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BREZPLAČNI IZVOD
COPIA GRATUITA
ISBN 978-88-7342-209-9
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
Cristiano Crescentini
e
Franco Fabbro
Neuropsicologia
del bilinguismo
nei bambini
• Nevropsihologija dvojezičnosti pri otrocih
ISBN 978-88-7342-209-9
BREZPLAČNI IZVOD
COPIA GRATUITA
Nevropsihologija
dvojezičnosti
pri otrocih
Franco Fabbro
in
Cristiano Crescentini
Neuropsicologia
del bilinguismo
nei bambini
Cristiano Crescentini e Franco Fabbro
2014
Indice
1. Il linguaggio come funzione del cervello ..................................
7
2. Metodi per studiare l’organizzazione
del linguaggio nel cervello ................................................................. 12
3. Acquisizione della prima lingua ....................................................... 15
4. Il ruolo della memoria nell’acquisizione delle lingue ......... 18
5. Il cervello bilingue dei bambini ....................................................... 22
6. Acquisizione o apprendimento
della seconda lingua nel bambino ................................................ 25
7. Periodi critici nell’acquisizione delle lingue .............................. 29
8. Età di acquisizione
e livello di competenza della seconda lingua ......................... 33
9. Essere bilingui o plurilingui produce benefici intellettivi
o contribuisce a causare altri disturbi? ........................................ 36
10.Quando iniziare l’educazione bilingue
e che cosa ne determina il successo in età prescolare? ... 39
4
11.Disturbi del linguaggio nei bambini bilingui .......................... 42
Le afasie nei bambini bilingui ........................................................... 42
Il ritardo mentale nei bambini bilingui ....................................... 43
I disturbi specifici del linguaggio (DSL) nei bilingui ........... 44
La dislessia nei bambini bilingui ..................................................... 46
12.Fenomeni di mescolamento
e commutazione delle lingue ........................................................... 48
13.Sordità e bilinguismo .............................................................................. 50
Note ........................................................................................................................... 54
Riferimenti bibliografici ................................................................................. 58
Gli Autori..................................................................................................................66
5
1
Il linguaggio come
funzione del cervello
Il linguaggio è una capacità distintamente umana di vitale importanza
per le capacità cognitive e comunicative che sono alla base del successo
degli esseri umani, sia come individui che come specie. Anche se generalmente pensiamo al linguaggio come forma di comunicazione, è più
corretto pensare ad esso come ad un codice composto da diversi tipi
di forme e simboli che, combinati in accordo alle regole della grammatica, assolvono molte funzioni una delle quali è la comunicazione.
Il linguaggio si articola in più livelli distinti, separati ma interrelati
fra loro, che riguardano parole semplici, parole con struttura interna,
frasi e discorsi. Tra questi livelli vanno riconosciuti quello fonologico,
morfologico, sintattico, semantico e il livello del discorso.1
La fonologia prende in esame i suoni linguistici dal punto di vista
della loro funzione (trasmettere significati) e della loro organizzazione
in parole, a partire dalle unità distinte di suono, i fonemi. La fonetica
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Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
prende in esame le concrete realizzazioni sonore, con riferimento alla
loro dimensione fisica e articolatoria o acustica.
La morfologia è quella parte della linguistica che si occupa dello
studio della struttura grammaticale delle parole e come esse sono formate. Il ‘morfema’ è la più piccola unità linguistica dotata di significato; ogni parola di una lingua risulta composta da uno o più morfemi.
La morfologia inoltre indaga sui meccanismi della concordanza delle
parole (ad es. tra aggettivo e sostantivo), sul genere, sul numero e sui
tempi verbali. L’insieme delle parole di una lingua ne forma il lessico;
la disciplina che prende in esame la struttura del lessico si chiama lessicologia. Chi conosce una lingua possiede perciò un ‘lessico mentale’
che gli fornisce una serie di informazioni sulle parole che conosce (ad
es. pronuncia, ortografia, significato, etc.).
La ‘sintassi’, che letteralmente equivale a “combinazione o disposizione”, costituisce il livello di analisi del linguaggio che si occupa della
struttura delle frasi, riguarda cioè come si combinano fra loro le parole
e come esse sono organizzate in frasi.
La semantica è quella parte della linguistica che studia il significato
delle parole (semantica lessicale), degli insiemi di parole, delle frasi
(semantica frasale) e dei testi. All’interno della semantica, lo studio
del lessico riguarda le proprietà inerenti le parole e i morfemi, che
vengono descritti mediante tratti semantici. Molto più complesso è lo
studio del significato delle frasi e dei testi, poiché esso dipende sia dal
significato delle parole, spesso ambiguo, sia da come esse sono strutturalmente combinate all’interno di una frase o di un discorso, il quale
esprime solitamente le intenzioni e i desideri di un parlante. La semantica frasale va quindi integrata con la pragmatica, ovvero con lo studio
dell’uso del linguaggio nel contesto.
I significati veicolati dalle frasi sono inseriti in strutture di ordine superiore che costituiscono il livello del discorso del linguaggio.
Il discorso include le informazioni pertinenti all’argomento sotto discussione, il centro dell’attenzione del parlante oltre ad informazioni
8
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
circa l’ordine temporale degli eventi, la causalità, e così via. Le informazioni trasmesse con il discorso servono come base per aggiornare la
conoscenza del mondo di un individuo nonché per il ragionamento e
la pianificazione delle azioni. La struttura e l’elaborazione del discorso coinvolgono molti elementi e operazioni non linguistiche, come il
recupero delle informazioni dalla memoria semantica e le inferenze
logiche.
Diversi tipi di evidenze neuroscientifiche ci forniscono oggi informazioni dettagliate sul modo in cui il cervello è organizzato per rappresentare ed elaborare il linguaggio.2 Come vedremo nella prossima
sezione, tali evidenze includono le correlazioni fra deficit nell’elaborazione del linguaggio e lesioni cerebrali, fra variazioni di flusso sanguigno cerebrale e altre risposte emodinamiche ed elaborazione del
linguaggio in soggetti normali, fra risposte elettrofisiologiche e magnetoencefalografiche ed elaborazione del linguaggio in soggetti normali, e l’effetto della stimolazione elettrocorticale sul linguaggio. Queste
fonti di dati indicano che il linguaggio è primariamente rappresentato
ed elaborato nella corteccia associativa perisilviana dei lobi frontale e
temporo-parietale, con eventuali contributi di altre aree cerebrali.
9
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
Figura 1: Superficie laterale dell'emisfero cerebrale sinistro.
Viene indicata la localizzazione approssimativa dei principali giri e solchi.
10
Giro frontale
Inferiore
Pars
triangularis
Pars
opercolaris
Giro frontale
Medio
Giro frontale
Superiore
Polo
temporale
Pars
orbitalis
Corteccia insulare
(all'interno)
Corteccia
Uditiva
Primaria
Giro
temporale
Superiore
Giro temporale
Inferiore
Giro temporale
Medio
Corteccia visiva
primaria
Giro Angolare
Giro sopramarginale
Lobo Parietale Inferiore
Lobo Parietale Superiore
Corteccia
Corteccia
Area motoria
motoria primaria Somatosensoriale Primaria
supplementare
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
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Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
2
Metodi per studiare
l’organizzazione
del linguaggio nel cervello
Come abbiamo accennato nella sezione precedente, le scoperte delle
neuroscienze cognitive indicano che l’elaborazione del linguaggio implica l’attivazione della corteccia associativa perisilviana ed in particolare il giro frontale inferiore [aree di Brodman (BA) 45 e 44 (area di
Broca)], il giro angolare (BA39) e il giro sopramarginale (BA40) del
lobo parietale e il giro temporale superiore (BA22: area di Wernicke)
dell’emisfero dominante (il sinistro).1 Il metodo più diffuso per valutare l’organizzazione del linguaggio nel cervello è stato quello di studiare
pazienti monolingui e multilingui con disturbi del linguaggio causati
da lesioni cerebrali successive all’acquisizione del linguaggio.2 Recentemente, si stanno impiegando altre tecniche molto efficaci per studiare la rappresentazione del linguaggio nel cervello sia in condizioni
di normalità sia di patologia; esse includono le cosiddette tecniche di
neuroimmagine funzionale come la Risonanza Magnetica Funzionale
(fMRI) e la Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) che permet-
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Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
tono di misurare e visualizzare l’attività cerebrale in vivo, basandosi
sull’assunto secondo cui incrementi di attività neurale in una data regione cerebrale si accompagnano ad un aumento del flusso cerebrale e
del consumo di ossigeno, cui segue un aumento dell’apporto locale di
sangue. Ci sono inoltre le tecniche elettrofisiologiche come quella dei
Potenziali Evento-Correlati (ERP) che, al pari di quelle di neuroanatomia funzionale, sono altrettanto non invasive. Ad esempio, la tecnica
elettroencefalografica permette di misurare, tramite una serie di elettrodi registranti posizionati sullo scalpo, l’attività dei neuroni corticali
sottostanti ciascun elettrodo. La Magnetoencefalografia (MEG) si basa
invece sulla registrazione, tramite particolari sensori posti in prossimità dello scalpo, dei campi magnetici indotti dall’attività elettrica
dei neuroni. Infine, la Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) si
basa sul principio di induzione elettromagnetica secondo cui un impulso di corrente elettrica che passa attraverso una bobina di metallo
appoggiata sullo scalpo genera un campo elettromagnetico di breve
durata e molto circoscritto che può raggiungere la sottostante porzione
di corteccia cerebrale bloccandone il funzionamento, in maniera del
tutto temporanea e reversibile.3
Una serie considerevole di dati sperimentali ottenuti mediante l’uso
delle tecniche appena menzionate indica che diversi aspetti dell’elaborazione del linguaggio sono localizzati in diverse parti della corteccia
perisilviana e lateralizzati in modo diverso nei due emisferi. Le moderne neuroscienze cognitive ci dicono inoltre che sia la localizzazione sia la lateralizzazione mostrano un certo grado di variabilità tra gli
individui. In particolare, per quanto riguarda la localizzazione delle
diverse funzioni del linguaggio, molti studi suggeriscono che il lobo
temporale anteriore sia coinvolto nella rappresentazione dei significati
delle parole. L’area di Wernicke ad esempio sembra essere specializzata
nell’uso del codice fonemico della lingua ed è importante per la comprensione del linguaggio. L’area di Broca invece sembra presiedere alla
codifica della sintassi e alla combinazione dei fonemi per comporre
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Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
parole. Un danno funzionale in quest’area (dovuto a ictus, ischemia,
o altro) può provocare la cosiddetta afasia di Broca, classificata tra le
afasie non fluenti. I pazienti colpiti da afasia non fluente (sia bambini
che adulti) possono essere incapaci di comprendere o formulare frasi
con una struttura grammaticale complessa. Infine, il lobo parietale inferiore sembra giocare un ruolo importante nel mantenimento delle
rappresentazioni fonologiche all’interno della memoria a breve termine verbale.4
Come abbiamo accennato, altre aree al di fuori della corteccia associativa perisilviana rivestono un ruolo importante nel supportare
l’elaborazione del linguaggio. Ad esempio lesioni alla corteccia motoria supplementare, posta lungo la superficie mediale del lobo frontale, possono portare a disturbi di attivazione del linguaggio. Anche
le strutture sottocorticali dei gangli della base, come il nucleo caudato, e del talamo sembrano essere importanti per promuovere l’inizio dell’espressione verbale. Queste strutture sono altresì importanti
per il controllo semantico, grammaticale e fonemico dei segmenti del
linguaggio, prima che essi vengano espressi.5 Infine, come abbiamo
detto, la maggior parte dell’elaborazione linguistica si verifica in un
emisfero chiamato dominante, che è quello sinistro. In circa il 98%
degli individui destrimani, l’emisfero sinistro è il dominante; questa
proporzione si riduce al 60-65% negli individui mancini. Anche se il
linguaggio è stata la prima funzione nota per essere lateralizzata, essa
non lo è completamente. Sebbene non rivesta un ruolo così cruciale
nell’elaborazione del linguaggio come l’emisfero sinistro, anche l’emisfero non dominante (il destro) è coinvolto in molte operazioni linguistiche. Probabilmente il livello di elaborazione del linguaggio dove
entra maggiormente in gioco l’emisfero destro riguarda l’elaborazione
del discorso e in particolar modo le sue componenti non letterali come
le metafore e la prosodia.6
14
3
Acquisizione
della prima lingua
L’acquisizione del linguaggio si riferisce al processo attraverso cui si
realizza la capacità di parlare e capire la particolare lingua o lingue a
cui un bambino è stato esposto. A 5-6 anni di età i bambini divengono
generalmente degli abili e competenti parlanti della loro lingua nativa. Durante questi primi anni di sviluppo, i bambini acquisiscono la
capacità di percepire e produrre i suoni della lingua cui sono esposti e
le regole fonologiche necessarie per combinare tali suoni in parole dotate di significato. Il bambino acquisisce inoltre un vocabolario ampio
e diversificato e le regole per giustapporre in maniera appropriata le
parole in complesse frasi grammaticali caratterizzate da una corretta
morfologia. Infine, i bambini diventano abili utenti di questo sistema
linguistico al fine di adattare la lingua in linea con i vari contesti sociali
a cui sono quotidianamente esposti.1
L’acquisizione della prima lingua può essere suddivisa in diverse
tappe di sviluppo.2 Il periodo che precede la produzione delle prime
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Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
parole viene detto pre-linguistico3 e interessa generalmente il primo
anno di vita. Il periodo pre-linguistico può essere ulteriormente suddiviso in una serie di fasi:
Durante la fase delle prime vocalizzazioni (primi 3 mesi di vita), il
bambino piange e produce delle vocalizzazioni nelle quali gli adulti
tendono a riconoscere delle associazioni consonante-vocale. Successivamente, nella fase della lallazione rudimentale (4-7 mesi) il bambino
comincia ad aumentare il repertorio di suoni consonantici e vocalici
che è in grado di produrre fino a che, verso i 6 mesi, si manifestano le
prime combinazioni consonanti-vocali. Dai 7 mesi ai 9 mesi (fase della
lallazione canonica), il bambino comincia a produrre sillabe ben formate, caratterizzate dalla combinazione di una consonante e una vocale. I bambini producono le sillabe in maniera ripetitiva, ad esempio
“ba-ba-ba”. Il comportamento di lallazione, probabilmente codificato
a livello genetico, sembra dipendere da diverse strutture sottocorticali,
le quali giocano un ruolo molto importante anche nella capacità, già
presente alla nascita, di distinguere sillabe diverse come “ba” e “bi”.
Infine, fra i 9 e i 18 mesi (fase della produzione di prime parole) il bambino pronuncia le prime parole che sono spesso caratterizzate da 2 sillabe uguali ripetute (“mama”). In questo periodo il bambino tende ad
utilizzare la stessa parola per identificare un’ampia gamma di oggetti,
persone, situazioni e tende inoltre ad alternare periodi di lallazioni a
produzioni di singole parole. In media i bambini producono la loro
prima parola a 11 mesi, alcuni più precoci a 8 e altri più lenti a 18.
Dopo il primo anno, l’acquisizione del linguaggio prosegue con il
cosiddetto stadio della parola frase (12-18 mesi)4 in cui i bambini tendono a produrre enunciati formati da una sola parola, intendendo però
con essa lo svolgersi di un’intera azione (“mamma” è “mamma vieni
qui”). Successivamente, dai 10 ai 20 mesi il bambino aumenta il numero di parole che è in grado di produrre. I bambini di 22 mesi hanno
un vocabolario espressivo di più di 50 parole ma già 6 mesi prima ne
comprendono circa 200. A 6 anni il bambino comprende circa 10000
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Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
parole. Quando il bambino è in grado di produrre 50 parole allora
egli comincia a formare frasi di 2 parole. Durante lo stadio delle frasi
formate da due parole (18-24 mesi), il bambino è in grado di produrre
enunciati formati appunto da due parole e di comprendere pronomi
personali oltre che ordini semplici; l’espressione verbale caratteristica
di questo periodo è spesso ripetitiva e sono rare le risposte appropriate
alla conversazione. Vi sono comportamenti verbali ecolalici (il bambino spesso ripete letteralmente quello che sente dire dagli altri).
Dai 24 ai 36 mesi (periodo delle piccole frasi con più di due parole),
il bambino produce frasi più lunghe ma telegrafiche, dove vengono
omessi elementi grammaticali come le parole funzione (articoli, ausiliari, pronomi, eccetera). Mentre cresce il vocabolario, diminuisce la
tendenza a produrre monologhi, è perciò possibile stabilire in questo
periodo una reale conversazione con il bambino. Più tardivamente,
dai 36 ai 55 mesi (sviluppo grammaticale e morfologico), vi è un rapido
sviluppo del linguaggio. Le frasi prodotte si allungano e il bambino
inizia a usare le parole funzione oltre che a coniugare correttamente i
verbi; inoltre l’ordine delle parole nelle frasi si stabilizza (soggetto-verbo-complemento oggetto in Italiano). Il bambino è in grado di fare
correttamente domande e risposte utilizzando i pronomi personali. Il
vocabolario espressivo sale fino alle 1000 parole; il bambino conosce e
utilizza parole che si riferiscono a concetti spaziali e temporali (come
“sopra-sotto” o “prima-dopo”). Dai 3 anni, il bambino inizia inoltre a
comprendere e pronunciare alcune frasi passive. Dai 4 anni di età, egli
possiede una conoscenza di base del linguaggio, a 5 anni commette
pochi errori grammaticali e tende a corregge quelli commessi. A 6 anni
il suo linguaggio è simile a quello dell’adulto; a quest’età più del 90%
delle sue espressioni verbali risultano comprensibili anche agli adulti
al di fuori della cerchia familiare. A 8 anni il bambino ha una buona
competenza grammaticale, simile a quella dell’adulto, infine verso i 10
anni, egli comprende numerosi significati non letterali delle espressioni verbali (aspetti pragmatici della comunicazione verbale).
17
4
Il ruolo della memoria
nell’acquisizione delle lingue
La memoria è la capacità di mantenere le informazioni precedentemente apprese all’interno di un sistema di immagazzinamento in modo che
esse possano essere utilizzate in un secondo momento. La memoria
può essere osservata in comportamenti manifesti, come quando uno
studente recupera informazioni da letture precedenti in modo da poter
rispondere alle domande di un test, o in eventi meno prontamente
osservabili, come lo sviluppo e il cambiamento del tessuto neuronale
che avviene a livello neurobiologico. La memoria non è un costrutto
unitario, ma riflette piuttosto un numero distinto di abilità cognitive1
che possono essere classificate lungo un certo numero di dimensioni
diverse e che entrano diversamente in gioco durante l’acquisizione del
linguaggio nonché durante il suo utilizzo quotidiano.2
Già alla metà del secolo scorso, è stata proposta la distinzione tra
memoria a breve termine e memoria a lungo termine.3 La prima forma
di memoria si riferisce alla propria capacità di ricordare del materiale
immediatamente dopo che è stato presentato o in seguito ad una rei-
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Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
terazione interna senza interruzioni del materiale. La seconda forma
di memoria si riferisce alla capacità di ricordare le informazioni in un
secondo momento, senza la necessità di reiterare le stesse durante il
periodo intercorrente. La memoria a breve termine è di capacità limitata e le informazioni al suo interno possono essere mantenute per un
massimo di alcuni minuti. Dopo questo periodo esse vengono perse
o sostituite da nuove informazioni. Al contrario, la memoria a lungo
termine ha una capacità straordinariamente vasta, in grado di mantenere le informazioni per un tempo indeterminato senza la necessità di
reiterazioni continue.
All’interno della memoria a lungo termine sono stati differenziati
due importanti sotto-sistemi che implicano abilità, processi cognitivi
e substrati neurali diversi: il sistema della memoria implicita e quello
della memoria esplicita.4 Il sistema di memoria implicita, a sua volta
formato da una serie di sottocomponenti diverse (come quella procedurale importante per l’articolazione dei suoni linguistici e che ci
permette di guidare un’automobile senza prestarvi troppa attenzione),
è un tipo di memoria filogeneticamente molto antica, probabilmente
una delle forme più importanti di memoria degli esseri viventi; essa riguarda le conoscenze motorie e cognitive che non sono accessibili alla
consapevolezza ma che sono in grado allo stesso modo di influenzare
il nostro comportamento. Diversi studi mostrano che i bambini fino a
8-10 mesi possiedono solo questo tipo di memoria; essa matura molto
velocemente tant’è che all’età di 3 anni i bambini presentano una memoria implicita molto simile a quella dei bambini più grandi (6 anni),
mentre la memoria esplicita è ancora poco sviluppata. La memoria
implicita, soprattutto quella di tipo procedurale, sembra dipendere
dall’elaborazione delle informazioni a livello delle strutture sottocorticali come i gangli della base e il cervelletto, strutture che nel bambino sviluppano abbastanza precocemente, entro i 4 anni, a differenza
delle aree che sottendono la memoria esplicita (aree associative della
corteccia cerebrale come i lobi temporale e frontale e l’ippocampo)
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Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
che invece maturano più tardivamente, fino alla pubertà.5 La memoria
implicita è cosi di primaria importanza per lo sviluppo e la memorizzazione di diversi aspetti della prima lingua, soprattutto quelli inerenti
la fonologia, come il riconoscimento e l’articolazione di suoni, e la
morfosintassi, come le regole di flessione e combinazione delle parole.6
La memoria esplicita o dichiarativa comprende tutto ciò che può
essere descritto consapevolmente e si divide in memoria semantica e
memoria episodica.7 La memoria episodica consiste nella memoria relativa agli eventi generali e nella memoria autobiografica, che riguarda
il ricordo di fatti della vita personale. La memoria semantica invece
comprende le nostre conoscenze enciclopediche sul mondo e si riferisce quindi anche ai significati delle parole e dei concetti. Quindi,
quest’ultima forma di memoria riveste un ruolo chiave per l’apprendimento consapevole dei significati delle parole e rende possibile che un
bambino dopo i 3 anni di età possa descrivere verbalmente un episodio
del passato.
Infine, anche la memoria a breve termine è formata da diversi sottotipi funzionali; uno di questi è la memoria di lavoro che contiene le
informazioni che vengono mantenute in mente per uno scopo; essa
consta di tre componenti funzionali: l’esecutore centrale, il circuito articolatorio, e il magazzino episodico temporaneo.8 Mentre l’obiettivo
dell’esecutore centrale è quello di coordinare la gestione delle richieste cognitive e attentive, il circuito articolatorio mira alla ritenzione e
manipolazione di informazioni in forma fonologico-verbale. Dopo il
temporaneo immagazzinamento delle parole (nella scala di tempo di
alcuni secondi), per non essere dimenticate esse devono essere ripetute
interiormente tramite il “sistema di ripasso articolatorio”. Le strutture
chiave per la memoria di lavoro in generale e per il circuito articolatorio in particolare riguardano le aree cerebrali del lobo temporale,
frontale e le cortecce motorie e premotorie oltre che le strutture sottocorticali. La memoria di lavoro fonologica mostra un incremento delle
sue capacità, sia per quanto riguarda l’immagazzinamento che per il
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Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
processo di ripetizione subvocale, dai 4 ai 10 anni di età ed è legato alla
maturazione soprattutto delle strutture del lobo frontale. La memoria
di lavoro fonologica sembra rivestire un ruolo importante nell’acquisizione grammaticale: essa permetterebbe infatti ad un morfema di
essere mantenuto attivo in memoria per il tempo sufficiente affinché
esso venga elaborato correttamente.9 Sembra che questo tipo di memoria sia richiesto soprattutto quando il bambino deve decodificare e
comprendere strutture morfosintattiche complesse, che risultano non
ancora automatizzate nel suo bagaglio linguistico.
Riassumendo, anche se diverse componenti di memoria intervengono in diversi aspetti dell’elaborazione linguistica, è importante notare che durante il linguaggio risultano costantemente coinvolte sia
componenti della memoria implicita che esplicita oltre che alle componenti della memoria di lavoro a breve termine.
21
5
Il cervello bilingue
dei bambini
Il bilinguismo è al centro di un rinnovato interesse nell’ambito delle
ricerche svolte dalle neuroscienze cognitive. Nonostante il bilinguismo
interessi direttamente più della metà della popolazione mondiale, la
sua definizione non è affatto scontata; secondo alcuni studiosi si può
considerare bilingue colui che è capace di usare abitualmente due lingue con un controllo simile a quello di un parlante di madre lingua;
tale definizione concorda con quella generalmente presente nell’uso
popolare del termine secondo cui essere bilingue equivale a parlare
due lingue perfettamente; sulla base di questa accezione, il bilinguismo in senso stretto sarebbe proprio dei bambini allevati in contesti
caratterizzati dall’uso simultaneo di due lingue oppure di individui che
non hanno bisogno di tradurre in quanto in grado di controllare contemporaneamente due sistemi linguistici paralleli. D’altro canto altri
ricercatori sostengono che è bilingue chiunque possieda una minima
competenza nelle seguenti quattro abilità linguistiche: comprensione
uditiva, abilità di produzione orale, lettura e scrittura in una lingua
22
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
diversa dalla propria lingua madre. Fra queste due posizioni estreme si
collocano le posizioni di altri autori.
Più nello specifico, in ambito di psicologia del bilinguismo e di
linguistica si sono distinti diversi tipi di bilinguismo.1 Ad esempio, si
parla di bilinguismo compatto quando un individuo ha appreso le
due lingue contemporaneamente prima dei sei anni, perché esse erano
parlate indifferentemente dal padre e dalla madre. Nel bilinguismo
coordinato, invece, la seconda lingua è stata appresa perfettamente
prima della pubertà, ma comunque in un ambiente diverso dalla famiglia. Nel bilinguismo subordinato una delle due lingue rimane la
lingua base e la seconda viene adoperata utilizzando sempre come intermediaria la prima lingua. Altre definizioni di bilinguismo sono state
quelle di bilinguismo precoce, per indicare che le due lingue sono
state acquisite in tenera età, bilinguismo tardivo, quando la seconda
lingua è stata acquisita molto tempo dopo la prima, e acquisizione
adulta di una seconda lingua, per denotare l’individuo che ha iniziato
molto tardi a imparare la lingua straniera. Come descritto all’inizio di
questa sezione, altre definizioni hanno cercato di descrivere il grado
di competenza nelle due lingue, distinguendo fra bilinguismo bilanciato quando un individuo conosce le due lingue allo stesso livello e
bilinguismo dominante per indicare una persona che è più fluente in
una lingua rispetto all’altra.
In generale, la ricerca sul cervello bilingue affronta il problema della rappresentazione e del funzionamento di più lingue in un unico
cervello. Essa si è estesa su vari fronti ed ha abbracciato un periodo
lungo più di 100 anni, dalle prime segnalazioni di casi di afasia (un
disturbo acquisito del linguaggio conseguente a una lesione cerebrale)
in soggetti bilingui e poliglotti, fino ai più recenti studi di neuroimmagine funzionale riguardo i modelli di attivazione cerebrale nel cervello
intatto di persone bilingui. Un problema di fondo presente sia nella
clinica che nella ricerca sperimentale sul bilinguismo è stato quello di
determinare se, e in quali circostanze, ci sono dei correlati neuropsi-
23
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
cologici intraemisferici e/o interemisferici distinti per l’acquisizione e
l’utilizzo di due o più lingue. Gli studi si sono così focalizzati lungo
quattro linee di ricerca:2 (i) i modelli di recupero del linguaggio in
afasici (sia bambini che adulti) bilingui o poliglotti, (ii) l’incidenza di
afasia crociata (l’insorgenza di sintomi afasici in seguito a lesioni all’emisfero cerebrale destro in soggetti destrimani) nei bilingui/poliglotti
vs. le persone monolingue, (iii) l’estensione del coinvolgimento dell’emisfero destro nel linguaggio nel cervello intatto di individui bilingui
vs. monolingui e (iv) i risultati degli studi di neuroimmagine funzionale sul cervello dei bilingui allo scopo di capire se le regioni neurali attivate durante l’ elaborazione di ogni lingua parlata sono spazialmente
sovrapposte o distinte.
In pratica, il bilinguismo è un fenomeno multidimensionale nel
quale entrano in gioco sia aspetti tecnici linguistici e neuropsicologici,
quali la competenza, l’età di acquisizione e la rappresentazione cerebrale delle lingue, che aspetti cognitivi, emotivi, sociali e culturali.
24
6
Acquisizione o apprendimento
della seconda lingua nel bambino
Allo stato attuale delle ricerche in ambito di neuroscienze cognitive appare importante distinguere fra acquisizione e apprendimento di una
lingua.1 Come abbiamo visto nelle sezioni precedenti, l’acquisizione
di una lingua viene effettuata con modalità naturali, in un ambiente
informale, con il coinvolgimento preponderante della memoria implicita. L’apprendimento di una lingua avviene invece prevalentemente
con modalità formali, cioè attraverso l’apprendimento intenzionale di
regole linguistiche, facendo ricorso alle competenze metalinguistiche
dell’individuo e alle analogie con le strutture della lingua materna; essa
inoltre avviene spesso in un ambiente istituzionale senza la possibilità
di interazioni regolari con parlanti nativi.
In linea con alcune definizioni di bilinguismo introdotte nella sezione procedente, parlando di acquisizione è inoltre importante distinguere fra acquisizione della prima lingua e acquisizione o apprendimento della seconda lingua. Per quanto riguarda l’acquisizione della
seconda lingua possiamo distinguere l’acquisizione simultanea della
25
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
prima e della seconda lingua, dall’acquisizione precoce della seconda lingua fino alla pubertà, dall’acquisizione o apprendimento tardivo
della seconda lingua. Tutti questi modelli di sviluppo della conoscenza
delle lingue si distinguono gli uni dagli altri per determinate caratteristiche, ma la distinzione fondamentale è quella fra i processi di acquisizione precoci delle lingue parlate da un individuo e processi di acquisizione o apprendimento tardivi della seconda lingua. Come vedremo
nelle prossime due sezioni, distinguere fra acquisizione e apprendimento delle lingue o fra lingue acquisite in età diverse è importante
dato che è probabile che tali processi coinvolgano strutture cerebrali
diverse, ovvero strutture corticali e sottocorticali per l’acquisizione e
prevalentemente aree della corteccia cerebrale per l’apprendimento.2
Per quanto concerne l’acquisizione simultanea di due lingue a partire dalla nascita, la questione principale degli studi sul bilinguismo compatto o simultaneo è stata quella di capire se il percorso dello sviluppo
linguistico di un bambino bilingue differisce da quello di un bambino
esposto ad una sola lingua e, più in particolare, se le abilità linguistiche siano in qualche modo contrastate dal bilinguismo. Alcuni studi
sembrano mostrare che gli stadi dello sviluppo linguistico dei bambini
bilingui, quando paragonati a quelli di un bambino monolingue, siano caratterizzati da ritardi di sviluppo. Ad esempio, se confrontiamo lo
sviluppo lessicale, nei primi anni di vita, di un bambino bilingue con
un altro monolingue, il bilingue sembrerà meno sviluppato del monolingue. Un bambino monolingue al terzo anno di vita comprende circa
800/900 parole così come un bambino bilingue anche se, in questo
caso, tale cifra esprime le parole conosciute dal bambino complessivamente per le due lingue. Anche se inizialmente il rapporto tra le due
lingue può essere sbilanciato, è importante notare che con il tempo
esso si riequilibra tant’è che in breve tempo molti bambini bilingui si
comportano linguisticamente come i bambini monolingui pari età. È
probabile che le iniziali differenze tra bambini bilingui e bambini monolingui riflettano le ridotte capacità di memorizzazione del bambino,
26
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
soprattutto della memoria esplicita.3 D’altro canto, i bambini bilingui,
proprio perché esposti a due linguaggi, sembrano possedere un repertorio fonologico più ricco rispetto ai monolingui. La ricerca si è quindi
orientata nel cercare di capire se lo sviluppo fonologico dei bambini
esposti in modo simultaneo a due lingue segua lo stesso pattern di sviluppo dei bambini monolingui; in altre parole si è cercato di capire se
i bambini bilingui posseggano due distinti sistemi fonologici.4 Come
abbiamo visto, nella fase della lallazione, il bambino ripete consonanti
e vocali combinate in sillabe. Alcuni studi hanno rilevato che i neonati
reagiscono diversamente a seconda della lingua in cui si rivolgono loro
gli adulti di riferimento. Perciò, anche la lallazione assume le caratteristiche fonetiche di questa lingua. Sembra infatti che già dai primi
mesi il bambino sia in grado di distinguere le espressioni verbali che
appartengono alle lingue degli adulti di riferimento e che la rappresentazione fonologica di ogni lingua inizi a formarsi già in questo periodo.
Malgrado le iniziali differenze fra bambini bilingui e bambini monolingui, soggette fra l’altro a larghe differenze individuali, possiamo dire
che le tappe maturative dello sviluppo linguistico in ambiente bilingue
avvengono allo stesso modo che in ambiente monolingue. Molti studi
hanno infatti documentato che lo sviluppo fonologico e morfosintattico sono simili nei bambini bilingui (in entrambe le lingue) rispetto
ai bambini monolingui.5
Per quanto riguarda invece l’acquisizione della seconda lingua tra
i 3 e i 5-6 anni di età, cioè quando il bambino ha già imparato ad
esprimersi nella sua prima lingua, sappiamo che l’acquisizione procede attraverso una serie di fasi, analoghe a quelle che attraversano i
bambini monolingui quando apprendono una lingua. Ad una fase di
silenzio-ascolto ne segue una più tardiva in cui il bambino produce
strutture sempre più complesse. Il processo di apprendimento della
seconda lingua dura da tre a cinque anni e, dato importante, i bambini
che imparano la seconda lingua prima degli 8 anni possono raggiungere lo stesso grado di competenza in entrambe le lingue dei bambini
27
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
monolingui dalla nascita, a patto che la seconda lingua venga praticata
costantemente.
Infine, quando la seconda lingua viene appresa nella scuola secondaria, ovvero tra i 12 e i 18 anni di età, il ragazzo deve attivare delle risorse mentali diverse, e potenzialmente maggiori, rispetto al bambino.
L’acquisizione della seconda lingua durante questo periodo risulta più
difficile rispetto all’età della scuola primaria ma comunque più facile
rispetto ad apprenderla in età adulta.6 Queste differenze suggeriscono
l’esistenza di “periodi critici” per l’acquisizione del linguaggio, argomento che affrontiamo nelle prossime due sezioni.
28
7
Periodi critici
nell’acquisizione delle lingue
L’esistenza di periodi critici nell’acquisizione del linguaggio sembra
dipendere dalla maturazione e plasticità delle strutture del cervello
che sottendono la rappresentazione cerebrale di alcune componenti
fondamentali del linguaggio. In questo senso, alcuni aspetti neurobiologici quali la mielinizzazione (il processo che porta al rivestimento
degli assoni con guaine mieliniche facilitando la trasmissione delle informazioni fra neuroni) e la sinaptogenesi (che si riferisce al processo
di crescita del numero di sinapsi nel tessuto nervoso rappresentando
un indice della complessità dei collegamenti fra i neuroni), giocano
probabilmente un ruolo chiave nel determinare il periodo critico per
l’acquisizione delle lingue straniere.1 Anche se a tutt’oggi risulta ancora
difficile indicare un limite temporale sicuro entro il quale si compie il
periodo critico per l’acquisizione completa di una seconda lingua, l’età
di 8 anni sembra essere cruciale. Generalmente, a quest’età un bambino ha già terminato lo sviluppo fonologico e morfosintattico della sua
prima lingua e questo suggerisce che un’acquisizione completa della
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Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
seconda lingua è possibile quando non ha ancora avuto termine lo
sviluppo della prima. Inoltre, entro l’età critica, i sistemi neurali della
memoria implicita presentano un elevato grado di plasticità; entro gli
8 anni i bambini possono apprendere numerose procedure relative alle
diverse lingue. Superata l’età critica il bambino userà ciò che già sa del
sistema della prima lingua, tenderà ad applicare ad esempio le regole
morfologiche e le strutture sintattiche della prima lingua alla seconda.
A riprova dell’importanza dei periodi critici per l’acquisizione delle
lingue, alcuni studi sui modelli di recupero delle lingue a seguito di
afasie nel bambino mostrano che una lesione cerebrale successiva al
periodo critico di acquisizione del linguaggio provoca deficit permanenti del linguaggio.2
Il problema della localizzazione cerebrale delle lingue nel cervello
dei bilingui ha riguardato soprattutto la questione se le due lingue
siano localizzate nelle stesse aree o in aree differenti del cervello. A tal
proposito, nel secolo scorso si sono succedute diverse ipotesi, talvolta
diametralmente opposte fra loro. Più recentemente, numerosi studi,
basati anche sui modelli di recupero delle lingue in individui bilingui e
sul ruolo delle diverse forme di memoria nell’acquisizione delle lingue,
hanno evidenziato che le lingue conosciute da un bilingue potrebbero
essere organizzate in parte in aree cerebrali specifiche ed in parte in aree
comuni del cervello. Più nel dettaglio, diverse ricerche hanno messo
in evidenza che la rappresentazione cerebrale della seconda lingua può
dipendere in larga misura dall’età in cui quest’ultima è stata acquisita,
dal livello di competenza raggiunto e dalle modalità di apprendimento.3 L’età di acquisizione della seconda lingua sembra essere un fattore molto importante per determinare la rappresentazione cerebrale
macroscopica di tale lingua, soprattutto quando vengono chiamati in
causa compiti di produzione linguistica.4 D’altro canto, il livello di
competenza raggiunto sembra essere importante per determinare la
rappresentazione cerebrale della seconda lingua soprattutto quando si
indaga la comprensione delle lingue.5 In linea generale, sembra perciò
30
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
che se la seconda lingua è stata acquisita in età prescolare, nel bambino
si attivano aree corticali diverse da quelle che si attivano se l’apprendimento è avvenuto dopo questo periodo.
Ad esempio, in alcuni studi di neurofisiologia è stato dimostrato
che quando vengono trattate le componenti semantiche e grammaticali della prima e della seconda lingua, nel cervello dei bilingui precoci
si attivano le medesime aree corticali: anteriori nel lobo frontale per
quanto concerne gli elementi grammaticali e strutture posteriori dei
lobi temporale e parietale per quanto riguarda gli elementi semantici. D’altro canto, negli individui che apprendono la seconda lingua
dopo gli 8 anni si attivano aree diverse, soprattutto per gli elementi
grammaticali che, nella seconda lingua, vengono rappresentati nelle
aree posteriori assieme agli elementi lessicali delle due lingue. Mentre gli elementi grammaticali della prima lingua continuano ad essere
rappresentati nel lobo frontale.6 In linea con questi risultati, altri studi
di neuroimmagine funzionale hanno mostrato che negli individui che
hanno appreso la seconda lingua dopo i sette anni, malgrado il raggiungimento di elevate abilità in quest’ultima lingua, gli aspetti espressivi delle due lingue sono rappresentati in due diverse aree segregate
della corteccia frontale inferiore di sinistra. Al contrario, in seguito a
compiti di comprensione, l’età di acquisizione delle lingue non sembra
invece influenzare la rappresentazione delle lingue nelle aree corticali
dei lobi temporale e parietale.7 Un’altra ricerca più recente8 ha messo in
luce la possibile esistenza di due periodi critici durante l’età prescolare
probabilmente legati ai diversi ritmi di sviluppo della sinaptogenesi. È
stato dimostrato che sia l’acquisizione precoce che precocissima della
seconda lingua, rispettivamente tra i 3 e gli 8 anni e prima dei 3 anni,
portano ad una completa competenza nella seconda lingua, ma al tempo stesso, comportano differenze a livello neurobiologico. Mentre da
una parte non ci sono differenze fra la rappresentazione cerebrale della
prima e della seconda lingua quando esse sono state acquisite prima
dei 3 anni, dall’altra parte la rappresentazione cerebrale della seconda
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Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
lingua risulta più estesa di quella della prima quando l’acquisizione
della seconda avviene fra i 3 e gli 8 anni. Infine, quando la seconda
lingua viene acquisita dopo gli 8 anni la sua rappresentazione cerebrale
risulta ancora più estesa.
In generale, i risultati suggeriscono che una lingua appresa dopo gli
otto anni tende ad avere una minore rappresentazione nei sistemi della
memoria procedurale implicita (lobo frontale e strutture sottocorticali
sottostanti). Quando invece la seconda lingua viene acquisita prima
degli otto anni, o ancor meglio prima dei 3 anni, gli elementi grammaticali tendono ad essere organizzati nelle stesse strutture nervose della
prima lingua. Ciò significa a sua volta che l’uso di una lingua appresa
dopo il periodo critico degli 8 anni sarà meno automatico e richiederà
un dispendio di energie mentali maggiori rispetto all’espressione nella
prima lingua.9
32
8
Età di acquisizione
e livello di competenza
della seconda lingua
Numerose ricerche di psico- e neurolinguistica si sono concentrare
nel cercare di precisare i periodi critici relativi all’acquisizione di una
piena competenza nella seconda lingua e, più in particolare, nelle sue
varie componenti. È emerso che le competenze più difficili da raggiungere nell’apprendimento della seconda lingua riguardano soprattutto
le abilità grammaticali, ovvero quelle inerenti i livelli morfologici e
sintattici del linguaggio, e quelle fonologiche che si traducono nel riuscire ad avere o meno una pronuncia perfetta nella seconda lingua.
Ricordiamo che le abilità fonologiche e grammaticali di una lingua
sono in larga parte sottese dalle aree corticali frontali e dalle relative
aree sottocorticali.1
Per quanto concerne la competenza grammaticale, è stato notato
che le principali difficoltà riscontrate da chi inizia ad apprendere la seconda lingua nel periodo della pubertà riguardano l’uso corretto delle
33
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
parole funzione dato che l’apprendimento dei sostantivi, aggettivi e
verbi, sembra non presentare particolari periodi critici, continuando
infatti per tutta la vita. Ad esempio, in esperimenti in cui agli individui
immigrati in un paese straniero a diverse età veniva chiesto di giudicare
se alcune frasi ascoltate erano grammaticalmente corrette o meno, è
stato osservato che l’accuratezza di tali giudizi era minore nelle persone
immigrate dopo gli 8 anni di età rispetto agli individui immigrati in
un altro paese in tenera età.2 Inoltre, il livello di competenza morfosintattico raggiunto in una lingua appresa durante la pubertà o in età
ancor più adulta sembra essere influenzato dalla distanza linguistica
fra la prima e la seconda lingua, aspetto che sembra pesare meno nel
caso in cui la seconda lingua venga acquisita in età molto più precoce.3
Infatti, come abbiamo visto nelle sezioni precedenti, è stato accertato
che i bambini che acquisiscono la seconda lingua tra i 3 e i 7 anni di
età possono raggiungere una competenza grammaticale completa in
entrambe le lingue parlate, in maniera relativamente indipendentemente dal tipo di lingue.
Per quanto riguarda invece la competenza fonologica raggiunta nella seconda lingua, numerose ricerche si sono focalizzate nello studio del
fenomeno dell’accento straniero in relazione all’età di apprendimento
della seconda lingua. Risulta infatti che una delle maggiori difficoltà
per chi si accinge ad apprendere una lingua straniera consista nella capacità di acquisire una pronuncia perfetta, ovvero di parlare con accento e intonazione non distinguibile da quello dei parlanti nativi. Una
serie di studi compiuti in bambini immigrati in paesi stranieri a diverse
età ha mostrato che solamente i bambini immersi nella seconda lingua
prima degli otto anni riuscivano a sviluppare una pronuncia perfetta
nella seconda lingua.4 D’altro canto, altri studi sono stati meno ottimistici per quanto riguarda il fenomeno dell’accento straniero mostrando
che la sua presenza per la seconda lingua può ricorrere anche quando
quest’ultima viene acquisita a partire dai 3 anni di vita, ed indipendentemente da quanto essa sia stata praticata.5 Tuttavia, possiamo dire
34
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
che un individuo che apprende una seconda lingua in età adulta ha
sicuramente maggiori probabilità di presentare un accento straniero
rispetto a un bambino che si avvicina a tale lingua prima dei 7 anni.6
Riassumendo possiamo dire che le persone esposte alla seconda lingua dopo la pubertà presentano importanti limitazioni grammaticali
e fonologiche rispetto alle persone esposte alla seconda lingua entro il
termine del periodo critico. Come abbiamo visto, durante l’età scolare
il bambino ha già imparato ad esprimersi adeguatamente nella sua prima lingua, perciò, se è in questo periodo che egli inizia ad apprendere
la seconda lingua capiterà che vengano commessi degli sbagli laddove
il bambino cerchi di applicare le procedure (ad esempio strutture sintattiche e regole morfologiche) apprese per la prima lingua alla seconda. È altresì importante notare che l’esercizio e la pratica della seconda
lingua contribuiranno comunque a far diminuire le interferenze della
prima lingua sulla seconda.
Infine, risulta importante mettere in evidenza che anche altri fattori
entrano in gioco in maniera cruciale per concorrere a determinare il
livello di competenza che una persona può raggiungere nella seconda
lingua. In particolare, un fattore cruciale è senz’altro la motivazione,
individuale del bambino o condivisa fra genitori, istituzioni e bambini, con cui si compie il processo di acquisizione o apprendimento
della seconda lingua. Inoltre, anche caratteristiche più propriamente
individuali del bambino come la sua personalità estroversa o introversa
giocano un ruolo chiave nel determinare il successo con le lingue straniere. Infine, anche l’ambiente è un fattore importante. Se il bambino
è poco esposto all’altra lingua ricevendo così scarsi feedback, ad esempio perché nell’ambiente dove egli si sviluppa tale lingua è poco parlata, allora il processo di acquisizione risulterà più lento e impegnativo.
35
9
Essere bilingui o plurilingui
produce benefici intellettivi
o contribuisce a causare
altri disturbi?
Fin dagli inizi del secolo scorso il bilinguismo è stato, e spesso lo è ancora oggi, circondato da pregiudizi e scarsa informazione. Si riteneva
infatti che far imparare due lingue ad un bambino provocasse un ritardo nel suo sviluppo mentale. Si pensava che un’educazione bilingue
precoce avrebbe causato nel bambino problemi di ragionamento causati da una confusione permanente fra le due lingue. Si riteneva inoltre
che la competenza raggiunta in ogni lingua sarebbe stata superficiale se
paragonata a quella di una persona monolingue.1
Più di recente, i risultati di ricerche sul cervello e sull’educazione bilingue stanno contribuendo a sfatare i pregiudizi negativi sul bilinguismo. Erano gli inizi degli anni ’60 del secolo scorso quando uno studio
volto a verificare se l’educazione bilingue fosse realmente dannosa per
lo sviluppo del bambino ha mostrato che i bambini bilingui esegui-
36
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
vano meglio dei bambini monolingui una serie di prove verbali e non
verbali.2 Una serie di studi successivi hanno o confermato i risultati di
questo studio pioneristico o mostrato che l’educazione bilingue non
porta a differenze significative nello sviluppo intellettivo dei bambini
rispetto ad una educazione monolingue.
Un gruppo di ricerche si sono dapprima focalizzate sulla componente linguistica dello sviluppo del bambino investigando sia il livello
di competenza raggiunto nelle lingue che la competenza metalinguistica di bambini bilingui a confronto di bambini monolingui. Se da una
parte alcuni dati mostrano che i bambini bilingui precoci sembrano
avere un vocabolario meno ampio e sono meno veloci nel trovare le parole giuste, differenze fra l’altro destinate a scomparire già nelle prime
fasi dell’età scolare, dall’altra parte sono state trovate alcune differenze
nelle competenze metalinguistiche.3 La consapevolezza metalinguistica è la conoscenza esplicita della struttura linguistica e la possibilità di
accedervi intenzionalmente; abilità fondamentali per lo sviluppo degli
usi complessi del linguaggio e per l’acquisizione dell’alfabetizzazione
linguistica. Sembra che i bambini bilingui abbiano una conoscenza
spontanea maggiore della struttura del linguaggio come se ne notassero intuitivamente la struttura e il funzionamento. Inoltre, a causa del
fatto che il bilinguismo porta ad avere due vocaboli o modi di esprimere lo stesso concetto, sembra che i bambini bilingui abbiano una maggiore abilità di distinguere tra forma e significato delle parole e una
maggior consapevolezza della relazione arbitraria esistente tra le due.4
Sempre in ambito linguistico, altri studi più recenti mostrano come
non sia mai troppo presto per esporre i bambini alla seconda lingua
e anche che il bilinguismo non crea confusione nei bambini. Infatti,
già alla nascita i bambini esposti a più di una lingua sembrano essere
in grado di differenziare le lingue e quindi di apprendere entrambe; è
stato proposto che questo risultato è dovuto al fatto che il bilinguismo
facilita un precoce sviluppo delle abilità di controllo e flessibilità cognitiva.5
37
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
In linea con quest’ultima ipotesi è stato osservato che gli individui
bilingui presentano vantaggi sul controllo esecutivo dell’attenzione,
anche in domini cognitivi diversi dal linguaggio.6 In particolare i bilingui sono particolarmente abili nell’indirizzare l’attenzione sugli stimoli
rilevanti presentando al contempo una capacità più sviluppata di inibizione di informazioni irrilevanti. Questa abilità di controllo selettivo
dell’attenzione e di inibizione sembra originare dall’esercizio continuo
svolto dai bilingui per controllare efficacemente le due lingue. Infatti,
quando un bilingue si esprime in una delle due lingue che conosce,
entrambe vengono attivate mentalmente, con un’inibizione parziale
della lingua che non viene parlata in quel momento, probabilmente
perché essa risulterebbe irrilevante al contesto. Infine, un aspetto molto importante è il dato secondo cui il bilinguismo precoce sembra essere correlato ad una minore o ritardata incidenza di demenza senile;7
cioè il bilinguismo precoce ha vantaggi dal punto di vista cognitivo che
perdurano per tutta la vita.
Infine, vale la pena ricordare che un’educazione bilingue del bambino porta con sé un’altra serie di vantaggi che vanno al di là dei benefici effetti cognitivi discussi in precedenza e di quelli linguistici di
conoscere e parlare due lingue anziché una soltanto. Il bambino bilingue potrà accedere più facilmente di quello monolingue a due culture,
svilupperà maggiore tolleranza per le culture diverse, potrà avere più
opportunità di viaggiare e avrà degli indubbi vantaggi nel mondo del
lavoro. Riassumendo, diverse evidenze sperimentali suggeriscono che i
vantaggi di una educazione bilingue sorpassano ampiamente gli svantaggi, soprattutto quando si va a considerare l’impatto su tutta la vita
del bambino e dell’adulto bilingue.
38
10
Quando iniziare l’educazione
bilingue e che cosa ne determina
il successo in età prescolare?
Un’educazione bilingue precoce è ancora oggi prassi piuttosto insolita
in numerosi paesi europei e in particolare in Italia. Tendiamo ancora
a credere che far imparare due lingue ad un bambino in tenera età richieda uno sforzo cognitivo per lui troppo gravoso. È a causa di queste
credenze che spesso genitori o insegnanti propendono per la scelta di
ritardare l’acquisizione di una lingua straniera fino a quando la prima
lingua non sia stata definitivamente acquisita e cioè durante le ultime
fasi della scuola primaria. Ebbene, dagli argomenti trattati nelle sezioni
precedenti risulta ormai chiaro che il risultato conseguente all’introduzione della seconda lingua dopo gli 8 anni non è generalmente quello
sperato: l’acquisizione procederà in maniera meno automatica e con
più difficoltà di quanto creduto e la competenza raggiunta difficilmente sarà paragonabile a quella della prima lingua.1
Come abbiamo mostrato nelle sezioni precedenti, il cervello è perfettamente in grado di gestire due o più lingue simultaneamente fin
39
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
dalla nascita e il livello di competenza raggiunto in una lingua, soprattutto nei suoi aspetti fonologici e morfosintattici, risulta essere
fortemente correlato con l’età di acquisizione. In altre parole, a causa
della sua plasticità il cervello ha la massima ricettività nei confronti del
linguaggio nei primi anni di vita, prima della chiusura dei cosiddetti
periodi critici. Inoltre, un’educazione bilingue precoce porta ai bambini degli indubbi vantaggi sul piano cognitivo e sociale proprio perché
il bilinguismo precoce è un processo spontaneo attraverso cui le lingue
costantemente praticate vengono acquisite dal bambino naturalmente,
senza sforzo e automaticamente attraverso la mediazione dei sistemi
della memoria implicita.
Una grossa mole di dati neuroscientifici ci suggerisce perciò che
non è fruttuoso far iniziare l’acquisizione della seconda lingua dopo
gli 8 anni. Al contrario, se il nostro scopo è di promuovere una reale conoscenza e cultura bilingue nel bambino allora appare evidente che l’immersione in una lingua straniera dovrebbe avvenire in età
precoce, durante gli anni dell’asilo nido o della scuola dell’infanzia.
Nell’apprendimento della seconda lingua in età prescolare non sono
solamente necessari i fattori inerenti lo sviluppo neuropsicologico e
cognitivo del bambino ma entrano in gioco anche altre componenti
molto importanti, a cui si è accennato nelle sezioni precedenti. Fra
queste ricordiamo la componente sociale e quella affettiva. In particolare, l’ambiente dove avviene l’acquisizione della seconda lingua dovrebbe essere il più naturale possibile ovvero dovrebbe promuovere
un uso della lingua rivolto alla comunicazione naturale in situazioni
il più concrete possibili piuttosto che un ambiente formale concentrato sulla forma della lingua dove è richiesta la conoscenza consapevole
(esplicita) e l’applicazione di regole imparate connesse con gli aspetti
fonologici e morfosintattici di una lingua. Inoltre, risulta indispensabile che in tale ambiente, la seconda lingua sia utilizzata oltre che
dagli insegnanti e genitori anche dai coetanei del bambino in quanto
sarà proprio da loro che egli potrà più facilmente imparare come usare
40
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
la lingua per comunicare in situazioni naturali. Infine, allo scopo di
una acquisizione naturale della lingua straniera da parte del bambino in età prescolare, genitori e insegnati non dovrebbero prescindere
dal considerare lo stato emotivo del bambino, evitando situazioni che
creino imbarazzo nel caso di errori e promuovendo al contempo situazioni affettive positive; si dovrebbe poi attentamente considerare
anche la motivazione del bambino, cercando di stimolare ed impiegare quest’ultima nella pratica quotidiana della lingua (ad esempio con
canzoni filastrocche o giochi).
Infine gli insegnanti dovrebbero astenersi dal giudicare il bambino
come se egli conoscesse soltanto la lingua della scuola, interpretando
piuttosto le sue possibili difficoltà come tappe naturali dell’apprendimento scolastico di un bambino bilingue. Inoltre, è importante notare che in linea generale i bambini non utilizzano una lingua diversa
dalla loro se si accorgono che il loro insegnante è in grado di capirli
e di parlare la loro lingua. Perciò, l’insegnante dovrà fare particolare attenzione ad utilizzare sempre e soltanto la lingua straniera con
i bambini piccoli.2 Questo comportamento contribuirà ad evitare il
mescolamento delle due lingue da parte del bambino. Questa regola dovrebbe valere anche nell’educazione bilingue precoce, quando i
genitori sono di madrelingua differente. In questo caso essi potranno
decidere di usare in famiglia una sola lingua, oppure ciascun genitore
potrà utilizzare la propria.
A conclusione appare evidente che, ai fini di un’acquisizione efficace della seconda lingua in età prescolare, sono necessarie una serie
di componenti interrelate fra loro fra cui quella sociale, linguistica,
cognitiva, psicologica e affettiva.
41
11
Disturbi del linguaggio
nei bambini bilingui
I disturbi del linguaggio sono un problema piuttosto frequente in
età evolutiva. Essi possono dipendere da cause acquisite (afasie), o da
disturbi evolutivi, come ad esempio la sordità, il ritardo mentale e l’autismo. Tuttavia, la porzione più ampia dei disturbi del linguaggio riguarda bambini che non hanno né problemi sensoriali, né intellettivi e
neppure evidenti lesioni neurologiche. Questi bambini sono colpiti da
un disturbo specifico del linguaggio.
11.1. Le afasie nei bambini bilingui.
I disturbi acquisiti del linguaggio più frequenti nei bambini sono le
afasie. Si tratta della perdita di alcuni aspetti del linguaggio in seguito
a una lesione del cervello. Le cause più frequenti di afasia nei bambini
sono i traumi cranici e i tumori cerebrali, molto meno frequentemente
la causa può essere un’infezione virale (encefaliti) o una malattia vascolare (ictus). Le afasie nei bambini sono quindi disturbi del linguaggio
dovuti a malattie neurologiche, che si instaurano dopo che il linguag-
42
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
gio si è già sviluppato, in genere dai 3 ai 15 anni. I deficit del linguaggio che si manifestano a seguito di una lesione del cervello possono
presentare un quadro simile ai diversi tipi di afasie dell’adulto, tuttavia
nei bambini prevale un quadro di afasia non fluente.
Quando una lesione colpisce uno o più centri del linguaggio il
bambino tende a perdere la capacità di esprimersi fluentemente, fino
a situazioni di vero e proprio mutismo, mentre in genere è abbastanza conservata la comprensione. Dopo l’evento traumatico, nel giro
di qualche mese, il bambino recupera in maniera soddisfacente la capacità di parlare. A qualche anno dal trauma le capacità linguistiche
appaiono completamente ristabilite, tuttavia, come hanno dimostrato
numerosi studi, questo risultato è soltanto apparente. Infatti, anche i
bambini con un ottimo recupero del linguaggio continuano a manifestare per tutta la vita dei lievi deficit negli aspetti più complessi della
comprensione e dell’espressione verbale. Altri deficit che si associano
frequentemente alle afasie nei bambini sono i disturbi della lettura,
della scrittura e del calcolo.
Lo studio delle afasie acquisite nei bambini bilingui ha evidenziato
che il tipo e la gravità dell’afasia nella prima lingua è in genere simile a
quello presente nella seconda lingua. Inoltre indipendentemente dalla
lingua sottoposta a trattamento logopedico, le due o più lingue che il
bambino conosce tendono a recuperare in maniera parallela. Non vi è
quindi alcuna ragione basata su dati scientifici per indicare una restrizione nell’uso delle due lingue nei bambini afasici bilingui.1
11.2. Il ritardo mentale nei bambini bilingui.
Diversi studi di neurolinguistica hanno evidenziato che i soggetti con ritardo mentale presentano caratteristici deficit del linguaggio. Poiché il lessico, la semantica, la pragmatica e l’analisi del discorso sono strettamente
collegati allo sviluppo intellettivo è lecito attendersi problemi in tali settori. La fonologia e la sintassi sono invece componenti del linguaggio relativamente indipendenti dall’intelligenza. Quindi, quando un bambino con
43
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
ritardo mentale presenta problemi nella comprensione e nella produzione
dei suoni o problemi grammaticali ci troviamo di fronte a un vero e proprio disturbo del linguaggio associato a un ritardo mentale.
La sindrome di Down è una malattia nella quale oltre al ritardo
mentale vi è anche un disturbo del linguaggio. I bambini Down presentano, infatti, uno sviluppo deficitario in ambito articolatorio e
morfosintattico. Studi recenti su bambini bilingui affetti da sindrome
di Down hanno evidenziato che le loro difficoltà erano presenti in
entrambe le lingue, a un livello simile a quello dei bambini Down
monolingui. Ciò significa che l’educazione bilingue nei bambini con
sindrome di Down e più in generale con ritardo mentale non determina alcun problema nello sviluppo linguistico.2
11.3. I disturbi specifici del linguaggio (DSL) nei bilingui.
I DSL sono disturbi dell’acquisizione del linguaggio che colpiscono i
bambini con udito e intelligenza normali e senza apparenti problemi
neurologici, psichiatrici o rilevanti difficoltà socio-culturali. È stato
calcolato che circa il 7% dei bambini in età scolare presenta un DSL,
con una frequenza 2-3 volte maggiore nei maschi. Numerosi bambini
con questi disturbi presentano una preferenza manuale sinistra, e la
maggior parte di loro (circa il 50%) ha un altro familiare (il papà,
la mamma o un altro fratello) con lo stesso problema.3 Le cause dei
DSL non sono ancora note. Un gruppo di ricercatori americani ha
riscontrato che i bambini con disturbo specifico del linguaggio hanno
difficoltà nel riconoscimento di alcuni suoni tipici del linguaggio (in
particolare delle consonanti occlusive: b, p, d, t, k, g ) perché questi
suoni si presentano nella “catena del parlato” a una velocità troppo alta
per i loro sistemi di discriminazione uditiva.4 Lo studio di una famiglia
inglese in cui più della metà dei componenti presentava un disturbo
specifico del linguaggio ha permesso di identificare un’anomalia in un
gene specifico (FOXP2).5 Ciò indica che in alcuni casi i DSL possono
dipendere da alterazioni genetiche specifiche.
44
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
È utile distinguere i bambini con un ritardo nello sviluppo del linguaggio (late talkers) dai bambini con un disturbo specifico del linguaggio. I bambini con DSL possono presentare disturbi nella comprensione e nell’espressione del linguaggio. Le difficoltà nella comprensione
dei suoni del linguaggio, delle parole e degli aspetti grammaticali costituiscono le tipologie più gravi. Altri bambini non presentano problemi
di comprensione ma le loro difficoltà riguardano prevalentemente l’espressione verbale. Nel loro eloquio sono presenti numerose pause ed
errori morfosintattici. Un terzo tipo di bambini presentano prevalentemente problemi articolatori. Invece, nei late talkers la comprensione
del linguaggio è ottima per l’età, soltanto lo sviluppo espressivo è rallentato senza tuttavia presentare le caratteristiche patologiche presenti
nei bambini con disfasia evolutiva.
Negli ultimi anni diversi studi sono stati dedicati all’analisi dei disturbi del linguaggio nei bambini bilingui.6 L’insieme di queste ricerche hanno permesso chiarire alcuni punti fondamentali: a) i bambini
bilingui presentano gli stessi deficit nelle due lingue; b) lo sviluppo del
linguaggio nei bambini bilingui con DSL è simile a quello dei bambini
monolingui con DSL; c) i bambini bilingui con DSL non presentano
alcun problema pragmatico nell’uso delle due lingue; d) è preferibile
che la terapia del linguaggio venga eseguita nella lingua utilizzata a
scuola; tuttavia, viene consigliata anche nella seconda lingua, spesso
con l’ausilio dei familiari.
L’insieme degli studi scientifici sino ad ora realizzati indica che il
bilinguismo non determina alcun problema aggiuntivo nei bambini
con DSL, inoltre, non vi è alcun dato scientifico che sostenga l’ipotesi
che l’esclusione dell’uso di una lingua favorisca lo sviluppo dell’altra.
Quindi è irragionevole consigliare, come momento terapeutico, l’uso
di una lingua soltanto. Questo discorso non vale soltanto per i bambini bilingui, ma può essere esteso anche a bambini monolingui con
DSL che si accingono ad apprendere una seconda lingua. Non vi è
alcuna ragione scientifica documentata per “esonerare” un bambino
45
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
con DSL dall’acquisizione di una seconda lingua. Ovviamente in questi casi le tappe di acquisizione o apprendimento della seconda lingua
potranno essere più lente e differenti rispetto ai bambini di controllo.
11.4. La dislessia nei bambini bilingui.
La dislessia è un disturbo specifico dell’apprendimento della lettura. Si
tratta di bambini che presentano uno sviluppo intellettivo e linguistico
normale, che non hanno deficit neurologici, né problemi di ordine
emozionale, economico, culturale o sociale. Per poter fare una diagnosi di dislessia è necessario effettuare una valutazione dello sviluppo
intellettivo (QI) e linguistico e una valutazione delle abilità di lettura. I
bambini con dislessia presentano delle abilità di lettura inferiori a due
o più deviazioni standard per quanto riguarda la correttezza, la rapidità
o la comprensione. Si calcola che questo disturbo colpisca circa il 5%
dei bambini della scuola primaria.7
La dislessia si manifesta prevalentemente nei bambini maschi. Vi è
un’importante componente ereditaria. La maggior parte dei ricercatori
riconosce che la dislessia si associa ad alcuni deficit caratteristici. In
genere, essi presentano una ridotta memoria a breve termine verbale
(memoria di lavoro), una difficoltà nella segmentazione fonemica delle
parole, una difficoltà nel reperimento delle parole (deficit di accesso
lessicale). Molta attenzione è stata posta al possibile rapporto fra la
dislessia evolutiva e i disturbi specifici del linguaggio. Sono state suggerite anche possibili difficoltà nella discriminazione di stimoli verbali,
deficit visivi e attentivi e deficit di automatizzazione (ipofunzionamento cerebellare). Numerosi geni correlati con la dislessia (DYX1C1 sul
cromosoma 15; KIAA0319 e DCDC2 sul cromosoma 6) svolgono un
ruolo cruciale nello sviluppo del cervello.8
Negli ultimi anni sono stati effettuati numerosi studi su bambini
bilingui affetti da dislessia. Un primo dato, di fondamentale importanza, è che il bilinguismo non provoca, né facilita, né aggrava una
eventuale condizione di dislessia. Infatti, sia la frequenza del disturbo
46
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
sia le difficoltà di lettura sono simili nei bambini bilingui rispetto ai
monolingui. Anche se nella dislessia sono presenti deficit nella memoria di lavoro e nel reperimento lessicale, ciò non significa che un bambino con questo disturbo non possa apprendere una seconda lingua.
Ovviamente le tappe dello sviluppo della seconda lingua potrebbero
essere lievemente differenti rispetto ad un bambino che non presenta
disturbi dell’apprendimento.9
47
12
Fenomeni di mescolamento e
commutazione delle lingue
Due fenomeni tipici delle persone bilingui sono la commutazione
(switching) e la mescolanza delle lingue (mixing). La commutazione
riguarda la scelta di parlare o meno in una lingua. Già a 22 mesi i
bambini bilingui sono in grado di scegliere in maniera appropriata la
lingua a seconda del contesto linguistico. Essi cioè utilizzano la lingua
che in quel momento tutte le persone sono in grado di comprendere. Così è stato evidenziato che i bambini adottati dopo breve tempo
smettono di esprimersi nella lingua materna perché si accorgono che
gli interlocutori non la comprendono. La capacità di scegliere le lingue
da utilizzare con uno specifico interlocutore e/o in un dato contesto è
un aspetto pragmatico della comunicazione verbale. Si è evidenziato
che le persone bilingui con lesioni al lobo frontale possono presentare
il fenomeno della commutazione patologica, possono cioè rivolgersi
a un interlocutore in una lingua che questi non è in grado di capire,
anche se si rendono conto che la persona non li capisce, ma non ne
possono fare a meno.1
48
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
Il mescolamento delle lingue (code-mixing) è invece un fenomeno
piuttosto frequente nei bilingui. La frequenza di mescolamento delle
lingue in un bilingue dipende da molti fattori il più importante dei
quali è la modalità di apprendimento delle lingue. Se il bambino apprende le due lingue dai genitori secondo la regola “una persona una
lingua”, cioè un genitore utilizza sempre e soltanto un lingua con il
proprio figlio, i fenomeni di mixing saranno molto limitati. Alla stessa
stregua se un bambino apprende una lingua in famiglia e una seconda
o terza lingua per immersione in ambiente scolatico, i fenomeni di
mixing saranno molto limitati. Un ulteriore fattore che può influenzare il mescolamento delle lingue è quello relativo alle norme sociali.
Infatti, in alcune culture il fenomeno del mixing è facilitato, in altre è
prescritto. Nel caso di lesioni cerebrali, con afasia, i pazienti bilingui
possono presentare fenomeni di mixing patologico a tutti i livelli linguistici: fonologico, lessicale e morfosintattico.2 Invece i bambini bilingui
con disturbi specifici del linguaggio non presentano una frequenza di
mixing superiore ai bambini monolingui con DSL.3
49
13
Sordità e bilinguismo
La sordità è uno dei più gravi deficit sensoriali. Viene misurata facendo
ascoltare ai soggetti dei suoni con differenti frequenze e con differenti
intensità (audiometria tonale), oppure facendo ascoltare delle parole
con diversa intensità (audiometria vocale). L’intensità dei suoni e delle
parole viene misurata in numero di decibel (dB). I livelli più bassi corrispondono alla voce sussurrata (circa 30 dB), i livelli più alti alle urla
(100 dB), mentre il rumore assordante di un aereo o di un concerto
rock può arrivare anche a 130 dB. A seconda della perdita di sensibilità
uditiva si riconoscono differenti tipi di ipoacusie.
Si definiscono sordità lievi quelle nelle quali i soggetti presentano
una perdita di udito per suoni tra i 20 e i 40 dB (difficoltà ad ascoltare un discorso in ambiente rumoroso o parole sussurrate). La sordità
è moderata quando un soggetto non riconosce suoni tra i 40 e i 70
dB (perdita della capacità di seguire una conversazione normale). Con
questo livello di ipoacusia è utile introdurre l’uso di un amplificatore
uditivo. La sordità viene definita severa quando una persona non è in
grado di riconoscere suoni con intensità tra i 70 e i 90 dB (difficoltà
50
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
nell’udire una conversazione e i rumori dell’ambiente). La sordità viene detta profonda quando un soggetto non è in grado di udire suoni
con più di 90 dB di intensità. Si distinguono sordità di tipo preverbale, insorte prima dell’acquisizione del linguaggio, e sordità postverbali
quando il danno si è verificato dopo lo sviluppo del linguaggio. Si
calcola che 1 bambino ogni 1000 sia affetto da sordità profonda bilaterale (la metà dipendono da un disturbo neurosensoriale), mentre 1
bambino ogni 300 presenta una sordità di minore gravità.
Uno degli effetti più gravi della sordità in età infantile è la compromissione della capacità di acquisire il linguaggio. Fin dall’antichità era
noto che i bambini con sordità precoce non riuscivano a sviluppare
il linguaggio, i bambini che nascevano sordi diventavano muti (sordo-muti). Nonostante l’acquisizione del linguaggio sia molto probabilmente regolato da specifiche basi genetiche, l’ascolto del linguaggio
nei primi anni di vita è un fattore essenziale per il suo sviluppo. Una
sordità profonda nell’adulto compromette invece in maniera molto
più lieve il linguaggio e altre competenze comunicative. La sordità preverbale grave o profonda può determinare l’incapacità di acquisire il
linguaggio, di partecipare alla vita di relazione e di apprendere la lettura e la scrittura. Fin da piccoli i bambini con queste forme di sordità
sono stati avviati alla logopedia. Nel caso di bambini con sordità preverbale e con livello intellettivo normale, nonostante lo sforzo notevole
da parte del bambino e dei logopedisti, lo sviluppo del linguaggio non
era quasi mai normale. Permanevano errori nella pronuncia, di prosodia ed errori sintattici.
Per i bambini sordi congeniti è molto più facile e spontaneo acquisire una lingua dei segni. Sembra che fin dall’antichità le comunità dei
sordi abbiano utilizzato le lingue dei segni. William Stokoe (19192000), nella seconda metà del secolo scorso, ha evidenziato come le
lingue dei segni siano, da un punto di vista linguistico, organizzate negli stessi livelli e nelle stesse strutture delle lingue orali. Veniva a cadere
così un preconcetto molto diffuso che considerava le lingue gestuali
51
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
come un mezzo “inferiore” di comunicazione. Gli studi di psicolinguistica hanno evidenziato che i bambini sordi congeniti manifestano una
naturale tendenza ad acquisire le lingue dei segni con tempi e modalità
simili all’acquisizione delle lingue orali nei bambini. È stato quindi
suggerito di avviare precocemente tutti i bambini sordi all’acquisizione della lingua nazionale dei segni e contemporaneamente anche alla
lingua orale per permettere la comunicazione con il mondo di parlanti
le lingue vocali e per l’apprendimento della letto-scrittura.1
Negli anni ottanta è stata messa a punto una tecnica chirurgica che
permette di posizionare nella coclea di un bambino affetto da sordità
neurosensoriale un dispositivo elettronico che simula il funzionamento dell’orecchio interno. Si tratta di un sistema che decodifica i suoni
del linguaggio identificando formanti e transizioni delle formanti che
caratterizzano le vocali e le consonanti. Queste informazioni vengono
inviate via radio a un sistema di ricezione che comanda un elettrodo
multicanale disposto all’interno della coclea. Per ogni suono del linguaggio il sistema riconosce le formanti caratteristiche e produce una
stimolazione a livello della membrana basilare normalmente eccitata
dal suono in questione. Viene così ricostruito il funzionamento dell’orecchio interno con un sistema bionico.
Il successo di questa tecnica è stato notevole nei soggetti (bambini
e adulti) che erano diventati sordi dopo aver appreso il linguaggio.
Il dispositivo elettronico permetteva, dopo un opportuno addestramento logopedico, di riconoscere con facilità i suoni del linguaggio.
Anche nella sordità prelinguale, quando il dispositivo viene applicato
precocemente (18-36 mesi), l’acquisizione del linguaggio è spesso paragonabile a quella dei bambini normoudenti.2 Allo stato attuale non
vi sono ragioni scientifiche per ritenere che i bambini con impianto
cocleare non possano acquisire due o più lingue.
52
Note
1. Il linguaggio come funzione del cervello
1 – Caplan, 1996; Fabbro, 1996.
2 – Fabbro, 2001b; Caplan, 2002a.
2. Metodi per studiare l’organizzazione
del linguaggio nel cervello
1 – Caplan, 2002a.
2 – Fabbro, 1996; 2001a; Denes e Pizzamiglio, 1996; Caplan, 2002b.
3 – Gazzaniga et al., 2002.
4 – Neville et al., 1992; Neville, 1995; Denes e Pizzamiglio, 1996; Caplan, 2002a; Fabbro, 2004a.
5 – Fabbro, 1996; Crescentini et al., 2008.
6 – Caplan, 2002a.
3. Acquisizione della prima lingua
1 – Tager-Flusberg, 2002.
2 – Lentin, 1979; Karmiloff e Karmiloff-Smith, 2002; Fabbro, 2004a.
3 – Locke, 1995; Fabbro, 2004a.
4 – Fabbro, 2004a.
4. Il ruolo della memoria nell’acquisizione delle lingue
1 – Baddeley, 1992; Squire e Kandel, 2000.
2 – Fabbro, 1996; Fabbro, 2004a.
54
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
3 – Miller, 1956; Atkinson e Shiffrin, 1968.
4 – Schacter e Moscovith, 1984; Rovee-Collier et al., 2000.
5 – Fabbro, 2004a.
6 – Zanini et al., 2004; 2010.
7 – Tulving, 1972; 2002.
8 – Baddeley, 2000.
9 – Gathercole, 1998; Leonard, 1998.
5. Il cervello bilingue dei bambini
1 – Fabbro, 1996; Marini e Fabbro, 2007.
2 – Vaid, 2002.
6. Acquisizione o apprendimento della seconda lingua
nel bambino
1 – Fabbro, 1996; Fabbro, 2004a.
2 – Fabbro, 1996.
3 – Bialystok, Craik, Green e Gollan, 2009; Bialystok, Luk,
Peets e Yang, 2010; Pertot, 2011.
4 – Deuchar e Quay, 2000; Vihman, 2002.
5 – Bialystok, Craik, Green e Gollan, 2009.
6 – Fabbro, 2004a.
7. Periodi critici nell’acquisizione delle lingue
1 – Fabbro, 2004a.
2 – Fabbro e Paradis, 1995.
3 – Fabbro, 2004a; Urgesi e Fabbro, 2009.
4 – Flege et al., 1995; Weber-Fox e Neville, 1996; Wartenburger
et al., 2003.
5 – Perani et al., 1998.
6 – Neville et al., 1992; Fabbro, 2004a.
7 – Kim et al., 1997; Chee et al., 1999.
8 – Wartenburger et al., 2003.
9 – Fabbro, 2004a.
55
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
8. Età di acquisizione e livello di competenza
della seconda lingua
1 – Fabbro, 2004a.
2 – Johnson e Newport, 1989; Long, 1990.
3 – Epstein et al., 1996.
4 – Flege, 1991; Flege e Fletcher, 1992.
5 – Flege et al., 1995.
6 – Fabbro, 2004a.
9. Essere bilingui o plurilingui produce benefici intellettivi
o contribuisce a causare altri disturbi?
1 – Fabbro, 2004a.
2 – Peal e Lambert, 1962.
3 – Bialystok e Craik, 2010.
4 – Cummins, 1978; Bialystok e Hakuta, 1994.
5 – Kovács e Mehler, 2009a; 2009b; Byers-Heinlein,
Burns e Werker, 2010.
6 – Emmorey, Luk, Pyers e Bialystok, 2008; Bialystok e Craik, 2010; Barac e Bialystok, 2012.
7 – Bialystok, Craik e Freedman, 2007; Bialystok e Craik, 2010.
10. Quando iniziare l’educazione bilingue
e che cosa ne determina il successo in età prescolare?
1 – Fabbro, 2004a.
2 – Taeschner, 2003.
11. Disturbi del linguaggio nei bambini bilingui
1 – Fabbro, 1996; 1999; 2004b.
2 – Kay-Raining Bird et al., 2005.
3 – Bishop, 1997; Leonard, 1998.
4 – Merzenich et al., 1996.
5 – Lai et al., 2003.
56
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
6 – Fabbro e Marini, 2010; Paradis et al., 2011, pp. 199-231.
7 – Zoccolotti et al., 2005; Vicari e Caselli, 2010.
8 – Dehane, 2009.
9 – Paradis et al., 2011, pp. 233-259.
12. Fenomeni di mescolamento e commutazione
delle lingue
1 – Fabbro et al., 2000.
2 – Fabbro, 1996; 1999.
3 – Paradis et al., 2011, p. 97.
13. Sordità e bilinguismo
1 – Sacks, 1990; Pizzuto e Volterra, 1999.
2 – Peterson et al., 2010.
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Zanini, S., Tavano, A., Vorano, L., Schiavo, F., Gigli, G.L., Aglioti, S.M.,
& Fabbro, F. (2004). Greater syntactic impairements in native language
in bilingual Parkinsonian patients. Journal of Neurology, Neurosurgery, and
Psychiatry, 75, 1678-1681.
Zoccolotti, P., Angelli, P., Judica, A., & Luzzatti, C. (2005). I disturbi
evolutivi di lettura e scrittura. Roma: Carocci.
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Gli Autori
Cristiano CRESCENTINI
Principali Esperienze professionali e didattiche
- Da gennaio 2012
Ricercatore Post-Doc presso il Dipartimento di Scienze Umane,
Università di Udine e il Dipartimento di Psicologia, Università di
Roma, “La Sapienza”
- Dal 2011
Docente di Psicobiologia e psicologia fisiologica e di Psicologia dello
Sviluppo presso i Corsi di Laurea in Scienza dello Sport e Scienze
Motorie, Università di Udine.
- Dal 2004 al 2011
Dottorato in Neuroscienze (2004-2008) e Ricercatore Post-Doc
(2009-2011) presso la SISSA di Trieste, l’Ospedale SM Misericordia
di Udine, l’IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma e il Birkbeck
College di Londra.
- Luglio 2004: Laurea in Psicologia, Università di Firenze.
Selezione delle pubblicazioni internazionali:
Crescentini, C. et al. (2013). Mental transformation of objects and
bodies. Different developmental trajectories in children from 7 to 11
years old. In stampa. Developmental Psychology.
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Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
Crescentini, C. et al. (2012). Two networks involved in producing
and realizing plans. Neuropsychologia, 50, 1521-35.
Crescentini, C. et al. (2011). Interference from retrieval cues in
Parkinson’s disease. Neuropsychology, 25, 720-33.
Crescentini, C. et al. (2011). Mechanisms of rule acquisition and
rule following in inductive reasoning. The Journal of Neuroscience,
31, 7763-74.
Crescentini, C. et al. (2010). Item retrieval and competition in
Noun and Verb generation: an fMRI study. Journal of Cognitive
Neuroscience, 22, 1140-57.
Crescentini, C. et al. (2008). Supervisory and Routine Processes
in Noun and Verb Generation in Nondemented Patients with
Parkinson’s Disease. Neuropsychologia, 46, 434-47.
Franco FABBRO
Principali Esperienze professionali e didattiche
- Dal 2006: Professore ordinario di Neuropsichiatria infantile,
Dipartimento di Scienze Umane, Università di Udine.
- Dal 2003 al 2009: Preside della Facoltà di Scienze della Formazione
presso l’Università di Udine.
- Dal 2001 al 2006: Professore ordinario di Fisiologia presso la
Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Udine.
- Dal 2000: Referente Scientifico presso l’IRCCS “E.Medea”
(Associazione la Nostra Famiglia) di San Vito al Tagliamento (PN).
- Dal 1991 al 1999: Ricercatore universitario in Fisiologia Umana
alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Trieste.
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Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
- Dal 1988 al 1991: Assistente Ospedaliero nella divisione di
Neuropsichiatria Infantile dell’IRCCS “Burlo Garofolo” di Trieste.
- Novembre 1986: Specializzazione in Neurologia, Università di
Verona.
- Ottobre 1982: Laurea in Medicina e Chirurgia, Università di
Padova.
Produzione Scientifica:
È autore di oltre 200 pubblicazioni fra capitoli di libri, articoli
scientifici su riviste internazionali e libri fra cui:
Fabbro, F. (1996). Il cervello bilingue. Neurolinguistica e poliglossia.
Roma: Astrolabio.
Fabbro, F. (1999). The Neurolinguistics of Bilingualism.
Hove: Psychology Press (seconda edizione nel 2003).
Fabbro, F. (2004). Neuropedagogia delle lingue. Roma: Astrolabio.
Fabbro, F. (2010). Neuropsicologia dell’esperienza religiosa.
Roma: Astrolabio.
Fabbro, F. (2012). Manuale di Neuropsichiatria infantile.
Roma: Carocci.
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Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
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Cristiano Crescentini e Franco Fabbro
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
Editore
Associazione Temporanea di Scopo – Ciljno začasno združenje Jezik-Lingua
Traduzione dall’italiano allo sloveno
Ravel Kodrič
Progetto grafico e revisione editoriale
Mladika Scarl
Stampa
Grafica Goriziana
Tiratura
500 copie
Trieste, 2014
La presente pubblicazione è reperibile in formato elettronico all’indirizzo www.jezik-lingua.eu.
Pubblicazione finanziata nell’ambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia – Slovenia
2007-2013, dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dai fondi nazionali.
Il contenuto della presente pubblicazione non rispecchia necessariamente le posizioni ufficiali dell’Unione
Europea. La responsabilità del contenuto della pubblicazione appartiene all’Ats – Czz JEZIK-LINGUA.
ISBN 978-88-7342-209-9
BREZPLAČNI IZVOD
COPIA GRATUITA
ISBN 978-88-7342-209-9
• Nevropsihologija dvojezičnosti pri otrocih
Cristiano Crescentini
in
Franco Fabbro
Neuropsicologia del bilinguismo nei bambini
Nevropsihologija
dvojezičnosti
pri otrocih
ISBN 978-88-7342-209-9
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Neuropsicologia
del bilinguismo
nei bambini
Franco Fabbro
e
Cristiano Crescentini