
Eventuali miglioramenti od approfondimenti apportati rispetto al progetto iniziale
A causa della mancata assegnazione della seconda tranche e della difficoltà nel reperimento di altri
fondi, non è stato possibile realizzare altre prove ad approfondimento dei risultati conseguiti con le
precedenti.
Stato di avanzamento delle attività rispetto al programma iniziale
La intensificazione delle attività di ricerca sulla germinazione dei semi negli ultimi mesi ha
permesso di colmare il lieve ritardo nello stato di avanzamento della ricerca a seguito di problemi
segnalati al germinatoio. Tale intensificazione ha permesso il completamento delle prove di
germinabilità previste nell’ambito dei sub task 2.1.2 e 2.2.1, entro i tempi previsti. Tuttavia
risultano ancora in fase di realizzazione le prove in cella climatica per i motivi sopracitati.
234
.
Prossimi step, con particolare attenzione alle eventuali attività previste per l’anno 2014
Come già precedentemente accennato, il prossimo step prevede la realizzazione della prova di
validazione dell’uso di indici ecofisiologici per la valutazione precoce della resistenza alle basse
temperature e delle attitudini produttive in genotipi diversi di sorgo.
2.14.1.3
Risultati conseguiti
Linea A: Risposta germinativa del seme di sorgo allo stress salino e tecniche di Hydro e
Osmopriming del seme per il miglioramento della germinabilità in condizioni di stress salino a
temperatura ottimale e subottimale
Entrambe le cultivar esaminate hanno mostrato una discreta tolleranza alla salinità in fase
germinativa a temperatura ottimale (25°C). Tra le due cultivar, ‘Biomass 150’ ha mostrato una
maggiore resistenza allo stress salino, fornendo valori di germinabilità a 25°C prossimi al 100% nel
testimone a potenziali idrici molto bassi (-1,5 MPa). A temperatura sub ottimale (15°C), la
tolleranza alla salinità nel corso della germinazione si è ridotta, sebbene in maniera marcata solo ai
livelli più alti di stress salino (ψ <-0,5 MPa) per un effetto inibitorio combinato dei due fattori allo
studio (stress salino e temperatura) (Figura 2.14.1.1). In particolare, più sensibile allo stress salino a
temperatura subottimale è apparsa la cv. Jumbo, come anche dimostra il valore lievemente più alto
di potenziale idrico di base (ψb(50)) per la germinazione, calcolato per questa cultivar rispetto a
‘Biomass 150’ in corrispondenza del testimone non trattato, a 15°C (Tabella 2.14.1.2).
Germinabilità finale (%)
Figura 2.14.1.1 - Effetto dello stress salino in NaCl sulla germinabilità finale del testimone non
trattato
nelle
cv.
di
sorgo
da
biomassa
‘Jumbo’
e
‘Biomass
150’
100
80
60
40
25°C
15°C
20
cv. Jumbo
0
-1.5
-1.0
-0.5
0.0 -1.5
cv. Biomass 150
-1.0
-0.5
0.0
Potenziale idrico  (MPa)
I semi hanno beneficiato dei trattamenti di priming soprattutto a temperatura sub ottimale (15°C), in
corrispondenza della quale gli effetti dello stress salino sono risultati più evidenti (Figura 2.14.1.2).
Sia il trattamento di priming in soluzione osmotica che il semplice Hydropriming del seme hanno
235
.
consentito una riduzione del potenziale di base per la germinazione del 50% di semi a 15°C, rispetto
al testimone.
Figura 2.14.1.2 - Germinabilità finale nelle due cultivar di sorgo da biomassa in rapporto al
potenziale osmotico ed al trattamento al seme
Tabella 2.14.1.2 - Valori di potenziale idrico di base (ψb(50)) a due diverse temperature, nelle due
cultivar di sorgo da biomassa in esame
A entrambe le temperature di germinazione, l’incremento del livello di salinità ha comportato un
ritardo germinativo rispetto al testimone non sottoposto a stress salino, ritardo che tuttavia si è
ridotto e in alcuni casi annullato a seguito dei trattamenti di priming del seme (Figura 2.14.1.3).
236
.
Figura 2.14.1.3 - Velocità di germinazione (GV) nelle due cultivar di sorgo in rapporto al
potenziale osmotico ed al trattamento al seme
Gli effetti positivi del priming sulla velocità di germinazione sono apparsi più evidenti in modo
particolar modo nella cv. ‘Jumbo’ che, essendo più lenta in fase germinativa, ne ha maggiormente
beneficiato. Tra i diversi trattamenti, il priming in PEG e AA ha sortito i migliori risultati,
dimostrando che in entrambi i casi l’effetto di stimolo non è legato esclusivamente alla semplice
idratazione anticipata del seme, come avviene nel corso dell’hydropriming. Tuttavia, soprattutto
nella cultivar più sensibile allo stress salino, a -1,5 MPa gli effetti del priming sulla velocità di
germinazione sono stati poco evidenti.
La sincronia, cioè il livello di sincronizzazione della germinazione di ciascun lotto di semi, è un
valido indice della uniformità di germinazione: quanto più l’indice si approssima all’unità, tanto più
contemporanea sarà la germinazione dei semi. A temperatura ottimale (25°C) la sincronia, più alta
che a 15°C, è aumentata a seguito dei pretrattamenti al seme, la cui efficacia si è tuttavia ridotta
all’aumentare del livello di stress salino (Figura 2.14.1.4). L’effetto dei diversi trattamenti di
priming non è stato univoco, poiché in taluni casi anche il semplice hydropriming ha sortito effetti
benefici sulla sincronia comparabili a quelli del priming in PEG o in AA.
237
.
Figura 2.14.1.4 - Sincronia di germinazione (Gs) nelle due cultivar di sorgo in rapporto al
potenziale osmotico ed al trattamento al seme
Figura 2.14.1.5 - Germinabilità dopo 6 gg a -0,5 MPa (in NaCl), in sorgo cv. Biomass 150 a 15°C,
nel testimone non trattato (a sinistra) e in semi ‘osmoprimed’ in PEG (a destra)
238
.
2.14.1.3.1 Conclusioni
Relativamente alla linea A, i risultati della ricerca evidenziano in primo luogo l’esistenza di una
differenza genetica nella risposta germinativa allo stress salino, nel sorgo da biomassa per energia.
L’abbassamento della temperatura di germinazione dal suo valore ottimale rende, inoltre, il seme di
sorgo più sensibile allo stress salino. Il priming del seme risulta utile nello stimolare la
germinabilità e nel ridurre i tempi di germinazione, sebbene i benefici siano meno evidenti in
condizioni di spinto stress salino. Anche il semplice hydropriming del seme in acqua distillata
risulta valido nell’incrementare germinabilità e velocità di germinazione, in condizioni termiche sia
ottimali che sub ottimali, presentando peraltro il vantaggio della economicità e della facilità di
realizzazione del trattamento. La sincronia germinativa rappresenta un ulteriore elemento da
considerare nella valutazione delle caratteristiche germinative in condizioni di stress, che tuttavia,
prescindendo dalla capacità germinativa del seme, va opportunamente associato ad altri parametri di
valutazione delle caratteristiche germinative del seme.
2.14.1.3.2 Bibliografia
1) Patanè, C., Cavallaro, V., Cosentino, S.L., 2009. Germination and radicle growth in unprimed
and primed seeds of sweet sorghum as affected by reduced water potential in NaCl at different
temperatures. Ind. Crop Prod., 30, 1-8.
2) Ranal, M.A., Santana, D.G., Ferreira, W.R., Mendes-Rodrigues, C., 2009. Calculating
germination measurements and organizing spreadsheets. Rev. Bras. Bot., 32, 849-855.
3) Siddiqui, Z.S., 2006. Biochemical responses of dimorphic seeds of Arthrocnemum indicum
Willd. during germination, inhibition, and alleviation under saline and non-saline conditions.
Turk. J. Biol., 30, 185-193.
2.14.1.4
Divulgazione dei risultati
Nel corso del terzo anno di ricerche è stato prodotto il seguente lavoro presentato al XLII Convegno
nazionale della Società Italiana di Agronomia:
Patanè C., Cavallaro V., Avola G., Pellegrino A., Saita A., Copani V., 2013. Hydro e Osmopriming
del Seme per il Miglioramento delle Caratteristiche Germinative in Condizioni di Stress Salino in
Due Cultivar di Sorgo da Biomassa per Energia. Atti XLII Convegno Nazionale della SIA, Reggio
Calabria, 18-20 Settembre, pp. 369-371. ISBN 978-88-908499-0-9.
239
2.15 Elenco Allegati
1) Allegato 1 – Elenco delle pubblicazioni e attività di divulgazione dei risultati
240
2.16 Allegato 1 - Elenco delle pubblicazioni e attività di divulgazione dei risultati
Attività di divulgazione dei risultati
1) Assirelli A., Amaducci S. et al. (2014), Lo stoccaggio del sorgo zuccherino.(*) Influenza della
lunghezza dello stelo sulle perdite di zucchero. Articolo in corso di pubblicazione sullo Speciale
Agroenergie 2014 della rivista Sherwood.
2) Badeck F.W., Rizza F., Soave C., Di Candilo M., Ceotto E., (2012). Leaf CO2 assimilation
Irradiance-Response of Giant Reed (Arundo donax L.). Proceedings of 20th European Biomass
Conference and Exibition, 18-22 June 2012, Milan, Italy: 574-577.
3) Barbanti L., Grigatti M., Di Girolamo G., Bettinelli C., Vecchi A., Ciavatta C. (2011),
Produzione Potenziale di Biogas da Colture Erbacee Annuali e Poliennali, XL Convegno della
Società Italiana di Agronomia, Università degli Studi di Teramo 7-8-9 settembre 2011.
4) Barbanti, L., Capecchi, L., Vecchi, A., Di Girolamo, G., (2013). Effetti dell’epoca di semina e
dell’inserimento di un intercalare sul comportamento bio-agronomico del sorgo da biomassa.
Atti del XLII Convegno Nazionale della Società Italiana di Agronomia. Reggio Calabria, 18-20
Settembre, 254-256.
5) Barbanti, L., Grigatti, M., Di Girolamo, G., Bertin, L., Ciavatta, C., (2013). Methane potential
and energy balance of annaul and multi-annual biomass crops. EnergyThink, Bologna, 27
Novembre (www.energythink.it).
6) Böttcher U., Rampin E., Hartmann K., Zanetti F., Flenet F., Morison M., Kage H. (2012). A
Phenological Model of Winter Oilseed Rape According to the BBCH Scale. Submitted to Field
Crop Res.
7) Capecchi L., Di Girolamo G., Vecchi A., Barbanti L., (2013). Efficienza di utilizzo dell’azoto in
impianti maturi di specie erbacee perenni da biomassa nel nord Italia. Italian Journal of
Agronomy 8 suppl. 1, 5-9.
8) Capecchi L., Nissen L., Grigatti M., Mattarelli P., Barbanti L., (2013). Second generation
bioethanol from municipal organic waste, barley straw and fiber sorghum. Atti di Ecomondo –
17^ Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile.
Rimini, 6-9 Novembre, 179-184.
9) Capecchi L., Nissen L., Mattarelli P., Grigatti M., Barbanti L., (2013). Produzione di bioetanolo
di seconda generazione da colture da biomassa annuali e poliennali. Atti del XLII Convegno
Nazionale della Società Italiana di Agronomia. Reggio Calabria, 18-20 Settembre, 272-274.
241
10) Ceotto E., Castelli F., Di Candilo M., (2013). The perennial energy crop giant reed (Arundo
donax L.) as a soil nitrate scavenger for cattle slurry application. Proceedings of RAMIRAN
2013,
15th
International
conference,
Versailles,
2-5
June
2013.
S1.22,
4
pp.
https://colloque4.inra.fr/ramiran2013/Post-conference.
11) Ceotto E., Di Candilo M., 2010. Sustainable bioenergy production, land and nitrogen use. In:
Lichtfouse E. (ed.) Biodiversity, Biofuels, Agroforestry and Conservation Agriculture.
Sustainable Agriculture Reviews, Vol. 5, 101-122.
12) Ceotto E., Di Candilo M., 2012. Perennial versus annual Energy Crops: solar radiation
interception and Use Efficiency of Miscanthus and Fiber Sorghum. Proceedings of 20th
European Biomass Conference and Exibition, 18-22 June 2012, Milan, Italy: 578-580.
13) Ceotto E., Di Candilo M., Castelli F., Badeck F.W., Rizza F., Soave C., Volta A., Villani G.,
Marletto V., 2013. Comparing radiation interception and use efficiency for the energy crops
giant reed (Arundo donax L.) and sweet sorghum (Sorghum bicolor L. Moench). Field Crops
Research, 149, 159-166.
14) Ceotto E., Di Candilo M., Marletto V., 2011. Canopy cover and solar radiation conversion
efficiency of the herbaceous perennial giant reed (Arundo donax L.). Proceeding of 19th
European Biomass Conference and Exhibition, From Research to Industry and Markets, Berlin,
Germany, 6-10 June 2011, 740-743.
15) D’Avino L., Lazzeri L., Rampin E., Zanetti F., Spugnoli P., Dainelli R., Mosca G. (2011). Oil
crop sustainability assessment: three years of Brassica napus L. cultivation in North East Italy
for biodiesel production. 19th Biomass Conf. and exhibition, 6-10 June 2011, Berlin: 26172622.
16) De Mastro, G., Grassano, N., D’Andrea, L., Palumbo, A.D., 2011. GIS-based evalation of
Cardoon (Cynara cardunculus L. var. altilis DC.) suitability in Apulia Region. In: Proceedings
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17) Di Candilo M., Ceotto E., Librenti I., Faeti V. (2010) Manure fertilization on dedicated energy
crops: productivity and energy implications. In: Claudia S.C. Marques dos Santos Cordovil,
Luis Ferreira (eds.) Proceedings of the 14th Ramiran International Conference, of the FAO
ESCORENA Network on the Recycling of Agricultural, Municipal and Industrial Residues in
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18) Di Candilo M., Ceotto E., 2012. Applicazione di liquami bovini alle colture dedicate da energia:
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Mengarelli C. (eds.) Atti del Convegno Attualità della Ricerca nel Settore delle Energie
Rinnovabili da Biomassa. Ancona, 16-17 dicembre 2010.
19) Di Candilo M., Ceotto E., 2012. Cattle slurry application on Energy crops: a sustainable
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delle caratteristiche produttive ed energetico-qualitative di varietà di sorgo da fibra e da
zucchero in ambienti del Centro-nord Italia. Dal Seme, n. 3 / 10, 46-55.
22) Di Candilo M., Grassi F., Ceotto E., Soave C., 2011. Assessment of Phenotypic and Genotypic
Characteristics of 22 Giant Reed Ecotypes (Arundo donax L.) of Different Regions. Proceeding
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Berlin, Germany, 6-10 June 2011, 629-633.
23) Di Girolamo, G., Grigatti, M., Barbanti, L., Angelidaki, I., 2013. Effects of hydrothermal pretreatments on Giant reed (Arundo donax) methane yield. Bioresource Technology 174, 152-159.
24) Di Girolamo, G., Grigatti, M., Barbanti, L., Capecchi, L., Bertin, L., Ciavatta, C., 2013.
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pre-treatments. EnergyThink, Bologna, 27 Novembre (www.energythink.it).
25) Di Girolamo, G., Grigatti, M., Barbanti, L., Vecchi, A., Ciavatta, C., 2013. Produzione di
biomassa e resa in metano di colture dedicate annuali e poliennali. Atti del XLII Convegno
Nazionale della Società Italiana di Agronomia. Reggio Calabria, 18-20 Settembre, 303-305.
26) Di Girolamo, G., Grigatti, M., Bertin, L., Ciavatta, C., Barbanti, L., 2013. Colture dedicate per
la digestione anaerobica. Atti di Ecomondo – 17^ Fiera Internazionale del Recupero di Materia
ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile. Rimini, 6-9 Novembre, 208-212.
27) Di Girolamo, G., Grigatti, M., Bertin, L., Ciavatta, C., Barbanti, L., 2013. Colture dedicate da
biomassa e residui colturali per la produzione di CH4: effetto di trattamenti alcalini a moderata
intensità. Atti di Ecomondo – 17^ Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia e
dello Sviluppo Sostenibile. Rimini, 6-9 Novembre, 213-217.
28) Donati M., Bodini D., Arfini F., Zezza A., (2013), An integrated PMP model to assess the
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243
29) Donati M., Bodini D., Arfini F., Zezza A., (2013), Un modello integrato di PMP per valutare lo
sviluppo delle colture agroenergetiche e gli effetti sui fabbisogni idrici, Agriregionieuropa (in
corso di pubblicazione)
30) Librenti I., Ceotto E., Di Candido M. (2010), Biomass characteristics and enegy contents of
dedicated ignocellulosic crops. Proceedings Venice 2010,Third International Symposium on
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del colza invernale da olio attraverso la modulazione dell'epoca e della densità di semina. In Atti
XLI Conv. Naz. S.I.A., Reggio Calabria, 18-20 Sett. 2013, 333-335. (ISBN 978-88-908499-0-9)
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