CONCLUSIONI a) Verso elezioni democratiche libere?
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CONCLUSIONI a) Verso elezioni democratiche libere?
CONCLUSIONI a) Verso elezioni democratiche libere? L’incessante attività di mediazione del Presidente Sudafricano Thabo Mbeki sembra raccogliere finalmente i suoi frutti. Dal 3 al 6 aprile 2005, i leaders politici ivoriani 1 si incontrano a Pretoria e tornano a discutere di pace. Essi dichiarano la cessazione immediata e definitiva di tutte le ostilità e la fine della guerra sul territorio nazionale. Affermano di procedere immediatamente al disarmo ed allo smantellamento delle milizie su tutto il territorio nazionale e di riprendere il piano di DDR2 come previsto dai precedenti accordi. Autorizzano la formazione di una Commissione Elettorale Indipendente in vista delle elezioni presidenziali da tenersi ad ottobre 2005 e delle successive elezioni legislative e promettono di discutere un emendamento all’articolo 35 della Costituzione. Il 26 aprile il Presidente Gbagbo annuncia che tutti i candidati designati dai partiti politici segnatari dell’accordo di Linas- Marcoussis sono eleggibili alla presidenza della Repubblica, tra questi anche il leader del RDR Alassane Ouattara. Come suggerito dal mediatore sudafricano Thabo Mbeki, Gbagbo non modifica il discusso articolo 35 della Costituzione, ma si avvale dell’articolo 48 che in caso di minaccia all’integrità della nazione conferisce poteri particolarmente ampi al Capo dello Stato. In sostanza Gbabo concede una deroga a Ouattara, ma la questione dell’articolo 35 e con essa quella dell’ivorianità rimane insoluta. Il 14 maggio l’accordo tra l’esercito governativo e le milizie ribelli per il disarmo diventa ufficiale e si stabilisce che debba avvenire entro il 10 1 Vi partecipano: il Presidente Laurent Gbagbo, il Primo Ministro del governo di riconciliazione Seydou Diarra, l’ex Presidente Henri Konan Bedié (PDCI), l’ex Primo Ministro Alassane Ouattara (RDR) e Guillaume Soro, Segretario Generale delle Forze Nuove. 2 Vedi nota 15. agosto 2005. Intanto, l’ONU, con la risoluzione 1609 del 24 giugno, proroga per un anno il mandato dell’ONUCI e delle forze francesi dell’ “Operation Licorne”. Il 9 luglio, il mancato rispetto del precedente calendario sul disarmo porta le due fazioni a stipulare un nuovo accordo che fissa la data ultima per il disarmo al 3 ottobre 2005. Il 21 ottobre, l’ONU con la risoluzione 1633, constatata l’impossibilità di procedere a nuove elezioni nella data prevista3, decide la proroga per dodici mesi del mandato presidenziale di Laurent Gbagbo e gli affianca un nuovo Primo Ministro incaricato, insieme ad un “Groupe International de Travail”, di predisporre tutte le misure necessarie in vista delle consultazioni elettorali da svolgersi entro il 31 ottobre 2006. Il 4 dicembre, Thabo Mbeki e il Presidente nigeriano Olusegun Obasanjo, che per volere della CEDEAO lo affianca nella difficile attività di mediazione, decidono di nominare come Primo Ministro Charles Konan Banny, governatore della BCEAO 4. Il nuovo Primo Ministro ha il compito di dirigere il nuovo governo di transizione fino allo svolgimento delle elezioni presidenziali ad ottobre 2006. L’assetto del nuovo governo vede rappresentate tutte le forze politiche ivoriane, ma con un netto prevalere delle forze di opposizione; al FPI del Presidente Gbagbo restano solo due ministeri. Il 2006 sembra dunque aprirsi sotto i migliori auspici, con un governo di transizione che comincia a funzionare regolarmente e periodici incontri tra le varie forze politiche in vista della realizzazione degli obiettivi prefissati. Il 30 maggio, in un discorso televisivo alla nazione, il Primo Ministro Konan Banny annuncia che il disarmo e il censimento della popolazione procedono regolarmente. Il censimento si rende necessario per identificare la popolazione e redigere la lista degli aventi diritto al voto. Ma è un fuoco di paglia! Ben presto riemergono rivalità e contraddizioni, che rallentano questo processo. Forze Nuove denuncia 3 4 Il 30 ottobre 2005. Banque Centrale des Etats de l’Afrique de l’Ouest. gravi irregolarità nelle operazioni di registrazione della popolazione nel nord del paese e si rifiuta di procedere al disarmo. Come se tutto ciò non bastasse, in agosto, una compagnia ivoriana autorizza una nave greca, la Probo Koala, a scaricare centinaia di tonnellate di sostanze tossiche nei pressi di Abidjan. Muoiono dieci persone e in migliaia restano intossicate. La vicenda, sulla quale deve ancora farsi luce, provoca un crescente malcontento popolare e un conseguente rimpasto del governo, con sei ministri che pagano per tutti. Questa crisi, rientrata dal punto di vista umanitario, ha notevolmente complicato e rallentato il funzionamento della macchina organizzatrice delle elezioni. Il 1 novembre l’ONU, con la risoluzione 1721, prende atto dell’impossibilità di organizzare le elezioni presidenziali e legislative entro la data prevista e decide di prorogare il mandato del Presidente Gbagbo e del Primo Ministro Konan Banny per un ulteriore anno. Quest’ultimo ottiene numerosi poteri a scapito del Capo dello Stato, ma ha il divieto di candidarsi alle successive elezioni presidenziali da tenersi entro ottobre 2007. La risoluzione assegna al Primo Ministro la responsabilità di: a) condurre a termine il programma di DDR; b) vigilare sulle operazioni di identificazione e registrazione degli elettori con lo scopo di redigere liste elettorali credibili e, più in generale, occuparsi della preparazione tecnica delle elezioni; c) procedere ad una ristrutturazione interna delle forze armate. La risoluzione pone l’accento sull’importanza delle operazioni di identificazione, chiedendo di accelerare le operazioni di rilascio dei certificati di nascita e di nazionalità e invitando a stabilire immediatamente un gruppo di lavoro incaricato di mettere in opera le operazioni di identificazione della popolazione e di registrazione degli elettori, al fine di assicurare la credibilità e la trasparenza delle prossime elezioni. In vista del conseguimento di tali obiettivi può disporre di tutti i poteri necessari, di tutte le risorse finanziarie, materiali e umane, e può prendere tutte le decisioni necessarie tramite ordinanza o decreto- legge. Gbagbo e i suoi sostenitori ravvisano nella risoluzione 1721, una sospensione formale della Costituzione Ivoriana. M. Gerard Stoudmann, rappresentante della commissione di vigilanza dell’ONU sulle elezioni in Costa d’Avorio, non è dello stesso avviso. Secondo la sua opinione l’articolo 53 della costituzione ivoriana, che permette al Presidente della Repubblica di delegare al Primo Ministro dei poteri per risolvere delle situazioni particolari, rappresenta una garanzia in questo senso: la delega di poteri non prevarica il dettato costituzionale ed è da considerarsi quanto mai legittima. b) Quale futuro per la Costa d’Avorio? Entro ottobre 2007 dovrebbero svolgersi le elezioni presidenziali. Il condizionale è d’obbligo considerando il fallimento delle due precedenti operazioni di preparazione al voto che hanno portato ad altrettanti rinvii. Non saranno elezioni effettivamente libere a meno che, entro tale data, non si riesca a porre fine all’annosa questione che ruota intorno all’articolo 35. La partecipazione di Ouattara è però un fattore di eccezionale rilevanza e costituisce un primo e significativo passo verso la nascita di istituzioni realmente democratiche nel paese. Lo scopo di questo paragrafo conclusivo è analizzare brevemente i profili di alcuni dei candidati alla Presidenza della Repubblica e delineare i possibili scenari che si aprirebbero a seconda della vittoria di uno o dell’altro candidato. La corsa alla presidenza sarà aperta a numerose personalità, ma solo quattro5, a mio parere, possono raccogliere consensi apprezzabili. 5 Charles Konan Banny è escluso dalla corsa alla presidenza in virtù delle risoluzioni 1633 e 1721 dell’ONU. Il primo è l’attuale Presidente Laurent Gbagbo, leader del FPI. Laurent Gbagbo è un ex-sindacalista6 di ispirazione marxista e il suo partito è membro dell’internazionale socialista. Ma le ideologie, credo, conteranno poco in queste elezioni. Le odierne dinamiche della politica internazionale, mi inducono a non sottovalutare l’importanza che il sostegno di determinati paesi potrebbe avere sul risultato delle elezioni (ad esempio, tramite corposi finanziamenti). Gbagbo non gode di un così vasto consenso. In questi anni è entrato in contrasto con la Francia oltre che sul piano militare, anche a livello economico. Occorre fare una breve digressione: la Francia ha una presenza pressoché capillare nei punti strategici dell’economia ivoriana. Nel settore primario, società concessionarie francesi sono proprietarie delle piantagioni di quei prodotti che costituiscono le maggiori voci di esportazione. I francesi controllano la moneta del paese: il governo ivoriano non esercita alcun controllo su di essa e le fluttuazioni sono decise da Parigi 7. La ex-madrepatria domina il settore bancario attraverso la BNP (Banque National de Paris), il Credit Lyonnais e la Societè Generale. SAUR (società che controlla la distribuzione delle acque in Francia) ed EDF (Electricitè de France) detengono il 51% della Compagnia Ivoriana di Elettricità; sempre SAUR detiene il 47% della società di distribuzione delle acque ivoriana (SODECI). Orange, Telecel e France Cable gestiscono la telefonia. La Bouygues Construction controlla il terminal per container del porto di Abidjan, la cui importanza strategica è aumentata in relazione agli accresciuti interessi petroliferi nel Golfo di Guinea. Gbagbo ha cercato di liberarsi dell’opprimente presenza francese8 che non permette lo sviluppo di una classe imprenditoriale locale ed il decollo dell’economia ivoriana. 6 Lo si ricorda alla guida di diverse manifestazioni negli anni 80 contro l’allora Presidente Boigny che gli costarono sei anni di esilio. 7 Basta ricordare la svalutazione del 50% del franco CFA rispetto al franco francese, imposta nel 1994 dal governo francese. 8 Ad esempio non concedendo più appalti ai francesi, prediligendo i cinesi che offrono prezzi più vantaggiosi. Alassane Ouattara, leader del RDR, una forza che si autodefinisce di centro, si è formato negli Stati Uniti e ha ricoperto ruoli prestigiosi all’interno del FMI e della BCEAO. Anche in virtù di ciò, è il pupillo della classe politica francese e gode dell’appoggio incontrastato degli Stati Uniti. La sua politica economica, se un giorno sarà eletto Presidente, non sarà certo di chiusura agli investimenti esteri9. Questo è decisamente un punto a suo favore. Gli altri due principali candidati, Guillaume Soro e Henri Konan Be dié, sembrano estranei alle dinamiche appena descritte, ma sono comunque in grado di raccogliere il consenso di un’ampia fetta della popolazione. Il primo, in passato simpatizzante del FPI e attuale leader delle Forze Nuove, originario del nord ma cattolico10, sconta agli occhi della comunità internazionale il fatto di essere alla guida di un movimento ribelle che si è reso responsabile di atroci crimini. Inoltre dovrà dividere i voti della gente del nord con Ouattara. Il secondo, leader del PDCI, ha ancora uno zoccolo duro di fedelissimi nel sud del paese, ma essendo il fondatore della dottrina dell’ivorianità, è inviso alla maggior parte delle popolazioni del nord. La sua rielezione rappresenterebbe un “ritorno al passato” per il paese: l’atteggiamento xenofobo che ha dimostrato negli anni in cui è stato Presidente gli preclude qualsiasi sostegno internazionale. La sensazione è che la lotta per la presidenza sia un gioco a due: i grandi favoriti sono Laurent Gbagbo e Alassane Ouattara. La contesa si preannuncia particolarmente equilibrata e la speranza è che, da una parte e dall’altra, ci sia la maturità di accettare il verdetto delle urne, in modo da evitare che contestazioni e proteste possano degenerare in qualcosa di più pericoloso e destabilizzante. La riconferma di Gbagbo potrebbe avere sul lungo periodo dei benefici sul piano economico: se egli riuscisse veramente a permettere lo sviluppo di una classe imprenditoriale locale, se al popolo fosse 9 Lo aveva ampiamente dimostrato negli anni in cui era stato Primo Ministro (1990-93). Essendo figlio di genitori ivoriani, l’articolo 35 non rappresenta un ostacolo alla sua candidatura. 10 finalmente concesso di disporre liberamente delle risorse di cui il paese è ricco, se alle potenze straniere fossero preclusi i settori chiave dell’economia, il rilancio potrebbe non rimanere una mera speranza. Persisterebbero delle incognite in merito all’effettiva realizzazione di quelle misure previste dagli accordi di Marcoussis e di Accra III, anche se l’ONU non sembra più disposta ad accettare deroghe in proposito. L’elezione di Ouattara sarebbe una garanzia dell’avvio del processo di democratizzazione. La revisione dell’articolo 35 e della legge fondiaria sarebbero probabilmente i primi punti all’ordine del giorno. L’aspetto negativo della sua elezione sembrerebbe riguardare l’eccessivo legame con i paesi stranieri, che lascerebbe la Costa d’Avorio nella morsa di ricchi imprenditori esteri e la renderebbe una marionetta manovrata da governi e istituzioni straniere. Qualunque sia l’esito, è di fondamentale importanza che le elezioni si svolgano regolarmente e che non vengano ulteriormente posticipate. Non oso pensare cosa potrebbe succedere altrimenti. L’esasperazione della gente ha raggiunto livelli altissimi. Il rischio di una nuova guerra civile, esacerbato dall’odio inter-etnico e religioso inculcato da una classe politica incompetente, è dietro l’angolo. Il processo di democratizzazione ne risulterebbe definitivamente compromesso.