costa d`avorio: un paese spaccato in due
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COSTA D’AVORIO: UN PAESE SPACCATO IN DUE ______________________________________________________________________________________ Sede legale e amministrativa: Palazzo Besso - Largo di Torre Argentina, 11 - 00186 Roma Sede secondaria: Largo Luigi Antonelli, 4 - 145 Roma Web: www.ifiadvisory.com; Mail: [email protected] Andrea Carbonari Costa d’Avorio: Un Paese spaccato in due Pubblicato in: Equilibri.net 9 aprile 2011 ______________________________________________________________________________________ Sede legale e amministrativa: Palazzo Besso - Largo di Torre Argentina, 11 - 00186 Roma Sede secondaria: Largo Luigi Antonelli, 4 - 00145 Roma Web: www.ifiadvisory.com; Mail: [email protected] COSTA D’AVORIO: UN PAESE SPACCATO IN DUE 1. La conquista di Abidjan Con un’offensiva militare iniziata il 28 marzo 2011 e articolata su tre fronti (Nord, Est e Ovest) le Forze Repubblicane della Costa d’Avorio (FRCI) hanno conquistato in pochi giorni vaste aree di territorio nel sud del paese e centri importanti come la capitale politica Yamoussoukro e San Pedro, il principale porto per l’esportazione del cacao. Con quell’offensiva la situazione di violenza strisciante fra le diverse fazioni dei mesi precedenti è diventata una vera e propria guerra civile a bassa intensità, anche se non dichiarata. L’obiettivo fondamentale della manovra era la conquista di Abidjan, la più grande città del paese, nonché la sua capitale di fatto. Il 31 marzo è cominciata la battaglia all’interno di Abidjan. Le FRCI sono nate il 17 marzo dalla fusione fra le Forze Nuove, formazione di guerriglia attiva da anni nel nord del paese, e dai disertori delle Forze di Sicurezza (FDS) ufficiali ivoriane. Esse rispondono in ultima istanza ad Alassane Dramane Ouattara, uomo politico ritenuto il vincitore delle presidenziali del 28 novembre 2010 da gran parte della popolazione e dalla comunità internazionale. Le FDS, dal canto loro, sono agli ordini di Laurent Koudou Gbagbo. Costui è il presidente uscente, che si è rifiutato di lasciare il potere all'indomani delle elezioni sulla base di presunti brogli elettorali compiuti dal rivale. Dal momento dell’inizio dell’offensiva le FDS sono state rapidamente sopraffatte dalle FRCI. O, secondo la loro versione, hanno preferito ritirarsi per attestarsi ad Abidjan. La conquista di Abidjan da parte dei sostenitori di Ouattara è quasi completa al momento in cui scriviamo. Alle FDS non resta altro che difendersi in alcune roccaforti, e in questo stanno dimostrando risorse insaspettate per chi le aveva viste cedere rapidamente nei giorni precedenti, a cominciare dagli avversari. Al momento, visto il rapporto di forze in campo, si può prevedere che la vittoria finale sarà di Ouattara e i suoi, anche se i tempi e le modalità concrete (vittoria totale o resa concordata dell’avversario, ad esempio) rimangono incerti. Mentre scriviamo, Gbagbo si è infatti asserragliato nella sua 1 Andrea Carbonari residenza con truppe a lui fedeli che lo proteggono strenuamente e si rifiuta di arrendersi. La battaglia di Abidjan è in realtà iniziata diverso tempo prima. Dalla fine del 2010 si sono svolte nella città ripetute manifestazioni in difesa dell’uno o dell’altro pretendente al seggio di presidente. Col passare delle settimane queste dimostrazioni sono diventate sempre più violente, con un numero di morti crescente. Da un lato alcuni reparti delle FDS e le milizie vicine a Gbabgo (in particolare i Giovani Patrioti – JP) avevano cominciato a reprimere con la forza le proteste degli oppositori, anche con spedizioni punitive. Dall’altro, in alcuni quartieri della città, come quello di Abobo (considerato un’area a maggioranza pro Ouattara), avevano fatto la sua comparsa squadre armate che attaccavano le FDS e i JP. In particolare si è distinto per capacità operative il “commando invisibile”, un gruppo che ha messo in difficoltà gli avversari. I due fronti quindi, pur essendo essenzialmente definiti, conservano una certa nebulosità. Da entrambe le parti agiscono infatti milizie il cui operato è di difficile attribuzione. Formazioni queste che si sono rese responsabili di omicidi, stupri, saccheggi e altri crimini che hanno fatto precipitare la situazione in una spirale di violenza. 2. La strategia dell’isolamento La comunità internazionale, che soprattutto attraverso la Missione delle Nazioni Unite in Costa d’Avorio (ONUCI) aveva contribuito a preparare le elezioni, ha riconosciuto fin da subito come vincitore Ouattara e ha fatto pressioni su Gbagbo perché si ritirasse. Costui, ha rifiutato, affermando di essere il legittimo vincitore. Per quattro mesi la Costa d’Avorio ha vissuto dunque nella paradossale condizione di avere due presidenti della repubblica che esercitavano le loro funzioni, riconosciuti come tali da parte della popolazione. Pur avendo avuto un certo sostegno da parte di alcuni partner africani, come lo Zimbabwe e il Sud Africa, Gbagbo si è trovato isolato sul piano internazionale. Il 4 aprile, nel corso della battaglia di Abidjan, 2 COSTA D’AVORIO: UN PAESE SPACCATO IN DUE elicotteri del contingente ONUCI e francesi hanno sparato sulle postazioni dei soldati ai suoi ordini. Ouattara, che oltre ad essere un politico ha un passato di economista nel Fondo Monetario Internazionale, si è mosso con maggiore libertà e con abilità a livello mondiale. I suoi appelli al boicottaggio del rivale hanno dunque trovato risposta. È stata in particolare la sua richiesta di porre un embargo sulla vendita del cacao ad avere conseguenze pesanti sull’economia della Costa d’Avorio. Il paese africano ne è infatti il principale produttore al mondo. Si calcola che in condizioni normali il 40% della produzione di cacao venga dalla Costa d’Avorio, e che cacao e caffè contribuiscano per il 20% al PIL ivoriano. La scelta di colpire il principale prodotto da esportazione, comprensibile da un punto di vista strategico, ha causato tuttavia danni al momento difficili da quantificare all’economia. Gbagbo ha cercato di reagire nazionalizzando l’acquisto e l’esportazione di cacao e caffe. I risultati però sono stati scarsi, poiché gli acquirenti stranieri si sono adeguati alla richiesta di Ouattara. A ciò va aggiunto il blocco posto dall’Unione Europea ai porti del paese, che ha causato un ulteriore rallentamento al sistema produttivo. Nei fatti Gbagbo è stato privato nel tempo delle fonti di finanziamento che gli permettevano di pagare i funzionari pubblici e, fra di loro, le FDS che lo sostenevano. Per paura di sanzioni internazionali alcuni gruppi bancari stranieri (francesi, ma non solo) hanno sospeso le loro attività nel paese dopo le elezioni. Il governo di Gbagbo è intervenuto per nazionalizzare le attività di queste banche. Ma l’isolamento finzanziario ed economico si è fatto alla lunga sentire. 3. Lo scenario futuro Alassane Ouattara rischia di diventare il presidente di un paese spaccato in due, economicamente sull’orlo di un disastro che lui ha suo malgrado contribuito a creare. La Costa d’Avorio è da sempre divisa etnicamente grossomodo in due parti. Al nord vivono popolazioni di religione musulmana, spesso con 3 Andrea Carbonari legami tribali col Burkina Faso (com’è il caso dello stesso Ouattara) e con altri paesi. Al sud abitano invece in maggioranza popolazioni cristiane. Già durante la campagna elettorale Gbagbo e i suoi hanno fatto leva sul fattore etnico, presentando il rivale come uno straniero, a causa dei suoi legami col Burkina Faso e del suo passato di tecnocrate internazionale. E questa qualifica è stata poi data anche ai suoi sostenitori. Nel corso delle violenze di cui si sarebbero resi responsabili, i JP avrebbero compiuto nel sud del paese una sorta di pulizia etnica perseguitando chi aveva origine settentrionale. Questa retorica ha fatto presa in buona parte della popolazione, ed è difficile che le reciproche diffidenze spariscano una volta insediatosi al potere Ouattara. Va anche detto che le milizie appartenenti al blocco delle FRCI, non appena avuta la possibilità, avrebbero anch’esse ucciso in massa persone appartenenti ai gruppi avversari. In particolare, la Croce Rossa Internazionale e la Caritas hanno denunciato quanto avvenuto nella città di Douékoue subito dopo la conquista da parte delle FRCI il 29 marzo. Secondo le stime della Caritas, mille persone sarebbero state uccise o fatte sparire nella zona. Se l’organizzazione non indica alcun colpevole, resta il fatto che in quel momento l’area era sotto il controllo dei partigiani di Ouattara. Il rischio concreto è quindi di avere un paese spaccato in due sulla base dell’appartenenza etnica e religiosa. Mesi di embargo (soprattutto sull’esportazione delle risorse agricole fondamentali per il paese), di scontri armati e di saccheggi, con migliaia di persone fuggite nelle nazioni vicine (si calcola che siano circa 120.000 nella sola Liberia) hanno lasciato il sistema economico in condizioni assai precarie. Se la salita al potere di un leader con solidi legami internazionali porterà presumibilmente a un rientro rapido nel sistema economico mondiale, con il ritorno degli investitori esteri non più spaventati dalle sanzioni, resta da vedere quanto ci vorrà per riparare i danni alle persone e alle infrastrutture. 4 COSTA D’AVORIO: UN PAESE SPACCATO IN DUE 4. Conclusioni Una delle regole fondamentali per chi studia l’Africa in uno dei suoi diversi aspetti è quella di attendersi costantemente l’imprevisto. La stessa fase di coesistenza fra due presidenti della Costa d’Avorio che esercitavano entrambi, pur nelle difficolta, le loro funzioni è una conferma di questo principio. Tuttavia si possono fare alcune considerazioni sullo scenario futuro. Per sconfiggere l’avversario, Ouattara ha astutamente scelto di privarlo dei mezzi politici ed economici. Il problema è che così facendo ha privato di risorse anche il suo stesso paese, che avrà bisogno di tempo per riprendersi e ricostruire quanto distrutto dalla guerra, in termini di coesione sociale prima ancora che di infrastrutture. Egli dovrà dimostrare di essere in grado di farlo. E il fatto che, nonostante l’isolamento in cui si trovava, Gbagbo sia riuscito a resistere così a lungo sta a indicare che godeva di un consenso politico. Consenso che probabilmente non scomparirà con la sua uscita di scena, ammesso che essa avvenga. Una sua morte violenta per mano dei sostenitori di Ouattara rischia di trasformarlo in un martire. Per Alassane Dramane Ouattara il difficile comincerà con la definitiva sconfitta di Gbagbo, che pare imminente. La sua rischia di essere una vittoria di Pirro. 5