L`italiano nel mondo che cambia

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L`italiano nel mondo che cambia
“L’italiano nel mondo che cambia”
Intervento del sottosegretario Mario Giro
in occasione degli Stati Generali della Lingua Italiana nel Mondo
Firenze, 21 Ottobre 2014
Cari amici,
Ricordatevi tre semplici cifre: 4,5 milioni, 80 milioni, 250 milioni. Sono questi i numeri
dell’Italia nel mondo. E dell’italiano.
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha detto recentemente che “c’è grande voglia di
Italia nel mondo”. È così, molto di più di quanto pensiamo. Sono 4,5 milioni gli italiani
all’estero, 80 milioni gli italo-discendenti, 250 quelli che Piero Bassetti chiama gli italici,
cioè coloro che anche se non in senso etnico o nazionale, si riconoscono nella nostra
cultura e lingua, la “sentono”.
Noi siamo uno stato giovane ma un popolo antico che nel mondo ha attraversato le
frontiere e si è integrato ovunque senza mai perdere la sua identità. Ciò si deve al fatto di
aver vissuto l’identità come un processo e non come un dato fisso. Nel Quattrocento
fiorentino c’era un proverbio: “passeri e fiorentini son per tutto il mondo”. La nostra
diaspora è la seconda al mondo, la nostra lingua la quarta-quinta insegnata. C’è tanta Italia
e simpatia per l’Italia: di questo possiamo essere fieri. E’ una storia antica e recente
assieme, dobbiamo guardarla con una visione dinamica, come per la nostra lingua. La
stessa grande emigrazione di fine ‘800 - inizio ‘900, è stata un enorme successo:
integrazione e legame assieme, senza creare fratture, malgrado le sofferenze. Così può
essere anche per i nostri immigrati. La lingua italiana ci insegna una nuova geografia del
mondo, importante oggi tempo in cui domina la geopolitica e tutti cercano nuove frontiere
di identità. In un mondo di guerre, la frontiera della lingua italiana è pacifica e trasversale.
Lingua e culture possono separare i popoli, se considerate espressioni di identità
contrapposte, aggressive o chiuse. Diventano strumenti di disprezzo e rifiuto dell'altro che
genera conflitti, “identità assassine” dice Maalouf. È impresa pericolosa cercare la purezza
nella cultura: porta ad identità ingessate, costruite sulla paura. Ma noi sappiamo che “le
culture non si s’incontrano né si scontrano… sono gli uomini a farlo”. Se li possono
dividere, le lingue possono anche unire popoli diversi, fare da ponte, essere elementi di
conoscenza, dialogo e una scommessa di pace. Dobbiamo riconoscere perciò alla nostra
lingua il suo vero statuto: strumento comunicativo nel senso di bene culturale
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(immateriale), parte fondante della nostra identità e strumento per conoscere la realtà, per
analizzarla con uno sguardo particolare.
Tale è la prospettiva di questi due giorni: dare un impulso alla promozione della nostra
lingua, consci che mai essa si è tradotta in politica di potenza né di ingerenza politica. La
nostra lingua è stata un modo di restare uniti ai tanti italiani nel mondo, quasi una
nostalgia, ma anche cultura, simbolo di creatività e qualità, di un particolare modo di fare
impresa (made in Italy ma anche made by Italians). Si tratta di un tesoro di reale influenza e
di reputazione. La nostra lingua, come tutte, è un bene dell’umanità: non appartiene solo
all’Italia ma vive ed abita in tutti coloro che la parlano.
Nel Rinascimento e fino al ‘600, l’italiano era una koinè nel Mediterraneo e oltre. Lo è
sempre in alcune (grandi) nicchie che vanno continuamente valorizzate. Ma occorre andar
oltre. Oggi c’è di nuovo una domanda crescente di insegnamento della lingua italiana così
come di diffusione della nostra cultura. Abbiamo avviato dunque (e ringrazio MAE e
Mibact e Miur e tutti del loro contributo) un programma di ridefinizione e rafforzamento
degli strumenti di promozione della lingua italiana di cui sentirete i dettagli. Solo l’analisi
di dati certi è stata per noi una sorpresa.
Un fatto certo è che la nostra lingua si afferma senza che la si imponga. L’italiano è in
genere la lingua della scelta, del cuore, o la “lingua sposa” come direbbe ancora Maalouf.
Non sto dicendo che non si debba insegnare l’italiano, anzi: si ottiene molto di più
riuscendo a dimostrare che l’italiano (ma direi l’Italia stessa) possiede una potenzialità
espressiva, una forza interna legata alla storia e alla cultura. Tra le lingue romanze è
chiamata lingua del Sì, accanto alla lingua d’oc e d’oil. Ecco: ci deve essere un sì, ci unisce
questo sì. Basta con i no pessimisti e rassegnati: noi siamo quelli della lingua del sì!
Nel mercato delle lingue il nostro errore è quello di pensare di avere una lingua debole.
Non è così. C’è molta richiesta che dobbiamo accompagnare. Dobbiamo rendere
consapevoli gli italiani della ricchezza della loro lingua. Tanti sono gli esempi a provare
tale intrinseca forza. Alcuni ve li mostreremo e racconteremo: sono tutti segni
dell’internazionalizzazione del paese.
Aggiungo: non farei una battaglia di retroguardia contro il world english. È necessario
impararlo. Tuttavia sovrastimiamo in modo insensato il potere degli strumenti della
comunicazione, in particolare quello di una lingua veicolare comune. Anche se parlassimo
domani tutti inglese, non avremmo fatto un passo verso l’ unità. Lo strumento di una
lingua internazionale non produce di per se stesso vera intesa. Serve molto di più. A
riguardo della lingua occorre piuttosto un’alleanza con altre lingue (non solo le più
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diffuse) e culture, perché l’italiano diventi ovunque lingua curriculare, com’è accaduto
proprio recentemente in Russia negli esami di maturità, com’è in Quebec, ecc.
Non propongo quindi un ghetto linguistico in nome di una gracile identità chiusa, ma uno
strumento aperto di comunicazione plurale. Tale è il nostro obiettivo perché è così che
l’italiano viene percepito: una lingua scelta. La nostra lingua trasporta qualcosa di bello e
di buono, un di più che viene dalle profondità della storia e che ci è stato donato. Non
abbiamo meriti: vi sono momenti bui nella nostra storia, impazzimenti, indurimenti
sempre in agguato. Tuttavia gli altri ci riconoscono qualcosa. Tutti sappiamo, ad esempio,
che l’Italia è bella e gli stranieri – giustamente – si sorprendono che noi viviamo in un così
bel paese senza nemmeno accorgercene. In un certo senso è vero; in un altro no, nel senso
che ci viene riconosciuta una certa capacità di vivere-nello-sguardo. Vivere nello sguardo:
ecco cosa ci distingue… la “lingua sposa” è figlia di quello sguardo, cuore e sguardo sono
uniti. E’ quella italsimpatia di cui ha scritto Andrea Riccardi: un’identità italiana non
minacciosa, senza pretese egemoniche, estetica, affettiva, intuitiva, universalista. In una
parola: umana.
Se la presenza della lingua italiana all’estero in questi anni di ripiegamento introverso del
nostro Paese ha resistito, è anche grazie all’impegno delle imprese e dei nostri italodiscendenti e degli enti locali. Per questo ci siamo raccolti qui con gli Stati Generali della
lingua italiana: per dare e darci consapevolezza di questo strumento. Credo che questa
occasione possa generare uno slancio di iniziative e idee che diano energia a tutto il
sistema della promozione linguistica. Il sottotitolo dell’evento è “l’Italiano nel mondo che
cambia”: la nostra lingua come una “destinazione futuro”.
Ci proponiamo di ottenere un impatto sull’opinione pubblica E sulla politica che possa
sostenere il lavoro di operatori e esperti. Vorrei creare una constituency (e uso
appositamente un termine inglese) per l’italiano. Chiedo il vostro contributo per aiutare a
creare una mobilitazione dell’italofonia e italofilia a livello mondiale. Il nostro impegno
non si conclude qui ma prosegue. L’idea delle due giornate fiorentine è dimostrare che la
lingua è frutto di una storia di pluralismo ed ibridazione che la rende ricca, come la nostra
cultura. È un patrimonio che può generare molte opportunità per il futuro: la lingua come
fattore di crescita economica, pensate alle imprese (ringrazio gli sponsor) che sono Italia
nel mondo, al turismo, a quante opportunità per i giovani.
Auspico che il movimento d’idee e proposte che avete contribuito a creare, sintetizzato
provvisoriamente nel “libro bianco sulla lingua italiana nel mondo” (e ringrazio tutti
quelli che vi hanno lavorato), possa provocare un soprassalto di coscienza nel paese e un
movimento culturale diffuso che veda e faccia dell’Italiano una delle lingue protagoniste
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della globalizzazione, una lingua che ha già dato prova di saper superare le frontiere senza
impaurire nessuno, senza escludere né dividere. Una lingua fortemente connessa con
l’umanesimo italiano, quello della “grande bellezza”, del bello, del buono e del creativo,
del dialogo, del pluralismo, dell’appartenenza culturale più che etnica, dell’universalismo
e della pace.
Vi ringrazio.
Tutti i documenti collegati all’iniziativa “Stati Generali della Lingua Italiana nel Mondo” sono reperibili all’indirizzo
http://www.esteri.it/MAE/IT/Politica_Estera/Cultura/PromozioneLinguaItaliana/Stati_Generali_lingua_italiana.htm
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